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SECONDA SERIE

AVVERTENZA

Il presente volume,. nono della serie II dei Documenti Diplomatici Italiani, inizia il l o agosto 1877 e termina H 23 marzo 1878, con la costituzione del primo Gabinetto Cairoli.

La documentazione in esso contenuta si riferisce in gran parte all'atteggiamento [taliano di fronte a;l conflitto russo-turco ed alla preparazione del congresso di Berlino.

Altri argomenti di notevole rilievo sono i riflessi internazionali della quasi contemporanea scomparsa di Vittorio Emanuele II e del Pontefice Pio IX e i tentativi di esplorare la possibilità di una più precisa coHocazione dell'Italia nel contesto europeo che hanno la loro principale manifestazione nella missione di Cri.spi a Berlino.

2. I documenti pubblicati nel volume provengono prevalentemente dall'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, e precisamente dai fondi seguenti:

l) Gabinetto e Segretariato Generale: a) Istruzioni per missioni all'estero; b) Corrispondenza telegrafica in aN·ivo e partenza; c) Carteggio confidenziale e riservato.

2) Divisione Politica:

a) Registri copialettere in partenza;

b) Rapporti in arrivo;

c) Pratiche diverse trattate daHa Divisione Politica;

3) Archivio dell'Ambasciata a Londra.

4) Carte Robilant.

Documenti di grande interesse sono tratti anche dalle Carte Crispi, conservate presso l'Archivio Centrale dello Stato, daH'Archivio di Casa Savoia e dalle Carte Corti, messe gentilmente a disposizione da'l conte Franco Arese.

3. -Alcuni dei documenti pubblicati erano già editi, integralmente o parzialmente, nel Libro Verde 24, Documenti Diplomatici concernenti gli Affari d'Oriente, presentati dal Presidente del Consiglio reggente il Ministero degli Affari Esteri Cairoli nella tornata de1l 21 giugno 1878 (LV 24), nel Libro Verde 26, Documenti Diplomatici concernenti gli Affari di Egitto presentati dal Presidente del Consiglio ministro ad interim degli Affari Esteri Depretis nella tornata del 2 luglio 1879 (LV 26) e in F. CRISPI, Politica estera, Memorie e Documenti raccolti da T. Palamenghi-Crispi, Milano, 1912. 4. -Nel licenziare il volume rivolgo un pensiero commosso alla memoria del professar Francesco BaC'ino, per molti anni amico cordiale e preziosissimo coHaboratore di questo e degìi altri volumi che ho curato. Desidero anche ringrazia,re la dott. Emma Ghisalberti per la revisione genernle del volume e la dott. Anna Sforza, la signora Fiorella Giordano e la dott. Luana Micheli per il lavoro di correzione delle bozze e di compilazione degli indici.

IX

ANGELO TAMBORRA

Provenienza e data

l Berlino 1o agosto 1877

2 Londra l• agosto

3 Vienna l• agosto

Terapia 1• agosto

5 Pletroburgo 2 agosto

Trieste 2 agosto

Vlenna

2 agosto

8 Roma 3 agosto

9 Roma 3 agosto

Terapia 3 agosto

11 Roma 4 agosto

12 Londra 4 agosto

Berlino 5 agosto

Terapia 6 agosto

Vlenna

7 agosto

Roma 8 agosto


DOCUMENTI
1

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1880. Berlino, 1° agosto 1877 (per. l' 8).

L'Empereur Guillaume partira de Gastein le 7 courant pour retourner dans cette Capitale. Le jour suivant à son passage à Ischl, Il se rencontrera avec l'Empereur François Joseph. L'entrevue camme en 1876, à pareille époque, n'aura aucun caractère politique spécial.

C'est dans ces termes que M. de Radowitz m'a parlé de la rencontre prochaine de ces Souverains.

Il ne semble pas en effet qu'il faille exagérer l'importance d'un fait qui se renouvelle périodiquement chaque fois que l'Empereur d'Allemagne se rend à Gastein, pour cause de santé. D'ailleurs s'il existe entre les deux couronnes une entente plutòt négative que positive sur l'Orient, le Cabinet de Berlin ne s'est pas moins réservé une certaine liberté d'allures. Or nous savons qu'il l'exerce de préférence envers la Russie. Sa Majesté Impériale éviterait donc, le cas échéant, de prendre tout engagement ultérieur, qui le ferait dévier de son programme, lequel n'est autre que d'empècher une rupture entre Vienne et Pétersbourg.

Il ne faut pas également perdre de vue que si la situation s'accentue entre les belligérants, elle n'a pas très sensiblement changé de face vis-à-vis de l'Europe. L'Angleterre cherche mème à enlever une signification belliqueuse à ses armements depuis que l'imminence d'un danger pour Constantinople semble écartée. D'un autre còté un conseil des Ministres austro-hongrois ayant examiné hier la question de savoir si le moment n'etait pas arrivé de sortir de l'attitude passive observée jusqu'ici, il aurait été résolu de s'en remettre aux trois Ministres communs à la Monarchie, pour les mesures à prendre à l'effet de renforcer sur pied de guerre les quatre divisions échelonnées aux frontières Sud Est de l'Empire. Telles sont au moins les nouvelles reçues ici à cet égard.

Il est evident que chacun hésite encore à se prononcer bien nettement, à aller au delà d'une certaine neutralité armée, surtout lorsque les événements prennent une tournure presqu'inattendue au Nord et au Sud des Balkans. Les ròles y sont intervertis. Ce sont maintenant les Tures qui ont passé à l'offensive et non sans quelques notables succès. A l'Etat Major Général allemand, on jugeait les derniers mouvements des Généraux camme contraires aux principes de la stratégie. On disait déjà qu'en présence d'une armée européenne bien commandée, leur situation serait des plus critiques. Si les Pachas Mehemed Ali, Osman et Suleiman ont été formés à bonne école, les chances se rétabliront pour une lutte prolongée.

Dans ces conditions tout porte à croire que nous allom: t.raverser une période d'attente pour la diplomatie. Quant au Cabinet de Berlin, à moins d'en etre requis, non pas de Vienne, mais de S. Pétersbourg, il ne sortira pas de sa réserve.

2

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 491/169. Londra, 1° agosto 1877 (per. il 5).

Col mio telegramma del 27 luglio p.p. (l) ho avuto l'onore d'informare V. E. che il giorno stesso (27 luglio scorso) io aveva parlato con Lord Derby dell'incidente del Reverendo William Giles, che aveva dato luogo, tra V. E. e Sir Augustus Paget, allo scambio delle lettere e documenti le di cui copie mi vennero comunicate da codesto ministero con dispaccio del 23 luglio scorso (serie politica n. 204) (1). Non tralasciai di rilevare presso Lord Derby 'la grave irregolarità del procedere e del linguaggio tenuto da Sir Augustus Paget in questa circostanza, e come quelle contestazioni nascano per lo più da un falso apprezzamento dei diritti dei sudditi inglesi nei paesi esteri, mentre a loro non competono altre garanzie diverse da quelle di cui fruiscono i cittadini stessi, specialmente in Italia dove l'amministrazione è sempre pronta a dare, nei limiti delle sue attribuzioni, le soddisfazioni giustamente richieste e dove vi sono dei tribunali facilmente accessibili e che presentano ogni garanzia di una inappuntabile giustizia.

Esposi il fatto accaduto al Reverendo William Giles dimostrando che né da questo né da quelli che piacque a Sir Augustus Paget di ricordare, non erano giustificabili né le sue lagnanze, né il linguaggio da lui tenuto nella sua lettera. Il conte di Derby mi disse che per esprimere un giudizio in proposito egli aspettava che gli fossero comunicati i documenti relativi.

Intanto io credo indispensabile che io gli rivolga al riguardo una lettera nella quale discuterò il fatto accaduto e ricorderò ad un tempo le massime che già sviluppai nel memorandum relativo al noto Mercer che dovetti consegnargli nel maggio 1876.

Io chiedeva col mio telegramma l'autorizzazione di comunicare a Lord Derby la risposta di V. E. a Sir Augustus Paget. Non avendo finora ricevuto risposta dall'E. V. le mando qui unito il progetto della lettera che io mi proporrei di scrivere a Lord Derby (2).

La questione è più importante di quanto si può per avventura credere. Questo è un paese ove si sprezza chi si lascia calpestare e dove si stima chi avendo la ragione per sé, sa resistere a prepotenti esigenze.

La risposta di V. E. dimostra abbastanza che il nostro Governo non si lascia imporre; ma siccome di questo affare meneranno gran rumore i giornali,

e siccome desso sarà probabilmente oggetto d'interpellazioni in Parlamento e si domanderà la stampa dei documenti relativi, è necessario che le nostre repliche siano ugualmente pubblicate. Epperciò essendo conveniente che la mia lettera concordi esattamente colle viste di codesto ministero, prego V. E. di esaminarla e di accennare le modificazioni che per avventura credesse opportuno d'introdurvi.

Sarebbe forse meglio che Sir Augusts Paget ritirasse la sua lettera e si astenesse d'intromettersi in cose che riguardano solamente i nostri tribunali. Ma è dubbio assai che egli voglia acconsentirvi a motivo della pubblicità che in questo paese si dà al menomo incidente. Epperciò il mio parere è che bisogna rispondere vigorosamente trasmettendo a Lord Derby i principali documenti che V. E. mi comunicava.

Ciò servirà anche d'arma ai ministri per difendersi contro gli attacchi che avranno a sostenere in Parlamento relativamente a questo affare, e ad altri consimili.

Mentre prego V. E. di favorirmi una pronta risposta per sapere come regolarmi...

(l) -Non pubblicato. (2) -Non si pubblica.
3

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 718. Vienna, 1° agosto 1877 (per. il 4).

*Ieri riunivasi a Vienna, sotto la presidenza di S. M. l'Imperatore, lo straordinario consiglio dei Ministri già annunciato pel giorno prima. Vi prendevano parte le LL.EE. H Conte Andrassy, il Ministro della Guerra dell'Impero, il Ministro delle Finanze dell'Impero, il Principe Auersperg e il Barone De Pretis, il Signor Tisza e il Signor Szell. Da tutte le concordanti informazioni che mi fu dato raccogliere intorno a quanto fu deciso in quel consiglio ho luogo di ritenere esatta la versione riferita in maniera quasi uniforme da tutti i giornali. Secondo essa il Consiglio sarebbe stato unanime nell'acconsentire acché pieni poteri siano lasciati al Conte Andrassy di decidere al momento ch'Egli ravviserà opportuno a tutela degl'interessi della Monarchia la mobilitazione delle quattro seguenti divisioni:

188 Dalmazia

8

Trieste

8

Gratz 208 Slavonia. La decisione del Ministro degli Affari Esteri riceverebbe senz'altro la sua immediata esecuzione per parte del Ministero della Guerra. A coprire poi la spesa di quell'eventuale aumento di forza, che ascenderebbe a circa 40.000 uomini, fu autorizzato il Ministro comune delle Finanze a provvedere gli occorrenti fondi, prelevandoli dalla cassa militare, nonché all'evenienza da altri speciali fondl esistenti nelle casse dello Stato. Tutto ciò, sebbene non mi sia stato ufficialmente confermato da nessuno, pure credo poterlo riferire all'E. V. come cosa di fatto. Intorno poi alle circo

stanze che motiverebbero la mobilitazione di quelle quattro divisioni, e che senza dubbio formarono oggetto di esame e di discussione anche nel predetto consiglio, generalmente si crede: esse non abbiano tratto né ad una annessione immediata della Bosnia e dell'Erzegovina né tanto meno poi ad una minaccia per la Russia. L'obbiettivo essenziale di quell'eventuale aumento di forze alla frontiera Sud della Monarchia sembra essere di osservare la Serbia ed anzi tutto il Montenegro e di impedire loro di assumere un'attitudine nella Bosnia e nell'Erzegovina che l'Austria-Ungheria ravviserebbe contraria ai suoi interessi e non ammetterebbe in maniera alcuna * (1).

Dicesi poi ancora nei circoli ufficiali, e con abbastanza fondamento di verità ho luogo di credere: che il Consiglio di cui è caso non fu riunito in questi giorni perché vi fosse urgenza di una decisione, ma solo perché S. M. l'Imperatore stando per allontanarsi da Vienna per recarsi ad Ischl, non sarebbe più stato forse così agevole il convocare d'urgenza quel consiglio in un altro momento, e quindi si ritenne meglio provocare fin d'ora un voto di fiducia a favore del Conte Andrassy che lo ponga in grado di prendere, ove occorra, immediatamente quelle misure che l'interesse dello Stato potrebbe necessitare.

4

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 788. Terapia, 1° agosto 1877 (per. il 7).

Esiste qui una vaga impressione che l'occupazione della Bosnia e fors'anca della Serbia da parte dell'Austria sia imminente. Però alla Sublime Porta ed alle Ambasciate d'Austria-Ungheria e di Germania si pretende non saperne assolutamente nulla. All'Ambasciata Austro-Ungarica si asseriva anzi nella giornata d'ieri l'Ambasciatore Ottomano a Vienna avere smentito queste voci, ed aver significato che nel Consiglio plenario tenutosi pochi giorni sono a Vienna si sarebbe deciso di differire la mobilizzazione di parte dell'esercito. Queste sono le voci che corrono in proposito a Costantinopoli. Ma l'E. V. avrà assai più esatti ragguagli sulla materia da altre parti.

5

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 133. Pietroburgo, 2 agosto 1877 (per. l' 8).

Con dispacci di questa Serie nn. 139, 144 del 19 (2) e del 21 luglio scorso (3) l'E. V. mi espose le voci corse ultimamente intorno a negoziati che avrebbero luogo tra la Santa Sede ed il Governo Imperiale di Russia. Avendo avuto acca

sione di intrattenermi oggi col Signor de Giers sopra quest'argomento, mi pregio di portare a di Lei notizia quanto S. E. mi fece l'onore di comunicarmi in proposito.

Il Signor de Giers mi disse che il principale punto di dissidio tra il Governo dello Czar e la Santa Sede si riduce in pratica alla questione della nomina ai posti ecclesiastici vacanti in Polonia. Dall'un lato Sua Santità si rifiutò finora ad accettare le proposte di nomine fatte dal Governo Russo e quest'ultimo dal lato suo si rifiuta ad ammettere nomine notoriamente ostili all'amministrazione Imperiale, fatte daHa Santa Sede. Cosi stando le cose, ultimamente il Signor Czasky ebbe ad esprimersi col Principe OuroussoiT in un senso conciliativo esternando il desiderio che si potesse venire ad un accordo ed all'appianamento delle di!Ilcoltà insorte. Il Signor Czasky non formolò però nessun programma; si limitò a proteste personali di sentimenti conciliativi ed a parole improntate di moderazione. Il Principe OuroussoiT riferendo queste proteste, chiese istruzioni al suo Governo. Gli fu risposto che egli doveva mantenere col Signor Czasky le buone relazioni di cui facevano fede i discorsi predetti, e che in genere doveva applicarsi a far prevalere, per quanto era possibile, le idee di moderazione tanto presso il Signor Czasky, quanto presso il Cardinale Simeoni ove ne avesse occasione; ma si ebbe cura di avvertirlo nel tempo stesso, che al Gabinetto di Pietroburgo non sembrava esservi opportunità di tentare un accordo qualsiasi in questo momento colla Santa Sede.

(l) -Il brano tra asterischi è edito in LV 24, pp. 155-156. (2) -Cfr. Serie II, vol. VIII, n. 654. (3) -Cfr. Serie II, vol. VIII, n. 660.
6

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE S. N. Trieste, 2 agosto 1877 (per. il 5).

Da pochi giorni i giornali officiosi dell'Impero preparano l'opinione pubblica ad una parziale mobilizzazione dell'esercito, che sebbene non sia stata ancora formalmente decretata, pare sia già in pectore decisa.

Secondo le voci, che qui corrono, per ora si spedirebbero alle frontiere Orientali solamente venticinque mila uomini, i quali dovrebbero però restare coll'arma al braccio in attesa di più gravi avvenimenti, che si prevedono. Il Governo Austro-Ungarico vorrebbe col mezzo dei suoi organi più riputati persuadere l'Europa, che se avrà luogo una parziale mobilizzazione dell'Esercito, questa si farà né contro la Russia né contro la Turchia, ma soltanto a tutela degli interessi Austro-Ungarici. Vi hanno però qui molte persone assennate, che temono possa col tempo l'Ungheria, od almeno l'odio inveterato degli Ungheresi contro la Russia trascinare l'Impero nel conflitto.

Un reggimento di cavalleria è stato in questi ultimi giorni spedito dall'interno via di terra in Dalmazia.

Una persona d'ordinario bene informata mi ha riferito jeri che la Società Lloyd ha ricevuto dal Governo l'ordine di tenere pronti tutti i piroscafi, che ha disponibili per l'imbarco di truppe, e che in seguito a quest'ordine la Società stessa tiene fin d'ora a disposizione del Ministro della Guerra venti piroscafi, che si crede potranno senza difficoltà trasportare complessivamente venticinque mila uomini in Dalmazia od altrove.

Non devo in questa occasione nascondere a V. E. che v'ha qui chi crede che il Governo Austro-Ungarico pensi di occupare anche qualche punto dell'Albania. Se questa opinione abbia qualche fondamento io l'ignoro, è però bene che il Governo del Re tenga presente anche la possibilità di un tale avvenimento, per quanto possa parere strano.

Ho già altre volte tenuto discorso all'E. V. dei grandi preparativi di viveri di armi e di munizioni di ogni genere, che si fecero in diversi punti della Dalmazia. Quindi non aggiungo altro (1).

7

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

L. P. Vienna, 2 agosto 1877.

Ho ricevuto le tue due lettere del 19 e del 25 (2) e ti ringrazio infinitamente per le interessanti notizie che mi dai di Costantinopli.

Abbiamo qui Midhdat Pacha che vorrebbe farsi un punto d'appoggio AustroInglese per tornarsene sul Bosforo Gran Visir, ma la base manca per l'accordo ch'egli vorrebbe stabilire e probabilmente egli se ne tornerà a Londra non essendo riuscito a combinar cosa alcuna. I giornali si occupano molto di lui, ma il rumore che si fa attorno alla sua persona non oltrepassa le colonne dei giornali. Succede pressapoco a di lui riguardo ciò che si verificò pei meeting Ungheresi: Sarei e nient'altro sono i rimbombanti parti di quelle montagne. Egual cosa dovrei dire del gran Consiglio recentemente tenutosi a Vienna sotto la Presidenza dell'Imperatore. Esso si risolvette in un voto di fiducia dato al Conte Andrassy coi pieni poteri di decidere quando ei ravviserà opportuno la mobilitazione di 4 Divisioni per... tenere in rispetto la Serbia ed il Montenegro. Stando alle notizie che si hanno qui i Russi si troverebbero in una situazione alquanto compromessa. Il Corpo che ha passato i Balcani, se non è già tagliato dal grosso dell'esercito, potrebbe esserlo da un momento all'altro, ben inteso a quanto si dice qui. Si aggiunge poi anche che causa di tutti gli inconvenienti lamentatisi in questi ultimi tempi nell'andamento della campagna per parte dei Russi, si è la presenza dello Tzar all'Esercito che riesce di grande incaglio (ciò che non esito a credere) all'azione del Gran Duca Ereditario. Un fatto poi per me inesplicabile si è che i Russi, fino ad oggi non han saputo stabilire che un solo ponte sul Danubio, ciò è veramente inconcepibile. A Costantinopoli i Ministri degli Affari Esteri si succedono con una rapidità vertiginosa... cosa si pensi di un tal fatto in Europa non ho d'uopo dirtelo.

Duolmi di non poterti mandare quelle tali carte che desideri, ma non si sa affatto quando saranno pubblicate. Del resto dalle notizie che si ricevono

dal teatro della Guerra, risulta che la carta Austriaca di cui a diffetto di meglio tutti fecero acquisto è impossibilmente falsa pare a quanto si assicura sia stata fatta d'immaginazione. Come avrai veduto dai giornali io non fui qui negli scorsi giorni sopra un letto di rose, nè il mio giaciglio si è gran che migliorato. Finalmente, almeno a quanto sembrami si è capito a Roma la posizione di qui, e quindi non si ripeteranno più i passati e anco recenti errori. Divido pienamente il tuo avviso sulla pace stretta fra la Turchi::!. P. la Russia, ma non saprei ben dirti cosa ne pensino a Roma, poiché non mi riuscì fin ora di afferrar con certezza il concetto a cui si informano le vedute della Consulta. Da qualche tempo a questa parte i documenti diplomatici che io ricevo, non trattano più se non di affari correnti o pressapoco, sono dunque perfettamente al buio intorno a quanto scrivono a Roma gli illustri colleghi nostri. Stando a ciò che mi scrive di quando in quanto Tornielli, le informazioni che trasmetterebbero N.[igra] M.[enabrea] e L.[aunay] sarebbero poco rosee. Ci sia propizio il Cielo!

(l) -Del contenuto di questo rapporto venne informato Robilant con d. 428 dell'8 agosto. (2) -Non pubblicate.
8

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 527. Roma, 3 agosto 1877.

Sono molto grato alla V. E. dei particolari fornitimi con Rapporto del 26 luglio, n. 1875, confidenziale Cl). Essi sono singolarmente atti ad illuminare il giudizio del R. Governo nelle gravi condizioni attuali.

Parrebbe che, prima di ripigliare lo scambio di relazioni da Lei iniziato intorno a siffatto tema, convenga di aspettare il ritorno a Berlino del Signor de Btilow. Mi affido, del rimanente, alla prudenza di Lei la quale saprà, certo, condursi secondo si addice a tali materie, le quali non potrebbero senza gravi inconvenienti essere altrove divulgate o riferite.

È qui accluso un paragrafo in cifra.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Malgré l'impression peu favorable produite en moi par l'accueil que M. Radowitz a fait à nos ouvertures, je ne crois pas que nous devons abandonner complètement la partie avec le Cabinet de Berlin. C'est ce Cabinet qui a pris l'initiative de ces ouvertures. Nous lui avons répondu en constatant la communauté d'intéréts de l'Italie et de l'Allemagne pour certaines questions en Occident mais en méme temps nous lui avons fait connaitre loyalement qu'une véritable entente entre les deux pays ne pourrait exister qu'à la condition qu'elle embrassat aussi nos intéréts en Orient. Nous n'avons aucune raison de croire que la France avant d'avoir pris une revanche contre

l'Allemagne veuille tenter une guerre contre l'Italie tandis que le plus pressé pour nous c'est d'écarter le danger de l'amoindrissement que nous subirions vis-à-vis de l'Autriche si celle-ci sortait agrandie du conftit orientai.

V. E. connait !es raisons pour lesquelles l'Allemagne ne devrait pas favoriser un état de choses qui placerait l'Italie dans une situation d'infériorité d'autant plus blessante pour le sentiment général du pays que celui-ci comprendrait l'impossibilité de réagir tout seul contre les conséquences qui en découleraient. Le parti qui en Italie a toujours cherché la base de sa politique dans l'alliance de l'Allemagne recevrait un rude coup s'il était démontré que cette politique nous a laissé sans appui dans une question vitale pour l'indépendance de l'Italie. La paix de 1866 nous a laissé dans une position d'infériorité incontestable vis-à-vis de l'Autriche. Cette infériorité deviendrait militairement écrasante, le jour où les possessions de la Dalmatie avec leurs nombreux ports naturels devraient etre arrondies par l'acquisition de territoires tures. Nous nous verrions ulors réduits à l'alternative ou de nous ruiner financièrement pour pourvoir à la défense d'un territoire ouvert que l'Autriche menacerait depuis Bari jusqu'à Vérone, ou de nous résigner à vivre dans une soumission prudente à l'inftuence politique du Cabinet de Vienne surtout dans les questions touchant à ses relations avec le Vatican. Il en résulterait que l'Italie devrait guetter l'occasion pour sortir le plus tòt possible de l'état d'incertitude dans lequel se trouvent actuellement ses rapports avec l'autre de ses deux puissants voisins. Le cléricalisme a en France des adversaires nombreux et ardents, à la faveur de circonstances que nous ne saurions prévoir dès à présent l'Italie pourrait ètre entraìnée à chercher de ce còté les moyens de contrecarrer les agissements de l' Autriche. On sai t certainement à Berlin qu'aucun Gouvernement chez nous depuis 1866 n'a été complètement à l'abri des boutades et parfois des exigences hautaines du Cabinet de Vienne. Le ton de son langage mème au moment où il paraissait renoncer à tout sentiment d'hostilité et de rancune nous donne la mesure de ce que nous devrions nous attendre de l'Autriche si par l'assentiment des grandes puissances elle devrait recevoir un agrandissement territorial dont nous serions seuls à souffrir. La tàche de l'Autriche dans ces derniers temps a été de nous rendre suspects à l'Europe en nous dénonçant comme une puissance inquiète envieuse insatiable. La polémique déloyale des gazettes inspirées par le Presse Bureau de Vienne n'a pas d'autre but. Il nous aurait été facile de réagir par des moyens analogues. Nous aurions pu donner à l'Europe les preuves de l'attitude équivoque des autorités impériales qui a été la cause principale des troubles de l'Herzégovine et partant de la crise redoutable à laquelle nous assistons, nous n'aurions pas eu de difficultés à mettre au grand jour le double jeu du Cabinet de Vienne vis-à-vis de l'Italie et du Vatican pour !eque! Vienne reste toujours la citadelle de la politique cléricale en Europe. Nous nous sommes abstenus de démontrer que ce n'est pas l'ambition et l'avidité italienne qui troublent le monde et que dans nos rapports avec Vienne c'est nous qui sommes !es provoqués. Nous avons préféré d'ériger notre action diplomatique vers un but plus sérieux. Nous nous sommes appliqués à sauvegarder, dans un esprit de conservation de notre position actuelle en Europe, la plénitude de l'indépendance qui nous est nécessaire vis-à-vis de tous nos voisins. Ce còté de la question ne semble pas avoir été envisagé encore par le Prince de Bismarck à son véritable point de vue. Il ne se bornerait certainement pas à former des voeux pour que les intérèts de l'Italie et de l'Autriche puissent se concilier et pour que l'une et l'autre trouve au besoin des compensations. Ce ròle passif de l'Allemagne ne serait pas en harmonie avec les accords plus intimes pour lesquels M. de Keudell nous a fait les premières ouvertures. Si des engagements antérieurs du Cabinet de Berlin l'empèchaient maintenant de prendre notre parti non pas contre l'Autriche mais pour éviter que l'équilibre des forces qui est déjà à notre désavantage, ne soit encore troublé en faveur de notre voisin nous devrions quant à nous ne prendre plus conseil que des circonstances et nous abstenir soigneusement de tout engagement en vue d'éventualités qui ne sont point imminentes. On persiste à croire à Londres que l'entrée des Autrichiens en Bosnie et en Herzégovine a été concertée dès le début entre les trois empires et qu'elle n'a été retardée que par des raisons secondaires. Mais d'après un rapport récent du Comte de Robilant je suis plutòt porté à croire que le Cabinet de Vienne se réserve de faire valoir son action diplomatique au moment de la réunion d'un congrès en se servant de l'appui qu'il trouverait auprès des puissances par suite des groupements différents d'intéréts qui se formeraient en cette occasion. En attendant il paraìtrait que le Comte Andrassy aurait abandonné sur plusieurs points son programme négatif. L'indépendance de la Roumanie et de la Serbie sans aucun agrandissement territorial pour cette dernière, la formation d'une autonomie Bulgare sous la souveraineté de la Porte ou mème l'indépendance complète de la Bulgarie, et entìn la liberté des détroits seraient maintenant des points que le Comte Andrassy accepterait, également l'annexion de la Bosnie et de l'Herzégovine à l'Autriche mais on ne dit pas où la Russie trouverait ses compensations. Il ne paraìt pas qu'il faille donner à l'Autriche plutòt qu'à toute autre des puissances intéressées des satisfactions pour la liberté des détroits qui serait entìn la seule chose que la Russie gagnerait dans cette guerre dispendieuse et sanglante. Tout ceci n'est donc pas clair et nous devons nous attacher à le débrouiller afin de ne point ètre pris à l'improviste, au moment où nous serions appelés à prendre notre place autour du tapis vert d'une conférence européenne. Pour ètre à mème de satisfaire aux justes exigences du pays, il nous faudrait ètre parfaitement renseignés sur l'attitude que prendront nos amis et nous entendre avec eux pour suivre une ligne de conduite tracée d'avance en vue de la sauvegarde de nos intérèts essentiels. Si ceci n'était pas possible, je pense qu'il vaudrait mieux pour nous n'avoir pris aucun engagement qui rétrécirait le cercle de notre action.

(1) Cfr. Serle II, vol. VIII, n. 676.

9

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A RAGUSA, DURANDO

D. 523. Roma, 3 agosto 1877.

Risponderò con brevi e schiette parole al rapporto di Lei in data del 24 luglio, n. 16 (1).

Il Governo italiano tenne e tiene tale condotta la lealtà della quale non potrà essere smentita da maliziosi raggiri, da insinuazioni e da quelle calunnie che in questi ultimi tempi si andarono spargendo contro la nostra politica. Noi non ci lascieremo neppure fuorviare dall'impressione che in noi necessariamente produce il vedere che, per parte del Montenegro stesso, si è prestato più di una volta, e forse si presta ancora, l'orecchio a simili suggestioni ed intrighi. Noi non prenderemo norma che dagli interessi ben intesi e dai principi fondamentali della nostra politica.

Dell'ultimo incidente Montenegrino ebbi già più volte ad intrattenerla. Ne risultò, sostanzialmente, a ben chiare note, che l'Austria anzi che desiderare di associarsi alle altre potenze persevera, nelle contrade a lei limitrofe e bagnate dall'Adriatico, in una politica di interessi esclusivi, della quale verrà forse i.l giorno in cui il Montenegro dovrà pel primo dolersi.

La S. V. Illustrissima vorrà ispirarsi a questi concetti. Però converrà che Ella si tenga in molta riserva ed usi molta prudenza, per poco ch'Ella possa dubitare che il suo linguaggio abbia ad essere conosciuto dagli Agenti austriaci. Forse non sarebbe inopportuno (e su questo punto bramerei conoscere l'avviso

di Lei) un suo viaggio a Cettinijé, affinché la prolungata assenza non abbia a prendere il carattere o almeno l'apparenza di una dimostrazione politica. Se questo viaggio dovesse effettuarsi, la S. V. Illustrissima dovrà informarmene in tempo perché Le si possano mandare eventualmente delle istruzioni.

(l) Non pubblicato.

10

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 790. Terapia, 3 agosto 1877 (per. il 12).

Pel mio rapporto n. 787 del 1 o corrente (l) ebbi l'onore di riferire a V. E. come H Generale Dickson, che dal principio della guerra adempie l'ufficio di Addetto Militare presso quest'Ambasciata Inglese, si trasferisce a Gallipoli in compagnia d'un suo Aiutante di campo. E poco appresso seppi l'Ammiraglio della flotta di Besika averlo accompagnato in quella visita. Essi vi andavano evidentemente allo scopo di visitare ed attivare quanto fosse possibile i lavori di difesa che vi si stanno facendo. Quest'Ambasciata Britannica faceva infatti da qualche settimana calde istanze presso il serraschierato affine di ottenere si spingessero con maggiore alacrità quelle opere. Le quali stavano grandemente a cuore del Governo Inglese; imperocché se l'entrata della penisola di Gallipoli rimaneva aperta, i Russi potevano facilmente impadronirsi con un colpo di mano delle fortificazioni del lato Nord dei Dardanelli e chiudere per tal modo lo stretto a qualunque forza navale. Ma Mahmoud Damat Pacha non credeva opportuno di cedere a quelle istanze. Né è difficile di comprendere le ragioni di siffatta resistenza, se si considera che quando quella linea di fortificazioni fosse terminata e munita delle idonee artiglierie, ci vorrebbero non meno di 20.000 uomini per occuparla e difenderla e nelle presenti circostanze il Ministero della Guerra non saprebbe dove prendere queste forze. Né, come l'E. V. conosce, la Sublime Porta si curava di preparare l'occupazione inglese. Mi risulta ora da fonte sicura che in questi giorni il serraschierato acconsentiva. ad aumentare considerevolmente la mano d'opera in quella località affine d'affrettare il compimento dei lavori. Non è invero a mia conoscenza che la Sublime Porta abbia finora mutato d'avviso riguardo a quell'occupazione da parte delle forze Inglesi. Ma la maggiore condiscendenza spiegata dal Ministero della Guerra alle sollecitazioni dell'Ambasciata Inglese sarebbe per se stessa un segno della possibilità che le disposizioni della Sublime Porta in proposito possano fra breve subire qualche modificazione.

Questi sono i fatti presenti. Quali siano gl'intendimenti del Governo Britannico riguardo ad un'ulteriore azione è ignoto a me; né il mutabile linguaggio del Signor Layard è fatto per gettar luce sulla questione. L'occupazione di Gallipoli da parte delle forze inglesi sarebbe un fatto gravissimo. Converrebbe primieramente che il Gabinetto di S. Giacomo prendesse una risoluzione catego

lO

rica sul carattere e lo scopo di siffatta occupazione. Non v'ha d'uopo di grande perspicacia per comprendere che l'Inghilterra non può occupare una parte del territorio Ottomano come amica d'ambo le parti belligeranti. Né è supponibile che essa venga come alleata della Russia. Prima di prendere la determinazione in discorso sarebbe dunque mestieri che il Gabinetto di S. Giacomo fosse deciso ad entrare in guerra con la Russia. E questa sarebbe invero la condizione che la Sublime Porta avrebbe messa finora al consenso necessario pel passaggio della flotta Inglese pei Dardanelli. V. E. sarà meglio di me in grado di giudicare delle probabilità dell'avvenire. Io mi limQto ad esporre i fatti ed a trame le conseguenze che naturalmente si presentano alla mente.

(l) Non pubblicato.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL CONSOLE A SALONICCO, TRABAUDI FOSCARINI

D. 527. Roma, 4 agosto 1877.

Ciò che la S. V. Illustrissima ora riferisce, con rapporto del 25 Luglio,

N. 152 (1), circa festeggiamento che navi austro ungariche avrebbero costì fatto in occasione dell'anniversario della battaglia di Lissa, m'offre l'occasione di alcuna avvertenza. Importa, cioè, bensì che la S. V. invigili tutto ciò che l'Austria Ungheria non tralascia di fare per risolvere il prestigio suo in codesti paesi; ma la S. V. Illustrissima deve astenersi in modo assoluto da tutto ciò che potrebbe dar pretesto di credere ad un sentimento di gelosia e di rivalità per parte nostra.

Voglia inculcare queste idee anche agli agenti consolari, per esempio, a quello di Cavalla, il rapporto del quale, da Lei trasmessomi, sembra indicare l'esistenza appunto del sentimento sovr'indicato. Gli Agenti locali debbono solo invigilare e riferire sull'azione palese od occulta degli Austriaci, lasciando, poi, al Governo di provvedere se lo crederà opportuno.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 497/172. Londra, 4 agosto 1877 (per. il 7).

Col mio telegramma del 2 corrente (1), ho informato l'E. V. dell'impressione prodotta in Londra dalla vittoria dei Turchi contro i Russi a Plevna. Quantunque i particolari che giungono al riguardo dimostrino che le perdite di questi ultimi siano minori di quanto si era detto al primo momento,

tuttavia questo fatto non può fare a m0no di esercitare una grande influenza sul risultato della campagna, il di cui esito, essendo in tal modo ritardato, darà forse luogo a protrarre la guerra sino ad un altro anno.

È certo però che i Russi non possono stare sotto il peso di quella disfatta, tanto più dopo i loro insuccessi in Asia. Essi concentrano nuove forze sul Danubio, e tenteranno ripigliare le posizioni perdute. Ma se i Turchi, per la poca capacità dei loro ufficiali, in fatto di tattica, sono poco atti a valersi del successo che hanno ottenuto, per respingere i Russi al di là del Danubio prima che questi siano stati rinforzati, non è men vero che la loro pertinacia a difendere delle posizioni, specialmente se fortificate, renderà la lotta lunga assai, e può ritardare i progressi dei Russi sino alla cattiva stagione in cui, in quei paesi, ogni operazione militare diventa quasi impossibile.

La minaccia diretta contro Costantinopoli, che si credeva prossima, sembra quindi rimandata ad epoca più remota; epperciò Sir Stajjord Northcote pare che presentisse l'esito della battaglia di Plevna quando, pochi giorni sono, dichiarava in Parlamento che, probabilmente, il Governo non avrebbe bisogno di nuovi crediti per apprestamenti militari.

È certo che in Inghilterra la gran maggioranza desidera di non essere costretta ad intervenire nel conflitto attuale. Questo desiderio è anche dettato dal sentimento della propria debolezza in fatto di esercito il quale è poco numeroso, si recluta difficilmente, e può appena bastare per occupare alcuni punti del litorale, appoggiandosi alla potente flotta britannica.

Queste circostanze spiegano il linguaggio più rassicurato che mi tenne Lord Derby, nella conversazione ch'io ebbi con lui il 2 corrente, e nella quale egli mi confermò le dichiarazioni fatte dal Cancelliere dello Scacchiere, soggiungendo però che, con queste dichiarazioni, il Gabinetto non si era vincolato per l'avvenire.

Dal poco ch'Egli mi disse intorno all'Austria, sembra presumibile che questa Potenza non avrebbe, per ora, motivi da uscire dalla stretta neutralità a meno che la Serbia fosse essa stessa trascinata a prender parte alla guerra.

Mentre lo scioglimento della contesa Turco-russa è ancora lontano, a quanto pare, l'Inghilterra non tralasc,ia di aumentare le sue forze navali. La squadra detta del Canale è annunziata volgersi verso la Spagna, però non si dà importnza milita,re a quel movimento.

Col mio telegramma informai V. E., che Lord Derby mi aveva incidentalmente rinnovato il quesito del perché l'Italia non vedrebbe di buon grado che l'Austria occupasse la Bosnia e l'Erzegovina. Io gli dissi:

«Non ho istruzioni speciali in proposito, imperocché il mio Governo mentre desidera conservare i migliori rapporti coll'Austria, desidera, anzi tutto, che sia mantenuta l'integrità dell'Impero Ottomano. Io non posso adunque, in risposta al di Lei quesito, che esprimerle un'opinione mia personale, non come rappresentante del mio Governo, ma come militare.

Quando due Nazioni sono in contatto, come siamo noi coll'Austria, qualunque siano i sentimenti d'amicizia che le stringono I'una all'altra, è sempre però prudente di esaminare le eventualità peggiori che possono accadere, ed, in conseguenza, rivolgere l'attenzione alle condizioni difensive dei due paesi, e studiare i punti deboli di ambe le parti. Il difeto della corazza dell'Italia, rispetto all'Austria, sta nel Tirolo, e più specialmente nel Trentina che penetra nel cuore della valle del Po, e porge, per mezzo di numerose strade, la facilità ad un Esercito Austriaco di penetrare in Italia. Per contro, la parte debole dell'Austria, rispetto a noi, è la Dalmazia, che non occupa che una stretta striscia di terreno nella sponda orientale dell'Adriatico, avendo aHe spalle le provincie Turche, cioè la Croazia Turca e l'Erzegovina.

Questa disposizione fa si che l'Austria potrebbe difficilmente difendere la Dalmazia, ove fosse attaccata dal mare, perché le sue truppe non avrebbero appoggio, e la loro ritirata sarebbe facilmente compromessa.

Ma questa condizione muterebbe completamente ove fossero annesse all'Austria le Provincie Turche anzidette, le quali trasformerebbero in un elemento di forza quella striscia di terreno che è una deUe parti deboli di quell'Impero. Arroge che l'Austria troverebbe in quella annessione una sorgente per accrescere la sua forza militare navale nell'Adriatico».

Il Conte di Derby mi rispose che ora egli intendeva quelle ragioni, ma che al pari di me, egli non mi aveva parlato di queste cose che accademicamente.

Spedisco col corriere di oggi un numero dell'Examiner, che contiene un articolo intitolato «The odd number at Rome» sulla politica dell'Italia. Desso merita tatenzione, imperocché, attesa l'importanza di quella Rivista, che appartiene al partito liberale, esso è destinato a produrre qualche impressione.

(l) Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Berlino, 5 agosto 1877.

J'ai encore à vous remercier de votre dernier télégramme et de votre lettre du 9 Juillet (l) qui m'a été fidèlement remise.

J'ai renvoyé de jour en jour à vous écrire, espérant qu'il se présenterait quelque occasion sùre pour causer librement avec vous. Comme je ne vois rien venir, il faut bien que je me contente de la voie ordinaire de la poste.

Soyez donc indulgent si ma lettre ressemble si peu à la vòtre. J'ai lu celle-ci avec beaucoup d'intérét. Je partage vos impressions.

Depuis lors les ròles sont intervertis en deça et au delà des Balkans. Ce sont maintenant les Tures qui prennent l'offensive avec des succès qui rendent très critique la position des russes. Dans tous les cas il n'y a plus imminence de danger pour Constantinople et la guerre sera plus longue qu'on ne l'avait cru d'abord. Dans ces conditions l'attitude expectante semit de plus en plus indiquée pour les non belligérants. En attendant une partie de la presse autrichienne nous prend comme point de mire en nous prétant des vues ténébreuses, des aspirations à des conquétes, et cela dans un langage des moins

5 -Documenti tliplornatici -Serie II -Vol. IX

courtois. Ces attaques sont des plus injustes, et ceux qui les écrivent doivent savoir qu'ils mentent sciemment, camme la Gazette d'Augsbourg en 1859 si je ne me trompe, et qui pèus tard avouait ingénuement etre restée en dehors de la vérité pour mieux servir la bonne cause. Franchement où est aujourd'hui la bonne cause quc soutiendraient les journaux de Vienne? Jusqu'ici on ava:i:t toujours cru que l'intégrité de l'Empire Ottoman formait 'la base de la politique autrichienne. Si tel est le cas on ne devrait pas nous en vouloir de nous trouver dans le meme ordre d'idées. Si on change de drapeaù à Vienne, pourquoi réjeter sur nous la mauvaise humeur produite par le passage du Danube? Je ne m'explique pas que le Comte Andràssy, qui a toutes nos sympathies à juste titre, ne se préoccupe pas davantage d'iprimer une meillure direction a certains organes de la presse inspirée par nos adversaires qui seront aussi les siens le jour où ils oseront leva le masque. Je vois avec plaisir qu'ici dans ces derniers temps les journaux influents ont parlé avec beaucoup de tact et de modération sur notre compte, sans admettre purement et simplement des calomnies débitées à tort et à travers.

J'ai vu en effet le Prince de Bismarck, et j'ai été content de mon entretien avec lui. Ce qui se passe en France est bien fait pour resserrer nos liens avec l'Allemagne. C'est à quoi je m'applique de mon mieux, et ma tàche est facilité par notre solidarité dans plus d'une question. C'est là une chose dont on devrait se rendre compte à Vienne; on attacherait peut-etre alors plus de prix à notre amitié, au lieu de multiplier des piqures aux quelles à la longue serait sensible meme la peau d'un éléphant.

Je suis enchanté d'avoir pour collaborateur le Marquis Cappelli. Il m'a plu de prime abord. Quand je l'ai vu à l'oeuvre à la Chancellerie, je me suis tout de suite aperçu qu'il avait été à bonne école. Il vous est très attaché, et c'est 'la son meilleur titre à mes yeux. J'ai pris note de son désir d'un congé aussitòt que faire se pourra. Le Chevalier Tosi est absent. J'aurais grand besoin moi-méme de me retremper pour quelques semaines dans le dolce tar niente.

(l) Non pubblicati.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 794. Terapia, 6 agosto 1877 (per. il 14).

M'è riferito da fonte attendibile che avant'ieri il Signor Englander, corrispondente dell'Agenzia «Reuter » in questa Capitale, fu invitato da un funzionario della Sublime Porta a telegrafare a Londra avere il Governo britannico domandato a quello del Sultano l'autorizzazione di far entrare la flotta di Besika nel Bosforo; questo aver rifiutato d'aderire alla domanda. Il Signor Englander recavasi indi ad informare l'Ambasciatore Inglese dell'occorso; cui questi rispondeva non trasmettesse siffatta notizia poiché essa non aveva alcun fondamento di vero. Soggiungeva il corrispondente dell'Agenzia il telegramma in discorso essere già stato spedito. Il Signor Layard lo invitava quindi a telegrafare una smentita; cui quegli replicava, non potendo telegrafare in cifre, dubitava assai che un messaggio in claris, in questo senso, sarebbe lasciato passare all'Ufficio telegrafico. E cosi rimasero le cose.

L'Ambasciatore Inglese afferma ora in modo categorico che nè ora nè mai il suo Governo ha indirizzato formale domanda a quello di S. M. il Sultano per ottenere l'autorizzazione di far venire la flotta di Besika nel Bosforo. Eppure questa affermazione non è conforme alle dichiarazioni fatte anteriormente da S. E. in colloqui privati, ed in seguito alle quali io forniva all'E. V. le informazioni contenute nel mio allegato in cifre dell'll Luglio (1). Quelli che udirono quelle dichiarazioni dalla bocca del Signor Layard e vogliono conciliarle colle presenti, suppongono che le pratiche in quel tempo interposte da S. E. non fossero per avventura che tentativi fatti di motu proprio affine d'indurre la Sublime Porta a prendere l'iniziativa del relativo accordo; oppure che S. E. avesse infatti l'istruzione di investigare le disposizioni del Governo Ottomano in proposito.

Checché ne sia del passato, sono ora assicurato da più di una fonte attendibile che avant'ieri un telegramma fu spedito dalla Sublime Porta all'Ambasciatore Ottomano a Londra per significargli che S. M. il Sultano rifiutava l'autorizzazione del passaggio della flotta inglese pei Dardanelli. E si ritiene che questo telegramma sia stato diretto a Musurus Pacha in seguito a relativa comunicazione che questi avrebbe data alla Sublime Porta. Ma non si conosce quale fondamento avesse questa comunicazione.

Di questo fatto io credetti prezzo dell'opera di dare avviso telegrafico a

V. E. (1), imperocché esso provava se non altro quali fossero le presenti disposizioni della Sublime Porta riguardo a quell'importante eventualità.

Io persisto tuttavia a dubitare grandemente che il Governo Britannico prenderebbe in ogni caso la risoluzione di far entrare la sua flotta nel Bosforo prima d'aver occupato Gallipoli. So che tale avviso fu espresso in termini categorici dall'Ammiraglio Hornby il quale crede se la sua flotta si trasferisse in queste acque, ed i Russi venissero indi in possesso del lato Nord dei Dardanelli essa potrebbe esservi presa come in una souricière. Queste Autorità militari Inglesi, le quali vanno ognora aumentandosi di numero, prendono infatti un vivo interesse in quelle opere di difesa. H Generale Dickson non è ancora tornato dall'ispezione che sta facendo in compagnia dell'Ammiraglio Hornby. Però non mi risulta che quest'Ambasciata Britannica abbia fino ad oggi fatto alcuna comunicazione alla Sublime Porta in ordine a quella occupazione. L'E. V. mi perdonerà se entro in minuti dettagli su queste questioni. Ma l'azione del

l'Inghilterra ha esercitato un'influenza sì capitale sull'andamento delle cose d'Oriente durante questi due anni, che stimo mio dovere di metterla in chiaro come meglio per me si puote.

(l) Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 720. Vienna, 7 agosto 1877 (per. il 10).

Mentre con sufficiente calma i popoli della parte cisleitana della Monarchia stanno contemplando lo svolgersi degli avvenimenti in Oriente, quelli appartenenti alla Corona di S. Stefano trascorrono a clamorose manifestazioni d'opposte tendenze, che indubbiamente hanno per natura! conseguenza d'aumentar la libertà d'azione del Governo centrale, chiaramente dimostrando l'impossibilità in cui esso si troverebbe d'appigliarsi ad una linea di condotta indicata dall'opinione pubblica! Al meeting di Pesth succedono altre analoghe popolari riunioni nei principali centri ungheresi e la concordia dei Magiari nel simpatizzare per la Turchia ed ancora più nell'odiare la Russia non si potrebbe manifestare in modo più unanime ed esplicito. Le vittorie Turche diedero nuovo impulso a quelle menti: ed i Tedeum cantatisi in questi giorni per i successi degli Ottomani in gran numero di chiese dell'Ungheria senza opposizione per parte dell'autorità, mentre provano quanto vivo sia il sentimento popolare nel suespresso senso, costituiscono d'altra parte un assai curioso fatto a fronte della sempre insistente alleanza dei Tre Imperatori. Era naturale che i popoli di razza slava soggetti al Governo di Pesth non avrebbero mancato di valersi della libertà concessa ai Magiari di manifestar le loro opinioni, e che anzi eccitati dalle clamorose dimostrazioni contrarie alle opinioni della loro razza a cui avevano dato si largo sfogo, dal canto loro affermassero parimenti fragorosamente le loro contrarie simpatie. Il recente meeting d'Agram tenne quanto prometteva, la risoluzione da esso adottata affermò l'incompatibilità della dominazione Turca in Europa colla civiltà Cristiana, propugnò l'alleanza della Monarchia e l'annessione al Regno Croato della Dalmazia, Bosnia ed Erzegovina.

Tutto ciò, come dissi più sopra, invece d'intralciare l'azione del Gabinetto di Vienna, non può se non rendergli più facile la via, le così manifestamente opposte tendenze che si stanno svolgendo al di là della Leitha non potendo se non conseguire lo scopo di neutralizzarsi fra di loro. Tutto quel chiasso intanto non accenna menomamente a turbare la calma colla quale il Gabinetto di Vienna continua a sorvegliare lo svolgersi degli avvenimenti.

Il Barone Orczy dicevami ieri: «all'ultimo raccolto fattosi quest'anno in Ungheria verrà ad aggiungersi il danaro che la Turchia sborserà a Klapka per pagare la messa in iscena dei meeting, l'annata potrà dunque considerarsi per noi come una delle migliori».

Intanto le recenti vittorie Turche valsero a torre gran parte della tensione che la situazione stava prendendo qui, ed ogni pensiero di mobilitazione sembra pel momento sospeso, senza però che lo si sia intieramente posto da parte poiché esso potrebbe venire tradotto ad effetto immediatamente, ove la Serbia, siccome non mancano i sintomi, si disponesse ad entrare attivamente in iscena cedendo all'impulso dei comitati slavi. Pel momento il Gabinetto di Vienna dà prova di maggior risoluzione nel contrastare, senza ancor uscir dalla neutralità, il movimento insurrezionale della Bosnia. Infatti si fu mediante preventive intelligenze prese f:ra il Generale Mollinary ed il Comandante Ie truppe Turche in Bosnia che il Petrowitch fu da queste costretto a gettarsi sul territorio dei confini militari in luogo prima convenuto, dove truppe e gendarmi stavano attendendolo. Egli fu preso ed internato, né probabilmente riuscirà a ricuperare la sua libertà prima della fine della guerra. Parimenti vennero disarmati ed internati i suoi uomini e con essi dieci soldati Turchi che nell'inseguimento avevano posto piede sul territorio Austro-Ungarico. Questo fatto contribuirà grandemente a torre efficacia all'insurrezione nella Bosnia e nell'Erzegovina e quindi anche ad indebolire l'azione del Montenegro. E qui non si può a meno di osservare che molto probabilmente l'Europa ed in particolare l'Austria non si troverebbe ad aver oggi la questione d'Oriente sulle braccia se fin dal principio dell'insurrezione dell'Erzegovina i generali Imperiali avessero, come ora scrupolosamente osservato i doveri della neutralità, impedendo che la Dalmazia si mantenesse per tanti mesi un sicuro luogo d'asilo ai capi degli insorti che con tutto loro agio ci si. rifugiavano e ne venivano per tornare a combattere i Turchi quando meglio loro tornava a proposito.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 532. Roma, 8 agosto 1877.

Al rapporto dell'E. V. in data del 30 luglio, n. 1878, confidenziale (1), rispondo col qui acchiuso paragrafo in cifra.

P. S. -Aggiungo un altro paragrafo in cifra che risponde al rapporto del 29 luglio n. 1877 (2).

ALLEGATO I

ANNESSO CIFRATO

Je trouve assez singulière la persistance avec laquelle MM. Radowitz et de Keudell ne Stl lassent pas d'insinuer que l'Italie devrait, en cas d'occupation autrichienne en Bosnie, chercher une compensation en Albanie. Ce serait assez important de dévoiler

l'esprit dans lequel de pareilles suggestions nous sont faites. On ne saurait ignorer à Berlin qu'une entreprise italienne en Albanie pourrait servir à Vienne comme un excellent prétexte de rupture avec l'Italie. Un organe officieux, la Deutsche Zeitung, se faisait écrire naguère qu'une promenade militaire sur le Po serait le meilleur moyen de nous guérir de nos projets sur l'Albanie.

L'idée de nous ouvrir directement avec le Comte Andnissy est assez naturelle. Mais nous ne pouvons pas oublier la prétention formulée, il y a plusieurs mois, dans le ton le plus hautain par le Comte dans une conversation avec le Général de Robilant, que l'Autriche seule a des intérets dans certaines questions, ni les refus opposés constamment à toutes nos ouvertures, ni, enfin, les déclarations catégoriques et conçues dans les termes les plus vifs au sujet de l'inadmissibilité de compensations territoriales. Dans une pareille situation il ne nous reste qu'à nous tenir sur nos réserves. Une démarche hasardée du Général de Robilant pourrait nous mettre en face d'une de ces questions qui engagent d'une façon irréparable la dignité du pays.

L'Autriche, je le répète encore une fois, exploite sans scrupules les fausses nouvelles qu'elle méme s'attache à forger et à propager.

Peut-etre, se disant menacée du còté de l'Italie, cherche-t-elle à réagir contre la pressìon qu'on lui faìt du dedans et du dehors pour la faire entrer en lice. S'il en est ainsi, si ce prétexte, vrai ou faux, peut aider le Comte Andràssy à s'abstenir d'une partìcipation active à la guerre, ce n'est pas nous qui nous nous plaindrìons du résultat qu'il obtiendrait, notre objectif éatnt précisément d'éloigner tuote complication qui élargirait le rayon de la crise actuelle. Mais le moyen dont le Cabinet de Vienne se serait servì pour arriver à ce résultat est rien moins que con·ect et il nous appartient d'éclaìrer à titre confidentiel les Cabinets amis sur des manoeuvres tendant à dénigrer la conduite de l'Italie.

ALLEGATO II

ANNESSO CIFRATO

Les rapports de M. Corti confirmeraìent ce que V. E. mande au sujet des instructions dont le Prince de Reuss est nanti; rien ne fait croire, jusqu'ici, que ce dernier se soit donné le ròle auquel V. E. fait allusion.

Les dernières nouvelles de Constantinople indiquent une situation dans laquelle :mcune négociation de paix n'est possible, en dehors mème des dìfficultés qu'on rencontrerait auprès de la Rusf<ie, tant que celle-ci n'ait prìs sa revanche. Le temps d'arrèt que !es événements militaires nous ménagent devrait ètre mis à profit par les Puissances neutres pour étudier !es conclitions problables de paix en vue cles intèrèts gènéraux de l'Europe et du respect des intérèts parti~uliers de chaque Etat.

(l) -Cfr. Serie II, vol. VIII, n. 683. (2) -Cfr. Serie II, vol. VIII, n. 681.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 429. Roma, 9 agosto 1877.

Ringrazio V. E. delle informazioni fornitemi con Rapporto del 1° di questo mese, n. 718 (1), intorno alle deliberazioni che sarebbero state adottate dal Consiglio straordinario dei Ministri tenutosi, il giorno prima, sotto la presidenza dell'Imperatore.

Lo spirito pubblico in Italia non sì è commosso per le risoluzioni che l'Austria avrebbe preso circa i suoi provvedimenti militari. Ristretti entro questi limiti tali provvedimenti non indicherebbero l'intenzione, attribuita anche da alcuni giornali esteri al Gabinetto di Vienna, di prendere una posizione difensiva o precauzionale verso le frontiere italiane. V. E. si propone con ragione di mantenere quel contegno calmo e riservato che ebbe sinora in tutto ciò che si riferisce a così delicata situazione. Dal canto suo il Ministero veglierà, nel miglior modo che gli è possibile, perché questa non venga a complicarsi, malgrado la positiva volontà del Governo, per effetto dell'eccitamento che la pubblica opinione potrebbe ricevere dal linguaggio imprudente ed appassionato di una parte della stampa ufficiosa austriaca ed ungherese.

ALLEGATO l

ANNESSO CIFRATO

Durando signale un ralentissement des dispositions en vue d'une mobilisation. Revest signale au contraire une concentration prochaine d'un corps nombreux. Une division navale autrichienne, d'une force respectable, est en ce moment sur !es còtes de la Macédoine et de la Thessalie. C'est un fait à noter. L'attitude des Agents consulaires autrichiens fait supposer qu'ils ont pour programme de réhausser, auprès de ces populations, le prestige de la Monarchie.

ALLEGATO Il

ANNESSO CIFRATO

M. Mirce de Baratos a été dernièrement appelé à Vienne. A son retour il s'est présenté au Préfet de Venise se qualifìant comme Agent du Press-bureau de Vienne et se mettant, comme tel, à la disposition du Préfet pour avoir des rapports avec notre presse gouvernementale. M. Mirce. qui habite Venise depuis plusieurs années, n'avait eu jusqu'ici des rapports qu'avec la presse d'opposition et il cachait sa qualité d'Agent du Cabinet de Vienne. Ce fait et quelques mots dits par M. le Baron de Haymerle dans une conversation récente pour déplorer le langage de certains organes viennois et hongrois, me paraissent témoigner du désir du Cabinet de Vienne de ne pas pousser plus loin, du moins pour le moment, sa campagne journalistique contre le Gouvernement du Roi. Quelque soit le motif de ce changemcnt d'attitude, nous n'avons qu'à nous en réjouir si nous pouvons nous considérer désormais à l'abri de la pression que l'esprit public, excité par une polémique de rancune, devait nécessairement exercer sur nos rapports avec le Cabinet de Vienne.

(l) Cfr. n. 3.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L. P. Roma, 9 agosto 1877.

Io prego Vostra Maestà di perdonarmi se rare più del dovere furono le mie comunicazioni a Vostra Maestà. Sul finire del mese passato la mia salute erasi alquanto alterata, poi l'assenza da Roma della maggioranza de' miei colleghi e la trattazione di alcuni affari difficili e faticosi mi tennero stra

ordinariamente occupato. Io spero che Vostra Maestà vorrà essermi indulgente.

Nell'ultima udienza che Vostra Maestà ebbe la bontà di concedermi mi chiese alcune notizie sull'armamento dell'esercito e più specialmente sui parchi d'assedio. Ho perciò pregato il ministro della guerra di darmi i necessarj schiarimenti, l'unito rapporto (l) che rassegno a Vostra Maestà rende conto non solo di quanto riguarda i parchi d'assedio, ma dei risultati ottenuti in forza dei miglioramenti arrecati da un anno a questa parte alle condizioni dell'esercito.

La Maestà Vostra potrà scorgere dall'unita relazione che fra pochi mesi cioè verso la fine dell'anno corrente saranno disponibili 340 mila fucili e moschetti di nuovo modello, cioè 130 mila in più di quelli che esistevano un anno fa. A quest'ora i cavalli acquistati superano i seimila, e pel mese di ottobre il numero necessario sarà completo. Dalla stessa relazione risulta che a completare il materiale di mobilitazione dell'esercito occorre una spesa che si limita ad un milione e mezzo: a questa spesa, o almeno ad una parte di essa bastano i fondi di cui posso ancora disporre.

Il Direttore generale d'artiglieria dimanda altri quattordici milioni dei quali tre e mezzo da pagarsi entro l'anno. Consenziente il ministro della guerra ho stimato che questa spesa possa differirsi senza danno. Altre spese veggo inevitabili malgrado le strettezze dell'erario. Per non oltrepassare i fondi stanziati nel bilancio si dovrebbe licenziare al principio di settembre una classe di circa 44 mila uomini. Ora finché gli avvenimenti non rischiarino meglio l'orizzonte politico penso che sia miglior partito il ritardare il licenziamento di questa classe quantunque la spesa del ministero della guerra cresca d'un milione e mezzo al mese. Trattenendo questa classe sotto le armi, e al principio del nuovo anno accrescendosi l'esercito di tutti gli uomini della prossima leva, la mobilitazione diventerà più facile, e Vostra Maestà potrà disporre di una forza abbastanza rispettabile per tutelare gli interessi della nazione nelle possibili complicazioni militari o diplomatiche della guerra d'Oriente.

Intorno a quest'ultimo provvedimento, io sarò riconoscente a Vostra Maestà se vorrà degnarsi di farmi conoscere le sue intenzioni.

A seconda di quanto aveva annunziato preventivamente a Vostra Maestà, giunto a Roma dal mio viaggio a Torino, ebbi tosto una conversazione coll'Ambasciatore di Germania e dovetti persuadermi sempre più della grande simpatia del suo Governo verso l'Italia. Non debbo però tacere a Vostra Maestà che mentre sopra alcuni punti l'accordo fra i due Governi sarebbe perfetto, sopra altri, e precisamente sulla linea di condotta dei due Stati per quanto riguarda la questione d'Oriente non è stato possibile uno scambio di idee da cui desumere la probabilità di un accordo preventivo sulle eventualità che da un giorno all'altro possono verificarsi. Ed è perciò ch'io credo sempre utile di mandare in Germania una persona sicura onde conoscere, se pure sarà possibile, le intenzioni del Governo Imperiale. E dopo aver bene ponderato tutte le circostanze che la persona meglio adattata sia l'attuale Presidente della Camera sulla cui saviezza e discrezione Vostra Maestà può fare assegnamento.

Ho veduto negli scorsi giorni anche l'Ambasciatore d'Inghilterra il quale

in una lunga conversazione ripeté quanto mi aveva detto precedentemente che cioè l'Inghilterra e l'Italia hanno nel Mediterraneo interessi comuni ed aggiunse che sperava un'eventuale azione comune. Non aggiunse altri particolari intorno ai progetti concreti del suo Governo, ma cercò di dimostrare che l'Italia non doveva preoccuparsi d'una possibile occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina da parte dell'Austria. Insistè molto su quest'ultimo punto tanto da poterne indurre che l'Inghilterra non sarebbe contraria a questa occupazione. Per mia parte ho principalmente insistito nel far notare al Signor Paget che la pubblica opinione in Italia sarebbe avversa all'idea d'una occupazione, e più ancora d'un ingrandimento dell'Austria coll'annessione delle Province Turche che confinano colla Dalmazia.

L'impressione mia della conversazione col Signor Paget è questa che il Governo inglese non è per ora disposto a prendere una parte attiva alla questione d'Oriente, e sempre più mi confermo nell'idea che importi conoscere le intenzioni del Governo germanico.

Venendo ora alle cose dell'interno io debbo confessare a Vostra Maestà che non sono soddisfatto del modo col quale procedono alcuni importantissimi affari. Fra gli altri, la trattativa per l'esercizio delle ferrovie, questione vitale per l'attuale amministrazione è ancora lontana da una soluzione. Malgrado il lavoro da me preparato, e, posso dirlo, la molta pazienza adoperata, non ho potuto mettermi d'accordo col mio collega dei Lavori Pubblici. Le discussioni con lui sono appena cominciate ed ora sono interrotte dalla sua malattia. Credo che sia cosa lieve e passeggera, ma io sono profondamente addolorato da questi pericolosi ritardi.

Sono pure contrariato dall'assenza da Roma del Ministro Mancini che non so quando potrà farvi ritorno. Ho sentito con piacere che la sua salute va migliorando ma la sua indefinita assenza è sempre un grave inconveniente giacché la discussione degli affari di Stato coi colleghi lontani è sempre disagevole.

Anche la salute del Ministro Melegari è sempre nello stesso stato, e, pur troppo non posso contare sulla sua operosità e sulla sua energia, la quale sarebbe tanto necessaria in questi difficili momenti.

Da alcune parole dettemi ancora jeri dal Signor Keudell debbo desumere che i tre Imperatori sono d'accordo intorno alla soluzione della questione d'Oriente, e malgrado il dissenso dell'Inghilterra, potrebbero compiere dei fatti irrevocabili senzaché l'Italia che pure ha sottoscritto il trattato di Parigi, possa esercitare la sua legittima influenza. Anche per dissipare ogni dubbio su questi accordi credo utile la missione di cui ho dianzi parlato.

Io prego Vostra Maestà di perdonarmi la rivelazione di queste mie afflizioni personali le quali sono mitigate dal vedere l'amministrazione finanziaria procedere regolarmente, la sicurezza pubblica oramai pienissima in tutto lo Stato, le entrate dell'erario in aumento, il credito pubblico mantenuto. Alcune grosse questioni finanziarie che pure interessavano il credito dell'Italia all'estero, cioè le liquidazioni pendenti colla Sud-Bahn, e coll'impresa delle ferrovie CalabroSicule si sono appunto transatte in questi ultimi giorni con reciproca soddisfazione. Questi atti non saranno senza buoni effetti se mai occorresse per la difesa dello Stato di ricorrere al credito.

Confidando nella benevolenza di Vostra Maestà io farò ogni sforzo per superare le difficoltà che mi circondano e quantunque una necessità di famiglia mi costringa a recarmi fra pochi giorni a Stradella ove dovrò rimanere qualche tempo, l'andamento dell'amministrazione non ne avrà a soffrire. Da Stradella mi recherò a Torino, quando Vostra Maestà, come mi fece sperare, vi si rechi nel corrente mese e si degni di accordarmi un'udienza.

Una notizia dolorosa che annunzbva in pericolo la vita preziosa all'Italia di S.A.R. il valoroso e virtuoso Duca d'Aosta mi aveva profondamente turbato e commosso; grazie a Dio, ogni pericolo presto scomparve ed io posso esprimere dal fondo dell'anima i sentimenti di contentezza che ho provato e che provo e le più vive congratulazioni alla Maestà Vostra. Nella prosperità, o Sire, della vostra Augusta famiglia, sta la salvezza d'Italia.

(l) Non si pubblica.

19

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1881. Berlino, 9 agosto 1877 (per. il 14).

Dans la visite que j'ai faite avant hier à M. de Radowitz, je lui ai communiqué de vive v o ix !es détails contenus dans la dépéche de V. E. n. 528 (l). Ils étaient antérieurs à la victoire de Plewna qui a diì calmer chez !es Musulmans la grande fermentation des esprits, ou du moins lui donner une autre direction. Ce fonctionnaire des affaires étrangères reconnaissait cependant, comme nous, que de graves dangers pourraient renaitre pour la sécurité des populations surtout à Constantinople, si en cas de revers Ies bandes indisciplinées se repliaient vers la Capitale. En attendant le Prince Reuss télégraphie, sans indiquer à quelle date la démarche a été faite. que l'Angleterre a demandé le libre accès dans le Bosphore pour sa flotte à l'effet de protéger !es Chrétiens. La Porte a répondu qu'elle se chargeait elle-méme du soin de cette protection.

Selon l'avis de M. de Radowitz, la situation comportait toujours de la part des non belligérants une attitude expectante. Ce qui n'empéchait pas la grande officine des nouvelles à sensation, dont le bureau principal réside à Vienne de répandre des rumeurs sans fondement. Il ne croyait pas que l'Autriche fiìt à la veille d'exécuter les mesurer militaires récemment arrétées en principe. Le double courant de démonstrations populaires en Hongrie et en Croatie n'est pas fait pour encourager le Gouvernement Impérial à s'écarter dans les conjonctures actuelles d'une politique de réserve et de neutralité. D'un autre còté, il ne semblait nullement prouvé que le Cabinet de Pétersbourg réclame une assistance active ou passive de la Serbie. Au reste, ajoutait M. de Radowitz, un grand pays comme la Russie dispose de forces suffisantes pour se relever d'un premier et grave échec et le résultat final, tout porte à le prévoir, sera favorable à ses armes.

(l) Non pubblicato.

20

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

(Carte Corti)

L. P. Hinterbruhl, 9 agosto 1877.

Mi sono dato una giornata di buon tempo e quindi si è dalla mia Villa

(non quella dove ci venisti a visitare, ma nelle vicinanze) che ti scrivo. Mille

grazie per la tua lettera del l o corrente (l).

La battaglia di Plewna ha prodotto qui grandissima impressione, certamente non è un fatto di mediocre importanza, sebbene io non veda ancora l'esercito Russo cacciato nel Danubio, come molti già se lo figurano. Io non ci vedo altro se non un ritardo nella conclusione della pace e maggiori esigenze da parte dei Russi. Sta però di fatto che i Russi corsero un grave periglio e non ne sono ancora fuori avendo avuto l'imprudenza di accontentasi di un ponte solo sul Danubio e peggio ancora non essendosi curati di munirlo di una potente testa di ponte, omissioni queste proprio inammissibili. Fortuna per loro di aver da fare coi Turchi. Intanto i rinforzi giungono e fra breve avranno 7 Divisioni in più. Fu qui il Colonnello Berktolsheim, l'addetto militare austriaco presso lo Czar, latore a quanto si assicura di una lettera dell'Imperatore. Egli è ripartito ieri pel Quartier Generale.

La situazione non sembrami gran che mutata a Vienna. Midhat Pachà non riuscì affatto nella missione che a quanto pare si era data da sé, di stabilire un accordo fra l'Austria e l'Inghilterra. Il Conte Andrassy tiene fermo all'alleanza dei tre Imperatori, e con ragione non vuole saperne d'altri accordi.

L'incontro di Francesco Giuseppe con Guglielmo avvenuto ieri ad Ischl non avrà probabilmente altro risultato che di rafforzare l'amicizia fra quei due Sovrani e quindi di continuare ad assicurar alla Russia la neutralità benevola dell'Austria.

Avrai letto sui giornali che io ho dato qui assicurazioni tali da pienamente soddisfare il Gabinetto di Vienna intorno ai nostri intendimenti. Tutto ciò è pura favola. Io non ho avuto incarico né di leggere dispacci né di dare assicurazioni qualunque, nessuno mi ha chiesto niente, ed io non ho aperto bocca. Agire diversamente sarebbe stato lesivo alla nostra dignità e fortunatamente lo si capì perfettamente a Roma. Il temporalone addensatosi sulle nostre teste, si sciolse come era nato senza positive cause, da alcuni giorni fu tolto il mot d'ordre ai giornali di qui di tirar a mitraglia contro di noi e quindi essi cessarono nuovamente di parlare dell'Italia, aspettando nuova propizia occasione per rompere da capo l'armistizio con noi.

All'infuori dei poco interessanti documenti diplomatici che il Ministero ci manda stampati, ben di rado ricevo comunicazione di qualche brano dei tuoi rapporti. In quanto a quelli di Menabrea, Nigra, Cialdini, Launay, mai un rigo se ne vede! Suppongo che del pari ignori tutto ciò ch'io scrivo, e sì che un

discreto consumo d'inchiostro io lo faccio. Capisco però che non abbiano alla Consulta gran desiderio di far conoscere ciò che io scrivo, ma pure qualche cosa sarebbe bene i colleghi non l'ignorassero, non foss'altro che per conoscere le carte che abbiamo nel nostro gioco.

(l) Non IJUbblicata.

21

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L. P. Londra, 11 agosto 1877.

Je commence par me féliciter avec Votre Majesté du rétablissement de

S.A.R. le Due d'Aosta. Je me figure toutes les angoisses de Votre Majesté à la nouvelle de l'accident que son auguste fils avait éprouvé. Ici nous en avons été vivement émus et nòtre anxiété n'a été calmée que lorsque nous avons appris que Son Altesse Royale était hors de danger.

Les Anglais qui ne laissent pas ordinairernent paraitre beaucoup de sensibilité se sont montrés très-affectés de cet événement et je puis en juger par le grand nombre de personnes qui sont venues me demander des nouvelles de Son Altesse Royale.

Depuis le dernier rapport en date du 28 Juillet dernier (l) que j'ai eu l'honneur d'adresser à Votre Majesté la fortune qui semblait pousser l'Armée Russe par une marche triomphante jusqu'à Constantinople, s'est tout d'un coup tournée contr'eux et la défaite de Plewna aujourd'hui bien constatée a prouvé que les Tures n'étaient pas des ennemis à dédaigner surtout lorsqu'ils se battent derrière des retranchements ou pour maintenir une position. On a mème cru un moment que la position du Général Gourko qui a passé Ies Balkans était gravement compromise et qu'il se trouvait exposé à se voir coupé du gros de l'armée russe. Mais il parait que ce danger n'existe pas maintenant et qu'il a conservé des communications. Cependant s'il avait à faire avec un ennemi qui eiì.t quelque connaissance de la tactique moderne, il est certain qu'il se trouverait toujours dans une position fort dangereuse.

Cet insuccès des Russes a donné lieu, parmi les officiers de cette armée à plus d'une récrimination; on l'attribue à ce qu'on a voulu confier les grands commandemens aux jeunes Grand-Ducs qui n'ont pas des connaissances militaires suffisantes et manquent de cette énergie de soldat qui est nécessaire pour guider de grandes masses de troupes. Camme qu'il en soit de ces récriminations il est certain que dans toutes les opérations des Russes il y a eu à la vérité beaucoup de courage mais, en mème temps beaucoup de décousu dans •les mouvements. Chaque Général, à ce qu'il parait, a voulu cueillir des lauriers pour son propre compte et avoir la plus grande part possible des faveurs qu'on ne manque jamais d'accorder aux vainqueurs à la fin d'une glorieuse campagne.

Il semble également que le protectionnisme est entré pour beaucoup dans le choix des Généraux. On a écarté tout ce qui n'avait pas l'empreinte assez Russe; ainsi l'on a laissé de còté le plus habile Général que possède maintenant l'armée Russe, le Général Totleben le défenseur de Sebastopol, et cela parcequ'il est d'origine Allemande. Lui-meme se plaignait dernièrement de l'ostracisme dont il a été frappè, à une personne qui m'a rapporté ses plaintes. Mais il parait qu'on commence à revenir de cet exclusivisme Slave et qu'on a appris à mieux apprécier l'ennemi qu'on a à combattre. Les Russes à ce qu'il parait sont entrés en campagne avec un sentiment de profond mépris pour les Tures. La résistance qu'il avaient rencontré en Asie aurait déjà du leur ouvrir les yeux à cet égard. Toutefois il ont entrepris le passage du Danube sous l'influence de ce meme dédain de leur ennemi. L'Ambassadeur d'Allemagne qui est venu hier chez moi et qui revenait de son pays, me disait que l'Empereur Guillaume I qu'il avait eu l'honneur de voir, lui expliquait les mouvements des Russes et ne savait pas se rendre compte de l'oubli qu'ils avaient fait des règles les plus élémentaires de la stratégie.

Celui qu'on accuse d'étre la cause première des désastres, c'est le Général Ignatieff qui a été le vrai promoteur de la guerre et qui par ses flots de paroles était parvenu à persuader au Czar que l'on pouvait acheter tous les Généraux Tures et que leurs soldats se seraient enfuis à la vue des bayonnettes Moscovites.

n paralt que maintenant les Russes ont compris leur erreur et qu'ils vont agir avec plus de prudence et en concentrant leurs troupes au lieu de les disseminer comme auparavant. Ils attendent méme des renforts considérables et il n'est pas douteux, qu'à Ia longue, avec les forces et les moyens dont ils peuvent disposer, ils ne finissent par vaincre les Tures. Mais la question pour eux est de mettre fin à la lutte avant la mauvaise saison qui en Bulgarie commence en octobre. Si à cette époque ils n'ont pas chassé les Tures de la Bulgarie et de la Roumélie, ils seront obligés à une autre campagne l'année prochaine, et meme il leur serait difficile de maintenir leur armée dans les pays qu'ils ont occupé à cause de la difficulté du ravitaillement qui ne peut, pour les Russes s'opérer que par voie de terre, vu qu'ils n'ont pas la mer libre, et par le moyen d'une seule ligne de chemin de fer et d'un petit nombre de routes ordinaires qui, pendant la mauvaise saison deviennent presque impraticables.

C'est pourquoi l'on voudrait mantenant changer de plan de campagne et traverser la Servie ce qui permettrait aux Russes de tourner les Balkans, de prendre les armées Turques de revers, et leur donnerait ainsi la probabilité d'en finir cette année méme avant la mauvaise saison.

Mais à ce plan rationnel de campagne il y a eu, jusqu'ici opposition de la part de l'Autriche qui avait déclaré que ses intéréts auraient été compromis, soit que les Russes eussent traversé la Servie, soit que les Serbes eux mémes eussent pris part à la guerre. C'est pourquoi, d'après ce que me disait Lord Derby, il y a trois ou quatre pours, d'actives sollicitations étaient faites tant de la part de la Russie que de celle de l'Allemagne pour que l'Autriche renonce à son opposition. Meme on lui offrirait (ou on lui a déjà offert) d'occuper simultanément une partie de la Servie et, au besoin, de s'annexer la Bosnie et l'Herzégovine si cela était de sa convenance, pourvu que Elle laisse librement

agir les Russes. Votre Majesté sait que l'Empereur d'Allemagne a une affection particulière pour son neveu le Czar et c'est dans le but de vaincre cette résistance de l'Autriche qu'a eu lieu l'entrevue des deux Empereurs à Ischl. Les nouvelles de ce matin sont que l'Empereur d'Autriche ne s'opposera pas au passage des Russes à travers la Servie, mais qu'il déclare, en mème temps de vouloir maintenir sa neutralité tant que les intérèts de son Empire ne seront pas autrement compromis. Votre Majesté connait les deux partis qui divisent l'Empire Austro-Hongrois; l'un qui voudrait la conquète des provinces Turques et l'autre qui, au contraire, repousse tout agrandissement de l'Empire dans les provinces Slaves. Ce sont les Magyars qui craignent de perdre leur influence si la population Slave de l'Empire vient à les surpasser en nombre.

Tandisque l'Autriche est l'objet des séductions des deux Empereurs, l'Angleterre tache également de l'attirer dans son alliance. Mais elle ne parait pas y avoir réussi jusqu'à présent, quoique Elle aussi lui ait livré la Bosnie et l'Herzégovine pourvu qu'elle ne prète pas appui à la Russie. C'est ce qui fait que l'Angleterre, se trouvant maintenant sans alliés, se renferme dans la neutralité qu'elle a proclamée et d'où elle ne sortira que lorsque ses intérèts seront compromis. Lorsque les Russes semblaient aux portes de Constantinople on parlait de l'occupation de Gallipoli par les forces anglaises. Après l'échec éprouvé par l'armée Russe, tous ces projets sont remis à meilleur temps et le Comte de Derby me confirmait dernièrement les paroles prononcées par le Chancelier de l'Echiquier à la Chambre des Communes, savoir: que pour le moment, le Gouvernement n'avait pas besoin de crédit pour les exigeances militaires. Lord Beaconsfield a répeté à peu près la mème chose à la Chambre des Lords dans la séance d'avant-hier. D'après cela on voit que les Anglais qui n'ont pas été très affligés du peu de succès des Russes en Asie et de la défaite que ceux-ci ont éprouvée en Bulgarie, espèrent probablement encore que l'Armée Russe devra recommencer une nouvelle campagne l'année prochaine afin d'en venir à bout des Tures. D'autre part, quelques puissent ètre les succès de cette armée, Lord Derby semble persuadé que les sacrifices que la Russie est obligée de s'imposer pour soutenir cette guerre feront naitre, dans les populations, des mécontentements qui entraineront nécessairement des changements profonds dans la forme intérieure de ce Gouvernement. Ainsi l'Angleterre voit son adversaire le plus à craindre en Asie, qui s'affaiblit dans cette lutte, et évite par conséquent de s'y engager laissant aux événements le soin de travailler dans son propre intérèt. Cependant il faut dire aussi qu'il y a en cela un peu d'impuissance de sa part; car l'Angleterre n'a pas d'armée de terre qui puisse se mesurer avec les innombrables légions qui constituent nos armées modernes. Elle a en ce moment tout au plus de 80 à 100 mille hommes dans les Iles Britanniques, et elle ne pourrait en détacher plus de 40 mille qui suffiraient pour occuper quelques positions sur le littoral, mais ne lui permettraient pas de jouer un ròle dans une guerre continentale. L'Angleterre a, maintenant, le sentiment de son infériorité militaire et probablement, lorsque la crise actuelle sera passée, elle sangera à se créer une armée; on en parle déjà, l'opinion publique se préoccupe de cette faiblesse militaire, mais en ce moment il n'y a pas de remède à cela. Si l'Angleterre avait pu obtenir l'alliance d'une puissance militaire territoriale comme l'Autriche et l'Italie qui peuvent porter plusieurs centaines de mille hommes hors de leurs frontières, son actitude changerait certainement; mais se trouvant isolée elle s'enveloppe dans sa neutralité. On prétend néanmoins que, indirectement, elle fournit aux Tures des armes et des munitions qui seraient transportées en Egypte et de là conduites à Constantinople. Mais ce fait n'est nullement prouvé; seulement il est clair que la grande majorité, dans ce pays ci, fait des voeux, plutòt pour le triomphe des Tures que pour celui des Russes. Du reste la grande préoccupation ici est l'Egypte qui se trouve, maintenant, virtuellement entre les mains de l'Angleterre qui ne permet pas que d'autres lui contestent son alto dominio sur ce pays.

Pour étre bien avec elle il ne faut donc pas la toucher sur ce terrain; elle nous a tenu, pendant quelque temps, le broncio parceque nous nous étions unis avec les Français, pour la combattre dans les arrangements financiers du Kedive; les Français nous ont fait volte-face pour se mettre d'accord avec !es agents Anglais pour sauver les intéréts d'un grand établissement de crédit français qui tenait à vendre ses fonds Egyptiens. Maintenant que le tour est joué, les Français contrecarrent de nouveau l'influence Anglaise ce qui nous permettra, je pense, de reprendre une bonne position en Egypte où nos intéréts commerciaux seront plutòt protégés que lésés par les Anglais tant que nous ne leur contesterons pas la haute influence politique que leurs intéréts les portent à exercer dans ce pays.

Il y a quelques temps, j'eus l'occasion de dire à Votre Majesté que Lord Derby m'avait demandé quel motif nous aurions à voir de mauvais oeil que l'Autriche s'annexionne la Bosnie et l'Herzégovine; il y a peu de jours il m'a renouvelé cette méme question. Je dus lui répondre que je n'avais pas d'instruction pour répondre à une telle demande d'autant moins que mon Gouvernement s'était déclaré neutre et ayant toujours exprimé son désir que l'intégrité de l'Empire ottoman fiìt maintenue, il n'avait pas eu à s'expliquer sur une éventualité qui n'était pas sur le point de se réaliser; « Cependant, lui dis-je, si vous me demandez mon opinion personnelle à ce sujet, je vous la dannerai, comme militaire mais non comme représentant de mon Gouvernement. Cela posé, voici ce que je pense, quelle que soit l'amitié qui nous unisse à une nation voisine comme l'est l'Autriche pour l'Italie, quelque désir que l'on ait que Ics bons rapports se maintiennent indéfiniment, il faut pourtant que les hommes aux quels est confiée la sécurité du pays, se préoccupent aussi des éventualités qui peuvent donner lieu à des luttes. Dans ce but ces hommes étudient naturellement quels sont !es còtés forts et !es còtés faibles de Jeurs voisins. Sous le rapport militaire le défaut de la cuirasse de l'Italie, du còté de l'Autriche, est le Tyrol ou pour mieux dire, le Trentina d'où les armées impériales peuvent déboucher dans le coeur de l'Italie par de nombreuses et excellentes routes qui exigeraient, de notre part, un grand développement de force pour nous garder.

Le còté faible de l'Autriche par rapport à l'Italie est la Dalmatie qui n'occupe qu'une étroite lisière de terrain sur !es bords de l'Adriatique et d'où une armée qui serait menacée par un corps d'expédition mariti!me devrait bientòt se retirer car elle serait exposée à étre poussée sur le territoire Turc et serait menacée dans ses communications avec le reste de l'Empire. Mais qu'on adjoigne à la Dalmatie, !es provinces de Bosnie et Herzégovine qui lui sont contigues, on transforme cet élément de faiblesse en un élément de force qui rendra l'Empire moins vulnérable et lui donnera méme les moyens d'augmenter sa puissance maritime dans l'Adriatique; tandisque l'Italie aurait tojours son défaut de la cuirasse exposé aux coups de son voisin ». Lord Derby me répondit qu'il comprenait parfaitement ces raisons, mais que toutefois il ne m'avait adressé sa demande que d'une manière académique.

Comme à la fin de la guerre Turco-Russe il y aura probablement un Congrés, et qu'on y discutera des questions territoriales, il est bien de se préparer des arguments pour que les autres ne soient pas seuls à profiter des événements. Toutefois si la lutte venait à s'élargir, les meilleurs arguments seraient bon nombre de forts bataillons et bon nombre de canons à grande portée.

On dit que le prince Bismarck qui, à la Russie, a conseillé la guerre, et à la Turquie, la résistance, jouit en voyant ces deux Puissances, surtout la première s'épuiser; il voudrait, dit-on, engager aussi l'Autriche dans cette méme lutte; alors l'Allemagne resterait seule vis-à-vis de la France dont le reveil économique lui semble menaçant pour le nouvel Empire et qui ne pourrait plus compter sur le concours de la Russie ou de l'Autriche dans le cas où la lutte s'engagerait de nouveau entre les deux nations Germanique et Française.

Ici l'on est très inquiet du résultat du coup d'autorité du Maréchal MacMahon; Lord Derby croit que les radicaux l'emporteront dans les élections; que l'on sera peut-ètre obligé de dissoudre de nouveau l'assemblée, ou d'abandonner le pouvoir à M. Gambetta qui conduirait au radicalisme et par suite à la réaction.

Tel est le résumé des nouvelles et des opinions du jour en Angleterre.

Les Chambres doivent se fermer dans un jour ou deux et les Ministres qui ont été assez tracassés, resteront plus libres, et peut-ètre prendront une allure plus décidée que celle qu'ils ont tenu jusqu'à présent, mais qui néanmoins a été très-prudente ainsi que leurs adversaires mèmes le reconnaissent.

(l) Non pubblicato.

22

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 152. Roma, 12 agosto 1877.

Mi sono riuscite particolarmente interessanti le indicazioni che V. E. mi ha somministrato con rapporto del 2 agosto n. 133 (l) intorno agli attuali rapporti tra il Governo Russo e la S. Sede.

Il Principe Ouroussoff continua a chiamare sopra di sé l'attenzione dei circoli diplomatici e politici con le frequenti sue visite al Vaticano, per le quali egli viene appositamente da Castellammare. Ciò è tanto più osservato in quanto che generalmente si sarebbe stati inclinati a considerare come intempestive delle trattative di questo genere con il Vaticano.

Il Barone d'Uxkull è da parecchie settimane a Sorrento, donde non viene

mai a Roma. Resta così interrotto anche questo mezzo di comunicare col Principe Gortchakoff. E stante la conseguenza che ha sulla trattazione degli affari politici l'assenza da Pietroburgo dell'Imperatore, del Cancelliere e dei suoi principali Consiglieri, possiamo considerare come interrotte le nostre relazioni con la Russia per quanto concerne quello scambio intimo di idee che sarebbe tanto desiderabile all'avvicinarsi di grandi avvenimenti. Recentemente il Barone Haymerle, parlando di una lettera scrittagli dal Barone d'Uxkull, diceva che il suo Collega di Russia gli aveva fatto sapere che gli erano giunte col corriere le copie dei documenti che la cancelleria imperiale trasmette agli Ambasciatori per informazione, e che da tali documenti risultava che in Russia non si occupavano d'altro che delle operazioni della guerra e di preservare (ménager}. gli interessi dell'Austria. Queste cose si riferiscono naturalmente al periodo anteriore all'insuccesso di Plewna.

Il Governo del Re, senza annettere soverchia importanza a queste circo-, stanze, ha però creduto che fosse di savia politica di non accentuare, dal canto suo, uno stato di cose che pare sia sfuggito finora alle osservazioni della stampa. Per questi rispetti la presenza dell'Ambasciatore italiano a Pietroburgo rende in questo momento un importante servizio di cui il Governo è specialmente grato all'E. V.

È qui acchiuso un paragrafo in cifra.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Je suppose que ma dépéche ci-joint va étre lue à la poste russe. V. E. peut donc s'abstenir d'en faire usage. Il est bien regrettable de remarquer, en cette circonstance aussi, une attitude, de la part de la Russie, qui témoigne de bien peu d'empressement à notre égard.

(l) Cfr. n. 5.

23

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. 346. Roma, 12 agosto 1877.

Ringrazio la S. V. Illustrissima delle interessanti notizie fornitemi col Rapporto del 31 luglio scorso, n. 281 (1), circa la recente campagna del Montenegro e circa gli intendimenti dell'Austria rispetto alle cose albanesi.

La diligenza colla quale V. S. segue, sui giornali, l'espressione dell'opinione che si va formando in Europa, ci somministra un motivo di più per fare assegnamento sulla prudente cooperazione di Lei all'oggetto di impedire che si propaghino, a carico nostro, notizie prive affatto d'ogni fondamento e di evitare

6 -Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. IX

che con quest'arte altri procurino di assicurare a se stessi quella posizione che affermano essere nei disegni dell'Italia di acquistare. Sebbene la corrispondenza di Lei contenga già molte notizie di cui potremmo all'occorrenza servirei per dimostrare che, non dall'Italia, ma dall'Austria si sono messi in opera mezzi di varia natura per predisporre un'azione conducente al protettorato speciale od all'acquisto dell'Albania, amerei ricevere dalla S. V. Illustrissima un rapporto speciale, anche retrospettivo, che raccogliesse e mettesse in luce tutto ciò che in questo senso e per questo scopo è stato fatto dall'Austria e dai suoi Alleati.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Vous devez garder la plus grande réserve. Vos services seront d'autant plus utiles qu'ils pourront échapper à l'oeil jaloux et inquisiteur de vos Collègues. Soyez toujours sur vos gardes de façon, cependant, à ne pas créer des difficultés au Gouvernement, ni à soulever des polémiques inopportunes dans les journaux.

(l) Non pubblicato.

24

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 430. Roma, 13 agosto 1877, ore 13.

D'après certains bruits que Nigra a recueillis, mais qu'il n'est pas en mesure de contròler, l'Empereur Alexandre aurait demandé le consentement de l'Autriche pour fake agir l'armée russe du còté de la Serbie, avec le concours plus ou moins complet de la Principauté. Ceci conformément à ce que V. E. me mandait par son rapport du 8 courant (1).

25

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 431. Roma, 13 agosto 1877, ore 13.

D'après les bruits recueillis par Robilant, que ce dernier n'est pas cependant, non plus, en mesure de contròler, le colone! Berchtolsheim aurait porté à l'Empereur François Joseph une lettre de l'Empereur Alexandre, demandant que l'Autriche-Hongrie se désiste de son opposition à ce que les troupes russes empruntent le territoire serbe pour attaquer les tures. L'Empereur Guillaume aurait appuyé, à Ischl, la demande de son neveu. Le baron Orczy a dit à Ro

bilant que l'Autriche-Hongrie est indifférente à une participation de la Serbie à la guerre, mais qu'elle ne veut pas que la Principauté devienne le théàtre de la guerre entre la Russie et la Turquie.

(l) Non pubblicato.

26

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L. P. Berlino, 13 agosto 1877.

Dans l'intervalle qui s'est écoulé depuis ma dernière lettre, le passage des Balkans par une avantgarde russe semblait avoir mis la Turquie aux abois. Un retour de fortune a tiré ce pays d'une .position presque déséspérée. Si les Russes ne se hàtent pas de réparer l'échec de Plewna et de frapper des coups décisifs avant la saison des pluies et de <l'hiver, ils devront forcément suspendre les opérations et se préparer à une seconde campagne. Dans tous les cas, à moins que la Turquie ne trouve des aHiés, et que l'imprévu auquel il faut toujours réserver une part dans les affaires de ce monde, ne se mele de la partie, le résultat final tournera à l'avantage du Cabinet de Saint Pétersbourg.

En attendant, la situation politique générale reste à peu près la meme. Les conditions actuelles comportent plus que jamais une attitude expectante de la part des non-belligérants. L'Angleterre après le refus opposé à la demande d'envoyer sa flotte dans le Bosphore pour la protection de Constantinople, tient un langage beaucoup plus modéré et réprime sa joie secrète d'une première victoire de la Turquie. L'Autriche reste en observation se contentant pour le moment d'avoir arrèté en principe la mobilisation partielle de san armée. La France s'efface. Tout au plus travaille-t-elle dans l'ombre pour ameuter telle ou telle autre Puissance contre l'Allemagne. Celle-ci ne dévie pas non plus de sa neutralité, quelque bienveillante qu'elle soit à l'égard de la Russie.

Je sais que l'Empereur Guillaume a été très affecté de la bataille perdue à Plewna. Il a presque le sentiment que les coups de fusil tirés sur le Russes atteignaient ses propres soldats. Son amitié pour le Czar ne se démentira pas. Aussi la supposition que la récente entrevue d'Ischl aurait eu un caractère de préférence pour l'Autriche aux dépens de la Russie, n'a aucun fondement. J'incline plutòt à croire que les Empereurs Guìllaume et François-Joseph, en abordant la question à l'ordre du jour, n'ont échangé que des vues personnelles confirmant les anciens engagemens à trois, surtout en ce qui regarde la localisation de la guerre. Au reste l'entrevue a été très cordiale. Est elle appelée à exercer une influence sur la politique des trois Empires, en donnant une nouvelle estension à leur entente? C'est ce que l'avenir éclaircira. Mais je persiste à croire que le Oabinet de Ber1in ne varie pas dans san programme de chercher à concilier autant que possible les intérets de Vienne et de Saint Pétersbourg, pour que ni l'un ni l'autre n'ait un motif ou un prétexte de passer avec armes et bagages du còté de la France.

Pour ce qui nous concerne, nous avons de légitimes griefs à faire valoir contre certaine presse officieuse de Vienne qui nous poursuit des soupçons les plus injustes. On veut évidemment nous noircir aux yeux de l'Europe en nous prétant plus d'une convoitise. J'ai été chargé de m'en expliquer confidentiellement ici pour parer ces coups portés assez traitreusement. Toute cette mauvaise humeur provient évidemment d'abord de certains articles de l'Opinione parlant d'une revendication du T,rentino; mais surtout de que nous nous prononçons nettement pour le maintien du statu qua territorial en Orient. L'Autriche-Hongrie, comme Zerline dans Don Juan, chante le vorrei e non vorrei, en éprouvant du dépit que l'éventualité qu'elle s'annexe la Bosnie et l'Herzégovine ne nous sourie pas entièrement.

J'ai aussi développé ici les motifs qui nous feraient vivement désirer qu'on se prétat à enrayer le Cabinet de Vienne sur une pente aussi contraire à nos propres convenances et méme à celles de l'Allemagne. Il ne saurait lui convenir que l'Italie, en prévision surtout des événemens en France, sortit du conflit Orienta! affaiblie de tout ce que l'Autriche gagnerait en puissance militaire sur l'Adriatique. C'est là un terrain sur lequel je rencontre une grande réserve. Le Cabinet de Berlin ne se soucie pas évidemment de mettre le doigt entre l'arbre et l'écorce, de se prononcer entre deux amis, qu'H voudrait satisfa,ire l'un et l'autre. C'est en s'inspirant de ce sentiment que le Prince de Bismarck disait qu'à notre tour nous devrions annexer l'Albanie, ou Tunis, ou Tripoli et que nous ne trouverions pas l'Allemagne sur notre chemin?

J'ai émis à Rome l'avis qu'au lieu de prendre des détours par Berlin, Londres ecc., il serait préférable, et peut-étre plus digne d'attaquer la questione avec le Comte Andrassy. Si il est notre ami, il comprendra, surtout en sa qualité de Hongrois, nos raisons. Si il est notre ennemi, mieux vaut le démasquer, et ne pas avoLr l'air d'étre sa dupe. Je crains que sous le Mini.stère précédent nous n'ayons pris, ou cru prendre, des engagemens qui lient jusqu'à un certain point notre liberté d'action. Si le Comte Andrassy fait la sourde oreille nous aurions là une excellente occasion de faire nos réserves pour l'avenir, sauf à les faire valoir pratiquement quand bon nous semblerait.

Je sais que le Roi a daigné recevoir le Chevalier Tosi. Il m'a transmis, Sire, vos précieuses indications, auxquelles je me conformerai scrupuleusement. Il profitera de votre permission pour demander vos ordres avant de retourner à son poste. Je le recommande à Votre Majesté camme un sujet loyal et dévoué, parfaitement capable dés-à-présent d'étre placé à la tete d'une grande mission quelconque. Les hommes de cette trempe sont rares, et je regrette vivement pour le service de Votre Majesté, que jusque ici sa carrière n'ait pas été plus rapide et conforme à son mérite hors ligne.

27

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 531. Londra, 14 agosto 1877, ore 21,10 (per. ore 12 del 15).

J'ai vu hier lord Derby qui m'a dit que l'entrevue des Empereurs d'Allemagne et d'Autriche semblerait se réduire à une visite de courtoisie et que pour le moment rien ne paraissait changé dans l'attitude de l'Autriche à l'égard de la Russie. Cependant l'avenir peut menager des surprises et l'on attend les effets du nouveau plan de campagne que l'on dit adopté par les russes. Lord Derby m'a assuré qu'il n'avait jamais été question de l'occupation de Constantinople par l'Angleterre. Lord Derby part pour la campagne d'où il ne reviendra que chaque mercredi, si non exceptionnellement. Je compte profiter de ce temps pour faire non loin de Londres quelques courses qui, dans ce pays, sont indispensables pour la santé, mais je ferai en sorte que le service n'en souffre pas et de manière à voir régulièrement lord Derby. J'espère que

V. E. n'y verra pas d'inconvénient.

28

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO DELL'INTERNO, NICOTERA

D. RR. 204. Roma, 14 agosto 1877.

H sottoscritto è grato al suo Onorevole Collega delle indicazioni fornitegli con nota del 7 di questo mese, n. 3881, Gabinetto (1), intorno ad un «Comitato triestino» che avrebbe sede in Roma.

La esistenza di siffatto Comitato essendo oramai comprovata, sia per i dati raccolti da codesto Ministero, sia per certo incidente di cui si occuparono di recente i giornali, e nel quale figura appunto quel Signor Matera che era accennato nella nota di codesto Ministero, H sottoscritto prega l'Onorevole suo Collega di voler considerare se non sia il caso di procedere a quelle misure che parrebbero doversi adottare rispetto ad assodazione avente carattere e scopi inconciliabili col mantenimento di amichevoli e regolari rapporti tra l'Italia ed una vicina potenza.

29

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 504/176. Londra, 14 agosto 1877 (per. il 18).

Col mio telegramma di ieri (1) io ebbi l'onore di informare l'E. V. che in conformità del di lei dispaccio in data 9 corrente (serie politica n. 213) (1) io stavo per spedire una mia nota a Lord Derby per comunicargli le lettere scambiate tra V. E. e Sir Augustus Paget a proposito dell'arresto del reve,rendo William Giles, quando mi venne sotto mano un articolo del Times il quale commentava in modo assai aspro l'avviso dato, nella London Gazette, dal Foreign Office

agli inglesi che si recano in Italia invitandoli a munirsi, d'ora in avanti, di un passaporto regolare.

In conseguenza io ho chiesto a V. E. nuove istru2lioni che io sto tuttora aspettando, per sapere se Ella stimi che il fatto su riferito possa mutare la natura della comunicazione ch'io stava per fare a questo principale segretario di Stato per gli Affari Esteri.

Come già io ebbi ad informare la E. V. col mio rapporto del 1° agosto

(n. 169) (l) lo prevedeva che in questo paese dove tutte le questioni che interessano le persone, si dibattono per mezzo della stampa e non si racchiudono, se non rozzamente, nella cerchia confidenziale degli uffici governativi, l'affare del Reverendo William Giles avrebbe suscitato lunghe polemiche che non sono per ora che al loro esordire, imperocché è probabile che, dopo il chiasso dei giornali, la quistione sarà recata in parlamento il quale chiederà la comunicazione degli incartamenti relativi. Ed era perciò che io stimava opportuno che vi esistesse un documento nostro nel quale fossero rilevate le esagerazioni degli inglesi nei paesi esteri, il poco fondamento delle loro lagnanze, e col quale si dimostrasse che, se in Italia gli agenti della sicurezza pubblica oltrepassano talvolta i limiti delle loro attribuzioni, vi sono in Inghilterra degli abusi e degli errori non certo meno frequenti né meno gravi di quelli rimproverati all'Italia. Avrei potuto citare il fatto non molto remoto del Pelizzone che nel 1865 venne condannato a morte dietro false denunzie degli agenti di polizia e che fu salvato dal patibolo dal Cavaliere Negretti che, persuaso della innocenza di quell'infelice, riesci, dopo molte ricerche a scoprire l'autore del reato attribuito al Pelizzone, il quale fu però stentamente graziato dopo un nuovo processo. Sembravami pure opportuno che unitamente alla dignitosa risposta di V. E. a Sir Augustus Paget, la mia lettera al Foreign Office, perché destinata alla pubblicità, protestasse contro l'indebita ingerenza della diplomazia nella amministrazione interna del nostro paese e le ricordasse il rispetto dovuto al santuario della giustizia. In tale modo si sarebbe fatto palese che non siamo disposti a piegare innanzi a prepotenti esigenze.

Svelando le irregolarità che si scoprono nella amministrazione Inglese non bisogna credere che il Governo se ne offenda; anzi ne prende occasione per migliorare i suoi regolamenti in ciò che hanno di difettoso. Io ne ebbi la recente prova in occasione della così detta tratta dei fanciulli e che quotidianamente i giornali inglesi denunziavano come una vergogna per l'Italia.

Parecchie 2.ssociazioni di beneficenza essendosi indirizzate a me per trattare di quell'argomento, io non esitai a rispondere con lettere che io sapeva dovere essere rese di pubblica ragione, nelle quali io diceva recisamente che anziché accusare il Governo italiano che aveva fatto il possibile per estirpare quella piaga del proprio paese si dovevano muovere i più serii rimproveri all'amministrazione inglese la quale permetteva che il delitto della tratta dei fanciulli fosse perpetrato nella Gran Bretagna stessa la quale dava ricovero ai colpevoli che essendosi colla fuga sottratti al rigore delle leggi in Italia trovavano nel Regno Unito un sicuro asilo e la più ampia libertà per esercitare il loro traffico. Questi rimproveri destarono l'attenzione di alcuni deputati; la questione venne

discussa in parlamento; un'associazione benefica diretta da Sir Charles Trevelyan mandò una deputazione al Ministero dell'Interno affinché si provvedesse; ed ora ho avuto la lieta notizia che l'onorevole Signor Cross principale segretario (ministro) del Home department, valendosi di alcune leggi tolte all'immenso arsenale legislativo della Gran Bretagna, ha inoltrato alle autorità locali e fra le altre al Lord Major di Londra le istruzioni opportune affinché facessero cessare lo scandalo del lamentato traffico e si provedesse a che fanciulli che ne sono vittime vengano intanto ricoverati in stabilimenti di beneficenza.

Ritornando alla quistione del Reverendo William Giles non instisto perché sia rassegnata al Foreign Office, la mia lettera, modificata all'uopo, della quale mandai il progetto a V. E., col mio rapporto del 1° agosto sopra citato.

Ma dopo l'avviso del Foreign Office relativo all'obbligo dei passaporti, mi pare che il nostro Governo debba fare qualche cosa, non fosse altro che una dichiarazione nella Gazzetta officiale del Regno la quale mettesse la quistione nella vera sua luce.

Dopo che io ebbi spedito a V. E. il mio telegramma di ieri, io vidi Lord Derby al quale io domandai il motivo dell'avviso anzi detto, non senza fargli notare che i disturbi di cui si lamentano parecchi inglesi per parte degli agenti della nostra polizia, sono dovuti, in massima parte, all'eccentricità dei suoi connazionali i quali all'estero credono di potere agire a loro beneplacito senza riguardo alle leggi ed alle condizioni a cui soggiacciono i paesi che loro danno ospitalità. Dalla risposta che mi fece Lord Derby, ho creduto scorgere che egli diede quell'avviso per liberarsi dai continui reclami degli inglesi assai numerosi che, per la minima cosa, ricorrono al loro governo, persuasi che la loro qualità di figli d'Albione dà loro il diritto di fieramente invocare, come ai tempi di Lord Palmerston, il «Civis Romanus sum ».

Bisogna però dire che tali idee hanno cessato di avere corso presso la generalità della parte più eletta e più intelligente della società inglese.

Non mando il Times anzicitato imperocché io suppongo che codesto ministero riceva quel giornale e perché il nostro R. Console Generale che si è alquanto indispettito contro quell'articolo, mi scrisse di averlo spedito a V. E.

(l) Non pubblicato.

(l) V. Cfr. n. 2.

30

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 723. Vienna, 14 agosto 1877 (per. il 17).

Midhat Pacha parti ieri da Vienna per far ritorno a Londra, egli fu il giorno stesso ricevuto in visita di congedo dal Conte Andrassy. L'impressione che quel personaggio lascia di sé in questi circoli governativi non si può dir buona. Egli bazzicò troppo esclusivamente coi giornalisti, ed è questo un sistema che se può riuscire altrove, fallisce grandemente lo scopo a Vienna. Al Ministero degli Esteri mi si assicurò ch'Egli ebbe a spendere assai ingenti somme per acquistare alla causa turca l'appoggio di alcuni giornali, che sino a questi ultimi tempi si erano mostrati incerti o favorevoli alla Russia.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Le langage que m'a tenu Hoffman, à qui je faisais comprendre en termes très civils que la presse d'Autriche et de Hongrie jouait un jeu dangereux avec l'Italie, me fairait croire que comme V. E., le Cabinet de Vienne a trouvé lui-mème que le langage de la presse avait en effet été, cette dernière fois, au de là du but qu'on s'était proposé en inspirant les premiers articles. Il est donc probable que pour le moment il y aura une nouvelle trève d'hostilités à notre égard.

31

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

R. 431. Roma, 15 agosto 1877.

Debbo all'E. V. speciali ringraziamenti per le indicazioni fornitemi col rapporto del 31 luglio n. 715 (1), sulle disposizioni meno sfavorevoli che sembrano costì dominare, in certe regioni politiche, a nostro riguardo. Appunto perché le cagioni del contegno ostile e diffidente di non pochi giornali della Monarchia voglionsi ricercare, come Ella stessa osserva, in tutt'altro ordine di fatti che non siano quelli con cui si giustificano le accuse, vano sarebbe ricorrere da parte nostra, all'espediente di una polemica che non potrebbe essere praticamente profittevole. Non giovano gli argomenti, per quanto siano dessi validi ed efficaci, allorché stanno di fronte interessi che non possiamo né rimuovere né modificare. E neppure sarebbe utile a noi di inasprire il dissidio denunziando le artificiose insinuazioni senza aspettare che siano smentite presso gli imparziali, dall'opera sicura del tempo. Ond'è che a noi si conviene precisamente quell'atteggiamento di riserbo che V. E. addita, e nel quale Essa assai opportunamente si tenne astenendosi dal toccare di questo delicatissimo tema nelle sue conversazioni col Barone d'Orczy.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1884. Berlino, 16 agosto 1877 (per. il 23).

N'ayant reçu jusqu'à ce jour aucun avis télégraphique qui modifiàt les instructions de V. E. je me suis rendu cette après midi chez le Secrétaire d'Etat.

J'ai demandé, camme entrée en matière, si M. de Keudell, n'avait peut etre pas dans quelque rapport récent communiqué nos vues relativement au projet attribué à l'Autriche d'occuper et meme de s'annexer la Bosnie et l'He,rzégovine.

M. de Bulow répondit négativement, ou tout au moins que ce diplomate s'était borné à quelque allusion.

C'était ai-je dit, un motif de plus pour moi de combler cette lacune, en rappelant les pourparlers confidentie>ls que j'avais eus avec M. de Radowitz durant son intérim, et en leur donnant aujourd'hui tout le développement nécessaire.

J'ai repris un à un les arguments contenus dans les dépeches de V. E. Je me suis appliqué à faire ressortir la connexion entre les intérets essentiels de notre politique avec ceux qui touchent à notre position militaire vis-à-vis de l'Autriche. Cette meme connexion existe pour l'Allemagne si elle ne veut pas sacrifier à des convenances passagères de justes préoccupations pour l'avenir. J'ai fait vibrer la corde la plus sensible ici, le danger de l'élément ultramontain plus puissant à Vienne que partout ailleurs, et voulant déchirer les pages les plus glorieuses de l'histoire de nos deux nations.

J'ai abordé ensuite, la question de la Bosnie et de l'Herzégovine qui, résolue selon les aspirations de ce parti, amènerait une grave perturbation dans la situation respective, et serait pour nous une cause d'affaiblissement d'après l'opinion de nos généraux les plus compétents. Le Comte Andrassy lui meme et Lord Salisbury semblaient se rendre compte de notre répugnance à admettre une semblable combinaison, puisqu'ils avaient fa>it miroiter à nos yeux des dédommagements en Afrique. Le Prince de Bismarck lui aussi nous poussait dans cette vaie, en nous ouvrant des perspectives dans cette direction et meme sur l'Albanie. Etait ce bien sérieusement? Son Altesse voudrait-elle peut etre poser un cas de rupture entre l'Italie et l'Autriche? «Non certes ».

Aussi, ai-je ajouté après cette interruption du Secrétaire d'Etat, avons nous répondu invariablement à ces ouvertures dictées par le désir de concilier des choses trop inconciliables, que nous ne recherchions pas des compensations, que nos considérations militaires contre l'angrandissement visé par l'Autriche ne perdraient rien de leur valeur, si l'Europe nous offrait un pis-aller sur les còtes africaines. Nous ne demandons pas autre chose que le maintien du statu quo de puissance militaire entre l'Autriche et l'Italie. Nous ne reclamons pas un pouce du territoire de l'Empire. On le sait à Vienne, et l'an serait presque tenté de croire que c'est d'une mauvaise conscience que partent les soupçons de ceux qui nous accusent gratuitement de projets ambitieux. Le débordement sans frein de la presse officieuse viennoise indiquerait assez qu'on ne nous pardonne pas d'avoir trop bien deviné un jeu des plus équivoques, et de nous etre mis sur la trace d'arrière pensées. Quoiqu'il en soit saurait il convenir au Cabinet de Berlin que par une annexion de provinces turques à l'Autriche, l'Italie éprouvàt un amoindrissement moral et matériel? Toutes l es préoccupations sont ici du còté de ~la France, on prend d'ici l'initiative d'ouvertures pour parer éventuellement au péril. On se montre satisfait de la manière dont nous les avons accueillies. Mais une véritable et utile entente ne saurait avoir lieu si on voulait scinder des questions étroitement liées ensemble. Rechercher notre amitié, et au besoin notre alliance, ne suffit pas; l'ami ou l'allié ne saurait rendre les services qu'on attend de lui qu'à la condition de lui faciliter aussi sa tàche dans tout ce qui tient à une conservation intacte de ses forces. Il ne faudrait pas contribuer à le ruiner militairement et financièrement, en l'obligeant à consacrer toutes ses ressources pour armer et fortifier les còtes de l'Adriatique, uniquement au point de vue défensif. Nous devons songer au danger le plus imminent, la réaction pour triompher à Vienne n'a besoin que de renverser un seui homme, notre seui ami. En France si vous n'avez pas de partisans, du moins les adversaires de l'ultramontanisme sont-ils nombreux et nous voyons qu'ils font résistance à ses agissements. Au reste si ce parti, soutenu par d'autres coteries réactionnaires, l'emportait aux prochaines élections il ne tarderait pas à nouer des intrigues, sur le terrain si bien préparé de Vienne à une nouvelle édition du 17 Mai. Et ce serait dans ces prévisions que le Cabinet de Berlin prendrait, dans nos relations avec l'Autriche, un ròle passif! S'il était démontré que, par son attitude, il nous a laissé sans appui dans une affaire vitale pour notre indépendance, un rude coup serait porté à tous ceux qui voudraient piacer le pivot de Ieur politique dans l'alliance de l'Allemagne. Ces considérations seraient de nature à exercer quelque influence sur l'esprit si perspicace du Chancelier. J'en appelle à son propre jugement sur nos intérets réciproques et indivisibles. Si le Comte Andrassy se maintient quand meme, il le doit surtout à ce qu'on le sait soutenu par I'Allemagne. On prétend qu'il travaille à éloigner de ses lèvres le calice de I'annexion. Dans ce cas son opposition aura plus de chance de triompher, s'il est appuyé d'ici par des moyens indirects, mais d'une grande efficacité du moment où l'on s'apercevrait qu'il ag1t aussi selon les intentions de l'Allemagne. Celle-ci, d'un autre còté, en se prévalant à un moment opportun de sa haute position, pourrait abréger le terme de la guerre et couper court ainsi, avant un fait accompli, aux velléités de nos adve,rsaires en Autriche. Les peuples comme les individus finissent presque toujours par succomber aux tentations, surtout quand elles sont prolongées. Dans tous les cas pour éviter toute surprise le jour où l'on négocierait la paix nous viendrions à nous concerter d'avance avec le Cabinet de Berlin.

Je ne fais que résumer mon langage. Citer Ies différents arguments invoqués serait superflu, car je me suis entièrement conformé aux instructions de

V. E. Pour ajouter plus d'autorité à mon langage, j'ai cru à propos de donner lecture en partie de l'annexe chiffré à la dépeche de V. E. n. 527 du 3 courant (1).

M. de Bii.low me remerciait de la franchise de mon langage sur Iequel, selon ma recommandation, il garderait le secret vis-à-vis de tout Gouvernement étranger. Il reconnaissait lui aussi que Ies excellents rapports entre nos deux Pays comportaient toute leur sollicitude à sauvegarder les intérets du présent et de l'avenir. Il se disait surtout frappé du tableau que je lui avais dépeint des tendances cléricales en Autriche qui pourraient aboutir au meme résultat qu'en France. Le Cabinet de Berlin comprend parfaitement que nous avons, comme Puissance maritime, à nous prémunir contre tout ce qui serait de nature à porter atteinte à notre position vers la Méditerranée et l'Adriatique. Mais le cadre de nos observations, et de l'entente que nous tendrions à établir renferme bien des points sur lesquels S. E. ne se croyait pas autorisée à se prononcer

avant d'en avoir référé à l'Empereur et au Chancelier. Nous parlions au reste d'éventualités reléguées à l'arrière plan et devenues plus que jamais problématiques. La marche des opérations militaires au Nord et au Sud des Balkans a eu pour effet de prescrire aux non belligérants une attitude expectante, dont personne aujourd'hui ne pense sérieusement à s'écarter. Pour l'Allemagne, il n'existe pas de question de Bosnie et d'Herzégovine. Ses efforts s'appliquent toujours à la localisation de la guerre, et au rétablissement de la paix quand faire se pourra. Quant au Comte Andrassy, il ne faudrait pas tirer des journaux des inductions qui risqueraient d'etre hazardées. Si le Cabinet de Berlin, n'avait pas le sentiment que certaines attaques proviennent des ennemis de cet homme d'Etat, ou d'amis trop zélés et agissant de leur propre estoc, l'Allemagne elle meme aurait parfois à se plaindre des intempérances d'une partie de la presse autrichienne à son égard. En attendant la position du Comte Andrassy est très ferme, car l'Empereur François Joseph se déclare entièrement d'accord avec le programme de Son Ministre. C'est là un point que l'Empereur Guillaume a constaté lors de l'entrevue d'Ischl.

J'ai demandé, sans obtenir de réponse concluante, si dans ce programme figurait ou non éventuellement l'occupation de la Bosnie et de l'Herzégovine. Durant cet entretien, qui a duré près d'une heure, c'est moi qui ai fait presque tous les frais de la conversation.

Je n'ai omis aucun des arguments suggérés par V. E. Le Cabinet de Berlin est donc diiment éclairé, et averti. Il reste à savoir si la réponse provisoire de

M. de BUlow n'est pas un artifice pour gagner du temps et ne rien décider, ou

s'il aura l'instruction de continuer les pourparlers confidentiels. En attendant, je regrette que nous soyons si mal ou si peu secondés par

M. de Keudell. Il me semble que maintenant que nous avons attaché le grelot, il pourrait se risquer à remplir un devoir des plus élémentaires, celui de communiquer à son Gouvernement ce qu'il apprend de la meilleure source sur nos vues et sur nos intérets, surtout quand ils corncident si bien avec ceux de l'Allemagne.

(l) Cfr. Serie II, vol. VIII, n. 685.

(l) Cfr. n. 8.

33

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 724. Vienna, 16 agosto 1877 (per. il 20).

Credo dovere chiamare l'attenzione dell'E. V. sulla corrispondenza da Vienna del 9 agosto portata dal Journal des Débats essendo essa stata apprezzata in questi circoli diplomatici siccome una precisa manifestazione degli intendimenti del Gabinetto austro-ungarico a riguardo dell'azione della Serbia negli attuali momenti. Il modo di vedere svolto in quella lettera corrisponde d'altronde intieramente nelle sue linee genrali a quanto già io ebbi a riferire a V. E. su quello stesso argomento. Non v'a dubbio per me, né per nessuno qui, che quella corrispondenza è una diretta emanazione di questo Ministero degli Affari Esteri.

A tutti è noto d'altronde che la Cancelleria Imperiale è un istretti rapporti col Journal de Débats e che anzi si serve di quel giornale a preferenza forse di qualsiasi altro per rendere di pubblica ragione le sue idee. A questo proposito devo anche aggiungere, aver 'io notato che in questi ultimi tempi il giornale l'Opinione ha telegrammi particolari da Vienna, che, senza dubbio, emanano dal Presse Bureau; essi in verità non corrispondono sempre perfettamente al vero stato delle cose, ma ai miei occhi essi sono l'espressione di ciò che la Cancelleria Imperiale desidera si creda in Italia intorno ai suoi intentimenti.

34

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 139. Pietroburgo, 18 agosto 1877 (per. il 26).

Mi giunse col Corriere d'oggi il pregiato dispaccio confidenziale n. 152 di questa Serie, che l'E. V. fece l'onore di dirigermi il 12 corrente (l).

Anzi tutto mi fo dovere di ringraziare l'E. V. del mondo indulgente con cui Ella apprezza i vantaggi della mia presenza a Pietroburgo in questi gravi momenti, quantunque l'assenza dalla capitale russa dell'Imperatore Alessandro e del Principe Gortchakov mi privi dei soli o quasi soli mezzi d'azione e d'informazione presso il Governo Imperiale.

Passando ora al punto principale, a cui si riferisce il dispaccio sopracitato dell'E. V., sono lieto di poterle assicurare nel modo più positivo che il temporaneo soggiorno del Barone d'Uxktill a Sorrento, a poche ore da Roma, non ha nulla di intenzionalmente sgradevole pel Governo del Re. Il barone d'Uxkiill si recò a Sorrento unicamente per ragioni di salute e so che si tien pronto a recarsi da un momento all'altro a Roma, quando la di lui presenza nella nostra capitale sia richiesta da qualche comunicazione importante o dagli eventi militari e politici. Dal Iato suo il Principe Ouroussoff è partito, o sta per partire da Roma in congedo di più mesi. Prego dunque l'E. V. a non voler dare all'escursione del Barone Uxktill un'importanza che non ha in realtà, ed un'tnterpretazione che sarebbe per lo meno eccessiva. L'E. V. conosce meglio di me i gravi interessi che si annettono alle relazioni fra la Russia e l'Inghilterra. Or bene ciò non ha impedito Lord Loftus di andar a passare parecchi giorni in Finlandia, né il conte Schouvalow di prendere bagni a Brighton. Del rimanente, se l'E.V. crede ch'io abbia a fare qualche cenno qui, intorno all'utilità deUa presenza materiale del Barone d'Uxktill a Roma, io non manche~rò di farlo al momento e nella misura ch'Ella vorrà indicarmi anche per telegrafo.

Per verità la situazione degli Agenti diplomatici accreditati in Russia è in

questo momento assai anormale. Lo Czar è sul territorio Turco, il Principe

Cancelliere sul territorio Rumeno, e gli Ambasciatori accreditati presso la persona di Sua Maestà Imperiale si trovano a Pietroburgo o nei dintorni di Pietroburga, senza comunicazione diretta coll'Imperatore e col suo Cancelliere. Ma questa situazione è uguale per tutti gli Ambasciatori esteri qui residenti. Ed io adempio ad uno stretto dovere del mio ufficio, asseverando all'E. V., che a mia notizia nulla è venuto a turbare, diminuire o alterare le ottime relazioni che sono stabilite fra i Governi d'Italia e di Russia.

È possibile ed anzi probabile, che il Governo Russo rivolga più specialmente la sua attenzione verso l'Inghilterra, verso l'Austria, verso la Germania che verso l'Italia, per quanto spetta la crisi attuale. Ma questo dipende dalla situazione diversa che le varie Potenze hanno preso verso la Russia, e dalla diversa importanza che loro è attribuita dal Governo Russo, sia per la loro posizione geografka e militaJre, sia per la loro attitudine. L'Inghilterra sta sospettosa e vigilante colla mano sull'elsa della spada. L'Austria stringe da due lati la Serbia, la Bosnia e l'Erzegovina e sta sul fianco dell'esercito russo. La Germania ha preso verso la Russia l'attitudine di alleata più che di Potenza neutra. Mentre l'Italia, che ha il più grande interesse ad evitare le complicazioni generali ed a mantenersi in pace con tutti, prese un'attitudine di corretta neutralità che finora ha seguito fedelmente. Il Governo Russo sa che l'Italia, a meno che sia forzata da un'evidente necessità di tutelare gravissimi interessi, manterrà la neutralità, e sa pure che esso troverà il Governo del Re pronto ad impiegare i suoi buoni uffici, d'accordo colle altre Potenze, per por fine alla guerra appena sarà possibile. Ho ragione di credere che il Governo Russo si rende perfettamente conto di questa nostra situazione e che non pensa a domanda,rci di modificarla. Questa situazione può avere, come ogni situazione politica, i suoi inconvenienti come ha i suoi vantaggi. È questa una questione riservata al prudente giudizio del Governo del Re. A me occorre qui ora solamente di constatare che il Governo Imperiale Russo sa apprezzare l'attitudine dell'Italia nella crisi presente e che le relazioni tra i Gabinetti di Roma e di Pietroburgo non cessarono un istante, per quanto mi risulta, d'essere eccellenti e nei migliori termini.

(l) Cfr. n. 22.

35

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L. P. Roma, 19 agosto 1877.

Il punto principale che formò oggetto delle osservazioni che ho avuto l'onore di sottomettere a V. M. nell'ultima udienza accordatami riguardava i rapporti dell'Italia colla Germania. Io esponevo a Vostra Maestà, che a parer mio, dopo gli ultimi avvenimenti di Francia, e in faccia alla guerra d'Oriente, e alla incerta soluzione che questa guerra poteva avere, era conveniente e necessario che il Vostro Governo stringesse i legami d'una sicura am1c1z1a con una delle grandi potenze e se fosse possibile con più d'una. L'Italia ha un grandissimo interesse a conservare la pace ma non può restare indifferente od inerte in mezzo ad avvenimenti che possono alterare l'aspetto politico d'Europa, o mutare a suo svantaggio la condizione militare delle potenze che toccano il Mediterraneo.

M'è parso evidente che le due potenze colle quali dobbiamo cercare di stringere più intimi legami sono l'Inghilterra e la Germania.

L'Inghilterra ha interessi comuni coll'Italia per quanto riguarda il predominio Russo nel mar Nero o ne'l Bosforo, ma l'Inghilterra non può apprezzare gli interessi italiani in confronto di quelli dell'Impero Austro-Ungarico, e si scorge infatti, che l'Inghilterra non considera come un pericolo, né per sé né per l'Italia un aumento della potenza marittima dell'Austria. Di ciò fanno fede le conversazioni che ho avuto ultimamente col Signor Paget.

Colla Germania invece il Vostro Governo ha identità d'interessi per difendersi dal partito oltremontano che diventasse governo sia in Francia che altrove: la Germania e l'Italia non hanno interessi contrari né in Oriente né nel Mediterraneo. Unita colla Germania l'Italia può considerarsi pienamente sicura in una guerra continentale: questa guerra offrirebbe ai due Stati compensi di reciproca soddisfazione. Perciò è possibile, e dovrebbe esser facile trattare colla Germania un'alleanza che comprenda tutte le eventualità prevedibili della politica.

Ora nelle mie conversazioni col Signor Keudell ho potuto convincermi che il Governo tedesco è disposto ad unirsi strettamente all'Italia per la comune difesa che ho più sopra indicata; ma quanto a:lla questione d'Oriente non è inclinato a stabilire un accordo per un'azione comune. Probabilmente la questione d'Oriente ha già formato oggetto d'un accordo fra i tre Imperatori e finché questo accordo sussiste parmi dfficile una trattative colla Germania su questo terreno.

Io non ho mancato di far sentire al Signor Keudell, col qua:le oggi ancora ho avuto una conversazione che era desiderabile un accordo fra i due Stati su tutte le questioni aperte. Ho insistito nuovamente sulle conseguenze di una occupazione delle Provincie Turche da parte dell'Austria, ed ho procurato di fargli comprendere che l'Italia non poteva consentire ad un'ampliazione territoriale dell'Impero Austro-Ungarico, e ne dissi le ragioni. Il signor Keudell mi assicurò d'aver fatto di tutte le nostre conversazioni un rapporto minutissimo al gran Cancelliere: mi ripetè che questo rappnrto era stato rimesso a

S. M. l'Imperatore: fin'ora non ebbe risposta: pure crede che l'annuncio dato dal telegrafo che l'Austria aveva rinunziato al progetto di occupare la Bosnia poteva essere stato l'effetto d'un consiglio dato dalla Germania.

Io spero d'aver spiegato alla Maestà Vostra le parole non abbastanza chiare della mia lettera precedente (1). Le trattative colla Germania sono aperte, e possono esser coltivate e condotte a termine. Ad ottenere questo risultato gioverà, io ne ho piena fede, il viaggio del Presidente Crispi, persona per la sua

posizione la più adatta. In ogni caso il viaggio del Presidente Crispi io credo che sarà sempre d'una grande utilità per conoscere le intenzioni degli uomini politici più importanti dei vari paesi d'Europa, per norma del vostro Governo.

(l) Cfr. n. 18.

36

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1885. Berlino, 2 agosto 1877 (per. il 24).

*Le Cabinet de Berlin ayant acquis, par les rapports de ses propres offl.ciers et par le témoignage de correspondants impartiaux de la presse, des preuves incontestables et incontestées que des actes contraires aux lois de l'humanité et à la Convention de Genève ont été commis par les troupes turques, a chargé le Prince de Reuss de faire des remontrances à Constantinople. Le Cabinet Impérial invitait en méme temps les autres puissances à s'associer à cette démarche.

Le Secrétaire d'Etat venait de recevoir de Rome un télégramme qui lui annonçait que nous avions sans tarder transmis des instructions dans ce sens au Comte Corti.

M. de Btilow m'en a donné avis aujourd'hui avec une visible satisfaction de notre empressement* (1).

Il ne m'a pas dit si, comme on le prétend, la Porte n'a pas à son tour présenté quelques observations sur des cruautés imputées aux troupes russes ou tout au moins aux Bulgares, enrégimentés sous le méme drapeau. Mais j'ai tout lieu de croire que Sadullah Bey n'aurait pas été ici le bienvenu s'il s'était rendu l'écho de semblables représentations.

M. de Btilow n'avait aucun nouveau détail du théàtre de la guerre. L'Europe attend que la fortune se prononce entre deux ennemis moins incHns que jamais à recourir à une médiation.

Malgré la forte position occupée par les Tures, ils ne pourront soutenir longtemps leur grand effort actuel en présence de la facilité pour les Russes d'augmenter leur effectif et leurs moyens d'action. Aussi ne doute-t-on pas ici que le succès militaire ne reste en définitive à ces derniers. En attendant nous sommes loin d'une campagne à la prussienne. Le Maréchal de Moltke peut dormir sur ses lauriers, car jusqu'ici du moins nous n'avons assisté qu'à la parodie des guerres de 1866 et de 1870.

Le Prince de Bismarck doit incessamment traverser Berlin pour se rendre aux Bains de Gastein. Je tacherai de le voir à son passage. Il se pourrait qu'il se rencontràt à Ischl avec l'Empereur François Joseph, ou avec le Comte Andrassy.

(l) Il brano tra asterischi è edito in LV 24 ,p. 174.

37

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 815. Terapia, 2 agosto 1877 (per. il 28).

La questione Orientale ha raggiunto uno stadio sul quale è prezzo dell'opera di soffermarsi alcuni istanti. La condotta tenuta da questo Governo durante i negoziati diplomatici fu in parte ispirata dal convincimento di alcune tra le Grandi Potenze d'Europa. Quando la Sublime Porta opponeva un irremissibile non possumus alle conclusioni della Conferenza, quando essa respingeva con fiere parole il protocollo di Londra, la confortava la fiducia che nel giorno della lotta l'Inghilterra non l'abbandonerebbe. Ed in queste aspiraz~ioni il Governo Ottomano era indi animato dal bellicoso linguaggio tenuto dal nuovo Ambasciatore Britannico, dalla attività spiegata dai numerosi Ufficiali Inglesi che invano pei campi di battaglia, visitavano gli arsenali e le fortificazioni, celavano le notizie avverse, esaltavano le buone. All'aspettazione del concorso Inglese s'aggiungeva la speranza di quello dell'Austria-Ungheria, non che quest'Ambasciata facesse alcuna cosa per ispirare tale sentimento, ma per la conoscenza s'aveva degli sforzi l'Inghilterra stava facendo per trarla a sé e per le giovanili dimostrazioni dell'Ungheria. Senonché questi sentimenti di fiducia e di speranza andarono sempre più indebolendosi col progresso della lotta. Ad ogni interpellanza che facevasi alla Camera dei Comuni il Governo rispondeva non curarsi che degli interessi Inglesi. Tantoché, quando si trattò, in un modo o nell'altro, dell'entrata della flotta Inglese nel Bosforo e dell'occupazione di Gallipoli da parte di quelle forze, la Sublime Porta fece comprendere non vi si presterebbe se non che quando l'Inghi:lterra facesse un'alleanza difensiva ed offensiva colla Turchia. Essa non intendeva infatti che alcuna Potenza Estera venisse fin d'ora ad afferrare il pegno che stimava più atto a garantire i proprii interessi. Le ultime dichiarazioni fatte da Lord Beaconsfield alla Camera dei Lord hanno rimosso ogni illusione a questo riguardo; e con essa cadde ogni speranza da parte dell'Austria. La Turchia è ora convinta che non ha a contare che sulle proprie forze. «L'oracolo ha parlato (diceva la Turquie in uno dei suoi ultimi numeri) Aquila non capit muscas. La Turchia non deve contare sopra alcuno. La lotta ch'essa sostiene è una lotta suprema senza precedenti nella storia, una lotta a morte». Lo scrittore fa indi un caldo appello al patriottismo di tutti i cittadini e finisce con queste ardenti parole: «La storia d'altronde fornisce meravigliosi esempi di difesa. La popolazione di Cartagine prima di soccombere, ebbe il coraggio di abbattere le proprie case per usarne il legno alla costruzione della flotta. Le donne si recisero le lunghe chiome per farne dei cordami per le navi. Ottomani! Mancherete voi di coraggio? Il risultato della presente guerra si riassume in due parole: profitti e perdite. Nel primo caso avremo il nostro riposo, la nostra prosperità, la libertà e la felicità senza tutela; nel secondo la distruzione e la fine». Le quali parole io ho citate perché veramente esprimono i sentimenti che animano attualmente la gran maggioranza di questi Musulmani.

Ed alle parole corrispondono i fatti. Unisco al presente un nuovo decreto pel quale viene ordinata la leva in massa. Mi limiterò a citare alcune delle categorie che hanno a fornire i contingenti e sono: Tutti gli abitanti che si sono esonerati dal servizio militare per pagamento d'indennità; quelli che non hanno ancora raggiunta l'età della coscrizione; tutti quelli che avendo più di 40 anni hanno cessato di appartenere ai Mustafiz, etc. etc. Questa leva comprenderebbe dunque tutti i maschi dalla nascita fino alla morte. E la Turquie afferma che per tal mezzo si triplicheranno le forze militari dell'Impero. Le strade di Stambul sono ingombre di genti d'ogni specie che accorrono alle armi. Ed io vedo continuamente passare sotto queste finestre trasporti caTichi di truppe e di materiali di guerra. La lotta sarà dunque accanita e feroce. Ed essa potrà essere assai lunga a meno che pronti avvenimenti non vengano a mutare lo stato delle cose, oppure l'Europa trovi il mezzo di ricondurre la pace.

38

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 536. Roma, 21 agosto 1877.

Stimo utile di comunicarle, per informazione dell'E.V., due rapporti (l) che mi sono testè pervenuti dal R" Ministro a Costantinopoli. Si riferiscono entrambi all'eventuale venuta del naviglio britannico innanzi alla capitale ottomana.

Benché l'andamento delle operazioni militari non permetta di considerare come imminente il ritorno alla situazione che avrebbe potuto agli occhi del Gabinetto di Londra rendere necessaria l'entrata della flotta inglese negli stretti tuttavia di ciò che è avvenuto, quando questa eventualità pareva inevitabile, è bene prenderne nota per aver norma e direzione quando una situazione analoga a v esse a riprodursi. Malgrado l'incertezza che lasciano le informazioni di Costantinopoli pare si possa dedurre che così si sarebbero svolti gli avvenimenti. L'Inghilterra pure che avesse avuto mezzo di assicurarsi contro il pericolo che la sua flotta venisse chiusa negii stretti da forze che occupassero Gallipoli, non avrebbe permesso certamente che Costantinopoli corresse pericolo di estremo eccidio ed avrebbe ordinato alle sue navi di entrare negli stretti. Se la Porta vi avesse fatto opposizione l'Inghilterra non avrebbe probabilmente rinunciato a correre in difesa della città esposta a così immensa rovina. La Turchia avrebbe per tal modo compromesso ancora più la situazione con 'la sua resistenza che av~rebbe dato all'Inghilterra un certo maggior diritto a mantenersi nelle posizioni conquistate di viva forza.

Benché si tratti di casi che potrebbero essere remoti assai, sarebbe mancare di previdenza il non cercare in tempo di assicurarci delle disposizioni del Governo tedesco in presenza di una eventuaUtà cosi grave e che toccherebbe ad interessi importanti per tutti, i quali non lascierebbero neppure l'Italia indifferente.

7 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

(l) Cfr. nn. 10 e 14.

39

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 180. Londra, 23 agosto 1877 (per. il 27).

Il Conte di Derby, ch'io ebbi l'onore di vedere ieri, mi disse che, dopo la battaglia di Plevna, nessun fatto notevole aveva modificato, sostanzialmente, le condizioni relative degli eserciti Russo e Turco, e che nulla faceva prevedere che la lotta fosse prossima al suo termine.

È bensì vero che la Russia chiama nuove truppe sotto le armi per concentrarle sul campo delle operazioni, le quali sembrano essere condotte con maggior prudenza che precedentemente; ma mentre la Russia aumenta, in tal modo, le sue forze, le malattie infieriscono nell'esercito del Danubio e vi fanno ogni giorno numerose vittime; per cui è opinione di parecchi ufficiali Inglesi, recatisi sui luoghi, che se i Turchi persevereranno nella loro resistenza, sa,rà difficile che, entro quest'anno, prima della cattiva stagione, i Russi possano, in Bulgaria, terminare la campagna, la quale dovrebbe, quindi, essere ripigliata l'anno venturo, non senza grave iattura per le popolazioni del teatro della guerra e per la Russia stessa.

La conversazione essendosi portata sulla possibilità di un'azione conciliativa delle Potenze, per mettere fine ad una guerra che ha preso un carattere di ferocia che eccita !',indignazione delle nazioni incivilite, H Conte di Derby mi rispose che sarebbe difficile d'intervenire per la cessazione delle ostilitià prima che qualche fatto militare decisivo avesse avuto luogo; imperoc.ché, probabilmente, nessuno dei due avversari vorrebbe consentire a deporre le armi.

L'Imperatore di Germania, per l'amicizia che porta allo Czar, desidererebbe che gli si venisse in aiuto nella posizione difficile in cui si trovano i suoi eserciti, ma in Germania vi ha un altro partito, rappresentato dal Principe di Bismark, il quale si oppone a tale desiderio e, forse, vede senza dispiacere l'indebolimento della Russia, il di cui contatto non lasciava di dare qualche apprensione per la stabilità del nuovo Impero Germanico.

Dell'Austria nulla si dice dopo il convegno dei due Imperatori a Ischl, ma si ha luogo di pensare che la sua linea di politica rimane sempre la stessa. Il Conte di Derby mi confermò ciò che mi disse l'E. V., nel suo Dispaccio del 15 corrente, (serie politica n. 216) (l) circa l'invio del Generale Dickson a Gallipoli per visitare le fortificazioni di quella piazza. Pare che a queste si lavori con qualche attività.

Intanto, in Inghilterra, la gente seria principia a preoccuparsi delle conseguenze della guerra Russo-Turca. Qualunque sia l'esito della lotta, in favore

-o dei Russi o dei Turchi, certo è che grandi mutamenti dovranno operarsi nel

l'ordinamento delle provincie a beneficiv delle quali venne intrapresa la guerra, ed è probabile che dessa porterà profondi rivolgimenti nella condizione dei due Imperi che attualmente combattono.

(l) -Non pubblicato.
40

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 251. Parigi, 23 agosto 1877 (per. il 26).

Il Signor Duca Decazes ritornò qui jer l'altro dal Dipartimento della Gironda, ove erasi recato principalmente allo scopo di preparare la sua candidatura per le prossime elezioni generali, le circostanze speciali in cui esse si faranno avendolo dissuaso, a quanto pare, a presentarsi di nuovo nel collegio elettorale di Parigi che nel 1876 gli aveva dato i suoi voti.

Essendomi recato jeri dal Ministro per complimentarlo, S. E. dopo una breve conversazione, m'interpellò sugli armamenti che si stavano facendo in Italia e mi disse ch'essi cominciavano ad inquietarla. «Perché e contro chi fortificate Roma? Da qual lato potete credere minacciata la vostra Capitale? Perché fate trasportarvi da Napoli tanti cannoni onde coprirne le mura? E so d'altra parte che comperaste in Francia non meno di 15.000 cavalli. A qual fine tali preparativi? ».

Il Ministro poi aggiunse che veramente non saprebbe rendersi conto della regione di previsioni del R. Governo le quali potessero giustificare simili provvedimenti. Egli mi ripetè le dichiarazioni che già in molti altri incontri fece sui sentimenti della Francia e del Governo francese verso l'Italia, protestando che non v'era qui chi non fosse convinto della necessità del buon accordo coll'Italia. In appoggio dì queste verbali dichiarazioni il Signor Duca Decazes diè di piglio alla minuta d'una circolare diplomatica, allora allora da lui preparata, e me ne lesse alcuni brani ne' quali è affermata con molto vigore la tendenza pacifica del partito conservatore di Francia che comprende i pericoli d'una guerra offensiva e non ignora che una tal guerra sarebbe per lui un suicidio. Il partito radicale soltanto, secondo quel documento, per impiantare durevolmente il suo dominio nel paese cercherebbe vittorie all'estero.

Risposi a S. E. che, per quanto m'era noto, qualche provvedimento militare preso dal nostro Governo aveva unicamente per iscopo dì non lasciar cadere le forze dell'esercito sotto il piede dì pace normale, che a tale solo fine erasì pure fatti alcuni acquisti di cavalli e che i lavori di fortificazioni annunziati da' giornali altro non erano che la già ritardata esecuzione di misure da molto tempo decretate per la semplice difesa del paese. E notai che ad ogni modo mi pareva esageratissimo il numero dei cavalli che S. E. pretendeva essere stati acquistati in Francia per conto del Governo di Sua Maestà. <<Se non acquistati, replicò il Signor Decazes, tanti almeno finora sarebbero stati comandati o ritenuti». S. E. non aggiunse poi altre osservazioni, né maggiormente insistette.

41

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT

D. Roma, 25 agosto 1877.

Secondo notizie pervenutemi da buona fonte, sembrerebbe che, malgrado la assenza dei cancellieri dei due Imperi e malgrado certe voci contrarie che si vorrebbero far correre, il convegno di Ischl abbia avuto per iscopo di confermare ciò che era stato convenuto l'anno scorso nel convegno di Reichstadt. Allora la neutralità benevola dell'Austria-Ungheria era stata consentita, avendo la Russia assicurato che, sì politicamente che militarmente, non si sarebbe provocato quello stato di cose che il Governo Austro-Ungarico considerava come attinente alla sfera dei suoi interessi sul territorio ottomano. Da ultimo la Russia aveva accennato a dipartirsi dai patti di Reichstadt e il Governo AustroUngarico credette bene rispondere con un principio di mobilizzazione, la cui notizia sarebbe arrivata al quartiere generale russo precisamente al momento che vi giungeva quella della rotta di Plewna. Benché questa rotta arrestasse i movimenti ostensibili dell'Austria, nondimeno il Governo dello Czar trovò indispensabile aver ricorso all'amichevole intromissione dell'Imperatore Guglielmo. E questa amichevole intromissione che ebbe luogo ad Ischl sarebbe riuscita a riguadagnare l'Imperatore Francesco Giuseppe, non solo alla continuazione di una neutralità benevola, ma di più in certi casi vuolsi abbia ottenuto quel lascia passare attraverso la Serbia che finora il Gabinetto di Vienna aveva ostinatamente rifiutato.

Stando a questi dati, la cosiddetta alleanza dei tre Imperi continuerebbe ancora a mantenersi. Si faciliterebbe l'azione ulteriore della Russia, salvo per ciascheduno dei due altri Imperi ad intendersi, poi, sui compensi per la loro tacita cooperazione.

42

IL CONSOLE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 577. Ostrog, 26 agosto 1877, ore 12,20 (per. ore 15,40).

J'ai eu l'honneur d'avoir deux longues conversations confidentieUes avec Son Altesse. Je télégraphierai seulement les points les plus saillants. Le prince Nicolas m'a dit que l'Autriche l'a mis toujours au courant des pourparlers avec l'Italie, soit pour le port de Spitza, y compris la note dans laquelle on rappelait au Gouvernement du Roi l'engagement réciproque à ce sujet, soit pour la proposition médiatrice de juin dernier sur laquelle il a eu aussi communication des dépeches de V. E. Le Prince Nicolas a été fort touché de la dernière proposition, qu'il désirerait, m'a-t-il dit deux fois, avoir l'Italie limitrophe au Monténégro parce que d'elle il n'aurait jamais rien à c,raindre. Son Altesse ajouta deux grands services que le Gouvernement du Roi pourrait lui rendre, c'est de conseiller à l'Autriche de ne pas occuper l'Herzégovine et de laisser courir, pour nourrir pendant ,l'hiver la population monténégrine la plus misérable. Lui ayant fait observer qu'il pourrait s'adresser pour ce secours aussi à l'Autrkhe, le prince m'a répondu: je désire ne plus rien lui demander pour ne pas etre trop obligé. Pour le moment Son Altesse m'a dit qu'il n'était pas nécessaire de référer au Gouvernement du Roi ce qu'il venait de me dire. Lorsque vous retournerez chez vous, vous écrirez un long rapport détaillé.

43

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 447. Roma, 26 agosto 1877, ore 17,40.

Je vous préviens que M. Crispi partira probablement demain de Turin pour Paris.

44

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1886. Berlino, 26 agosto 1877 (per. il 1° settembre).

Dans la prévision du passage à Berlin du Chancelier, sans faire la demande formelle d'une audience, j'avais cependant prié le Secrétaire d'Etat de lui dire combien je serais heureux de rencontrer Son Altesse. Arrivé ici Je 20 au soir, il est reparti le 23 au matin. Les journées du 21 et 22 ont été employées à des courses à Potsdam, où résident l'Empereur et le Prince Impérial. Le Prince de Bismarck n'a reçu aucun de mes collègues. Il en a fait exprimer tous ses regrets à l'Ambassadeur de Russie, en mème temps qu'il renouvelait à ce diplomate ses meilleurs voeux pour le succès des armées russes.

Il me faisait aussi dire par M. de Biilow qu'il espérait plus tard ma visite dans des circonstances où son temps ne serait pas absorbé par des allées et venues entre Berlin et Potsdam.

M. de Biilow s'est acquitté de ce message aujourd'hui. Il avait rapporté à son chef l'entretien dont j'ai rendu compte par ma dépèche du 16 courant

n. 1884 (l). Le Prince de Bismarck l'avait écouté très attentivement. Il reconnaissait le bien fondé d'une partie de mes arguments, mais en émettant des reserves pour ce qui se rattachait à certaines éventualités. Celles-ci pour autant que son regard peut s'étendre sur l'horizon politique rentrent dans le domaine des conjectures. Il ne s'occupe et ne se préoccupe que des réalités. Il serait donc au moins prématuré de prendre les ordres de S. M. l'Empereur relativement à

mes confidences et à mes ouvertures. Au reste, d'après un rapport de M. de Keu

dell, nous semblions nous mèmes entrer maintenant dans cet ordre d'idées.

Depuis une quinzaine de jours, nous reconnaissions nous aussi qu'il n'y avait

pas péril en la demeure, en ce sens que Ies non belligérants devaient observer

plus que jamais une attitude expectante. Il n'y a par conséquent aucune urgence

de soulever certaines questions. M. de BUiow n'était pas moins chargé de m'as

surer, au nom du Prince de Bismarck, de tout le prix qu'il attachait à des

relations intimes entre l'Allemagne et l'Italie, dont la politique était appelée à se

rencontrer dans leurs intérèts les plus essentiels, et surtout pour déjouer les

intrigues des cléricaux en France et ailleurs. En attendant, pour ce qui concer

nait les affaires orientales, le Cabinet de Berlin ne saurait, dans sa position

extrèmement délicate, s'écarter des règles de la prudence et d'une grande ré

serve. Il veut rester l'ami de ses amis, et il évite surtout de s'immiscer dans

une question (Bosnie Herzégovine) qui n'existe pas pour l'Allemagne. Dans l'in

téret de nos bons rapports, il vaudrait mieux ne pas en faire ici mention.

J'ai été médiocrement (pour ne pas me servir d'une autre expression plus forte) satisfait de ce message. Je n'en ai cependant rien laissé paraitre, du moment surtout où M. de Keudell, qui devait nous soutenir, m'a en quelque sorte désarmé par son insinuation que depuis quinze jours le vent avait tourné dans nos régions ministérielles. J'ai peine à croire cependant à l'entière exactitude de cette assertion, car autrement V. E. n'aurait pas manqué de m'avertir à temps vers l'époque du retour de M. de BUlow.

Quoiqu'il en soit, le message précité s'il m'a été peu agréable puisqu'il me laissait comprendre que je m'étais trop avancé dans mes ouvertures, calquées cependant sur vos instructions itératives, ne m'a causé aucun sentiment de surprise.

Vous savez, M. le Ministre, que ce n'est qu'à mon corps défendant que j'ai exécuté vos ordres. Je me félicite dans tous les cas de ne l'avoir fait que verbalement, et qu'il n'en reste aucune trace écrite.

Peut etre m'a-t-on laissé seui sur la brèche pour me ménager l'occasion de piacer ici quelques observations fort appropriées sur l'isolement, dans Iequel le Cabinet de Berlin nous abandonne sur un point qui nous tient, à juste titre, fort à coeur. Maintenant ces vérités ont été dites. Nous pourrons peut-etre nous en prévaloir un jour, en invoquant à notre tour nos propres convenances. En attendant, il est évident, qu'il ne convient plus d'insister, et je persiste plus que jamais à croire que nous nous sommes trompés de porte en nous adressant à Berlin pour contrecarrer les velléités ou les convoitises autrichiennes. Il eùt mieux valu, comme je m'étais permis de le conseiller, de nous expliquer directement à Vienne.

J'aurais pu combattre les raisonnements du Prince de Bismarck; mais il m'a semblé plus convenable de ne pas entamer une nouvelle discussion. Je me suis borné à dire que si la marche des opérations militaires en Bulgarie semblait en effet, si non écarter, au moins éloigner une entrée en scène de l'Autriche, tel ou tel autre incident pourrait rendre à la situation son ancien caractère de gravité. Du reste nos adversaires dans l'Empire Austro Hongrois, l'étaient tout aussi bien de l'Allemagne. On les verrait mieux à l'oeuvre, dans le cas où le parti ultramontain et réactionnaire en France prendrait le dessus.

M. de Billow me demandait si je n'avais pas remarqué dans ces derniers temps que les journaux de Vienne avaient fait preuve de plus de modération à notre égard. Je lui ai cité un article de la Neue Freie Presse, qui prouverait le contraire; article qui lui a valu une réponse très digne du Diritto dans son

n. du 23.

Le Secrétaire d'Etat m'a parlé d'un entretien que Vous aviez eu M. le Ministre, avec M. de Keudell peu avant son départ en congé, entretien duquel il résultait, à sa pleine satisfaction, que Vous envisagiez la situation en France du mème point de vue qu'à Berlin.

J'ai aussi appris par le Secrétaire d'Etat que la Serbie paraissait ne pas devoir tarder à participer à la lutte contre la Turquie. Il était plutòt disposé à croire que l'Autriche ne considérerait pas ses intérèts comme immédiatement lésés par la seule coopération des Serbes avec l'armée russe en Bulgarie, pour autant que la principauté ne devienne pas elle mème le théatre des hostilités.

En accusant réception des dépèches de V. E. n. 534, 535, 536 et 537 (1)...

(l) Cfr. n. 32.

45

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS, AL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CRISPI

(ACS, Carte Crispi)

L. Roma, 27 agosto 1877.

Ho fatto conoscere a Sua Maestà che V. E. si compiacque di accettare l'incarico che le fu affidato dal Ministero di riaprire trattative presso i governi delle principali potenze al fine di far prevalere nelle rispettive legislazioni i principii liberali sanciti nel codice civile italiano. Profittando del viaggio all'estero dell'E. V. è desiderio dell'Augusto nostro Sovrano che l'E. V. assuma una missione speciale e confidenziale presso il governo di S. M. l'Imperatore di Germania.

Il governo germanico, or non è molto. ha interpellato il governo italiano intorno ad una più intima unione dei due Stati, e il Ministero degli esteri d'Italia non esitò ad esprimere la sua adesione al concetto di una unione a comune difesa. Ora Sua Maestà pienamente d'accordo col sottoscritto, sente il bisogno di stringere in modo più intimo i rapporti amichevoli dell'Italia con la Germania e desidera che V. E. faccia conoscere a S. A. il principe di Bismarck come sarebbe conveniente di addivenire ad un accordo concreto e completo col mezzo di un trattato d'alleanza che fondandosi nei comuni interessi provveda a tutte le eventualità. Gl'interessi italiani possono essere offesi non solo dalla prevalenza del partito oltremontano, ma anche dall'ingrandimento dell'Austria coll'annessione di alcune provincie ottomane, possibile conseguenza della guerra d'Oriente. E' desiderabile che i due governi si mettano d'accordo anche su questo punto.

V. -E. conosce pienamente i principii che informano la politica italiana sia all'interno che all'estero, e sarebbe superfluo rammentarli. La Germania e l'Italia non hanno interessi contrari, e le due nazioni devono essere ugualmente determinate a difendere l'edificio dell'unità nazionale e delle politiche e civili libertà: per l'Italia lo scopo principale è quello di preservare da ogni nemica offesa i beni inestimabili che abbiamo acquistati, e i principi sui quali è fondata la sua esistenza.

Procuri l'E. V. di esprimere e spiegare in via confidenziale i desideri di Sua Maestà e del suo governo a S. A. il principe di Bismarck e di attestargli ad un tempo la riconoscenza nostra per la benevolenza da lui costantemente dimostrata all'Italia (1).

(l) -Cfr. n. 38; gli altri dispacci non sono pubblicati.
46

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 540. Roma, 27 agosto 1877.

Ho letto con molto interesse il pregiato rapporto del 16 di questo mese, n. 1884 confidenziale (2) e mi affretto a risponderle col qui acchiuso paragrafo in cifra.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

M. de Keudell m'a dit qu'il a expédié son rapport sur la question des agrandissements autrichiens en Turquie, en tant que ces agrandissements touchent aux intéréts italiens. M. de Keudell a méme dit, confidentiellement, de savoir que son rapport avait été soumis à l'Empereur par le Prince de Bismarck. Ceci s'est passé dans la première moitié de ce mois. M. de Keudell est maintenant parti en congé de quatre ou cinq semalnes, se rendant a Ischl où se trouve sa femme. Il se proposait de rencontrer le Prince de Bismarck à Gastein ou ailleurs. Ayant été interrogé sur l'impression que son rapport avait faite, il répondait n'avoir rien reçu dans la voie officielle. Ses informations particulières lui faisaient croire, cependant, que pour le moment l'Autriche ne bougerait pas, et que par conséquent, la question qui nous tient à coeur est ajournée.

47

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, E A VIENNA, DI ROBILANT

D. Roma, 27 agosto 1877.

Mi pregio di qui acchiuderle un annesso in cifra nel quale si contengono utili nozioni circa la presente situazione in Serbia.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

On se prépare, en Serbie, à la mobilisation. Les douze mille hommes de l'effectif actuel peuvent facilement étre portés à quarante. On n'a pas d'enthousiasme pour la guerre, mais on se battra assez volontiers comme alliés des Russes. Ristich est tout-àfait gagné à la Russie. Quant aux vues du Cabinet de Vienne, on pense, à Belgrade, où les renseignements sur ce point viennent exclusivement du quartier général russe, que l'entrée en campagne de la Serbie n'entrainerait pas nécessairement une occupation autrichienne en Bosnie, depuis surtout que l'Autriche s'est convaincue que la Serbie donne à ses aspirations une direction qui n'est pas en contradiction avec ses intérets à elle. Bref, il parait que la participation de la Serbie à la guerre ne dépend désormais que des convenances militaires de la Russie.

(Solo per Berlino) Ceci me parai de nature à résusciter prochainement la question des agrandissements territoriaux de l'Autriche, que le Cabinet de Berlin semble considérer comme réléguée à l'arrière plan.

(l) -Ed. in F. CRISPI, Politica estera, Memorie e Documenti raccolti e ordinati da T. PALAMENGHI -CRISPI, Ml]llno, 1912, pp. 8-9. (2) -Cfr. n. 32.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 226. Roma, 27 agosto 1877.

L'Ambassadeur d'Angleterre m'a écrit une note, le 15 de ce mois (1), pour me faire part de la Notification, en date du 4 Aoù.t, que le Foreign Office a fait publier dans la London Gazette du 10. V. E. m'avait signalé, par son télégramme du 11 (1), cette publication, qui forme également l'objet de Son rarpport en date du 14 (2). Prenant occasion de « certains cas récents » d'a'r,restation de paisibles citoyens britanniques, le Foreign Office recommande aux sujets de la Reine, voyageant ou résidant en Italie, de se pourvoir, comme mesure de précaution, et pour étre à méme de prouver plus facilement leur identité et nationalité, de passeports qu'ils devront avoir soin, en outre, de toujours porter sur soi.

Je transmets, ci-joint, à V. E., une copie traduite de la Note de Sir Augustus Paget. La lecture de cette pièce m'a causé une bien pénible impression. Pour ne pas étre obligé de relever certaines expressions, dont j'ai peine à m'expliquer la vivacité, je préfère m'abstenir de faire une réponse directe. V. E. que j'ai déjà entretenue, à plusieurs reprises, de ce méme sujet, peut, mieux que personne, se faire l'interprète de nos vues et de nos sentiments auprès de S. E. le Principal Secrétaire de la Reine pour les Affaires Etrangères.

La notification insérée dans la Gazette de Londres débute par la mention de « quelques cas récents » d'arrestations arbitraires. Nous devons supposer que le Foreign Office n'a pas entendu faire allusion à l'incident Rainford, au sujet du quel les magistrats compétents se sont déjà prononcés en premier et en deuxième ressort. On n'apprendra, donc, pas sans surprise que depuis que j'ai l'honneur de diriger le département des affaires étrangères un seul cas, le cas de M. William

Giles, a fourni entre les deux chancelleries, l'objet d'un échange de communications. Des mesu!·es disciplinaires, les seules que l'administration pouvait prendre ayant été adoptées à cette occasion, à l'égard des Carabinieri, M. William Giles lui-meme, dans une lettre que j'ai sous les yeux s'est déclaré satisfait de l'accueil fait à sa réclamation par le Gouvernement du Roi.

Voilà les faits. Les soumettant franchement, encore une fois, au Cabinet britannique, nous laissons au Principal Secrétaire de la Reine le soin d'apprécier ce qu'il y a d'excessif et d'insolite dans un rapprochement par lequel un seul fait isolé, un fait pour lequel toutes explications et toutes satisfactions consenties par nos lois ont été données, détermine une mesure dont le Représentant britannique ne cherche meme pas, dans sa Note du 15 Aout, à atténuer le caractère fàcheux.

Il nous est impossible d'admettre que l'incident Giles ait pu suffire pour dicter au Foreign Office la grave résolution dont l'avis de la London Gazette est l'expression officielle. Nous devons, bien malgré nous, penser qu'il existait déjà, au Foreign Office, une prévention qui, seule, peut expliquer sa décision actuelle.

Un fait a frappè tous ceux qui se sont occupés de la présente question savoir que les six ou sept cas d'arrestation illégale qui ont formé depuis quelques années le sujet d'une discussion diplomatique, ont tous concerné des citoyens anglais, ceci pourrait faire supposer que les Agents du gouvernement de la Reine, en Italie, tout en exagérant, peut etre, ce qu'il y a de légitime dans les prétentions de leurs nationaux en matière d'immunité personnelle, ne tiennent pas compte des obligations que les intérets généraux, soit des citoyens soit des étrangers eux memes imposent aux officiers chargés d'appliquer la loi. Si cette supposition est fondée, ainsi que nous avons lieu de le craindre, si les Agents britanniques, dans les rapports avec leurs nationaux, ainsi que dans les relations qu'ils adressent à leur Gouvernement, ne se préoccupent que d'un còté seul de la question, ce serait bien là l'explication naturelle, soit de l'attitude que prennent souvent les sujets de la Reine vis-à-vis des Agents de l'administration locale, soit de l'impression sous l'empire de laquelle de Foreign Office a formulé la notification du 4 Aout.

C'est à ce point de vue, M. l'Amba~sadeur, que la question acquiert un certain caractère de gravité. Des incidents fortuits peuvent, avec de la condescendance mutuelle, etre facilement arrangés. Toute discussion, au contraire, devient évidemment imposs1ble si elle n'est pas dominée, de part et d'autre, par une confiance réciproque, et si chacun des deux Cabinets doit, à l'occasion d'un cas spécial, quelque regrettable qu'il soit, non pas seulement réprimer le fait d'un Agent subalterne, mais encore entreprendre la justification générale de ses propres vues et des principes auxquelles s'informe sa législation. Jamais il n'y aura assez de précautions prises si nous sommes exposés, à l'occasion d'un incident quelconque, à voir mis en cause l'esprit général de notre administration toute entière.

Le Cabinet britannique parait attacher du prix à connaitre les mesures qui sont en ce moment à l'étude, chez nous, en vue de faciliter, aux étrangers surtout, l'observation de nos lois en matière de police. Le Gouvernement de la Reine n'ignare pas l'esprit qui dirige, à cet égard, l'administration italienne.

Nous nous sommes efforcés de concilier, autant que possible, l'intéret des particuliers avec le respect de la loi qui attribue, et doit nécessairement attribuer, aux agents de l'administration le droit de constater l'identité personnelle. La circulaire émanée, en 1875, du département de l'intérieur, visait précisement à ce but. Bien que les dispositions contenues dans cette circulaire n'aient pas été sans résultat, on a eu constamment soin d'en recommander l'application la plus large. Tout dernièrement encore on a entrepris l'examen d'instructions supplémentaires qui fournissaient aux étrangers toutes les garanties désirables. Cependant quelles que soient les condusions de cette étude, la règle sera toujours, en cas d'abus, que l'administration ne peut qu'infliger des punitions disciplinaires, et que ceux qui ne s'en déclareraient pas satisfaits, ne peuvent, en Italie comme en Angleterre, qu'user du droit de porter plainte à l'autorité judiciaire compétente, et meme de se constituer partie civile. Ce point fondamenta! qu'on a dft rappeler, à plusieurs reprises à l'occasion des incidents qui se sont produits, est de ceux qui ne sauraient etre écartés tant qu'il vient pas dérogé à des lois obligatoires, chez nous, aussi bien pour les nationaux que pour les étrangers.

Lord Derby a témoigné le desir d'avoir des renseignements exacts au sujet de certain incident que j'avais mentionné dans une Note écrite à Sir Augustus Paget, et dont un Italien aurait eu à souffrir à Londres. L'incident auquel j'avais fait allusion est celui dont V. E. m'a entretenu par son rapport du 12 Septembre dernier Cl). V. E. peut, donc, communiquer à Lord Derby une copie de la plainte présentée par M. Cerruti, ainsi que de la réponse faite à ce dernier par l'Ambassade de Sa Majesté. Il est bien entendu que, fidèles à nos principes en cette matière, nous n'entendons pas formuler dans la voie diplomatique une réclamation pour laquelle l'intéressé n'a pas voulu avoir recours aux tribunaux.

V. E. est autorisée à donner lecture de cette dépeche à S. E. le Principal Secrétaire de la Reine pour les affaires étrangères, et à lui en laisser une copie s'il le désire.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 29.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 826. Terapia, 27 agosto 1877 (per. il 4 settembre).

Mi è riferito da fonte attendibile che la Sublime Porta ha, or non ha guarì, tastato il terreno affine di conoscere qual'accoglienza il Governo Austro-Ungarico sarebbe per fare alla proposta di cedergli la Rumania. E naturalmente s'intenderebbe che questa cessione avrebbe per effetto un'alleanza tra l'Austria-Ungheria e la Turchia. Il risultato di siffatte indagini fu tale che la Sublime Porta ebbe a rinunciare ad ogni idea d'intraprendere negoziati in proposito.

Il progetto in discorso era già stato concepito in altri tempi da Midhat Pacha, però non mi risulta che Sua Altezza ne facesse parola durante il suo recente soggiorno a Vienna. Le pratiche di cui è discorso più innanzi sono completamente indipendenti dall'azione di Midhat Pacha, e seguirono or sono pochi giorni.

(l) Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 525/183. Londra, 28 agosto 1877 (per. il 1° settembre)

Io mi reco a premura di trasmettere a V. E. la risposta, qui unita (l) (pervenutami or ora) del Conte di Derby alla mia Nota del 15 corrente, colla quale io gli comunicava le copie delle lettere scambiate fra V. E. e Sir Augustus Paget a proposito dell'arresto del Reverendo William Giles.

Non v'ha dubbio che questa lettera sia destinata a comparire in un BlueBook, la di cui pubblicazione venne già richiesta dalla stampa, come si scorge dalla corrispondenza del Times che io ebbi l'onore d'inviare a V. E., col mio Rapporto d'ieri (Politico n. 181) (2). Io sono sempre maggiormente convinto che le osservazioni svolte da Lord Derby, nella sua lettera, non possono rimanere senza risposta per parte nostra, tanto più che abbiamo da contrapporre ai fatti che egli rimprovera alla nostra amministrazione, alcuni falli, assai più serii, della Polizia Inglese, a danno dei nostri connazionali.

Merita particolare avvertenza l'osservazione di Lord Derby, relativa al meschino risarcimento pecuniario che avrebbe potuto ottenere il Reverendo Giles ove fosse ricorso ai Tribunali, affine di avere un compenso per la breve detenzione da lui sofferta. Il sentimento che domina, in Inghilterra, per la riparazione di una offesa, non è tanto quello di fare infliggere una pena all'offensore, quanto quello di trame un'indennità pecuniaria, talvolta ragguardevole, secondo i casi, e per lo più fissata dall'arbitrio del giudice.

La nostra legislazione penale riposa, in alcune parti, sopra principii diversi da quelli che hanno vigore in Inghilterra, dove molti fatti si aggiustano col danaro; non è quindi da meravigliarsi se gli Inglesi che hanno, qualche volta, da lamentarsi dello zelo o degli abusi della polizia nostra, s'inquietano quando scorgono che le nostre leggi sono avare assai di compensazioni pecuniarie. Allora ricorrono ai loro diplomatici, i quali, anziché secondare l loro reclami, dovrebbero fare loro capire che, stando essi in paese estero, debbono sottostare alle sue leggi.

Un altro punto, assai grave, della lettera di Lord Derby mi occorre di notare all'E. V. ed è questo, che egli assume la responsabilità della lettera di Sir Augustus Paget, della quale Ella giustamente si lamenta, e dichiara che essa fu scritta «con la sanzione e con l'approvazione del Governo della Regina».

Questa circostanza, collegata coll'avviso relativo ai Passaporti dato dal Foreign Office, aggiunge qualche importanza all'incidente, di cui non bisogna però esagerare le conseguenze, imperocché mi risulta, da varie parti, che in Inghilterra, non tutti consentono sull'opportunità di quell'avviso del Foreign Office e principiano a scorgere le esagerazioni cui dà luogo il caso (così frequente in

Inghilterra) del Reverendo William Giles. Epperciò delle spiegazioni al riguardo sarebbero da molti gradite.

Qualora, adunque, l'E. V., sia anche d'avviso che si debba, alla lettera di Lord Derby, dare una risposta, questa potrebbe essere combinata colla comunicazione che Ella, con suo Dispaccio del 23 corrente (Politico n. 222) (1), mi previene dovergli essere, ulteriormente, fatta di un Dispaccio di codesto Ministero, a me diretto, e relativo ad una nuova lettera di Sir Augustus Paget a V. E.

Come io ebbi l'onore, altra volta, di accennarle non v'è da temere che una adeguata risposta (scritta, s'intende, in termini convenienti ed avendo per noi le buone ragioni) possa offendere questo Governo che è, talvolta, spinto ad agire come ha fatto per soddisfare l'opinione pubblica, assai esigente per tutto ciò che tocca alle immunità personali. Per altra parte, io so, per mia propria esperienza come talvolta un linguaggio alquanto fiero, quando si è nel vero, contribuisce a ristabiHre e mantenere i buoni rapporti. Ne ebbi la prova allorché, essendo io Ministro per gli Affari Esteri, dopo il fatto di Mentana, il Signor Rouher, allora onnipotente, si permise alla Tribuna Francese un linguaggio sconveniente verso il nostro Sovrano; io gli feci richiedere, ufficialmente, una ritrattazione delle sue parole, dichiarando che tale era la condizione del mantenimento dei nostri buoni rapporti colla Francia. Dopo molte esitazioni, egli dovette cedere ed il Signor Malaret, allora Ministro di Francia a Firenze, si recò al Ministero e mi portò le scuse del Signor Rouher che, rettificando il senso delle sue parole, dichiarava di non avere mai avuto intenzione di recare offesa al nostro Re, per il quale egli protestò di professare il massimo rispetto.

Dopo questo fatto i nostri rapporti che, per parte del Governo Francese, avevano sempre avuto un sentore di alterigia, si mantennero nei termini della più squisita cortesia.

Questo fatto che mi sono preso la libertà di ricordare a V. E., appartiene oramai alla storia, e si trova riportato nelle effemeridi storiche, pubblicate, alcuni anni sono, dal compianto Commendatore Corso, già Capo di Divisione presso codesto Ministero.

Attesa la premura che ho di fare pervenire a V. E. la lettera di Lord Derby non ho avuto tempo di farne eseguire una copia, epperciò io pregherei l'E.V. di rimandarla a questa R. Ambasciata tosto che Ella ne avrà preso conoscenza.

(l) -Non si pubblica. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 156. Roma, 29 agosto 1877.

Ringrazio V. E. del suo Rapporto del 18 agosto (2). In esso sono svolte le ragioni per le quali Ella crede potermi assicurare che, malgrado le rare e scarse comunicazioni diplomatiche esistenti fra la Russia e l'Italia, le buone relazioni

fra i due Governi non soffrono alterazione. Convengo assai di buon grado nella giustezza delle osservazioni di V. E. Il mio dispaccio del 12 corrente {l) si riferiva ad una situazione che venne modificandosi in questi ultimi giorni. In Roma dove i passi della diplomazia accreditata presso la Santa Sede non sfuggono alla vigilanza della stampa, era cosa naturale si confrontasse l'assenza prolungata e non interrotta del Barone d'Uxkull con le frequenti andate e venute del Principe Ouroussoff, il quale in quei giorni era stabilito a Castellammare. Benché si cercasse di occultare i negoziati pendenti fra l'incaricato d'Affari ufficioso della Russia e la Segreteria di Stato Pontificia, ciò che ne trapelava nel pubblico bastava per dar origine alle più esagerate notizie.

Di poi la situazione si è sensibilmente mutata. Il Barone d'Uxkull venne a vedermi verso la metà di questo mese ed io ebbi occasione di intrattenermi con lui sulle condizioni presenti del suo paese in relazione con quelle degli altri grandi Stati d'Europa. Dal canto suo, il Principe Ouroussoff, dopo un'ultima visita al Cardinale Simeoni, avrebbe presa la risoluzione di allontanarsi per ora dall'Italia. Dal 1° Segretario dell'Ambasciata Imperiale seppi anzi confidenzialmente che le trattative intavolate con la Santa Sede non avevano avuto l'esito desiderato. Pare che il Cardinale Simeoni abbia per ultimo presentato un «Memorandum» che il Principe Ouroussoff ha trovato inaccettabile. L'Agente ufficioso del Governo Imperiale si proponeva, partendo da Roma, di recarsi a Bukarest presso il Principe Gortchakoff per intrattenerlo dell'esito sfavorevole delle trattative.

In questo stato di cose io non crederei opportuno di fare alcun cenno che indicasse dispiacere da parte nostra di vedere il Barone d'UxkuU stabilito troppo lontano da Roma perché si possa continuare con lui quello scambio intimo di idee di cui tanto si avvantaggiano le relazioni internazionali. Il concetto, che il Governo Imperiale ha potuto farsi della nostra politica relativamente alle cose d'Oriente, è certamente chiaro quanto si può desiderare. Il linguaggio di V. E. basterà, non dubito, a mantenerlo nella persuasione che nulla è a questo riguardo mutato da parte nostra.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Ceci est pour votre gouverne personnelle.

Nous ne pouvons pas séparer notre politique en Orient de notre politique en Occident. Il en résulte une situation dans laquelle nous ne devons pas nous écarter de la ligne de conduite suivie par l'Allemagne; sans accentuer avec affectation cette attitude, je pense qu'il ne faut non plus, nous en cacher. En attendant nous observons avec la plus grande attention ce que fait l'Allemagne. Il parait qu'à Berlin se forment actuellement plusieurs courants qui à un moment donné pourraient prévaloir d'une manière décisive sur l'issue finale des événements. Tout ce que de votre còté vous apprendrez sur l'attitude du Cabinet de Berlin offrira pour nous le plus vif intéret.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 34.

(l) Cfr. n. 22.

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L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, LITTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 141. Washington, 29 agosto 1877 (per. il 15 settembre).

Ho l'onore di accusare ricevuta e ringraziare l'E.V. del pregiato dispaccio delli 28 luglio scorso, n. 32 serie politica (1), relativo al riconoscimento per parte del Governo del Re, del Generale Porfirio Diaz, eletto all'ufficio di Presidente della Repubblica del Messico. Qui siffatta questione non ha gran che progredito, ed a complemento delle informazioni ch'ebbi l'onore di inviare anteriormente sovra di essa all'E.V., mi pregio di qui unire un articolo (2) apparso nel giornale officioso, il National Republican di jeri, relativo alla questione messicana ed ai motivi del ritardo del riconoscimento del Generale Diaz per parte del Governo degli Stati Uniti.

Unendo qui firmato alle E. V. il foglietto che accompagnava la spedizione dei documenti diplomatici delli 28 luglio scorso, e porgendole i miei vivi ringraziamenti per siffatto invio,...

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 432. Roma, 30 agosto 1877.

Ho ricevuto il Rapporto del 20 corrente (3) col quale Ella mi ha informato della conversazione avuta con Server Pascià allo scopo di richiamare la Sublime Porta al rispetto della Convenzione di Ginevra, V.S. Illustrissima mi ha inoltre riferito ciò che è stato detto in una conversazione del Principe di Reuss con codesto Ministro degli Affari Esteri intorno allo stesso oggetto. Approvo la misura del linguaggio tenuto da V. S. ed io mi lusingo che i nostri avvertimenti amichevoli avranno qualche efficacia in avvenire coll'impedire che si rinnovino eccessi che la coscienza pubblica in Europa altamente riprova.

Non avendo alcuna ragione di credere che il Governo austro-ungarico non abbia voluto seguire l'esempio della Germania, debbo ritenere che se alla data degli ultimi rapporti di V. S., il Conte Zichy si era astenuto dal presentare egli pure delle rimostranze alla Turchia, ciò debba ascriversi unicamente ad un ritardo nella spedizione delle istruzioni del Gabinetto di Vienna. L'Incaricato d'Affari di Germania che mi ha informato oggi stesso che tutti i Governi i quali hanno firmato la Convenzione di Ginevra sono stati invitati ad unirsi alle osservazioni del Gabinetto tedesco, non mi ha fatto cenno alcuno della

(lJ Cfr. Serle II, vol. VIII, n. 677.

astensione per parte di alcuno di essi. Io mi aspetto dunque di ricevere da

V. S. la notizia che anche dal Conte Zichy siano state fatte pratiche analoghe a quelle di cui Ella mi ha reso conto.

(2) -Non si pubblica. (3) -Non pubbllcato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

(Carte Corti)

L. P. Vienna, 30 agosto 1877.

Grazie mille per la tua interessante lettera del 22 (l) pervenutami ieri.

Niente di nuovo quì si aspetta il risultato della lotta titanica impegnatasi sui Balcani. Intanto ogni velleità d'armamenti o di azione qualsiasi è per ora lasciata da parte. Andrassy ha avuto molta chance ed il Paese gli è grato della sua stella. Può darsi che le Potenze vorranno mettere a profitto i mesi d'inverno per intraprendere una mediazione, ma questa avrà chance di successo soltanto se ancora in questa Campagna i Russi riuscissero a battere i Turchi. Mia moglie ha avuto in questi giorni una lettera della cugina Ignatief, montata ad un diapason che facilmente ti puoi immaginare, essa però non le dice parola del marito, suppongo quindi la grave malattia del Generale sii una fiaba. A quanto mi si assicura qui egli continua ad essere onnipotente al Quartier Generale Imperiale, sebbene non lo si possa scagionare della responsabilità di quanto è successo fin qui. La contessa Donhof è assente da Vienna da alcuni mesi non gli potrò quindi far così presto la tua commissione, essa sta villeggiando or qua or là, ma molto lontano da Vienna dove non farà ritorno che all'inverno. Cos'è successo con Aleko Pachà? Qui si crede egli sia stato silurato dal già suo primo segretario Falcon Effendy, se ne sai qualche cosa scnvlmelo. Egli aveva qui una posizione poco brillante, ma chiunque gli succeda non l'avrà migliore.

Ho poche notizie d'Italia, ma queste poche non sono guari confortanti: una trasformazione del Ministero nel senso Crispi-Cairoli, sembra quasi certa pel prossimo inverno; resterebbe il Melegari, o se ne andrebbe nessuno lo sa dire. Avressimo tanto bisogno di stabilità nell'attuale momento!

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 595. Parigi, 1° settembre 1877, ore 16,05 (per. ore 17,10).

Le due Decazes est parti hier pour le midi. Il doit avoir aujourd'hui une entrevue à Angers avec M. Canovas del Castillo et le Comte de Chaudordy, dans

laquelle, à ce qu'on dit, on tàcherait de s'entendre sur le traité de commerce. Dans quelques jours le due Decazes recevra le Maréchal Mac-Mahon à son chàteau de Grave. Il ne reviendra à Paris que dans une quinzaine de jours. Je lui ai présenté avant son départ M. Crispi.

(l) Non pubblicata.

56

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, MARTUSCELLI

T. 455. Roma, 1° settembre 1877, ore 22,15.

Le président du conseil me charge depuis Stradella de vous transmettre ce qui suit:

« Je viens d'apprendre d'une source certaine que dans les réunions du parti clérical du canton du Tessin, on a ouvertement et publiquement lancé les propos les plus hostiles au Gouvernement italien. On m'assure qu'à ces réunions assistaient plusieurs pretres italiens. Je n'ai pas le temps de recueillir les détails et d'en écrire à mon collègue le ministre des affaires étrangères. Sans donner trop d'importance à ces faits, je crois vous en donner notice et je m'en remets à votre prudence d'en dire un mot d'une manière tout à fait confidentielle à

S. E. le président de la confédération. Je vous prie en meme temps de me renseigner sur les dispositions à propos du parti clérical du conseil fédéral ».

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A MALTA, SLYTHE

D. CONFIDENZIALE 211. Roma, 2 settembre 1877.

Le notizie che il Ministero riceve dai suoi funzionari della Sicilia accennano a progetti che il partito clericale avrebbe formato per suscitare qualche moto in quel paese. Sembrerebbe che, lusingandosi che possano nascere momenti difficili per il Governo di Sua Maestà, gli agitatori vorrebbero predisporre gli elementi di un'azione tendente a distruggere l'ordine di cose legalmente stabilito. Fra gli emissarii che vengono segnalati sarebbero particolarmente da sorvegliarsi Vincenzo Basile della Compagnia di Gesù, il padre Calvagno ex Rettore del Convitto dei Nobili in Palermo, il Cappuccino Fra' Eugenio da Sordina e Fra' Vincenzo Scamporlino dello stesso ordine. Tutti costoro metterebbero capo presso l'Arcivescovo di Catania ed avrebbero anche relazione con i clericali di Inghilterra, dai quali riceverebbero ajuto pecuniario. Si

8 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

afferma Lord Arundel e Fielden siano in relazione con costoro e che frequenti siano i viaggi che il frate Eugenio da Sordino fa a Malta dove inoltre già esisterebbe un deposito clandestino d'armi e dove si cercherebbe di riunirne altre in previsione dei futuri moti di Sicilia.

Il R. Governo desidera che la S. V. esamini se nei fatti che sono o potrebbero venire a cognizione di Lei, vi siano indizi corroboranti le informazioni sovraindicate. E se alcun indizio fosse a notizia di V. S. che meritasse di essere riferito, la S. V. vorrà, ne sono certo, farmene pronta e minuta relazione.

Mi affido poi particolarmente nella esperienza che V. S. ha di codesto paese perché sia continuata la più diligente sorveglianza sopra tutto ciò che può interessare la sicurezza della Sicilia.

58

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1888. Berlino, 3 settembre 1877 (per. l' 8).

Les renseignements qu'il est permis de recueillir à Berlin méme sur la dernière entrevue d'Ischl, sont loin d'étre aussi complets que ceux parvenus à V. E., et dont elle veut bien me fournir un aperçu par sa dépéche du 25 aoùt échu n. 558 (l).

Vu la réserve habituelle du Ministre Secrétaire d'Etat, j'en suis réduit, ainsi que les représentants des Puissances tenus en dehors des pourparlers entre les trois Empires, aux conjectures.

Celles-ci, en raisonnant par induction s'accordent assez avec le contenu de la dépéche précitée, en ce sens, surtout que l'entente entre les trois Empereurs a reçu une nouvelle consécration.

Les indices sont frappants: l) l'initiative prise par l'Allemagne d'enròler l'Europe dans les remontrances contre les atrocités attribuées à la Turquie, et cela sans trop se soucier du principe audiatur altera pars. On devait se rendre compte que cette démarche n'aurait pas un résultat très efficace sur le terrain pratique. Les prisonniers et les blessés continueront à subir un mauvais traitement. Mais, comme je l'ai écrit l'autre jour, ce n'était pas moins de l'eau au moulin de la Russie. Quand le moment sera venu de reprendre l'ancien thème de la nécessité des réformes, l'Europe ne saurait moins que jamais se déjuger, après avoir donné à la Porte un certificat de barbarie; 2) l'Autriche, qui au début de la guerre déclarait péremptoirement qu'elle ne permettait pas à la Serbie de prendre part aux hostilités montre aujourd'hui

une condescendance dont le motif doit étre recherché dans une pression exe,rcée de Berlin. Il est vrai que le Cabinet de Vienne pouvait avec moins de répugnance retirer son veto, lorsque les chances ne semblaient plus tourner du còté des Russes, au moins dans la première campagne. C'était là un acte de générosité dont chacun saura découvrir le mobile. Néanmoins le Comte Andrassy témoigne par son attitude qu'il sait faire la part des exigences de la triple alliance;

3) il faut également admettre que la cause du visible embarras de l'Allemagne à entrer dans notre ordre d'idées au sujet de la Bosnie et de l'Herzégovine, et méme à se préter à un échange de vues, il faut, dis-je, admettre que cette cause git dans son programme de n'altérer en quoi que ce soit les liens qui l'unissent avec l'Autriche aussi bien qu'avec la Russie.

Quoiqu'il en soit, il est évident que c'est gràce à l'influence de l'Empereur Guillaume que le Cabinet de Vienne ne crée pas des embarras à la Russie. Et quant à la Serbie il n'est nullement prouvé qu'elle se décide à courir l'aventure, avant d'avoir la quasi certitude de venir au secours du vainqueur. D'ailleurs l'Angleterre a déjà fait entendre un langage très sérieux à Belgrade.

Le fait est, ainsi que me le disait hier le Secrétaire d'Etat, que le Prince Milan pour une raison ou pour une autre, hésite à donner à ses troupes l'ordre de franchir la frontière.

Au reste, M. de Biilow se montrait assez préoccupé de la position de la Russie. L'ensemble des nouvelles ne faisait pas entrevoir le terme prochain de la guerre, à moins que, contre toute attente, dans le courant de ce mois les armées de cette Puissance ne remportent quelques avantages décisifs, qui préparent la voie à des ouvertures pacifiques. L'Empereur Alexandre supportait avec un grand calme les rudes épreuves dues en partie aux assurances données trop à la légère par le Général Ignatieff qu'il suffirait d'une promenade militaire au delà du Danube pour dicter les conditions d'un arrangement acceptable.

L'empereur Guillaume critique vivement le plan de campagne de la Russie, et entre autres l'expédition du Général Gurko sur les Balkans. Pour s'engager à de telles distances, il eut fallu disposer de forces bien plus considérables. Maintenant les renforts sont acheminés; mais ils n'arriveront au grand complet en Bulgarie que vers le 20 septembre, et un certain temps s'écoulera encore avant qu'ils soient distribués sur les différents points. En attendant la mauvaise saison dans ce pays s'avance à pas rapids, avec tout le cortège des maladies et des privations.

A l'Etat major général, on se prononce plus sévèrement encore. On ne croit presque plus à des chances de succès pour cette année. Si les troupes du Tsar ne réussissent pas à vaincre bientòt leur adversaire en bataille rangée, il leur sera difficile de s'hiverner au nord des Balkans, surtout n'ayant pas réussi, en dehors de Nikopole, à s'emparer de quelques places fortes sur la rive droite du Danube pour assurer les communications.

Ces critiques n'empéchent nullement, lors méme que les sympathies de l'Empereur Guillaume pour la cause russe ne soient pas entièrement partagées par l'opinion publique de son pays, que l'Allemagne, par raison d'Etat, ne con

tinue à accorder son appui moral à la Russie. Le Cabinet de Berlin acquiert pour autant de nouveaux titres à son amitié, et si cette Puissance devait oublier un jour les services rendus, son inimitié perdrait de son caractère trop nuisible, car après une longue lutte contre les Tures, il faudrait laisser passer plusieurs années avant qu'elle soit à meme de faire nouvellement appel à toutes les forces de la nation. En d'autres termes, elle ne pourra pas de si tòt entrer dans une coalition contre l'Allemagne.

(l) Cfr. n. 41.

59

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1889. Berlino, 3 settembre 1877 (per. l'8).

J'apprends par M. de Biilow que M. de Keudell a fait visite au Prince de Bismarck à Gastein. J'ignore si l'Ambassadeur se sera prévalu de la rencontre pour appuyer de vive voi le rapport qu'il assure avoir transmis à Berlin au sujet d'agrandissements territoriaux de l'Autriche dans la Turquie d'Europe.

D'après le langage qui m'a été tenu par le Secrétaire d'Etat (l) le 26 aout échu, et dont j'ai rendu compte par mon rapport n. 1886, je me suis abstenu de faire une interpellation quelconque. Nous n'avons d'o,reiller de sécurité que dans un ajournement de la question (pièce chiffrée annexée à la dépéche de V. E. n. 540 du 27 du méme mois) (2), ou dans des victoires définitives de la Turquie. Ce sont là des garanties assez douteuses. Après avoir fait ici et à Londres, et sans succès, tout ce qui dépendait de nous pour prévenir une éventualité si dommageable à nos intéréts, il parait ne nous rester que de choisir le moment opportun pour nous expliquer directement à Vienne et formuler au besoin nos réserves.

M. de Btilow n'a fait aucune allusion à un projet d'entrevue du Comte Andrassy avec le Prince de Bismarck durant le séjour de Son Altesse à Gastein, ou à Salisbourg à l'époque de son retour en Allemagne selon la marche des événements sur le théàtre de la guerre. Mais on ne doute pas ici que cette entrevue aura lieu.

Le Marquis d'Abzac, aide de camp du Président de la République française, a été reçu par l'Empereur. Ce général était de passage à Berlin pour se rendre en Silésie auprès de sa belle mère. Il n'avait pas de mission politique. C'est ce qui m'est assuré de différents còtés. Au reste dans cette direction, nos rapports avec l'Allemagne ne sauraient nous inspirer aucune défiance. Soit dit en passant. M. d'Abzac abonde personnellement en témoignages de courtoisie à cette Cour; il parait vouloir préparer sa candidature au poste d'Ambassadeur, quand la succession du Vicomte de Gontaut Biron sera ouverte.

(l) -Cfr. n. 44. (2) -Cfr. n. 47.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 602. Parigi, 4 settembre 1877, ore 11,20 (per. ore 13,01).

Thiers a succombé hier soi:r à Saint Germain en Laye à un attaque d'apoplésie, mais la nouvelle de sa mort ne s'est répandue à Paris qu'aujourd'hui dans la matinée. Dang leg circongtances actuelles, les conséquences de cet événement peuvent etre considérables. Cependant, le parti républicain parait vouloir s'entendre sans délai pour opposer désormais M. Grevy au maréchal MacMahon.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 233. Roma, 4 settembre 1877.

Ho ricevuto successivamente i rapporti che V. E. mi ha indirizzato in data del 27 e del 28 agosto relativamente ai richiami dei viaggiatori inglesi in Italia (1).

Il giorno 30 dello stesso mese, l'E. V. mi aveva telegrafato (2) che Le erano pervenuti i due dispacci che in data del 28 (3) io Le aveva spedito per essere consegnato in copia a Lord Derby.

Non indugiai un istante a rispondere per telegrafo alle precitate comunicazioni di V. E. e Le feci osservare che il mio dispaccio relativo all'affare Rainford aveva appunto per iscopo di far intendere a Lord Derby che la censura fatta da Sir A. Paget della sentenza che ha colpito quel cittadino inglese, è tal cosa che, per la sostanza come per la forma, non può ammettersi da nessun Governo. Ho pregato V. E. di volere comunicare quel mio dispaccio al Principale Segretario di Stato di S. M. la Regina e di consegnargli, nella stessa occasione, il Rapporto del Console Inglese a Palermo di cui questo Ambasciatore d'Inghilterra mi aveva chiesto la restituzione. Con questo nostro modo di procedere pareva a me che da noi si veniva prendendo una posizione molto corretta la quale però non lasciava dubbio intorno alla nostra intenzione di tenerci in una grande riserva verso un rappresentante estero che ha dimostrato di dimenticare i riguardi dovuti al Governo del Re. Nel tempo stesso noi evitavamo di inasprire una discussione già troppo dispiacevole e di impegnare fors'anche la dignità del Governo nel caso in cui le repliche del Governo Inglese o del suo Rappresentante avessero ecceduto certi limiti.

La lettera di Lord Derby, trasmessami da V. E. col suo rapporto del 28

Agosto, si riferisce più particolarmente all'affare Giles ed alla pubblicazione

dell'avviso relativo ai passaporti fatta nella Gazzetta di Londra dal Foreign

Oflìce.

Ho esaminato attentamente tutto ciò che quella lettera conteneva, ed avendo potuto convincermi che il mio dispaccio, che era già in mano di V. E. e era destinato ad essere rimesso in copia a Lord Derby, rispondeva sufficientemente alle osservazioni di Sua Signoria, io non ho creduto opportuno che V. E. ne ritardasse la comunicazione, poiché, se le ragioni addotte nel precitato mio dispaccio non erano presentate nell'ordine stesso seguito da Lord Derby nella sua lettera, la nostra risposta non riuscirà perciò meno concludente per chiunque, con animo imparziale, voglia rendersi conto della presente controversia. Il mio dispaccio autorizzava V. E. a consegnare a Lord Derby il richiamo presentatole dal Signor Emilio Cerruti e la risposta che Ella aveva fatto a quel R. suddito. La copia di questi documenti essendo per tal guisa quasi un allegato al dispaccio, figurerà certamente nella pubblicazione del Blue-Book, e così sarà raggiunto quello scopo del quale faceva cenno il rapporto di Lei del 27 Agosto senza che da noi, col dare troppo peso agli errori altrui, si cada in quello di cercare la giustificazione degli abusi che succedono in Italia nel fatto che anche in Inghilterra se ne commettono di non meno gravi. Io non crederei infatti che, quando pure ci riuscisse di dimostrare che la polizia inglese è peggiore della nostra, ciò giustificherebbe il nostro Governo di non aver saputo migliorare la sua. Importa inoltre che, citando gli esempii di ciò che è accaduto a cittadini italiani in Inghilterra, da noi non si perda di vista che simili casi non sono da ricordarsi per querelarccne nella stessa guisa che ha fatto l'Ambasciatore inglese con il Governo nostro. Noi citiamo il fatto del Signor Cerruti come quello dal quale riesce dimostrato sino all'evidenza che, in Inghilterra come in Italia, quando un Signore forastiero è stato molestato e maltrattato dagli Agenti della forza pubblica, deve, se vuole averne giustizia, ricorrere all'autorità giudiziaria, e che fra l'Inghilterra e noi corre. a questo riguardo, una sola differenza, ed è questa: che noi rispettiamo la legge inglese e le sue procedure, alle quali gli stranieri non possono sottrarsi, e non cerchiamo di creare degli incidenti diplomatici quando sappiamo che l'autorità amministrativa può soltanto correggere gli equivoci e dichiarare al querelante che l'adito gli è aperto al Tribunale ordinario se vuole aver giustizia.

V. E. accennava pure all'opportunità di citare, in un documento destinato alla pubblicazione in Inghilterra, il doloroso caso del R. Suddito Pellizzone condannato a morte per false denunzie della polizia inglese e salvato per la generosa intervenzione di un cittadino italiano, non senza grave fatica e dispendio.

Benché la base, sulla quale era stato formato il procedimento criminale a carico del Pellizzone, consistesse in erronee denunzie di Agenti di polizia, io credo che questo caso sarebbe piuttosto da annoverarsi fra quei deplorevoli errori giudiziarii che, purtroppo, trovano esempii negli annali della giustizia di tutti i paesi. Non sarei, d'altronde, stato in grado di assicurarmi che gli agenti della polizia inglese avessero agito nell'affare Pellizzone unicamente per errore, né mi sembrava di trovare analogia fra questo affare, in cui un cittadino italiano innocente era stato condannato a pena capitale, e gli incidenti nei quali,

per eccessivo zelo dei nostri carabinieri, alcuni sudditi britannici hanno sofferto la molestia di qualche ora d'arresto. Non sarebbe inoltre stato possibile l'esporre 11 fatto del Pellizzone senza aprire noi stessi, sulla imperfezione della procedura inglese, una di quelle discussioni che non ci sembrano ammessibili, quando gli Agenti britannici pretendono di emettere il loro apprezzamento sulla bontà delle leggi nostre.

Stetti alquanto in forse se non convenisse ricapitolare in un solo documento la storia dei cinque o sei incidenti che diedero motivo di lagnanza, dal 1875 in poi, ad alcuni viaggiatori inglesi per la condotta dei carabinieri a loro riguardo. Prima di quell'anno non si trova negli archivi del Ministero traccia di richiami di questo genere. Mi risolvetti a non dar seguito a questo progetto per varie ragioni.

Ho osservato anzitutto che un carteggio assai abbondante ha avuto luogo per ciascuno di quei casi. Furono assunte informazioni accurate, ordinate ed eseguite inchieste severe, iniziati procedimenti penali e pronunziate sentenze di magistrati ordinari. Tutte le più minute circostanze, che si riferivano alle singole fattispecie, formarono il soggetto di comunicazioni scritte, di cui il Governo inglese ha certamente notizia e nelle quali, dalla parte nostra, furono esposte le cause che attenuavano l'importanza dei fatti riducendoli alle loro vere proporzioni, le disposizioni che l'autorità amministrativa prendeva per impedire che si rinnovassero, l'esito che avevano avuto le richieste ed i procedimenti giudiziarii, insomma tutto ciò che costituiva agli occhi nostri una leale spiegazione dovuta in presenza di richiami che, sebbene non fossero sempre totalmente giustificati, davano origine ad incidenti sinceramente deplorati. Riassumere tutte queste cose in un solo documento non mi parve possibile. Ne sarebbe risultato certamente che circostanze importanti per l'apprezzamento della condotta dei nostri Agenti della forza pubblica e delle nostre autorità non avrebbero potuto essere messe abbastanza in luce e che il giudizio, che se ne sarebbe fatto, non sarebbe riuscito completo.

Era dippiù a temersi che un documento in cui si prendessero di nuovo in esame fatti sui quali sono intervenute spiegazioni sufficienti, pigliasse il carattere di una giustificazione, che noi non intendiamo di fare per uno stato di cose di cui non abbiamo mai disconosciuto gli inconvenienti.

Dappoiché così frequenti sono i casi nei quali occorre di riconoscere che la condotta degli Agenti della forza pubblica è stata eccessiva, bisogna credere che la legge, che dagli Agenti stessi deve essere applicata, permette delle interpretazioni erronee, ed il Governo di Sua Maestà, è, prima di ogni altro, interessato a trovare un rimedio ad uno stato di cose che è causa di così gravi inconvenienti. La difficoltà, però, non è lieve. Si tratta di assicurare la più assoluta libertà di circolazione a vantaggio degli stranieri senza togliere all'autorità di pubblica sicurezza quelle facoltà che le sono indispensabili, non solamente per guarentire l'ordine, ma anche per eseguire lodevolmente le numerose ricerche di malfattori che ci sono domandati in estradizione dall'estero e che, secondo il sistema generalmente in vigore negli Stati del continente, sono da quelle autorità ricercati ed arrestati senza che si richiedano né sovvenzioni pecuniarie, né il concorso di agenti privati assoldati da altri. Se per noi è doveroso il favorire in tutti i modi la libertà di viaggiare nel nostro paese a quel numerosi stranieri che vi dimorano, o vi vengono a diporto, è una stretta obbligazione giuridica l'eseguire gl'impegni assunti nelle convenzioni di estradizione e questi impegni non potremmo certamente mantenere se inscrivessimo nei regolamenti della nostra polizia un'immunità assoluta che permettesse, a chi si dice straniero, di ricusarsi a dare contezza di sé. Tuttavia, malgrado la grave difficoltà che si tratta di vincere, questo problema è stato seriamente esaminato dai Dicasteri nostri competenti. La Circolare del Ministero dell'Interno del 1875 era l'effetto di un primo studio di questa materia. Le prescrizioni di quella circolare non essendo risultate sufficienti, il mio Onorevole Collega per gli Affari Interni ha ordinato che si prendessero di nuovo in esame le disposizioni della legge di pubblica sicurezza relative all'accertamento dell'identit~ personale degli sconosciuti, in relazione con le altre disposizioni che hanno soppresso l'obbligo dei passaporti, ossia abolito tutto quel sistema di misure, in parte fiscali, ed in parte di polizia, che sottoponevano altre volte la circolazione degli stranieri ad una permanente sorveglianza ed a disturbi di ogni maniera. Poiché, ed è questo un punto sul quale giova insistere, la abolizione dei passaporti consiste appunto nella soppressione di tutto un complesso di provvedimenti che costituiva una continua ed inutile vessazione per gli stranieri, ma non può avere per effetto di togliere all'autorità il diritto di riconoscere l'identità personale anche di coloro che si dicono stranieri.

Sopra un ultimo punto conviene ch'io intrattenga V. E.

Nei vari rapporti ch'Ella mi ha indirizzato in questi ultimi tempi circa la discussione nata fra il Governo Inglese ed il nostro in seguito ai richiami di alcuni cittadini britannici, giustamente Ella mi ha fatto osservare che i documenti relativi a questa discussione saranno pubblicati nei blue book e serviranno così di base ai dibattimenti parlamentari. Dal canto nostro, non possiamo desiderare fuorché una larga pubblicità, la quale abbia per conseguenza di mettere in luce i veri termini della questione. La stampa italiana non meno dell'inglese, si è impadronita di questo affare. I giudizi, che ne furono recati, mancarono quasi sempre di esattezza perché i fatti non erano ben conosciuti in tutte le loro particolarità. Alcuni documenti, relativi alle inchieste amministrative eseguite, servirono bensì per rispondere alle rimostranze del Rappresentante inglese, ma non furono al medesimo comunicati in copia. Nello scopo pertanto di dare la pubblicità più completa a tutto ciò che si riferisce a questa spiacevole discussione, io mi propongo di predisporre la pubblicazione di tutti i documenti che possono giovare per illuminare l'opinione pubblica. Siffatta pubblicazione potendo aver luogo presso di noi al momento della riapertura del Parlamento, cioè in Novembre, io credo che a quell'epoca le camere inglesi non avranno ancora avuto l'occasione di esaminare la questione, ed io sarei ben lieto che la discussione potesse rimaner chiusa fra i due Governi con la comunicazione che V. E. avrà fatto a quest'ora a Lord Derby dei miei due dispacci del 28 agosto. Ritengo infatti che delle repliche ulteriori, sopra questo argomento non avrebbero effetto utile e produrrebbero forse un'impressione sfavorevole per quei buoni rapporti che hanno esistito finora, non solo fra i due Governi, ma anche fra le due nazioni, rapporti che, dal canto nostro, abbiamo sempre procurato di rendere più amichevoli e più intimi.

(l) -Cfr. n. 50; il rapporto del 27 non è pubblicato. (2) -Non pubbllcato. (3) -Cfr. n. 48, In realtà del 27 agosto.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 842. Terapia, 4 settembre 1877 (per. l'11).

Il Ministro degli Affari Esteri m'esprimeva ieri gravi inquietudini riguardo alla Serbia, affermando che le ultime notizie non lasciavano guarì alcun dubbio sulla prossima partecipazione di essa alla guera. Egli pronunziava severe parole riguardo alla condotta di quel Governo vreso H quale la Sublime Porta aveva dimostrato tanta indulgenza nell'occasione della conclusione della pace. Però aggiungeva essere persuaso che il Governo disponeva in ogni caso di forze sufficienti per mettere all'ordine quel vassallo incorreggibile. S. E. toccava eziandio delle cose del Montenegro, allegando che quei montanari erano stanchi di guerra, né continuerebbero la lotta se non vi fossero spinti dalla Russia.

Senonché più gravi inquietudini esprimeva Server Pacha riguardo alla condotta della Grecia. Le bande comparse nella Tessaglia invero, diceva egli, erano state quasi tutte disperse dalle truppe Imperiali, ma il Governo Ellenico continuava ad acquistare armi, ad arruolare soldati, e prepararsi alla guerra. Contro quale Potenza erano diretti quei preparativi? Di questo soggetto S. E. intratteneva parimenti in giornata l'Ambasciatore Germanico cui esprimeva il desiderio il suo Governo interponesse officii presso quello di Grecia affine di consigliargli la pace. A queste parole rispondeva il Principe di Reuss le popolazioni della Germania non prendere che un interesse indiretto nella questione d'Oriente; se esse fossero consultate sull'opportunità di fornire dei mezzi per prendervi parte non una voce si dichiarerebbe in favore; il Governo era obbligato di prendere in considerazione le disposizioni di quelle, ed era quindi ben deciso a mantenersi in una scrupolosa neutralità tra le parti contendenti. Aggiungeva Sua Altezza il Governo Imperiale avere del resto per uso di non far intendere la sua voce se non quando era deciso ad appoggiarla coi fatti; esso quindi si asterrebbe nel presente caso d'esprimere alcun avviso. Di queste inquietudini Server Pacha faceva eziandio parola al Ministro di Grecia, domandandogli quali veramente fossero gli intendimenti del suo Governo. Il Signor Coundouriotis rispondeva non credere che esso avesse pel momento l'intenzione di prender parte alla guerra. Cui S. E. replicava «se non è pel momento, sarà

dunque per l'avvenire». Ed il Ministro di Grecia soggiungeva se tale era la persuasione del Governo Ottomano, perché non preveniva esso quei pericoli attaccando senz'altro la Grecia? Cui S. E. rispondeva: «Non siamo sì folli». I quali colloqui naturalmente m'erano riferiti in modo eminentemente riservato dai rispettivi interlocutori.

Degli officii fatti dal Governo Britannico ad Atene l'E. V. sarà esattamente ragguagliata da altre parti. Quest'Ambasciatore vi prese sempre viva parte, sia dando consigli di pace al suo Collega di Grecia ed ai Greci qui residenti, sia facendo calde istanze presso il Ministro Inglese ad Atene. Però dubito il suo linguaggio alla Sublime Porta sia sempre diretto ad ispirare piena confidenza nelle intenzioni di quel Governo.

Queste nubi minacciose amareggiano considerevolmente la soddisfazione che questi governanti proverebbero per le recenti vittorie, ed ispirano ai più ragionevoli il desiderio di pace. M'è infatti riferito da fonte attendibile che la parola di pace fu ripetutamente proferita al pranzo che la Maestà del Sultano dava testé all'Ambasciatore d'Inghilterra. E se le mie informazioni sono esatte, Sua Maestà avrebbe anzi espresso al Signor Layard il desiderio che il suo Governo trovasse modo d'intavolare trattative in quel senso, intendendosi tuttavia che esse avessero ad effettuarsi in seguito alla presa di Schipka. Né è difficile di comprendere che quella sarebbe veramente una posizione vantaggiosissima da parte della Turchia per aprire negoziati di pace. Però lasciò all'E. V. di giudicare se siffatte aspirazioni possano avere alcun valore pratico.

E di qual pace intenderebbero parlare questi Statisti? Da persona che avvicina assai il Sovrano m'è riferito ch'Esso sarebbe disposto a trattare sulla base del Protocollo di Londra. Sua Maestà aveva invero parlato d'indennità; ma l'interlocutore osservava la storia dimostrare che le indennità di guerra erano reclamate solo quando la parte vincitrice occupava il territorio del nemico, e quelle erano accordate per attenerne l'evacuazione; al qual argomento sembrava assentire Sua Maestà. Senonché seguiranno tra breve altri fatti d'armi al nord dei Balcani, e dal risultato di essi dipenderanno necessariamente le prossime fasi delle complicazioni pendenti.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PARIGI, CIALDINI E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 461. Roma, 5 settembre 1877, ore 22,30.

Le Gouvernement anglais nous recommande la prise en considération en voie d'urgence d'une proposition tendant à faire reconnaitre par les deux Etats belligérants la neutralité parfaite du canal de Bulina qui devrait etre interdit, pendant toute la durée de la guerre à tout navire ou barque quelconque, à l'exception des bateaux appartenant à la commission du Danube. Celle-ci rentrerait aussitòt en possession du canal et ferait faire les travaux de déblaiement nécessaires dont les frais seraient mis à compte des dommages très serieux et très réels que peut causer la prolongation du barrage fait par les russes, d'autre part nous nous demandons qui fera respecter la neutralité du canal, si elle venait à etre enfreinte. La seule manière pour les russes de garantir leurs communications à travers le fleuve contre une surprise de la flotte ottomane consiste nécessairement dans les obstructions qui empechent la navigation du fleuve. Que pourrait l'Europe offrir en échange qui donnàt à l'armée russe la meme garantie?

Je désire que vous entreteniez de ce sujet aussi délicat qu'important le ministre des affaires étrangères et que vous me fassiez parvenir par le télégraphe les résultats de votre entretien. Vous ne mettrez en avant les réflexions que nous suggère la proposition anglaise que comme si elles venaient de vous mème, et seulement dans le cas où ceci serait nécessaire pour amener le ministre des affaires étrangères à émettre lui mème une opinion à ce sujet.

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IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CRISPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS

(ACS, Carte Crispi) (l)

L. P. Parigi, 5 settembre 1877.

Il 2 corrente ti spedii una mia ufiiciale (2), aUa quale dà seguito, anzi complemento l'acclusa. L'ho scritta in modo che tu volendo potrai, dopo averne preso copia, consegnarla al Ministro degli affari esteri.

Lasciamo da parte le pastoie ufficiali e ragioniamo da vecchi amici e patrioti.

Ho visto i principali uomini politici del paese, tra cui il Gambetta, col quale sono rimasto lungamente, ed il 3 corrente fui a pranzo. Ho potuto quindi farmi un'esatta opinione delle cose francesi e saperne, per quanto è possibile, le intenzioni.

La Francia traversa una terribile crisi, di cui è di!Iicile prevedere la fine. Il Governo attuale rappresenta una impercettibile minoranza, ma è ispirato da un comitato bonapartista audace e senza scrupoli ed ha nel suo seno un pajo d'individui anch'essi audaci e senza scrupoli.

I repubblicani si dicono sicuri della vittoria nelle prossime elezioni generali, e mi espressero la stessa opinione, due giorni fa, alcuni conservatori, i quali, mi dichiararono francamente: nous serons battus. Dubito, che coteste convinzioni si mantengano dopo la morte avvenuta ier l'altro del Signor Thiers,

o per lo meno dubito che l'importanza della vittoria possa essere tale quale si prevedeva prima di cotesta morte fatale. Ma avvenga pure la sconfitta del Governo, che ne verrà alla riunione delle Camere?

Il signor Thiers mi diceva nella nostra conferenza del 1 o corrente (3) che dopo quella riunione, Ministri e Presidente della Repubblica si dimetteranno, e che le due Camere allora, raccolte in Congresso nazionale, nomineranno un nuovo Presidente. Gambetta precedentemente mi aveva detta la stessa cosa.

Avverrà Io stesso ora che, morto il Thiers, è mancato il candidato, nel quale avevano piena fiducia i conservatori, i quali avevano accettato la repubblica? I repubblicani rispondono di sì, ed a leggere i giornali ne dedurrei, che dopo la perdita gravissima dal paese patita, tutto procederà regolarmente e secondo i loro desideri. Lo auguro, ma la mia fede è molto scossa.

E se ministri e presidente non si dimetteranno? I repubblicani dichiarano che non voteranno i bilanci.

E se il Governo farà un colpo di Stato? Thiers non lo temeva, e perché l'esercito non si presterebbe e perché Mac-Mahon non n'è capace per povertà d'ingegno e di mezzi personali. Gambetta soggiunge che, in caso di un colpo di Stato l'Esercito si scinderebbe in due e vi potrà essere la guerra civile.

Comunque sia e qualunque possano essere gli avvenimenti consideriamo questi dal punto di vista italiano.

I repubblicani ed i reazionari affermano che vogliono essere amici con l'Italia, e che nulla tenteranno contro di lei. Credo ai primi, dubito dei secondi.

Dubito dei secondi perché il Comitato ispiratore dell'Eliseo è clericale, e il loro organo è il Figaro, che ha tanto insultato il nostro paese e il nostro Re. *Un governo non poteva cadere più in basso, facendosi rappresentare da un giornale così spudorato e senza coscienza* Cl).

Non dirò che domani ci farebbero la guerra, perché tutti, senza eccezione, i partiti politici hanno una salutare paura del principe di Bismarck, il quale, essi credono, non ci lascerebbe soli. Certo però ne cercherebbero l'occasione, e coglierebbero il menomo pretesto per attaccar brighe con noi.

E vedi quel che m'è avvenuto di constatare: in tutte le classi del paese si è fatta radicare l'opinione che l'Italia vuole fare la guerra alla Francia. L'ho combattuta questa opinione in quanto me l'hanno manifestata, ma ho dovuto riflettere che coloro che sono stati i primi a divulgarla hanno avuto in animo di prepararsi il motivo presso questo popolo, di poter legittimare la guerra nel caso che un giorno essi ci attaccassero. Il certo però è questo, che i Francesi continuano i loro armamenti, e che tutti gli stabilimenti privati fabbricano armi d'ogni genere per questo Ministero della Guerra. Pensiamo dunque ai casi nostri, e teniamoci pronti a tutte le eventualità.

Rispondimi a Londra a mezzo dell'Ambasciata, se non altro perché io sia sicuro che ti siano giunte le mie lettere.

(l) -Ed. in F. CRISPI, Politica estera, cit.• pp. 13-15. (2) -Non rinvenuto l'originale, edita in F. CRISPI, Politica estera, cit., pp. 10-12. (3) -In CRISPI, «del 31 agosto». Il colloquio avvenne effettivamente il 31 agosto, come risulta dal n. 79.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 538/189. Londra, 6 settembre 1877 (per. il 10).

Essendomi recato ieri al «Foreign Office » per fare al Conte di Derby la comunicazione che V. E. mi prescrive col suo telegramma del 3 corrente (2), dei di lei dispacci del 28 agosto scorso (serie politica n. 226 e 227) (3) non incontrai il Nobile Lord e mi fu detto dal Sottosegretario di Stato, che egli si era preso un congedo di una quindicina di giorni e non sarebbe prima ritornato in

Londra a meno di circostanze straordinarie che non sembrano per ora probabili. Epperciò aspetterò il ritorno del Conte di Derby amenoché V. E. creda che si possa fare al Sottosegretario di Stato la comunicazione di cui si tratta.

Interpretando il telegramma di V. E. non stimerei che occorresse accompagnarla da veruna nota imperocché in essa si dovrebbero rilevare le incongruenze di fatto e di linguaggio del rappresentante del Governo della Regina, ciò d'altronde fu già fatto da V. E. nei propri dispacci.

Se precedentemente io avevo insistito perché si esponesse a Lord Derby in modo conveniente e misurato, ma ad un tempo fermo e logico quanto dannoso sia alle buone relazioni internazionali il sistema di indebita ingerenza nella amministrazione della giustizia di altri paesi seguito da Sir Augustus Paget, non era certamente per voglia di intraprendere una polemica circa il migliore ordinamento della Polzia e della Giustizia in Inghilterra od in Italia. Io mi proponevo con ciò di dimostrare che le pretese ed il diritto di censura inalberato in parecchie circostanze dai rappresentanti Britannici potevano pure essere a titolo di reciprocità rivolti contro l'amministrazione inglese la quale anch'essa ha le sue piaghe per cui il meglio era di attenersi ad una mutua tolleranza anziché trascendere in esigenze inaccettabili e contrarie alla dignità ed alla indipendenza di una nazione civile.

Né creda la E. V. che ciò sarebbe stato male accolto da questi Ministri, anzi avrebbe prestato loro un'arma per respingere le incessanti molestie a cui vanno soggetti per i continui reclami di sudditi Britannici che credono di avere diritto di essere in tutto e dappertutto all'Estero sorretti nelle loro pretese dai rappresentanti del Regno Unito.

La nota che nell'anno addietro io consegnai a Lord Derby per l'affare del noto « Mercer » nella quale io respingeva assai vivamente la indebita ingerenza diplomatica nelle cose di nostra amministrazione giudiziaria, servì appunto al Ministro dell'Interno per rispondere alla interpellanza che gli fu fatta in proposito al « Mercer » nella Camera dei Comuni. Dopo di allora malgrado le lettere e le ingiurie del «Mercer » l'affare fu definitivamente sepolto in Parlamento.

Nel progetto di lettera a Lord Derby annesso al mio rapporto del l o agosto scorso (serie politica n. 169) (l) io ricordava la osservazione di uno scrittore inglese molto autorevole a proposito delle pretese di viaggiatori suoi connazionali all'estero, egli diceva: "I am afraid our ministers bave good deal to bear from some of the latter class (travellers) who forget, or do not know that the moment they set their foot on the shore of a foreign country they are amenable to bis laws, and must respect its customs and prejudices ". (How we are governed, by Albany de Fonblanque, 12th edition 1872, p. 91).

Ebbene questa opinione è oramai divisa dagli uomini più distinti ed autorevoli dell'Inghilterra, i quali ben scorgono quanti nemici abbia suscitato contro il loro paese il sistema magnificato più specialmente da Lord Palmerston, di solleticare l'orgoglio e di sostenere le infondate esigenze dei suoi connazionali.

Di quello spirito che tuttora regna fra gli agenti Inglesi ne abbiamo una recente prova nel fatto participatomi dalla E. V. con suo dispaccio del 31 agosto

scorso (commerciale n. 123) (l) del Console Inglese a Palermo che si fa giudice di alte questioni di diritto delle genti, con un linguaggio irriverente verso il nostro Governo.

Parecchie persone onorevolissime espressero già il loro rincrescimento per la notificazione del «Foreign Office » relativa ai passaporti e trovano assai ridicolo che si meni tanto rumore perché il Reverendo William Giles correndo all'avventura in un paese ripieno di gente sospetta abbia dovuto passare una notte in una sala di disciplina.

Io so d'altra parte che se la questione sarà recata in Parlamento, vi sono dei membri della Camera dei Comuni ben disposti a pigliare la parola non contro di noi, ma per portare l'attenzione del Governo sull'ordinamento del servizio di polizia del Regno Unito, e perché si smetta un sistema che nuoce alle buone relazioni che l'Inghilterra sente di avere bisogno di conservare coi Governi Esteri.

Ho creduto di dovere esporre queste cose non per ritornare sulle mie precedenti proposte, ma per meglio spiegare le ragioni che m'indussero a sottoporle a V. E.

Ora non vi insisto più ed aspetto il ritorno del Conte di Derby per fargli la comunicazione accennata nel precitato telegramma dell'E. V. desiderando che metta fine a questa vertenza.

(l) -La frase fra asterischi non è edita in CRISPI. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 48, in realtà del 27 agosto; il d. n. 227 non è pubblicato.

(l) Cfr. n. 2.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 613. Berlino, 7 settembre 1877, ore 17 (per. ore 19,18).

Ce n'est qu'aujourd'hui que le chargé d'affaires britannique a remis ici la copie du document relatif à la proposition anglaise touchant le canal de Sulina, ainsi que Blilov vient de me le dire, S. E. reconnait les graves dommages d'un barrage prolongé, mais cela rentre dans les conséquences de la guerre et d'ailleurs aucune clause des traités ne fournit un argument explicite pour la neutralité parfaite. En outre le Gouvernement russe s'est engagé à faire rétablir, après la cessation des hostilités le passage à ses dépens, dans le statu quo ante bellum.

Néanmoins, avant d'émettre une opinion, le Cabinet allemand désire prendre de nouvelles informations auprès du principal intéressé, le Gouvernement autrichien. Le Cabinet prussien tiendrait beaucoup à connaitre aussi préalablement l'avis des autres Cabinets.

La mort de M. Thiers a produit aussi ici, où il était tenu en haute estime, une profonde impression. «Si le maréchal, me disait M. Btilow, sait faire preuve de tact et d'esprit politique et se mettre sans délai à l'oeuvre, pour amener un certain apaisement entre les partis, sinon les choses n'iront que plus mal pour les conditions intérieures et étrangères de la France. »

(l) Non pubblicato.

67

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 611. Vienna, 7 settembre 1877, ore 17,15 (per. ore 18,30).

Je viens de voir le comte Andrassy. La proposition anglaise s'est croisée avec une démarche qu'il avait faite à Saint Pétersbourg pour obtenir de la Russie le consentement du déblaiement du canal de Sulina, faisant comprendre que la Russie pourrait obtenir le méme résultat avec des torpilles, vu qu'elle possède maintenant les deux rives. Si leCabinet de Saint Pétersbourg n'acceptait pas cette proposition, il verrait alors s'il convient de s'associer à la proposition anglaise, et le ferait peut-étre, quoiqu'il ne croit pas qu'elle ait plus de chance d'étre acceptée par les belligérants, et qu'il y voit à peu près les inconvénients qu'y trouve V. E. et que je n'ai pas eu le temps de lui développer, car il me les a développés lui tout le premier. J'aurai encore beaucoup d'autres choses à dire a V. E. sur ma conversation avec Andrassy qui a duré une heure et demie; je le ferai en partie par la poste et par une prochaine occasion.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 441. Roma, 8 settembre 1877.

Considerazioni d'ordine tecnico relative alla difficoltà di ristabilire la navigazione nel braccio di Sulina se lo sbarramento fattovi dai Russi dovesse essere lungamente mantenuto, indussero in questi ultimi giorni due dei Governi principalmente interessati a fare degli officii tendenti a porre un pronto rimedio a simile stato di cose.

Il Gabinetto di Vienna si è indirizzato il 31 agosto a quello di Pietroburgo e dopo di avere esposto i motivi che l'inducevano a prendere in considerazione le gravi difficoltà che s'incontrerebbero più tardi a ristabilire il Canale di Sulina in condizioni da poter soddisfare ai bisogni della libera navigazione, ha domandato al Governo russo che la Commissione europea sia autorizzata a intraprendere subito i lavori per togliere lo sbarramento. Il Gabinetto di Vienna nella sua nota alla Russia emette l'avviso che da ciò non potrebbe più essere compromessa la sicurezza delle comunicazioni dell'esercito imperiale, forse volendo accennare che l'effetto ottenuto con la chiusura del Canale di Sulina potrebbe essere egualmente conseguito mediante le torpedini.

Il Gabinetto di Londra ha invece dal canto suo fatto officii presso gli altri Governi neutri perché venga presa in considerazione una proposta per effetto della quale si chiederebbe alle due potenze belligeranti di riconoscere la neutralità del canale di Sulina, neutralità la quale avrebbe per conseguenza di interdire la navigazione di quel canale a q·.:alunque nave o imbarcazione, eccezione fatta soltanto per quelle appartenenti alla Commissione danubiana. Quest'ultima sarebbe quindi subito incaricata di far ristabilire il fondo del Canale nelle condizioni di prima ed il costo delle opere sarebbe messo a carico del Governo russo.

Non istarò a dire quali obiezioni ci si affacciano trattandosi di raccomandare un progetto per il quale le parti belligeranti potrebbero domandare l'effettiva guarentigia delle potenze neutrali. Credo che queste obbiezioni si siano presentate allo spirito di tutti coloro che furono chiamati a prendere in considerazione la proposta inglese. Siccome però gli officii fatti dall'Austria a Pietroburgo sembra abbiano avuto una priorità di data, così io ritengo che generalmente si vorrà aspettare di conoscere la risposta che ai medesimi sarà stata fatta, prima di prendere gli impegni di una incontestabile gravità che risulterebbero dalla proposizione del Governo britannico.

Questo dispaccio ha per iscopo di informare confidenzialmente la S. V. di uno stato di cose intorno al quale potrebbe occorrere al R. Governo di doverLe fra alcuni giorni impartire istruzioni telegrafiche.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1891. Berlino, 8 settembre 1877 (per. l'11).

Ainsi que je l'ai télégraphié à V. E. (l), la mort de M. Thiers a produit en Allemagne aussi une profonde impression. J'ai pu m'en rendre compte non seulement par la lecture des journaux les plus marquants, mais aussi par les appréciations qui m'ont été faites par M. de Biilow sur ce fatai événement. En voici la substance.

L'ancien Président de la République était ténu ici en haute estime. On rendait pleine justice à ses qualités éminentes d'homme d'Etat et de patriote. Comme négociateur de la paix à Versailles, il avait su inspirer une juste confiance. La rapidité avec laquelle il a relevé son pays d'une guerre désastreuse, suivie d'une insurrection de la pire espèce et qui menaçait de tout submerger, assigne à M. Thiers une grande piace dans l'histoire. Sa connaissance des hommes et des choses, son expérience consommée en faisaient un personnage des plus importants. Dès lors sa disparition de Ia scène laisse un vide qu'il sera très difficile de combler, surtout dans des circonstances, où la France traverse une crise aussi grave. Les conditions de la lutte électorale, se trouvent modifiées, car le parti républicain a perdu son chef et son principal élément modérateur. Le courant qui a porté au pouvoir le Ministère du 16 Mai se renforce. Il appartient au Maréchal Mac Mahon, ajoutait M. de Biilow, de faire preuve de tact et d'esprit politique, en se mettant sans tarder à l'reuvre pour amener quelque apaisement entre les partis, si non les choses n'iront que plus mal pour la situation intérieure et étrangère de la France.

(l) Cfr. n. 66.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 541/191. Londra, 8 settembre 1877 (per. l'11).

Dopo la chiusura del Parlamento, i fatti più spiccanti in questo paese, relativi alla quistione Turco-Russa, sono i discorsi di Lord Granville a Bradford, di Sir Stafford Northcote (Cancelliere dello Scacchiere) a Plymouth, e quello più recente di Lord Derby a Liverpool. Mentre Lord Granville, in un linguaggio molto moderato, tende a dimostrare che l'onore dell'Inghilterra è interessato a fare cessare una guerra in cui le passioni esaltate, da ambe le parti, e specialmente da quella dei Turchi, spingono a tanti terribili eccidii, gli altri due oratori, senza disconoscere quanto siano deplorevoli gli eccessi lamentati, non credono che all'Inghilterra convenga dipartirsi del sistema di neutralità da essa inalberato, finché i suoi interessi non siano compromessi. Lord Derby, anziché sulla quistione Turco-Russa, porta l'attenzione del pubblico sulle condizioni dell'Impero delle Indie che, per effetto della terribile carestia di cui soffre tuttora, richiede i soccorsi e la sollecitudine tutta dell'Inghilterra. Dietro informazioni che ho potuto raccogliere, intorno allo spirito pubblico che domina nel Regno Unito, mi risulta essere l'opinione generale che l'Inghilterra debba fare ogni sforzo per non essere trascinata alla guerra e che non le convenga interporsi fra i due avversarii finché non vi sia probabilità di condurli alla pace. Si può adunque dire che i due Ministri sono retti interpreti del sentimento preponderante. Non è che non si senta vivamente quanto deplorevoli siano le atrocità e le rovine che caratterizzano la guerra Turco-Russa, ma quel sentimento cede davanti agli interessi Britannici e di fronte alle sofferenze delle Indie alle quali preme anzitutto di recare sollievo. Però non si può disconoscere che vi ha una grande preoccupazione circa il resultato finale della lotta attuale e ci vorrà molta abilità per parte di questi

Governanti affinché la posizione dell'Inghilterra emerga egualmente incolume nelle simpatie dei due contendenti.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 731. Vienna, 8 settembre 1877 (per. il 12).

Nel colloquio che ebbi ieri col Conte Andrassy la conversazione essendo caduta sulle relazioni fra l'Austria-Ungheria e l'Italia, S. E. accennò all'entratura stata fatta dall'E. V. sul finir dello scorso giugno a favore del Montenegro minacciato in quei giorni d'estrema rovina dalle armi turche. Il Conte Andrassy cominciò col dire, che senza entrare in una discussione oggi inutile intorno all'opportunità pratica di un'azione in quel momento, egli riconosceva che l'es

sersi anzi tutto il Gabinetto di Roma rivolto a quello di Vienna in quell'occasione, era stato una prova di amichevoli sentimenti da parte nostra verso

9 - Dnrumrnti diplomatici -Serie II -Vol. IX

l'Austria, che egli aveva apprezzati, soggiungeva però tosto dopo <<d'altronde si capisce che non potevate a meno di riconoscere che eravamo i primi interessati in quella faccenda, poiché evidentemente se i Turchi avessero occupato per intero il Montenegro, i Montenegrini non si sarebbero rifugiati in Italia, ma bensì sul suolo austriaco!». Egli dicevami, ciò adunque non poter avergli dato ombra affatto: ma ciò che gli aveva dispiaciuto, e non poteva considerare siccome una prova di buoni sentimenti, da parte nostra, si era, che immediatamente dopo aver fatto a Vienna il passo di cui è caso, il R. Governo

s'était plaint à Pétersbourg que le Cabinet de Vienne avait laissé pendant quelques jours cette démarche sans réponse, et avait demandé à ce Cabinet ce qu'il pensait de ce troid accueil que notre intéret en taveur du Monteneoro avait trouvé à Vienne. Mi mostrai giustamente sorpreso nel sentire queste parole, e senza ritardo risposi: che avevo letto pochi giorni or sono la corrispondenza scambiatasi fra l'E. V. ed il Cavalier Nigra intorno a quest'incidente, e che non avevo trovato traccia ci fossimo lagnati al Gabinetto di Pietroburgo, né che avessimo colà fatto insinuazioni qualsiasi a danno dell'Austria come sembrava emergere da quanto Egli mi diceva. Soggiunsi questa causa di malumore contro di noi riescirmi affatto inaspettata, non avendone mai inteso far cenno, che quindi non poteva rispondergli altro di quanto già gli aveva detto non essendomici preparato rileggendo con special attenzione telegrammi e dispacci, confrontando date ecc.

«Ciò che io vi dico » mi aggiunse allora ancora il Conte, «è indubbiamente esatto poiché fu riferito dal Barone di Giers al generale Langenau, e né l'uno né l'altro sono uomini che aggiungano mai una parola propria a ciò che loro fu detto e devono ripetere.»

Naturalmente io non potei far altro, se non riconfermare essere la mia impressione, che o il Barone di Giers od il Generale Langenau non avevano perfettamente inteso ciò che loro era stato detto, e l'avevano quindi inesattamente ripetuto.

Avendo poi chiesto al Conte perché egli non avesse fatto cenno prima di quest'incidente, egli dissemi, averlo rilevato in modo affatto speciale nel dispaccio al Barone Haymerle, di cui questi aveva avuto istruzione di dar conoscenza all'E. V.; ma che quell'ambasciatore, aveva creduto, per speciali sue considerazioni, più opportuno omettere quel periodo del dispaccio, cosa però, di cui egli l'aveva rimproverato, formando precisamente quel periodo la parte essenzialissima del dispaccio di cui è caso.

L'E. V. giudicherà se sia il caso di rivolgermi un dispaccio su quest'argomento, da cui io possa trar norma del linguaggio che io dovrò tenere al riguardo, la prima volta che avrò occasione d'incontrare il Conte Andrassy, ed anche per dargliene conoscenza in extenso.

A me sembra non ci convenga lasciar cadere la cosa, ciò potendo esser ritenuto siccome un'implicita ricognizione del torto che ci si vorrebbe attribuire in questa faccenda.

Credo poi utile l'aggiungere, che nel corso della conversazione ho avuto campo di svolgere largamente le considerazioni che avevano motivato l'iniziativa presa dal R. Governo in quella circostanza, ed il Conte Andrassy non credette contraddire gli argomenti da me posti innanzi per giustificarla.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. 733. Vienna, 8 settembre 1877 (per. il 12).

Ieri, dopo quattro mesi che io non vedeva più il Conte Andrassy, ebbi seco lui una lunga conversazione. Con speciali rapporti ho l'onore di riferire all'E. V. quanto il Conte mi disse intorno a determinate questioni, devo ora informarla della parte la più importante del nostro colloquio, quella cioè ch'ebbe tratto alle attuali relazioni fra l'Austria-Ungheria e l'Italia. Il ripetere qui tutto ciò che mi fu detto e le mie risposte sarebbemi soverchiamente difficile e d'altronde non avrebbe grande utilità pratica, perché in fondo il Ministro Imperiale per gli Affari Esteri non mi disse cose nuove; i suoi argomenti per provare che il Gabinetto di Vienna ha ragione di diffidare dell'Italia, sono quelli già svoltimi circa un anno fa, press'a poco negli stessi identici termini e quindi le mie risposte non potevano variare gran che da quelle già da me date allora e più tardi anche ripetute. Fatto sta, che il linguaggio tenutomi dal Conte Andrassy fu ben fatto per persuadermi, ove ciò mi fosse stato necessario, che le relazioni fra i due Paesi non hanno sostanzialmente mutato da quel che erano verso il finire dell'anno scorso. Constatai, se vuolsi, un po' più di moderazione nella forma, ma nulla più. Come circa 14 mesi or sono, il Conte Andrassy ripetevami ad ogni istante: «Il vostro Governo colga un'occasione propizia per far intendere al partito, che vorrebbe trascinarlo ad atti inconsiderati, ch'esso è ben deciso a scrupolosamente osservare i trattati esistenti, e che quindi ripudia solennemente ogni tendenza relativa all'annessione all'Italia del Trentina! Quando ciò farà, sarà di nuovo possibile ristabilire fiduciose relazioni seco lui, prima no».

Io non mancai di dirgli che il R. Governo non aveva mai tralasciato, né colle parole né cogli atti, di dimostrare la lealtà dei suoi intendimenti; che in quanto a fare una clamorosa dichiarazione di principi, siccome Egli la desiderebbe, ciò potrebbe essere un rimedio peggiore del male: che ogni paese doveva essere governato a seconda del carattere sociale dei suoi abitanti, non che di infinite altre circostanze particolari ad ogni stato. Che ciò che potrebbe farsi utilmente in uno stato non si poteva praticare con pari successo in un altro: ma il Conte non rinunciava alla sua tesi e ripeteva essere persuaso: che il Re era animato dei migliori sentimenti verso l'Austria; che del pari aveva anche ragione di credere il Governo non dividesse le idee del partito, che non vuole intendere che l'Italia non può più fare la politica del Piemonte; ma che ciò non bastava per impedire all'occorrenza si producesse, in un determinato momento, uno di quei fatti, che sollevando altamente l'opinione pubblica della Monarchia Austro-Angarica, avrebbe potuto produrre conseguenze incalcolabili! A ciò io risposi: che se il R. Governo non credeva forse, in considerazione di gravissimi interessi d'ordine pubblico, andar incontro, in modo così solenne, a tendenze più platoniche che altro, io poteva però rispondergli: essere abbastanza forte per prevenire ed impedire in qualunque modo, si producessero fatti siccome quelli da Lui ritenuti possibili.

Non credo poi dover passare sotto silenzio, che nell'enumerare i gravami contro di noi già altre volte ripetuti, il Conte Andrassy ne aggiungeva uno nuovo, ricordando la seduta della Camera in cui S. E. il Presidente del Consiglio, rispondendo al Deputato Marcora, che lo interpellava intorno all'andamento del processo a cui sottostavano alcuni italiani, detenuti per fatti del Trentina dell'anno scorso, avrebbe detto «ragioni di prudenza non permettergli di entrare in discussione in proposito >> mentre, a suo dire, sarebbe stata quella occasione propizia di fare un'esplicita dichiarazione nel senso suindicato. A ciò io risposi: che io non aveva presenti in quel momento, con sufficiente precisione, le parole di S. E. Depretis, a cui Egli accennava, ma che, per quanto io mi ricordava, esse si riferivano essenzialmente al fatto: che trattandosi di una questione pendente nanti i Tribunali, e visto le circostanze speciali del processo, una prudenza somma gli era imposta, anche pei riguardi internazionali, nello spiegarsi su quell'argomento atteggiamento questo, che niuno poteva a meno di trovare correttissimo. Parvemi che questa mia risposta modificasse alquanto la sua impressione; però non volle convenirne, ed invece ritornò a ribattere, in tesi generale, lo stesso suo chiodo. Dal canto mio, a sostegno della mia tesi, che ad ogni paese conveniva un sistema diverso di Governo, citai l'esempio dell'Ungheria, ove moltissime manifestazioni dell'opinione pubblica, severamente proibite al di qua della Leytha, sono permesse al di là. Ciò lo fece sorridere, ma per combattere la mia argomentazione risposemi: che niuno ignorava che, per quanto clamorose potessero essere le manifestazioni ungheresi, esse non avrebbero mai esercitato influenza di sorta sulle sue decisioni, come ampiamente i fatti il provavano.

La nostra conversazione, sebbene si prolungasse assai, senza che da una parte e dall'altra ci risparmiassimo talvolta una frase un po' pungente, pure nel suo insieme procedette alquanto meglio che le passate nello stesso argomento. Fra le altre cose il Conte Andrassy convenne questa volta essere il linguaggio della stampa austriaca a nostro riguardo altamente riprovevole.

L'impressione da me riportata da quel colloquio, già la manifestai francamente all'E. V. in principio di questo rapporto; ciò non di meno l'intonazione generale di esso mi fa sperare che, se non nascono incidenti impreveduti e se il R. Governo, dal canto suo, si studia di rimuovere, nei limiti consentiti dalla nostra legislazione, i pericoli che potrebbero sorgere da improvvide manifestazioni, si potrà con molta prudenza tirar avanti, senza che la freddezza esistente nelle relazioni fra i due stati abbia a farsi troppo palese ed a produrre quindi complicazioni, che sembrami abbia ad essere nostro interesse assoluto di evitare.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 264. Parigi, 9 settembre 1877 (per. il 12).

Le apprensioni ch'erano state suscitate dagli incidenti precorsi ai funerali del signor Thiers e dalla irritazione degli animi, per buona ventura non si avverarono. La cerimonia funebre fu pacificamente compita, né si ebbero a deplorare provocazioni, disordini o violenze. Cinque discorsi furono pronunciati sulla tomba del signor Thiers dai signor Grevy, Giulio Simon, Vice Ammiraglio Pothuau, De Sacy e Vuitry, questi due ultimi rappresentanti l'Accademia francese e l'Accademia di Scienze e Lettere.

Le truppe erano state consegnate nei loro quartieri durante le esequie; ma il loro intervento non fu necessario in nessun punto, le manifestazioni del popolo essendosi limitate al ripetuto grido di «Viva la Repubblica» che presso al Cimitero del Père Lachaise salutò un ultima volta la spoglia del defunto.

Il Journal otticiel, d'oggi rende conto ne' seguenti termini dell'avvenimento di ieri.

«Le esequie del signor Thiers, antico Presidente della Repubblica, Gran Croce della Legion d'Onore, hanno avuto luogo oggi nella Chiesa di Notre Dame de Lorette. Gli onori erano resi da dieci battaglioni d'infanteria, tre squadroni di cavalleria e due batterie d'artiglieria, sotto il comando del Generale di divisione De Vrauer. Dopo il servizio religioso, il corpo fu diretto verso il cimitero del Père Lachaise ove venne sotterrato.»

Questo laconico cenno in capo della parte non ufficiale del Journal officiel è la sola manifestazione governativa che succeda ai funerali ai quali non intervenne nessun rappresentante né del Presidente della Republica, né del Ministero.

Come già ebbi l'onore d'informarne l'E. V. col telegrafo, intervennero al servizio religioso a Notre Dame de Lorette gli ambasciatori di Russia e di Turchia gli Incaricati d'Affari di Germania, d'Inghilterra, di Svizzera, ecc. V'intervenne pure l'Incaricato di Sua Maestà e S. E. il Presidente della Camera de' Deputati d'Italia Crispi. S. E. il Generale Cialdini, che si trova qui di passaggio, e che erasi pure recato fino alla Chiesa, non potè penetrarvi. Non è immeritevole di nota che non vi furono visti né il Nunzio, né l'Ambasciatore di Spagna benché fosse presente in Parigi, né l'incaricato d'Affari d'Austria, né alcun membro di queste tre missioni. Il presidente della Repubblica è partito oggi nel mattino pel Castello di Grave, ove sarà ricevuto da S. E. il Duca Decazes.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 624. Belgrado, 10 settembre 1877, ore 19,30 (per. ore 22,35).

Le ministre des affaires étrangères à qui j'ai fait la communication indiquén par la dépéche n. 107 (1), m'a fait indirectement entrevoir la possibilité du maintien de la paix. La Serbie déclarerait l'indépendance et en méme temps retirerait ses mesures belliqueuses, si la Porte ne menaçait pas d'attaquer. Malheureusement, il parait impossible de sonder les intentions des Puissances et de savoir si, dans ce cas, elles n'agiraient pas autrement qu'à l'égard de la Roumanie. J'ai l'honneur d'en informer V. E. qui me dira si je dois, de ce qui précède, faire l'objet de conversations ultérieures.

(l) Del 3 settembre, non pubblicato: istruzioni di rinnovare a Ristié le raccomandazioni d! non prender parte alla guerra.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 444. Roma, 10 settembre 1877.

Facendo seguito a precedenti mie comunicazioni, mi pregio di qui riassumerle, per notizia confidenziale dell'E. V., la sostanza di un colloquio che il

R. Agente in Belgrado ebbe recentemente (negli ultimi giorni di agosto) col signor Ristich.

La politica serba si fonda oramai sopra la incrollabile convinzione, eh& si ha a Belgrado, che il successo finale spetterà alle armi russe. Movendo da questa premessa, il Governo principesco è ben risoluto a tutto arrischiare, né giova, di fronte a tale risoluzione, qualsivoglia argomentazione, sia circa i pericoli di una guerra intrapresa contro le regole costituzionali interne e contro le stesse tradizioni storiche del paese, sia circa la improbabilità di ottenere un successo politico con un successo militare. Il Principe Tzertelew è d'altronde, così insistente, che il Governo principesco dovette lagnarsene presso il Quartier generale, ove fu spedito, all'uopo, apposito inviato. Secondo gli accordi preliminari, che già sarebbero intervenuti, la cooperazione militare della Serbia consisterebbe in una mossa sopra Pirot e Sofia. Le istruzioni impartite al Comandante Serbo dal lato opposto, verso la Drina, gli ingiungono di non violare, in qualsiasi ipotesi, il territorio bosniaco.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. CONFIDENZIALE 445. Roma, 10 settembre 1877.

Quando, nella seconda quindicina di luglio, non pareva improbabile una occupazione austriaca in Bosnia, mi era sembrato conveniente di aprire, col Gabinetto di Berlino, uno scambio di considerazioni, dalle quali avesse a risultare come siffatta eventualità, indubbiamente esiziale per i nostri interessi particolari, non fosse neppure tale da doversi riguardare, a Berlino, con occhio indifferente. Qualunque fosse per essere l'effetto dei nostri officii, noi stimavamo debito nostro di nulla lasciare intentato per iscongiurare un pericolo che, agli occhi nostri, appariva grave e minaccioso.

Il Conte de Launay, mi ha diretto, intorno a questo tema assai delicato, quattro rapporti (l) che mi pregio di comunicarle in copia, per informazione confidenziale della E. V. La situazione militare è notevolmente mutata dall'agosto in poi, e il mutamento ebbe per risultato di scemare l'urgenza della questione politica sulla quale non avevamo creduto di dover richiamare la sollecitudine del Governo germanico. Nondimeno, lo stesso stato di cose potendo, quando che sia ripresentarsi, bramo che l'E. V. conosca, a questo proposito, il

pensiero del Gabinetto di Berlino, quale emerge dalle indicazioni che il Conte de Launay potè raccogliere. Soprattutto, poi amerei di udire ciò che V. E. pensi del concetto, sul quale spesso ritorna il Collega di Lei, che cioè ci convenga di avere, intorno a questo scabroso tema, una franca e netta spiegazione con lo stesso Conte Andrassy.

(l) Cfr. Serie II, \'O!. VIII, nn. 637, 676 c 683 c in questo volume n. 32.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 468. Roma, 11 settembre 1877, ore 18,30.

Il parait que les russes ont le projet de s'emparer de Sulina. Quelques ouvrages de défense érigés par les tures à proximité des édifices neutralisés appartenant à la commission pourront, si on ne les abandonne pas étre la cause de la ruine de ces derniers. Le Cabinet, auprès duquel vous étes accrédité, s'est-il préoccupé de cette affaire, a-t-il fait, ou se propose-t-il de faire quelques démarches, afin d'éviter une aussi grosse perte pour les intéréts européens engagés dans les travaux du Danube?

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 443. Roma, 11 settembre 1877.

Fra i rapporti che la S. V. mi ha diretto con gli ultimi corrieri, due hanno fermato particolarmente la mia attenzione. Essi si riferiscono a cose aventi una attinenza diretta con uno dei più gravi interessi ai quali noi avremmo voluto che si provvedesse nella opera della riforma delle provincie ottomane in Europa.

V. S. è stata dal R. Governo incaricata di far prevalere tanto presso la Sublime Porta, quanto presso i Rappresentanti delle Potenze garanti a Costantinopoli la massima per effetto della quale qualunque nuova colonizzazione di popolazioni asiatiche nelle provincie europee della Turchia avrebbe dovuto essere assolutamente interdetta. Con ciò si sarebbe agevolato forse per l'avvenire la risoluzione del problema che presenta la coesistenza pacifica degli abitanti di diversa fede religiosa sullo stesso territorio.

Parve che tutte le Potenze si trovassero d'accordo nell'ammettere i vantaggi che deriverebbero dalla proibizione di formare in Europa nuove colonie di Musulmani asiatici. Ora invece V. S. mi riferisce che al Governo Ottomano si attribuisce il progetto di estirpare i bulgari dai distretti devastati di Eski e Jenizara e di sostitur loro una colonizzazione di Circassi ai quali si darebbe una spece di ordinamento miiltare. Anzi correva voce si potesse in quelle desolate campagne trasportare subito gli emigrati Abasci recentemente tratti dal Caucaso.

Se questo progetto realmente esistesse la Sublime Porta agirebbe in opposizione ad un interesse generale riconosciuto da tutte le Potenze europee.

La guerra con la Russia ha potuto sciogliere la Turchia dai suoi impegni verso quell'Impero. Ma contravvenendo a ciò che da tutti i Governi è stato indicato come una delle condizioni della pacifica coesistenza degli abitanti di diversa religione sullo stesso territorio in Europa, la Sublime Porta non viola certamente nessun patto internazionale formalmente stipulato, ma dimostra vieppiù il poco conto in cui tiene i consigli dei governi amici.

In altro rapporto Ella mi aveva esposto l'effetto che avevano prodotto sull'animo di codesti governanti le vittorie ottenute in Asia ed in Bulgaria. Se questo effetto dovesse essere durevole, noi ne saremmo dolentissimi. Se invece di approfittare della posizione che l'impero ha acquistato in questo momento in faccia all'Europa in conseguenza della vitalità di cui fece prova colle sue qualità militari, per riordinare lo Stato sopra le basi che tante volte furono suggerite dai Gabinetti delle Potenze garanti, la Turchia non si dimostrerà animata che dal desiderio di emanciparsi dall'Europa e crederà possibile di imporre a popolazioni europee un regime fondato sulla stretta osservanza delle leggi sacre dei Musulmani, essa non farà che accrescere in avvenire le difficoltà che la circondano ed alienarsi sempre più l'opinione pubblica degli altri paesi. A proposito degli ultimi passi fatti dai Rappresentanti europei per la inosservanza della Convenzione di Ginevra, la S. V. mi fa osservare essere dubbio l'esito delle rimostranze alle quali anche noi ci siamo associati. La voce delle Potenze ha perduto, Ella mi scrive, grandemente del suo peso a Stamboul. Noi dobbiamo lusingarci, per l'avvenire dell'Impero ottomano e degli interessi che si collegano con la sua esistenza, che la Sublime Porta non vorrà perdurare in una via così pericolosa la quale la condurrebbe a sicura rovina.

Se, come Ella mi scrive, fra i Musulmani esistono persone più prudenti le quali non si illudono sulla situazione futura dell'Impero quando non si sappia trarre profitto dei vantaggi presenti, è da considerarsi che la loro voce possa essere in tempo ascoltata e che la loro autorità prevalga nei consigli della Sublime Porta (l).

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IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CRISPI, A VITTORIO EMANUELE II

(ACS, Carte Crispi) (2)

L. P. Parigi, 11 settembre 1877.

Prima di lasciar Parigi sento il dovere di dar conto a Vostra Maestà della prima parte del mio viaggio, e per lo meno di riferirle le impressioni che io ne porto.

Giunsi in questa città alle 6 pomeridiane del 28 agosto, e ne partirò domani. Vidi il ministro Decazes, ed i principali uomini politici della Franca, dinastici e repubblicani.

Tutti rendono giustizia alla lealtà ed alla grande saggezza di Vostra Maestà, alla bontà ed alla prudenza del nostro popolo. Tutti ritengono gli italiani dotati d'un gran buon senso politico, fortunati di avere un Re il quale ha saputo

comprenderne le tendenze e che, in mezzo a tante difficoltà, li ha mirabilmente condotti a buon porto. Ma in fondo a questo splendido quadro appare un punto nero, sul quale dev'essere richiamata la nostra attenzione.

I francesi diffidano di noi, ed al tempo stesso sospettano che noi diffidiamo di loro.

Diffidano di noi, e più d'uno crede o finge di credere che l'Italia ha l'intenzione di far la guerra alla Francia. Lo stesso signor ministro Decazes non espresse chiaramente siffatta opinione, ma parlò con molto interesse dei nostri armamenti e delle fortificazioni di R.oma, e parve considerare coteste fortificazioni aventi uno scopo anti-francese.

R.agionando col detto signor ministro e con gli altri signori che me ne avean tenuto discorso, dichiarai che l'Italia ha bisogno di pace, e che noi riordinando l'esercito e fortificandoci non abbiamo punto l'intenzione di far la guerra, ma di provvedere ai mezzi di difesa del nostro territorio.

«Il R.e d'Italia» -ho detto e ripetuto -«fedele ai trattati ed agli impegni internazionali, non ha dato né darà mai l'esempio di mancare al dovere suo, ma forte del suo diritto esige solamente che sia rispettato>>.

I francesi sospettano che noi diffidiamo di loro, ed a dileguare i dubbii che credono possano essere nell'animo nostro, si sforzano a testimoniarci la migliore amicizia. Il duca Decazes fu molto esplicito in tale argomento, e mi disse e mi ripetè che nissuno dei partiti politici, i quali possono pretendere al governo della cosa pubblica, commeterebbe la follia di far la guerra all'Italia. Vi sono -egli soggiunse -i partiti estremi i quali oserebbero tentarlo, ma costoro non hanno probabilità di dominio, e poi non avrebbero alcun seguito nel paese.

A quali partiti S. E. accennasse, io non ho bisogno di ricordarlo a Vostra Maestà. Sono pur io dell'opinione del signor ministro, che la Francia in questo momento non li seguirebbe; ma nella storia di questo paese l'ignoto è un mostro del quale dovremo temere, e siccome qui non si può essere sicuri dell'indomani, la prudenza c'impone che pensassimo ai casi nostri.

La Francia subisce una crisi la cui soluzione è ancora incerta. Repubblicani e governativi ciascuno si dice sicuro del fatto proprio e gli uni e gli altri usano i mezzi di cui possono valersi onde riuscire vincitori.

Non mi occuperò dell'ipotesi in cui il successo possa essere dei governativi. Le conseguenze sono prevedibili: Mac-Mahon andrebbe sino al 1880, cioè compirebbe il settennato, col proponimento di chiedere nell'ultimo anno della sua presidenza una revisione della costituzione in senso monarchico. Esaminerò quindi il caso in cui la vittoria toccasse ai repubblicani.

Se i repubblicani vincessero, quale sarebbe il contegno di coloro che furono gli autori dell'atto del 16 maggio? Faranno essi un colpo di Stato? E se lo tentassero e vi riuscissero, chi ne raccoglierebbe i beneficii?

Il gabinetto è composto di orleanisti e bonapartisti, e se tutti cospirano concordi per la distruzione della repubblica, ciascuno dei due partiti lavora pel trionfo della sua prediletta dinastia.

Nel paese però il partito, il quale ha maggiore vitalità dopo il repubblicano è il bonapartista, il quale parimenti è il più audace. Ma poco importa di ciò, e

siccome uno dei due bisogna che soccomba nel caso in cui il colpo di Stato deve esser fatto, il più furbo dei due saprà disfarsi del suo competitore.

Chiunque dei due vinca, e mettiamo che vincendo possa assumere senza contrasti il governo della Francia, dovrà il suo trionfo all'esercito del clero. L'esercito ed il clero -essendo le due forze di cui si sarà valso il vincitore -avranno delle pretenzioni alle quali bisognerà dar soddisfazione.

Quelle che domanda il clero, tutti lo sanno: il ritorno al passato, ed in questo è prima condizione il ristabilimento del potere temporale del papa. L'ese·rcito alla sua volta vorrà rifare con qualche vittorio il prestigio perduto nell'ultima guerra con la Germania.

È facile il comprendere che il terreno che meglio conviene alla reazione, e nel quale essa crede trovar facile successo, è l'Italia nostra.

Cotste mie congetture svanirebbero, qualora la Francia abbandonando le sue male abitudini, giungesse a costituire un regime di libertà, e smettesse per sempre il brutto giuoco delle rivoluzioni e dei colpi di Stato, dai quali nulla può sorgere di stabile e duraturo, la violazione ai tempi nostri non potendo essere buona arte di regno. Noi però dobbiamo regolarci e provvedere come mutamento di governo in Francia non ci trovasse pronti a difendere il trono italiano e l'indipendenza nazionale!

Non nasconderò a Vostra Maestà che i repubblicani ritengono impossibile un colpo di Stato. Essi son d'avviso che a Mac-Mahon mancherebbero l'ingegno ed i mezzi morali per un atto così audace, e che l'esercito non si presterebbe a tanto. Era pur di cotesto avviso il signor Thiers che vidi il 31 agosto, cioè tre giorni prima della sua morte e che mi parlò con molta devozione di Vostra Maestà.

Dopo tutto quello che le ho rassegnato ho adempiuto al mio ufficio. Nei 29 anni di regno, Vostra Maestà ha saputo con la sua intelligenza e col suo coraggio superare difficoltà più gravi di quelle da me prevedute, ed ha saputo evitare pericoli di maggiore entità. Il suo senno, la sua esperienza le suggeriranno quello che converrà fare in previsione degli avvenimenti, intesi i consiglieri responsabili della Corona.

(l) -Edito in L V 24, pp. 183-184. (2) -Ed., con leggere varianti, in F. CRISPI, Politica estera, cit., pp. 17-20.
80

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 629. Parigi, 12 settembre 1877, ore 18,15 (per. ore 19,20).

Le due Decazes a répondu au Gouvernement anglais qu'il était disposè à se rallier à la proposition concernant la neutralité du canal de Sulina. Les autres Puissances y adhèrent de leur còté.

M. Desprez vient de me dire qu'une réponse a été faite dans des termes assez vagues. Il ne m'a rien dit de plus que dans notre précedent entretien (l) au sujet de la garantie de la neutralité.

(l) Cfr. L. 610 del 6 settembre, non pubblicato.

81

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 235. Roma, 12 settembre 1877.

Sono grato assai all'E. V. delle spiegazioni fornitemi con Rapporto del 6 di questo mese, n. 189 (1), intorno ai motivi che la inducevano a pensare che fosse preferibi.le di includere, nella nostra argomentazione circa l'affare Giles e l'atteggiamento assunto dal « Foreign Office P, considerazioni riflettenti le condizioni della polizia inglese e fatti che le si potrebbero imputare. Dal canto mio, ho già svolto, nel dispaccio che diressi a V. E. il 4 di questo mese, n. 233 (2), le ragioni per le quali ci sembrò preferibile di portare la controversia anche sopra a questo campo.

Comprendo, del resto, perfettamente come la E. V. si preoccupi altresì di questo lato del problema e gli attribuisca una notevole rilevanza. Imperocché l'E. V. mostra di dare grandissimo peso a tutto ciò che potrebbe giovarci in occasione di pubblica discussione nel Parlamento Inglese. Senza disconoscere l'importanza di un siffatto scopo, noi crediamo, però, che sopratutto sia debito nostro di porre le cose sotto aspetto chiaro ed imparziale per il momento in cui la nostra Camera sia chiamata a giudicare della moderazione e della opportunità del linguaggio tenuto dalla Cancelleria italiana nella presente emergenza.

Intanto, come jeri ebbi già a telegrafarle (3), Sir A. Paget mi ha scritto un'altra nota, concepita anch'essa in termini abbastanza altieri, nella quale chiede spiegazioni intorno a certe affermazioni che il Procuratore del Re avrebbe enunciato nella sua arringa. L'Ambasciatore Britannico persiste manifestamente in quello stesso ordine di idee che esclude la possibilità di una reciproca intelligenza. Ond'è che anche questa volta preferisco di rispondere mediante dispaccio che Le sarà in breve diretto affinché V. E. voglia darne comunicazione a Lord Derby e per questo appunto Le ho telegrafato pregandola di voler intanto rimettere senza indugio al Sotto Segretario di Stato, essendo assente il Ministro, la copia dei due dispacci ministeriali del 28 agosto.

82

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 160. Roma, 14 settembre 1877.

Dal R. Ambasciato·re in Vienna mi è giunto un Rapporto conf•idenziale ( 4) di cui mi affretto a rimettere copia a V. E. Scorgerà l'E. V. come il Conte Andrassy

riferendosi in una sua recente conversazione col Generale Di Robilant, agli officii che, nel giugno scorso, facemmo a prò del Montenegro, ci accagioni di avere, in certa guisa, denunciato a Pietroburgo in termini di doglianza il freddo accoglimento che quegli officii avevano incontrato presso U Gabinetto AustroUngarico. L'affermazione del Conte Andrassy si fonderebbe sopra ciò che il Signor di Giers ha scritto al Generale Langenau a questo proposito.

V. E. non sarà meno meravigliato di me nello udire di siffatte supposizioni e nello apprendere da qual fonte esse procedano. Il mio carteggio con codesta Ambasciata recisamente le esclude. Né è d'uopo che io ricordi a V. E. quanto sia stato corretto, in quella circostanza, il nostro procedere. Mentre pigliavamo l'iniziativa di una azione diplomatica la quale avrebbe potuto avere per effetto di allontanare dalla lotta un alleato della Russia, era naturale che un sentimento di delicatezza ci sconsigliasse di porgere notizia dei nostri officii al Gabinetto di Pietroburgo. A ciò si limitarono le comunicazioni che scambiammo con codesto Governo, né fu mai animo nostro dolerci di tepidezza dimostrata dal Governo di Vienna. È vero bensì che in questa stessa contingenza cui allude il Conte Andrassy ci accade di muovere doglianze; però queste non furono punto rivolte al Gabinetto di Pietroburgo, sebbene allo stesso Gabinetto di Vienna. E ciò fu quando, d'ordine del suo Governo, venne da me l'Ambasciatore Austro-Ungarico significandomi, pochi giorni dopo che l'Austria aveva ricusato di associare a Costantinopoli la sua azione alla nostra per un interesse umanitario, come il Gabinetto di Vienna si fosse adoperato da solo presso la Sublime Porta ed avesse trovato da parte di quest'ultima, disposizioni di cui il Conte Zichy erasi mostrato soddisfatto.

La prego ad ogni modo, Signor Ambasciatore, di manifestare al Signor de Giers la sorpresa e il rincrescimento che abbiamo provato nel risapere che le nostre dichiarazioni ispirate da schietta e disinteressata amicizia, abbiano potuto, per la via di Pietroburgo, giungere a Vienna in termini tali che ne mutano e travisano interamente il carattere e lo scopo.

(l) -Cfr. n. 65. (2) -Cfr. n. 61. (3) -Non pubblicato. (4) -Cfr. n. 71.
83

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 449. Roma, 14 settembre 1877.

Mi fu cagione di non lieve meraviglia ciò che V. E. mi ha riferito col Rapporto dell'B di questo mese, n. 731 (1).

Il mio carteggio, così con codesta Ambasciata, come l'Ambasciata di Sua Maestà a Pietroburgo, esclude recisamente la supposizione che il Governo del Re abbia, in certa guisa, denunciato al Governo Imperiale di Russia il freddo

accoglimento che, nel giugno scorso, ebbero a Vienna gli officii nostri a favore del Montenegro. Mentre pigliavamo l'iniziativa di un'azione diplomatica la quale avrebbe potuto aver per effetto di allontanare dalla lotta un alleato della Russia, era naturale che un sentimento di lealtà e di delicatezza ci consigliasse di porgere notizia dei nostri officii al Gabinetto di Pietroburgo. A ciò si limitarono le comunicazioni che in quella contingenza scambiammo, col governo Russo, né mai fu animo nostro dolerci di tepidezza dimostrata dal Gabinetto di Vienna. Avemmo bensì a lagnarci, non già con il Gabinetto di Pietroburgo, bensì con lo stesso Barone d'Haymerle. Ci dolemmo, cioè, che, mentre il Gabinetto di Vienna non aveva voluto agire con noi a Costantinopoli per un interesse umanitario comune a tutti i Governi, avesse invece stimato opportuno di farci dire dal Suo Ambasciatore che erasi adoperato da solo presso la Sublime Porta ed aveva trovato presso la medesima delle disposizioni di cui il Conte Zichy era stato soddisfatto.

Ho incaricato il Cavalier Nigra di manifestare al Signor De Giers la sorpresa ed il rincrescimento che noi abbiamo provato nel risapere che le dichiarazioni nostre, ispirate da schietta e disinteressata amicizia, abbiano potuto, per la via di Pietroburgo, giungere a Vienna in termini tali che ne mutano e travisano interamente il carattere e lo scopo. Bramerei che V. E., dal canto suo, cogliesse la prima occasione per riconfermare, presso il Conte Andrassy la smentita che Ella aveva già enunciato nel colloquio del 7 traendone norma dal carteggio ministeriale.

(l) Cfr. n. 71.

84

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 450. Roma, 14 settembre 1877.

Ho alquanto indugiato a rispondere ai rapporti direttimi da v. E. circa lo spiacevole incidente nel quale si trovò implicato il R. Suddito Signor Armanni, Commesso del R. Consolato.

In seguito alla prima notizia datami per telegrafo dell'accaduto, io pregai

V. E. di fornirmi tutti i particolari del fatto, accocché il Ministero potesse, con migliore cognizione di causa, giudicare del partito a prendersi. Ricevetti tosto i rapporti che mi furono spediti da codesta Ambasciata il 27 ed il 28 agosto, e quello del R. Console che porta quest'ultima data Cl).

Ne risultava che l'autorità di polizia aveva ordinato una perquisizione nello scrittoio del Signor Armanni, e che, presentatisi gli agenti della medesima alla Cancelleria del Consolato, dove si trova collocato quello scrittoio, il signor

Lambertenghi, dopo aver provocato le istruzioni di V. E. rifiutava il suo consenso alla perquisizione per mantenere inviolata l'immunità che l'art. 7 della Convenzione Consolare del 1874 ha stabilito in modo assoluto per gli Archivi Consolari.

Mi scriveva, dal canto suo, il R. Console che egli era persuaso che né nello scrittoio che si voleva perquisire, né in altre parti della Cancelleria, non si trovava cosa alcuna che potesse compromettere menomamente, sia il R. Ufficio, sia il personale al medesimo addetto, e che il solo motivo d'opposizione fu la cura di mantenere inviolato il principio sancito nella precitata disposizione della Convenzione Consolare. Intanto del rifiuto del Console gli Agenti della polizia stesero un processo verbale che il Console stesso ha firmato, ed il Commissario che presiedeva a questi atti non mancò di lasciar intendere al Signor Lambertenghi che per il rifiuto stesso avrebbe potuto far ricadere sopra di lui una parte del sospetto, aggiungendo a chiare note che in tal caso la qualità consolare non gli darebbe diritto all'immunità riservata al Corpo diplomatico.

Fin qui per ciò che concerne il R. Consolato, e che già risulta dagli atti processuali, i quali un giorno o l'altro potranno avere la massima pubblicità. Per quanto invece riguarda la parte di responsabilità che pesa sopra il

R. Addetto militare, risultava già dai primi rapporti e dai telegrami di V. E. che il Signor Maggiore Mainoni ebbe comunicazione da un suo collega estero di un disegno relativo a cose miiltari; che l'Armanni ebbe incarico di far copiare il disegno da un disegnatore che altra volta aveva reso simili servizi; che il disegnatore denunziò il fatto all'Autorità austriaca e che questa scoprì che il disegno era stato ottenuto con mezzi di corruzione da alcuni impiegati dell'Arsenale di Vienna. Chi avesse formato l'anello di congiunzione fra il Maggiore Majnoni e quegli impiegati dell'arsenale, V. E. non disse nei suoi primi rapporti. Ma io aveva ben inteso come Ella avesse voluto designare l'Addetto militare tedesco quando nel suo telegramma del 31 agosto (l) mi avvertiva che probabilmente non si spingerebbero le cose alle ultime loro conseguenze, poiché si doveva aver avuto la prova che il R. Addetto militare aveva ricevuto il disegno da un suo Collega appartenente alla Potenza con cui l'Austria ha in questo momento il massimo interesse di mantenere le più cordiali relazioni. L'inopportunità dello scandalo che risulterebbe da questo affare, avrebbe forse fatto rinunciare ai passi avventati ai quali, secondo che Ella mi scriveva il 28 agosto, poteva temersi si volesse ricorrere dalle Autorità austriache.

Mi è di poi pervenuto il Rapporto di V. E. in data dell'8 settembre n. 732 (2). Con un annesso in cifre, V. E. mi significava come avendo avuto occasione di vedere il Conte Andràssy, e sapendo che il suo Collega di Germania aveva creduto di fare altrettanto rispetto al suo Addetto militare, non aveva potuto esimersi dal toccare di questo argomento in forma particolare. Il Conte Andrassy, mostrando di apprezzare con benevolenza un passo che Le era stato suggerito da sentimenti di delicatezza, aveva dichiarato a V. E. essere desiderio di S. M. l'Imperatore che, così l'Addetto di Germania, come l'Addetto d'Italia, lo accom

pagnassero in occasione delle presenti manovre, però sembrare conveniente che quei due ufficiali si allontanassero tostoché, aprendosi il pubblico dibattimento, sorga il pericolo che i loro nomi possano essere pronunziati.

Emerge dall'esposizione dei fatti come la responsabilità dell'addetto militare italiano si trovi completamente messa a coperto da quella ben altrimenti grave del suo Collega Germanico. Ma la posizione del Signor Majnoni potrebbe diventare molto delicata se, per arte delle autorità austriache, si conducessero le cose in guisa da costringerlo a svelare da chi egli abbia ricevuto il disegno, oggetto principale dell'inchiesta giudiziaria in cui è implicato il Signor Armanni.

Pur troppo la supposizione che il Governo Austriaco rifugga, nel suo proprio interesse, dal suscitare uno scandalo che colpirebbe l'addetto militare della Germania, non è guarì conciliabile col fatto che la stampa, così a Pesth, come a Vienna, con articoli di un'opportunità molto contestabile, sembra aver assunto il compito di provocare pericolose rivelazioni. Dopo che infatti una corrispondenza litografata ungarese ebbe annunziato che il segreto della fabbricazione del cannone Uchatius era stato svelato all'addetto militare di Germania mediante la corruzione da quest'ultimo esercitata fra gl'impiegati dell'Arsenale, il Loyd di Pesth scenti recisamente la notizia ed il Tagblatt di Vienna nE. prese argomento per dire che l'autore degli atti di corruzione era il Maggiore Majnoni e che un procedimento giudiziario era stato diretto a scoprire se altri addetti militari avessero approfittato della infedeltà degli impiegati dell'arsenale. V. E. ha richiamato la mia attenzione sopra l'articolo di quest'ultimo periodico, il quale contiene una delle più violenti ed ingiuste diatribe che siano state stampate in Austria contro l'Italia, È purtroppo abituale in codesto paese il sistema di denigrare il nostro Governo e di lanciare l'ingiuria e la calunnia a piene mani contro il nostro paese. Ma nel caso presente V. E. ben comprende che il linguaggio dei giornali potrebbe non essere senza influenza sulle conseguenze ultime di un incidente dei più spinosi. Per altra parte, conoscendo la disciplina che vincola i giornali al Governo in Austria ed in Ungheria, noi dobbiamo riflettere se nelle voci che questi mettono in giro non si nasconda un avvertimento di cui faremmo bene a tener conto in tempo.

Esaminando la posizione giuridica delle persone che potrebbero essere imputate dalle autorità austriache di aver avuto parte nella corruzione di alcuni impiegati dell'arsenale, ho dovuto convincermi che il solo Addetto militare, come quello che fa parte dell'Ambasciata di Sua Maestà non è soggetto alla giurisdizione dei giudici locali. Tanto il Signor Armanni, quanto lo stesso Signor Lambertenghi potrebbero essere processati: il primo per qualunque titolo, anche per semplice delitto o contravvenzione, il secondo unicamente per quegli atti che dalla Legge austriaca sono considerati come crimini. L'articolo 5° della Convenzione Consolare del 1874 non lascia alcun dubbio a questo riguardo.

Ora, io debbo seriamente pregare V. E. a considerare la gravità delle conse

guenze che potrebbero derivare per le nostre relazioni con l'Austria dal pro

cedere che si facesse contro il nostro Console a Vienna .Sarà questa la peggiore

delle ipotesi. Ed in realtà, a meno che codeste autorità non vogliano lasciarsi

guidare da risentimenti ingiustificabili, io non saprei comprendere quali fini

potrebbero indurle ad adottare un provvedimento così avventato. Però anche

questo caso deve esser preso in considerazione, onde io lascio al prudente arbitrio di V. E. d'ordinare il temporario allontanamento da Vienna del Signor Lambertenghi e di consigliare al Ministero altri opportuni provvedimenti. Se Ella stimasse opportuna la partenza di codesto R. Console, tale partenza potrà essere sempre motivata dalla necessità in cui si è trovato il R. Ministero di avere dal medesimo delle verbali spiegazioni.

Per ciò che riguarda la posizione del Signor Maggiore Majnoni, ringrazio

V. E. di avermi favorito il suo parere. Anch'io concordo con Lei nell'opinione che codesto Ufficiale abbia ad essere richiamato da Vienna tostoché tale misura si potrà applicare senza scapito del decoro nostro; al quale riguardo io ritengo che, in ogni ipotesi, il Maggiore Majnoni non dovrebbe lasciare il suo posto se non nell'ipotesi in cui lo stesso accade del suo Collega Germanico. I servizi che potrà rendere, d'ora in poi, il Signor Mainoni nella sua qualità di Addetto militare, non potrebbero essere di molta utilità, giacché egli sarà pur sempre tenuto in particolare sospetto fra coloro che non avranno conosciuto dell'incidente attuale che le notizie propalate dai giornali.

Sopra un ultimo punto io debbo pregare V. E. di darmi il suo parere.

Allo stato delle cose è manifesto che i Ministri Austriaci non possono ignorare da chi fu esercitata la corruzione e da chi il Signor Majnoni ha avuto comunicazione dei disegni. Dobbiamo noi lasciare che pubblicamente si scagioni l'autore della corruzione e si accusi calunniosamente un nostro uffiziale? Io temerei che del silenzio nostro nessuno, né a Vienna né a Berlino, ci sarebbe grato. Ed un atto di delicatezza potrebbe in tal caso avere soltanto delle conseguenze sfavorevoli per il nostro decoro. Mi ripugna supporre che per soffocare il rumore che farebbe un incidente in cui in prima linea figurerebbe l'addetto militare di uno Stato col quale l'Austria vuol darsi tutte le apparenze della più intima amicizia, il Governo imperiale voglia permettere che l'opinione pubblica, aizzata contro di noi dalla stampa, venga completamente ingannata sopra l'indole dei nostri rapporti con codesto Impero. Ma ove i fatti ci costringessero ad ammettere una simile supposizione, quando dovessimo acquistare la convinzione che scientemente si eccita contro l'Italia lo spirito pubblico di codesto paese facendoci ingiuria immeritata, noi saremmo costretti di vedere in questo nuovo fatto una prova del poco conto in cui il Gabinetto di Vienna tiene i suoi buoni rapporti con quello di Roma e le conseguenze di una simile situazione, benché non immediate, saranno pur troppo inevitabili e funeste.

Noi abbiamo fatto tutto ciò che da noi dipendeva per mantenere queste buone relazioni messe a dura prova dai divergenti interessi che dividono in alcuni punti l'Italia dall'Austria nella questione orientale. Della condotta del Governo Imperiale ebbimo più di una volta motivo di dolerci. Ma mettendo innanzi a tutto i grandi interessi che noi dobbiamo tutelare e che sono strettamente connessi con il mantenimento dei nostri buoni rapporti con tutte le Grandi Potenze, abbiano saputo evitare fin qui delle difficoltà che il Governo austriaco sembrava provocare. Sarebbe dunque per noi tanto più doloroso che il frutto di una condotta circospetta e ispirata ai sentimenti della più grande moderazione dovesse andar perduto ad un tratto in occasione di un incidente fortuito e delle avventate misure che codesto Governo potesse adottare.

La cognizione perfetta che Ella ha di codesto paese e degli uomini che lo governano, mi assicura che il Governo di Sua Maestà vedrà anche in questa circostanza interpretate da Lei perfettamente le sue intenzioni, le quali si riassumono in ciò, che noi vogliamo sinceramente ed efficacemente le buone relazioni con l'Austria-Ungheria, ma non consentiremo a sacrificare a questo essenzialissimo nostro interesse il decoro della Nazione e del suo Governo.

(l) Non pubblicato.

(1) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
85

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 735. Vienna, 14 settembre 1877 (per. il 19).

Già l'E. V. conosce per le mie precedenti comunicazioni i particolari dello spiacevole incidente in cui si trova implicato l'addetto militare presso questa

R. Ambasciata Maggiore Majnoni. All'E. V. del pari sono note le ragioni di alta delicatezza che vietano al precitato ufficiale di chiarire dinanzi alle autorità militari austriache l'innocentissima parte che egli ebbe in questo disgraziato affare; la necessità quindi in cui egli si è trovato, di sottostare silenzioso agli, ad ogni modo, ingiustificabili, ed anche calunniosi, attacchi della stampa austriaca. Non v'ha dubbio però per me, che le autorità imperiali conoscono per filo e per segno tutti i particolari della faccenda; sta però di fatto, ch'esse non credettero fin qui far atto qualsiasi che scagioni, almeno in parte, la responsabilità del nostro addetto militare, la di cui posizione andò così rendendosi di giorno in giorno più diffiicle.

Essendomi procurato l'opportunità di vedere il Conte Andrassy, credetti dovergli tener parola di questo incidente, il feci però in via particolare, sembrandomi conveniente che l'Ambasciata non vi s'immischiasse troppo direttamente, tanto più che, come il feci notare al Ministro Imperiale, la R. Ambasciata rimase sempre estranea all'azione dell'Addetto militare, che per la speciale organizzazione del nostro servizio all'estero, è alla diretta dipendenza del Comandante il Corpo di Stato Maggiore, col quale corrisponde senza passare pel tramite dell'Ambasciata. Ad ogni modo chiesi confidenzialmente al Conte Andrassy: se, viste le circostanze, egli credeva la presenza del maggior Majnoni alle grandi manovre potesse riuscire sgradita all'Imperatore, dichiarandomi in tal caso pronto ad invitare il predetto ufficiale a non recarvisi. S. E. risposemi immediatamente, la questione già essere stata dibattuta, e Sua Maestà desiderare, onde non aggravare la pubblicità che tutto ciò aveva già avuto, che il Maggiore Majnoni, al pari dell'addetto militare germanico, il di cui nome era pure stato pronunciato in questa circostanza, facessero parte del suo seguito alle manovre. Egli aggiungevami, essere sufficiente che i precitati ufficiali si allontanino da Vienna al momento in cui la cosa verrà davanti ai tribunali, ed i loro nomi sarebbero cosi troppo clamorosamente forse pronunciati nelle pubbliche assise. Prendendo atto di quelle parole, pregai il Conte a voler far conoscere a S. M. l'Imperatore, il passo ufficioso che per un dovere di delicatezza aveva creduto di fare.

IO -Documenti cliplomatici -Serie II -Vol. IX

S. E. assicurammi che non avrebbe a ciò mancato, ed anzi aggiungevami essere persuaso che Sua Maestà avrebbe altamente apprezzato il così delicato e riguardoso procedere in questa circostanza.

Ciò stante il maggiore Majnoni partì poche ore dopo pel campo di Kaschau al seguito di Sua Maestà senonché fattosi egli accorto che la sua posizione allo stato maggiore imperiale era soverchiamente lesiva al decoro della sua carica, egli credette opportuno provocare una franca spiegazione in proposito dal Capo della Cancelleria militare aiutante generale Beck. Il risultato di questa conversazione fu tale che il Maggior Majnoni non potè conservare dubbio sulla sconvenienza di prolungar maggiormente la sua presenza al quartiere generale imperiale, e quindi avendo adempiuto molto correttamente alle formalità necessarie in tali circostanze egli fece ritorno a Vienna dove mi riferì l'accaduto. Approvai senza restrizione il suo operato, ed anzi credendo non opportuno ch'Egli s'arresti ulteriormente qui nelle circostanze attuali, ho ravvisato ordinargli di partire immediatamente per Roma, sembrandomi anche bene il R. Governo possa essere informato prontamente da chi meglio di chiunque è in grado di farlo, sui particolari tutti di questo incresciosissimo affare.

Pel momento sembrerebbemi conveniente il maggiore Majnoni conservasse nominalmente la sua posizione qui, e fosse soltanto considerato come in congedo.

Naturalmente poi per quanto mi sia increscioso perdere la cooperazione di un così distinto ufficiale, che si egregiamente disimpegnava le funzioni qui affidategli, non è da pensare di potergliele più tardi far riassumere. A processo finito ma non prima egli dovrà quindi ricevere altra destinazione.

In quanto a destinargli un successore, senza voler soverchiamente pregiudicare le decisioni che potrebbero doversi prendere in seguito, sarei però d'avviso, non ci si dovesse pensare cosi presto, essendo meglio lasciare che tutto il chiasso, che in verità con poca opportunità fu fatto od almeno lasciato sollevare intorno a questo incidente, sia passato in dimenticanza. Prima che ciò avvenga, la posizione d'un nostro addetto militare qui sarebbe non solo falsissima ma tale anche da togliere ogni efficacia alla sua azione.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 736. Vienna, 14 settembre 1877 (per. il 19).

Il giorno in cui ricorreva l'onomatico di S. M. l'Imperatore Alessandro,

S. M. Francesco Giuseppe trovandosi al campo di Karchau al gran banchetto militare a cui assistevano oltre ad alcuni Arciduchi molti generali, gli ufficiali esteri ed il Presidente del Consiglio Ungherese, propinava alla salute dello Czar suo «caro amico ed alleato » così veniva riferito dai telegrammi del Correspondenz-Bureau che come l'E. V. ben sa è un ufficio governativo. Quella qualifica d'alleato data al Sovrano Russo eccitò in Ungheria essenzialmente

un gravissimo malumore, che si tradw;se in apprezzamenti molti significativi nelle colonne di tutti i giornali Magiari!

Senonchè un comunicato ufficiale del Giornale ufficiale Ungherese di ieri, rettifica quel brindisi riportandolo nei termini seguenti « alla salute del mio caro amico, l'Imperatore di Russia di cui festeggiamo oggi l'onomastico; Dio conservi e protegga Sua Maestà».

Come l'E. V. vede la qualifica d'alleato non figura più in questa versione ufficiale!

Su questo fatto, come di ragione, corrono infiniti commenti, ad ogni modo l'opinione pubblica tanto al di qua come al di là della Leyta si mostra soddisfattissima della fatta rettifica.

Quest'incidente sebbene non sia che questione di parole, non è senza importanza; però anderebbe errato chi gliene volesse dar troppa, poiché ad ognuno qui è manifestato, mantenersi salda l'alleanza dei tre Imperatori, ed esserne non dubbia prova la neutralità sommamente benevola verso la Russia, che ogni giorno maggiormente si chiarisce nella politica austro-ungarica a fronte della presente guerra, ed essenzialmente alla presenza dell'intervento in essa della Rumania ed anche della Serbia.

87

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 449. Roma, 15 settembre 1877.

La S. V. Ill.ma accenna nel suo rapporto confidenziale del 4 settembre,

n. 843 (1), alle inquietudini che costi si erano concepite circa l'eventuale contegno dell'Austria Ungheria, e soggiunge che non le parve opportuno di calmarle, quantunque non le facessero difetto le ragioni per ritenerle poco fondate.

Approvo interamente il riserbo di Lei. Quanto più l'Austria Ungheria si mostra accondiscendente verso la Russia, tanto più è mestieri arrendersi alla evidenza e credere alla esistenza di intimi accordi fra i due paesi. Quale sia la base, quali i limiti di questo accordo non possiamo determinare. Potrebbesi però far sentire alla Porta riservatamente che avendo noi fatto tutte le pratiche possibili per assicurarci contro un ingrandimento territoriale dell'Austria nelle provincie slave della Turchia, avevamo dovuto acquistare la convinzione essere questo un punto sul quale i paesi legati nella alleanza dei tre Imperatori non conservavano la loro libertà di azione.

Se la Porta vorrà tener conto di questo avvertimento amichevole e confidenziale, vi troverà forse un eccitamento a conchiudere il più presto possibile la pace.

(l) Non pubblicato.

88

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL CONSOLE A FIUME, REVEST

D. 232. Roma, 16 settembre 1877.

Riferendomi al pregiato rapporto del 9 settembre, n. 38 di questa Serie (l), approvo che V. S. Illustrissima siasi astenuta cosi dal replicare alla lettera del Signor Barcié, come dal dare alla medesima una pubblicità qualsiasi.

Come già più volte ebbi a dirle, norma sicura e costante deve essere per la S. V. Illustrissima, il proposito di tenersi in una linea di condotta molto circospetta e tale da non lasciare supporre che prenda parte per gli uni o per gli altri nelle lotte di partito e di nazionalità. La S. V. farà opera utile informando il Ministero delle manifestazioni che si producono in favore o contro l'Italia anche nella stampa più autorevole ma ciò unicamente a titolo di informazione di cui il Ministero saprà tener conto.

89

IL CAPO GABINETTO DEL RE, AGHEMO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

(ACS Carte Crispi)

T. Valdieri, 17 settembre 1877, ore 6,50 (per. ore 9).

Je vous prie de communiquer à M. Crispi président de la Chambre des députés la suivante dépéche du Roi:

« A M. Crispi,

Merci pour votre lettre (3) qui m'a fait beaucoup de plaisir, parce que je vois que vos idées sont parfaitement d'accord avec les miennes. Je remarque cependant que vous ne me parlez pas des aspirations ministérielles. Faites-moi le plaisir de me télégraphier si je dois écrire quelque chose au prince de Bismarck ou vous ferez de vous-méme sans moi. Je vous souhaite bonne réussite dans tout, et je me fie entièrement dans votre expérience et habileté. Bien des amitiés.

Victor Emmanuel »

(l) Non pubblicato; la lettera di Barcié cui si fa riferimento nel testo conteneva una smentita alle accuse lanciate dal giornale Obzor agli italiani di essere responsabili di uno sfregio fatto a Firenze alle bandiere croate.

(2) Ed In F. CRISPI, Politica estera, cit., p. 31.

(3) Cfr. n. 79.

90

APPUNTO DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CRISPI

(ACS, Carte Crispi) (l)

[Wildbad], 17 settembre 1877.

Wildbad, la città dei bagni, siede in cima alla vallata di Gastein sul versante orientale del monte. Ivi è una sorgente di a~cque minerali, alle quali molti ricorrono per guarirsi dal torpore delle membra e dalla inerzia dei nervi. Ogni anno vi arrivano più di 3.000 forestieri a cercarvi salute. Ordinariamente le persone che vi convengono, appartengono alle atte classi sociali. Il monte dà origine al fiume Ache, il quale esce furioso da profondi crepacci, precipitandosi con due splendide cascate, l'una sotto l'altra. Fino a pochi anni addietro, la piupparte delle case di Wildbad erano di legno. Dopodiché l'imperatore di Germania ed il suo gran cancelliere preferirono i bagni di quel luogo, vi sorsero begli edifici e magnifiche viHe. Giunsi a Wildbad alle 6 pomeridiane, e ne avvisai il principe di Bismarck, mandandogli una carta di visita, ed immediatamente dopo, un biglietto cosi concepito:

Hotel Staubinger

6 h. 40 du soir

Altesse

Dans le doute, que vous n'avez pas encore reçu ma carte, je vous écris ces quelques lignes pour vous prier de vouloir bien me fixer l'heure dans laquelle je pourrai avoir l'honneur de vous voir. En attendant je me dis de Votre Altesse le très humble serviteur.

F. CRISPI

Il principe di Bismarck mandò subito a scusarsi col suo segretario, ch'egli non poteva venire di persona per la sua malferma salute, e che mi avrebbe, all'istante medesimo, ricevuto.

Il principe di Bismarck dimora alla destra del fiume in una casa di proprietà dello Staubinger. * Siamo partiti, e dopo pochi minuti entrammo in un piccolo giardino, sul quale mette la porta del modesto edificio * (2).

Mi fecero salire al primo piano. Il principe era nel suo gabinetto, il cui uscio da nel pianerottolo rimpetto la scala. Nella camera erano poche sedie, un tavolo, una magnifica stufa di porcellana, e sdraiato un superbo cane a poca distanza dal padrone *e certamente a sua guardia*. Sul tavolo era una piccola pistola col manico bianco.

Aperta la porta, il principe si levò in piedi e venne incontro a me, offrendomi la mano. * Ed io a lui *: -Sono lieto, .A:ltezza, di poter fare la vostra personale conoscenza. -Noi ci conosciamo da molto tempo! -Sì, Altezza. Oggi però ho il bene di vedervi la prima volta, e di potervi stringere la mano. Essendo venuto in Germania, io non poteva partirne senza

avervi recato i saluti del mio Re; e vi ringrazio cordialmente di avermi concesso

di venirvi a trovare sin qui.

-Che notizie mi portate d'Italia? Siete stato in Francia? Che dicono a

Parigi?

-In Roma si è preoccupati per le probabilità di una guerra nel caso che

nelle prossime elezioni politiche in Francia vinca il partito reazionario. E

poi, non si è sicuri dell'Austria, il cui contegno non è punto amichevole verso

il nostro governo. Voi ci avete fatto dire dal barone di Keudell, che vorreste

stringere sempre più col nostro paese i legami di amicizia, e pertanto io son

venuto, d'ordine del Re, a parlarvi di parecchie cose.

La primissima è d'interesse tutto particolare per l'Italia e la Germania; le

altre di natura affatto internazionale. Comincio da quella che ci riguarda,

noi e voi.

Io non sò, se bisognerà ritoccare il nostro trattato di commercio del dicem

bre 1865, Sono però convinto, che con l'apertura del Gottardo le relazioni fra

i nostri paesi saranno più frequenti e che in conseguenza sarà utile di mettere

i cittadini delle due parti in condizioni tali che non trovino ostacoli nei

commerci ed in tutti gli atti della vita privata. A tale scopo il mio Governo

vorrebbe che Vostra Altezza accettasse un trattato merci cui i tedeschi in

Italia e gli italiani in Germania fossero in uno stato di vera eguaglianza coi

nazionali nell'esercizio dei diritti civili. Andiamo ora agli argomenti di maggior

interesse e sui quali mi spiegherò in poche parole.

Io sono incaricato di chiedervi, se voi siete disposto a stipulare con noi

un trattato di alleanza eventuale, pel caso che fossimo costretti a batterci

con la Francia, o con l'Austria. Il mio Re vorrebbe inoltre mettersi d'accordo

con l'Imperatore per la soluzione della quistione orientale.

-Accetto di tutto cuore la proposta per un trattato, che metta gl'Italiani in Germania ed i Tedeschi in Italia allo stesso livello dei nazionali e che per gli uni e per gli altri vi sia una perfetta uguaglianza nell'esercizio dei diritti civili. Non posso però farlo senza averne prima parlato coi miei colleghi. Un trattato di tal genere mi conviene, perché sarebbe una pubblica manifestazione del nostro accordo con l'Italia.

Andiamo al resto.

Voi conoscete le nostre intenzioni. Se l'Italia fosse attaccata dalla Francia, la Germania si riterrebbe solidale e si unirebbe a voi contro il comune nemico. Per un trattato a cotesto fine potremo intenderei. Giova però sperare, che la guerra non si renderà necessaria e che potremo mantenere la pace. La repubblica non può vivere in Francia, che essendo pacifica; e se non lo fosse, correrebbe il rischio di perdersi. A mio avviso la guerra sarebbe solamente possibile nel caso di un ritorno della monarchia.

Le dinastie, in quel paese, sono per necessità clericali, e perché il clero vi è irrequieto e potente, e perché i Re, onde illudere le plebi, han bisogno di essere battaglieri, ne viene per conseguenza ch'essi son costretti ad attaccare lite coi vicini. È stato sempre così in tutti i tempi; e ne troverete gli esempii a cominciar dal regno di Luigi XIV.

Per l'Austria la posizione è tutta diversa. Io non oso supporre il caso

ch'essa possa essere nemica: e vi dirò francamente, che non voglio neanco

prevedere cotesta eventualità. Domani dovrò essere col conte Andrassy, e par

lando con lui voglio in fede mia assicurarlo che non ho impegni con alcuno

e che gli sono amico.

La guerra turco-russa è proceduta contrariamente ad ogni previsione, e

perciò l'Austria non ha avuto il bisogno di passare le frontiere. Spero, che questo

bisogno non ci sarà, e che la lotta verrà limitata fra i due combattenti e che

potrà rimanere localizzata. Noi teniamo a che l'Austria e la Russia siano amiche

e cerchiamo di mantenerle tali.

Si possono discutere le varie ipotesi secondo le quali convenga risolvere la

quistione d'ori-ente; e si possano anche determinare certi criteri onde proce

dere d'accordo. Bisogna, però convenire che l'esercito russo non è stato fortu

nato fin d'oggi, e che ci è ignoto per ora quale possa essere la fine della guerra.

Lo Czar deve fare grandi sforzi ancora. Se l'esercito russo ritornasse sconfitto, lo Czar potrebbe avere fastidii in casa sua. Comunque sia, è un affare che lo riguarda; anzi dovrò confessarvi, che in cotesta quistione d'Oriente la Germania non ha interesse alcuno, e per noi qualunque soluzione, la quale non turbi la pace europea, sarà sempre accettata.

Ammiro la vostra franchezza; e se fossi al vostro posto, parlerei lo stesso.

Resta dunque inteso, che faremo una convenzione per assicurare ai tedeschi in Italia ed agli italiani in Germania l'esercizio dei diritti civili come ne godono i nazionali. Potrebbe alla convenzione servire di base l'articolo terzo del codice civile italiano, il quale accorda cotesto beneficio agli stranieri.

Siamo pure d'accordo per quanto si riferisce alla Francia.

Permettetemi ora pel resto, che io vi sottoponga alcune domande:

Credete voi, che l'Austria vi sarà sempre amica? Per ora essa ha bisogno di voi, dovendo riparare ai danni patiti al 1866, e voi soli potendo assicurarle la pace, senza la quale essa non potrebbe riordinare le sue finanze e ricostituire il suo esercito. L'Austria non può dimenticare il suo passato, né può vedere sempre di buon occhio il nuovo imperatore di Germania.

Voi dite, che la Germania non ha alcun interesse nella quistione d'Oriente. Sia pure. Devo intanto ricordarvi, che il Danubio per una buona parte è fiume tedesco; esso tocca Ratisbona, e vanno per la via del Danubio le merci tedesche al mar Nero. Noi italiani non possiamo essere disinteressati come voi nella soluzione della quistione d'Oriente. Le voci che corrono ci fan temere, che noi ne usciremo danneggiati. Se le grandi potenze stabiliranno d'accordo, ch'esse si asterranno da ogni conquista nelle provincie balcaniche, e conver·ranno che il territorio, tolto ai turchi, dev'essere lasciato alle popolazioni del luogo, noi nulla avremmo a ridire. Vuolsi però, che la Russia, per assicurarsi l'amicizia dell'Austria, abbia offerto a questa la Bosnia e l'Erzegovina. Or l'Italia non potrà permettere, che l'Austria occupi quel territorio.

Voi lo sapete: nel 1866 il regno d'Italia rimase senza frontiere dalla parte delle Alpi orientali. Se l'Austria ottenesse nuove provincie, le quali la rinforzassero nell'Adriatico, il nostro paese resterebbe stretto come entro una tenaglia, e sarebbe esposto ad una facile invasione tutte le volte che ciò convenisse al vicino impero.

Vol dovreste aiutarci in questa occasione. Noi siamo fedeli ai trattati, e

nulla vogliamo dagli altri. Voi dovreste domani dissuadere il conte Andrassy

da ogni desiderio di conquiste nel territorio ottomano.

L'Austria segue una buona politica, ed io devo credere che vi persisterà.

Un solo caso vi potrebbe essere che valga a rompere ogni accordo tra l'Austria

e la Germania, ed è una differenza nella politica dei due governi in Polonia.

In Polonia esistono due nazioni: la nobiltà e il contadiname (la noblesse

et le paysan), di nature diverse, d'indole ed abitudini diverse. La prima è irre

quieta, faziosa; il secondo è tranquillo, laborioso, sobrio. L'Austria accarezza

la nobiltà.

Se scoppiasse un movimento polacco, se l'Austria lo aiutasse, noi dovremmo opporci. Noi non possiamo permettere la ricostituzione di un regno cattolico alle nostre frontiere; sarebbe la Francia del nord. Oggi ne abbiamo una, allora avremmo due Francie, le quali naturalmente sarebbero alleate, e noi saremmo in mezzo a due nemici.

La risurrezione della Polonia ci nuocerebbe anche per altri motivi; essa non potrebbe avvenire senza la perdita di una parte del nostro territorio. Or poi non possiamo rinunziare a Posen e Danzica; perché l'impero tedesco resterebbe scoverto dalla parte dei confini russi e perderebbe i suoi sbocchi nel Baltico.

L'Austria sa, che non può ritornare indietro, e sa che noi siamo amici leali. Essa è in una buona via e non ha interesse di abbandonarla. Se mutasse, se si facesse protettrice del cattolicesimo, muteremo anche noi, ed allora per conseguenza saremmo con l'Italia.

Per ora nulla ci dà a credere, che questo avvenga. Non cerchiamo coi sospetti dar pretesto a che l'Austria cangi politica. Vi sarà sempre tempo a provvedere.

Il Danubio non ci riguarda. Esso è navigabile da Belgrado in poi. A Ratisbona non vi è che qualche zattera (quelques radeaux). L'Austria al 1856 nel congresso di Parigi, per suo proprio interesse, trascinò la confederazione germanica nella commissione pel Danubio; ed in verità non ce n'era bisogno. L'Austria fa i suoi commerci per la via di Trieste e di Amburgo.

La Bosnia, come tutta la quistione orientale, non tocca gli interessi tedeschi. Se potesse esser causa di dissidii tra l'Austria e l'Italia, ce ne dorrebbe, perché vedremmo combattersi due amici, che vogliamo stessero in pace.

Del resto, se l'Austria prenderà la Bosnia, l'Italia si prenda l'Albania, o qualche altra terra turca sull'Adriatico.

Io spero, che le relazioni del vostro governo con quello di Vienna diverranno amichevoli, e col tempo anche cordiali. Nulladimeno, se vi impegnaste contro l'Austria, me ne dorrebbe, ma non faremmo la guerra per questo.

A questo punto si apre l'uscio, ed entra il conte Erberto di Bismarck con un fascio di telegrammi. Egli li dà al padre il quale, dopo averli letti, ne ordina le relative risposte, e l'altro se ne parte.

Quasi immediatamente dopo, si presenta la principessa di Bismarck, la quale porta al marito una limonata minerale. Mi alzo; ed egli:

-Mia moglie *(ma temme) *.

Fo i miei doveri. Il principe beve; e tutto ritorna nello stato di prima.

Rimasti altra volta soli, io mi rivolsi al principe:

-Comprendo il vostro contegno verso la Corte di Vienna; e lo rispetto.

Permettetemi però di farvi osservare, che l'unità germanica non è ancora compiuta. Dal 1866 al 1870 avete fatto miracoli; ma avete molte popolazioni tedesche fuori dal territorio dell'impero, e certamente presto o tardi saprete attirarle a voi.

A voi non dispiace il territorio austriaco. Voi venite qui ogni anno; e Gastein, che segna con le Alpi la vera frontiera della Germania, ha per me un *gran* significato, può essere anche una predizione.

-Oh! no; voi v'ingannate. Io son venuto qui anche prima del 1866. E poi, ascoltate:

Noi abbiamo un grande impero da governare, un impero di 40 milioni di abitanti, con vaste frontiere. Esso ci dà molto da fare; e non vogliamo, per ambizione di nuove conquiste, rischiare quello che abbiamo.

L'opera, alla quale ci siamo dedicati, assorbe la nostra mente ed il nostro tempo. Noi abbiamo molte difficoltà da superare. Il Re, alla sua età, non può ricevere grandi scosse. Ha fatto moltissimo per la Germania, e bisogna che riposi.

Abbiamo nel nostro territorio parecchi principi cattolici, una regina cattolica ed anche francese, un clero irrequieto e che a tener tranquillo bisogna sottoporre a leggi speciali. Noi siamo interessati al mantenimento della pace. Se ci offrissero qualche provincia cattolica dell'Austria, la rifiuteremmo. Ci venne imputato, che vogliamo l'Olanda e la Danimarca. Che ne faremmo? Abbiamo abbastanza popolazioni non tedesche, per non doverne volere delle altre. Con l'Olanda siamo in buoni termini, e con la Danimarca le nostre relazioni non sono cattive.

Finché sarò ministro, sarò con l'Italia; ma essendo vostro amico, non intendo rompere con l'Austria.

Al 1860 io mi trovavo a Pietroburgo, ma ero con voi di cuore. Seguendo i vostri successi, n'ero contentissimo, perché i vostri successi convenivano alle mie idee. Dopo ciò, dovrò ripetervi: che noi desideriamo voi siate amici dell'Austria. Nella soluzione della quistione d'Oriente, si può trovare un accordo, prendendovi voi in compenso una provincia turca sull'Adriatico, qualora l'Austria prenderà la Bosnia.

Una provincia turca sull'Adriatico a noi non basta; non sapremmo che farne. Noi verso l'Oriente non abbiamo frontiere; l'Austria è al di qua delle Alpi, e può entrare nel regno, quando a lei piaccia. Noi nulla vogliamo dagli altri; saremo fedeli ai trattati, ma vogliamo essere sicuri in casa nostra * (chez nous) *. Parlatene col conte Andrassy.

-No, non voglio toccare la quistione della Bosnia, e molto meno quello delle vostre frontiere orientali: !asciamole per ora. Io non voglio trattare argomenti, che possono dispiacere al conte Andrassy, perché voglio tenermelo amico.

-Va bene, fate come meglio credete. Ora ditemi un poco:

Voi tenete alla pace, e sperate che questa possa durare. Abbiamo trattato l'ipotesi, che in Francia possa vincere il partito reazionario e che possa ritornarvi la monarchia. Contro cotesto avvenimento, abbiamo convenuto che bisogna provvedere. Facciamo un'altra ipotesi:

Se dalle elezioni generali in Francia riuscissero vincitori i repubblicani, non

potreste trovare il modo d'intendervi?

Questa domanda io non ve la fo a caso. Io vidi a Parigi il deputato Gam

betta, il quale ha molta influenza nel suo paese. Abbiamo discorso a lungo

con lui sulle condizioni politiche della Francia e sulla necessità della pace euro

pea anche pel consolidamento della repubblica. Io non gli nascosi, che sarei ve

nuto da voi; ed egli mi manifestò il desiderio di un accordo con voi, e volle

che io ve ne parlassi.

Io comprendo, che un'alleanza tra la Francia e la Germania non è ancora

possibile, perché gli animi in quel paese sono abbastanza inaspriti (aigris)

dopo le sconfitte patite. Ma havvi un punto, sul quale potreste intendervi, e

l'Italia vi seguirebbe: è quello del disarmo.

-Un'alleanza con la Francia repubblicana sarebbe senza scopo per noi.

Il disarmo dei due paesi non sarebbe possibile. Questo argomento, prima del

1870, fu trattato con l'imperatore Napoleone, e, dopo tanto discutere, fu pro

vato che il concetto di un disarmo non può riuscire nella pratica. Non furon

trovati ancora nel dizionario i vocaboli i quali fissino i limiti del disarmo e del

l'armamento. Le istituzioni militari sono diverse nei varii Stati, e quando

avrete posto gli eserciti sul piede di pace, non potrete dire che le nazioni, le

quali hanno aderito al disarmo, siano nelle uguali condizioni di offesa e di

difesa.

Lasciamo questo argomento alla società degli amici della pace. -E allora, limitiamoci al trattato di alleanza pel caso che la Francia ci attacchi. -Prenderò gli ordini dall'imperatore per trattare in via ufficiale un'alleanza eventuale. L'ora essendo tarda, ed essendo esauriti gli argomenti, dei quali ero stato incaricato a trattare, mi levai, accennando alla partenza. Ed il principe:

-Resterete ancora a Gas te in?

-No, Altezza. Ogni permanenza in questi luoghi sarebbe inopportuna. Non ho dato il mio nome, né all'albergo di Europa a Salisburgo, né qui all'albergo Staubinger. Arrivederci. -Arrivederci.

(l) -Ed. in F. CRISPI, Politica estera, cit., pp. 21-29, con qualche leggera variante. (2) -Le parole fra asterischi sono omesse in CRISPr.
91

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO. NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 143. Pietroburgo, 17 settembre 1877 (per. il 24).

In una conversazione che ebbi ultimamente col Signor de Giers chiesi a

S. E. se era intervenuto un accordo politico in forma di trattato o di convenzione o in altra forma fra il Governo imperiale Russo ed il Governo Rumeno, relativamente alla partecipazione della Rumenia alla guerra attualmente combattuta in Oriente. Il Signor de Giers mi rispose che non fu stipulato, a sua notizia, nessun accordo fra la Russia e la Rumenia all'infuori della convenzione militare che fu a suo tempo comunicata al Parlamento rumeno, e che fu conchiusa direttamente dal Comandante in capo dell'esercito russo. Altri accordi particolari di indole non politica furono presi fra le amministrazioni russa e rumena intorno ad oggetti speciali, come il passaggio ed il trattamento delle truppe russe in Rumenia, il servizio delle strade ferrate e simili. Il Signor de Giers mi disse pure in questa circostanza che il Governo russo si astenne dal prendere qualunque impegno col Governo rumeno nell'occasione in cui questi dichiarò la propria indipendenza considerando che il regolamento definitivo di questa questione non compete alla Russia sola ma bensì a tutte le grandi potenze (l).

92

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI,

R. R. 737. Vienna, 17 settembre 1877 (per. il 22).

L'E. V., coi suoi successivi telegrammi del 14 settembre (2) invitavami a sospendere la partenza del Maggiore Majnoni, ove ciò non presentasse gravi inconvenienti, ed anzi col secondo di essi dicevami non poter prendere la disposizione da me annunciatale sotto la sua responsabiltà. Duolmi che quei telegrammi non mi siano pervenuti se non dopo la partenza di quell'ufficiale superiore, giacché qualunque potesse essere il mio personale apprezzamento, non avrei mancato di prontamente conformarmi alle impartitemi istruzioni. Tengo però ad assicurare l'E. V. che se non esitai ad assumere una responsabilità di cui non mi dissimulo la gravità, si fu perché ben altrimenti pesante sarebbemi stata quella a cui sentiva d'andar incontro facendo prolungare il soggiorno a Vienna del maggiore Majnoni. Fino a questo momento l'incidente di cui è caso, se compromise disgraziatamente la posizione del nostro addetto militare, non pregiudicò però ancora quella delle R. Ambasciata, che poté, sia in faccia del Governo Imperiale che del pubblico, rimanere illesa di qualsiasi appunto. Ma le cose erano giunte a segno che un lieve incidente di più avrebbe immancabilmente fatto oltrepassare la misura e forzatamente io avrei dovuto assumere a visiera alzata la difesa del nostro addetto militare. Allo stato delle nostre relazioni col Governo Imperiale, di cui la conversazione che io ebbi recentemente col conte Andrassy si è non dubbia espressione e tenuto conto della persistente mala disposizione dell'opinione pubblica in Austria-Ungheria contro l'Italia,,

di cui il linguaggio che ad ogni occasione i giornali della Monarchia tengono: contro di noi è prova manifesta, io non potevo dubitare che qualsiasi appoggio: qui per tutelare efficacemente la dignità del nostro paese, senza compromet-' tere più gravemente ancora le nostre relazioni internazionali, m'avrebbe fatto difetto. Già in occasione dei pericoli che avevano sembrato minacciare le im ..

munità guarentite dai trattati al nostro Console in Vienna, l'E. V. rispondendO' al telegramma (1), col quale Le chiedeva se eventualmente sarei stato autorizzato a difenderle sino agli estremi limiti, m'aveva fatto chiaramente intendere dover io evitare ogni atto compromettente. Tanto più quindi ritenni dover mio scansar il pericolo d'andar incontro a simili atti nel caso attuale in cui più non trattavasi d'una R. Autorità costituita e guarentita entro certi limiti dalle leggi internazionali, ma era invece in giuoco un funzionario governativo bensì, ma avente una posizione internazionale non ben precisata dal diritto delle genti e meno ancora dall'organizzazione che da noi si è voluta dare al servizio degli addetti militari alle missioni all'estero.

Molti esempi inoltre avevo presenti di fatti, in cui capi di missione all'estero aveano creduto saviamente agire allontanando immediatamente quei loro dipendenti la di cui presenza per qualsiasi circostanza avrebbe potuto dar luogo ad incidenti gravi di natura a compromettere le relazioni di Stato. Non esitai quindi ad appigliarmi al partito essenzialmente consigliatomi dalle considerazioni più sovra espresse. Io ho ogni ragion di credere che il procedimento già iniziato dal Potere giudiziario contro gli impiegati infedeli dell'arsenale di Vienna seguirà il suo regolare corso; da esso non potrà a meno d'emergere l'irresponsabilità in quella faccenda del maggiore Majnoni, ed ove poi si volesse, contrariamente ad ogni legittima supposizione, arrestar il corso della giustizia

o non dar pubblicità al suo verdetto, parmi saremmo sempre in tempo di ciò reclamare efficacemente con quelle ponderate forme diplomatiche che non danno campo di prodursi a quegli inattesi violenti incidenti che si irreparabile danno possono causare alle relazioni fra due stati già antecedentemente rese difficili da speciali circostanze.

Io non dubito che l'E. V. vorrà prendere in considerazione queste rispettose osservazioni, che, senza voler perciò menomamente declinare la responsabilità che mi son assunto, parvemi conveniente svolgerle a spiegazione del mio operato ...

(l) -Ed. in LV 24, p. 189. (2) -Non pubblicati.
93

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1895. Berlino, 18 settembre 1877 (per. il 26).

Dans mon dernier entretien avec le Secrétaire d'Etat, j'ai fait allusion à un démenti de nos journaux sur toute participation du personnel de l'Ambassade Royale en Autriche dans les faits de corruption imputés à quelques employés de l'Arsénal de Vienne.

M. de Btilow se disant très incomplètement renseigné sur cet incident, j'ai cru opportun -lors meme que je n'y fusse pas explicitement autorisé -de lui donner lecture en voie particulière et très confidentielle du télégramme de

V. E. en date du 15 courant (1). Il m'en a beaucoup remercié.

A son avis le Cabinet de Vienne ou du moins les feuilles de cette capitale et de Pesth ont fait trop de bruit, mieux eut valu jeter un voile sur cette affaire. Néanmoins on ne saurait toujours d'après son opinion personnelle approuver certains moyens parfois employés pour découvrir des secrets dont la valeur est souvent très sujette à caution. Ainsi durant nombre d'années, l'Ambassade de Russie à Constantinople et ses agents de différentes catégories n'auront sans doute rien négligé pour se procurer tous les renseignements possibles sur les ressources, sur les forces dont la Turquie disposerait en cas de guerre. Or les événements qui se passent aujourd'hui dans la Pénisule des Balkans démontrent que ces renseignements n'ont pas été d'un grand secours à l'armée d'invasion.

S. E. M. de Biilow ignorait, en partie du moins, les détails contenus dans le télégramme précité, j'en attribue la cause à ce que ces détails auront été probablement transmis tout d'abord et d'une manière plus complète au Ministère de la guerre, duquel dépend l'attaché militaire d'Allemagne. S'il se trouvait une lacune dans les rapports du Comte de Keller, il convenait de la remplir par nos propres explications, qui établissent que de notre part il n'y a eu qu'une imprudence à la charge de M. le Chevalier Majnoni. Au reste, M. de Biilow l'avouait lui méme, il est de notoriété publique combien sont fréquentes à Vienne les offres de dessins, plans, inventions militaires. Dans ces circonstances, c'est en quelque sorte faire preuve de discrétion que de se borner à recevoir, de seconde main, des révélations. Quelque explicable, quelque excusable qu'ait été le mode d'agir de notre attaché militaire, le manque de précautions, réputées superflues, n'a pas ~oins eu pour effet d'éveiller des soupçons et de mettre à découvert son collègue allemand.

M. de BUlow a eu le tact de n'énoncer à cet égard aucun blàme direct, tout en regrettant les clameurs de la presse austro-hongroise. De men còté j'ai d'une à établir qu'on ne saurait faire peser exclusivement sur nous l'odieux d'une affaire, où ne devrions figurer que très à l'arrière plan, en suite des confidences reçues d'un autre attaché militaire par le Chevalier Majnoni.

Je dois constater que les journaux d'ici se sont bornés à relater l'incident, sans le grossir à outrance; quelques uns d'entre eux se so n t méme appliqués à en atténuer la portée.

En accusant réception de la dépéche n. 547 (1)...

(l) Non pubblicato.

94

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 553/197. Londra, 18 settembre 1877 (per. il 20).

Credo far cosa opportuna collo spedire quest'oggi, per la via postale, alla

E. V. un libro recentemente pubblicato dal Cardinale Manning, avente per titolo: the independence of the Italy See.

Come sa l'E. V., nei tempi addietro, il Cardinale Manning esprimeva, apertamente, la sua speranza di vivere abbastanza per vedere la conciliazione fra l'Italia ed il Papato. Quest'opinione essendo stata interpretata al Vaticano come contraria ai disegni della Santa Sede, il Cardinale Manning dovette andare a Roma se non per giustificare almeno per meglio spiegare il proprio pensiero. Frutto di quel viaggio fu il discorso da lui pronunciato, alcun tempo fa, sulla necessità per il Papa del potere temporale, e del quale io mandai un rendiconto stampato a cotesto Ministero. Il nuovo libro, dianzi accennato, del Cardinale Manning può considerarsi come una parafrasi di quel discorso.

Bisogna, certamente, tenere conto di tale scritto, imperocché desso dimostra vieppiù, come il Vaticano sappia piegare, sotto la propria volontà, anche gli spiriti che sembrano aver diritto a qualche indipendenza; e perché il Cardinale Manning essendo dagli Inglesi, anche protestanti, designato come Candidato alla Sede Pontificia, conviene badare a questa nuova manifestazione di quello eminente Personaggio.

(l) Non pubblicato.

95

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 865. Terapia, 18 settembre 1877 (per. il 25).

I colloquiai che il Ministro degli Affari Esteri aveva ieri coi Rappresentanti Esteri si risentirono necessariamente delle notizie dei recenti successi.

Dopo aver discorso con me dei fatti d'armi, delle disfatte dei Russi a Plewna, della presa di Schipka, dei movimenti di Mehemed Alì Pacha nella direzione di Sistova, si venne a parlare degli effetti che essi avrebbero sulla situazione generale. Io usai naturalmente della più grande riserva nel mio discorso. Però essendo venuti a toccare della possibilità di ristabilire la pace, S. E. diceva la Sublime Porta essere sempre animata dal desiderio di far cessare la lotta, ma sarebbero a prendersi delle precauzioni affine di prevenire la costante minaccia da parte della Russia di piombare sulla Turchia tostoché se ne presentasse l'opportunità. Non intesi bene il significato di quelle parole, né giudicai opportuno di rilevarle. S. E. faceva evidentemente allusione a garanzie da domandarsi alla Russia, e cercai poi di scoprire di quali garanzie intendesse parlare. Trassi dunque da fonte generalmente bene informata essere nata presso questi Governanti l'idea di domandare, come garanzia per l'avvenire, la cessione alla Turchia d'una parte del territorio russo del Caucaso, nel quale si ricondurrebbero i Circassi, e si stabilirebbe così un forte baluardo di difesa da quella parte. Mentre ancora tuonava il cannone di Plewna non mi parve opportuno di addentrarsi in questo argomento.

Ho ragione di credere che di queste pretese di garanzia fosse già informato

l'Ambasciatore Austro-Ungarico. Ma niuna parola ne fece Server Pacha al Prin

cipe di Reuss. La conversazione seguita ieri tra il Ministro degli Affari Esteri

e l'Ambasciatore Germanico versò principalmente sulle cose militari. Il primo

ammetteva come un fatto compiuto l'intiera disfatta dei Russi ed il prossimo

passaggio di questi al di là del Danubio, e domandava al suo interlocutore se i Turchi non avrebbero il diritto d'inseguirli, poiché in fine dei conti oltre il fiume continuava il territorio Ottomano. Sua Altezza, avendo risposto evasivamente, il Ministro ripeteva la questione; cui il Principe replicava la Turchia essere in guerra con la Russia e colla Rumania, epperò essere in diritto d'inseguirli nel loro territorio. Domandavami poscia il Principe quale potesse essere a mio avviso lo scopo di quel discorso, e rispondevo aver forse S. E. voluto intimidire affine d'inspirare l'idea di mediazione, la quale supposizione sembrava ovvia anche a Sua Altezza.

Piuttosto viva era la conversazione tra il Ministro degli Affari Esteri ed il Rappresentante di Grecia. Faceva il primo intendere a questo il Governo Ottomano potrebbe ora fare assai male alla Grecia; cui il Signor Coundouriotis rispondeva non aver questa alcun timore, la Turchia poteva attaccarla se lo credeva conveniente, la Grecia saprebbe difendersi. Protestava allora il Ministro non aver la Sublime Porta alcuna intenzione ostile verso la Grecia, e la conversazione continuava sopra più miti soggetti.

Queste furono parti delle conversazioni che ieri seguirono al Yali del Ministro degli Affari Esteri, e delle quali io ho l'onore di dare all'E. V. riservatissima conoscenza. E d'altra parte s'intende la Sublime Porta vagheggiare eziandio il progetto di deporre i Principi di Serbia e di Rumania.

Sarebbe per me prematuro d'entrare ora in commenti sopra le presenti aspirazioni della Sublime Porta. I fumi del cannone ispirano forse sentimenti che si calmeranno col diradarsi di essi. Ma sta di fatto che se le vittorie dei Turchi sono complete, la situazione politica d'Europa ne sarà grandemente modificata, e l'E. V. che conosce esattamente le disposizioni delle Grandi Potenze sarà meglio di me in grado di giudicare nella sua saggezza degli effetti che saranno per derivarne.

96

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 481. Roma, 19 settembre 1877, ore 22,27.

J'ai lieu de craindre que nous consu~s. vice-consuls et agents consulaires sur le théàtre de la guerre, n'observent pas tous la précaution de s'abstenir de toute correspondance en matière politique et surtout en matière militaire avec nos agents dans les localités ... (l) par l'autre belligérant. Je vous prie d'adresser immédiatement soit aux consuls, soit aux vice-consuls et agents consulaires n'ayant pas actuellement des communications faciles avec leurs chefs, des instructions formelles et précises sur ce sujet délicat. Ceux qui ne peuvent pas correspondre régulièrement avec leurs chefs doivent adresser leur correspondance au ministère.

(l) La parola manca nell'originale.

97

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO DELL'INTERNO, NICOTERA

D. 199. Roma, 19 settembre 1877.

Il Duca Decazes ha detto, jeri, al R. Incaricato d'Affari in Parigi essergli pervenuto avviso che certo Enrico Croce deve inalberare, domani, ricorrendo l'anniversario dell'ingresso delle RR. truppe in Roma, la bandiera di Nizza velata a bruno. Il Ministro francese degli Affari Esteri fa una istanza perché sia impedita una simile dimostrazione, e il sottoscritto stima che basti segnalare la cosa al suo Onorevole Collega dell'Interno perché siano tosto presi i provvedimenti necessari per evitare un incidente che potrebbe avere gravi conseguenze.

La presente occasione torna, poi, opportuna per raccomandare altresì a codesto Dicastero che siano pigliate efficaci misure, per impedire ad ogni costo che nella commemorazione di domani figurino, come purtroppo è accaduto già altre volte, bandiere ed emblemi attinenti al Trentina ed a Trieste. Nelle attuali contingenze un fatto di simile natura potrebbe suscitare, nei rapporti col Governo Austro-Ungarico, complicazioni che è assolutamente mestieri di evitare.

98

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1896. Berlino, 19 settembre 1877 (per. il 25).

C'est autour de Plewna que se décidera le sort de la guerre dans sa période actuelle. En attendant les Russes n'ont encore réussi ni à vaincre ni à isoler Osman Pacha. Des détails exacts font défaut sur la marche des opérations vers le Loemet la Jantra. Mais, de l'ensemble des nouvelles il résulte que l'armée du Tsar se trouve dans une position critique, et tout laisse prévoir que la campagne de cette année ne sera pas suffisante pour amener l'apaisement de l'Orient.

La situation resterait donc incertaine, et confuse durant plusieurs mois. Aussi M. de Biilow dans un entretien que j'ai eu hier avec lui se montrait préoccupé d'une semblable perspective. Une prolongation de la crise apporterait de nouveaux dommages au commerce et à l'industrie déjà si rudement éprouvés, et laisserait la porte largement ouverte a l'imprévu.

J'ai fait l'observation qu'il semblerait peu probable que la diplomatie ne cherchàt pas à mettre l'hiver à profìt en combinant quelque tentative de médiation. Le Secrétaire d'Etat a éludé de répondre sur ce point. Il est vrai que, cinq jours avant, il avait énoncé l'avis que ni l'un ni l'autre des belligérants, pour le moment du moins, ne faisaient mine de vouloir recourir aux bons offices des Puissances (voir Rapport n. 1894) (1).

C'est aujourd'hui meme, ainsi que S. E. m'en avait informé, que le Comte Andrassy et le Prince de Bismarck se rencontreront à Salzburg. Le journal officieux, la Provinzial Correspondenz en parle dans l es termes suivants: «ces deux hommes d'Etat dont l'entente intime et cordiale a tant contribué, depuis une série d'années, à assurer les bienfaits de la politique commune aux trois Empires, devaient attacher le plus grand prix à un échange d'idées sur les moyens et les voies les plus appropriés à l'accomplissement ultérieur de leur importante tache ».

Ce langage n'est pas une révélation sur ce qui aura été dit, ou concerté dans l'entrevue. Peut etre apprendra-t-on plus tard quelque chose de moins vague. Au reste, l'Autriche n'a pas la main très libre dans le choix d'une attitude qui lui est tracée par ses conditions intérieures; et surtout par l'influence prépondérante du Cabinet de Berlin. Or, celui-ci, sauf une participation directe à la guerre, entend preter à la Russie tous les services possibles d'une neutralité la plus bienveillante. C'est évidemment dans ce sens que le Prince de Bismarck continuera à s'employer auprès du Comte Andrassy. De son còté, l'Autriche Hongrie se montrera maintenant de bien meilleure composition envers une Russie, si non vaincue, du moins dans de très graves embarras, qu'envers une Russie victorieuse et exigeante dans ses prétentions.

99

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. 738. Vienna, 19 settembre 1877 (per. il 22).

Credo opportuno porgere all'E. V. qualche maggiore spiegazione intorno ad un incidente non senza importanza, che ebbe a verificarsi nello spiacevole affare in cui si trova implicato il Maggiore Majnoni.

Il giorno stesso in cui il nostro Addetto militare doveva partire pel campo

di Kaschau, come ebbi a riferire a V. E., il Conte Andrassy assicuravami l'Im

peratore desiderava non si astenesse dal presentarsi al suo seguito, per non

dare maggior peso alle voci poste in giro dalla stampa; al tempo stesso pro

mettevami che avrebbe portato immediatamente a conoscenza di Sua Maestà,

a seconda del desiderio da me espressogli, quanto per considerazioni di alta

delicatezza eragli stato da me detto a riguardo dell'intervento di quell'ufficiale

al seguito Imperiale. L'E. V. già sa come quest'impegno non sia stato tenuto,

e come il Conte Andrassy se ne sia meco scusato spiegandomi la cosa come

una dimenticanza da parte sua, di cui Egli professavasi dolentissimo. Per chi

conosce il Ministro Imperiale per gli Affari Esteri, questa spiegazione non

può parere inattendibile; ma in verità non cosi facilmente si spiegherebbe

Il -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

l'assicuranza datami che Sua Maestà desiderava il Maggior Majnoni avesse ad accompagnarlo al campo, contrapponendola al linguaggio tenutogli in proposito dall'Aiutante generale F.M.L. Beck a Kaschau. A questo riguardo il Conte Andrassy non fu in grado di fornirmi spiegazioni appaganti. Egli dissemi avere antecedentemente interpellato Sua Maestà se credesse forse il caso, visto la pubblicità che la stampa aveva dato all'incidente dell'Arsenale, di pregare gli Ambasciatori d'Italia e di Germania, d'invitare i loro Addetti militari, a scanso d'inconvenienti pur possibili, ad astenersi dal presentarsi al Quartiere generale Imperiale. Ma Sua Maestà avergli risposto di non farne niente, sembrandogli meglio evitare di dare in quel modo nuovo appiglio ai commenti della stampa. In base a ciò egli aveva invitato il Conte Stolberg, come avevalo del pari fatto meco, a far partire per Kaschau, come se niente fosse, i nostri addetti militari. Nel ciò dirmi Egli sembrava volere rigettare la colpa di ciò che era poi accaduto sul Generale Beck, senza però dirlo precisamente, giacché da me solamente ne aveva contezza; non avendo ancora potuto vedere l'Imperatore, assente da Vienna. Io ascoltai questa spiegazioni senza mostrarmene soddisfatto, anzi valendomene per porre in sodo la causa essenzialissima di quanto era avvenuto a Kaschau era stato la dimenticanza, di cui Egli si riconosceva il torto; spettargli quindi maggiormente il dovere d'impiegarsi con ogni mezzo a fine di diminuire le gravi conseguenze che tutto ciò potrebbe avere per le già così alterate buone relazioni tra i due Governi: giacché non mancai d'insistere sulla penosissima impressione, che già produceva in Italia il linguaggio infamemente spudorato, che traendo pretesto da questo disgraziato incidente, la stampa austro-ungarica teneva da alcuni giorni a riguardo del nostro Paese. Con insistenza quindi io reclamava s'inserisse in un giornale autorizzato un comunicato atto a parvi un freno. Ne discutemmo insieme lungamente i termini, S. E. ammettendo in principio la convenienza della cosa, ma accampando difficoltà quasi insormontabili alla sua pratica attuazione. Ci lasciammo finalmente, io insistendo sempre sulla necessità assoluta di far ciò che chiedeva, Egli assicurandomi che andava ad occuparsi del modo di soddisfare al mio desiderio entro i limiti a Lui possibili. Leggo oggi nel Fremdenblatt una piccola notizia, che potrebbe essere il modo veramente insufficiente, col

quale il Conte Andrassy avrebbe creduto adempiere all'impegno assuntosi.

(l) Non pubblicato.

100

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. 276. Ginevra, 19 settembre 1877 (per. il 21).

Da rapporti fattimi dall'agente segreto di questo Consolato, ed in seguito a quanto fu detto nelle discussioni segrete al Congresso di Verviers, risulta che l'Internazionale in Italia non sarebbe da se stessa pericolosa se non fosse fomentata, alimentata dall'estero.

È dall'Estero che partono tutte le istruzioni per promuovere disordini, istruzioni, che vengono impartite sotto forme teoriche nei varj congressi dell'Internazionale.

La Francia dovrà traversare un brutto quarto d'ora al momento delle elezioni, sia che queste riescano favorevoli al Governo oppure contrarie. Si prevede che uno dei due partiti sarà trascinato nella lotta.

Ecco ciò che si discute, e da molto tempo nella sezione di propaganda Rivoluzionaria di Ginevra.

Dai Comunardi di qui si formeranno delle bande armate per entrare in Francia al primo cenno; a Parigi altri, che fanno propaganda rivoluzionaria comunista, sino da oggi cercano di approfittare della lotta per innalzare il vessillo della Comune. Infatti, il noto Getti che travasi a Ginevra, ha ordine di tenersi pronto a partire per Parigi e portare istruzioni. Fin dall'epoca della caduta del Gabinetto Jules Simon, gl'internazionalisti volevano entrare in Francia, ma si differì la cosa, poiché erano sicuri di non riescire nel colpo.

In oggi la Comune in Francia sarebbe pericolosa per l'Italia, poiché, dopo tutti i patti di solidarietà stretti fra gli Internazionalisti d'Europa, la Comune francese darebbe un contingente per tentare una insurrezione in Spagna ed in Italia. Ed il Costa è sicuro di questo ed è perciò che grida che il giorno della ghigliottina non è lontano.

I comunardi di Ginevra sono sicuri che la Francia insorgente andrebbe diritta alla Comune, e, ciò verificandosi, ai rivoluzionarj d'Italia non mancherebbero armi, denari ed uomini.

Il fatto, benché ora sia ancora in embrione è grave, ed io, quantunque rimanga persuaso che questi sforzi degli internazionalisti sono tuttora tragicomici, tragici per le vittime delle loro ore di pazzia e per essi quando sono presi sul fatto, comici per chi li osserva, pur tuttavia cercherò di stare al corrente delle mene che si svolgono.

La Francia insorta darebbe coraggio a tutte le sette brutali dette socialiste che infestano la Russia e tenterebbero anche queste un colpo di mano. Prendendo le misure opportune per tempo, i Governi possono scongiurare tale pericolo. Qui unito ho l'onore di trasmettere a V. E. il Bollettino n. 93, Bureau Federale (l) .

101

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 629. Pietroburgo, 20 settembre 1877, ore 22 (per. ore 23,05).

M. de Giers que j'ai eu l'honneur d'interroger aujourd'hui m'a assuré qu'il n'a jamais dit à l'ambassade d'Autriche d'avoir entendu exprimer par l'ambassade d'Italie une plainte quelconque sur l'accueil fait à Vienne à la démarche

de l'Italie en faveur du Monténégro ni d'avoir été interrogé sur ce que le Cabinet de Russie pensait de cet accueil. M. de Giers s'est borné à dire au conseiller de l'ambassade autrichienne qu'il avait appris par M. de Novikoff que la réponse du Cabinet autrichien était dilatoire. La présent télégramme avant d'etre expédié a été lu et approuvé par de Giers.

(l) Non si pubblica.

102

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1898. Berlino, 20 settembre 1877 (per. il 26).

S. E. M. le Chevalier Crispi, dont la dépeche ministérielle n. 534 (l) m'annonçait le voyage d'agrément à l'étranger, est arrivé ici le 14, et je me suis empressé de le mettre en rapport avec les hautes fonctionnaires auprès desquels il tenait à sonder le terrain sur une question de législation internationale. J'avais eu soin de prévenir le Secrétaire d'Etat de la visite de S. E. Il lui a fait le meilleur accueil, et s'est chargé de télégraphier aussitòt au Chancelier tous les regrets de M. Crispi s'il devait quitter l'Allemagne sans s'aboucher avec Son Altesse. Peu après un télégramme du Prince de Bismarck faisait savoir que du moment où il s'agissait du Président de notre chambre des députés, il était pret, lors meme qu'il se trouvàt en congé, à admettre une exception.

Son Altesse lui laissait le choix ou de venir à Gastein, ou d'attendre son prochain passage à Berlin.

M. Crispi se décida pour la première alternative, estimant avec raison que mieux valait faire acte de présence avant qu'après l'entrevue de Salzburg. Il partait donc dès le 15 au soir, et le surlendemain il était au rendez-vous. J'avais eu soin de l'avertir que son interlocuteur aimait à tenir le dé de la conversation, à la diriger à son gré. C'est par qualques phrases placées à propos qu'on parvient à l'amener, ou à le ramener sur les points, où il importe de chercher à pénétrer ses vues. Je m'étais appliqué aussi à indiquer dans quel courant d'idées se mouvait la politique étrangère dans ce pays, pour autant du moins qu'il m'a été permis d'en porter un jugement basé sur ma propre impression. Tout m'induisait à croire que le langage du Chancelier de l'Empire ne serait que la paraphrase de celui qui m'avait été tenu par lui meme, ou en son nom, par le Secrétair d'Etat.

En effet, d'après le récit de M. Crispi, les deux questions qui préoccupent le plus le Prince de Bismarck, ce sont la France et les agissements du Vatican. Sur le premier point, il convient d'attendre le résultat des élections qu'on voudrait voir aboutir à la consolidation d'une république sachant maintenir les éléments dangereux de la réaction et de l'ultramontanisme. Quant au second point, le Prince prenait à parti le Pape, en laissant délicatement entendre que l'influence du Vatican s'exerçait peut etre dans une trop grande mesure en Italie.

M. -Crispi s'est appliqué à combattre cette supposition.

Relativement aux affaires Orientales, M. de Bismarck a rappelé quelle était la position de l'Allemagne. Le comble de ses désirs a été atteint et peut étre méme dépassé dans ses guerres. Elle ne convoite aucun nouveau territoire, et surtout il lui répugnerait au plus haut dégré d'obtenir un accroissement de sa population catholique. Vu l'étendue considérable des frontières de l'empire entouré de Puissances de premier ordre, il lui importe avant tout de suivre une politique pacifique, et de bon voisinage, et partant d'éviter tout ce qui pourrait compromettre ces rapports. Il attache entre autres un prix tout particulier à ses relations avec la Russie et ses efforts tendent à conserver l'amitié entre cette Puissance et l'Autriche. C'est à ce point de vue qu'il s'emploie à ce qu'il ne surgisse entr'elles aucun froissement dans la question d'Orient, question qui du reste ne touche que fort indirectement l'Allemagne.

M. Crispi a fait observer que l'Italie aussi ne négligeait rien pour vivre en bons termes avec ses voisins. Il ne lui est cependant pas rendu entière justice par l'Autriche-Hongrie, qui méconnait ses intentions. On nous attribue des velléités de conquéte, tandisque nous ne cessons de déclarer que nous ne visons qu'au maintien du statu qua territorial, nommément en Turquie. Si, par exemple, le Cabinet de Vienne se préparait à une occupation de la Bosnie et de l'Herzégovine, nous ne saurions voir d'un reil indifférent une combinaison qui modifierait gravement à notre désavantage et sans compensation les conditions d'équilibre vers l'Adriatique. C'est dans le but de prévenir une semblable combinaison, que notre Gouvernement a invoaué les bons offices du Cabinet de Berlin, et c'est probablement là le motif du mauvais vouloir qu'on nous témoigne à Vienne.

Néanmoins nous serions heureux si le Prince de Bismarck réussissait à ramener le Comte Andrassy à des appréciations plus équitables sur notre compte.

Le Prince de Bismarck se montrait disposé, lors méme que M. Crispi n'en eut pas fait directement la demande, à accepter la tàche d'adoucir le sentiment de mauvaise humeur qui lui était signalé; mais, ajoutait-il, il éviterait de parler de la Bosnie et de l'Herzégovine.

D'ailleurs la marche des opérations militaires dans la Péninsule des Balkans conseille à l'Autriche une attitude expectante, et par conséquent la question qui nous tient à creur est réléguée à l'arrière plan. « Pourquoi ne songeriez vous pas à l'Albanie? ».

V. E. se souvient que la méme interrogation m'a été aussi faite.

M. Crispi, a su répondre avec beacoup de tact en démontrant que nos intéréts ne seraient pour autant nullement sauvegardés, et que si les événements devaient s'acheminer à un partage de la Turquie, une rectification de frontières englobant non pas Trieste mais le Trentina, satisferait mieux nos convenances, dans le cas où chaque Puissance se croirait appelée à faire valoir ses propres intéréts; mais ce que nous voulons, c'est avant tout la paix, et nous ne tirerions certainement pas l'épée, pour la revendication du Tyrol Italien.

Il m'a paru intéressant de référer les détails marquants de cette conversation, en attendant que M. le Chevalier Crispi en écrive lui-méme mieux que je ne saurais le faire. Il a été à méme de constater que le Chancelier s'est exprimé très amicalement pour l'Italie. On doit savoir gré à S. E. d'avoir su se ménager cette entrevue, surtout à la veille de la rencontre de Son Altesse avec le Comte Andrassy. Je ne doute pas que l'excellente impression emportée par le Prince après la visite du 17, aura eu un contre-coup favorable dans sa rencontre du lendemain avec le Ministre des Affaires Etrangères d'Autriche Hongrie. M. Crispi, pour n'avoir pas mème l'apparence d'exercer en quelque sorte un contròle, partait directement de Gastein (en ne faisant que traverser Salzburg) pour Miinich, d'où, après un court arrèt, il est retourné à Berlin.

Jusqu'ici aucun journal n'a ébruité ces allées et venues. Et cependant, plusieurs députés du Landtag et du Reichstag, étaient aux aguets, car il leur tarde de témoigner de leur sympathie pour le Président de la Chambre Italienne.

Je me réserve dans un rapport d'une autre série d'écrire à V. E. sur les dispositions rencontrées par S. E. M. Crispi relativement à ce qui concerne le contenu de la dépèche commerciale n. 569 (1). Je me bome à mentionner que le Prince Bismarck a accueilli l'idée d'une manière plutòt favorable. En se prètant à réaliser cette idée, disait-il, ce serait de la part de l'Allemagne une manifestation de bon vouloir à l'égard de l'Italie et par conséquent un motif de plus à l'appui.

(l) -Non pubblicato, ma cfr. n. 45.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. 739. Vienna, 20 settembre 1877 (per. il 27).

Non ho mancato nell'ultima conversazione che io ebbi col Conte Andrassy di adempiere all'incarico, che l'E. V. affidavami col suo ossequiato dispaccio del 10 corrente (2). Anzi avendo portato meco quel foglio, credetti conveniente tradurgliene alcuni periodi, per meglio persuaderlo dell'erroneità delle informazioni da Lui avute intorno alla comunicazione che l'E. V. aveva fatto fare a Pietroburgo a riguardo dell'iniziativa diplomatica che il R. Governo aveva creduto prendere a Vienna a favore del Montenegro. Ma duolmi il dover dire che per quanto io mi sia studiato di chiarire la lealtà e correttezza di procedere del

R. Governo in tale circostanza, forza mi fu convincermi che io non riusciva a modificare sostanzialmente la prima impressione, che ne aveva provato il Conte Andrassy e che Egli m'aveva manifestato.

Purtroppo allorché la diffidenza s'infiltra nelle relazioni fra due Governi e vi prende piede, alimentata probabilmente da altri Governi, che credono di vantaggiarsene, anche i fatti più naturali s'interpretano male, e le più franche spiegazioni più non raggiungono il segno. Più che mai ebbi a convincermi di ciò in questa circostanza, ed anzi il feci chiaramente capire al Nobile Conte, perché avendomi Egli detto: che non c'intendeva più, gli risposi essere dolente di constatare la reciprocità della cosa.

Ciò stando, manifesto si è che pur volendo conservare regolari relazioni col Gabinetto di Vienna, e scansare incidenti, che potrebbero condurre ad un risultamento, che a mio giudizio, nelle condizioni attuali d'Europa, ci conviene assolutamente di evitare, dobbiamo astenerci, nel modo il più completo, dal ricercare per qualsiasi ragione e sotto qualunque forma, un impossibile scambio d'idee con questo Governo, anche su questioni secondarissime. Un'assoluta dignitosa riserva, abbastanza prolungata per non sfuggire all'attenzione del Governo Imperiale sarebbe, a mio avviso, come già altre volte ebbi a dirlo, il solo mezzo atto a modificare l'attuale situazione; ad ogni modo capace a non pregiudicarla più gravemente ancora (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 76.
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IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CRISPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS

(ACS Carte Crispi) (2)

L. P. Berlino, 20 settembre 1877.

Ieri da Monaco di Baviera ti trasmisi in cifra il seguente dispaccio telegrafico:

«Ebbi a Gastein una conferenza di due ore con Bismarck. Accetta trattare per un'alleanza eventuale, qualora Francia attacchi. Accetta art. 3 del Codice civile quale dimostrazione politica. Rifiuta trattato eventuale contro Austria. Quistione orientale non tocca interessi Germania. Prenderà ordini dall'Imperatore onde trattare ufficialmente. Scrivimi a Berlino».

A Sua Maestà che avevo promesso tenere informato dello stesso argomento, telegrafai, anche in cifra, nei seguenti termini:

«J'ai parlé avec Bismarck.

Il accepte traiter alliance défensive et offensive dans le cas où la France nous attaque. Il prendra les ordres de S. M. l'Empereur pour traiter officiellement. Je retourne à Berlin toujuors aux ordres de Votre Majesté ».

Ti avverto che nulla ho detto a De Launay delle mie pratiche per l'alleanza, con lui essendomi soltanto limitato a discorrere dell'articolo terzo del Codice civile. Eccoti intanto come sono andate le cose.

Giunsi in questa città il 14 alle 7 del mattino. A mezzogiorno fui a trovare il Barone d'Holstein, al quale manifestai il desiderio di vedere il Principe di Bismarck. Egli affacciò varie obbiezioni di forma e di sostanza.

Il Principe è a Gastein. Una visita colà, essendo una località molto piccola, salterebbe agli occhi di tutti e darebbe occasione ad ampii commenti nella stampa europea. Sarebbe più conveniente vederlo qui, in una grande città molte cose potendo farsi senza che il pubblico se n'accorga.

Soggiunse che il Principe sarebbe lieto di vedermi e di parlarmi, essendo già stato avvertito del mio viaggio in Germania. Queste erano le idee statemi espresse sulla sostanza.

In quanto alla forma lo Holstein fu d'avviso, che bisognava valersi del Signor Barone di Biilow, onde chiedere una udienza dal Principe. Nel Ministero degli esteri havvi disciplina, e non si osa far cosa alcuna fuori della gerarchia. «Del resto il Biilow, egli conchiuse, è nella piena confidenza del Principe, anzi a questi tempi è il vero Ministro degli affari esteri in assenza del Gran Cancelliere>>.

Fui introdotto dal Signor Biilow. È un uomo sui 60 anni, gentilissimo, * pieno di modi * (l) e che mi accolse come un vecchio amico. Egli sapeva, che sarei venuto a Berlino, essendone stato informato dal Conte De Launay. Dopo una discussione generica sugli interessi politici della Germania e dell'Italia, dopo aver convenuto che le due nazioni, avendo gli stessi principii a sostenere, lo stesso nemico da combattere, bisogna che fossero unite e concordi, il Biilow promise che avrebbe scritto al Principe e che lo avrebbe prevenuto del mio desiderio di vederlo.

II 15 Btilow ed Holstein vennero a cercarmi all'albergo, ma io ero uscito. L'Holstein mi scrisse poscia, che aveva da darmi qualche notizia. Andai subito e seppi, che il Principe aveva risposto affermativamente e che mi aspettava a Gastein. Senza metter tempo in mezzo la sera alle 8 partii, ed in 17 ore fui a Monaco, donde andai a Salisburgo e vi pernottai. II 17 alle 9.45 del mattino presi la via di Lend, dove arrivato alle 2 pomeridiane fittai una vettura, la quale in sei ore mi portò a Gastein. Da Lend, salendo la montagna, dalla quale si precipita l'Ach, la strada è difficile ed i cavalli stentano a camminare. Si entra in una gola detta il Klamm-Pass, stretta, scura, fredda, donde poi si esce nella vallata di Gastein, tortuosa, lunga parecchie miglia. Le cime del Klamm-Pass ed i monti della vallata erano coperti di neve, ed io non mi ero provvisto di forti abiti onde ripararmi dal freddo.

Giunto a Gastein, ch'è alla fine della vallata, anzi sotto la cima del Reichenberg, ero stanco e mi sarei volentieri riposato. Non ostante ciò, trasmisi una carta e poscia scrissi un biglietto al Principe di Bismarck, il quale mandò subito il suo segretario per iscusarsi che non poteva venire lui stesso di persona per la sua malferma salute, ma che mi avrebbe subito ricevuto. Andai e stettimo insieme dalle 7Yz alle 10 di sera, discorrendo tutto ciò che di interessante presenta l'Europa e che, per quanto specialmente ci riguarda, troverai in sunto nei precedenti telegrammi.

Della nostra conferenza avrai una ampia relazione (2). Per ora di tirò che, se per la quistione d'Oriente non esiste un trattato scritto fra i tre imperatori, sono fissate però da loro le condizioni secondo le quali in date evenienze la quistione medesima dev'essere sciolta. Se la Russia si avanzerà *vittoriosa*, l'Austria occuperà la Bosnia e l'Erzegovina ed, in caso di una ripartizione del territorio turco, se le annetterà.

Avendo io osservato, che l'Italia non potrebbe vedere indifferente l'ingrandimento dell'Austria alla sinistra dell'Adriatico, Bismarck mi rispose: «prendetevi l'Albania». Ed avendogli dichiarato che non avevamo che farne, e che bisognava egli frapponesse, perché ci fosse dato un compenso con una rettificazione delle frontiere dalla parte delle Alpi, mi osservò che di ciò non si

poteva parlare a Vienna, e che la Germania, amica delle due potenze, doveva desiderare e procurare la pace tra l'Austria e l'Italia, e che nello stato attuale e finché l'Austria non mutasse politica, doveva tenere il silenzio onde non suscitare sospetti.

Or io sarei d'avviso che, stante gli insuccessi russi ed in previsione d'una ripresa d'armi in primavera convenisse parlare chiaro e franco a Vienna e Londra, e dir netto il nostro pensiero. Intanto bisognerebbe affrettare i nostri armamenti e provare che anche noi abbiamo tutti gli argomenti per farci ascoltare.

La mia corsa da Berlino a Gastein fu un mistero. A Salisburgo ed a Gastein agli alberghi non fu rilevato il mio nome. De Launay seppe la mia visita a Bismark, ma secondo le tue istruzioni gli tacqui il vero scopo della visita.

E qui fo punto per oggi...

(l) Annotazione marginale: «A Pietroburgo l" ottobre 1877 >>.

(2) Ed. in F. CRISPr, Politica estera, cit., pp. 31-34.

(l) -Le parole fra asterischi sono omesse in CmsPI. (2) -Cfr. n. 90.
105

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

(Carte Coni)

L. P. Vienna, 20 settembre 1877.

Ti ringrazio per la tua lettera del 12 (1), e vorrei in contracambio mandarti qualche notizia interessante, ma da nessuna parte ci viene fin qui un po' di luce.

La sorte della guerra parmi irrevocabilmente decisa in Bulgaria contro i Russi, più non si tratta anzi che di prevedere i limiti del disastro che li aspetta. Forse Bismarck ed Andrassy avranno ieri concretato il da farsi onde scongiurare un cataclisma le di cui conseguenze potrebbero essere incalcolabili; ma non si saprà così presto se accordi in tal senso effettivamente si conchiusero e quali essi siano. Intanto le dimostrazioni veramente nazionali in Ungheria assumono un carattere imponente ed il Gabinetto di Vienna non potrà a meno di tenerne conto nelle decisioni a prendersi.

Avrai conoscenza dai giornali di un disgraziato incidente in cui il nostro addetto militare qui è implicato e anzi ben ingiustamente accusato in prima linea. Pur troppo speciali circostanze impediscono si dica come stanno effettivamente le cose, e non potendosi palesare la verità vera, la menzogna si fa strada e le relazioni fra i due Paesi già così alterate in questi ultimi tempi stanno per andare in completa rovina. Ti accerto che la mia posizione si è fatta ben poco invidiabile!

Vorresti sapere qualcosa sui probabili prossimi rimpasti del nostro Ministero, ma non sono in grado di servirti, poiché a quanto sembra neppure a Roma si prevede come questi si verificheranno. Generalmente credesi che Crispi piglierà il posto di Melegari, che a quanto pare tutti sian d'accordo a voler

eliminare. Non conosco affatto Crispi, non sono quindi in grado di apprezzare se egli possiede quella bussola atta a guidar la nostra nave in mezzo alla burrasca che minaccia l'Europa tutta, e che non conviene dissimularci abbiamo mostrato d'aver smarrita!

Tu mi parli dei tuoi guai, come vedi i miei sono peggiori dei tuoi, ti consoU quindi il confronto.

Turkan-bey è oltremodo felice della sua nomina a Roma, lo conosco troppo poco per poterlo giudicare altrimenti che sulle apparenze, queste però devo dire esser molto simpatiche. Tra breve lo vedrai a Costantinopoli dove si recherà a prendere le sue credenziali, tostò sarà qui giunto Essad.

(l) Non pubblicata.

106

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 631. Vienna, 21 settembre 1877, ore 16,25 (per. ore 17,40).

Andrassy est de retour de Salisburg. Les personnes qui l'ont vu disent qu'il se montre très-satisfait de ses entrevues avec Bismarck. Orczy vient de me dire « que le comte a constaté dans ses conversations avec le prince que rien n'est survenu depuis un an qui ait pu modifier leur commune manière d'envisager la situation; que par conséquent l'accord entr'eux à ce sujet se maintient parfait camme alors >>. Il m'a répeté ceci deux fois, à peu près dans les mèmes termes. On peut définitivement regarder sa parole camme le communiqué officiel du moment sur cette entrevue qui fait une très grande impression ici, et qui donne beaucoup de force au comte Andrassy.

107

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 460. Roma, 21 settembre 1877.

La S. V. Illustrissima accenna, nel suo pregiato rapporto dell'll settembre,

n. 857 Cl), alla voce secondo la quale, quando la Serbia e la Grecia si accingessero a entrare in lotta, la Sublime Porta si limiterebbe a tenersi, da quei due lati, sulla difensiva, mentre lancierebbe oltre i confini parecchie migliaia di Bachibouzouk, liberi di devastare a loro talento i territori di quei due Stati.

Se veramente tali sono gli intendimenti del Ministro del Sultano, noi non potremmo non deplorare il carattere di una guerra, nella quale non si rifugge dallo aver ricorso a così barbari mezzi, quali sono le incursioni dei bachibouzouk. Scatenando quegli irregolari sui paesi nemici, la Sublime Porta assume, per il fatto stesso, tutta la responsabilità dei loro atti e non può pretendere che si accetti una distinzione fra la condotta del suo esercito e quella degli irregolari.

È sperabile che la prudente condo~tu della Serbia e della Grecia abbia ad evitare all'Europa il raccapriccio di che sarebbero per certo cagione gli atti di milizie mandate, contro ogni legge di guerra, per ispargere il terrore e la desolazione fra le popolazioni inermi del paese nemico (1).

(l) Non pubblicato.

108

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, LITTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. 144. Washington, 21 settembre 1877 (per. il 6 ottobre).

Il Governo degli Stati Uniti, non essendo interessato nella questione orientale, l'opinione pubblica di questo paese, che sul principio parteggiava per la Russia, segue le fasi della guerra con quella indifferenza che è conforme al carattere stesso degli americani, i quali in fine dei conti altro non cercano che di trarre dalle complicazioni europee il maggior profitto per i loro interessi commerciali. La stampa registra e commenta le vittorie dei Russi e dei Turchi a seconda delle disposizioni o della simpatia degli articolisti per l'una

o per l'altra delle parti belligeranti, o secondo i rapporti che alcuni periodici hanno stabilito coi più interessati a far vantare o perorare la propria causa. Le rettifiche di notizie erronee come pure le comunicazioni inviate ai giornali dalla Legazione di Turchia, evidentemente per ordine giunto da Costantinopoli, divennero in questi ultimi tempi tanto frequenti, che oramai passano anch'esse affatto inosservate.

Alla Legazione di Russia, lusingata dalla simpatica accoglienza fatta dal Governo americano e dalla società di Nuova York ai Granduchi Alessio e Costantino, ed altresì da quelle cortesi parole che il Signor Evarts, corretto come egli è nei suoi rapporti coi diplomatici qui accreditati, certamente non nega anche al Ministro di Turchia, si bramerebbe che con qualche pubblica manifestazione si esprimessero dagli americani le loro simpatie per la causa della Russia, il che riuscirebbe indubbiamente gradito a Pietroburgo ed avvantaggerebbe la posizione del Ministro di Russia, che abituato come egli fu, allorché era console ad Adrianopoli e più tardi Agente politico a Belgrado, a scrivere in un senso che piaceva a Pietroborgo, pare abbia inviato da qui informazioni sulla natura delle simpatie degli americani per la Russia, e

sulle disposizioni del Governo degli Stati Uniti, sopratutto per ciò che si riferiva al soggiorno delle squadre russe in questi porti, che il fatto non avrebbe più tardi confermato. È d'uopo notarsi però che ciò occorreva durante gli ultimi mesi dell'amministrazione del Generale Grant, ed è quindi assai probabile, che, se realmente il Signor Shishkine ha scritto nel senso in cui si suppone, egli riferiva a Pietroborgo a seconda delle impressioni ricevute nei suoi colloqui col Signor Fish. Aggiungasi inoltre che siffatte impressioni erano fino ad un certo punto avvalorate anche dal linguaggio del Ministro Americano presso la Corte Imperiale di Russia, il quale lasciando supporre che i bastimenti russi avrebbero potuto rimanere senza molestia nei porti americani facendone la base delle loro operazioni, forse solo esprimeva le sue opinioni personali, ma fors'anca, conoscendo l'intimità di rapporti fra i Gabinetti di Washington e di Pietroborgo, si faceva l'interprete degli intendimenti dell'amministrazione allora al potere.

Fu in quell'epoca infatti che i giornali americani parlarono di un colloquio accordato dall'Imperatore Alessandro al Ministro americano, e fu in quell'epoca altresì che giunse agli Stati Uniti un ammiraglio russo, per far compera d'armi e munizioni e di bastimenti rapidi, il di cui impiego era facile a supporsi. In quest'ultima parte della sua missione egli avrebbe completamente fallito.

Essendo scarsa e povera agli Stati Uniti la colonia russa, se l'iniziativa di una dimostrazione qualsiasi di simpatia non parte da essa, è certo che il pubblico americano non vi ha ancora pensato, ed è poco probabile che vi pensi più tardi. Solo in occasione della festa dell'Imperatore Alessandro, compiutosi l'abituale servizio religioso nella piccola cappella greca di Nuova-York, presente il Ministro di Russia, pochi americani che avevano assistito alla cerimonia, rammentando le simpatie della Russia per il Governo dell'Unione, manifestate fin dal principio della guerra di secessione in un dispaccio, del quale si diede lettura, del Principe Gortchakoff al Barone di Gtéickl, allora Ministro di Russia a Washington, si organizzarono in un comitato, dipendente dalla Società della Croce rossa di Pietroborgo per inviare contribuzioni ai feriti russi.

Il Ministro di Turchia dal canto suo si dichiara soddisfatto dall'attitudine osservata dal Gabinetto di Washington. Le squadre russe furono positivamente invitate a disarmare od a partire. I passi fatti dalla Legazione di Russia, e quelli del Signor Boker, Ministro americano a Pietroborgo, ed in allora in congedo a Washington, non valsero a muovere il Signor Evarts, il quale dichiarò apertamente che nella sua posizione di Segretario di Stato non poteva con altra politica smentire i principi di neutralità ch'egli a v eva difeso alla Conferenza di Ginevra. Mi si assicura ch'egli fu tanto inflessibile da respingere la proposta di lasciare almeno le squadre ancora per due mesi nei porti americani, coll'impegno formale che non ne sarebbero sortite.

Vuolsi che le prime istruzioni inviate all'Ammiraglio Boutakoff, comandante la squadra dell'Atlantico, fossero, partendo dagli Stati Uniti, di recarsi alle Azzorre. In questo caso si sarebbe messa sul cammino dei bastimenti carichi d'armi per la Turchia. Poco prima infatti che la squadra partisse, un bastimento con forte carico di carbone, si diresse da Filadelfia alla volta di

quelle isole. Ma siffatte istruzioni sarebbero poi state modificate, in conseguenza della proclamazione della neutralità del Portogallo, fatta, a quanto mi dice persona ordinariamente bene informata, dietro domanda o suggerimento del Governo Britannico.

È quindi avverato che l'invito alle squadre russe di lasciare questi porti fu affatto spontaneo. Aristarchi Bey non avrebbe fatto per la loro presenza, alcuna rimostranza ufficiale; egli sarebbesi limitato a dire al Signor Evarts, in una conversazione particolare avuta con lui a Nuova-York, che a Costantinopoli non potrebbesi conciliare il proposito del Governo americano di mantenere la neutralità durante l'attuale conflitto, col permettere un più lungo soggiorno delle squadre russe nei porti dell'Unione. Partite queste egli altro non ebbe che a partecipare al suo Governo una decisione la di cui spontaneità era prova dell'imparzialità del Gabinetto di Washington e del suo desiderio di mantenere buoni rapporti colle due potenze belligeranti.

Questo fatto è negato dalla Legazione di Russia, e fu tanto nell'interesse suo di nasconderne la verità, che il Signor Evarts stesso facendolo portare alla conoscenza di Aristarchi-Bey per mezzo di un intimo amico suo, gli fece dire di non parlargliene e di non esprimergliene in alcun modo la sua riconoscenza, perché altrimenti sarebbe costretto a negare il tutto.

All'infuori di questo fatto il Governo degli Stati-Uniti non ebbe altro a figurare nelle attuali complicazioni europee, e la sola misura da esso presa, fu d'aumentare di due navi la squadra americana che staziona nel Mediterraneo. Sciolto dalle difficoltà che fatalmente gli avrebbe causato la presenza dei bastimenti russi, penso ch'esso si feliciti d'aver altresì atteso che meglio si palesasse l'attitudine di qualche potenza europea prima di proclamare ufficialmente la neutralità. Lo stato attuale delle cose lo toglie dalla necessità di procedere adesso a siffatta misura, per modo che le fabbriche americane continuano a loro rischio e pericolo a fornire armi e munzioni ed ai Russi ed ai Turchi, ed anche ultimamente è partito da New-Haven per Costantinopoli, dove è giunto senza disturbo, un bastimento di bandiera inglese, carico d'armi e munizioni, comandate dal Governo ottomano. Come è noto la Turchia da parecchi anni compera armi agli Stati Uniti; una missione militare turca, presieduta da un generale, Tefik Pasha, risiede anzi a Providence, per sorvegliare la costruzione delle armi, collaudarle e prenderne la consegna. A termine del contratto stipulato dal Governo turco colla ditta Providence, Tool e Compagnia fatta la consegna di una prima partita d'armi, deve tosto essere pagata, e s'attende per completare il pagamento, l'arrivo a destinazione della seconda partita e così via. Poco tempo fa però sorse una difficoltà, che recò stupore ed imbarazzo al mio collega di Turchia. La Ditta Providence, Tool e Compagnia che fino ad oggi non aveva avuto motivo di sorta per dubitare della solvibilità del Governo ottomano, rifiutassi di inviare la seconda partita, e minacciò benanco di vendere all'incanto le armi ordinate dalla Turchia e disposte per

l'invio, se il tutto non era prontamente pagato. La Legazione di Turchia fu

immediatamente autorizzata a pagare e dippiù a fare anticipazioni per le

forniture successive.

(l) Ed. in LV 24, p. 187.

109

APPUNTO DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CRISPI

CACS, carte Crispi) (l)

Berlino, 24 settembre 1877.

Seguendo il consiglio del barone d'Holstein salii all'appartamento del gran cancelliere. Appena presentatomi sull'uscio, il principe si levò, *corsi frettoloso verso di lui*, ci siamo stretti affettuosamente la mano, ed io:

-Non volevo lasciar Berlino senza avervi veduto. -Ed io son venuto apposta a Berlino per darvi la promessa risposta: Per la reciprocità, fra i due paesi, nel godimento dei diritti civili, sulla base dell'articolo terzo del vostro Codice, noi siamo pronti a stipulare il trattato. Mandate la regolare autorizzazione; e faremo tutto. -Non è questo solo che io desidero, a che il mio Re domanda. Che mi dite del progetto di alleanza tra il Regno d'Italia e l'impero germanico nel caso che l'uno o l'altro o ambedue fossero attaccati dalla Francia? -Non ho visto ancora il Re e non è cosa di cui potrò scrivergli. Bisogna parlargli e riceverne gli ordini a voce. -Ma in Germania chi più potente di Bismarck? Se siete deciso, se ritenete che quello che io propongo è utile ai due paesi, il Re non ha motivo di esservi contrario. -Io son pronto a negoziare. Fatevi spedire il mandato e ci metteremo d'accordo per la stipulazione del trattato. -Su quali basi? Quali dovranno essere i principii regolatori? E che faremo per l'Austria? -Vi dissi, che per la Francia son pronto a trattare; per l'Austria no. La posizione nostra coi due paesi non è la stessa. Lo stato attuale della Francia è incerto. Nella lotta tra Mac-Mahon ed il Parlamento non sappiamo chi riuscirà vincitore. Il Generai Presidente, col suo proclama elettorale si è molto compromesso, e non sappiamo, se dalle prossime elezioni generali verrà una Camera monarchica. Un Re non si potrà sostenere che con l'esercito, il quale vorrà la rivincita... -Ed io vi soggiungo che si appoggerà anche sul Clero, il quale vorrà la restaurazione del potere temporale del papa. -Nissuno di cotesti pericoli possiamo temere dall'Austria, ed a noi conviene tenercela amica. Del resto, se essa cangerà politica, il che non credo, avremo sempre tempo per intenderei. -Limitiamoci dunque alla Francia... Ma su quali basi dovrà essere il nostro trattato?

-L'alleanza dovrà essere difensiva ed offensiva. Non perché io voglia la guerra, che farò tutto il possibile per evitarla, ma per la natura stessa della cosa. Immaginate, per esempio, che i francesi raccolgano 200 mila uomini a Lione. Lo scopo è manifesto. Dovremo noi attendere che ci attacchino?

-Va bene. Riferirò al Re le vostre idee, e manderemo i regolari mandati per la stipulazione dei due trattati.

-Pel trattato sulla corrispettività nello esercizio dei diritti civili nei nostri paesi, i poteri potrete mandarli a De Launay; per l'alleanza preferirei trattare con voi.

-Va bene. Di questo argomento parlerò con S. M. il Re, e prenderò gli ordini suoi.

-Vidi Andràssy, e gli dissi che eravate stato da me, e che il Governo italiano vuoi vivere in buona amicizia con l'Austria. Ne fu lieto, e m'incaricò di salutarvi. Ragionando gli riferii, che l'Italia non vorrebbe che l'Austria si prendesse la Bosnia e la Erzegovina. Gli affari russi vanno male, e quest'anno la campagna è finita. L'Austria non ha intenzione alcuna di muoversi. Fareste bene di vedere Andràssy. Troverete in lui un buonissimo amico.

-Permettetemi, Altezza che or v'intrattenga di un argomento, il quale è di un vitale interesse per l'Italia. Pio IX è avanzato negli anni, e non tarderà quindi a partire da questo mondo. Avremo quindi un conclave per la nomina del successore. È vero, che voi, governo protestante, non siete nella posizione dei giovani cattolici per preoccuparvi della futura elezione del romano pontefice, ma nella Germania avete popolazioni cattoliche e clero cattolico e non potrete disinteressarvi di quello che avverrà nel Vaticano.

-A noi importa poco chi possa essere il successore di Pio IX. Un papa

liberale sarebbe forse peggiore di un reazionario. Il vizio è nella istituzione,

e l'uomo, chiunque esso sia, qualunque siano le sue opinioni e le sue tendenze,

poco o nulla potrà influire nell'azione della Santa Sede. In Vaticano quella

che domina è la Curia.

-Purtroppo è così, e voi avete dovuto farne la prova nell'acerba lotta

che avete durato dal 1870 in poi col Clero cattolico. Noi italiani ve ne siamo

grati.

-Ma io non posso parimenti esser grato al governo italiano. Voi avete

chiuso il papa, nella bambagia, e nissuno lo può colpire (l). Sin dal marzo 1875

noi avevamo richiamato l'attenzione del governo italiano sui pericoli che con

tiene, per le altre potenze, la legge sulle guarentigie della Santa Sede. La

quistione è rimasta aperta.

-Come saprete, io combattei quella legge quando fu discussa in Par

lamento.

Dopo lo scambio di'dee di minor importanza, ci siamo affettuosamente

congedati con un arrivederci.

(l) Ed. in F. CRISPI, Politica estera, cit., pp. 44-47.

(l) La frase del prmc1pe fu quest'essa: «Vous l'avez emboité dans le coton; et personne peut l'atteindre ». [Nota del documento].

110

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 873. Terapia, 24 settembre 1877 (per. il 2 ottobre).

Li 20 del presente l'Ambasciatore d'Austria-Ungheria aveva un'udienza dalla Maestà del Sultano. In questi ultimi tempi gli Ambasciatori d'Inghilterra e di Germania avevano successivamente avuto l'onore d'essere invitati a Palazzo. Il primo aveva evidentemente ricevuto questa speciale attenzione da parte di Sua Maestà, in considerazione della viva simpatia e parzialità da esso spiegate in favore della causa Musulmana. L'E. V. conosce come seguisse l'invito indirizzato al Principe ed alla Principessa di Reuss. Nessun motivo speciale esisteva per l'udienza del Conte Zichy, epperò essa attirava maggiormente l'attenzione dei suoi Colleghi. S. E. disse esserle stato riferito che il Sultano, avendo ricevuto gli altri due Ambasciatori, desiderava di vedere anche quello d'Austria-Ungheria; e quindi essa aveva domandato d'essere ammesso a presentargli i suoi omaggi. Sta quindi di fatto che l'udienza fu domandata dall'Ambasciatore senza alcuna ragione esplicita, e credo poter aggiungere senza averne ricevuto l'ordine del suo Governo. S. E. mostravasi assai soddisfatta dell'accoglienza fattaLe da Sua Maestà in questa congiuntura. Essa compiacevasi dirmi Sua Maestà aver espresso sentimenti assai moderati e concilianti. S. E. avendo fatto menzione delle recenti vittorie, quella rispondeva deplorare amaramente il tanto sangue sparso, ma la Turchia dover pure difendersi dall'ingiusta guerra mossale dalla Russia; però Essa desiderava vivamente il ristabilimento della pace sulla base degli antichi trattati; né ad altro aspirava che alla conservazione dell'integrità dell'impero.

Quest'udienza dell'ambasciatore Austro-Ungarico non ha dunque alcuna significazione politica. Né essa può avere alcuna relazione col convegno dei due Cancellieri Imperiali a Salisburgo. Di questo convegno si preoccupano infatti grandemente questi Ministri i quali desiderebbero vivamente conoscerne lo scopo e le conclusioni, e ne interpellano questi Rappresentanti Esteri. Ma naturalmente nessuno di essi si trova in grado di fornire loro ragguagli in proposito.

111

IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CRISPI, A VITTORIO EMANUELE II

CACS Carte Crispi) (l)

L. P. Berlino, 25 settembre 1877.

In esplicazione del mio telegramma del 19 corrente e di quello d'oggi (2), sento il dovere di rassegnarle come io abbia adempiuto presso S. A. il principe

di Bismarck la missione affidatami da Vostra Maestà d'accordo col Presidente del Consiglio dei ministri. I temi della missione, i quali furono oggetto di colloqui, avuti il 17 a Gastein ed il 24 a Berlino, erano questi: Alleanza eventuale con la Germania nel caso di una guerra con la Francia

o con l'Austria. Accordi nella soluzione delle varie quistioni che posson sorgere in conseguenza della guerra turco-russa in Oriente. Parificazione dei tedeschi e degli italiani nell'esercizio dei diritti civili in ciascuno dei due Stati.

Il principe fu assolutamente negativo per un trattato contro l'Austria. Lo accolse volentieri contro la Francia, quantunque esprimesse la speranza che quest'ultima potenza saprà tenersi tranquilla e non vorrà rompere la pace europea.

Anch'io dichiarai, che noi nutrivamo cotesta speranza; ma feci riflettere -ed il principe fu del medesimo avviso -che in caso di un trionfo, nelle prossime elezioni politiche del partito reazionario, e della possibile caduta della Repubblica, il governo, il quale gli succederebbe, avrebbe bisogno di ricorrere alla guerra per rifarsi delle sconfitte del 1870 e per avere autorità nel suo paese.

In quanto al contegno dell'Austria verso di noi, il principe se ne disse dolente ed espresse il desiderio, che fra i due governi si potesse stabilire un accordo cordiale.

Avendogli intanto fatto osservare, che, se dopo il 1866 l'Austria ha bisogno di pace, essa non potrà dimenticare i danni patiti e sentirà, in un avvenire più

o meno lontano, la necessità di riprendere la sua posizione in Germania, Sua Altezza rispose voler credere che ciò non sia. Una sola ragione vi potrebbe essere di dissidio tra i due imperi, e sarebbe quella in cui l'Austria volesse incoraggiare col suo contegno un movimento in Polonia. L'Austria -disse il principe -sollecita le ambizioni della nobiltà polacca. Nulladimanco -soggiunse -le cose non sono al punto da suscitare pericoli. Lasciatemi aver fede in quel governo. Se venisse il giorno che le mie previsioni fossero deluse, avremmo sempre tempo per intenderei, e potremmo allora stipulare un'alleanza.

La mia convinzione è, che il principe vuol tenersi stretto all'Austria, e parmi poter dedurre dalle sue parole, ch'egli intenda esser d'accordo col gabinetto di Vienna, e vorrebbe che anche noi lo seguissimo in cotesta politica. La lontana ipotesi di una rottura fra i due imperi non mi parve conturbare l'animo di Sua Altezza. In quanto all'Italia mi dichiarò francamente, che se essa rompesse con l'Austria, se ne dorrebbe, ma egli non farebbe la guerra per questo.

Sulla cose di Oriente il principe dichiarò, che la Germania è disinteressata e che, in conseguenza, Sua Altezza accetterebbe qualunque soluzione, la quale non turberebbe la pace europea.

Immantinenti risposi, che l'Italia non potrà dirsi disinteressata anch'essa. Parlai allora delle voci in corso di mutamenti territoriali e delle proposte russe di far prendere all'Austria la Bosnia e l'Erzegovina onde averla amica.

Sul proposito ricordai le condizioni in cui noi ci troviamo dopo il trattato di pace del 1866 e come ogni aumento di territorio pel vicino impero, sarebbe al nostro paese di danno. Le nostre frontiere, io dissi, sono aperte ad oriente, e se l'Austria si rinforzasse nell'Adriatico, noi saremmo stretti come da una tenaglia e non saremmo punto sicuri.

12 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

Soggiunsi: «Voi dovreste aiutarci in questa occasione. Noi siamo fedeli ai trattati, e nulla vogliamo dagli altri. Voi dovreste domani dissuadere il conte Andràssy da ogni desiderio di conquiste nel territorio ottomano >>.

Il principe rispose, che egli non voleva discorrere con Andràssy di tutto ciò, cotesti argomenti potendo essere dispiacevoli al gran cancelliere austriaco. Credere però che un accordo sarebbe possibile, e propose nel caso in cui l'Austria avrebbe la Bosnia e l'Erzegovina, che l'Italia si prendesse l'Albania, od altra terra turca sull'Adriatico.

Nel colloquio d'ieri, avendo discorso nuovamente delle varie materie trattate a Gastein, il principe, quando ero per congedarmi, mi dichiarò ch'egli aveva parlato col cancelliere austriaco della nostra opposizione a che l'Austria prendesse la Bosnia e l'Erzegovina. E soggiunse: «Andate a Vienna. San sicuro che potrete intendervi col conte Andràssy ».

Un viaggio a Vienna è necessario per conoscere meglio le intenzioni dell'Andràssy sul problema orientale, e per vedere se un accordo con l'Austria sarebbe possibile. Lo farò dopo essere stato a Londra, dove andrò domani, siccome ho già telegrafato a Vostra Maestà.

Sulla parificazione dei Tedeschi e degl'Italiani, in ciascuno dei due Stati, nello esercizio dei diritti civili, il principe non fece alcuna abbiezione, anzi l'accolse di buon animo. Il principe mi parlò di un trattato ch'essi hanno con la Svizzera, credo pei cittadini di Neuchàtel, e vorrebbe che lo prendessimo a base di quello che dovrebbe essere stipulato tra l'Impero di Germania ed il Regno d'Italia.

Pel trattato eventuale di alleanza contro la Francia il principe mi disse, che avrebbe preso gli ordini dall'Imperatore. Per quello speciale per l'esercizio dei diritti civili, desidera che si fosse fatto presto, ed in conseguenza che se ne dessero da Vostra Maestà i poteri al conte De Launay.

Altri argomenti di minore importanza furono discussi il 17 ed il 24 corrente, ma tralascio di parlarne perché dovrei estendere molto i limiti di questa lettera. Ne farò una speciale esposizione a Vostra Maestà al mio ritorno in Italia in quella udienza che la Maestà Vostra si degnerà di accordarmi.

Sempre agli ordini di Vostra Maestà...

(l) Ed in F. CRISPI, Politica estera, cit., pp. 47-50.

(2) Non pubblicati.

112

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGL ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 559/200. Londra, 25 settembre 1877 per. il 30).

Col suo Dispaccio del 20 corrente (serie politica n. 241) (l) l'E. V. eomumcandomi una nota di S. E. il Ministro della R. Marina relativa alle suscettibHità giustamente destate nei nostri Ufficiali dall'oblio, verso di loro, dei dovuti riguardi per parte dei comandanti delle navi Inglesi stanziate a Besika, m'incarica di fare sentire al Governo della Regina che « la ripetuta inosservanza di

quelle cortesie le quali sono considerate come un dovere per parte di tutte le Marine da guerra, ci costringerebbe a dare istruzioni ai RR. Comandanti d'agire nella stessa guisa, a titolo di reciprocità».

Sarà mia cura di chiamare sopra questi fatti l'attenzione di Lord Derby; ma io credo che prima convenga di parlargliene a voce, quando sarà di ritorno a Londra, anziché in iscritto, imperocché ho luogo di pensare che le lamentate mancanze di cortesia siano la conseguenza di un sentimento proprio dei Comandanti della Squadra Inglese, piuttostoché il risultato d'istruzioni provenienti dal Governo stesso. Infatti ho interrogato l'Addetto Navale, Cav. Labrano, ctrca le sue relazioni coll'Ammiragliato e cogli Ufficiali di Marina Inglese in generale, egli mi confermò, ciò ch'io sapeva d'altra sorgente, che queste relazioni non potevano essere né migliori né cortesi, imperocché egli è tenuto a giorno di tutto ciò che si fa nella Marina Britannica e le più ampie facoltà gll sono date per assistere ad esperimenti, per visitare gli arsenali, i cantieri etc., ad eccezione di quelle poche cose, come le torpedini, intorno alle quali il Governo crede di dovere tuttora mantenere il segreto.

Io stesso ebbi prove personali della compiacenza degli Ufficiali Inglesi, glacché avendo visitato ultimamente i due grandi arsenali di Portsmouth e di Plymouth, io fui ricevuto colla massima cortesia e potei visitare in dettaglio quei stabilimenti e le navi più interessanti a conoscere, fra le quali il Thunderer il di cui comandante fece eseguire, per più d'un'ora, in mia presenza, tutte le manovre di quel bastimento.

Nei rapporti che si hanno cogli Inglesi bisogna tener conto del loro carattere freddo che raramente si abbandona a manifestazioni espansive, specialmente quand'essi sono riuniti in corpo, come lo sono gli ufficiali di una Squadra dove le loro speciali abitudini trovando campo sufficiente li spingono a non curarsi di stabilire relazioni cogli Ufficiali delle navi straniere.

Però non è men vero che i fatti lamentati dai nostri Comandanti indicano un sentimento poco amichevole, e forse si potrebbe ascrivere all'opinione erronea, tuttora invalsa, se non nel Governo ma certamente nella maggioranza di questa popolazione, come si può scorgere dai giornali, all'opinione cioè che l'Italia parteggia coi Russi anziché coi Turchi, mentre le simpatie più generali della Gran Bretagna, non astante la neutralità in cui essa si rinchiude, sono evidentemente in favore della Turchia, come n'è una delle prove il vistoso risultato delle sottoscrizioni iniziate, a vantaggio dei soldati Ottomani, dal Duca di Sutherland e dalla Baronessa Burdett-Coutts.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R.877. Terapia, 25 settembre 1877 (per. il 2 ottobre).

*Alla conferenza di ieri il Ministro degli Affari Esteri mi manifestava sentimenti eminentemente pacifici. Sia che la Sublime Porta avesse ricevuto notizie più inquietanti dall'estero, sia che comincino veramente a mancare i

mezzi per protrarre la lotta, e più probabilmente per ambo quelle ragioni, Server Pacha esprimeva il vivo desiderio di trovar modo d'iniziare negoziati di pace.

S. E. mi parlava della Serbia, dalla quale parte sembrava tuttavia fossero diminuti od almeno allontanati i pericoli in seguito agli officii interposti dalle Grandi Potenze nel senso della pace. Però non erano calmate le apprensioni concernenti l'atteggiamento della Grecia. Quel Governo continuava i preparativi di guerra; nuove bande erano comparse in Tessaglia; non era possibile farsi illusioni sullo scopo di quegli atti" (1). S.E. toccava indi della politica delle Grandi Potenze verso la Turchia; era soprattutto preoccupato del convegno dei Cancellieri di Germania e d'Austria, al quale credeva fosse stato chiamato anche il Conte di Miinster da Londra, e mi domandava se potevo fornirgli qualche informazione in proposito. Risposi che non solo nulla ne avevo inteso, ma sarei io stesso assai desideroso di saperne qualcosa. Aggiunsi figurarmi tuttavia che in quel convegno l'influenza del Cancelliere Germanico per ovvie ragioni dev'essere stata predominante, ed altre cose non atte a calmare le inquietudini di S. E. Insisteva indi il Ministro per sapere quale potrebbe essere il modo d'iniziare i negoziati, e su qual base avrebbero a seguire. * Cui replicavo queste questioni dover necessariamente dipendere dal risultato delle grandi operazioni militari che erano pendenti attorno a Plewna; e mi lasciai sfuggire, come opinione meramente personale, che, se quelle riuscivano favorevoli alla Turchia, essa potrebbe offrire la pace, se avverse, domandarla. E ml parve quest'idea non fosse aliena dai sentimenti che animavano il mio lnterlocutore. Ma saranno essi conformi a quelli degli elementi più potenti nella direzione della cosa pubblica? *

Al mio uscire entrava il Principe di Reuss, al quale S. E. domandava parimenti se aveva notizie di Salisburgo. Cui Sua Altezza si limitava a rispondere il Principe di Bismarck essere assai parco di comunicazioni, né avevagliene fatta alcuna su quella materia; e passava senz'altro alla questione degli Abassi, ché essa continua a tenersi nella più grande riserva riguardo all'opportunità di tentativi di mediazione.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 457. Roma, 26 settembre 1877.

Riferendomi a certa frase contenuta nel pregiato rapporto di V. E. in data del 14 settembre n. 735, confidenziale (2), non posso tralasciare di avvertire non essere intieramente esatta l'affermazione che, per la speciale organizzazione del nostro servizio all'estero, gli addetti militari sono sotto la diretta dipendenza del Comandante il Corpo di Stato Maggiore, col quale corrispondono, senza passare per il tramite delle Ambasciate.

A termini dell'art. 67 del Regolamento diplomatico, gli addetti militari dipendono dal titolare dell'Ambasciata per tutto ciò che può aver tratto ai loro rapporti colle estere autorità. Ricevono bensì istruzioni dai Ministeri della Guerra e della Marina, e possono corrispondere direttamente coi medesimi per quanto concerne le materie tecniche dell'arte militare; però debbono dare comunicazione dei loro rapporti al titolare dell'Ambasciata.

Ho stimato conveniente di qui riprodurre, ad ogni buon fine, queste norme speciali di servizio benché esse non siano per avere, per il momento, opportunità di pratica applicazione presso codesta Ambasciata.

(l) -I brani tra asterischi sono editi in LV 24, p. 193. (2) -Cfr. n. 85.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1899. Berlino, 27 settembre 1877 (per. il 3 ottobre).

Le Prince de Bismarck, arrivé ici le 22, est reparti le 24 pour ses terres dans le Lauenburg. La veille, il conflait à M. Crispi d'avoir parlé au Comte Andrassy de notre désir de vivre dans les meilleurs termes avec l'AutricheHongrie, en ne lui cachant pas que le Cabinet de Rome tenait à ce qu'il ne fU.t pas touché à la province de Bosnie. Le Chancelier ne disait pas quelle avait été la réponse de son interlocuteur. mais le fait en lui-méme que le Comte Andrassy a entendu ce langage de la part de Son Altesse, a une signification importante, et le Cabinet de Vienne y pensera deux fois si la tentation le reprenait de s'annexer des territoires vers la Turquie d'Europe. Au reste, ajoutait le Chancelier, si d'un còté l'Allemagne attache un grand prix à ne pas susciter des embarras à une Autriche arnie de l'Allemagne, d'un autre còté les circonstances actuelles ne sont pas telles qu'à Vienne l'an puisse songer à sortir d'une attitude expectante.

Je souligne à dessein les mots arnie de l'Allemagne, car San Altesse a laissé entendre à M. Crispi qu'ici on a les yeux ouverts sur les dangers que pourraient offrir en Autriche, camme en France, les tendances ultramontaines. San Altesse signalait entre autres le fait que le Cabinet de Vienne usait en ce moment de certaines coquetteries envers la noblesse polonaise; or 1'Allemagne ne saurait permettre le rétablissement d'une Pologne, qui ne tarderait pas à devenir l'alliée de la France. Le jour où le Comte Andrassy quitterait le pouvoir le vent tournerait, et il faudrait aviser. Heureusement que cette éventualité n'est nullement en perspective.

Cette observation du Prince a sa valeur en ce sens que, tout en se montrant très bienveillant pour le Gouvernement dont le Ministre des Affaires Etrangères lui inspire personnellement confiance, il se rend parfaitement compte des périls que présenterait un changement d'administration. Dans cette prévision, il s'applique à ménager la Russie et à conserver également l'amitié de l'Italie. C'est peut etre cette considération qui l'a induit à indiquer au Comte Andrassy quel était notre point de vue au sujet du Vilayet de Bosnie, lors meme que 24 heures avant Son Altesse déclinait nettement d'en parler au Ministre AustroHongrois.

M. Crispi fera lui meme avec tout le développement nécessaire son rapport sur les deux entretiens avec le Chancelier de l'Empire. Je n'en ai signalé que les traits les plus saillants.

M. Crispi serait lui aussi d'avis qu'il conviendrait de s'expliquer loyalement et directement à Vienne. J'ai émis l'avis, que cette explication devait avoir lieu par l'entremise de notre Ambassadeur à Vienne. Je trouvais inopportun qu'il y allat lui meme dans les conjonctures actuelles et j'ai fait de mon mieux pour l'en dissuader. Au reste, vu la prochaine ouverture de nos Chambres, c'est à peine s'il en aurait le temps.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1900. Berlino, 27 settembre 1877 (per. il 3 ottobre).

M. Crispi est arrivé ici dans un moment très défavorable, vu l'absence de bon nombre de notabilités politiques. Néanmoins M. de Bennigsen, Président de la Chambre des députés de Prusse, se souvenant de l'excellent accueil qui lui avait été fait à Rome n'a rien négligé pour qu'à son tour le Président de notre Chambre fùt entouré de toutes les attentions possibles. Il réussit à convoquer plusieurs membres du Landtag et du Reichstag, pour organiser un banquet, auquel s'associèrent des conseillers fédéraux, des professeurs de l'Université, des écrivains, des artistes, et des directeurs ou correspondants des principaux journaux de l'Allemagne. Une invitation m'avait été également adressée. Un instant j'ai hésité si je m'y rendrais; mais il m'a paru convenable de ne pas m'abstenir dans une démonstration en l'honneur du Président de la Chambre de notre Pays. La réunion comptait une soixantaine de personnes. Au moment de se mettre à table, M. de Bennigsen m'énonçait l'intention de prononcer un discours. Je le priais d'en faire part à M. Crispi qui naturellement devait répondre. Il fut convenu que de part et d'autre on se servirait du français, mieux connu ici que notre langue. C'est précisément en prévision de ces discours, que tout d'abord je m'étais demandé s'il ne vaudrait pas mieux d'éviter une semblable réunion. Les habitudes parlementaires entraìneraient ceux qui prendraient la parole au delà de la simple formule consacrée aux toasts dans les cercles diplomatiques. D'un autre còté le silence complet du représentant du Roi pouvait paraitre une affectation, un manque de courtoisie. Je m'étais donc proposé si on m'en laissait le soin de porter la santé de l'Empereur, dans les termes usitées en d'autres circonstances. Je fus devancé dans ce projet par

M. de Bennigsen. Les deux Présidents prirent successivement la parole pour développer avec éloquence et vérité les arguments qui tendaient à affirmer la nécessité de relations intimes entre les deux Pays. Je ne puis que me référer au compte-rendu des journaux tels que la Post, la National Zeitung et la KOlnische Zeitung. Comme il y avait une lacune dans ces discours, ni l'un ni l'autre des orateurs n'ayant fait allusion au Prince de Bismarck, il m'a semblé assez indiqué de prononcer les quelques mots que j'ai notés ensuite, et faits copier dans la feuille ci-jointe (1), pour le cas où V. E. jugerait ! propos de leur faire donner de la publicité, afin de prévenir, au besoin, des commentaires erronés de la presse nationale ou étrangère. J'espère que je suis resté dans la juste mesure.

La Princesse Impériale, malgré l'absence de son mari qui se trouve sur les bords du Rhin auprès de l'Empereur et de l'Imperatrice, a voulu aussi honorer S. E. Crispi et moi d'une invitation à diner à Potsdam, en nous manifestant toutes ses sympathies pour le Roi, la Famille Royale et pour l'Italie.

De mon còté, j'ai fait de mon mieux pour me rendre utile et agréable pour autant que cela était possible à une époque de l'année, où les Chefs de Mission sont encore en congé. M. de Biilow lui-méme est à Potsdam et ne vient en ville que pour les heures de bureau.

M. Crispi est parti hier au soir pour Londres. Dans la journée, il m'a annoncé d'avoir télégraphié directement à l'Empereur pour exprimer le vif regret de quitter l'Allemagne sans présenter personnellement ses hommages à Sa Majesté et sans remercier le Chef de la Grande Nation des témoignages de sympathie pour l'Italie, auxquels son séjour dans cette ville avait fourni une nouvelle occasion de se produire.

Il eut été plus régulier de réclamer à cet effet l'entremise de M. de Btilow, ainsi que j'en a fait l'observation à M. Crispi. Quoiqu'il en soit je ne doute pas que dans cette démarche on ne verra que l'intention, sans relever un certain manque à l'étiquette de Cour.

En terminant, je dois mentionner que M. de Bennigsen m'a dit avec quelle satisfaction il avait constaté dans le langage de M. Crispi une profession de foi monarchique, aussi accentuée que celle du Représentant du Roi.

Je dois également noter que la Provinzial Correspondenz le seul organe officieux du Gouvernement, publie dans son dernier numéro quelques lignes pour signaler que le passage à Berlin du Président de notre Chambre de& Députés, a servi à mettre de plus en plus en évidence les liens qui unissent les deux Pays.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1901. Berlino, 27 settembre 1877 (per. il 3 ottobre).

Je fais siute à mon rapport n. 1899 (2). Il me revient indirectement, mais de très bonne source, qu'à Salzburg le Prince de Bismarck et le Comte Andrassy ont reconnu d'un còmmun accord

que, dans les circonstances actuelles, il n'y saurait y avoir lieu à aucune tentative en vue d'une médiation. Il faudrait à cet effet que la situation soit modifiée d'une manière décisive sur le théàtre de la guerre. Et mème pour un armistice régulier, autre que celui qui sera forcément imposé per l'approche de la mauvaise saison, il conviendrait d'attendre une initiative de l'un ou de l'autre des belligérants. Sans doute qu'une pression de l'Allemagne et de l'Autriche amènerait la cessation des hostilitiés, et conduirait mème à la paix. Mais une semblable démarche dans Ies conjonctures présentes laisserait une profonde amertume en Russie. On y rendrait les Cabinets de Vienne et de Berlin responsables d'avoir empèché les armées du Csar de se relever de leurs échecs. On imputerait à ces Cabinets d'avoir sacrifié les intérèts engagés dans la lutte. Cette mauvaise humeur t6t ou tard ferait explosion, et causerait de nouveaux et graves embarras à l'Europe. Dans ces conditions, le Prince de Bismarck et le Comte Andrassy maintiennent leur attitude de neutralité bienveillante pour la Russie. Ils continueront à travailler à la localisation de la guerre. Au reste, une entrée éventuelle en action de la Serbie et de la Grèce ne changerait en rien la conduite de l'Autriche.

Le Prince de Bismarck ne prévoit pas une paix directe entre les belligérants, quoique ce soit là un point qui préoccupe beaucoup l'Angleterre. Dans tous les cas on en est encore très éloigné. Il prévoit plutòt que les Russes prendront les quartiers d'hiver en Roumanie, en laissant un certain nombre de troupes dans des positions fortifiées sur la rive droite du Danube, sauf à repasser le fleuve au printemps pour une seconde campagne. Il espère qu'un certain réveil de l'opinion publique dans l'Empire du Csar, n'aura pas pour conséquence d'amener un changement de régime à l'intérieur, car la Russie n'est pas mure pour les libertés dont jouissent les autres Etats européens. Il ne pourrait pas lui arriver de plus grand malheur que de vouloir précipiter le cours nature! des choses.

Le seul point, soit dit en passant, sur lequel l'entente a fait défaut à Salzburg est celui relatif au renouvellement du traité de commerce, probablement parce que la Cysleythanie et la Transleythanie ne sont pas encore d'accord entre elles. Il est vrai qu'ici aussi la Iutte est en ce moment très vive entre les protectionnistes et les libre échangistes, ce qui ne facilite certes pas la tàche des négociateurs de part et d'autre.

Quant à la France, le Prince de Bismarck prévoit que l'acharnement entre les partis conduira tòt ou tard le Maréchal Mac Mahon à un coup d'état, et qu'alors plus que jamais les ultramontains chercheront à se faire payer leur appui, et à profiter de la chance afin de provoquer des complications dans le& rapports a vec l' Allemagne et l'Italie.

J'apprends également de bonne source que l'armée russe sur le théatre de la guerre a un effectif de 300.000 hommes, avec un 30 % de malades. Les dépenses s'élèvent à plus d'un million de roubles par jour. Un nouvel emprunt devient nécessaire; mais à d es conditions ruineuses, le cours du rouble étant aujourd'hui à 2 fr. 30. En attendant des grandes commandes sont faites à l'étranger d'objets de fourniture, de campement, d'armement, entre autres de

500.000 fusils Berdan avec le nombre proportionné de cartouches.

En me référant à mon télégramme du 25 septembre (1), et en accusant réception des dépeches que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser sous les nn. 549, 550, 551, 552, 553 (2).

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 115.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. 740. Vienna, 28 settembre 1877 (per. il 4 ottobre).

Già ebbi occasione allorché discutevasi alla Dieta di Lemberg l'indirizzo da rivolgersi alla Corona, di far cenno nella mia corrispondenza ufficiale del non impossibile risveglio della questione polacca. L'E.V.. sa, come l'incidente dell'indirizzo che a quanto si crede qui era stato posto in scena da Midhat Pacha durante il suo soggiorno a Vienna, cadde nell'acqua mercé lo scioglimento della Dieta al momento opportuno. La proibizione di tener meeting impedì contemporaneamente le manifestazioni a cui i Polacchi della Gallizia accennavano a voler trascorrere. In questi ultimi tempi però, il partito che tiene a non lasciare sfuggire occasione di affermare la vitalità dello spirito nazionale in Polonia, trovò propizia occasione di raggiungere il suo intento nella circostanza che il Nunzio Apostolico a Vienna recavasi in Gallizia per scopi, in apparenza almeno, di natura ecclesiastica. Monsignor Jacobini fu ricevuto, ovunque ebbe a soffermarsi in quelle Provincie, con clamorose dimostrazioni di rispetto e di onoranze, che, accennando ad essere dirette al Santo Padre ch'egli rappresenta, ed a manifestare la cattolicità dei sentimenti di quelle popolazioni, difficilmente colle tendenze che dominano alla Corte di Vienna e che informano la politica di questo Governo, si potevano impedire. Però la non abbastanza velata tendenza di quelle manifestazioni, e la poca simpatia che questo Governo professa in generale per simili popolari atti, fecero sì che il Governo Imperiale, se male non m'appongo, non fu guarì contento dell'accaduto, e poco grato ne sarà a Monsignor Jacobini che veramente in questa circostanza avrebbe mancato alquanto di quella prudenza che fin qui lo aveva fatto assai apprezzare dalla Corte e dal Gabinetto di Vienna.

Mentre dell'accaduto parmi si abbia a tener conto, siccome di utile elemento per apprezzare il futuro svolgersi degli eventi, conseguenza dell'attuale guerra; non trovo poi neppur inutile lo si abbia da noi presente, onde guardarsi all'evenienza dal dare il compromettente appoggio, anche solo delle nostre simpatie, alla ricostituzione di una Nazione che per rivendicare la sua indipendenza non fa appello alle forze di libertà e di progresso dell'epoca moderna, ma ricerca il suo appoggio quasi esclusivamente, si può dire, sulla potenza papale. Il giorno in cui la Polonia risusciterà uno Stato, noi conteremo un nemico di più, parmi dunque che l'Italia nel suo ben inteso interesse, ch'essa

deve anteporre a qualsiasi altra considerazione, farà sempre cosa savia, astenendosi in modo assoluto dall'appoggiare in qualsiasi maniera i conati di un popolo, che ricuperato il possesso di se stesso, non vi ha illusione a farsi, ci sarebbe nemico.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicati.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. 742. Vienna, 28 settembre 1877 (per. il 4 ottobre).

S.A.I. l'Arciduca ereditario Rodolfo, di cui celebravasi nello scorso agosto la maggior età, veniva tosto dopo, sotto pretesto di ultimare i suoi studi sulla marina con l'applicazione pratica, inviato a percorrere le città e le coste dell'Istria e della Dalmazia, e vi si soffermava un mese. Immediatamente poi, ravvisando Sua Maestà utile che il Principe imperiale pigliasse conoscenza pratica del funzionamento amministrativo dello Stato, Sua Altezza partiva alla volta d'Innsbruck, dove il Governatore del Tirolo, Conte Taaffe dovrà fargli conoscere nei suoi minuti particolari l'andamento dei vari servizi governativi di quel paese della Corona. Tutto ciò può parere unicamente motivato dal desiderio d'impraticare il Principe successore in due importantissimi rami del servizio dello Stato; però se si pon mente alla circostanza, che tanto nell'un caso come nell'altro; l'augusto giovane che sarà un giorno chiamato a reggere l'impero austro-ungarico, si volle anzi tutto porlo a contatto con popolazioni di razza italiana, sembrami molto probabile che ciò sia stato fatto con una speciale intenzione, causata essenzialmente da circostanze del momento.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 470. Roma, 29 settembre 1877.

Tra gli ultimi rapporti della S. V. Illustrissima, regolarmente pervenutimi fino al n. 872 in data del 21 settembre (1), mi sembrò degno di particolare attenzione quello in data del 18 settembre n. 865 (2), confidenziale. Il linguaggio che Ella tenne a Server Pascià nella conversazione ivi riferita, fu pienamente conforme al nostro pensiero e consono a quella norma di assoluto riserbo che ci siamo prefisso di osservare.

Certo è che se la Turchia sapesse dare prova di saviezza politica, come

ha saputo dar prova di virtù guerresca, l'Impero potrebbe uscire incolume e

sicuro per molto tempo dalla terribile crisi che traversava. Purtroppo, però, ciò che accade giornalmente non è di tal natura da rassicurare gli amici della Turchia; e gli interessi che si connettono con la conservazione dell'Impero ottomano, continuano ad essere in uno stato di penosa incertezza, di fronte alla probabilità di una guerra prolungata oltre la stagione invernale, che oramai ci incalza da vicino.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 95.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 656. Vienna, 30 settembre 1877, ore 15,25 (per. ore 16,30).

J'apprends par De Launay que Crispi s'est rendu à Londres et ne viendra pas à Vienne. Je ne puis qu'approuver hautement cette détermination, car l'effet ici de l'accueil qui lui a été fait à Berlin n'en sera que plus avantageux à nos intérèts.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 881. Terapia, 30 settembre 1877 (per. il 10 ottobre).

Ieri fui a restituire al Gran Vizir una visita che Sua Altezza m'aveva fatta da qualche tempo. Si parlava dapprima della guerra; Sua Altezza si esprimeva senza millanteria sui recenti successi, e manifestava la speranza che coll'ajuto di Dio la lotta sarebbe condotta a buon fine. Non celava Sua Altezza qualche inquietudine per l'avvenire; però non parlava né di mediazione né di pace.

Sua Altezza mi diceva indi non aver compreso per qual ragione, mentre tutte le altre Potenze avevano ritirato i rispettivi Consoli da Russciuk, l'Italia vi aveva lasciato il suo, e gli aveva aggiunto un Vice Console. Risposi la ragione essere semplicissima: l'Italia aver lasciato il rispettivo Console nella sua residenza pel compimento de' suoi doveri; la presenza di certi pericoli non essere agli occhi del R. Governo un motivo sufficiente per ritirare i suoi Agenti. Riprendeva Sua Altezza la condotta del Console d'Italia aver dato alla Sublime Porta qualche sospetto, imperocché le era stato riferito ch'egli si trovava frequentemente in contatto coi Bulgari, che dava loro consigli, che esercitava un'influenza la quale non era sempre conforme agli interessi militari della difesa, né eranvi interessi italiani da proteggere. E cosa vi faceva il Vice Console? Replicai il Signor De Gubernatis era persona distintissima per tatto e per capacità, s'era limitato ad aver cura degli interessi italiani, e se talvolta aveva avuto l'occasione d'agire secondo i principii d'umanità e senza distinzione di religione, era da attribuirglisi a merito piuttosto che a colpa. Conchiusi aver Inteso che la sede del Governo Civile di quella provincia era stata trasportata a Sciumla, e credevo che fosse intenzione del R. Governo di rimuovervi il suo Consolato.

Io credo veramente che l'influenza di elementi esteri non sia stata affatto aliena dal contribuire a queste preoccupazioni; imperocché non riuscì grato a questi che l'Agente Italiano rimanesse al suo posto mentre essi avevano consigliato ai rispettivi Governi di rimuovere i loro Ufficii. In ogni modo le osservazioni del Gran Vizir mi parvero assai inopportune. e dovute in gran parte allo stato di continua eccitazione in cui Sua Altezza trovasi nelle presenti congiunture.

Stamane spedii all'E. V. un sunto delle parole del Gran Vizir Cl). Aggiunsi pregavo l'E. V. d'impartirmi i suoi ordini in risposta al mio telegramma delli 26 del presente (l); gli altri Consoli di Russciuk aver i loro Ufficii a Varna, da dove essi facevano escursioni a Sciumla ed altri luoghi. Alcuni di essi, interpellati in proposito dai rispettivi Ambasciatori i quali hanno qui l'intiera direzione dei rispettivi Ufficiali Consolari, avevano risposto che Sciumla essendo un gran centro militare ingombro di soldati, di ospedali, di depositi d'ogni specie, non sarebbe né facile né conveniente di trasportarvi gli archivii e la residenza dei Consolati; meglio valeva !asciarli a Varna e fare delle escursioni a Sciumla ogniqualvolta occorreva per ragioni di servizio.

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IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CRISPI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS

(ACS, Carte Crispi) {2)

L. P. Londra, 2 ottobre 1877.

Ebbi ieri la tua lettera*. Partita da Roma il 27, giunse qui il 30, e siccome era giorno di Domenica e la posta era chiusa, così mi fu rimessa l'indomani. Spero che ti sii guarito dello in tutto, e ti prego avvisarmene, perché sai quanto mi interessa la tua salute.

Godo, che hai condotto lo Zanardelli a buoni consigli.

Son quindi convinto, che non tarderai, d'accordo con lui, a concludere le convenzioni ferroviarie.

La notizia, che mi dai, della non probabile restaurazione della salute di Mancini, mi addolora molto. È un grande ostacolo al facile procedimento di molti lavori parlamentari*.

Vedrò Cialdini al mio passaggio da Parigi, e se affretterò il mio ritorno tenterò di vederlo in Italia. Parlammo con lui dell'esercito e della difesa del paese. Non si mostrò contento delle disposizioni date dal Mezzacapo. Ma venendo ai particolari. convenne che molti dei giubilati erano ferri vecchi, e che quei messi

in disponibilità o trascurati potrebbero alla prima occasione essere messi onorevolmente a posto.

In verità al Ministero della guerra si fu poco rispettosi degli elementi che venivano dalla rivoluzione, mentre si usarono tutti i riguardi per coloro che sino al 1860 furono nemici nostri. Che ti pare di Pianell, il quale comanda Verona, alle porte d'Italia, a pochi passi dal Tirolo? Ed aggiungi, che è una fortezza cotesta, che avrebbe dovuto essere distrutta, che gli Austriaci ambiscono, c!w riprenderebbero alla prima occasione, e che facilmente muterebbero a nostra offesa. In Germania mi dicevano, che non si è voluto atterrarla per non dispiacere al Pianell.

Comunque sia, coteste son cose che accomoderemo. Cialdini se ne persuaderà, ed io metterò tutta l'opera mia, perché egli non proceda ad un atto che sarebbe interpretato a nostro danno.

Io non poteva nascondere a De Launay ch'ero stato con Bismark. Siccome ti telegrafai, tenni a lui solamente segrete le trattative per l'alleanza contro la Francia. Egli però mi portò sempre a leggere le lettere ed i telegrammi prima che fossero spediti. E voglio credere che tu li abbia letti tutti.

Bisogna assolutamente andare a Vienna e vedere Andrassy. Colà il partito militare è deciso, appena glie se ne offrirà la occasione, di occupare la Bosnia. Il Governo Germanico non si oppone, ma non ha dichiarato che lo permetta. Anche qui non erano contrarii, a quanto me ne dice Menabrea: ma quando seppero che noi non potevamo permetterlo senza un compenso territoriale alle Alpi, finirono con darci ragione. In tale stato di cose un linguaggio franco e risoluto, una dichiarazione che li assicuri del nostro consenso e del nostro aiuto a condizioni nettamente determinate, ci dovrà giovare e non ci potrà nuocere. Io mi sento la potenza di farlo cotesto discorso e se tu consenti prenderò la via di Vienna. Su questo attendo un tuo cenno col telegrafo all'arrivo della presente.

Disraeli è malato, Derby è a Liverpool ed attendo un suo avviso per sapere il giorno in cui ci potremo vedere. Farò a lui le osservazioni opportune sull'argomento di cui più innanzi ti ho intrattenuto, e non dubito della favorevole di lui risposta. Mi verrà agevole di discorrergli di tutto ciò, dopoché so ch'egli è ben disposto.

La stampa inglese non ci è stata amica, e ne siete colpa un po' voi, perché non l'avete curata e l'avete lasciata in balia dei moderati. Ed in questo paese i giornali sono potentissimi e bisogna saperne far conto.

E vedi in proposito di ciò qualche cosa che mi riguarda. Ieri il Times pubblicò un telegramma del suo corrispondente romano, nel quale si dice che il mondo officiale e diplomatico costà si è dispiaciuto de' miei discorsi in Berlino e del mio telegramma all'Imperatore Guglielmo. Cotesto è un'eco di alcune parole dell'Opinione del 29, che i vostri giornali lasciarono passare.

I miei discorsi a Berlino furono costituzionalissimi e corretti. Nelle alte sfere ne furono contentissimi, e me n'espressero la loro approvazione. Del mio telegramma all'Imperatore ne parlai al Ministro Btilow ed al Barone Holstein, e non solo nulla mi osservarono sulla forma, ma si compiacquero che io abbia fatto risalire all'Imperatore il merito delle dimostrazioni fatte a me ed all'Italia dalla rappresentanza del popolo tedesco.

Ed aggiungi che questa volta ancl1·2 l'etichetta di Corte fu messa da parte. Appena la Principessa imperiale mi seppe a Berlino, mandò persona sua per manifestarmi il desiderio di una mia visita. E siccome l'Imperatore ed il Principe erano al campo delle manovre, essa tenne per me un pranzo alla residenza di Potsdam.

A me personalmente tutto ciò poco importa, ma io ne son lieto pel mio paese e pel mio partito *, massime dopo le ripetute dichiarazioni di quei ministri di antipatia pei consorti. Il ministro Biilow, ch'è il fedele interprete di Bismark, mi dichiarò ch'essi furon lietissimi dell'avvenimento della Sinistra al potere. Bismark poi mi espresse il timore che i consorti, i quali egli crede potenti a Corte e al Vaticano possano presto ritornare al governo; egli ne diffida immensamente.

Ed i consorti, che sanno il discredito in cui son caduti, lavorano con la stampa in Francia ed in Inghilterra a demolire il Ministero nostro. Da ciò gli articoli ed i telegrammi ostili dei giornali di Londra *.

Farò al Foreign Office le tue dichiarazioni, e vedrò anche di interessarne Menabrea, perché possa anche lui togliere la cattiva impressione prodotta per l'affare dei passaporti. Non trascurerò cotesto argomento quando vedrò il Conte Derby.

Avrai le notizie, che mi chiedi, sull'elezioni generali di Francia e saprai il mio itinerario appena mi avrai telegrafato alla ricezione di questa mia.

Godo che lo stato delle finanze sia buono. Con la buona finanza potremo fare delle grandi cose. Pel resto lascia a me la cura. Alla Camera tutto procederà in regola.

(l) -Non pubblicato. (2) -E., ad eccezione dei brani fra asterischi, in F. CRISPI, Politica estera, cit., pp. 53-55, con la data 3 ottobre che, come ri;ulta dal primo capoverso. è errata.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. COMMERCIALE 1015. Berlino, 2 ottobre 1877.

In conformità alle istruzioni impartitemi da V. E. nel dispaccio delli 26 agosto ultimo scorso, n. 569 di questa Serie (l), mi feci un dovere, subito dopo il suo arrivo in Berlino, di mettere S. E. il signor Commendatore Crispi in relazione con gli uomini più influenti, e che hanno nelle discipline giuridiche maggiore competenza.

Il Ministro prussiano della Giustizia, il Segretario di Stato per gli affari di giustizia nell'Impero, come il Segretario di Stato per gli affari esteri si dichiararono piuttosto favorevoli a prendere in esame quanto riflette il principio già sanzionato nell'articolo 3 del nostro Codice civile per ammettere lo straniero a godere dei diritti civili attribuiti ai cittadini. Quei funzionarii lasciavano tuttavia intendere che innanzi tutto faceva d'uopo di conoscere gli intendimenti del Cancelliere dell'Impero.

Il Presidente della nostra Camera dei deputati si accertò in Gastein delle buone disposizioni di Sua Altezza, le quali gli vennero confermate a Berlino nell'udienza di congedo. Il Principe di Bismark accettava in massima l'idea

emessa in linea officiosa. dicendosi anche mosso dal desiderio di fare una dimostrazione pubblica a favore dell'Italia. Ora che il terreno è predisposto, non rimane altro che di aprire ufficialmente i negozia ti.

Da varii mesi un'apposita commissione sta discutendo un progetto di codice civile per tutta la Germania. Siccome passeranno alcuni anni prima che quella Commissione venga a capo di così gran lavoro, il nostro scopo sarebbe raggiunto molto più rapidamente con lo scambio di una dichiarazione, o, se fosse necessario, con un Trattato.

Potrebbesi forse in pari tempo regolare la questione dell'assistenza giudiziaria gratuita.

Nella convenzione di domicilio (Niederlassungsvertrag), fra la Germania e la Svizzera del 27 aprile 1875, un precedente venne stabilito negli articoli l, 2 e 3, dei quali rimisi una traduzione all'Onorevole signor Crispi; ma in essi trovansi delle spiegazioni che, da quanto pare, restringono, anziché dargli tutto il suo valore, il principio di cui trattasi.

In ogni modo S. E. il Commendatore Crispi riservavasi di concertarsi con

V. E. e col R. Ministro della Giustizia.

Intanto non ho voluto frapporre indugio a ragguagliare di quanto precede V. E...

(l) Non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 664. Parigi, 3 ottobre 1877. ore 14.55 (per. ore 16.45).

Le ministre des affaires étrangères m'a fait hier une observation sur le langage tenu par M. Crispi en Allemagne, en disant qu'il l'avait trouvé peu conforme aux déclarations faites à lui-mème ici par le président de notre Chambre qui s'était montré convaincu de la nécessité de l'alliance entre l'Italie et la France, J'ai répondu au due Decazes que l'excellent accueil fait à M. Crispi en Allemagne, expliquait et justifiait sa conduite qui n'était pas pour cela en contradiction avec les sentiments qu'il avait exprimés ici.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 666. Parigi, 3 ottobre 1877, ore 14,55 (per. ore 17,05).

J'ai profité hier de la présence momentanée du due Decazes à Paris pour lui demander ce qu'il avait su de l'entrevue de Salzbourg. Il m'a dit que le prince de Bismarck avait insistè auprès du comte Andrassy pour que l'Autriche continue à ne rien faire qui puisse déplaire ou nuire à la Russie, pour qu'elle

ne s'avise par conséquent pas à lui donner des conseils de paix qui l'offenseraient. Ainsi, ajoute le due Descazes, après avoir poussé à la guerre, le prince de Bismarck ne veut pas encore qu'on l'arréte.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A JANINA, ZERBONI

D. 696. Roma, 3 ottobre 1877.

Sono grato assai alla S. V. Illustrissima delle notizie fornitemi con Rapporto del 21 settembre scorso, n. 74 (l). Per correggere le false impressioni che da Lei mi sono riferite, potranno giovarle le avvertenze contenute nel qui acchiuso paragrafo in cifra.

ALLi':GATO

ANNESSO CIFRATO

Nous savions depuis longtemps que la Sublime Porte reçoit par l'entremise de Photiades Bey les nouvelles les plus invraisemblables au sujet de prétendus Comités italiens ayant des ramifìcations en Grèce et en Albanie. Nos investigations les plus scrupuleuses ont prouvé que ces Comités n'ont jamais existé. Il n'est peut-étre pas aussi difficile de deviner, aujourd'hui, les sentiments auxquels Photiades Bey obéit en cette circonstance. Il aspirait à revenir au poste de Home, où sa présence ne pouvait pas étre agréable; c'est lui qui a fait donner à Mahmoud Pacha, à la veille de sa disgrace, il y a quatre ans, le collier de l'Annonciade, que le Sultan AbdulAziz, à l'insu duquel cette démarche avait été faite, a fait restituer. Ayant perdu l'espoir d'obtenir son but Photiades Bey paraìt vouloir se venger à sa façon.

128

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 197. Roma, 4 ottobre 1877.

L'autorità politica è venuta a sapere che il noto Andrea Costa di Imola, il quale nel recente Congresso socialista di Gand ha rappresentato parecchie sezioni italiane dell'Internazionale, ha scritto da quella città per annunziare che partiva insieme ad altri per Parigi, ove si tratterrebbe per qualche tempo.

Potendo questa gita del Costa essere in relazione coi progetti rivoluzionari che si sa essere stati discussi non è molto nella sezione Ginevrina di propaganda rivoluzionaria, nella eventualità appunto di prossimi disordini in Francia, ho stimato conveniente rendere di ciò informata la S. V. per quella sorve

glianza che fosse possibile di esercitare sul Costa stesso in ordine agli interessi della cosa pubblica in Italia. Le farò conoscere l'indirizzo di costui se sarà possibile di saperlo.

(l) Non pubblicato.

129

IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CRISPI, A VITTORIO EMANUELE IL A TORINO

(AC R) (l)

T. Londra, 5 ottobre 1877, ore 24.

J'ai été avec le ministre des affaires étrangères, il a trouvé justes nos observations contre l'occupation de la part de l'Autriche d'une province Ottomane, et le cas échéant il en tiendra compte. Il n'a pas fait aucune observation lorsque je lui ai dit que dans ce cas nous aurions droit à prétendre une compensation aux Alpes.

Toujours aux ordres de Votre Majesté.

130

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 572/205. Londra, 5 ottobre 1877 (per. il 9).

S. E. il Presidente della Camera dei Deputati, Commendatore Crispi, giusta il desiderio che aveva espresso, ebbe quest'oggi al tocco al Foreign Ojfice una conferenza con Lord Derby, al quale io aveva telegrafato perché fissasse il giorno e l'ora di quel convegno.

Tosto dopo S. E. il Commendatore Crispi, che si era recato solo presso Lord Derby, si compiacque di venire all'Ambasciata per comunicarmi i punti principali di quella conversazione nella quale egli intendeva portare principalmente l'attenzione di Lord Derby sulla questione dei Passaporti e sulla posizione reciproca dei sudditi italiani ed inglesi in Inghilterra ed in Italia.

Dalla risposta di Lord Derby, relativamente ai Passaporti risulta che, come già io ebbi l'onore di scriverlo all'E. V., egli non aveva preso la nota determinazione se non per liberarsi dalla molestia dei reclami.

Intanto, per togliere in avvenire motivo di qualsiasi difficoltà da ambe le parti, S. E. il Commendatore Crispi, dietro autorizzazione del Presidente del Consiglio, suggeriva a Lord Derby la convenienza di un accordo fra i due Governi per pareggiare il trattamento dei sudditi rispettivi Inglesi ed Italiani a quello dei cittadini del paese in cui essi si trovano.

Lord Derby parve accogliere quest'idea ed il Commendatore Crispi mi assicurò che avrebbe immediatamente scritto in proposito al nostro Governo.

S. -E. colse inoltre l'occasione per portare la conversazione con Lord Derby sulla politica dell'Italia in generale, ed in particolare su quella relativa alla vertente questione Turco-Russa.

J3 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

Le considerazioni ch'egli mi disse di avere esposto in proposito coincidono perfettamente colle dichiarazioni da me ripetutamente fatte, dietro le istruzioni ricevute da codesto Ministero, specialmente relativamente ad un aumento possibile di territorio dell'Austria che ci lascerebbe più deboli di fronte a quella nostra potente vicina, e che, in conseguenza, non avremmo potuto vedere con indifferenza. Il Commendatore Crispi pretestava del vivo desiderio del nostro Governo di nulla fare che potesse essere contrario alle viste dell'Inghilterra, sulla quale, nello stesso tempo, si faceva assegnamento per il caso di eventualità in cui gli interessi dell'Italia fossero impegnati.

Il linguaggio del Commendatore Crispi, conforme a quello da me finora tenuto, darà maggiore forza alle mie parole e gioverà a dimostrare che la politica dell'Italia non si scosta dalla via prudente ferma e leale che fu da essa seguita fin dai primordii del suo risorgimento, per cui v'è da sperare che, mentre ne verrà accresciuta la fiducia del governo Inglese verso di noi, finiranno per dissiparsi i dubbi che tuttora si cerca di spargere circa le nostre tendenze.

Poco dopo la visita di S. E. il Commendatore Crispi, mi recai al Foreign Otfice per intrattenere Lord Derby sopra vari affari che io debbo trattare anzitutto verbalmente e sui quali l'E. V. aspetta tuttora una risposta da questa

R. Ambasciata. Ma egli era in consiglio di Ministri, e non era probabile, che, per quest'oggi, avesse tempo da darmi udienza.

Intanto pregai il suo Segretario particolare di avvertirmi quando S. E. avrebbe potuto ricevermi, epperciò io non sono ancora in grado di dare esito a diverse pratiche ancora in ritardo.

(l) -Ed. in F. CRrSPI, Politica estera, cit. p. 56.
131

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 558. Roma, 6 ottobre 1877.

Mi sono regolarmente pervenuti fino al n. 1904 della presente serie i pregiati rapporti di V. E., tra i quali hanno richiamato in ispecial modo la mia attenzione quelli relativi al soggiorno che fece costì S. E. il Cav. Crispi (1).

Le simpatiche dimostrazioni di cui fu oggetto questo eminente personaggio, così nelle sfere ufficiali, come nelle regioni parlamentari, e le dichiarazioni di amicizia verso l'Italia, alle quali la presenza del Presidente della nostra Camera dei Deputati ha fornito l'occasione da parte dei più accreditati giornali berlinesi, sono tali fatti di cui vivamente ci compiaciamo, traendone lieto augurio per i rapporti tra i due paesi.

{l) Cfr. nn. 102 e 116.

132

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 745. Vienna, 6 ottobre 1877 (per. il 9).

Ringrazio l'E. V. per la comunicazione fattami col suo ossequiato dispaccio del 1° corrente, n. 459 (1), del rapporto del R. Ambasciatore a Pietroburgo (2), relativo all'incidente di cui era caso in ultimo nel mio rapporto del 20 di questo mese (3).

Durante la mia conversazione col Conte Andrassy, che sommariamente io riferiva col precitato rapporto, non mancai di accennare: che premendo all'E.

V. di delucidare lo spiacevole equivoco nato dalla comunicazione fatta a Pietroburgo dei passi ch'io aveva avuto incarico di fare qui a proposito del Montenegro, il Cavalier Nigra era stato invitato a chiedere schiarimenti in proposito al Signor di Giers. Avvisare di ciò il Ministro Imperiale parvemi fosse debito di lealtà; il fare ulteriormente cenno del risultato di questa nostra inchiesta sembrerebbemi inopportuno e atto anche ad inasprire l'incidente; tanto più che a quest'ora il Conte Andrassy molto probabilmente rileggendo meglio i rapporti del Generale Langenau. si sarà convinto che l'impressione ch'egli si era fatta dell'accaduto non poggiava su fatti veri. Voler quindi ancora mettergli sottocchio le prove del suo errore sarebbe, a mio avviso, mancanza di tatto. Valendomi quindi dell'autorizzazione fattamcne, più non ritornerò su quest'incidente, salvo ben inteso che qui si tornasse a parlarmene.

133

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 746. Vienna, 7 ottobre 1877 (per. il 13).

L'E. V. col suo ossequiato dispaccio del 26 scorso mese, n. 457 (4), si compiacque farmi rilevare non aver trovato intieramente esatta l'affermazione contenuta nel mio rapporto in data del 14 settembre n. 735 (5): «che per la speciale organizzazione del nostro servizio all'estero, gli addetti militari sono sotto la diretta dipendenza del Comandante il Capo di Stato Maggiore, col quale corrispondono senza passare per il tramite dell'Ambasciata>>.

A spiegazione di tal mio asserto, che non sarebbe esatto, giusta quanto l'E. V. mi fa osservare, citandomi il testo del regolamento diplomatico in proposito, dirò anzi tutto: che io non sostenni quella tesi a mio discarico verso

il R. Governo, ma bensì parlando col Conte Andrassy, convenendomi essenzialmente in quel momento di scartare ogni diretta compromissione dell'Ambasciata da un affare, in cui anche i giornali i più male intenzionati a nostro riguardo, non avevano però creduto poterla trar in campo.

Malgrado poi quanto è stabilito dal regolamento io aveva buono in mano per sostenere eventualmente la mia tesi, perché anzi tutto: gli addetti militari non figurano come tali nelle destinazioni portate dal bollettino militare, dove sono unicamente segnati come comandati presso il comando generale del Corpo di Stato Maggiore. Inoltre essi corrispondono esclusivamente col loro comandante generale, mentre quelli degli altri Stati corrispondono col rispettivo Ministro della Guerra, e quelli inglesi rivolgono i loro rapporti al rispettivo Ambasciatore, che li trasmette, solamente se crede, al Ministero Esteri. Presso alcune potenze poi gli addetti militari hanno il titolo di Plenipotenziari militari, e quindi come tali corrispondono col rispettivo Ministero e con altre autorità militari, assolutamente all'infuori d'ogni ingerenza dell'Ambasciata. Parmi dunque che il sistema nostro sia quello meglio atto, in una spiacevole circostanza come quella ch'ebbe a verificarsi testé, a toglier di mezzo la responsabilità diretta del Governo non che quella dell'Ambasciatore, intorno all'operato dell'addetto militare verso il Governo presso il quale egli è accreditato. Ciò stando credetti, come dissi, opportuno valermi di uno stato di cose ben conosciuto qui per agevolare la mia azione e non aggravarne maggiormente la posizione dell'Ambasciata, che altre circostanze già resero, come l'E. V. ben sa, assai difficile.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato ma cfr. n. 101. (3) -Cfr. n. 103.

(4) Cfr. n. 114.

(5) Cfr. n. 85.

134

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 747. Vienna, 7 ottobre 1877 (per. il 13).

Ho letto con sommo interesse i quattro rapporti del Conte de Launay, che l'E. V. compiacevasi comunicarmi col suo ossequiato dispaccio del 10 scorso mese, n. 445 (1), consegnatomi jeri dal Signor R. Stuart. Il contenuto di quel documenti mi rese pienamente chiara una situazione di cui io non riusciva a scoprire il nodo. In fatto dopo quella lettura non mi rimase più ombra di dubbio, che il Gabinetto di Vienna ebbe molto prima di me perfetta conoscenza delle conversazioni, che il R. Ambasciatore a Berlino ebbe col Signor di Btilow su di un argomento di tanto interesse per l'Austria-Ungheria. Alcune frasi tronche del Conte Andrassy che non trovavano naturale spiegazione nell'azione politica esercitata a mia conoscenza dal R. Governo in questi ultimi tempi, e più ancora varie parole abbastanza esplicite, statemi dette precisamente in questi giorni dal Barone di Haymerle, hanno oggi per me una ben precisa portata.

Il Conte Andrassy era perfettamente a giorno fin dall'anno scorso della dichiarazione da noi fatta a alcune potenze amiche, che il possesso della Bosnia

e dell'Erzegovina per parte dell'Austria sarebbe considerato dall'Italia come contrario ai suoi interessi. Anzitutto, nella conversazione ch'egli ebbe meco il 16 ottobre (1), si lagnò vivamente che quella dichiarazione fosse stata fatta ad altre potenze, prima ch'essa venisse da noi portata a Sua conoscenza. In secondo luogo, poi, Egli volle accingersi a provarmi, mancare il fondamento a tale nostro asserto. Ribattei essenzialmente le sue argomentazioni su questo secondo punto e, come meglio seppi, cercai di giustificare il R. Governo intorno al primo appunto fattoci, svolgendogli i ragionamenti in proposito indicatimi dall'E. V. nelle sue istruzioni al riguardo. L'E. V. non potrà però a meno di rammentarsi, che assai prima di quell'epoca, cioè fin dal 9 settembre, mentre in verità anche allora io ignorava i passi già fatti nel suespresso senso presso altre potenze, io insisteva quanto più fortemente mi era possibile per addivenire ad una franca e esplicita dichiarazione col Conte Andrassy, atta a chiarire la reciproca situazione dei due Governi. Forse più tardi ancora sarebbesi potuto intavolare direttamente con lui una discussione su questo grave argomento, colla speranza che un tal modo di agire, franco e leale, sarebbe stato apprezzato. Ma in oggi non esito a dichiarare: che ove ci accingessimo a pigliare una simile iniziativa a Vienna, è mio avviso ciò potrebbe avere le più gravi conseguenze, e solamente si potrebbe fare ove non si rifuggisse dall'andare incontro a un'aperta rottura. In fatto il Conte Andrassy, conscio non solamente dei passi da noi fatti a Berlino ma eziandio dell'accoglienza che vi trovarono, e forte dell'appoggio della Germania in quella questione, rifiuterebbe, giusta ogni probabilità, la discussione in proposito e ci porrebbe cosi in una posizione assai difficile: perché vano è il dissimularselo: l'opinione pubblica in Europa e quella dei Gabinetti in particolare, ci è contraria in quella questione, perché generalmente si vuoi vedere in essa un pretesto per stabilire il nostro eventuale diritto a compensi, cioè all'acquisto del Trentina e di altre terre austriache; aspirazione questa molto sfavorevolmente apprezzata in oggi in Europa, come ritenuta di natura ad accrescere le già soverchie complicazioni, che minacciano la pace generale.

Parmi d'aver così risposto colla voluta franchezza alla domanda che l'E. V. compiacevasi farmi, di manifestarle cioè il mio parere sul concetto spesso ripetuto dal mio egregio Collega di Berlino, essere conveniente di avere intorno a questo scabroso tema una franca e chiara spiegazione con lo stesso Conte Andrassy. Questa franca e chiara spiegazione parmi già ci sia stata nella conversazione del 16 ottobre scorso anno più sopra ricordata; non ci si potrà dunque ad ogni modo mai tacciare di non avere anche manifestato qui esplicitamente il nostro modo di vedere. Il ritornarvi ora sopra ravviserei ripeto sommamente imprudente per ogni riguardo. Tutto ciò mi sono creduto in dovere di esporlo, perché interpellato in precisi termini: non dubito però che in oggi, visto la piega presa dagli eventi in Bulgaria, l'E. V. ravviserà al par di me essere di molto allontanato il pericolo dell'eventualità di cui è caso e quindi essere meno che mai opportuno il muovere un così grave passo, non giustificato da una urgente necessità.

(l) Cfr. n. 76.

(l) Vedi serie Il, vol. VII, n. 494.

135

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1980. Berlino, 9 ottobre 1877 (per. il 13).

Vous avez entre les mains le toast que j'ai porté au Prince de Bismarck (rapport n. 1900) (l) V. E. a donc pu voir combien était fautive la version donnée par les journaux allemands, version reproduite en France avec des commentaires où perçait un certain persiflage. Je citerai entr'autres les Mémorial diplomatique du 6 octobre. C'est m'attribuer un véritable anachronisme historique, quand on me fait dire que le Comte de Cavour avait reconnu que l'Italie devait trouver dans une union intime avec l'Allemagne le plus solide appui de la politique extérieure. A l'époque de sa mort, la confédération germanique était encore placée sous l'influence de l'Autriche, et se ne fut que cinq ans plus tard, après l'arrivée au pouvoir du Prince de Bismarck que la Prusse secouait le joug, et contractait avec nous une alliance qui a profité aux deux nations. Le Comte de Cavour avait néanmoins trop de perspicacité pour ne pas entrevoir le grand ròle réservé à la Prusse, et c'était presque superflu de ma part quand j'appelais son attention sur cette force des choses, qui nous conduirait à une coalition contre l'Autriche. Mais les événements ne permettaient pas d'ajourner l'ceuvre, et le mérite de l'homme d'Etat a été, tout en ménageant la Prusse, d'entrainer dans nos vues le Chef d'une nation voisine, qui livrée à elle mème n'aurait pas brùlé une amorce pour le soutien de notre cause. Se faire aider pour l'édifice de sa propre grandeur par des mains ennemies ou peu amies, c'est bien là le comble de l'habileté politique.

Quoiqu'il en soit, il ne pouvait me venir à la pensée de parler autrement que je ne l'ai fait. Si je n'ai rempli qu'un ròle modeste dans notre histoire, j'ai cependant été assez mèlé à ses phases diverses, pour ne pas ètre exposé à comettre de Iourdes méprises.

Je vois en outre que nos journaux ne comprennent point pourquoi je n'ai pas su obvier à la non-présence du Prince de Bismarck ou tout au moins du Secrétaire d'Etat au dìner offert à S. E. M. Crispi par le Président de la Chambre des députés de Prusse. Ces gazettes ignorent que le Chancelier n'accepte aucune invitation pas mème à la Cour, et que M. de Biilow demeurait alors à Potsdam. Il eùt été d'ailleurs peu bien séant de me donner mème la simple apparence d'une ingérence qualonque. J'aurais voulu combler la lacune en réunissant au moins chez moi quelques hauts fonctionnaires, M. de Biilow nommément. Mais, à deux reprises, il m'a laissé entendre qu'il était en villégiature à Potsdam et qu'il ne venait ici qu'aux heures de bureau. Quant à d'antres personnages ou chefs de mission, ils se trouvaient pour la pluspart en congé. Ainsi j'ai dù me borner à recevoir deux fois S. E. M. Crispi en comité très restreint.

Relativement au télégramme à l'Empereur, je ne puis que me référer à mon rapport précité. J'ai eu au reste l'occasion de m'en expliquer avec S. E.

M. de BUlow, qui a parfaitement compris qu'il ne fallait voir dans cet impromptu que la bonne intention sans relever certain manque à l'étiquette. S'il n'y a pas eu de réponse, c'est uniquement parce qu'il n'est pas dans les usages de Sa Majesté de répondre aux télégrammes privés, provenant de personnes meme haut placées comme le Chevalier Crispi. Le Secrétaire d'Etat ne doutait pas que Son Auguste Souverain avait bien accueilli le télégramme.

L'Opinione du 3 octobre reproche à notre Gouvernement de ne maintenir qu'aux dépens de sa propre dignité les bons rapports avec le Cabinet de Berlin. Le Diritto dans son numéro du lendemain, n'a peut etre pas répliqué avec assez d'énergie à cette accusation, à cette calomnie. Cette accusation et cette calomnie retombent par ricochet sur la personne du représentant du Roi à Berlin, puisque j'exécute les ordres de V. E. J'ai pu parfois ne point partager entièrement les idées de tel ou tel autre Ministre sur la manière de conduire les affaires. Ces dissentiments ne portaient pas sur des questions de dignité nationaie. Plutòt que de nous preter à y porter atteinte, aucun de nous n'hésiterait à résigner ses fonctions ministérielles ou diplomatiques.

Il est vraiment déplorable que l'esprit de parti se laisse aUer à de telles incartades. Tout bon patriote, au lieu de chercher la paille dans l'oeil d'autrui, aurait dù au contraire applaudir en voyant que le séjour de M. Crispi à Berlin a donné lieu à des manifestations de sympathie pour l'Italie de la part d'une Puissance qui s'applique dans son intéret comme dans le nòtre, à contenir les mauvaises dispositions de nos adversaires. Je n'ai pas besoin d'indiquer dans quel camp et vers quelles frontières ils se trouvent.

Ce rapport sert de développement au télégramme d'aujourd'hui (1), par lequel je demande à V. E. de faire publier les paroles que j'ai prononcées le 23 septembre. Je crois qu'elles ne s'écartaient nullement de la juste mesure.

En signalant à M. de BUlow les inexactitudes des correspondants des journaux, je l'ai prévenu que le texte de mon langage se trouvait entre les mains de V. E. J'ai ajouté que j'avais insisté pour qu'il fùt publié. Le Secrétaire d'Etat semblait trouver ce désir fort naturel, ne serait ce que pour rendre hommage à la vérité. Lui aussi comprenait fort bien que, du vivant du Comte de Cavour, ni l'Italie ni l'Allemagne comme telles ne pouvaient etre dans les rapports qui se sont établis plus tard entre les deux nations.

A moins que Vous ne préfériez, M. le Ministre, que je ne le fasse moi meme, je Vous serais reconnaissant de procéder aux rectifications nécessaires. Si Vous Vous absteniez, le Cabinet de Berlin pourrait supposer, quoique ce ne soit certes pas le cas, que votre silence aurait pour cause un excès de ménagement pour la France. Au reste je n'ai nunement mis cette Puissance en cause, ni amoindri l'appui qu'elle nous a preté en 1859 tout en se le faisant largement payer en s'annexant deux de nos anciennes provinces.

J'avais prié V. E. de me répondre par télégraphe, mais jusqu'ici je n'ai rien reçu.

(l) Cfr. n. 116.

(l) Non pubblicato.

136

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 579/207. Londra, 9 ottobre 1877 (per. il 13).

Mi pregio di informare la E. V. che ieri sera S. E. il Presidente della Camera dei Deputati Comm. Crispi ha lasciato Londra dirigendosi a Parigi colla intenzione di quindi recarsi a Vienna giusta a quanto mi disse.

Durante il suo soggiorno in questa Metropoli avrei desiderato di poterlo mettere in relazione coi principali personaggi dell'Inghilterra; ma nell'attuale stagione come già lo scrissi a V. E., Londra è deserta ed io potei appena riunire, in onore di S. E. una piccola parte del Corpo Diplomatico ad un pranzo ed a un convegno serale al quale fra gli altri intervenne anche l'Ambasciatore di Francia.

Lord Beaconsfield, a cui io aveva telegrafato rispose che, attesi i molti impegni da lui presi, non poteva fissare un giorno per vedere il Commendatore Crispi il quale però, come già ne informai la S. V. con mio rapporto del 5 corrente, di questa serie n. 205 (1), ebbe venerdì p.p. una importante conversazione con Lord Derby, il quale venuto a Londra per un Consiglio dei Ministri doveva ritornare la sera stessa a Knowsky, ma non potè effettivamente ripartire che sabato nel pomeriggio.

Il Comm. Crispi si recò ugualmente a vedere l'an. Gladstone a Havvarden Castle, e ne riportò l'impressione che quel grand'uomo di stato nutre ognora per l'Italia i medesimi sentimenti di stima e di simpatia dei quali egli diede efficaci prove durante la sua illustre carriera politica.

137

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 609. Berlino, 11 ottobre 1877, ore 17,20 (per. ore 19).

A son départ d'ici, Crispi avait presque renoncé à la course de Vienne. Il m'écrit de Paris qu'à la suite des conversations avec les hommes d'Etat anglais, il croit utile de reprendre le projet. Je lui ai répondu en le prévenant que je télégraphie à V. E. que, dans les conjonctures actuelles, l'exécution du projet pourrait convenir au point de vue anglais, mais non au point de vue italien. Sa présence à Vienne serait interprétée camme une avance faite publiquement à l'Autriche, ce qui ne doit pas étre, apres l'attitude adoptée par cette Puissance à notre égard. Il appartient maintenant à notre ambassadeur à Vienne de cher

cher à aplanir la voie déjà entrouverte en suite de la visite de M. Crispi à Gastein Cl).

(l) Cfr. n. 130.

138

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 149. Pietroburgo, 11 ottobre 1877 (per. il 18).

Il Signor de Giers mi ha partecipato il senso della risposta fatta dal Principe Gortchakow alla proposta Austriaca, alla quale era venuta ad aggiungersi la proposta Inglese relativamente allo sgombro del Canale di Sulina. La risposta fu direttamente inviata da Bukarest al Signor de Novikow per essere comunicata al Gabinetto di Vienna il quale aveva preso l'iniziativa della proposta. Il Principe Cancelliere nella sua risposta annunzia che il Governo Russo consente allo sgombro immediato del Canale di Sulina da operarsi a sue spese e per cura della Commissione Europea, alla condizione che il Canale stesso sia dichiarato neutrale e che la neutralità ne sia garantita dalla presenza di bastimenti stazionari delle Potenze Europee. Siccome il Gabinetto di Vienna prese l'iniziativa della proposizione, il Principe Gortchakow lascia al medesimo la cura di comunicare questa risoluzione agli altri Gabinetti e di fare presso di loro le diligenze occorrenti pel loro accordo sull'attuazione delle misure sopra accennate.

Il Signor de Giers nel parteciparmi quanto sopra mi disse che il Barone di Uxkull ne era pure stato informato direttamente dal Principe Cancelliere.

P. S. -Mi pregio di segnar ricevimento e di ringraziare l'E.V. dei dispacci ministeriali di questa serie fino al n. 168 inclusivamente.

139

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT (Carte Robilant)

L. P. Berlino, 11 ottobre 1877.

Depuis le 5 Aout où je vous écrivais par la poste, faute d'autre occasion une lettre (2) calculée à dessein pour qu'elle fut lue à la poste autrichienne (ainsi que j'avais prié Madame votre mère de vous le dire), j'attendais qu'il se présen

« Vienne, je n'ai pas besoin de le dire, est un cenire tout autre que Berlin. Ici nous rencontrons une opinion publiq..,, favorable, là au contraire, une malveillance presque systematique, meme dans des régions influentes. Dans ces conditions, on ne saurait trop réserver à la diplomat!e régulière lP soin de déblayer un terrain aussi difficile. Malgré tout le tact dont ferait preuve M. le Président de la Chambre, je craint fort qu'on ne rendrait pas justice à ses bonnes intentions. On lui imputerait des actes et des paroles de nature à exciter toujours plus le mauvais vouloir du Cabinet Austro-Hongrois. Or nous savons qu'à Vienne la calomnie a ses coudées franches ».

tat un moyen sur de reprendre ma correspondance. J'aurais pu à la rigueur recourir à Turkan Bey qui m'avait demandé de l'introduire auprès de vous. Je le lui avais promis, mais je ne sais plus quel obstacle m'en a empeché. Plus tard passait ici le Comte Fè, mais comme il me déplait passablement, je n'ai pas voulu profiter de ses offres. Je ne veux pas retarder davantage, et je saute par dessus mes répugnances en me prévalant d'un courrier anglais pour vous faire parvenir cette lettre.

Le Colonel Corvetta m'a remis la votre du 24 aout. J'ai été charmé de causer avec un ami par vous si chaudement recommandé. Nous avons eu un long entretien; après que je lui avais développé ma manière de voir sur différentes questions entre autres sur la Bosnie et l'Herzégovine, il m'a dit que vous et moi nous pensions de meme. Il eiìt mieux valu au lieu de s'adresser au tiers et au quart pour tacher de prévenir l'éventualité d'un agrandissement de l'Autriche dans ces régions, de s'expliquer franchement et directement avec le Comte Andràssy par votre entremise. Je l'ai écrit je ne sais combien de fois à Rome, ce qui n'a pas retenu notre Ministère de me charger de continuer à travailler pour gagner le Cabinet de Berlin à notre cause. Ce travail qui m'allait sous les ongles parce que j'avais le sentiment que nous nous trompions de porte dans les conjonctures actuelles, s'est prolongé jusque vers l'époque où le Prince de Bismarck se rendait à Gastein. Mon langage avait été très mesuré en ce sens que je me suis abstenu d'y meler une rectification de frontière vers le Tyrol et l'Isonzo. J'avais surtout accentué le point auquel nous devions tenir que les conditions actuelles d'équilibre sur l'Adriatique ne fussent pas modifiées à notre détriment. En dernier lieu on m'avait fait comprendre qu'une question de Bosnie n'existait pas pour l'Allemagne, et que dès lors il était préférable de n'y pas toucher.

Sur ces entrefaites arrivait ici M. Crispi venant rendre la visite faite à Rome, il y a quelques mois, par M. Bennigsen le Président de la Chambre des députés de Prusse. M. Crispi, me mandait M. Melegari, voyageait per diporto; on l'avait seulement prié de mettre à profit son passage dans cette capitale pour sonder le terrain sur une application réciproque de l'article 3 de notre code civil. Ayant exprimé son très vif regret de ne pas voir le Chancelier, celui-ci lui laissa l'alternative ou de venir à Gastein ou d'attendre ici son retour. Comme de raison il préféra la première alternative, afin de parler au Chancelier avant l'entrevue imminente avec le Comte Andràssy à Salzburg. J'avais eu soin de prévenir le Président de notre Chambre qu'il fallait laisser à qui de droit le dé de la conversation. Je lui ai donné le meilleur viatique possible. Je m'attendais à ce qu'il n'apprendrait, à peu de choses près, que ce que nous savions déjà.

En effet, d'après le récit de M. Crispi, les deux questions qui préoccupent le plus le Prince de Bismarck, ce sont la France et les agissements du Vatican. Il convenait d'attendre le résultat des élections en France qu'il voudrait voir aboutir à une majorité, à un Gouvernement républicain sachant maitriser les éléments dangereux de la réaction et de l'ultramontanisme.

Le Prince s'en prenait au Pape, et laissait méme entendre que son influence s'exerçait dans une trop grande mesure chez nous. Relativement aux affaires Orientales, elles ne touchent que fort indirectement l'Allemagne. Son r6le n'est autre que de ne rien négliger pour le maintien

de la paix en Orient, et pour conserver l'amitié entre l'Autriche et la Russie.

M. Crispi fit observer que nous aussi nous nous étudions à cultiver de bons rapports avec nos voisins, mais que l'Autriche méconnaissait nos intentions. Nous ne visions qu'au maintien du statu quo territorial notamment en Turquie. Aussi ne saurions nous envisager d'un c.eil indifférent que le Cabinet de Vienne se préparàt à une occupation du vilayet de Bosnie. Nous serions heureux si le Prince de Bismarck réussissait à ramener le Comte Andràssy à des appréciations plus équitables sur notre compte. Son Altesse s'y montrait disposée, sous la réserve qu'elle éviterait de parler de la Bosnie. Au reste, d'après son avis, c'était là une question très à l'arrière plan. L'Autriche ne pouvait adopter qu'une actitude expectante.

Ceci se passait le 17 septembre. Le 18 au matin M. Crispi reprenait son sac et ses quilles pour revenir ici et le meme jour le Prince de Bismarck embrassait le Comte Andrassy à Salzburg. A son retour à Berlin, le Chancelier recevait une seconde fois M. Crispi et lui confiait d'avoir parlé à Salzburg de notre désir de vivre en bons termes avec le Cabinet de Vienne, en ne lui dissimulant pas que nous tenions à ce qu'il ne fut pas touché à la Bosnie. Son Altesse ne disait pas quelle avait été la réponse du Comte Andràssy. Mais le fait en lui-meme que ce dernier a du entendre ce langage de la bouche du Prince, a une signification importante. Et cela d'autant plus que 24 heures plus tòt il déclinait nettement de faire une allusion quelconque à la Bosnie. Au reste, disait-il encore à M. Crispi, si l'Allemagne attache un grand prix à ne pas susciter des embarras à une Autriche amie de l'Empire germanique, d'un autre còté les circonstances présentes ne sont pas telles qu'on puisse songer à Vienne de sortir d'une attitude expectante. Il ajoutait aussi qu'il avait les yeux ouverts sur les dangers qui pourraient offrir en Autriche, comme en France, les tendances ultramontaines. Le jour où le Comte Andrassy quitterait le pouvoir, le vent tournerait, et il faudrait se prémunir. Cette éventualite n'était nullement en perspective.

Dans l'intervalle de ces deux entretiens dont vous avez le résumé d'après des notes que j'ai recueillies après le récit de M. Crispi, le Président de la Chambre prussienne a organisé un banquet en son honneur. J'ai eu l'invitation. Mon premier mouvement avait été de m'abstenir, puis il m'a paru que mon abstention pouvait etre mal interprétée. J'y ai donc pris part. Il y avait environ 70 convives: membres de la première, de la seconde Chambre de Prusse, députés du Parlement Allemand, trois conseillers fédéraux, etc. etc., mais personne du Ministère des Affaires Etrangères, car le Prince de Bismarck n'accepte pas meme des invitations à la Cour, et M. Btilow se trouvait en villégiature. La grande majorité appartenait aux partis national-libéral et progressiste; un seui membre de la dro i te figurai t, parce que la dro i te ici aussi boude le Gouvernement. Au moment de se mettre à table M. de Bennigsen m'a prévenu qu'il tiendrait un discours. Je l'ai engagé à passer l'avertissement à M. Crispi qui était tout naturellement appelé à répondre. Je pensais que je pourrais éventuellement me borner à la santé de l'Empereur dans la forme la plus laconique. Ayant été devancé dans ce toast par M. Bennigsen, toast auquel a été joint celui pour notre Roi, je pensais me tenir coi après avoir entendu les discours des deux Présidents. Eh bien pas du tout. L'un et l'autre avaient oublié de mentionner le Prince de Bismarck et M. Bennigsen auquel j'en faisais la remarque approuvait fort que la lacune fO.t remplie par mai. Je me suis exécuté. Je crois étre resté dans la juste mesure; mais le comte rendu des journaux m'attribuait un anachronisme historique à propos du Comte de Cavour. Les journaux français I'ont relevé sur un ton de persiflage. J'ai demandé à M. Melegari de publier le texte de mon petit speach que j'avais recomposé en rentrant chez mai.

Je vous donne tous ces détails parce que la presse a beaucoup brodé sur tout ce qui se rattache au voyage de M. Crispi. Chez nous aussi ce dernier a été attaque par l'Opinione et la Perseveranza sur des entretiens qu'il aurait eus avec des reporters, entretiens dont j'ignore les particularités. On l'a ridiculisé pour san télégramme à l'Empereur. II ne m'en a parlé qu'après avoir donné cours à san impromptu. Je ne lui ai pas caché que la chose était parfaitement irrégulière, et il m'a prié de la redresser en faveur de la bonne intention dont il avait été animé. Sans doute notre Président manque d'expérience, dépasse le but dans l'expression de ses idées, mais on aurait dO. se montrer plus indulgent chez nous, en lui sachant gré que san séjour ici ait fourni l'occasion de constater la solidarité d'intéréts entre l'Allemagne et l'Italie. C'était là l'essentiel. N'estce pas l'Allemagne qui contient les mauvaises dispositions de la France et de l'Autriche à notre égard? Aussi ai-je trouvé malhabile qu'on ait autorisé notre presse officieuse à déclarer qu'aucune alliance n'avait été contractée de notre part avec l'Allemagne. Mieux valait laisser supposer tout au monde, surtout au monde qui nous est hostile.

Au moment de san départ d'ici, et avant déjà, j'avais cherché à le dissuader d'une excursion à Vienne. Je la trouvais superflue et nuisible méme surtout après les insinuations faites par le Prince au Comte Andrassy. M. Crispi semblait d'autant mieux se rendre à mon raisonnement que c'était à peine s'il pourrait effectuer san voyage à Londres et revenir à temps à Rome pour l'ouverture de nos Chambres. Il avait été dane convenu que je vous télégraphierais dans ce sens en réponse à votre lettre du 15 septembre. Ce télégramme m'a valu votre bon billet du 30.

Je dormais dane tranquille, lorsque ce matin la poste m'a apporté quelques mots du voyageur en date de Paris le 9 octobre me disant ce que je vous ai télégraphié dans la journée. Ainsi que je vous en ai donné avis j'ai aussi télégraphié dans le méme sens à Rome (1). J'ai en méme temps écrit à M. Crispi que je regrettais qu'il eO.t changé d'opinion depuis san départ de Berlin; que je télégraphiais à M. Melegari pour combattre ces intentions. J'exprimai l'espoir qu'il ne prendrait pas la chose à mal parce que je n'étais guidé que par le bien de notre Pays. Ce que je ne lui ai pas dit, c'est que sa présence à Vienne attirerait autour de lui des éléments fort suspects à l'Autriche; que sans le vouloir il susciterait bien des embarras au Gouvernement et à vous.

J'espère que cette tuile vous sera épargnée. Vous avez déjà une position assez délicate pour qu'on ne vous crée pas de nouvelles difficultés. Si M. Crispl est un homme d'esprit il appréciera ma conduite, si non je m'en serais fait un ennemi. Tant pis et peut-étre tant mieux. C'est selon.

Veuillez m'accuser réception par un simple mot de cette lettre afin que je sache qu'elle n'est pas tombée dans la gueule du loup, mais entre des mains aussi sures que les vòtres.

Je suis extrèmement satisfait du Marquis Cappelli qui se rappelle à votre souvenir.

(l) Si pubblica qui un brano del r. 1909 del 12 ottobre, in cui Launay sviluppava il contenuto di questo telegramma:

(2) Cfr. n. 13.

(l) Cfr. n. 137.

140

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (Carte Corti)

L. P. Vienna, 11 ottobre 1877.

Ho ricevuto a suo tempo la tua lettera del 20 settembre (1), e testé quella del 3 corrente (2).

Mi accorgo che cominci a perdere la pazienza, e francamente cw non mi stupisce. Gli ultimi documenti diplomatici trasmessimi dal Ministero, mi danno la chiave della tua situazione e ciò che me ne scrivi non mi lascia più dubbi su di essa. Del resto se ti può essere di conforto tengo a dirti che le mie condizioni non sono guarì migliori delle tue. Anzi son persuaso che se le conoscessi appieno, non faresti il cambio.

Il più che spiacevole incidente del mio Addetto militare è si può dir finito. La sua perfetta innocenza è pienamente conosciuta da tutti qui, ma l'effetto prodotto dagli inqualificabili attacchi della stampa resta, e non si cancellerà così presto: tanto più ch'esso è il portato di una situazione grave assai che non poté se non peggiorare in conseguenza di quel fatto.

Pel momento il convegno dei due Cancellieri di cui mi chiedi notizie (del Convegno non dei Cancellieri), è passato nell'ombra. Tutta la luce illumina attualmente il viaggio Crispi, bada che dico viaggio non missione! Da Roma mi si annuncia la sua venuta qui per domani, ma non troverà con chi parlare, Andrassy essendo via. Posso sbagliarmi ma per me non v'ha quasi dubbio che Crispi raccoglierà all'aprirsi della Camera la successione del buon Melegari: però tutto dipende ancora dal risultato delle elezioni in Francia.

Hai grandemente ragione di dire che la Porta dovrebbe fare ogni suo possibile per far la pace e questo anche, poiché se l'anno venturo trova ancora la guerra, si avrà un ballo su sì grande scala, che alla Turchia resterà ben poca chance di far sentire la sua voce per far intendere che non ha più intenzione di ballare.

Ho chiesto alcuni giorni di congedo ne a v rei bisogno pei miei affari, ed

anche per andare a Roma onde spiegare meglio che non lo si possa far per

iscritto come stanno le cose qui, ed al tempo stesso per farmi un'impressione

un po' più esatta dell'aria che spira sui sette colli!

Mia moglie è già a Venezia da una quindicina di giorni, e vi rimarrà più

-o meno a secondo di quanto sarò per far io.
(l) -Cfr. n. 104. (2) -Non pubblicata.
141

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 691. Vienna, 13 ottobre 1877, ore 14,50 (per. ore 15,40).

Crispi est arrivé ce matin à Vienne.

142

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 265. Roma, 13 ottobre 1877.

Sono assai grato all'E. V. delle interessanti indicazioni fornitemi col pregiato rapporto del 5 di questo mese, n. 205 (1).

Mi gioverà aggiungere una breve avvertenza circa l'argomento speciale dei passaporti che sarebbe stato toccato nella conversazione che il Comm. Crispi ebbe al «Foreign Office » con Lord Derby.

Il R. Governo non ha mai applicato e non intende applicare agli stranieri un regime diverso da quello che è applicato agli Italiani. Ma è appunto di questo regime che si lagnano gli Inglesi. È noto infatti che la legge di pubblica sicurezza contiene, per ogni cittadino che si trovi fuori del suo circondario, l'obbligo di avere il passaporto per l'interno e di esibirlo a semplice richiesta dell'autorità di polizia. Ora, se si dovesse applicare strettamente agli stranieri un simile regime, si verrebbe sotto diverso nome a ristabilire il sistema delle carte di soggiorno, ossia il regime meno liberale fra tutti quelli che sono in vigore in Europa.

Se pertanto conversando con Lei, Lord Derby ripigliasse il discorso sopra questo soggetto, la E. V. dovrebbe eludere la discussione nel miglior modo possibile, dicendo che si fanno studi per conciliare l'applicazione della legge di pubblica sicurezza con la completa abolizione dell'obbligo dei passaporti, in guisa da rendere sempre più rari i casi in cui gli Agenti della forza pubblica abbiano a rivolgersi a viaggiatori stranieri per richiederli di far risultare della loro personale identità.

Se poi Lord Derby non le parlasse più di questo affare, sarà meglio che l'E.V. si astenga per ora da ogni iniziativa di discorso in proposito.

143

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 483. Roma, 13 ottobre 1877.

I Giornali hanno narrato come nella seconda quindicina di Agosto, fossero sbarcati sulla marina di Cattaro e di là nascostamente introdotti cannoni, armi

e munizioni entro il confine montenegrino. Le autorità di Scutari hanno, in quella circostanza, accreditata la voce che l'operazione fosse stata eseguita da un bastimento italiano, e per dare colore di verità a cosa che ben sapevasi non vera, hanno perfino indicato il nome del legno, che sarebbe il brick Maria Teresa.

Quando il Cavalier Berio mi ebbe riferito siffatta versione, alla quale quel

R. Agente sembrava prestar fede, volli tosto far praticare minute indagini all'oggetto che venisse una buona volta in chiaro il singolare modo di procedere di certe autorità ottomane, le quali parrebbero soprattutto sollecite di suscitare e tener viva la diffidenza a nostro riguardo, spargendo contro l'Italia, notizie false ed offensive. Il risultato delle indagini fu questo: che tre soli legni mercantili italiani hanno il nome di «Maria Teresa», e che tutte e tre trovandosi in luoghi di molto lontani dai paraggi di Cattaro, non potevano certamente, negli ultimi giorni di agosto, operare sbarco clandestino su quella costa.

Si ebbe cosi nuova e positiva dimostrazione che sono effetto, o di cieca credulità, o di animo malevolo, le voci che le autorità ottomane vanno divulgando ed accreditando a nostro carico.

(l) Cfr. 130.

144

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. 732. Roma, 13 ottobre 1877.

Dalle informazioni fornite dal R. Console a Ragusa risulterebbe che, non già una flottiglia, ma sibbene un solo bastimento, governato da un pilota di Budva, ha sbarcato a Castel Lastua le munizioni ed i cannoni destinati al Montenegro. L'operazione sarebbe stata eseguita con molta prestezza ma senza misteri. Greca, e non italiana, sarebbe la nazionalità del bastimento, e di ciò si ha piena conferma sul fatto che le minute indagini praticate dalle nostre autorità marittime hanno condotto alla dimostrazione che nessuna delle navi nazionali aventi il nome da Lei indicato potè trovarsi in codesti paraggi nella seconda quindicina di agosto.

Ho stimato opportuno che Ella avesse conoscenza di queste informazioni, le quali contraddicono a quelle che erano pervenute alla S. V. Illustrissima.

145

IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CRISPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS

(ACS, Carte Crispi) (l)

L. P. Vienna, 15 ottobre 1877.

Siccome ti telegrafai la sera del 13 (2), *qui la posizione è molto difficile. La pubblica stampa, gli uomini politici, il Ministero, la Corte, tutti ci sono av

versi. Chi ci abbia creato questa antipatia non te lo saprei dire: constato un fatto, il quale è della massima importanza.

Robilant, il quale me ne ha fatto il ritratto, mi diceva che gli austriaci ritengono noi la causa di tutte le loro sventure. Noi destammo lo spirito di nazionalità in queste contrade, e lo teniamo desto con le nostre pretese sull'Illiria e sul Trentina. Senza di noi non sarebbe avvenuta la guerra del 1866, il cui risultato fu di escludere l'Austria dalla Confederazione germanica. Noi potremmo esser causa e dar principio allo sfasciamento dell'Impero se insistessimo nel volere il territorio italiano che l'impero possiede al di là delle Alpi * (1).

Io non ho bisogno di rivelarti l'ingiustizia di cotesta accusa. Quando si dà corso al sentimento d'interessi inopportuni, i giudizi non possono essere sani.

Così stando le cose, il mio primo ufficio ha dovuto essere di *calmare le ire e di riconquistare le simpatie dei liberali austriaci*.

San venuti a visitarmi i redattori di vari giornali, tra cui il proprietario della Neue freie Presse e quello del Tagblatt, che hanno la più estesa pubblicità qui e fuori. A tutti chiesi il motivo pel quale han fatto da due anni la guerra al nostro Ministero. Quello della Presse mi rispose, che il motivo era perché il Melegari non ha una politica chiara nella questione d'Oriente, anzi dal suo contegno appare che noi parteggiamo per la Russia. Tutti poi, dicendosi amici d'Italia e desiderosi di mantenere con noi buoni ed amichevoli rapporti, han fatto comprendere che diffidano di noi.

Per la quistione orientale ho detto che noi siamo stati e siamo in una perfetta neutralità, che non parteggiamo per alcuno dei belligeranti, ma siamo dolenti della peggiorata condizione delle popolazioni che si vorrebbero redimere. In quanto all'Austria ho soggiunto che siamo suoi amici e che vogliamo mantenerci con essa d'accordo in tutto ciò che possa giovare ai comuni interessi. Su cotesto argomento ho voluto estendermi un poco, ed ho sostenuto la tesi del necessario mantenimento e del consolidamento dell'Impero dell'Austria, la quale [noi riteniamo] essere elemento di civiltà verso l'Oriente.

Il proprietario della Neue treie Presse mi promise che ci ritornerebbe amico. Con quello del Tagblatt ebbi poco da fare, perché venendo a visitarmi portò con sé un numero del suo giornale con un articolo lusinghiero sul conto mio, quantunque storicamente non sempre esatto.

Quando ieri sera mi giunse il tuo telegramma (2), io ero stato dal ministro di Giustizia e dal barone Orczy, quest'ultimo il braccio destro del conte Andràssy ed il suo rappresentante al Ministero degli Affari esteri. Quasi indovinando il tuo pensiero mi ero condotto con loro siccome desideravi. Il Robilant, che fu presente alla mia conversazione col signor Orczy, non poté fare a meno di esprimermi la sua completa approvazione.

Il conte Andràssy è nelle sue terre di Ungheria. Alcuni dicono che aveva prorogato di 24 ore la sua partenza, aspettando il mio arrivo; altri, al contrario, che aveva anticipato la partenza onde evitarmi. Il conte Robilant è di avviso che nessuna delle due versioni sia esatta.

Il conte Andrassy sarà a Pesth dopo il 17, ed io, andando in quella città,

è facile poterlo vedere. Avendo annunziato il mio divisamento di fare cotesto

viaggio ed avendone scritto ad amici di colà, i quali me ne avevan domandato,

non posso cangiar di proposito senza suscitar sospetti e dar pretesto a malevoli

congetture. Ti assicuro però che il mio contegno sarà riservato e che non com

prometterò punto la nostra politica.

Immediatamente dopo la gita a Pesth ritornerò in Italia.

(1) -Ed. in F. CarsPr, Politica estera, cit., pp. 61 -63. (2) -Non pubblicato. (l) -I brani fra asterischi furono trasmessi in cifra. (2) -Ed. in F. CRISPI, Politica estera, cit.: raccomandazione di usare ogni riserva nell'eventuale colloquio con Andrassy.
146

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1910. Berlino, 15 ottobre 1877 (per. il 19).

Je n'ai pas manqué de communiquer au Secrétaire d'Etat le jugement favorable exprimé par V. E. (Dépeche n. 558) (l) à propos du récent séjour à Berlin de S. E. M. le Chevalier Crispi.

M. de Btilow m'a dit que, de son còté, il avait écrit à l'Ambassadeur Impérial à Rome pour rendre témoignage de l'impression satisfaisante laissée ici par le Président de notre Chambre des députés, dont la présence et le langage ont contribué à mettre de plus en plus en relief la solidarité des intérets entre les deux Nations.

En meme temps le Secrétaire d'Etat a bien voulu me dire qu'ayant lu dans un de nos journaux le texte de quelques phrases par moi prononcées au dìner parlementaire du 23 septembre échu, il s'était empressé d'en transmettre le contenu au Prince de Bismarck, et d'appeler surtout son attention sur le passage, à son avis, très correcte concernant les rapports entre l'Allemagne et l'Italie.

Je remercie V. E. d'avoir adhéré au désir que j'exprimais pas mon télégramme du 9 octobre (2). Je Lui suis également reconnaissant du paquet de journaux que je viens de recevoir.

147

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 501. Roma, 16 ottobre 1877, ore 12,10.

J'aimerais à connaitre le plus tòt possible l'impression que le résultat des élections françaises a produit à Londres, Berlin et Vienne, soit dans les régions officielles, soit sur l'opinion publique.

14 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

(l) -Cfr. n. 131. (2) -Non pubblicato.
148

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 699. Parigi, 16 ottobre 1877, ore 14,25 (per. ore 15,40).

On estime approximativement le résultat des élections ainsi: 330 républicains, 190 conservateurs, 13 ballottages.

149

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 700. Londra, 16 ottobre 1877, ore 18,24 (per. ore 21,15)

L'opinion définitive sur les élections françaises, dont le résultat n'est pas meme encore entièrement connu, n'a pu, jusqu'ici, se former d'une manière positive, toutefois, si le parti ministériel n'a pas eu le succès sur lequel il comptait, le succès de la gauche, quoique conservant une grande majorité, revient un peu affaibli, ce qui fait envisager la position camme perplexe. Lord Derby prévoyait que la majorité serait républicaine et il ne s'est pas trompé. Il craignait en meme temps que si cela avait lieu, le maréchal ne fùt peut-etre poussé à un coup d'Etat. Le Times d'aujourd'hui croit que le maréchal n'abandonnera pas le pouvoir, qu'il modifiera probablement son Ministère, mais gardera ses ministres actuels de la guerre et des affaires étrangères, ce qui peut-etre donnera lieu à de sérieuses difficultés avec la Chambre, mais en cela, le maréchal serait soutenu par le Sénat, tant que la majorité de celui-ci restera conservatrice. Le Standard jugerait plus habile que le maréchal abdique pour le moment, afin de se rendre plus tard encore possible, cependant, il ne croit pas qu'un conseil soit suivi ici. On considère jusqu'à présent le résultat de ces élections camme une défaite de l'ultramontanisme qui, surtout par les exagérations de quelques éveques en France, a fait craindre aux paysans que son triomphe ne fùt le signa! d'une guerre que les populations redoutent, car après les desastres de 1870, elles sentent le besoin de paix. On assure que, dans quelques diocèses, le clergé a eu recours à tous les moyens imaginables, meme à la menace du refus d'absolution à ceux qui voteraient contre les candidats du Gouvernement. Je ne manquerai pas de vous informer de l'impression finale que les élections de France auront fait en Angleterre.

150

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 702. Vienna, 16 ottobre 1877, ore 21,10 (per. ore 21,40).

L'impression que le résultat des élections françaises a produite à Vienne a été très bonne sur l'opinion publique. Il me parait qu'il en est de meme dans les régions officielles, mais il ne m'est pas possible de savoir ce qu'en pensent la Cour et Andrassy qui ne sont pas ici.

151

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 894. Terapia, 16 ottobre 1877 (per. il 23).

Ho l'onore di ringraziare l'E. V. per le informazioni fornitemi pel suo riverito dispaccio del 9 ottobre n. 479 della presente Serie (l), circa i consigli dati dalla Francia al Gabinetto Ellenico.

La Sublime Porta usa verso la Grecia di tanto maggiori riguardi a misura che aumenta la sua diffidenza verso di essa. L'E. V. conosce il terzo dispaccio che il Signor Tricoupi formulava a proposito dell'incidente sollevato dal Governo Inglese in ordine alle relazioni tra la Grecia e la Turchia, né v'ha dubbio ch'esso è concepito in termini ancor più energici ed espliciti di quelli che informavano i precedenti. Questi Ministri nei loro colloquii col Rappresentante Ellenico si dichiarano tuttavia soddisfatti delle dichiarazioni contenute nelle comunicazioni del Gabinetto di Atene, e dimostrano il più vivo desiderio di comporre tutte le controversie pendenti tra i due Stati. Questo è il linguaggio ofllciale; ma nel fatto crescono sempre più le apprensioni del Governo Ottomano pei preparativi guerreschi della Grecia, sullo scopo dei quali esso non si fa alcuna illusione. E questo è lo stato odierno delle relazioni tra i due Governi.

152

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 704. Berlino, 17 ottobre 1877, ore 16,37 (per. ore 18).

Au dire de M. Btilow, le résultat des élections en France et la situation qui en découlera ne pourront étre appréciés avec quelque sùreté que lorsqu'on connaitra en quelle nuance se subdivisent les députés groupés ajourd'hui sous la simple nomination de républicains et de conservateurs. Il convenait aussi d'attendre les premiers acte du président de la république et la réunion de la nouvelle Chambre afin de se rendre un compte, tant soit peu exact de l'esprit dont on était animé de part et d'autre. Le secrétaire d'état néanmoins partageait assez mon avis que la situation actuelle des choses en France, avait quelqu'analogie avec la position des tures et des russes à Plevna. La victoire des uns ou la défaite des autres sur ce point ne déciderait pas encore du succès de la première campagne. Les journaux qui représentent ici les grands courants de

l'opinion publique estiment, aussi, que les élections du 14 Octobre n'ont pas amené de solution définitive, et qu'ainsi la France reste pour elle-meme et pour l'Europe un problème en meme temps que l'objet de préoccupations générales.

(l) Non pubblicato: consigli di prudenza e moderazione dati dalla Francia al Governo ellenico.

153

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI, A BERLINO, DE LAUNAY, A PIETROBURGO, NIGRA E A VIENNA, DI ROBILANT

D. Roma, 17 ottobre 1877.

Mi sono regolarmente pervenuti i pregiati rapporti di questa serie fino al n.... (l) inclusivamente. È qui acchiuso un paragrafo in cifra.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

D'après les derniers rapports de Belgrade, le Gouvernement princier ne demanderait pas mieux que de gagner du temps, mais l'attitude décidée de la Sublime Porte pourrait bien brusquer la situation. Des symptòmes indiqueraient que l'Allemagne et l'Autriche se pretent à faciliter l'entrée en campagne de la Serbie. Des fusils français sont vendus, en Prusse, au Gouvernement princier à un prix exceptionnel de faveur. A Vienne on n'entrave plus, comrr.e par le passé, le recrutement d'officiers pour l'armée Serbe.

154

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 212. Madrid, 17 ottobre 1877 (per. il 21).

Com'è d'uso fui, al mio ritorno al posto, ricevuto in udienza privata dal Re, dalla Principessa delle Asturie e dalla Regina Madre.

Il Re dopo avermi chiesto premurosamente notizie della Reale nostra Famiglia, si espresse con sensi di rammarico sul risultato delle elezioni generali in Francia, parendogli che l'insediamento definitivo della repubblica possa dare origine a nuova serie di guai, che forse non rimarranno rinchiusi entro i limiti dello Stato.

Mi parlò dappoi del prossimo ritorno della Regina Madre a Siviglia assieme alla più giovane delle Infanti, mentre le altre due rimarrebbero al Suo lato, volendo prestare loro ogni più tenera cura per portare a termine la loro educazione.

L'accoglimento della Regina Madre fu quello che il Re stesso si degnò di annunziarmi allorché mi disse « Ella va ora a vedere mia Madre, la quale è sommamente contenta di fare la Sua conoscenza».

La Regina Isabella si è trattenuta meco per tratto di tempo assai prolungato e maggiore di quello che suole concedersi alle udienze. Mi fece sedere a suo lato e incominciò a parlarmi dei suoi soggiorni in Italia e delle lietissime impressioni che ne aveva riportate visitando quelle fiorenti città, mostrandosi specialmente entusiasmata di Venezia. Mi parlò dappoi del Duca d'Aosta nei termini stessi che già furono riferiti dal Cavalier Cova in un suo rapporto all'E. V., ed aggiunse che era rimasta commossa di una lettera di quel principe in cui dicevagli che da quanto egli aveva sofferto negli ultimi tempi del suo soggiorno in !spagna e nell'atto di lasciare Madrid, aveva ben compreso tutto quello che ella stessa aveva dovuto soffrire in identica circostanza. Del Re Nostro Augusto Sovrano mi parlò la Regina in termini di profondissimo affetto, affetto che eragli stato inspirato dall'istesso Pio IX il quale seco Lei erasi espresso sul conto del Re d'Italia colla più spiccata amorevolezza.

Dopo avermi però dichiarato che i suoi propri sentimenti erano ultraclericali e che considerava Pio IX come un pezzo di cielo caduto in terra sono sue proprie parole, per cui era pronta ad ogni sacrificio per il suo bene, disse, che formava voti ardenti perché trono e tiara si riconciliassero, ed al certo trasportata da femminile entusiasmo aggiunse: «se io dovessi ritornare a Roma mi farei forte di condurre Vittorio Emanuele dal Pontefice e posto l'uno accanto all'altro non mancherebbero di stringersi la mano».

Sul conto del figlio parve manifestare sincera affezione esprimendo la fiducia che il suo trono si consoliderebbe sempre più.

All'atto poi di licenziarmi mi disse: «Ella sarà all'invero un poco sorpresa della franchezza e libertà colle quali espressi le mie idee, ma credo in questo di imitare Vittorio Emanuele>>.

(l) Naturalmente il numero è diverso secondo le varie destinazioni.

155

IL CONSOLE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 706. Ragusa, 18 ottobre 1877, ore 8,35 (per ore 9,35).

Je viens de recevoir le télegramme suivant du prince Nicolas: << Les médecins ayant jugé nécessaire à la santé de la princesse et de notre fils un séjour pendant l'hiver dans un climat plus doux, il vient d'ètre décidé que ma famille partira dimanche, 21 (;ourant pour Naples et Sorrente. Quoique ce voyage doive se faire tout-à-fait incognito, je tiens, M. le consul, à vous en donner connaissance sans retard. vous priant d'en vouloir informer le Gouvernement de Sa Majesté auquel je vous serai reconnaissant de temoigner, une fois de plus à cette occasion, combien j'ai été profondément sensible aux preuves répétées de sérieux intérèt qu'il a données à ma famille et à mon pays >>.

156

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 594/213. Londra, 18 ottobre 1877 (per. il 21).

Il Conte di Derby avendo lasciato il suo castello di Knowsley per abitare un'altra sua villa più vicina a Londra ha fatto ieri un'apparizione al «Foreign O!Iice » dove ebbi l'onore d'intrattenermi con lui.

La conversazione si è naturalmente portata sopra le nuove elezioni in Francia. L'opinione del nobile Lord è che la battaglia data dal Maresciallo Mac-Mahon fu male impegnata (mal engagée) e l'insuccesso che ebbe era da prevedere. Per altra parte il partito del Signor Gambetta che annunziava l'elezione di almeno 400 membri della sinistra, mentre anzi la primitiva maggioranza è scemata di circa 36 membri, non ha diritto di vantarsi di una assoluta vittoria. Epperciò, a Lord Derby sembra risultare che in Francia nessuno dei rappresentanti dei partiti monarchici od imperiale inspira abbastanza fiducia alla maggioranza delle popolazioni perché ad uno qualsiasi di esso siano a!Iidate le sorti della nazione, mentre da un altro lato la diminuzione della forza della sinistra dimostra che la Francia non vuole avventurarsi nel radicalismo giacché molti Deputati che figurano tra i repubblicani sono uomini d'ordine quanto lo possono essere quelli della destra.

Qui si ritiene che la sconfitta morale più manifesta fu quella del partito ultramontano il di cui trionfo parve anche alle popolazioni rurali dovesse essere segnale di nuove guerre di rivendicazioni territoriali e clericali; per cui è d'uopo riconoscere che il Maresciallo ebbe un alleato assai più compromettente che utile nel clero, imperocché il fanatismo e le passioni che da esso si tentò di suscitare destarono tali apprensioni che spinsero nel partito repubblicano non pochi di coloro che avrebbero avuto preferenza per la Monarchia o per l'Impero.

Intanto Lord Derby crede che il Maresciallo potrà reggere fino al 1880, non certo col Ministero attuale, ma mediante un compromesso colla Camera, per cui la Francia sarà in grado di governarsi e mantenere la pace che pare essere il massimo dei desideri di quel paese.

Non sembra per ora che vi sia luogo a temere alcun tentativo di colpo di stato vagheggiato da parecchi. Ma nulla si può arguire di sicuro sull'andamento della cosa pubblica in Francia prima che il partito che è rimasto effettivamente vincitore dimostri che sa usare con moderazione della vittoria.

Queste sono le informazioni che in ampliazione del mio telegramma di ieri l'altro (1), io posso dare all'E. V. circa l'opinione prevalente in questo momento in Inghilterra nelle regioni ufficiali ed altrove relativamente alle conseguenze delle nuove elezioni testé avvenute in Francia.

(l) Cfr. n. 149.

157

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A RAGUSA, DURANDO

T. 504. Roma, 19 ottobre 1877, ore 15,30.

Vuillez faire savoir à S. A. le prince Nicolas, que les dispositions ont été déjà prises afin que, tout en respectant l'incognito que les augustes voyageurs désirent garder, il soit usé envers LL. AA. la princesse et le jeune prince, pendant leur voyage et pendant les séjour à Sorrente, les égards que comportent leur haute position et les rapports amicaux heureusement existants entre le Monténégro et l'Italie. J'ai soumis à S. M. le Roi le texte intégral du télégramme que le prince Nicolas vous a adressé sur ce sujet (1).

158

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1914. Berlino, 19 ottobre 1877 (per. il 23).

Le numéro d'avant hier de la Provinzial Correspondenz contient, sur les élections du 14 octobre, un article dont l'ambassade de France se montrait satisfaite. Il sera certainement reproduit par la presse étrangère, ce qui me dispense d'en joindre ici une traduction.

J'ai appris aujourd'hui par le Secrétaire d'Etat que cet article n'avait pas été écrit sous son inspiration, et ne saurait dès lors ètre envisagé comme un reflet entièrement exact de la manière de voir du Cabinet Impérial. Sans nier toute valeur au fait que les différents partis, pour se ménager le suffrage populaire, ont rivalisé dans leurs manifestations pacifiques, il est permis de se demander si les cléricaux qui font de la politique avec de la religion, ou de la religion avec de la politique, étaient parfaitement sincères dans leurs assurances. «Le diable prèchant l'Evangile, ne devient pas pour autant un saint du paradis ». Les Gallicains sont en minorité dans le Clergé français qui prend le mot d'ordre à Rome. Nous avons vu sa participation active à l'agitation électorale, et si le scrutin n'a pas répondu à ses espérances, pour peu que les circonstances offrent un point favorable à sa cause, il s'empressera d'en profiter au risque d'entrainer le pays dans une position compromettante envers l'étranger. Il travaillera évidemment à regagner la partie. Or la situation intérieure de la France lui donne beau jeu, en ce sens que les nouvelles élections ne dénouent pas la crise dont l'acte du 16 mai à été le point de départ. D'un còté une demie victoire, de l'autre còté une demie défaite. Tel est le bilan de la campagne électorale qui laissera probablement le conflit en permanence. Il ne semble pas, jusqu'ici du moins, qu'aux yeux du Maréchal Mac Mahon la situation comporte des ménagements. En maintenant le Ministère actuel, sauf

peut etre le Due de Broglie trop doctrinaire, dit-on, pour se preter à faire sortir le conflit des limites constitutionnelles, on risquerait fort d'aboutir à un coup d'Etat. Bref, la lutte n'est pas terminée entre les pouvoirs publics, et on croit ici à une prolongation et meme à une aggravation de la crise. Ce que l'Allemagne et l'Italie doivent désirer camme la combinaison qui répondrait le mieux à leurs intérets, ce serait que la France parvient à réaliser le programme de M. Thiers. Sous la Présidence de cet homme d'Etat, les rapports ont été amicaux autant qu'ils pouvaient l'etre entre l'Allemagne et la France. Il faudrait, camme alors, que grace au concours de tous les esprits modérés on réussit à établir une République entourée de garanties conservatrices de nature à maitriser les partis extremes.

En attendant on ne saurait tenir l'oeil trop ouvert sur ce qui se passe en France, pour ne pas etre exposé à subir le contre coup d'événements qu'on n'aurait pas su prévoir.

C'est en faisant ces observations et ces réserves qu'il faut lire l'article précité de la Provinzial Correspondenz. En Vous communiquant, M. le Ministre, ces appréciations de S. E. M. de Biilow, qui me paraissent très sensées...

P. S. -Dans le numéro ci-joint, de la Correspondance de Berlin, qui me parvient à l'instant, une traduction est donnée de l'article dont il est mention dans ce rapport.

(l) Cfr. n. 155.

159

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 506. Roma, 21 ottobre 1877, ore 13,08.

Il nous serait utile le plus tòt possible de connaitre les intentions du Cabinet de Versailles au sujet de la présentation à la chambre français du traité de commerce.

160

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 899. Terapia, 22 ottobre 1877 (per. il 31).

La stagione nella quale si farà difficile, se non impossibile, di continuare le operazioni militari s'avvicina a gran passi, ed è prezzo dell'opera di gettare uno sguardo sulla situazione presente e sulle probabilità dell'avvenire. Non v'ha dubbio che, malgrado i passati successi, qui cresce ogni giorno il desiderio di pace. La Turchia ha invero sostenuto la lotta contro il suo poderoso nemico con un ardore ed un'energia cui nessuno si aspettava. Ma pochi si fanno illusioni sulla possibilità di continuare a lungo gli immani sforzi che si fecero finora.

La popolazione dalla quale si traggono le forze attive è limitata. II Tesoro dello Stato è esausto, ed il credito nullo. Fu possibile finora di provvedere ai bisogni del giorno per espedienti più o meno onerosi; ma anche questi mancheranno quando si veda che il conflitto non istà per finire. La guerra quest'anno fu localizzata; ma già s'intende il rumoreggiare dell'armi in propinqui stati, e vaghi sospetti esistono riguardo ad altri più lontani. Più gravi tempeste potrebbero dunque scoppiare nella prossima primavera. Arroge che la fortuna è una ruota, né è dato ai turchi più che agli altri di fissarla. Si manifestano anzi dei segni che essa stia già movendosi. In tali circostanze non è da meravigliarsi che nasca ne' più saggi la brama di ristabilire la pace mentre l'Impero gode del prestigio dei recenti trionfi. Ma quali sono questi saggi nell'Impero, ed a quali elementi avrebbero a rivolgersi le Potenze neutrali che intendessero intavolare pratiche di pace? Non è facile di rispondere a questo quesito nel presente stato delle cose. In altri tempi il Gran Vizir era di gran lunga l'elemento più potente dell'Impero, e sotto il governo degli Aali Pacha, Rechid Pacha e Fuad Pacha quella potenza non aveva quasi limiti. Ma Edhem Pacha non esercita che ben poca influenza sulla direzione della cosa pubblica. Egli gode bensì di buona riputazione per ingegno ed onestà; ma la vivacità del suo carattere è tanta che ne vengono grandemente scemate la stabilità della posizione e l'autorità dei consigli. Server Pacha è distinto di modi, e pratico d'affari, ma non ha né il credito né la solidità che sarebbero necessari per far prevalere i suoi intendimenti. Ad essi superiore per l'esperienza delle cose di Stato, per la calma dell'animo, per l'intelligenza delle relazioni estere sarebbe Safvet Pacha; ma la sua recente destituzione dalla carica di Ministro degli Affari Esteri lo mette per il momento in seconda linea. Non è tuttavia improbabile che egli possa essere nuovamente chiamato a più alta qualità quando si tratterà veramente d'aprire negoziati di pace.

Questi sono i membri più importanti del presente Governo; ed io credo che nel fondo dell'animo essi comprendono quanto sarebbe giovevole ai veri interessi dell'Impero di porre sollecita fine alla guerra.

Ma sovra di essi sta un elemento assai più potente e che tutti li domina. Esso è il palazzo nel quale si agitano tutte le questioni di persone e di governo civile e militare all'infuori del Ministero. S. M. il Sultano è indubbiamente animato dalle migliori intenzioni sia di comporre onorevolmente le difficoltà della guerra, sia d'introdurre efficaci riforme nella pubblica amministrazione; e taluni m'assicurano che Sua Maestà sarebbe già disposta a conchiudere la pace sulla base dell'integrità territoriale fornendo garanzie per l'esecuzione delle riforme. Sua Maestà potrebbe dunque fare un gran bene all'Impero se Essa fosse dotata di maggior energia ed indipendenza di carattere. Ma Essa è invece di assai timida natura; epperò si lascia guidare da quelli che riescono a prendere il sopravvento. Di questa debolezza s'ebbe recentemente un luminoso esempio quando, in seguito a vaghe ed insussistenti accuse, Sua Maestà destituiva Safvet Pacha e sacrificava per tal modo un personaggio che, per esserLe stato precettore nell'infanzia, devoto consigliere in ogni tempo, Essa ebbe sempre in grande stima ed affezione. E so che, nell'occasione della visita fatta or non ha guarì a Sua Maestà da uno di questi Ambasciatori, all'uscire dall'udienza, questi fu pregato dal Segretario a nome di Sua Maestà di fornirLe una relazione delle cose dette da Essa. Ora, i personaggi che si dividono attualmente l'infuenza del Palazzo sono Mahmoud Damat Pacha ed i due Said Pacha. Il primo, cognato di Sua Maestà, passa per essere il più potente dei tre, ed il capo del partito della guerra agli estremi. Egli è dotato di mediocre ingegno, professa sentimenti ultra-Musulmani, e deve la sorte che gli arrise finora ai successi riportati da altri sui campi di battaglia. Ne segue che quando intervenissero dei rovesci, la sua posizione sarebbe necessariamente scossa. L'uno dei Said Pacha è Primo Ajutante di campo di Sua Maestà, esercita provvisoriamente le funzioni di Ministro della Marina, ed è generalmente impiegato da Sua Maestà nelle missioni personali presso i Rappresentanti Esteri perché parla varie lingue. L'altro Said Pacha è Primo Segretario del Sultano, gode la intera confidenza di Sua Maestà, ed è creatura di Mahmoud Damat Pacha.

L'E. V. comprenderà di leggieri quanto, infra sì diversi elementi, sarebbe difficile d'esercitare un'efficace influenza sopra gli atti del Governo. Non v'ha dubbio che il personaggio dal quale dipende la somma delle cose ed al quale converrebbe di rivolgersi in caso di estremo bisogno sarebbe S. M. il Sultano. Dico nei casi d'estrema necessità, imperocché, negli ordinari, chi s'attentasse di servirsi di tal mezzo arrischierebbe grandemente di non riuscire che ad eccitare vane suspizioni, e di privarsi così d'una risorsa pei casi estremi. Degli altri elementi è mestieri usare assai parcamente e con somma prudenza, ché gli attriti personali qui sono incessanti, e la dimestichezza cogli uni non può a meno di suscitare le gelosie degli altri.

Né alcuno di questi Rappresentanti Esteri sta ora facendo ufficii nel senso della pace. Mi è infatti riferito da fonte generalmente bene informata che il Gran Vizir si lamentava con taluno, or non ha guarì, che avendo tastato in tutti i modi l'Ambasciatore Germanico per vedere se v'era mezzo d'appiccare qualche trattativa di pace, Sua Altezza s'era mostrata impenetrabile. Io non vorrei garantire che questo proposito sia stato tenuto dal Gran Vizir; ma sta di fatto che il Principe di Reuss non dimostra alcuna disposizione a prestarsi a sifiatte pratiche. Nelle intime conversazioni Sua Altezza si lascia invero sfuggire talvolta parole che indicano desiderio di pace; ma non sono che aspirazioni personali le quali nulla provano. L'Ambasciatore d'Austria-Ungheria desidera pure vivamente il ristabilimento della pace, ma egli ha evidentemente per istruzione di non lasciar intravedere alcuna divergenza tra la sua condotta e quella del suo Collega di Germania. Dell'azione esercitata dall'Ambasciatore d'Inghilterra nessuno ha precisa contezza, ché egli non s'apre con alcuno de' suoi Colleghi. Da certe parole che S. E. mi diceva in questi giorni parrebbe tuttavia che essa cominci a desiderare ansiosamente il termine della lotta. Né ho bisogno d'aggiungere che io non esco da quell'atteggiamento di riserva che m'è imposto dalle istruzioni impartitemi da V. E., e dalle necessità della situazione.

Dalle quali cose risulta che niuna azione diplomatica si esercita in questo momento a Costantinopoli. Ed essa veramente mi parrebbe prematura mentre pende tuttavia incerta la sorta di Plewna da cui dipenderanno in gran parte le posizioni rispettive degli eserciti durante l'inverno. Ma quando questa sia decisa, vale a dire tra poche settimane, l'Europa avrà a considerare se non sia il caso dì fare qualche sforzo per far posare le armi. E nel caso affermativo io sono portato a credere che alla Sublime Porta si troverebbero disposizioni

non aliene dal prendere in favorevole considerazione le proposte che quella sarebbe per fare.

Dove risieda in Europa il nodo della questione, quali sieno le disposizioni dell'altra parte, quale via sarebbe a seguirsi per cooperare all'interno, sono gravi quesiti nei quali non mi appartiene d'entrare.

161

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 718. Parigi, 23 ottobre 1877, ore 14 (per. ore 16,15).

Je vous ai dit dans mon télégramme précédent (l) que le Ministère français ne pouvait avoir un programme arrèté pour ce qui concerne la présentation à la Chambre du traité de commerce conclu avec nous, car il n'y a pas de probabilité qu'il soit debout à la fin du mois prochain. Si rien ne l'empèche, il serait donc convenable de retarder aussi la présentation du traité à la Chambre italienne jusqu'à ce que l'on connaisse la formation et les intentions d'un nouveau Cabinet français. En attendant, l'Espagne est en train de négocier son traité de commerce avec la France, et l'Espagne en faisant ses affaires, fait aussi les notres. Je suis parfaitement d'accord avec l'ambassadeur d'Espagne pour nous entraider mutuellement. C'est là une raison de plus pour ne pas hàter la présentation du traité de commerce aux Chambres. Je crois qu'on y veJTa plus clair dans un mois d'ici. Je m'expliquerai mieux par lettre.

162

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 752. Vienna, 25 ottobre 1877 (per. il 2 novembre).

Mentre giungevami il pregiato dispaccio n. 468 (2) col quale l'E. V. degnavasi trasmettermi un annesso cifrato relativo all'atteggiamento della Serbia, io attingeva da buonissima fonte la notizia che l'Agente di Germania a Belgrado, sebbene non spinga apertamente il Principe Milano alle ostilità, non lascerebbe dal far intendere che, senza fare sacrifici seri, nulla potrebbe pretendersi a guerra finita.

Discorrendo in termini generali col Barone Orczy ed esprimendogli la mia sopresa sull'astensione di quel Principato dalla lotta contro la Turchia, mentre era ben noto (ed egli pel primo lo ammetteva) avere già il Gabinetto di Belgrado incassato i primi sussidi Russi, mi fu risposto non potere i Serbi,

{2) Cfr. n. 153.

malgrado la migliore volontà, entrare ln campagna prima del venturo Febbraio. Potei constatare che il mio nobile interlocutore non sembrava considerare siffatta eventualità con animosità o dispregio; non identico linguaggio tenevasi qui un mese fa, allorché occorreva parlare della Serbia.

(l) Non pubblicato.

163

IL CONSOLE GENERALE A NIZZA, CERRUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 22. Nizza, 26 ottobre 1877 (per. il 29).

Lunedì scorso 22 corrente a sera giunse a Nizza il Duca Decazes Ministro degli Affari Esteri e nuovo deputato, nello scopo di recarsi a ringraziare i suoi elettori della circoscrizione di Pogetto-Theniers.

Venne ricevuto alla stazione dal Prefetto e da altri distinti personaggi della città e condotto alla Prefettura ove prese alloggio col suo nipote e segretario Marchese de Beauvoir.

Martedì vi fu banchetto in di lui nome alla Prefettura e vi intervennero Monsignor Sola, il Sindaco Cav. Raynaud, il Generale della Divisione con i principali ufficiali della guarnigione, l'Ammiraglio ed i Comandanti dei bastimenti della squadra americana di stazione a Villafranca, il Conte De Foresta Procuratore Generale a Bologna, nizzardo; i Consoli di Germania, Russia, Stati Uniti. Venni invitato anch'io, ma una forte indisposizione momentanea mi impedì di assistervi.

Eravi pure il nuovo Deputato Barone Roissard. Il deputato Borriglione dei 363, benché invitato, si astenne dall'intervenirvi.

In fine di pranzo il Sindaco Cav. Raynaud, ha bevuto alla salute del Duca e si rallegrò della di lui elezione. Rammentando quindi con molta delicatezza i legami che uniscono la famiglia nizzarda alla Francia, volle rendere omaggio al Duca perché sotto la di lui Amministrazione l'alleanza intima di Francia ed Italia siasi consolidata in modo indissolubile, locché confermava quanto fosse giusto il glorioso titolo che il Duca si era acquistato di Ministro della Pace.

Il Duca, che portava il Gran Cordone di S. Maurizio e Lazzaro, visibilmente commosso, rispose che si sentiva felice di aver potuto essere stimato degno di simile elogio dal primo Magistrato di Nizza.

Venni salutato, aggiunse, come Ministro della Pace, ne vado orgoglioso ed è un onore per me. Da lungo tempo mi consacrai all'opera di pace, che credo necessaria a tutti. Voglio la pace, la pace, la pace; potete ripeter lo ovunque.

Il Duca parlando a sua volta dei legami che uniscono Nizza all'antica patria bevette alla salute di Vittorio Emanuele «il gran Principe il cui nome suona onore, lealtà e coraggio».

Bevette in ultimo alla salute della Città di Nizza e del Principe di Monaco il cui Segretario generale era pure fra i convitati.

n Signor Magni R. Vice Console ringraziò il Duca a mio nome, ed all'indomani avendo io chiesto un'udienza, che potei ottenere soltanto questa mane, perché il Duca era partito per Pogetto, compii il mio dovere, esprimendogli la

mia gratitudine per le parole simpatiche da lui pronunciate a prò del nostro Re e del nostro paese.

In questa circostanza mi disse che nel suo ritorno a Parigi (per ave partì alle 10 antimeridiane) cercherà di dissipare l'opinione erronea che domina colà sul conto di questa popolazione, cui si attribuisce un'attitudine ostile. Il culto dell'antica patria soggiunse, da essa serbato religiosamente, non può che farle onore e renderla più degna della stima e dell'affezione della nuova.

Non potrei omettere un fatto curioso. Dopo il pranzo della Prefettura, verso le dieci di sera, le donne del mercato in costume nizzardo, vennero dal Duca ricevute in presenza di tutti nelle sale del palazzo, ed accettò da loro una quantità favolosa di mazzi di fiori di ogni dimensione che vennero tosto distribuiti agli invitati, i quali nel corso della sera si erano moltiplicati ed affollavano gli eleganti saloni. Si videro così in un baleno tutti gli occhielli francesi ornati della coccarda italiana, giacché è superfluo il dirlo tutti i mazzetti erano combinati in modo da rappresentarla in tutta la sua purezza. Quando si riflette che l'inverno scorso i tre colori medesimi erano gettati in terra in pubblica piazza dal segretario particolare dello stesso Prefetto!

P. S. -L'Ammiraglio Barone D'Auvade e Riboty facevano parte degli invitati alla serata.

164

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 731. Vienna, 27 ottobre 1877, ore 18,45 (per. ore 19,20).

L'arret rendu hier relativement à l'affaire de l'arsénal condamne les trois diurnistes de quatre ans à trois mais de travaux forcés. Le président du tribuna! ayant déclaré à l'avocat des accusés inopportun et sans importance l'interrogatoire des attachés militaires d'Allemagne et d'Italie, on peut considérer le désagréable incident clos à tout jamais.

165

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 205. Roma, 27 ottobre 1877.

Credo opportuno comunicare alla E. V., a titolo di semplice informazione e senza paterne garantire l'esattezza, le informazioni fornitemi dal R. Ministero dell'Interno relative ad attive pratiche che sarebbero state fatte dal Cardinale de Bonnechose presso Sua Santità, allo scopo di persuaderlo a non accordare la sua approvazione ad una nuova lega cattolica che si avrebbe in animo di stabilire in Francia nell'intento di rendere il Clero indipendente dall'autorità politica.

166

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 178. Roma, 27 ottobre 1877.

Stimo opportuno comunicarle copia di un Rapporto (l) diretto al Principe Gortchakow dal Direttore della Cancelleria Diplomatica del Granduca Nicola col quale vengono segnalati due nuovi casi di violazione delle leggi di guerra per parte dell'armata ottomana.

Le conclusioni di quel Rapporto lasciano supporre che l'Ambasciatore di Germania a Costantinopoli sia probabilmente incaricato di fare nuove rimostranze alla Porta per i fatti specificati dal Signor Nelidow.

Dal canto nostro non crediamo necessario di aggiungere altre istruzioni a quelle inviate ripetutamente al Conte Corti di appoggiare tutte le pratiche aventi per iscopo di raccomandare l'osservanza, nei rapporti fra i belligeranti, delle regole di diritto internazionale.

167

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, SALVINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 170. Budapest, 27 ottobre 1877 (per. il 1° novembre).

Per questa sera sono aspettati da Vienna, chiamati dall'Imperatore, i Ministri Auersperg, De Pretis, Lasser e Chlumeky, per tener consiglio ed intendersi coi Ministri ungarici sulla situazione formata dalla rottura di negoziati pel trattato di commercio colla Germania.

Le conversazioni che ho avuto con vari personaggi politici dei più marcanti mi portano a confermare che non solo si dissiparono le diffidenze sparse dalla stampa circa il viaggio di S. E. il Presidente Crispi, dalla presenza della

E. S. a Vienna, ma che il suo viaggio a Budapest ha dato occasione ad affermare le simpatie dell'Ungheria per l'Italia.

Qui, il signor Presidente ha trovato varie antiche conoscenze, e le sue maniere franche e disinvolte gli ebbero tosto conciliato le simpatie anche dei personaggi che non lo conoscevano personalmente. Al pranzo del Presidente della Camera signor Ghyczy, cui io pure assisteva, regnò la più grande e franca cordialità. Vi assistevano sei ex-ministri ed i principali rappresentanti delle diverse frazioni parlamentari e della stampa. Le conversazioni furono animate e su vari argomenti; non vi furono né brindisi, né discussioni di sorta, tutti erano di buon umore, anche il Signor Presidente Crispi, sebbene afflitto di un male ad un dito della mano destra che gli cagionava molto dolore ed anche un poco di febbre.

Il giornale la Correspondence hongroise, l'Hoan e l'Ellenor hanno pubblicato articoli molto sensati e simpatici al viaggio a Budapest del Presidente della nostra Camera elettiva, ed han tolto la voglia al Magyar Hirlap di ripetere le virulenze ed i pettegolezzi che mandò fuori il giorno dell'arrivo qua del Presidente stesso.

L'E. S. ebbe colloqui, da me preventivamente combinati, col Ministro Presidente signor Tisza, col Ministro della Giustizia Perczel, non che col Conte Andrassy. Questo ultimo durò più di un'ora e un quarto (1).

(l) Non si pubblica.

168

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A RAGUSA, DURANDO

D. 769. Roma, 28 ottobre 1877.

Nei colloqui che Ella ebbe, verso la metà di settembre, con S. A. il Principe di Montenegro circa la possibilità di ottenere dall'Italia le granaglie occorrenti per la popolazione del Principato, Sua Altezza indicava la fine del mese di ottobre come il termine entro il quale egli avrebbe dovuto prendere una decisione stanteché, se dall'Italia non potevano essergli somministrate le derrate necessarie all'alimentazione ordinaria dei suoi sudditi, egli si sarebbe rivolto altrove.

La speranza di trovar modo di conciliare le imprescindibili necessità di un

Governo retto a forma costituzionale con il desiderio che noi avremmo avuto

di dimostrare la nostra benevolenza al Montenegro, ci trattenne dal rispondere

prima d'ora intorno a quest'affare, ed anche oggi la nostra risposta non può

essere concepita in termini assoluti poiché, non dalla volontà del Ministero,

ma dalla sua posizione probabile davanti alle Camere, dipende il non poterei

pronunciare in modo favorevole. Questa posizione non pare infatti debba essere

tale da permettere al Ministero di assumere, sotto la personale sua responsabi

lità, un così grave impegno quale sarebbe un'anticipazione per un termine di

molti mesi. Molto meno sarebbe possibile esporre alla pubblicità di parlamen

tare discussione un progetto di legge per autorizzare l'anticipazione doman

dataci.

In questo stato di cose, ben suo malgrado, il Ministero si vede costretto far

conoscere a S. A. il Principe Nicola, per mezzo di V. S. ed in modo strettamente

confidenziale, che una risoluzione definitiva non potrebbe essere presa da noi

prima che il Parlamento, che si riunisce soltanto verso la metà di novembre,

abbia con i suoi atti manifestato quale appoggio intende dare all'attuale ammi

nistrazione e questa abbia potuto conoscere con certezza quale sarà in avvenire

la sua posizione parlamentare. Tutto ciò difficilmente potrà sapersi prima che

sieno svolte le discussioni politiche che già si annunciano; epperò noi manche

remmo ai riguardi dovuti a S. A. il Principe Nicola se non gli facessimo note queste circostanze ora appunto che sta per spirare il termine che egli stesso aveva prefisso nei suoi colloquii con Lei.

Ella saprà, Signor Cavaliere, trovare il modo di far pervenire, in forma affatto riservata, il contenuto di questo dispaccio a Sua Altezza e nel tempo stesso io mi affido a Lei perché in questa nostra esitazione non si abbia a vedere una prova di poco interesse per le popolazioni montenegrine e per il loro principe, ma soltanto l'effetto di una necessità creataci dalla situazione nostra parlamentare.

(l) Per il colloquio con Andrassy, avvenuto il 20 settembre, cfr. F. CRISPI, Politica estera, cit. pp. 65 -66.

169

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1915. Berlino, 28 ottobre 1877 (per. il 31).

En recevant la dépeche politique confidentielle n. 567, que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser le 22 courant (1), je me suis empressé de me rendre chez le Secrétaire d'Etat pour l'entretenir de l'éventualité, où le Tribuna! de Vienne adresserait aux tribunaux italiens et allemands compétents une commission rogatoire pour requérir l'examen de MM. Majnoni et Keller relativemente à l'affaire de l'Arsénal. Cette éventualité semblait cependant éliminée par le fait de l'arret qui dans l'intervalle avait été prononcé par le Tribuna! de Vienne contre les accusés, et dont la nouvelle venait d'etre publiée par l'Agence télégraphique Wolff.

M. de Btilow m'a dit en effet que la sentence rendue à Vienne écartait toute question de commission rogatoire concernant MM. Keller et Majnoni, il me laissait en meme temps entendre que si les débats avaient eu lieu à huis clos, cela était du au désir que le Cabinet de Berlin avait confidentiellement exprimé à Vienne; il était pour le moins inutile de livrer à la publicité de nouvelles allusions calomnieuses.

Tout en me félicitant de ce résultat, je ne tenais pas moins à savoir quelle aurait été, le cas échéant, la manière de voir de mon interlocuteur au sujet de ces commissions rogatoires. Le Cabinet de Berlin aurait il admis la requete du Tribuna! de Vienne du moment où elle concernait un attaché militaire de l'ambassade allemande, et se référait à des faits survenus du temps que cet attaché se trouvait à Vienne dans l'exercice de ses fonctions? J'ai présenté dans ces termes la question au Secrétaire d'Etat, en ajoutant que je désirais pour mon instruction savoir, en dehors du fait de Vienne, dont nous venions de parler, quelle aurait été académiquement son opinion. S. E. n'a pas hésité un instant dans sa réponse; il était d'avis que le Gouvernement allemand n'aurait pas donné cours à la rogatoire dans les conditions que je venais d'indiquer.

(l) Non pubblicato.

170

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 206. Roma, 29 ottobre 1877.

Conosciuto in Italia il risultato delle elezioni francesi, si tennero in alcune città meeting e banchetti per festeggiare la vittoria dei Repubblicani e parecchi telegrammi vennero spediti a Grévy, a Gambetta e a Vietar Hugo.

Queste dimostrazioni non ebbero alcuna importanza e passarono per la maggior parte inosservate. Siccome però non sarebbe improbabile che ad esse si volesse dare un carattere diverso ed una importanza maggiore di quella che realmente ebbero, così stimo opportuno che V. E. sia esattamente informata dei particolari del fatto perché possa rettificare, ove lo creda necessario, gli apprezzamenti inesatti che venissero fatti nelle regioni ufficiali.

A tal'uopo Le trasmetto copia testuale dei varii Rapporti che su questo argomento mi vennero diretti dal Ministero dell'Interno (l).

171

IL MINISTRO DELL'INTERNO, NICOTERA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

N. R. 5722. Roma, 30 ottobre 1877 (per. il 31).

Nella giornata di domenica 28 corrente venne, come è noto, scoperta al pubblico una lapide commemorativa, posta sulla casa Ajani in Trastevere, in commemorazione di coloro che furono colà uccisi nel 25 ottobre 1867, dai soldati pontifici.

Molte società operaie e politiche, e numerosissima folla di popolo, accorsero a quella funzione. Diverse ghirlande furono poste su quella lapide e fra esse ne comparve pur una di semprevivi con nastri neri e collo stemma della città di Trieste.

Un Triestino, profittando della confusione naturalmente prodotta da tanto concorso ed all'insaputa di tutti, collocò quella ghirlanda. Appena ne fui informato, diedi gli ordini necessari perché essa fosse tolta, conseguentemente non rimase che poco tempo esposta agli occhi del pubblico.

Sebbene questo fatto, per le circostanze sopra esposte, non presenti una speciale gravità, ho creduto tuttavia conveniente renderne informata l'E. V. per opportuna intelligenza (2).

15 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

(l) -Non si pubblicano. (2) -Annotazione marginale: «A Vienna 8 novembre 1877 ».
172

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 905. Costantinopoli, 30 ottobre 1877 (per. il 7 novembre).

Il sentimento d'inquietudine riguardo all'avvenire si fa sempre più strada presso questi uomini politici i quali si fanno da alcuni giorni a domandare ai rappresentanti Esteri qual via s'avrebbe a prendere per intavolare dei negoziati di pace, sopra quali basi si potrebbe trattare. A queste domande viene naturalmente risposto in modo vago ed evasivo. L'Ambasciatore di Inghilterra tuttavia ha dato nei passati giorni segni di ansiosa attività per vedere di produrre qualche azione diplomatica in quel senso. Egli si adopra presso i Turchi per far loro intendere l'urgenza di metter fine alla guerra. Né vorrei affermare che le sue parole di pace siano più atte ad ispirarne il desiderio a questi Governanti del pertinace silenzio dell'Ambasciatore Germanico. Il Signor Layard cerca in pari tempo d'attirare i suoi Colleghi a cooperare con esso allo scopo. M'è infatti riferito in modo eminentemente riservato che tre ,giorni or sono egli intrattenne assai seriamente il suo Collega di Germania dell'argomento: disse gli la Germania essere la sola Potenza che potrebbe farsi ascoltare a Pietroburgo nelle presenti congiunture; essa dovrebbe servirsi della sua influenza per indurre quel Governo a prestarsi ad una mediazione Europea; e gli domandò sopra quali basi si potrebbe trattare. Rispondeva il Principe Reuss la Germania non aver consigli a dare alla Russia colla quale desiderava mantenere buone relazioni; il dar consigli non richiesti produrre talvolta mali umori; quanto alle basi sulle quali s'avrebbe a trattare non averne la menoma idea.

Il Signor Layard s'apriva sul medesimo argomento col suo Collega d'AustriaUngheria al quale confidava d'aver suggerito al suo Governo d'interporsi tra i belligeranti; ma Lord Derby gli aveva risposto il Governo Britannico non essere d'avviso che la sua azione sarebbe efficace in questo momento; l'AustroUngarico sarebbe meglio in grado di ottenere l'intento. E siccome il Conte Zichy ascoltava le parole del suo Collega senza rilevarle, questi insisteva per sapere l'opinione dell'interlocutore sulla materia. Però il Conte Zichy replicava essere questo un delicatissimo argomento sul quale non apparteneva ai Rappresentanti all'estero, ma bensì ai rispettivi Gabinetti di prendere l'iniziativa.

L'Ambasciatore Britannico compiacevasi parimenti intrattenermi del soggetto domandandomi sopra quali basi sembrava si potrebbero intavolare delle trattative di pace. Risposi esser arduo d'esprimere un avviso in proposito, imperocché le basi che erano buone due settimane sono non lo sarebbero forse oggi e quelle che potrebbero servire oggi non sarebbero forse opportune fra altre due settimane; né era a mia conoscenza che alcun negoziato di pace fosse attualmente in corso. Le parole dell'Ambasciatore Britannico non avevano quindi alcun effetto, né credo potranno averlo fino a che gli altri Rappresentanti avranno ricevuto dai rispettivi Governi l'ordine di prestarsi a siffatte pratiche.

Mi è eziandio riferito d'altra parte che il Gabinetto Inglese avrebbe in questi giorni fatto tastare altri Governi riguardo all'opportunità di far qualche

tentativo di mediazione, né quelle pratiche avrebbero avuto gran successo. Ma io non posso garantire l'esattezza di questa notizia la quale, se fondata, sarà senza dubbio venuta d'altra parte alla conoscenza dell'E. V.

173

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 906. Costantinopoli, 30 ottobre 1877 (per. il 7 novembre).

Ieri mi trasferii alla conferenza ebdomadaria del Ministro degli Affari Esteri

S. E. coglieva questa congiuntura per intrattenermi dell'importante soggetto di cui tratta il precedente rapporto. <<Che fa l'Europa?» domandavami essa con una certa espressione d'ansietà; «non ha essa l'intenzione di far cessare quest'orribile guerra? » Risposi a S. E. vivo essere il desiderio dell'Europa in generale, vivissimo quello dell'Italia di vedere cessato il presente conflitto; ma per esercitare un'azione mediatrice essere indispensabile che le due parti contendenti siano disposte a prestarsi ad essa; né siffatta disposizione manifestavasi ne' casi ordinari se non che quando una di esse era venuta in condizioni da desiderare e domandare la pace. «E vorrà dunque l'Europa aspettare che uno dei belligeranti sia a terra? » soggiungeva vivamente il Ministro; <<ma questa non è una guerra come le altre; la Russia fa alla Turchia una guerra ingiusta, atroce; l'Europa dovrebbe mettere un freno alla sua ambizione; non si domanda che le altre Potenze s'abbiano ad armare a questo scopo, ma esse dovrebbero fare intendere a quella Potenza energiche parole di moderazione e di pace». Il quale discorso meglio d'ogni altra cosa farà intendere all'E. V. le presenti disposizioni di questi spiriti. Però non era questa una conversazione che si potesse prolungare ,e trovai modo di portarla sopra altro soggetto. Non mi sembrerebbe infatti conforme agli interessi del ristabilimento della pace di far concepire premature illusioni che potrebbero per avventura rendere più arduo lo stabilimento del relativo accordo. Le operazioni militari, d'altronde, si trovano attualmente in uno stato di sospensione innanzi al quale né l'una né l'altra delle parti può dirsi vincitrice. Né io posso entrare in quelle discussioni senz'aver previamente idonee istruzioni dell'E. V.

*M'è riferito che analoghe pratiche furono fatte presso alcuni dei miei Colleghi, e specialmente presso l'Ambasciatore Austro-Ungarico il quale fece parimenti calde dichiarazioni di desiderio di pace, ma senza dare pel momento alcuna speranza d'azione diplomatica*.

Ed all'ultimo momento mi vien detto che ieri stette a lungo radunato un Consiglio straordinario dei Ministri. Finora però non mi fu dato di scoprire qual fosse lo scopo di questa riunione. Taluni pretendono invero che s'avesse ad esaminarvi sopra quali basi si potrebbero aprire negoziati di pace; ma credo sia questa piuttosto una supposizione che un fatto positivo. Appena venga a mia coonscenza qualcosa che sia per interessare il R. Governo, non mancherò di darne avviso telegrafico a V. E ....

P. S. -Mi viene indi riferito che nel Consiglio dei Ministri, di cm e più sopra menzione, si sarebbe trattato di dichiararsi disposti a negoziati di pace sulla base dell'integrità dell'Impero, e di riforme applicate a tutto l'Impero in conformità delle disposizioni della Costituzione già promulgata (1).

174

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, LITTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 165. Washington, 31 ottobre 1877 (per. il 14 novembre).

A Nuova-York, a Boston, a San Francisco, alla Nuova-Orleans ed in altre città, in quest'anno più che negli anni precedenti, la colonia italiana con pubbliche feste in onore di Cristoforo Colombo, ha celebrato al 12 ottobre, l'anniversario della scoperta dell'America. Tutto passò nell'ordine il più perfetto, in mezzo alla gioja universale ed alla più schietta armonia. Mi è grato riferire all'E. V. che anche in questa circostanza la partecipazione di molti americani, ad una festa di iniziativa italiana, ha rivelato la simpatia che qui si nutre per il nostro paese e la nostra colonia.

La nostra colonia agli Stati Uniti contiene in generale buoni elementi: col mezzo delle società italiane di beneficenza che si vanno moltiplicando per iniziativa dei più influenti, essa cerca di bastare a se stessa e dà ad altri l'esempio di una bene intesa unione e fratellanza: essa rimane estranea alle lotte dei partiti ed ai tumulti di piazza, come osservassi anche nei recenti scioperi, ed educata alle libere nostre istituzioni non si mostra immeritevole di quelle vigenti nella patria adottiva: celebrando, come essa fa, i luminosi fatti del nostro risorgimento od onorando la memoria di un sommo italiano, essa si riavvicina alla madre patria, la cui gloria e prosperità sta costantemente nei voti e nelle aspirazioni dei suoi figli i più lontani.

175

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A SCUT ARI, BERIO

D. R. 778. Roma, 1° novembre 1877.

I rapporti che Ella mi ha indirizzato in questi ultimi tempi per esporre ciò che dagli Alleati austriaci si va facendo per acquistare una preponderante influenza fra le tribù albanesi mi persuadono sempre più della grandissima difficoltà di ottenere a questo riguardo il fine che gli agenti stessi sembrano proporsi. Epperò il Ministero non può che rallegrarsi di avere adottato a questo riguardo una linea di condotta la quale, prescrivendo ai suoi Agenti un più riservato contegno, li salva dal pericolo di compromettere se stessi ed

il Governo di Sua Maestà in cose nelle quali l'esito finale riesce troppo spesso di nessuna soddisfazione per coloro che si vollero assistere e beneficiare.

Prego pertanto la S. V. Illustrissima di voler continuare a mantenersi entro quei limiti che la prudenza suggerisce e che l'esempio altrui sempre più consiglia. Ed assicurandola del pregio in cui sono tenute le informazioni che con la solita diligenza Ella fa pervenire al Ministero...

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 24, pp. 221-222.

176

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 612/222. Londra, 1° novembre 1877 (per. il 4).

Confermando il mio telegramma d'ier sera (l) ho l'onore d'informare l'E. V. che nella conversazione ch'io ebbi lo stesso giorno col Conte Derby, il nobile Lord da me interpellato circa le voci che circolavano di proposte di mediazione fra i Turchi e i Russi, mi rispose che queste voci erano tutte fav o le; che il momento non era ancora giunto, imperocché nissuno dei due avversari aveva finora ottenuto vantaggi alquanto decisivi. I recenti successi dei Russi non indicavano che la presente campagna potesse porre termine alla guerra. Si crede che una nuova campagna dovrà farsi nella prossima ventura primavera, a meno che un inverno rigido renda la strade ed il solo praticabili; nel qual caso -dice il Conte di Derby -i Russi si troverebbero sopra il loro terreno, e potrebbero conseguire risultati importanti, tali da rendere accettabili proposte di mediazione.

Ieri io fui presente ad una pacata discussione tra il Conte Schouvaloff e Musurus Pascià, nella quale ognuno d'essi faceva valere i pregi dei propri eserciti e discuteva la probabilità della vittoria definitiva da una parte o dall'altra. Fra le altre cose il Conte Schouvaloff narrava che, nell'ultimo attacco di Plewna, un suo fratello, Comandante una Divisione della Guardia forte di circa 13.000 uomini ne aveva avuti, in pochi momenti, 2.500 fuori di combattimento, fra i quali il suo Capo di Stato Maggiore, due Generali di Brigata e tre Colonnelli uccisi. Ciò dà un'idea della natura della lotta che si combatte e degli effetti micidiali dei nuovi fucili a retrocarica.

Dopo i nuovi successi dei Russi, gl'Inglesi sembrano meno indifferenti al risultato finale della guerra e si preoccupano assai dei progressi dei Russi nell'Asia. Intanto si fa palese che il Gabinetto Britannico favoreggia la causa turca per quanto lo consente la neutralità dell'Inghilterra; prova ne è anche la notizia, attinta a fonte molto autorevole, che io diedi ieri a V. E. degli uffici fatti presso il Cardinale Simeoni da Lord Beaconsfield per mezzo di un suo amico, Membro del Parlamento, recatosi espressamente pochi mesi sono a Roma per conoscere gl'intendimenti del Papa intorno al contegno dei Vescovi Cattolici in Oriente ed in Polonia.

Il Vaticano, in questa occasione, non poteva che secondare le viste dell'Inghilterra col raccomandare ai Vescovi di mantenere inviolata la fedeltà al Sul

tana. Lo stesso si dica pure delle istruzioni che, dietro i suggerimenti del Gabinetto Inglese, sarebbero state date ai Vescovi della Polonia Russa di sconsigliare le popolazioni cattoliche da qualsiasi tentativo d'insurrezione affine di evitare che la Prussia ne prendesse pretesto per occupare quel paese, per cui 11 Corpo d'Esercito, che la Russia è tuttora costretta di mantenere in Polonia, rimarrebbe libero e potrebbe concorrere con gli altri a sostenere la guerra contro i Turchi.

Una persona ordinariamente bene informata mi diceva che il Gabinetto Inglese era dispiacente di non avere in questo momento presso il Vaticano qualche Agente accreditato come lo era Lord Odo Russell. La promessa, fatta al Cardinale Simeoni, di protezione per parte dell'Inghilterra dei Sudditi Cattolici del Sultano al pari di quelli che appartengono alla Chiesa Anglicana, dimostrerebbe che, in questo momento, Lord Beaconsfield cerca di conciliare la Santa Sede, e ciò forse non soltanto in considerazione della quistione Russo-Turca, ma anche della quistione Irlandese che sorge di nuovo e che, da quanto mi assicurava ultimamente un membro influente del Parlamento, può destare delle difficoltà interne in un momento in cui il Governo deve concentrare tutta la attenzione sulla quistione estera e su quella delle Indie.

Il giorno 13 di questo mese vi sarà al « Guildhall » il gran pranzo di ricevimento del « Lord Maire », al quale tutti gli Ambasciatori ed Ministri Esteri sono invitati.

L'Ambasciatore di Turchia vi deve assistere e pronuncierà un discorso in occasione del quale mi viene assicurato che i Membri della «City» si propongono di fare una grande dimostrazione in favore della Turchia. Il magigor numero dei miei colleghi, fra i quali l'Ambasciatore di Germania, si sono scusati, ed io ho creduto opportuno di fare altrettanto, imperocché se la dimostrazione avrà luogo come è probabile, e come è anche probabile che vi saranno molti discorsi di carattere politico, mi pare che il Rappresentante di una potenza neutrale vi si troverebbe in una posizione dilficile.

Tuttavia, benché il sentimento della maggioranza si pronunzii in favore della Turchia, le parole del signor Gladstone non lasciano di destare l'attenzione degli uomini che portano il loro sguardo al di là del confine dei gretti interessi materiali. Epperciò gli avvenimenti che si svolgono possono produrre, anche in questo paese, mutamenti importanti nell'indirizzo generale della pubblica opinione.

(l) Non pubblicato.

177

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CIFRATO 754. Vienna, 0 1 novembre 1877 (per. il 5).

Ainsi que je l'ai déjà annoncé par le télégraphe à V. E. en date du 29 octobre (1), on décline ici, de la façon la plus formelle, toute participation à une médiation de paix entre les belligérants, soit isolée, soit avec l'Angleterre. M. Orczy

m'a meme ajouté qu'il ne croit pas le moment arrivé pour tenter une démarche dans ce sens, la fortune des armes ne s'étant pas encore prononcée en faveur de la Russie, et la Turquie ne se montrant pas disposée à accepter des conditions qu'elle a refusées avant la rupture. Néanmoins, a-t-il dit à une personne dignè de foi qu'il se pourrait que l'Angleterre qui s'est chargée de faire des ouverLures à Constantinople à propos de la neutralisation du Canal de Sulina, saisira.~t cette occasion pour faire entendre des paroles de paix ou au molns d'armistice.

Il me revient de très bonne source aussi que le comte Zichy, dont •le langage avait laissé entrevoir au Sultan la probabilité pour l'Autriche d'accepter le ròle de médiateur, vient d'etre vertement réprimandé par le comte Andrassy.

Je me sers du chiffrant ayant attendu plusieurs jours en vain une occasion favorable (1).

(l) Non pubblicato.

178

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1917. Berlino, 2 novembre 1877 (per. il 5).

J'ai eu hier avec mon collègue d'Autriche, un entretien dont je crois utile de rendre compte à V. E.

Il me disait savoir que le langage tenu à Pesth, par le Président de notre Chambre des Députés, avait produit une bonne impression. M. Crispi avait donné l'assurance que le Gouvernement du Roi ne poursuivait aucun but d'agrandissement territorial aux dépens de l'Autriche, et qu'il ne fallait pas prendre au sérieux les dèclamations des politiciens sans mandat, qui prechent l'annexion du Trentino et de l'Istrie. Le Comte Andrassy n'avait cependant pas caché à S. E., que l'Autriche Hongrie n'admettait aucune corrélation entre nos prétendues aspirations nationales et un règlement de la question orientale dans lequel la Bosnie serait éventuellement attribuée à l'Autriche. Le Cabinet de Vienne avait fait maison nette, dans ses rapports avec l'Italie, en lui abandonnant, sans esprit de retour, d'anciennes Provinces au delà dcs Alpes. Il ne consentira jamais à d'autres cessions territoriales, et, si nos aspirations nationales se faisaient jour au point que notre Gouvernement fiìt incapable de les maitriser, l'AutricheHongrie n'hésiterait pas à prendre les devants, à entrer en campagne. Dans ce cas, trouverions-nous des alliés?

J'ai répondu au Comte Karolyi, que nous ne cherchions nullement à introduire subrepticement la question du Trentino, ou d'une rectification de frontières à propos des affaires d'Orient. Si importante que puisse ètre cette question au point de vue stratégique, elle ne l'est pas assez pour former l'enjeu d'une guerre. Ce sont là des points sur lesquels l'avenir ménagera peut etre des accommodements à l'amiable. Nous désirons vivre en paix et en amitié avec l'Autriche. Nous ne songeons à aucune conquète à main armée vers les frontières. Nous ne voulons rien lui prendre, hormis son ancien et traditionnel

programme, celui du maintien du status-quo territorial dans la Turquie d'Eurape. Si le Cabinet Impérial visait vraiment à modifier le programme, nous serions tout aussi bien autorisés à nous expliquer loyalement sur les inconvénients d'y porter atteinte, entre autres en ce qui concerne un certain équilibre de forces vers l'Adriatique. En attendant, le Cabinet de Vienne avait commis une lourde méprise en attribuant à quelques articles de tel ou tel autre journal de l'opposition, de l'Opinione nommément plus d'importance qu'aux assurances de bon vouloir données personnellement par le Roi à l'Empereur François Joseph, soit à Venise, soit à Vienne. Rien de plus irritant, que d'étre suspecté à faux. Quant à des alliés contre une Puissance quelconque qui nous attaquerait injustement, l'Italie se sent de force à repousser ces attaques.

Tout cela a été dit sur le ton le plus calme. Je ne doute pas que M. Crispi aura répondu dans le méme sens aux observations de M. le Com te Andrassy (l).

(l) Annotazione marginale: «A Costantinopoli l'ultima parte, 17 novembre 1877 ».

179

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 544. Roma, 4 novembre 1877, ore 19,15.

J'approuve votre réponse à lord Derby et je crois qu'il faut nous en tenir là. Ce matin lord Paget est venu me dire que le ministre des affaires étrangères de Grèce avait dit au chargé d'affaires britannique que si l'Autriche occupe la Bosnie et l'Herzégovine, l'Italie descendra en Albanie et la Grèce devra alors entrer en Epire et en Thessalie. Je pense que M. Tricoupis mis au pied du mur de devoir déclarer dans quelles éventualités la Grèce prendrait les armes, peut avoir indiqué l'entrée des autrichiens sur le territoire turc comme le signal de complications auxquelles le Gouvernement hellénique ne pourrait et ne devrait pas rester indifférent. Mais je ne puis pas croire que le ministre des affaires étrangères de Grèce ait dit que l'Italie se dispose à prendre position en Albanie, car rien ne l'autorisait à former une pareille prévision. V. E. connait parfaitement notre politique. Elle n'a pas changé dans les derniers temps. Nous maintenons une réserve qui exclut toute déclaration pouvant contenir un engagement gratuit quelconque vis-à-vis de quelque puissance que ce soit. Notre position nous oblige à nous abstenir de toute résolution prématurée. Il ne nous appartient pas de jouer le ròle d'une puissance pouvant exposer clairement ses vues et ses intéréts et demander avec efficacité que personne n'ose y toucher. Nous devons nous contenter d'un ròle plus modeste qui n'exclut pas la possibilité de saisir les occasions qui pourraient se présenter de défendre nos intéréts contre ceux-là mémes qui semblent en faire meilleur marché. Mais pour obtenir de bons résultats, il nous faut nous garder de nous livrer dès à présent aux Puissances qui peuvent avoir intérét à étre rassurées complètement du còté de l'Italie et je pense que nous ne servirions que les intéréts de l'Autriche, en faisant en ce moment des déclarations explicites à l'Angleterre.

(l) Annotazione marginale di Tornielli: «Fatto leggere al Conte di Robilant dal sottoscritto il 10 novembre 1877 ».

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 613/223. Londra, 4 novembre 1877.

Ho l'onore di rassegnare all'E. V. la traduzione (1), qui unita, del Dispaccio di

Lord Derby, in data del 30 ottobre u.p., relativa ai Passaporti ed all'affare

Rainford, che io le annunziavo con mio telegramma del l o corrente, (2) eviden

temente scritto in vista della sua pubblicazione in un prossimo Blue Book.

Nella prima parte del suo dispaccio, Lord Derby lungamente si estende sopra i sei casi di arresti d'Inglesi, ch'ebbero luogo dal 1875 sino a questi ultimi tempi, e, mentre enumera le sevizie alle quali questi furono esposti, cerca di mostrare che, se i viaggiatori Inglesi venivano in Italia senza passaporto, ciò era dovuto alle assicurazioni date da codesto Ministero che tale documento era inutile, e che ordini sarebbero stati dati affinché quei viaggiatori non fossero più molestati. Per cui, scorgendo che, malgrado quelle promesse, parecchi Inglesi erano stati arrestati, sotto pretesto che non avevano passaporto, il Foreign Office credette opportuno di significare, come fece ultimamente, che d'ora in poi ogni viaggiatore Inglese in Italia dovesse esserne provvisto, affine di ovviare ai lamentati inconvenienti.

Se non si può negare che la risoluzione del Foreign Office è apparentemente logica, tuttavia fa d'uopo di notare che Lord Derby non tiene conto di varie circostanze, per cui gli arresti eseguiti ebbero parecchie volte luogo, meno per mancanza di carte comprovanti l'identità degli individui arrestati, che per effetto della resistenza che opponevano alla forza pubblica, e degli insulti dei quali questa fu talvolta da essi fatta segno.

Il dispaccio parla delle sevizie sofferte, le quali si riducono poi, in generale, ad una notte passata in sala di disciplina, della quale si descrivono, con singolare compiacenza, gli orrori, senza pensare che i maltrattamenti cui sono esposti coloro che cadono in mano dei policemen Inglesi sono assai più brutali che quelli lamentati in Italia; ed a prova di ciò, basta ricordare il caso recente del Signor Emilio Cerruti, sul quale tace la nota del Foreign Office, benché io gli abbia inoltrati i documenti relativi a quell'affare.

Arroge, che, più di una volta gli Inglesi, irregolarmente arrestati in Italia, ebbero la soddisfazione di vedere puniti gli Agenti della Forza Pubblica che avevano abusato delle loro attribuzioni, mentre simili soddisfazioni non si danno in Inghilterra, a meno di lunghi e costosi procedimenti, come lo prova ancora il caso del Signor Cerruti, che dovette rinunziare a sporgere qualsiasi querela.

Il dispaccio del Foreign Office cita ancora il Signor Mercer, mentre dovrebbesi ricordare che egli, anziché ricorrere ai nostri tribunali, inalberò la pretesa di avere un'indennità in via diplomatica, per essere stato arrestato dai Carabinieri Reali.

L'infelice Pelizzone che dai Tribunali Inglesi fu condannato a morte, dietro falsa testimonianza di Agenti di Polizia, poscia lasciato libero, dopo che la sua innocenza venne riconosciuta, in seguito alle ricerche ed alle istanze del Cavalier Negretti, non ebbe, ch'io sappia, indennità di sorta per i lunghi patìmenti fisici e morali da esso ingiustamente sofferti.

La parte meno fondata, a mio giudizio, del dispaccio del Foreign Office, e che pare come un'aggiunta incidentalz all'argomento principale, è quella che si riferisce al processo Rainford. In fatti, vi vediamo l'intromissione d'un Agente Diplomatico negli atti del potere giudiziario, mentre l'intero cerchio della giustizia non è ancora percorso; vediamo una autorità estera riservarsi, per così dire, il suo sindacato sul verdetto dei nostri tribunali, mentre in Italia un tal verdetto è al disopra di qualunque censura; vediamo rilevato il contrasto esistente fra le dichiarazioni di codesto Ministero, circa i motivi che avevano dato luogo alle punizioni degli Agenti e funzionarii che avevano procurato l'arresto del Signor Rainford, e le dichiarazioni fatte dal Procuratore del Re nel sostenere l'accusa contro il medesimo; mentre un tal fatto dovrebbe anzi dimostrare quanta indipendenza esista nella nostra magistratura anche fra i membri d'essa che non sono inamovibili.

Si avrebbe dovuto vedere dalla sentenza del tribunale di Messina, la quale fu da me comunicata al Foreign Office, che di quella discrepanza non fu tenuto verun conto dal tribunale stesso. Infine questi lamenti vengono al momento stesso in cui la Corte suprema di Palermo annullava la sentenza di condanna del Signor Rainford.

Per ultimo, farò osservare che il dispaccio del Foreign Office non fa alcun cenno dei giusti lamenti di V. E. riguardo al linguaggio tenuto da Sir Augustus Paget in questa vertenza.

Mentre aspetto la risposta che l'E. V. vorrà fare al Dispaccio di Lord Derby, mi limiterò, per ora. ad accusargliene ricevuta, non tralasciando però di esporgli verbalmente alcune delle considerazioni precedenti, tosto che ne avrò l'opportunità.

Io credo poi che per giudicare dell'importanza proporzionale di quel trattamento di cui alcuni Inglesi si lamentano, sarebbe utile di conoscere il numero approssimativo dei Sudditi della Regina che dal 1875 a quest'oggi hanno viaggiato in Italia, e di sapere quanti fatti consimili siano accaduti a stranieri di altri paesi, e quali lagnanze in proposito siano state inoltrate dai loro rispettivi Governi.

Unitamente alla traduzione del Dispaccio del Foreign Office, restituisco al

l'E. V. il rapporto del Console Inglese di Sicilia, relativo all'affare Rainford, che

mi veniva comunicato col dispaccio di codesto Ministero in data del 27 Agosto

scorso n. 227, Politica (1).

P. S. -Giusta le istruzioni di V. E., io aveva bensì pregato Lord Derby di rimandare direttamente a Sir Augustus Paget il rapporto del Signor Dennis, ma Egli avendomelo restituito probabilmente per inavvertenza, non credo di dovere altrimenti disturbare il Foreign Office in proposito, mentre la consegna ne potrà essere più facilmente fatta da codesto Ministero stesso.

(l) -Non si pubblica. (2) -Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

181

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l)

R. 1918. Berlino, 5 novembre 1877 (per. il 9).

Mi astenni sinora nella mia corrispondenza con l'E. V. di toccare l'argomento dei negoziati commerciali che ebbero luogo a Vienna fra i delegati tedeschi e gli austro ungarici; era, ed è tuttora difficile per un osservatore imparziale, di scernere quel poco di vero che può trovarsi nei fogli più o meno ufficiosi dei due paesi interessati nella questione; e ciò tanto più, che sia la stampa come i circoli politici sono assai proclivi a ricercare in combinazioni machiavelliche di politica europea l'origine ed il movente di esigenze, le quali condussero poi ad una rottura dei negoziati stessi.

Se si pon mente a ciò che da tempo era stato detto in questo Parlamento dai banchi del Governo Imperiale e se si legge attentamente quanto fu scritto in questi fogli più autorevoli, non sembra difficile di farsi un concetto delle ragioni puramente economiche le quali ostarono ad un accordo commerciale fra la Germania e l'Austria Ungheria. È nota la dichiarazione fatta in Parlamento dal Presidente della Cancelleria Tedesca, che cioè il Governo Imperiale si prefiggeva lo scopo di ottenere una maggiore reciprocità di tariffe doganali con l'Austria Ungheria, escludendo che la Germania continuasse essa sola ad assoggettarsi alle tariffe attuali di dogana: a meno di abbandonare completamente la dottrina del libero scambio, i delegati tedeschi dovevano quindi esigere che le tariffe dell'Austria Ungheria venissero ridotte al limite delle tariffe della Germania. L'Austria Ungheria per contro nell'intento, perfettamente giustificato per quanto la concerne dalle necessità dello sviluppo della sua industria, doveva persistere nel voler aumentare molte delle sue tariffe doganali che maggiormente colpiscono le importazioni tedesche. Posta la questione sovra un simile terreno, un accordo poteva difficilmente attenersi: e ciò tanto più che, a quanto pare, i delegati austro ungheresi avevano le mani legate dal progetto di nuova tariffa doganale convenuto fra le due parti della Monarchia, il quale faceva parte del compromesso austro ungherese e come tale non poteva essere modificato in vista di un trattato con la Germania.

Non è a dire che in Germania si voglia da tutti sacrificare ogni altra considerazione, pur di serbare illeso il principio del libero scambio. Nell'Impero gli avversarii di tale dottrina sono numerosissimi, come rilevasi da molti rapporti che diressi in proposito a codesto R. Ministero e delle numerose petizioni di protezionisti al Reichstag che trasmisi a suo tempo. Ma, nella rottura dei negoziati con l'Austria Ungheria, protezionisti e liberi scambisti credono di trovare il loro tornaconto: questi ultimi perché il principio del libero scambio ebbe in massima il disopra, ed i primi perché una simile rottura era il precedente necessario per addivenire nel seguito ad una guerra di rappresaglie doganali che condurrà al protezionismo, indispensabile secondo essi per il rifornimento dell'industria tedesca. L'avvenire dimostrerà da qual parte sia l'apprezzamento

esatto dei vantaggi che gli uni e gli altri hanno in vista per lo sviluppo dell'industria nazionale. Probabile è piuttosto una transazione fra le esigenze dei due Imperi vicini: e difatto secondo le ultime notizie si sarebbero già intavolate nuove pratiche per riprendere i negoziati.

In ogni caso, sembra che coloro i quali cercano nella politica orientale la ragione dell'accaduto, facciano una parte troppo larga alle congetture. Essi vogliono che il Principe di Bismarck, impensierito dal sentimento di fiducia rinascente nelle proprie forze che si manifestò e crebbe in Austria Ungheria di pari passo con gli insuccessi delle armi russe in Bulgaria, abbia voluto valersi dei negoziati commerciali per intimorire il Gabinetto di Vienna e farlo di nuovo più arrendevole ai suoi piani di politica generale. Che tale possa anche essere la conseguenza della rottura dei negoziati di Vienna, è una tesi che si può come tutte le altre sostenere, malgrado le smentite che i giornali ufficiosi di Berlino e di Vienna diedero a siffatta interpretazione dell'avvenuto. Ad ogni modo, sembrerebbe che le ragioni sovra accennate, e puramente economiche, di quanto accadde, bastano di per sé all'intento.

(l) Annotazione marginale: <<Al Presidente del Consiglio il 16 novembre 1877 ».

182

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 499. Roma, 6 novembre 1877.

Con rapporto del 22 ottobre, n. 899 (l), la S. V. mi ha fatto conoscere quali sembravano essere in quei giorni le disposizioni prevalenti nei consigli del Sultano. Ella mi esponeva nello stesso tempo che nulla permetteva di credere si facessero dai Rappresentanti esteri in Costantinopoli pratiche tendenti a far prevalere concetti pacifici.

Ringrazio V. S. delle informazioni datemi. Esse sono confermate dalle notizie che il Ministero ha ricevute dai principali centri politici di Europa.

Malgrado la persistenza d'una gran parte della stampa europea nel credere vicino il momento d'una mediazione, noi non abbiamo alcun indizio che delle trattative siano aperte a questo riguardo.

In confidenziali colloquii che ebbero gli Ambasciatori di Sua Maestà a Londra ed a Berlino coi Ministri dirigenti la politica di quei due Stati, furono recisamente smentite le voci di preliminari trattative conducenti a prossima pace. Anzi pare che il Governo tedesco ritenga molto probabile la continuazione della guerra per tutto l'inverno, forse stimando non potere la Russia, senza una seconda campagna, rialzare il suo prestigio militare.

Ciò che V. S. mi ha scritto circa il contegno riservato dell'Ambasciatore Germanico, anche quando da alcuni Ministri del Sultano si fecero allusioni favorevoli al ristabilimento della pace, è perfettamente in armonia con le notizie che abbiamo da Berlino. E di ciò in verità non possiamo essere contenti poiché, come io Le scrissi altra volta, ritengo per fermo che se la Turchia vuole otte

nere la pace, il miglior modo di conseguire questo intento consiste per lei nel ricercare la mediazione del Gabinetto di Berlino. Finché questo resterà sordo agli inviti più o meno diretti che la Sublime Porta gli farà pervenire, dobbiamo ritenere che la causa di siffatto contegno sta nelle disposizioni non ancora favorevoli alla pace del Gabinetto di Pietroburgo. Non dobbiamo perdere di vista che quest'ultimo ha formalmente dichiarato che soltanto dalla Germania accetterebbe parole di mediazione quando il momento opportuno fosse venuto.

In questo stato di cose, io non posso che approvare il contegno che, conformemente alle istruzioni del Ministero, Ella ha finora tenuto. Se a Lei il Gran Vizir, o il Ministro degli affari esteri facessero delle confidenziali entrature, relative al desiderio di por fine alla guerra; la risposta di Lei dovrebbe esser tale da far comprendere che l'Italia vedrebbe col più gran piacere la cessazione di tanti mali, appoggerebbe senza dubbio delle proposte conducenti ad un tal fine, ma non potrebbe credere che queste ottengano un pratico effetto se per metterle innanzi non si sceglie la buona via. E quale sia questa via io già dissi a

V. S. e stimo opportuno averlo ripetuto in questo dispaccio, che deve servire non per una formale comunicazione al Governo Ottomano, ma unicamente per informazione e guida di V. S.

(l) Cfr. n. 160.

183

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 757. Parigi, 8 novembre 1877, ore 14,15 (per. ore 15,25).

La séance d'ouverture a eu lieu hier au Sénat et à la Chambre sans accidents remarquables et fort tranquillement. Le Ministère s'est présenté en masse au Sénat, mais il n'a pas mis les pieds dans la Chambre des députés. Tout ceci n'est pas clair et donne à croire que l'on trame quelque chose. Si le maréchal est sur de toute l'armée, il pourra faire ce qu'il veut. S'il ne peut compter que sur un parti, la guerre civile s'en suivra. Si l'armée entière venait à lui faire défaut, le maréchal tombera. Je viens de voir le due Decazes forcé, malgré lui, à rester encore à sa piace, jusqu'à ce que la crise ait une solution. Il avait l'air très soucieux, très-inquiet; ce qui est de nature à confirmer mes soupçons, car le due Decazes, par conviction, este tout-à fait contraire à l'emploi de la force et à un coup d'état par l'armée.

184

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1919. Berlino, 9 novembre 1877 (per. il 12).

J'ai fait visite hier au Secrétaire d'Etat. A son avis la situation, lors meme que la chance tourne en faveur des Russes, ne s'est pas sensiblement modifiée en ce qui concerne une médiation

entre les belligérants. Si la chute de P:evna ne semble peut-etre qu'une question de temps, il n'est pas dit pour autant que d'un còté ou de l'autre on se montrera mieux disposé à des ouvertures pacifiques. M. de Biilow croyait à la prolongation de la guerre à moins qu'une déroute générale ne se produisit dans le camps des Tures, et qu'ils ne se rendissent à discrétion. Cette éventualité n'est rien moins que probable, au moins dans cette première campagne.

Quant à la France, le Maréchal Mac Mahon avait laissé passer deux occasions de sortir de la crise, dont l'acte du 16 Mai a été le point de départ. En effet la mort de M. Thiers lui ménageait un rapprochement avec les républicains modérés. Il n'a pas su en profiter, pas plus que de l'avertissement donné par les élections du 14 Octobre. Il se trouve maintenant dans l'impasse la plus dangereuse. Il cherche à gagner du temps. Il attend les premiers actes de la Chambre des députés pour s'assurer s'il est possible encore d'établir un modus vivendi. Le danger subsiste, il est vrai, qu'il ne parvienne pas à se dégager de l'étreinte des partis qui le poussent aux résolutions extremes. Quoi qu'il en soit, la lutte parait devoir se prolonger entre les pouvoirs publics.

Au reste il n'y avait ici aucune affaire urgente sur le tapis. On supposait qu'il en était de meme à Rome. C'est pourquoi M. de Keudell avait obtenu la permission de faire une seconde, mais courte absence parce qu'il avait déjà profité d'un congé l'automne dernier.

M. de Biilow ne s'expliquait pas pourquoi à l'instar de tous mes collègues

je n'avais pas quitté un seul moment mon poste. Dès le l er Novembre, après le retour du Chevalier Tosi, je Vous avais prié,

M. le Ministre, de me permettre de m'absenter pour quelques semaines. Je Vous demandais une réponse télégraphique. Ma requéte aura passé inaperçue, car je ne puis admettre, connaissant votre parfaite courtoisie, que Vous avez de parti pris négligé de me communiquer une résolution quelconque. Il n'y a pas de ma faute si quarante ans bientòt de service m'ont enlevé une partie de mes anciennes forces, et m'imposent de l'avis des médecins le repos d'un mois.

J'ai d'ailleurs quelques affaires particulières et urgentes à régler depuis l'année dernière à pareille époque. V. E. se souviendra que j'avais renoncé alors à une course à Paris.

En insistant par conséquent auprès de V. E. pour une réponse télégraphique...

185

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 305. Parigi, 9 novembre 1877 (per. il 17).

Negli ultimi telegrammi coi quali ebbi l'onore d'informare l'E. V. degli inutili tentativi fatti dal Maresciallo per formare un nuovo Gabinetto e della provvisoria permanenza del Ministero Broglie, io non nascosi le gravi preoccuDazioni che fa nascere uno stato di cose di più in più oscuro e complicato, da eui non sembra potervi più essere un'uscita per le vie legali. Nel mio telegramma di jeri (l) ebbi anzi ad esprimere esplicitamente l'apprensione che si vada tramando una soluzione illegale della crisi che opprime il paese. Dissi all'E. V. che tale apprensione mi pareva avvalorata dall'atteggiamento stesso del Ministro degli Affari Esteri ch'io aveva visto nel mattino dopo un Consiglio de' Ministri.

La presunzione che il Capo dello Stato possa lasciarsi trascinare ad una aperta violazione delle leggi e dello statuto è certo gravissima; ma essa si impone forzatamente a chiunque esamini le difficoltà della situazione attuale e giudichi spassionatamente fino a qual punto sia possibile di far prevalere le tendenze e le velleità che predominano all'Eliseo servendosi in modo regolare delle istituzioni esistenti e rimanendo nei confini della legalità o spingendosi anche fino all'orlo estremo di tali confini. Difatti, dal momento che il Maresciallo non vuole a nessun patto cedere alla maggioranza della Camera dei Deputati e governare con un Ministero preso nel suo seno non vi sono spedienti o arte che a lungo andare possano permettere una procedura costituzionalmente legale. Non offrirebbe al Maresciallo un'uscita legale la riunione delle due Camere in Congresso, perocché la maggioranza nel Congresso sarebbe ancora dal lato de' repubblicani, né dunque potrebbe prestarsi a decisioni o a modificazioni costituzionali conformi ai voti dell'Eliseo. Governare col solo appoggio del Senato non pare un programma di più facile attuazione pratica, ammesso pure che la maggioranza senatoriale consenta ad un sì inaudito abuso. Comunque si ravvisi il problema, quando si premetta che il Maresciallo non voglia scendere dal suo posto, né mutare politica, se ne viene alla conclusione che a un dato e non lontano momento altro non gli rimarrebbe fuorché un appello alla forza. Se il Maresciallo fosse sicuro d'essere seguito da tutti i Capi dell'esercito, egli potrebbe certo signoreggiare la situazione ed ottenere o una prolungazione de' suoi poteri a vita od imporre al paese un dominio a suo talento. Ma prevale in molti la convinzione che il Maresciallo non sarebbe seguito dall'intiero esercito, che vi sarebbe divisione tra i Comandanti de' varii Corpi d'Armata; ed in tale caso la guerra civile sarebbe inevitabile. Epperò i migliori cittadini sperano ancora che il Capo dello Stato esiterà negli estremi ad evocare un pericolo da cui potrebbero sorgere avventure terribili e fatali.

186

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. R. 507. Roma, 10 novembre 1877.

Ringrazio V. S. Illustrissima delle informazioni favoritemi col rapporto del 30 ottobre (2) relativo alle pratiche che l'Ambasciatore d'Inghilterra andava facendo nell'intento di associare i rappresentanti delle altre Potenze ai suoi tentativi per predisporre la Turchia alla pace.

Con altro rapporto dello stesso giorno (l) Ella mi ha reso conto di un colloquio avuto con codesto Ministro degli affari esteri, colloquio che non lascia dubbio sulle disposizioni pacifiche della Sublime Porta.

Opportunamente però V. S. osserva che le condizioni della pace non possono essere sempre le stesse e soffrono anzi frequente variazione secondo il corso degli avvenimenti guerreschi. Non sarebbe pertanto cosa prudente lo emettere un'opinione a tale riguardo ed io approvo la riserva del linguaggio di V. S.

Circa la probabilità che abbiano ad aprirsi trattative diplomatiche per facilitare la conclusione della pace, io non posso che riferirmi a ciò che le scrissi ultimamente. Non è a mia notizia che dalla data del mio ultimo dispaccio la situazione si sia modificata a questo riguardo. Il R. Ambasciatore a Berlino mi ha scritto il l o di questo mese (2) che colà non si crede probabile che la pace possa venire conchiusa prima di una seconda campagna ed, in colloquio che lo stesso R. Rappresentante ebbe jeri l'altro con il sottosegretario di Stato, questi gli dichiarò che il Governo Imperiale non prevede una modificazione vicina nella situazione generale né crede che una proposizione di mediazione potrebbe riuscire per ora efficace.

Queste informazioni che sono di loro natura confidenziale non debbono servire a V. S. Illustrissima che per confermarla nel contegno riservato che ha tenuto finora e che non sarebbe opportuno di modificare finché le cose stanno in questi termini.

(l) -Cfr. n. 183. (2) -Cfr. n. 172.
187

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL VICE CONSOLE A PREVESA, CORTE

D. 805. Roma, 10 novembre 1877.

Mi è riuscita particolarmente interessante la narrazione della recente escursione in Orta a Janina da Lei effettuata in compagnia del Generale Ali pascià (3), e la ringrazio per le informazioni fornitemi sulle fortificazioni ultimamente erette dalle autorità militari ottomane nelle località confinanti col regno ellenico, e sulle forze di cui la Turchia dispone nell'Epiro e nella Tessaglia.

Sono lieto e ne felicito la S. V. per i buoni rapporti esistenti fra codesto Vice Consolato e le autorità superiori della Provincia, e mi lusingo che ella vorrà adoperarsi con la più gran cura e con un contegno prudente e conciliante a che essi siano mantenuti per l'avvenire quand'anche sopravvenissero circostanze difficili, o si presentassero incidenti di qualche gravità.

Ed al mantenimento di queste buone relazioni gioverà che vengano dissipati i sospetti che da molti nutronsì ancora verso dì noi. E poiché ella accenna, come una delle cause di questi, la pretesa presenza a Corfù di Ricciottì Garibaldi, sarà bene che ella assicuri codeste autorità che tale notizia è al tutto infondata. Il Signor Ricciotti non ha mai soggiornato in quell'isola e trovasi da molto tempo in Australia.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Je vous prie de m'expliquer le sens de ce que Vous m'avez écrit au sujet des dispositions des chefs albanais qui voudraient avoir recours à l'intervention italienne dans le cas d'invasion grecque en Epire.

Quels sont ces chefs albanais? quelles sont leurs aspirations? ont-ils un pian défini? Est-ce la crainte de la domination hellénique qui les ferait chercher le protectorat d'une autre puissance chrétienne? visent-ils à se réunir à l'Albanie proprement dite, en ce cas, ont-ils envisagé les difficultés de la coéxistance, còté à còte, avec !es populations albanaises catholiques?

Ne vous mettez pas en évidence mais si l'occasion se présente d'explorer les intentions et la pensée des chefs albanais tàchez de recueillir les éléments d'une réponse à toutes ces demandes. Gardez en tout ceci la plus grande réserve, l'intérét que nous pouvons avoir à étre bien renseignés n'excuserait pas les imprudences que les agents italiens pourraient commettre dans leur travail d'investigation.

(l) -Cfr. n. 173. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. r. 27. Prevesa, 22 ottobre, non pubblicato.
188

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 277. Roma, 11 novembre 1877.

Ho ricevuto ieri il Rapporto di V E. (l) al quale va annessa la versione in lingua italiana della Nota che Lord Derby diresse a Lei il 30 ottobre per rispondere alle ultime nostre comunicazioni relative agli arresti di alcuni sudditi inglesi ed al procedimento giudiziario in corso contro il Signor Rainford.

Siccome V. E. osserva opportunamente, la Nota di Lord Derby è scritta nello scopo evidente di servire ad una pubblicazione del Blue-Book. Questo scopo appare tanto più manifesto se si osserva la cura con cui nella nota stessa furono riassunti i varii fatti accaduti dal 1875 in poi, mettendo i fatti stessi in una luce molto diversa da quella sotto la quale i medesimi si vedono da chiunque abbia avuto notizia sufficiente delle loro circostanze. Credo che non sarebbe nell'interesse di quel carattere leale ed amichevole che noi abbiamo sempre voluto conservare ai nostri rapporti con le nazioni amiche e con l'Inghilterra in particolare, il permettere che si formi a pregiudizio nostro un'impressione fondata sopra una inesatta esposizione di fatti. Io mi propongo dunque di rispondere alla recente comunicazione di Lord Derby riferendomi sostanzialmente alle note che furono scambiate intorno ai varii casi sui quali furono presentate delle lagnanze. Risulterà chiaramente che le allegazioni delle persone che Lord Derby dichiara indubitatamente rispettabili, furono in larga misura distrutte da prove raccolte nelle inchieste fatte dalle autorità. Risulterà inoltre che, senza che se ne possa comprendere lo scopo, il Governo inglese al pari dei suoi Agenti, persiste a confondere gli atti relativi all'accertamento della identità delle persone sconosciute agli Agenti della pubblica forza, con le conseguenze che ebbero

!6 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

a carico delle persone stesse la loro resistenza ed alcune volte il loro contegno ingiurioso per quegli Agenti.

Ma il preparare una risposta che metta perfettamente in chiaro i termini della questione e dalla quale possa apparire in modo per tutti manifesto il limite entro il quale poteva spiegarsi l'autorità del Ministero ed oltre il quale invece doveva rimanere intatta la competenza del potere giudiziario, non è cosa che possa farsi senza qualche studio; epperò io approvo perfettamente V. E. di volere, per ora limitarsi a far conoscere verbalmente a Lord Derby di avere trasmesso la Sua Nota al Ministero e di aspettarne la risposta.

Intanto stimo opportuno che V. E. sia informata che questo Ambasciatore di Inghilterra ha ricevuto dal Foreign Office una copia tanto delle nostre comunicazioni a Lord Derby, quanto della Nota di S. S. in data del 31 ottobre. Sir

A. Paget ha trovato in quest'ultimo documento una giustificazione del suo linguaggio e del suo operato. Egli sembra convinto che quando in Inghilterra avranno ricevuto pubblicità i suoi rapporti, l'opinione pubblica pronuncierà un giudizio a lui favorevole. È cosa certamente molto dispiacevole che incidenti di secondaria importanza dei quali è pur facile trovare la spiegazione all'infuori di qualunque preconcetta intenzione di offesa dalle due parti, abbiano preso ormai il carattere di una questione sulla quale il Ministero non potrà verosimilmente serbare il silenzio davanti alle Camere.

La pubblicazione dei documenti ne sarà la necessaria conseguenza. Io mi Jl, miterò però a presentare quelli fra i medesimi che costituiscono il carteggio diplomatico da Governo a Governo e la prova della cura con cui furono appurate le circostanze dei fatti. Troveranno pertanto posto nella nostra pubblicazione le note del Rappresentante britannico e le nostre risposte e non vi figureranno invece quei rapporti che contengono degli apprezzamenti che potrebbero inasprire la questione portandola fuori del terreno giuridico per attribuirle un carattere che per parte nostra abbiamo sempre cercato di toglierle. Mi lusingo che nella scelta dei documenti che dovranno pubblicarsi nel Blue Book presiederanno uguali concetti poiché se in Inghilterra come in Italia non è possibile sottrarre alla pubblica discussione fatti ed atti che hanno prodotto una insolita emozione, io ritengo sempre non essere né nell'interesse, né nell'intenzione dei due Gabinetti di inasprire i loro rapporti per affari che sulle loro relazioni di reciproca confidenza ed amicizia non possono avere che una influenza molto ristretta.

(l) crr. n. lflO.

189

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, LACAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

N. R. 5309. Roma, 13 novembre 1877 (per. il 14).

Ritengo opportuno che uno speciale agente segreto assista al Congresso regionale che gli internazionalisti terranno nel Giura verso la fine del corrente mese, o sul principio di Dicembre. e perciò prego la E. V. di dare al R. Console a Ginevra le occorrenti istruzioni in proposito.

Per quanto poi riguarda la spesa necessaria per questo serv1zw, mi riservo di rimborsarla nei soliti modi al R. Console, quando me ne indicherà l'ammontare, che sono certo sarà limitato alle più strette esigenze del servizio.

190

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 919. Costantinopoli, 13 novembre 1877 (per. il 20).

Alla conferenza di ieri il Ministro degli Affari Esteri mi * domandò quello pensavo intorno alla voce aveva circolato pei giornali che l'Italia d'accordo colla Germania stava per prendere l'iniziativa d'una mediazione tendente a ristabilire la pace tra la Turchia e la Russia. Risposi non aver ragione per credere che quella voce avesse alcun fondamento di vero; saper solo che il R. Governo nutriva vivo desiderio di pace, e sarebbe disposto a cooperare a questo scopo ogniqualvolta se ne presentasse l'occasione. Soggiungeva S. E. non aver neppur essa prestato fede a quella notizia; sembravagli tuttavia che sarebbe tempo che l'Europa trovasse mezzo di por fine ad una lotta della quale tutti gli Stati avevano più o meno a soffrire. Replicai per giungere all'intento essere mestieri di cogliere il momento opportuno e la via efficace; essere difficile d'inaugurare negoziati durante il corso d'una grande operazione militare; l'indomani di essa potrebbe fornire una buona occasione; e m'allargai alquanto su quest'argomento. S. E. benignamente ascoltava le mie parole* (1).

M'era noto d'altra parte da tre giorni regnare una viva inquietudine alla Sublime Porta riguardo alla Serbia ed alla Grecia. Notizie venute da varie parti portavano infatti la partecipazione di questi Stati alla guerra essere imminente e l'Ambasciatore d'Inghilterra non ne faceva mistero coi suoi Colleghi nella giornata d'ieri. Le notizie ch'io ho ricevuto finora dalla Serbia però non sarebbero conformi a quelle che diedero luogo alle apprensioni in discorso. Dalla sorte di Plewna suppongo dipendano in questo momento gli avvenimenti che saranno I)er seguire.

191

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 218. Madrid, 13 novembre 1877 (per. il 17).

Fu qui di passaggio ieri, avviato a Lisbona, il Signor Marchese Oldoini. Fummo insieme a visitare il Ministro di Stato, Signor Silvela, già legato d'amicizia col mio collega. Si discusse sulle velleità d'alcuni giornali, devoti al partito liberale, per risollevare la questione Iberica. Colse la opportunità il Signor Silvela per assicurare il Marchese Oldoini, esprimendo il desiderio, che queste cose fossero ripetute a S. M. il Re di Portogallo, come ai Suoi Ministri, che il

Governo Spagnuolo rifuggiva da tutto quanto potesse essere interpretato come se tale questione facesse parte del suo programma. Disse che rimpiangeva la coincidenza delle improntitudini commesse dai giornali, a cui si era alluso, col conflitto sorto nelle acque confinanti di Spagna e Portogallo a motivo della pesca, conflitto sul quale ebbi l'onore di riferire nel mio rapporto n. 215 di questa Serie (l), in modo che si poté credere che l'asprezza colla quale si era espresso seco lui il Ministro di Portogallo nel trattare quell'assunto, fosse cagionata dagli imprudenti articoli di alcuni giornali Spagnuoli. Aggiunse che, il Re Alfonso stesso, aveva molto a cuore di mantenere con la Corte di Portogallo le più strette cordiali relazioni, che era un suo desiderio di recarsi a Lisbona per dare forma più solenne a questi suoi sentimenti, essendogli assai spiaciuto che nell'occasione del viaggio fatto durante l'estate scorsa, il tempo gli avesse fatto difetto per compire la visita a Lisbona da lui tanto ambita.

Si parlò del pari sul presente stato della Francia, del quale il Governo Spagnuolo preoccupasi assai. Espose il Signor Silvela, che nella istessa giornata aveva a lungo su questo argomento conferito col Signor Canovas del Castillo, e, dopo avere assieme esaminate tutte le eventualità che potevano presentarsi, erasi venuto nell'accordo di dare per istruzioni all'Ambasciatore di Spagna in Parigi, di riconoscere qualsiasi persona venisse posta a capo del Governo, e di mantenere con essa i migliori rapporti e solo dovesse chiedere nuove istruzioni nel caso d'un radicale cambio nelle forme governative. Il Ministro di Stato ci fece però presente, che l'avvenimento in Francia di un partito che volesse allargare al di là dei Pirenei la propria azione, imporrebbe al Governo Spagnuolo il dovere di ricorrere alle misure più rigorose per porre un argine a tale invasione; e mentre adotterebbe mezzi repressivi all'interno, per rompere al loro intrecciarsi i fili, che si volessero connettere tra i rivoluzionari francesi e quelli Spagnuoli, coll'intenzione di rovesciare il presente ordine di cose, si prenderebbero altre misure energiche militari alla frontiera per respingere qualsiasi attentato rivoluzionario, anche al punto di sostenere una guerra. «Fra breve, disse il Signor Silvela, sarà compiutamente soffocata l'insurrezione di Cuba. Il generale Martinez Campos, che tanto gloriosamente venne a capo di una così difficile intrapresa, ritornerà in !spagna guidando un'armata agguerrita e vittoriosa pronta a sostenere i diritti del trono e della nazione ovunque possano essere minacciati».

Il Marchese Oldoini ripartì ieri sera alla volta di Lisbona, ed il Signor Silvela gli usò la gentilezza di venirgli a stringere la mano all'istante della sua partenza.

(l) n brano tra asterischi è <·dito in LV 24, p. 227.

192

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, LACAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

N. R. 5336. Roma, 14 novembre 1877 (per. il 16).

Il giornale di Napoli L'Italia degli Italiani ha di recente riprese le pubblicazioni, dichiarandosi organo del Comitato dell'Italia irredenta.

Avendo domandate informazioni sul Comitato in parola, venni assicurato che, malgrado le premure adoperate dal signor Matteo Renato Imbriani non si è finora potuto costituire quel Comitato.

Pochi individui e precisamente quelli indicati nella mia nota del 10 luglio scorso n. 3412 (1), hanno manifestato di dividere più o meno le opinioni dell'Imbriani, sul quale in effetto si compendia tutto il lavoro di un Comitato che non esiste.

Egli è riuscito bensì a far rivivere il giornale l'Italia degli Italiani del quale è anche gerente responsabile, ma quel periodico non ha alcuna influenza ed accenna già a sospendere di nuovo le pubblicazioni per mancanza di mezzi. Questi sono stati finora forniti, in parte dall'artista di canto in ritiro Mazzolini, domiciliato a Posillipo, in una villa di sua proprietà, ed in parte dal negoziante Perrit, dimorante in Napoli entrambi Triestini, i quali aderiscono alle idee propagate dall'Imbriani.

Credo opportuno comunicare queste notizie all'E. V. assicurandola di aver dato le occorrenti disposizioni affinché siano attentamente· sorvegliati l'Imbriani e gli altri individui sopra indicati, e vengano all'evenienza, adottati contro di essi i necessari provvedimenti di legge (2).

(l) Non pubblicato.

193

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 922. Costantinopoli, 14 novembre 1877 (per. il 20).

Dal colloquio ch'io ebbi col Ministro degli Affari Esteri li 12 del presente, e del quale tratta il mio rapporto N. 919 di ieri (3), appariva. S. E. nutrire il desiderio che qualcuna delle Grandi Potenze prendesse l'iniziativa della mediazione. Venne indi a mia conoscenza che Server Pacha faceva delle allusioni alla eventualità di una mediazione da esercitarsi dal Governo AustroUngarico, nella sua conferenza con quest'Ambasciatore. Cui il Conte Zichy naturalmente rispondeva non poter fornire alcuna informazione in proposito. Né dubito V. E. sia stata d'altra parte ragguagliata l'Ambasciatore Ottomano a Vienna avere scandagliato il terreno al medesimo scopo in quella residenza; però ne avrebbe avuto una risposta che non lascierebbe alcuna iEusione in proposito, quel Governo non volendo sobbarcarsi nelle presenti congiunture ad un'azione che sarebbe irta d'insormontabili ostacoli. I quali fatti mi condurrebbero alla convinzione che a Vienna si consideri questa questione sotto un punto di vista conforme a quello che l'E. V. si compiaceva espormi pel suo riverito dispaccio n. 499 delli 6 del presente (4).

Sarebbe interessante di conoscere se questa idea di rivolgersi per la mediazione ad altre Potenze che alla Germania, sia nata spontaneamente alla Sublime

(3ì Cfr. n. 190.

( 4) Cfr. n. 182.

Porta, oppure se sia stata suggerita d'altra parte. Non v'ha dubbio che a questa ripugna la mediazione della Germania quasi quanto il concetto di rivolgersi direttamente alla Russia; imperocché essa crede che quel Governo non farebbe che sostenere gli interessi della Russia. Cionondimeno io sarei portato a credere che l'idea di tentare la mediazione Austro-Ungarica sia piuttosto stata suggerita dal Rappresentante d'altra Potenza, la cui attività nel senso dell'inaugurazione di trattative di pace fu osservata in questi ultimi tempi. Gli eventi tuttavia incalzando, il Governo Ottomano si troverà pure costretto di adottare quella via che sola può condurlo all'intento.

(l) -Cfr. serie II, vol. VIII, n. 622. (2) -Annotazione marginale: «A Vienna 20 novembre 1877 ».
194

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (Carte Corti)

L. P. Roma, 14 novembre 1877.

Sono in debito di risposta a due lettere pervenutemi con molto ritardo in Italia dove mi trovo da metà del mese scorso.

Da alcuni pochi giorni mi trovo qui alla fonte delle notizie, ma con tutto ciò non ne so molto di più. Non c'è da farsi illusione il nostro Ministero è si può dire acefalo, e le gravi questioni interne assorbono talmente tutti i pensieri del Gabinetto che ben poco si pensa pur troppo a quelle Estere sebbene da un momento all'altro possano assumere una speciale gravità anche per noi. La tua ultima lettera accenna a tendenze pacifiche per parte della Porta ben inteso nel mantenimento dell'assoluto statu qua! Su quelle basi c'è poco da sperare si faccia qualche cosa. Del resto proposte di pace non possono venire che dalla Germania e questa ha dichiarato essere suo avviso non si possa conchiudere la pace prima che si compia una seconda Campagna! Per conto nostro non intendiamo a quanto mi pare sortire da un'attitudine di assoluta riserva; iniziative non ne prenderemo, e faremo ottimamente. Questo è lo stato presente, ma chi può prevedere ciò che succederà in un avvenire che potrebbe anche essere prossimo? Se il Melegari fosse costretto dalla sua più che mal ferma salute od altrimenti a lasciare il portafoglio, chi lo rimpiazzerebbe??? Questa è cosa assolutamente imprevedibile. Molti sono gli aspiranti al Palazzo della Consulta, ma si può dire che nessuno fra quelli ha chance di veder le proprie aspirazioni accolte dalla gente seria. Se poi cadessimo in mano di gente non seria allora Dio ce la mandi buona, tutto sarebbe possibile. Nel caso d'un Ministero di sinistra più avanzata non sarebbe impossibile il Crispi assumesse lui colla Presidenza anche il portafoglio degli Esteri, certamente il suo recente viaggio gli ha fruttato un poco d'esperienza, ma sarebbe egli accetto ai Gabinetti Esteri? Ai posteri l'ardua sentenza... Fra pochi giorni sarò di ritorno al mio posto e di là ti manderò le ultime recentissime impressioni che avrò raccolte alla Capitale. Di mutamenti nel personale qui per ora non se ne parla affatto e si capisce si ha ben altro da pensare. Si dice che Cialdini sia stufo di Parigi, ma sono voci che corrono e nulla più per ora. Fè è nominato a seconda del suo desiderio a Rio Janeiro e sta per partire per la sua Sede. Il Santo Padre sta indeciso fra il vivere ed il morire ed uno di questi giorni, quando meno vi si penserà si saprà ch'Egli è andato a godere la pace dei giusti. Secondo ogni probabilità l'elezione del successore si farà in Vaticano quasi immediatamente. E~co t.nt.t.n ciò che posso dirti pel momento, mi riservo di mandarti altre notizie fra una quindicina di giorni dalle rive del così detto biondo Danubio.

195

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 281. Roma, 15 novembre 1877.

Ringrazio V. E. per le notizie politiche trasmessemi con gli ultimi rapporti e più particolarmente per quelle contenute nel dispaccio del 10 corrente

(n. 226) (l).

I documenti stampati che il Ministero Le venne comunicando, hanno certamente bastato a mettere V. E. in grado di osservare che la condotta politica da noi adottata, dopo che la guerra è incominciata, è stata quella di una riserva sempre più scrupolosa. La nostra azione diplomatica si è spiegata soltanto in quella misura che pareva richiesta da interessi immediati dei nostri concittadini in Oriente e della nostra navigazione mercantile. Non abbiamo certamente chiuso gli occhi sopra ciò che poteva esercitare un'influenza nelle questioni più importanti e di ordine generale. Ma all'infuori di quelle rimostranze che ci parvero necessarie perché l'Italia dimostrasse di non avere abbandonato il suo programma di una politica essenzialmente pacifica ed umanitaria, noi ci siamo

astenuti da tutto ciò che non è la semplice ed attenta osservazione delle disposizioni degli altri Governi.

Questa linea di condotta ci sembrò indicata dalla stessa nostra situazione e dalla cura con cui ci conviene evitare qualunque impegno prematuro che potrebbe vincolare la nostra azione futura. Quando ci furono rivolte delle comunicazioni tendenti ad associare l'azione del R. Governo a quella di altre Potenze in vista di interessi d'indole generale, la nostra adesione è stata mantenuta entro quei limiti che ci permettevano di veder chiaramente dove andavamo.

Senza alcuna preoccupazione di spirito e senza vincoli di sorta, noi possiamo ora, come in passato. esaminare la situazione quale ci si presenta avuto riguardo alle informazioni che ci giungono da varie parti. V. E., dalle cose dettele da Lord Derby circa l'astensione della Serbia dallo entrare in guerra, non meno che da altri indizi, è indotta a credere ad una maggiore intimità di accordi fra l'Inghilterra e l'Austria-Ungheria. Il Gabinetto di Londra, se deve credersi al linguaggio di personaggi politici di qualche importanza, sarebbe quasi sicuro di poter far conto dell'esercito austriaco per fermare i progressi della Russia in Bulgaria. E queste cose, esaminate in relazione con lo avere recentemente Lord Derby riportato il discorso con V. E. sopra il progetto di annessione della Bosnia e dell'Erzegovina all'Austria, e sul preteso nostro desiderio di trovare

(!) Non pubblicato.

in tale evenienza un compenso territoriale nel Trentina, acquistano un indiscutibile valore.

Però io non crederei doversi tener conto soltanto degli indizi e dei discorsi sovr'indicati per determinare quale potrebbe essere, in un prossimo avvenire, la situazione politica dei varii Stati d'Europa.

Mentre non si può mettere in dubbio la tendenza pacifica dominante a Costantinopoli ancor prima degli ultimi rovesci militari, io trovo assai significativa la dichiarazione ripetutamente pervenutami in questi giorni dall'Ambasciatore di Sua Maestà a Berlino, non ritenersi colà vicino il momento in cui potranno annodarsi trattative di pace, credersi invece che una seconda campagna sarà inevitabile perché la lotta cessi, quand'anche i Russi riescano prima dell'inverno ad espugnare Plevna.

Delle disposizioni della Russia noi non abbiamo altre notizie che quelle che si possono desumere dalle dichiarazioni fatte da vario tempo dal Gabinetto di Pietroburgo e dal medesimo finora non contraddette. Fra queste parmi sia da tenersi presente quella per cui fu respinto preventivamente qualunque tentativo di mediazione non proveniente dalla Germania.

La condotta dell'Austria-Ungheria rimane, come sempre, assai incerta agli occhi nostri. Non ci è dato di scorgere con chiarezza lo scopo ed i mezzi della politica del Gabinetto di Vienna nella presente crisi della quistione orientale.

Vediamo infatti continuare da una parte l'azione degli agenti segreti per provocare in Bosnia un movimento in senso annessionista al vicino Impero, e da altra parte ci giungono notizie dalle quali emergerebbe non esistere più a Vienna una opposizione assoluta e recisa alla partecipazione della Serbia alla guerra. Né ciò basta. Informazioni che sembrano degne di fede ci permettono di supporre che il Gabinetto di Vienna sia egli pure contrario a un tentativo prossimo di mediazione. Al Conte Zichy, che affermasi abbia lasciato credere il contrario al Sultano, sarebbe stato diretto un rimprovero unitamente alle istruzioni di non dipartirsi da una grandissima riserva.

Le conclusioni che si potrebbero dedurre dal complesso di queste notizie, riuscirebbero in senso contrario a quelle che sembrano più naturali se si considerano soltanto le cose che V. E. ha potuto osservare in Londra.

Forse il tempo non è ancora venuto per formare delle previsioni sicure. La direzione che possono prendere le operazioni militari ed il loro esito determineranno probabilmente la condotta delle potenze le quali finora non hanno verosimilmente fissato il programma che intendono seguire. La situazione consiglia pertanto la massima circospezione. Oramai tutti i Gabinetti conoscono quali interessi sarebbero sacrificati per l'Italia se la Bosnia e l'Erzegovina dovessero venire annesse ai domini austriaci. A Berlino questi interessi nostri hanno formato il soggetto di uno scambio di idee che non può essere ignorato completamente a Vienna. Lo insistere di nuovo sopra questo lato della questione potrebbe essere per noi un errore in questo senso che il Gabinetto austroungarico venendo a conoscere le nuove nostre pratiche presso i Governi amici, ne trarrebbe la conclusione che noi siamo a questo riguardo tuttora isolati. Ritengo dunque che un contegno ed un linguaggio. pieno di riserve. siano quelli che meglio possono giovarei nelle eondizioni attuali dell'Europa. Noi dobbiamo certamente sorvegliare ciò che in Austria potrebbe prepararsi; ma in questo nostro compito dobbiamo portare un animo pacato, alieno da apprensioni esagerate. Ai sospetti ingiustificati che il Gabinetto di Vienna nutre riguardo all'Italia, noi dobbiamo rispondere con un atteggiamento che dimostri all'Europa la lealtà e la sincerità della nostra politica. Mi duole che Lord Derby abbia creduto di doverle parlare in modo da connettere insieme la questione relativa alla sorte futura della Bosnia e dell'Erzegovina e le pretese nostre aspirazioni ad un compenso territoriale nel Trentina. All'Austria lo abbiamo dichiarato più di una volta nel corso di questi negoziati, noi abbiamo voluto togliere una sola cosa: il suo antico programma di conservazione nella politica orientale. Questo programma potrà essere mantenuto anche quando l'Europa si troverà in presenza delle ultime conseguenze della guerra presente? Sarebbe forse cosa poco cauta l'affermarlo; ma del pari non avrebbe scopo pratico il formare fin d'ora delle congetture per il caso in cui il principio dell'integrità territoriale della Turchia dovesse essere abbandonato dalla maggioranza delle Grandi Potenze. Noi vediamo che anche gli Stati che per la preponderanza delle loro forze potrebbero assicurare fin da ora la riuscita dei loro piani politici, si astengono dal formarli o, se li hanno formati, dal farli conoscere. Tutto dunque consiglia all'Italia di starsene in attenta vigilanza ma in prudente riserva, e se questo nostro atteggiamento che esclude naturalmente tanto l'iniziativa di negoziati, quanto le risoluzioni assolute e pronte dovesse essere modificato, sarà mia cura di informare sollecitamente V. E.

196

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 310. Parigi, 15 novembre 1877 (per. il 18).

Nel seguito della discussione sul progetto di risoluzione del signor Alberto Grevy prese jeri la parola pel primo il signor de Fourtou, Ministro dell'Interno. Esponendo quale sia stata l'ingerenza del Governo e quale quella dell'opposizione nelle ultime elezioni, il signor de Fourtou rinviò alla sinistra una ad una le accuse ch'erano state formulate contro il Ministero e tentò di giustificare il sistema delle candidature ufficiali citando esempi della sua applicazione per parte degli uomini stessi che ora trovansi nelle file dell'opposizione. Il Ministro dichiarò che il Governo chiedeva bensì la luce sui fatti successi durante il periodo elettorale, ma ch'esso non voleva un'inchiesta fatta con spirito di parzialità e guidata da meschini risentimenti. «Se i fatti che l'inchiesta constaterebbe accusassero individui privati, essa usurperebbe i diritti giudiziari; se tali fatti fossero politici, l'inchiesta prevaricherebbe sui diritti del Senato; se riflettessero agenti dell'autorità essa anderebbe contro i diritti del potere esecutivo».

Il signor Jules Ferry rispose al Ministro ripetendo in parte gli argomenti addotti nella precedente seduta dal signor Léon Renault, e rivendicando alla Camera il diritto di procedere all'inchiesta proposta dal signor Grevy, sia da quello, che niuno potrebbe contestarle, di verificare le proprie elezioni, «sia, egli aggiunse, dal diritto di cui forse useremo di mettere il Ministero in accusa».

Nella requisitoria ch'egli fece contro il Ministero, il signor Jules Ferry disse anche qualche parola della situazione della Francia rimpetto alle Potenze estere.

<<Vi sono due quistioni estere in Europa diss'egli: la quistione d'Oriente, di cui non vò discorrere, e poi quella che chiamerò la quistione d'Occidente, cioè la quistione clericale. Quest'ultima implica essenzialmente la conservazione dello stato territoriale dell'Italia ed unisce la grande maggioranza degli Stati che ci avvicinano. Non parlo soltanto dell'Italia e della Germania, parlo altresì dell'Austria, della Russia, dell'Inghilterra che sono tutte risolutamente, energicamente conservatrici dello stato territoriale dell'Italia. Ora vi è pel partito clericale una disgrazia, cioè che tutti gli avversari dello statu quo in Italia indicano ne' loro discorsi ne' loro mandamenti, nelle innumerevoli pubblicazioni della loro propaganda che v'ha una spada sulla quale essi contano. Questa spada -non lo nascondono -è la spada della Francia. Ecco il pericolo. Ecco lo stato dell'opinione all'estero ... Se per disgrazia la maggioranza potesse sfuggire al partito repubblicano e liberale per passare al partito clericale monarchico, lo straniero che vegli attento, diverrebbe diffidente e ben tosto ostile ». Il signor Ferry ricordò indi un telegramma spedito dal Ministro dell'Interno nelle provincie per smentire la notizia d'un preteso trattato d'alleanza offensiva e difensiva tra la Germania e l'Italia in vista di premunirsi contro il risultato delle elezioni in Francia. <<Non esisteva un trattato firmato, disse il signor Ferry, ma esistevano accordi, intelligenze preparate e lo stesso Ministro degli Affari Esteri può rendermi la giustizia che non dico tutto perché tutto non può dirsi».

Il Duca Decazes dichiarò tali asserzioni contrarie alla verità; la destra le accolse con vive protestazioni.

La discussione sarà continuata oggi con un discorso del Duca di Broglie. L'adozione del progetto Grevy non è dubbia; ma secondo i giornali ufficiosi il Governo avrebbe l'intenzione di provocare nel Senato una discussione ed un voto che negassero alla Camera il diritto di procedere da sé all'inchiesta parlamentare proposta.

Il Senato, che riprese jeri le sue sedute, si occupò del progetto di legge relativo allo Stato maggiore. Esso deve procedere nella tornata d'oggi all'elezione di quattro senatori inamovibili che rinforzeranno le file della sua maggioranza.

197

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. CONFIDENZIALE 534. Lisbona, 15 novembre 1877 (per. il 25).

Nel mio passaggio da Madrid, fui col Conte Greppi a visitare il Ministro degli Affari Esteri. signor di Silvela, di mia antica conoscenza personale. S. E. ci tenne un linguaggio molto accentuato sè!lla politica interna ed estera in ispecie verso la Francia, del quale lascio al mio collega in !spagna l'onore di farne rapporto (l), !imitandomi soltanto a quello di rendere conto a V. E. di quanto concerne il Portogallo ed il Conclave, affari più di mia competenza.

Quanto al Portogallo il signor di Silvela parlò categoricamente nel modo il più rassicurante contro le velleità Iberiche, affermando che nello scorso viaggio Nordico del suo Sovrano, era intenzione di Sua Maestà Cattolica di fare una visita al Re di Portogallo, la quale, non essendosi potuta effettuare per mancanza di tempo la si effettuerebbe ad una propizia, e, sperava, prossima occasione, come protesta pubblica di leale amistà tra le due Corone e di sentimenti anti-Iberici da parte del Re Don Alfonso e del suo Governo. Tali parole fui autorizzato a ripeterle particolarmente al Re di Portogallo da parte del Ministro Spagnuolo, ed ebbi l'onore di farlo ieri stesso nel presentare i miei omaggi alle Loro Maestà Fedelissime poche ore dopo il mio arrivo a Lisbona.

Ripartito da Madrid lo stesso giorno del mio arrivo, incontrai di nuovo la sera il signor Silvela alla stazione, ove S. E. erasi recato cortesemente per salutarmi. In un breve a parte confidenziale di pochi minuti, il signor Silvela prese meco l'iniziativa del futuro Conclave, dicendomi aver avuto dei pourparlers coll'Austria e colla Francia, ma non affatto col Portogallo; tali pourparlers non aver prodotto per ora alcun risultato, ma aver egli nullameno dato istruzioni precise al suo Ambasciatore presso la Santa Sede onde far noti i propositi politici dell'attuale Governo Spagnuolo, i quali propositi erano: <<Conclave a Roma, elezione papale a seconda dei Canoni e delle tradizioni, e scelta per quanto è possibile di un Pontefice animato da sentimenti di conciliazione».

L'Ambasciatore Spagnuolo a Roma ha ricevuto pur anche l'ordine di continuare ad intendersi col Cardinale Franchi, Prelato in cui il Governo Spagnuolo sembra porre specialmente la sua fiducia.

Risposi a S. E. che la precipua cura ed il fermo proposito dell'Italia, da quanto mi constava in addietro, poiché da sei mesi passati in congedo, io ignorava affatto se la questione del Conclave era stata posée nettamente fra le Potenze cattoliche, fu e sarà quella di assicurare a questo futuro consesso la sua piena libertà d'azione e garantirlo contro ogni pressione locale. Che tali dichiarazioni erano state comunicate officialmente alle Potenze amiche, e ripetute dal Governo in Parlamento, e che noi avevamo tutta la volontà e la forza per attuarle all'uopo.

Il signor Silvela se ne mostrò meco interamente convinto, né ebbimo il tempo di continuare il colloquio per l'immediata partenza della ferrovia.

Quanto al non esservi stati pourparlers tra la Spagna ed il Portogallo, già informai V. E. che il signor D'Andrade Corvo attendeva, per farlo, una politica spagnuola fiduciosa e rassicurante; ed ora che sarebbe il caso, il signor Corvo che era il centro personale dei negoziati all'estero, non è più Ministro, né l'attuale Ministero sembrami atto a continuare efficacemente si delicato e difficile compito.

ll) Cfr. n. 191.

198

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 625/228. Londra, 16 novembre 1877 (per. il 20).

Ho creduto di non dovere indugiare a ragguagliare l'E. V., col mio telegramma d'ieri Cl), della conversazione ch'io ebbi lo stesso giorno col Conte di Derby, e che riprodurrò nel presente rapporto, imperocché mi pare scorgere in essa i prolegomeni delle basi sulle quali l'Inghilterra vorrebbe stabilire le condizioni di pace fra la Russia e la Turchia.

È bensì vero che il Conte dì Derby mi dichiarava ripetutamente ch'egli non esprimeva che un'opinione sua personale; ma confrontando le dì lui parole con quelle di Lord Beaconsfield, nel suo ultimo discorso al banchetto del Lord Mayor, dove disse che «qualunque sia l'esito della guerra l'Impero Ottomano dovrà rimanere indipendente», non si può disconoscere l'indennità di pensiero dei due principali ministri della Regina nell'ammettere quell'indipendenza come il risultato necessario della contesa attuale.

Infatti, nell'opinione di Lord Derby, l'Impero Ottomano non può oramai essere governato sotto la tutela di sei Ambasciatori esteri. Questa emancipazione è, senza dubbio, il gran desiderio della Sublime Porta; e v'è da supporre che dessa acconsentirà a qualche sagrifizio per raggiungere quello scopo.

È d'uopo notare che quest'idea dell'emancipazione dell'Impero Turco sembra prendere radice in Inghilterra a giudicarne da alcuni recenti pamphlets assai bene accolti dal pubblico.

Lord Derby è di avviso che d'ambe le parti dei Combattenti, vi sia sincero desiderio di pace. e che ove qualche successo importante sia ottenuto dall'una o dall'altra, si verrà facilmente alle trattative. Egli mi diceva che se, per esempio, i Russi riuscissero ad espugnare Kars, i Turchi potrebbero onorevolmente, in cambio di quella piazza, cedere Batoum ch'è un porto indispensabile alla Russia per comunicare facilmente colle sue provincie transcaucasiane, ed è oggetto principale delle sue aspirazioni.

Il nobile Lord pensa altresì che la Turchia potrebbe, senza derogare, acconsentire a riconoscere l'indipendenza della Rumania e della Servia, che esiste di fatto.

In quanto al libero passaggio del Bosforo e dei Dardanelli per le navi da guerra, il Conte di Derby è d'avviso che si possa concedere sotto alcune condizioni da determinare, purché questi passaggi siano egualmente liberi per i bastimenti da guerra delle altre nazioni. Ciò essendo, diceva Lord Derby, non paventiamo che i Russi entrino con una squadra nel Mediterraneo, dove essi non hanno un porto, mentre noi, che abbiamo la nostra base di operazioni a Malta, potremo similmente penetrare nel Mar Nero.

La questione più difficile a regolare, giusta il parere del Conte di Derby, sarà quella della Bulgaria; imperocché il darle un'autonomia qualche poco indipendente, equivarrebbe all'espulsione dei Musulmani da quelle provincie.

Ma la Turchia non vi acconsentirebbe mai e combatterebbe anzi ad oltranza contro tale conseguenza.

Per altra parte, sembra che la simpatia dei soldati Russi per i Bulgari sia alquanto scemata dopo che si accorsero che questi sono in miglior condizione dei contadini Russi, e dopoché i Bulgari hanno dimostrato la lor riconoscenza per i loro liberatori col dispogliarli in ogni maniera.

Lord Derby non crede che le facili conquiste attuali dei Montenegrini siano durevoli. I Turchi hanno imparato a loro spese a non disperdere le loro forze, per cui lasciano quasi senza difesa l'Erzegovina e l'Albania, per concentrare i loro eserciti sui punti più importanti del teatro della lotta. Ma a guerra finita, il Montenegro dovrà regolare i conti colla Turchia.

Intanto pare che la Turchia chiami effettivamente 300 mila uomini sotto le bandiere, e Lord Derby crede che dessa abbia i mezzi di armarli; imperocché quelle somme immense che si dicevano sciupate quando il governo Ottomano sospese il pagamento della rendita, furono anzi impiegate a fornirsi di armi e di munizioni in previsione degli eventi.

Le ultime notizie dell'Armenia giunte al Foreign Office sono meno favorevoli ai Russi.

(l) Non pubblicato.

199

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 626/229. Londra, 16 novembre 1877 (per. il 20).

Nel mio telegramma d'ieri sera (l), accennai all'E. V. che nel convegno ch'io ebbi ieri col Conte di Derby la conversazione s'era portata sul protettorato che si diceva assunto dall'Impero Germanico sul Belgio. Ed in vero, da qualche tempo questa voce circola, ed alcuni dei fogli più importanti ne fecero, recentemente, oggetto delle loro considerazioni.

Il Conte di Derby mi disse che, effettivamente, egli aveva ricevuto un rapporto che accennava a quel fatto. Però, senza disconoscere che il Belgio, mediante un'alleanza più o meno intima con qualche grande Potenza, cerchi di mettere la sua autonomia al riparo delle eventualità che la potessero porre in pericolo, il Conte di Derby è d'avviso che la ricerca del protettorato Germanico sia stata dal partito clericale attribuita al partito liberale, in ricambio dell'accusa che quest'ultimo faceva al primo di avere chiesto il protettorato della Francia, allorché si sapeva che ivi, dalle nuove elezioni, fosse uscito un governo ultramontano.

Intanto il Governo Belga cerca di aumentare le sue forze militari in previsione di avvenimenti possibili.

(1) Non pubblicato.

200

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 574. Roma, 17 novembre 1877.

Con telegramma del 10 di questo mese (l) autorizzai l'E. V. a recarsi in congedo dopo che Ella avrebbe compiuto a Dresda ed a Darmstadt gli incarichi speciali che Le erano affidati.

Al Ministero erano pervenuti da parecchi lati notizie tali, che non sembravano confermare interamente le previsioni del Gabinetto di Berlino circa la remota probabilità di qualsivoglia negoziato di pace. Ond'è che io provava non poca esitazione nel privarmi, anche per breve intervallo della valida cooperazione di funzionario, qual è l'E. V., che non solo sostiene con tanta distinzione la rappresentanza del R. Governo, ma al R. Governo porge altresì servizii di valore tanto più inestimabile quanto più sono gravi ed incerte le contingenze politiche.

Però le dichiarazioni esplicite del signor de Btilow, che l'E. V. mi ha riferito coll'interessante rapporto del 9 novembre, n. 1919 (2), ci inducono oramai nella convinzione che sia assolutamente vana ogni illusione di prossima pace. In tale stato di cose, non ho voluto differire ad assentire il congedo di cui V. E. ha bisogno, ben sapendo che, qualora mutassero le circostanze, e si presentassero o probabilità di negoziato o maggiori complicazioni, l'E. V. sarebbe tosto pronta a ripigliare la direzione dell'Ambasciata.

201

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 631/231. Londra, 17 novembre 1877 (per. il 22).

Io trovo molto opportuno il divisamento che, col suo dispaccio delli 11 corrente n. 277 (3) di questa serie, l'E. V. mi partecipa di volere rispondere con una veridica esposizione di fatti all'ultima nota di Lord Derby, relativa agli arresti di alcuni Inglesi.

Come lo riconosce anche l'E. V., questa nota è scritta per il Blue-Book, e dubito assai che nel firmarla, Lord Derby abbia avuto presente i dispacci di

V. E., imperocché egli, sempre così cortese, non avrebbe mancato di rilevare, come fece l'E. V., l'alterigia fuori di luogo del linguaggio dell'Ambasciatore Britannico.

Ma come già lo scrissi più volte a codesto Ministero, rimane tuttora nelle tradizioni di una parte della diplomazia Inglese di accarezzare l'opinione vigente

fra non pochi sudditi della Regina, i quali si persuadono che i Rappresentanti della Gran Bretagna all'estero sono creati per isposare tutte le loro querele, prendendone occasione per far parlare di sé, per chiedere indennità, e per farne oggetto di corrispondenze che danno pascolo ai giornali, e somministrano argomenti d'interpellanza nelle Camere, non risparmiando, al solito, i paesi nei quali sorgono le contese.

Quantunque attualmente i Ministri Inglesi siano oramai assai meno ligii a quelle esuberanti esigenze, tuttavia conservano ancora qualche valore i rimproveri che l'illustre Sir Robert Peel, nell'ultimo suo discorso, pronunziato nel giugno 1850, pochi giorni prima di morire, indirizzava a Lord Palmerston, principale fautore di quel sistema irritante.

«Cos'è dunque la diplomazia? (diceva Sir Robert Peel) un costoso strumento destinato al mantenimento della pace ... ; se voi adoperate la vostra diplomazia ad inviperire tutte le ferite, a provocare i risentimenti invece di dissiparli, se voi non vi scorgete che un mezzo di collocare in ciascuna delle Corti d'Europa un Ministro incaricato, non di prevenire o di attutire le querele, ma di prolungare corrispondenze irritanti, di favorire tutto ciò che può essere considerato come interesse Inglese, d'intrattenere dei conflitti coi Rappresentanti di altre Potenze, io dico che le spese fatte per un tal costoso strumento, non solamente sono uno scialacquo, ma sono inoltre funeste; io dico che quel grande ordigno, applicato da tutte le Nazioni incivilite al mantenimento della pace. è divenuto in vostre mani uno strumento di ostilità e di guerra».

Un argomento sul quale, a mio avviso, bisogna insistere, è l'indebita ingerenza di un Ministro Estero nelle cose della giustizia. Un simile fatto non sarebbe tollerato in Inghilterra, ed in questo paese vi ha assai numerosa gente, abbastanza oculata, per condannare una tale intrusione.

In prova che presso questi governanti i sentimenti di equità trovano accesso, basta citare la lettera di cui V. E. mi trasmetteva una copia col suo dispaccio delli 8 corrente, n. 273 (l) di questa Serie, e che il Conte di Derby indirizzava ultimamente al Ministro Britannico ad Atene per distrurre la penosa impressione destata nel Governo Ellenico da un'antecedente comunicazione fatta a nome del Foreign Office, la quale provocava una dignitosa risposta del Signor Tricoupi.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 184. (3) -Cfr. n. 188.
202

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1922. Berlino, 18 novembre 1877 (per. il 22).

Dès mon retour de Dresde à Berlin, je comptais me rendre à Darmstadt et de là en congé, en profitant de l'autorisation accordée par V. E. Une maladie aigiie de Madame de Launay m'oblige à retarder de quelques jours mon départ.

Je le regrette d'autant plus que, dans les circonstances politiques actuelles, mon absence, si tant est que je sois parfois de quelque utilité ici, n'offrirait aucun inconvénient. Il est vrai que la situation présente ne laisse pas prévoir de sitòt une action diplomatique quelconque. Telle était du moins l'opinion exprimée par le Secrétaire d'Etat dans une v1isite que je lui ai faite aujourd'hui. Si les Russes, après avoir commencé la guerre par des mécomptes, reprennent depuis quelques semaines un ascendant très sensible partout où ils sont engagés, il n'est pas dit pour autant que les Tures dont on connait l'opiniàtreté défensive soient à la veille de renoncer à la lutte. Si du sort de Plewna dépend peut-ètre l'issue de la guerre dans le cas où après la victoire une armée du Tsar parvenait, avant la mauvaise saison, à déboucher vers Andrinople, il n'est nullement prouvé qu'Osman Pacha de plus en plus serré dans ses positions, n'ait pas assez de vivres, de munitions pour prolonger la défense et attendre qu'on le dégage. Il semble qu'à Constantinople on est mieux disposé que par le passé aux idées pacifiques. Mais on peut encore révoquer en doute que le terrain y soit suffisamment préparé à des ouvertures de conciliation sur les anciennes bases concertées par l'Europe. Il n'est pas à supposer d'ailleurs que la Russie, avant des succès plus décisifs, entre dans cet ordre d'idées.

Les journaux, ai-je fait observer, prétendent néanmoins que la Porte aurait fait une démarche auprès du Prince de Reuss dans le but de déterminer l'Allemagne à prendre en main une médiation entre les combattants.

M. de BUlow s'est borné à me dire que si un semblable fait s'était produit, si on pouvait l'induire des paroles vaguement prononcées par quelque personnage ottoman l'Ambassadeur d'Allemagne aurait eu parfaitement raison de répondre, d'après une version des journaux, que la Porte devrait d'abord s'assurer des dispositions du Cabinet de S. Pétersbourg.

Quant à la France, le Secrétaire d'Etat formait des voeux pour que l'issue finale de la lutte engagée entre le pouvoir exécutif et la nouvelle Chambre des Députés ne s'éloigne pas du terrain légal et constitutionnel. Ce serait là une garantie à l'intérieur aussi bien qu'à l'étranger. Mais la situation est devenue si compliquée qu'on ne saurait indiquer dès à présent le résultat d'une crise aggravée et envénimée par des partis qui ont un intérèt à pousser les choses à outrance.

En accusant réception des dépèches de Série Politique n. 568, 569 et 570 des 10, 13 et 15 courant (1) ...

(l) Non pubblicato.

203

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 792. Pera, 20 novembre 1877, ore 13,40 (per. ore 14,20).

Hier le ministre des affaires étrangères m'a dit avoir reçu de Scutari un télégramme portant qu'une grande quantité de garibaldiens et d'armes pro

venant d'Italie, auraient été débarqués sur la còte d'Albanie et soupconne une destination pour le Monténégro. Il m'a semblé ému de cette nouvelle et va écrire à sa légation à Rome pour prier d'exercer une vigilance dans les ports italiens.

(l) Non pubhlicatl.

204

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 158. Pietroburgo, 20 novembre 1877 (per. il 26).

Ho avuto l'onore di mandare per telegrafo fin da jeri l'altro a sera all'E. V. la notizia della presa di Kars per parte delle truppe russe del Caucaso. Mi fo ora premura di confermare questa notizia. Fino a questo momento si ignorano qui i particolari di questo importante fatto di guerra. Il telegramma ufficiale giunto jeri l'altro a Pietroburgo si limita ad annunciare che Kars fu presa d'assalto nel mattino del giorno stesso. La lotta aveva cominciato, secondo il detto telegramma, la sera del giorno precedente cioè il 17 (5) novembre e s'era terminata nel mattino seguente alle ore 8. Oggi la città di Pietroburgo è imbandierata, l'Imperatrice riceve a palazzo i complimenti dei funzionari dello Stato e della Corte ed il cannone della fortezza annunzia la vittoria.

205

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CIFRATO 756. Vienna, 20 novembre 1877 (per. il 29).

Bien que l'opinion des hommes d'Etat les plus éminents et des di:plomates les plus consommés n'admette pas l'existence d'un pacte qualconque entre la Russie et l'Autriche ayant trait à la question d'Orient, je ne saurais me dispenser d'informer V. E. que j'ai eu l'occasion de voir de mes propres yeux des pièces dont l'authenticité me parait assez établie, vue la personne qui me les a montrées et l'empreinte de vérité qu'elles portent.

Il s'agit, camme de raison, de la reconstitution de la Péninsule des Balcans à des conditions rien moins que favorables à l'Italie à laquelle on ne ferait aucune part.

Les accords auraient été consignés dans deux conventions séparées et convenues presque entièrement entre les deux Empereurs avec le consentement bien entendu de l'Allemagne. Je possède en grande partie, malgré le peu de temps qui m'a été accordé pour parcourir les pièces en question, les indications nécessaires au développement des négociations qui ont abouti à un accord écrit, ainsi que les différents dates et la délimitation des nouveaux états et provinces qui surgiraient, mais je n'ose pas mème par chiffres les confier à la poste.

Je ne prétends pas me porter garant de ce qui précède, mais je crois mon devoir de signaler la circonstance à V. E. et me permettrai de rendre un compte

17 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. IX

détaillé de tout ce que j'ai vu, seulement lorsque j'y serai autorisé et moyennant une occasion sure.

Je ne saurais clòre ce Rapport sans assurer V. E. que je n'ai aucune raison pour croire qu'on ait pu surprendre la bonne foi de la personne qui m'a donné à lire les pièces et moins encore qu'elle ait voulu abuser de la mienne.

206

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 575. Roma, 21 novembre 1877.

Già a più riprese l'opinione pubblica, in Inghilterra, si è preoccupata della eventualità che la Germania voglia estendere la sua influenza sul Belgio in forma di protettorato, od in altra forma consimile. Sopra questo tema è caduto il discorso in una conversazione che il R. Ambasciatore in Londra ebbe di recente col primo Segretario della Regina per gli affari esteri. Laonde stimo di far cosa utile comunicandole qui acchiuso, a titolo strettamente confidenziale, l'estratto di rapporto (l) ove S. E. il Generale Menabrea mi espone codesta parte del suo colloquio. Sembra, in sostanza, che siffatte voci non siano, per ora. considerate dal Conte Derby come aventi serio fondamento.

207

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 186. Roma, 21 novembre 1877.

Nella spedizione affidata oggi al corriere Ella troverà varii documenti d'indole confidenziale, dai quali Le risulterà facile l'apprezzare la condotta del R. governo nell'ultimo periodo delle cose d'Oriente. Chiamo particolarmente l'attenzione di V. E. sopra il dispaccio che ho indirizzato il 15 di questo mese al

R. ambasciatore in Londra (2). In esso sono esposte le ragioni che avremmo, ed abbiamo tutt'ora, di mantenerci in una vigilante riserva. Questa linea di condotta ci sembrò finora corrispondere agli interessi che dobbiamo tutelare ed ai mezzi d'influenza e di azione di cui possiamo disporre per esercitare siffatta tutela.

Le ultime notizie del teatro della guerra potrebbero però far prevedere non lontano il momento di un sostanziale cambiamento della situazione. Alcune potenze, che rimasero finora neutrali, potrebbero trovarsi ben tosto in presenza di fatti tali da costringerle a meglio determinare la loro posizione; molte cose, che fin qui rimasero oscure, potrebbero in tal caso meglio disegnarsi.

Per ora noi siamo costretti, sopra molti punti importanti, a formare. delle semplici congetture.

Con la Russia, V. E. ben lo sa, da parecchi mesi non abbiamo avuto scambio di idee che avesse per fine il ristabilimento della pace fra la Turchia ed il suo potente avversario. Quando i Ministri del Sultano espressero al R. rappresentante a Costantinopoli sentimenti pacifici, questi, secondo le istruzioni avute, non esitò ad indicare la via di Berlino come quella che meno difficilmente avrebbe potuto condurli alla meta.

Non ci risulta che il nostro consiglio sia stato seguito. Parrebbe, invece, che delle pratiche siano state iniziate dalla diplomazia ottomana a Vienna. Il 15 novembre il signor conte Corti mi annunziava (l) aver saputo, in modo sicuro, ma segreto, che, l'ambasciatore di Turchia a Vienna essendo stato incaricato di domandare al Governo austro-ungarico la mediazione e l'appoggio contro la partecipazione eventuale della Serbia alla guerra, il conte Andrassy avea ricusato di entrare in trattative per la mediazione e di prendere impegni relativi alla Serbia.

Lo stesso giorno S. E. il generale Menabrea avea con lord Derby un colloquio (2) dal quale, mentre appariva che il gabinetto inglese già si preoccupava delle condizioni alle quali la pace avrebbe potuto essere accettata dalle due parti belligeranti, non risultava però che la mediazione dell'Inghilterra, o domandata dalla Turchia o spontanea, fosse per essere proposta.

Nel frattempo la stampa estera, forse non senza ragione, ha dato particolare importanza alla nota pubblicata nell'Agence générale russe, con la data di Pietroburgo, martedì sera, 1/13 novembre, e relativa alla notizia che da Berlino sarebbe stata spedita a Bukarest circa la risposta che il principe Reuss avrebbe fatto alle insinuazioni della Sublime Porta, tendenti ad ottenere la mediazione della Germania. l'Ambasciatore imperiale avrebbe risposto invitando i ministri ottomani a rivolgersi direttamente al quartiere generale russo.

Noi non abbiamo, lo ripeto, alcuna ragione per ritenere come fondata questa notizia.

In Austria, però, dove si seguono con attenzione tutti i sintomi della situazione, la stampa ha accolto con una certa inquietudine la nota del foglio ufficioso russo. Uno dei giornali di Vienna, che riceve frequenti ispirazioni di quel Gabinetto, scriveva, in questi giorni, che probabilmente il consiglio dato dal principe di Reuss alla Porta non dovea prendersi sul serio, mentre è probabile che si sia voluto semplicemente, sotto quella forma, raddolcire una risposta che equivaleva ad una ripulsa.

Se la notizia di cui, lo ripeto, non avemmo finora alcuna conferma ufficiale, avesse qualche fondamento, noi dovremmo credere ad intelligenze prestabilite fra Berlino e Pietroburgo, nello scopo di riservare ad una trattativa diretta e separata, fra i belligeranti, almeno le condizioni preliminari della pace. Le altre potenze non sarebbero quindi chiamate, in certo modo, che a sanzionare gli accomodamenti che il vincitore imporrebbe al vinto.

In verità, se questo pensiero dominasse in questo momento nella mente che dirige la politica della Russia, o se un simile divisamento dovesse effettuarsi

con l'annuenza della Germania, non sarebbe forse l'Italia la potenza che avrebbe di più a dolersene. Però a noi importerebbe di conoscere quale grado di fede può meritare una simile supposizione.

Non sembrerebbe ragionevole di credere che, se alla Russia riuscisse di dettare alla Turchia le condizioni della pace all'infuori della mediazione, e senza il concorso di altra potenza europea, alcuna di queste abbia ad ottenere vantaggi territoriali, quasi in compenso dell'osservata neutralità. Però, se dovessero prevalere le stesse idee che dominarono negli accordi di Salisburgo, noi dovremmo aspettarci che all'Austria vengano assicurati quei compensi dei quali allora la Russia non ci fece mistero.

È questo un punto sul quale c'interessa sommamente di esercitare un'attenta vigilanza. Questa, però, non deve andare disgiunta dalla più grande prudenza. Con fina arte, il Gabinetto di Vienna ha saputo eccitare, nel sentimento pubblico dell'Europa, dei sospetti, altrettanto ingiusti quanto infondati, verso l'Italia. Il R. Governo fu da quel Gabinetto accusato di essere sollecito della conservazione dello statu quo territoriale fra l'Austria e la Turchia soltanto per averne mezzo di mercanteggiare, per se stesso, dei compensi verso le proprie frontiere. Questa accusa, alla quale pur troppo dava qualche apparenza di ragione il linguaggio di una parte della stampa italiana, era ed è priva di qualsiasi fondamento. Nessuno certamente potrebbe disconoscere l'esistenza del legame che stringe fra loro tutti gli interessi di un paese. Ma hanno gli interessi stessi vario grado d'importanza, che ogni Governo prudente deve sapere a tempo valutare. Ciò che avrebbe voluto il Gabinetto di Vienna da noi, era il silenzio assoluto con tutti gli altri Governi intorno ai danni materiali e morali che sarebbero derivati all'Italia da un'alterazione, a pregiudizio nostro, dell'equilibrio delle forze nei paesi dell'Adriatico. Questo silenzio sarebbe stato, per parte nostra, un'anticipata rinunzia a quegli interessi che in una siffatta alterazione verrebbero sacrificati.

Di questa nostra situazione, rispetto all'Austria-Ungheria, io stimo opportuno che V. E. sia informata, non perché da noi si abbia in animo di muoverne lagnanza presso altri Gabinetti, ma soltanto perché a Lei eventualmente non manchi la cognizione precisa della situazione stessa, la quale potrebbe non essere senza influenza sopra i negoziati che eventualmente si aprissero per dare nuovo assetto alle cose di oriente.

All'ambasciatore di Sua Maestà a Vienna, venuto in questi giorni a conferire con me, furono date istruzioni le quali prescrivono di astenersi dal prendere verso l'Austria-Ungheria l'iniziativa di qualsivoglia scambio d'idee, La massima riserva sembra esserci indicata dal contegno che finora ebbe quella potenza a nostro riguardo. Nel tempo stesso, noi crediamo che, dopo aver esposto ai Gabinetti che potranno avere un'influenza decisiva sull'esito finale degli attuali avvenimenti, ciò che riteniamo contrario agli interessi dell'Italia, un sentimento che sarà certamente da tutti apprezzato ci imponga ora di astenerci dallo insistere maggiormente sopra un punto ormai a tutti ben noto.

Se noi fossimo in grado di conoscere con precisione quali saranno le conseguenze, al punto di vista politico e militare, della guerra presente, noi potremmo forse formare sin d'ora delle previsioni per l'avvenire. Ma, allo stato attuale delle cose, qualunque programma, che da noi si formasse, non avrebbe fondamento che in congetture le quali potrebbero essere smentite dalla realtà dei fatti. Noi continueremo dunque a mantenerci in una posizione che ci permetta di prendere quelle risoluzioni che, in determinate circostanze, sembrassero rispondere meglio agli interessi nostri. Intanto noi desideriamo vivamente che, anche in Russia, si sappia che l'Italia segue una politica calma, prudente e riflessiva. Noi ben comprendiamo che la reciproca situazione militare della Russia e dell'Austria abbia reso necessario, per parte del Gabinetto di Pietroburga, un contegno pieno di riguardi verso quello di Vienna. A questo motivo noi abbiamo attribuito il silenzio quasi assoluto di parecchi mesi fra la Russia e noi. Tutto ciò che poteva destare i sospetti dell'Austria-Ungheria era ben naturale dovesse accuratamente evitarsi dalla diplomazia russa. Ma questo silenzio non avrà, io spero, alterato il carattere delle nostre relazioni, le quali potrebbero trovare più di un punto di particolare intimità, quando, condotte a termine le operazioni di guerra, venisse il tempo dei negoziati diplomatici.

Quando le vittorie della Turchia aveano diminuito in Europa il prestigio delle armi e della potenza russa, la Germania, più impensierita di tutte le altre potenze per un simile stato di cose, non mancò di far comprendere indirettamente a Vienna che l'equilibrio delle forze non era spostato, dappoiché con la Germania stava anche l'Italia. Nei colloqui di Gastein, dove sembra la Russia ottenesse dall'Austria, per mezzo della Germania, di valersi eventualmente del concorso della Serbia, ha potuto forse avere qualche influenza anche il pensiero della intimità dei rapporti esistenti fra Roma e Berlino. Benché indirettamente, la nostra posizione ha potuto così influire a vantaggio della Russia, e questa non dovrebbe a suo tempo dimenticarsene.

Noi ci lusinghiamo che i sentimenti di moderazione prevarranno nell'animo dello Czar, ora che il successo ha coronato gli sforzi dell'esercito russo contro un valoroso avversario. Sarebbe così preservata l'Europa dalle complicazioni che nascerebbero dal conflitto d'interessi fra di loro difficilmente conciliabili, ed affatto estranei al miglioramento della sorte dei cristiani di oriente.

Col chiamare l'attenzione di V. E. sopra i riflessi che la presente situazione suggerisce, questo dispaccio ha per iscopo di metterla in grado, non solamente di conoscere la linea di condotta che sarà per ora da noi seguita, ma anche di tenere, quando le circostanze lo richiedessero, un linguaggio in perfetta armonia con le idee del R. Governo. Se il corso degli avvenimenti ci dovesse costringere a dipartirei da quella vigilante riserva che è stata ed è la nota caratteristica della nostra politica, V. E. ne sarebbe sollecitamente informata.

(l) -Cfr. n. 199. (2) -Cfr. n. 195. (l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 198.
208

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. P. s. N. Roma, 21 novembre 1877.

Il linguaggio di parecchi tra i giornali amici del Ministero ha suscitato più di una volta le doglianze dell'Ambasciata di Russia, parendo a questa che siffatto linguaggio contraddicesse agli ottimi rapporti esistenti fra i due Governi.

Gli appunti muovevans1 soprattutto contro l'« Italie », che, essendo scritto in francese, è quello tra i giornali nostro che ha maggiore numero di lettori stranieri.

Avendo motivo di supporre sia giunta fino a Pietroburgo l'eco di quelle doglianze, stimo utile che sia tosto escluso, a questo riguardo, ogni malinteso. Ben conosce l'E. V., quale sia presso di noi, a tale riguardo, il vero stato delle cose. Egli è bensì vero che parecchi giornali consentono nell'indirizzo generale del Governo ed hanno sovente approvato i suoi atti. Però essi non hanno alienato mai la loro libertà di azione e grandemente andrebbe errato chi li volesse considerare co~e organi officiosi, nel senso proprio della parola, soprattutto per ciò che riflette la politica esteriore del Gabinetto. A convincersene, basti ricordare che a tale riguardo parecchi tra gli atti più importanti della Amministrazione, furono da quei giornali stessi acerbamente censurati.

Amerei che V. E. si procurasse il modo di enunciare, a questo riguardo, una esplicita e recisa dichiarazione.

209

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, E AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. Roma, 21 novembre 1877.

Col dispaccio del 13 ottobre ultimo n. 732 di questa serie (1), già revocai in dubbio la notizia, sparsa dalle autorità di Scutari, e raccolta da parecchi giornali che cioè cannoni e munizioni fossero stati sbarcati a Cattaro nello scorso agosto per l'esercito Montenegrino dal Brigantino Nazionale «Maria Teresa».

A dimostrare con quanta leggerezza abbiano proceduto in questa circostanza le autorità ottomane gioverà il qui acchiuso documento, ove sono riassunti i risultamenti dell'inchiesta che si è istituita circa i più recenti viaggi del legno italiano «Maria Teresa» (2). Dallo stesso giornale di bordo emerge la certezza assoluta che quel bastimento non fu nell'Adriatico nell'epoca in cui avvenne lo sbarco delle armi e delle munizioni sulla costa di Cattaro.

210

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 233. Londra, 21 novembre 1877 (per. il 24).

La caduta inaspettata di Kars ha destato una grandissima sensazione in Inghilterra. I due partiti principali in cui si divide l'opinione pubblica, spingono, ciascuno nel suo senso, questo Governo a prendere una attitudine più determi

nata nella quistione Turco-Russa. Gli uni capitanati dall'onorevole Gladstone, vorrebbero venire ad un accordo colla Russia per porre termine alla guerra; gli altri, del partito conservatore, eccitano anzi il Governo ad unirsi ai Turchi per non aspettare che dessi siano interamente schiacciati dai Russi.

In mezzo a queste due correnti, il Gabinetto Britannico si mostra tuttora immobile, non nascondendo però le sue maggiori simpatie per la causa della Turchia.

Lord Derby al quale, nella conversazione ch'io ebbi ieri l'occasione di avere con lui, io domandava se colla presa di Kars non era venuto il momento di aprire negoziati per una mediazione, mi rispose che, da una parte, i Russi non verrebbero a nessuna trattativa prima di avere espugnata Plevna, dall'altra parte, i Turchi, spinti dall'attuale Gran-Vizir, si mostrano, più che mai, fanatici, ed anziché pensare a cedere hanno chiamato 300.000 uomini sotto le armi, essendo il Governo Ottomano provveduto abbastanza di armi e di munizioni. Per cui non sembra che la lotta sia tosto per cessare.

Quantunque la resa di Kars abbia un'importanza che non si può dissimulare, tuttavia Lord Derby crede che i Turchi non siano ancora del tutto vinti in Armenia. Erzeroum resiste tuttora; le due piazze litoranee Batoum e Trebisonda saranno più difficilmente espugnate, imperocché i Turchi sono padroni del Mar Nero, mentre i Russi non vi hanno bastimenti da guerra. Poi v'è la stagione, ch'essendo poco propizia ad operazioni militari, permetterà ai Turchi di riaversi delle loro recenti disfatte.

In quanto alle operazioni in Bulgaria, la presa di Plevna non segnerebbe neppure il termine della guerra, perché i Russi avrebbero ancora a superare la linea dei Balkani, quindi ad espugnare alcune altre piazze importanti, ed ove giungessero sotto Adrianopoli, essi non avrebbero, così facilmente, ragione di quella piazza, che trovasi ampiamente provveduta di opere di fortificazioni, di armi di ogni sorta, e che sarebbe probabilmente il teatro di una lotta disperata.

Ma l'alleato più potente che i Turcofili sperano in favore della Turchia è il clima di quelle regioni che, tosto finito il rigore dell'inverno, rende i terreni impraticabili, e sarà per i Russi un ostacolo più grande che non i forti e numerosi battaglioni nemici.

Da ciò si scorge che qui si fa assegnamento sull'obbligo in cui saranno i Russi d'intraprendere una nuova campagna nel venturo anno, per moderare le condizioni della pace le quali, forse sarebbero soverchiamente esagerate, ove le trattative si aprissero tosto dopo la resa di Plevna che si prevede, ma non però cosi vicina come alcuni credono.

Avendo domandato al Conte di Derby se, visto i progressi dei Russi in Armenia, ed i loro recenti successi in Bulgaria, non fosse oramai tempo per l'Inghilterra di un attivo intervento, affine di non aspettare che gli interessi della Gran Bretagna fossero maggiormente compromessi, il nobile Lord mi rispose che, malgrado gli eccitamenti che vengono dai diversi partiti, egli ritiene che la gran maggioranza del popolo Inglese desidera che la Gran Bretagna non prenda parte alla lotta. In un solo caso, egli disse, l'Inghilterra dovrebbe intervenire colle sue forze, ed è quando Costantinopoli fosse seriamente minacciata.

Parlando dell'attitudine della Servia, Lord Derby mi disse che, per un tempo, i Russi avevano rallentato lo spirito bellicoso, se non di quel popolo, almeno del partito che vi comanda, ma che, ultimamente, il Governo Russo aveva anzi spinto i Serbi ad entrare in Campagna. Il Governo Serbo era alquanto trattenuto dall'atteggiamento dell'Austria, i di cui Ministri però si sono mostrati assai oscillanti in questi ultimi tempi, per cui non sarebbe impossibile che, ove i Serbi prendessero parte alla guerra, l'Austria occupasse una porzione della Bosnia e dell'Erzegovina.

Io presi quest'occasione per parlare a Lord Derby dei disordini e delle ruberie che si vengono commettendo dagli irregolari Turchi nelle regioni contigue alla Tessaglia, e che sono narrati nel Rapporto del R. Console a Janina, che l'E. V. mi comunicava con suo Dispaccio del 16 corrente (politico, n. 285) (1).

Il nobile Lord mi disse che era stato informato di questi fatti e che aveva scritto a Costantinopoli affinché si facessero alla Porta le rimostranze occorrenti contro tali disordini.

Il Governo Ottomano rispose ch'egli stesso n'era dolente, ma che non ci poteva rimediare, imperocché, viste le incessanti minaccie di aggressione per parte dei Greci, non si poteva lasciare quella parte della frontiera sguarnita di truppe.

Che le sole disponibili erano le irregolari, per cui il Governo, a difetto di truppe disciplinate, doveva, con rincrescimento, affidare la custodia di quel territorio ai Basci-Buzuk, mentre sopra di loro non poteva fare assegnamento per mettere riparo a lamentati disordini, ai quali essi stessi prendono larga parte.

Il Conte Schouvaloff, ch'io vidi ugualmente ieri, mi disse che Kars fu presa perché la fortezza era troppo estesa per il piccolo numero dei suoi difensori, per cui, essendo debole sopra tutti i punti, fu assai più facile di espugnarla, malgrado l'incontestabile ed ostinato valore dei Turchi.

Parlando con esso delle sorti future della Bulgaria, egli mi disse: « quando si parla dell'autonomia di quella provincia, noi Russi intendiamo che il Sultano ne sia bensì il Sovrano, ma intendiamo altresì che non vi possa mantenere truppe di sorta>>.

Una tale condizione sarebbe. senza dubbio, il segnale tra Cristiani e Musulmani di una guerra micidiale, foriera della completa espulsione di questi ultimi dalla Bulgaria.

(l) -Cfr. n. 144. (2) -Non si pubblica.
211

IL CONSOLE GENERALE AD ALGERI, VICARI DI S. AGABIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. S. N. Algeri, 21 novembre 1877 (per. il 25).

Nell'estate trascorsa, il Generale Chanzy, Governatore Generale dell'Algeria, inviò a Tunisi, con piroscafo dello Stato, il Signor Féraud suo interprete principale con una missione misteriosa, che fece qualche rumore.

Ora seppi che il Signor Féraud aveva per mandato di studiare le cose della Reggenza, e di esaminare se si potesse colà stabilire, invece del Consolato Francese, una Agenzia dipendente dal Governo Generale dell'Algeria, come ne ha il Governatore Generale delle Indie Inglesi presso i Principi di quella Regione.

Pare però che questa idea abbia incontrato molte difficoltà a Tunisi, e più ancora a Versailles.

Tali mene, la guarantigia data dal Governo Francese alla costruzione, affatto inutile, sotto l'aspetto commerciale, d'una strada ferrata da Tunisi alla frontiera Algerina, e l'inquietudine insorta per l'arrivo di alcuni Italiani nella isola di Galitta, di cui Le resi a suo tempo conto, provano, a mio credere, non essere affatto infondati i disegni attribuiti al Governo Francese sulla Tunisia, e temersi soprattutto che essa addivenga italiana.

Ciò spiegherebbe bastantemente l'opposizione sì fiera fattaci dal Governo dell'Algeria, riguardo alla pesca del corallo, opposizione tendente soprattutto a gallicizzare gli Italiani agglomerati nella Provincia di Costantina, che ha tanti rapporti colla vicina Tunisia.

Ciò che Le posso dire, si è che il Generale Chanzy non mi perdonerà mai la parte presa nella vertenza della Pesca, e che giorni sono il Direttore Generale degli Affari Civili dissemi, con tono non so se scherzoso o serio: «Que j'étais un homme terrible ».

(l) Non pubblicato.

212

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 803. Parigi, 23 novembre 1877, ore 19,28 (per. ore 21,45).

Le nouveau Ministère parait ainsi composé: général Rochebouet guerre et présidence. Banneville affaires étrangères; Welche intérieur; Lepelletier justice; Dutilleul finances; Ozenne commerce; Graep, travaux publics; Faye instruction publique, vice amiral Rousain, marine.

213

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1924. Berlino, 23 novembre 1877 (per. il 26).

Le 14 courant, le Journal Officiel de l'Empire Allemand annonçait qu'une Convention de Commerce et de Navigation avait été signée le jour-meme entre l'Allemagne et la Roumanie. Sachant que V. E. attachait un certain prix à connaitre le résultat des négociations qui avaient été ouvertes depuis bien longtemps à ce sujet entre Berlin et Bucharest, et qui ont souvent formé l'objet de ma correspondance, je me suis aussitòt rendu chez le Secrétaire d'Etat pour le prier de me mettre à meme de rendre à V. E. un compte exact du contenu de cette Convention. M. de Biilow s'est montré disposé à adhérer à mon désir, et il m'a promis de demander à mon intention au Président de la Chancellerie Impériale de lui remettre l'acte qui avait été signé le 14 de ce mois.

Ce n'est qu'aujourd'hui que j'ai pu voir de nouveau le Secrétaire d'Etat, et lui rappeler sa promesse. M. de Biilow a bien voulu me donner un exemplaire de la Convention en question, et je m'empresse d'envoyer ci-joint ce document à V. E. (l).

La Convention a été conclue entre le Gouvernement de S.M. l'Empereur d'Allemagne et le Gouvernement de S. A. le Prince de Roumanie, par des Plénipotentiaires nommés par S. M. l'Empereur d'Allemagne et par S. A. le Prince de Roumanie »: elle restera en vigueur pendant dix ans, à partir du jour de l'échange des ratifications, lesquelles s~ront échangées à Berlin aussitòt que possible.

En parcourant le texte de cet accord, vous releverez, M. le Ministre, que la plupart des clauses qu'il contient se réfèrent au traitement de la nation la plus favorisée; et que des tarifs ont été adoptés et joints à la Convention par les deux Parties contractantes. Mais on y chercherait en vain une clause spéciale réglant la question si controversée du traitement des Israélites dans les Principautés Danubiennes. On a évidemment préféré ne pas toucher à un point qui, dans l'état actuel de la legislatJion intérieure des Principautés, aurait présenté des obstacles peut-etre insurmontables à l'accord que l'on avait en vue: on s'en est tenu aux expressions génériques de «la nation la plus favorisée » et de « l'observation des lois du Pays », en attendant que, par un progrès si vivement désiré en Europe, ces mèmes lois intérieures donnent aux clauses de la Convention une valeur et une portée plus conforme à l'esprit moderne.

S. E. M. de Biilow désire que V. E. veuille pour le moment considérer la communication qu'il nous fait de cette Convention, camme tout-à-fait confidentielle, et destinée seulement à l'usage de notre Gouvernement. Le Cabinet de Berlin, pour ne pas donner matière dans l'état actuel des choses en Orient, à des élucubrations de la presse, voudrait retarder de deux mois la publication de la Convention Rumeno-Allemande: et cela d'autant plus, ajoutait M. de Btilow, que cette Convention n'a pas encore été ratifiée par l'Empereur, et qu'elle sera soumise seulement la semaine prochaine au Conseil Fédéral. Ce dernier comprend dans son sein Ies représentants d'une vingtaine d'Etats Allemands, et il est dès lors douteux si le secret sera bien respecté. Une indiscrétion commise d'autre part, nous reléverait, cela va sans dire, de notre engagement, de ne rien livrer de ce qui nous a été ainsi confidentiellement donné.

Le fait en lui-meme d'un accord commerciai entre l'Allemagne et la Roumanie a en ce moment une certaine importance. Tout en évitant de toucher au point délicat de la Souveraineté des Principautés Danubiennes, l'Allemagne a suivi l'exemple donné déjà par l'Autriche-Hongrie et par la Russie, sans se laisser arreter par des considérations relatives au droit que la Sublime Porte a toujours mis en avant à ce sujet, en sa qualité de Puissance Suzeraine.

Dans ma visite à M. de BUlow, je n'ai pas négligé de toucher à la chute de Kars, aux perspectives que soulève chez plus d'une Puissance l'éventualité de la prise de Plevna, et à l'irritation qui se manifeste, en Angleterre surtout, en vue de la possibilité d'une paix directe entre les deux belligérants, favorisée par l'attitude du Cabinet de Berlin qui écarterait toute médiation.

M. de Btilow a évité de se prononcer, sur le dernier point nommément. Mais il est le fait que le langage des journaux d'ici autoriserait à croire que, en effet, l'Allemagne se disposerait à rendre à la Russie le méme service qu'elle en a reçu en 1871, en contribuant à écarter toute immixtion d'autres Puissances dans le règlement d'une question pour laquelle la Russie a pris les armes contre la Turquie. V. E. aura remarqué un article qui a paru récemment à ce sujet dans la Norddeutsche Allgemeine Zeitung et qu'on a voulu généralement ici considérer camme un communiqué exposant le point de vue adopté par le Cabinet de Berlin.

(l) Non si pubblica.

214

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 811. Parigi, 25 novembre 1877, ore 14,25 (per. ore 16,55).

La déclaration du nouveau Ministère a été lue hier au Sénat et à la Chambre. II y est dit que le nouveau Cabinet n'a d'autre mission que de se consacrer à la bonne géstion des affaires et à l'apaisement des esprits, jusqu'au jour où le président de la république pourra prendre un Ministère dans le Parlement. Le Sénat s'est borné à donner acte de cette communication. La Chambre, après une courte discussion a voté par 325 voix un ordre du jour motivé, déclarant qu'elle ne peut entrer en rélation avec le Ministère. Les organes réactionnaires engagent maintenant le maréchal à passer outre et à garder quand meme les nouveaux ministres.

215

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. :l-19. Madrid, 26 novembre 1877 (per. il 30).

L'E. V. si compiacque comunicarmi a mezzo del Dispaccio di questa Serie

n. 62 riservato delli 13 corrente mese (l) la nota di S. E. il Ministro Guardasigilli intesa a rettificare gli esagerati apprezzamenti e le inesatte allegazioni di cui si è fatto propalatore il Cardinale Simeoni nella sua ultima circolare circa la chiusura di tre Chiese in Roma. La circolare del Cardinale Simeoni passò

qul pressoché inosservata e solo i fogli reazionarii riportandola vi aggiunsero alcune glosse quali il partito a cui servono poteva inspirarle.

Il Ministro di Stato non fece mai veruna allusione a questi fatti nei discorsi tenuti con me. Terrò presenti le istruzioni che l'E. V. mi fece l'onore d'impartirmi per il caso occorresse rettificare nuovi erronei giudizii.

Benché le notizie avute finora dal Ministero di Stato sulla salute del Santo Padre non lascino temere tanto vicino un luttuoso avvenimento, ciò non ostante vari giornali incominciarono a trattare questioni relative al proprio Conclave. Vi dette occasione principalmente la notizia data dal Times sul preteso abbandono per parte delle potenze privilegiate del loro diritto al veto.

L'organo della presidenza del Consiglio, La Politica, così si esprime al riguardo del diritto di veto. «...al diritto che hanno Francia, Spagna ed Austria di escludere un cardinale dall'elevazione al soglio pontificale ci si può rinunziare per una volta o per sempre, o non farne uso da ognuna delle suindicate potenze: tuttavia non può essere abolito per la sola autorità del Vaticano, ossia del collegio dei Cardinali. Opiniamo altresì che se questo diritto, se ne faccia uso o no, e ciò appartiene ad altra questione, fosse tenuto in non cale il collegio dei Cardinali creerebbe un conflitto inutile, perloché dobbiamo credere non essere vera l'asserzione del Times. Opiniamo per ultimo che ora è inutile di rammentare tale questione perché non è ancora giunto l'istante d'esporla essendo essa prematura».

In riscontro a questo ecco come si esprime il giornale clericale La Espana sull'eguale proposito:

«Noi dobbiamo considerare come certo il pernicioso intervento della Germania e dell'Italia nelle cose del futuro Conclave. Però noi riteniamo altrettanto sicuro che la Chiesa non consentirà influenze estranee e non giustificate e che la gran parola di Pio IX non possumus non verrà mai meno, allorché gli interessi del cattolicismo lo esigono ... Noi suoi figli siamo eziandio obbligati ad ascoltare ed obbedire ai suoi cenni, e compiremo il nostro dovere di fronte alla Germania all'Italia e a tutte quante le nazioni che vorrebbero intervenire indebitamente nel futuro Conclave».

(l) Non pubblicato.

216

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 291. Roma, 27 novembre 1877.

Ho letto con molto interesse il rapporto che V. E. mi diresse il 16 di questo mese (n. 228) (l), svolgendo più minutamente le notizie e le considerazioni già riassunte nel telegramma del di precedente.

I punti sui quali Lord Derby, conversando con Lei, fece cadere il discorso, appartengono pressoché tutti a fase ancora rimota rispetto alla quale prudenza vuole che ci asteniamo dallo emettere un giudizio qualsiasi. D'altra parte,

Mentre sto scrivendo queste linee io non ho avuto ancora il tempo di domandare schiarimenti in proposito. Ma due cose mi colpiscono a prima vista.

V. E. avverte che le parole del Segretario di Stato della Regina sieno la espressione di una opinione puramente personale. Però, come siffatta opinione, secondoché nota con ragione l'E.V., ritrae gran peso, non solo dall'autorità della persona, ma altresì dalla coincidenza con le parole pronunciate, in una recente occasione da Lord Beaconsfield, così mi preme di rilevare il linguaggio di Lord Derby in quella parte che si riferisce alle condizioni future dell'Impero ottomano.

E, per verità, agli occhi nostri, è dubbio assai che all'Europa convenga, per ora almeno, di costituire la Turchia in una condizione giuridica diversa da quella che per essa risulta dal regime delle capitolazioni. Certo l'Impero ha saputo, nelle attuali contingenze, dare prova di virtù militari, delle quali non si aveva, per avventura, in Europa, un concetto adeguato. Non per questo, però, si ha da argomentare che le popolazioni musulmane della Turchia posseggano, in egual grado, quelle virtù civili e quelle attitudini per cui possano anche esse procedere nella via del progresso Europeo. Quasi ogni giorno giunge in Europa la notizia di fatti che mostrano vana una simile speranza. In tutto l'Impero, anche nelle provincie più lontane dal teatro della guerra, è svanito ogni vestigio di amministrazione civile, e l'arbitrio dell'autorità tien luogo di leggi o non esistenti, o previamente esautorate. E, come è cresciuto, in pari tempo, il fanatismo nelle popolazioni musulmane, così è lecito dubitare che le Potenze aventi in levante colonie numerose abbiano a trarre vantaggio da una maggiore indipendenza della Turchia di fronte all'Europa.

Né ci sembra di poter riuscire a conclusione diversa considerando il contegno dello stesso Governo Ottomano nei suoi Rapporti colle altre Potenze. Basti citare il disprezzo assoluto dei doveri generalmente ammessi per i belligeranti, e segnatamente la confessione della stessa Sublime Porta che le mancava il mezzo di far rispettare integralmente ed efficacemente la convenzione di Ginevra. Basti ricordare altresì il blocco mantenuto nel Mar Nero in forma tale che, così nel fatto, come nel diritto, contraddice alla Dichiarazione di Parigi, e l'abuso che i Comandanti ottomani tentarono di fare della neutralità sancita con atto diplomatico a favore delle opere della Commissione Europea.

Questi riflessi che ci sembrano emergere dall'esame imparziale della situazione, potrebbero giovare all'E. V. se Lord Derby riconducesse mai il discorso sopra questo tema speciale.

(l) Cfr. n. 198.

217

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 938. Costantinopoli, 28 novembre 1877 (per. il 4 dicembre).

Iersera venne a mie mani una nota della Sublime Porta con la quale si significava alla R. Legazione che a partire dal giorno stesso veniva stabilito il blocco lungo la costa d'Albania da Spitza a Dulcigno, ed una forza navale sufficiente sarebbe consacrata al mantenimento di esso. E non indugiai a portare questa notificazione alla conoscenza dell'E. V. per telegrafo.

La prima è che, quando si stabilisce un blocco, si accorda sempre un tempo ragionevole affine le navi appartenenti ai neutri possano uscire dai porti a mettersi in istato di blocco; la quale regola sarebbe stata scordata nel presente caso. La seconda si è che per questo blocco si verrebbe forse a violare un principio che fu sempre strenuamente sostenuto dal Governo Britannico, ed esso è che uno Stato non può bloccare i proprii porti. Io ignoro precisamente qual sia al giorno d'oggi l'estensione delle conquiste fatte dai Montenegrini in quelle regioni; ma se il porto d'Antivari è tuttavia in possesso dei Turchi, potrebbero essi bloccarlo?

SERVER PASCIA A CORTI

ALLEGATO

NOTA VERBALE.

J'ai l'honneur de vous informer qu'à partir d'aujourd'hui le littoral du Vilayet de Scutari d'Albanie compris entre Spizza et Dulcigno est declaré et mis en état de blocus. . ~~Jj!)Des bàtiments de la Marine Impériale, en force suffisante, maintiendront ce blocus. ! Je prie V. E. de porter cette mesure à la connaissance du Gouvernement ' de

S. M. le Roi d'Italie ainsi qu'aux navigateurs sujets Italiens.

218

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 161. Pietroburgo, 2 dicembre 1877 (per. il 12).

Ringrazio l'E. V. del dispaccio di questa serie n. 186 del 21 novembre scorso (l) che l'E. V. mi fece pervenire per mezzo del Corriere Signoroni. La condotta di riserva che il Governo del Re intende seguire nella presente fase degli avvenimenti d'oriente quale è esposta nel dispaccio stesso, mi sembra la più conforme agli interessi dell'Italia e la più adatta alle circostanze. Avrò cura di conformarvi la mia condotta ed all'uopo il mio linguaggio.

Benché io fossi convinto che le voci corse di proposizioni di una mediazione presente o prossima fossero prive di fondamento, tuttavia volli per maggior sicurezza interrogare in proposito il Signor de Giers. S. E. mi assicurò che difatti quelle voci erano del tutto erronee e che non fu finora e non è in questo momento questione di una mediazione qualsiasi, e smentì nel tempo stesso il linguaggio attribuito al Principe di Reuss il quale alle insinuazioni della Porta tendenti ad ottenere la mediazione della Germania avrebbe risposto invitando i Ministri Ottomani a rivolgersi direttamente al quartiere generale Russo.

Il Signor de Giers mi assicurò inoltre che dal convegno di Salisburgo in poi non vi fu alcuno scambio di idee frà la Russia e le altre Potenze. Ed anche in quel convegno, secondo quanto mi disse S. E., non vi fu propriamente uno scambio di idee nel senso politico. In quell'occasione fu solamente inteso fra

i Governi di Germania e di Austria che non s'incaglierebbe per parte loro l'azione militare della Russia con una mediazione inopportuna e prematura e che questa non sarebbe proposta in ogni caso se non col previo beneplacito della Russia. Adunque, secondo l'affermazione precisa del Signor de Giers. non avvenne nessuno scambio di idee tra la Russia da un lato e la Germania e l'Austria dall'altro da quell'epoca in poi. Non vi fu nessun scambio di idee con altre Potenze, l'Inghilterra compresa dopo la risposta data dal Principe Gortchakow alla nota lettera di Lord Derby, relativa agli interessi inglesi che l'Inghilterra vuol fare rispettare nella presente guerra; la quale risposta fu a suo tempo comunicata al Governo del Re nello stesso modo che fu comunicata ai Gabinetti di Berlino, Vienna, Parigi, e Londra. Mi permetto di insistere su queste dichiarazioni del Signor de Giers perché scorgo nel dispaccio precitato dell'E. V. una preoccupazione intorno al silenzio che la Russia avrebbe osservato a riguardo dell'Italia intorno alle idee di guerra e di pace. Questo silenzio fu generale e parimenti osservato verso le altre Potenze, non escluse quelle che per la loro situazione speciale possono avere sull'esito della presente crisi un'azione più preponderante che non abbia l'Italia. Aggiungerò che questo silenzio e questo riserbo, che sono del resto assai naturali mentre la parola è data sventuratamente al cannone, non hanno modificato le relazioni esistenti fra la Russia e le maggiori Potenze, e non han poi per nulla modificato gli ottimi rapporti che esistono fra di essa ed il Governo di Sua Maestà. * Nel parlarmi di quest'assenza di scambi d'idee il Signor de Giers mi lesse un brano di lettera del Principe Gortchakow nella quale il Cancelliere Imperiale rispondendo al Signor de Giers che gli proponeva la compilazione di una memoria sulle future condizioni di pace, scriveva che tali memorie gli sembravano in questo momento per lo meno premature e senza utilità giacché le condizioni di pace dipendevano dall'esito delle fazioni campali e che del resto ogni iniziativa in proposito doveva essere lasciata per ora al Quartier Generale dell'Imperatore.

Non lascerò questa materia della mediazione futura senza rilevare una contraddizione tra un'affermazione dell'E. V. ed una del Signor de Giers. Secondo il dispaccio dell'E. V., che conferma del resto anteriori dispacci, il Governo Russo avrebbe dichiarato al Governo del Re, per mezzo dell'Ambasciata Russa in Roma, che la Russia non accetterebbe altra mediazione che quella della Germania. Il Signor de Giers sostiene per contro che il Governo Russo non ebbe mai la intenzione di fare una simile dichiarazione. Secondo S. E. vi è dunque quì un malinteso risultante da una comunicazione fatta inesattamente o interpretata inesattamente. *

Dall'Ambasciatore d'Inghilterra qui residente ho. pure saputo che non vi fu nessun scambio di idee fra la Russia e la Gran Bretagna dalla lettera di Lord Derby in poi, e che il Governo di S. M. Britannica non mostrò finora la intenzione di prendere l'iniziativa di una mediazione.

*Sono grato all'E. V. dell'assicurazione che Ella mi diede che se il corso degli eventi dovesse costringere il Governo del Re a dipartirsi dalla condotta riservata che tenne finora e che tiene al presente, la R. Ambasciata a Pietroburgo ne sarebbe sollecitamente informata per sua norma* Cl).

(l) Cfr. n. 207.

(l) Ed., ad eccezione del brani tra asterischi, in L V 24, p. 235.

219

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 162. Pietroburgo, 2 dicembre 1877 (per. il 12).

Nel dispaccio confidenziale di questa Serie, n. 187 del 21 novembre scorso (1), l'E. V. tocca un argomento grave e delicato, quello cioè degli interessi ellenici posti eventualmente in conflitto cogli interessi slavi. Il Governo Russo nella sua preoccupazione costante di proteggere gli ortodossi in Oriente, non risparmiò mai la sua azione in favore del Regno di Grecia, e dei Greci sudditi della Porta ogniqualvolta i loro interessi si trovavano unicamente di fronte alla Turchia. L'E. V., ricorderà, fra le altre prove della sollecitudine Russa in favore dei Greci, l'attitudine che aveva preso il Gabinetto di Pietroburgo all'occasione dell'insurrezione dei Cretesi nel 1868 e della conferenza che a questo riguardo fu tenuta a Parigi. Ma questa sollecitudine e questa protezione s'arrestano là ove gli interessi ellenici si trovano in conflitto con gli interessi slavi. È noto che l'eventualità di una ricostituzione dell'Impero Greco sulle rovine della Turchia è considerato a Pietroburgo come una soluzione che la Russia dovrebbe rendere impossibile anche quando non fosse già tale per altre ragioni. Un miglioramento nella situazione di tutti indistintamente i Cristiani di Oriente e possibilmente anche un aumento del Regno Ellenico sul litorale del Mare Egeo sono certamente fra i desideri dello Czar, ed il primo di questi oggetti fu proclamato come uno dei precipui motivi della guerra presente. Ma l'assetto delle provincie slave della Turchia tiene naturalmente il primo posto nelle preoccupazioni dell'Imperatore Alessandro. D'altro lato l'Inghilterra ebbe cura di specificare quelli che essa considera come interessi inglesi, e fra essi non sono mentovati gli interessi ellenici a cui allude il dispaccio precitato dell'E. V. Non parlo dell'Allemagna, la quale considerando che l'amicizia della Russia è per lei una guarentigia importantissima verso la Francia e verso l'Austria ha saputo costantemente sacrificare a questo massimo interesse gli interessi minori. L'Allemagna nella crisi presente non si scosterà dalla Russia e non saranno certamente gli interessi della razza ellenica che la faranno deviare dalla linea che si è prefissa e che segue con germanica costanza. Ignoro le intenzioni della Austria in questa questione, ma non credo che il Gabinetto di Vienna si comprometta in simpatie che possono essere per lei sorgente di difficoltà o di pericoli. Quanto alla Francia le preoccupazioni interne e la sua situazione dopo la guerra del 1870-71 non le permettono di tenere altra condotta che quella di una grandissima riserva nelle questioni estere.

In tale stato di cose ed invitato dall'E. V. ad esercitare una vigilanza su questo lato della questione orientale, non posso a meno di pregare l'E. V. a volermi impartire istruzioni precise. Un passo meno che considerato può eccitare intorno a questa materia contro il Governo del Re, e con poco profitto della Grecia, diffidenze gravi a Londra e Vienna ed anche a Pietroburgo. Sarò quindi

grato all'E. V. se vorrà indicarmi in qual modo ed entro quali limiti io abbia a parlare o ad agire in questa delicata materia ed anche in quale occasione. Dal lato mio, dopo avere sottomesso all'E. V., come era mio debito, le precedenti considerazioni, mi studierò di conformarmi alle istruzioni ulteriori che preg'-' l'E. V. di volermi impartire e che valgano a ben determinare la direzione che iì Governo di Sua Maestà intende seguire nell'argomento in questione.

(l) Non pubblicato.

220

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. P. S. N. Pietroburgo, 2 dicembre 1877 (per. il 16).

Il corriere Signoroni mi rimise fra le altre cose la lettera particolare del 21 novembre (l) colla quale l'E. V. mi diede l'incarico di fare qui una esplicita dichiarazione tendente ad esonerare il R. Governo da ogni responsabilità relativamente al linguaggio talora ostile alla Russia tenuto dai giornali italiani che ordinariamente appoggiano il Ministero e specialmente dall'Italie. Avendo avuto ieri l'occasione di vedere il Signor de Giers disimpegnai verso di lui quest'incarico datomi dall'E. V. Come Ella mi scrisse, l'eco di quel linguaggio era difatti giunto a Pietroburgo, ma non già in forma di doglianza verso il Governo del Re, secondo che mi disse lo stesso Signor de Giers, ma come semplice constatazione di un fatto che produceva una sgradevole impressione sull'Ambasciata di Russia a Roma. Io ebbi cura di ben constatare presso il Signor de Giers che i giornali di cui si tratta ed in primo luogo l'ltalie, comunque consentano in generale nell'indirizzo politico del Ministero ed approvino spesso i suoi atti, tuttavia non hanno alienato la loro libertà di esame e di giudizio, principalmente per ciò che spetta alla politica estera, come è provato del resto dalle critiche di cui furono oggetto per parte di essi alcuni fra gli atti importanti della presente amministrazione.

Il Signor de Giers mi rispose che ben aveva supposto che le cose stavano a questo riguardo come io gliele avevo esposte; ma che ciò nondimeno ringraziava l'E. V. di questa esplicita dichiarazione che avrebbe trasmesso senza indugio al Principe Gortchakow; e che vedeva in essa una nuova prova degli ottimi rapporti che esistono fra i due Governi d'Italia e di Russia.

223

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 532. Roma, 4 dicembre 1877.

In mezzo a tante lagnanze che da ogni parte della Turchia giungono al Ministero per la condotta delle autorità superiori delle provincie, non è senza soddisfazione che ho appreso da un recente rapporto del R. Console a Janina

!8 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

Serbia. Cui il Conte Zichy replicava in modo evasivo, imperocché egli ha l'istruzione di mantenere la più grande riserva sopra questi fatti.

Col Ministro di Grecia Server Pacha si lamentava pure della condotta delle Potenze le quali non avevano di mira che i proprii interessi, e domandava al Signor Coundouriotis quali fossero, per esempio, quelli della Grecia, e se essi erano nella Tessaglia e nell'Epiro. Cui questi rispondeva la Turchia non avea che a tenere quelle provincie sotto il suo dominio sino a che poteva; ma, quando intervenisse qualche mutamento nelle condizioni dell'Oriente, quelle erano senza dubbio provinice Greche.

Il linguaggio che tiene l'Ambasciatore di Germania coi Ministri del Sultano è noto all'E. V., nè esso ha subito alcuna modificazione. Vorrei poterne dire altrettanto di quello dell'Ambasciatore Britannico, ma sopra di esso è più difficile di portare un adeguato giudizio. Già ebbi l'onore di riferire all'E. V. come alcun tempo fa egli facesse pratiche presso i suoi Colleghi di Germania e d'Austria-Ungheria affine d'indurli a cooperare con esso nel senso della mediazione, ed allegasse aver autorità per esercitare siffatta azione. Ma ora sono assicurato che Lord Derby non solo disapprovò quelle pratiche, ma gli impartì l'ordine di astenersi per ora da ogni azione in proposito. Il Signor Layard ha infatti mutato d'atteggiamento, nè ora parla co' suoi Colleghi dell'opportunità di trattative di pace. Esiste anzi qualche ragione per credere che egli non dia consigli di pace neppure ai Consiglieri della Corona, tanto gli ripugnerebbe che questi venissero alla conchiusione che il solo mezzo di salvare l'Impero sia quello di rivolgersi al nemico per intavolare negoziati diretti. Ma quando si presentasse quest'eventualità, né essa presenterà se non quando la Turchia sarà esausta di forze, potrebbe una terza Potenza, per la protezione dei proprii interessi, imporre a quella di continuare una lotta ormai divenuta impossibile? E lascio al saggio consiglio dell'E. V. di rispondere al quesito.

(l) Cfr. n. 208.

224

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA E A PARIGI, CIALDINI

D. Roma, 5 dicembre 1877.

Mi pregio di qui acchiuderle, per informazione personale della E. V., una memoria relativa alle condizioni finanziarie della Tunisia (l). L'autore di siffatta Memoria, che poté attingere i dati in essa contenuti a fonti ufficiali, riesce alle seguenti conclusioni che qui mi giova riassumere:

l0 ) che debbasi, ad ogni costo, lasciare sussistere, almeno per ora, la Commissione Europea creata nel 1869; 2°) che debbano però essere sottratti alla gestione della Commissione stessa parecchi tra i cespiti di entrata che furono assegnati al servizio del Debito

Pubblico; e che tali cespiti siano invece amministrati mediante Regia privata, secondoché già si fece, non ha guarì, e con buon successo per i tabacchi;

3°) che il Comitato di controllo si riduca da sei a tre membri; e che questi, invece di essere eletti periodicamente dai possessori dei titoli tunisini residenti nella Reggenza, siano scelti nel personale del Ministero del Commercio dei tre Stati maggiormente interessati: Italia, Francia e Gran Bretagna.

Intorno a queste conclusioni, le quali già furono agitate nella pubblica stampa, amerei di udire la opinione che sembri costì prevalere.

(l) Non si pubblica.

225

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, LACAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

N. R. 5694. Roma, 5 dicembre 1877 (per. il 7).

Mi viene confidenzialmente riferito che i noti Perzi, Natta ed altri capi della Internazionale a Firenze, prevedendo di incontrare molte difficoltà nel pubblicare, anche clandestinamente, in quella città il giornale L'Anarchia, avrebbero determinato di farla stampare a Berna, colla data Italia. Di là il giornale dovrebbe poi essere spedito nel Regno, in pieghi suggellati, come campioni di fazzoletti e di telerie.

Credo opportuno rendere di ciò informata l'E. V. per quelle comunicazioni che riterrà utile di fare alla R. Legazione di Berna, nonché al R. Console in Ginevra, al fine di chiarire se tale divisamento sarà messo in esecuzione.

226

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1927. Berlino, 5 dicembre 1877 (per. il 12).

Dans un entretien que j'ai eu avec Lord Odo Russell récemment de retour à son poste, j'ai cherché à connaitre les impressions et les instructions qu'il avait rapportées de Londres. Le langage qu'il a entendu maintes fois de la part de Lord Derby, est entièrement conforme aux assurances assez pacifiques données, le 28 Octobre échu, par cet homme d'Etat à une députation demandant une intervention pour protéger les intéréts anglais engagés dans les affaires Orientales. Ce discours ne peut que contribuer à avancer le terme de la guerre, en dissipant les dernières espérances que la Turquie conserverait au sujet d'une assistance matérielle, puisque le Cabinet de S. James persiste, méme dans les conjonctures actuelles, dans une ligne de conduite telle qu'elle a été déjà définie au mois de Mai 1876. Il s'agit toujours de cette méme neutralité, conditionnelle il est vrai, mais ne s'inspirant que de considérations qui touchent surtout aux intéréts évidents de la Grande Bretagne. L'opinion publique, celle d'aujourd'hui du moins, car de sa nature elle est très mobile, s'y prononce dans sa grande majorité contre une participation à la guerre, car elle aurait pour conséquence des dommages considérables pour le commerce et l'industrie, de méme qu'une augmentation des impòts. Il faudrait que des questions vitales fussent en jeu, pour soumettre le pays à de semblables sacrifices. Si l'Angleterre, prise dans son ensemble, n'est rien moins que favorable aux Russes, il ne faut pas oublier qu'elle a cessé d'étre turcophile.

Lord Derby avait invité Lord Odo Russell à s'appliquer de son mieux à déméler les vues du Cabinet de Berlin, et notamment si celui-ci connaissait sur quelles bases le Gouvernement Russe serait disposé à accepter une médiation. L'Ambassadeur d'Angleterre n'avait pas manqué de laisser entendre tout d'abord, combien il était :rnalaisé d'obtenir ici des éclaircissements sur des sujets aussi délicats. Le Prince de Bismarck, absent ou présent, était inabordable, sauf de très rares exceptions. Et quant à M. de Btilow, pour échapper aux interpellations embarrassantes, il excellait à donner à ses paroles des contours vagues et indécis, les mieux propres à masquer ce qu'il ne savait pas, ou n'était pas autorisé à divulguer.

Cependant, dès son retour ici, mon Collègue Britannique s'est mis à l'oeuvre pour sonder adroitement le terrain. Le Secrétaire d'Etat lui a répondu que l'Allemagne, très secondairement intéressée dans les affaires d'Orient, continuait à se tenir sur la réserve. Relativement aux bases de médiation qui rentreraient dans le vues de la Russie, le Cabinet de Berlin n'en était pas instruit, et préférait d'ailleurs les ignorer.

L'Ambassadeur d'Angleterre induirait de cette réponse, que le Cabinet de Berlin ne se souciait d'aucune manière de se mettre en avant pour des négociations pacifiques. Lord Odo Russell avait cependant le sentiment que, d'ici, on ne contrarierait en rien les désirs de la Russie de conclure une paix directe et séparée avec la Turquie.

227

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1928. Berlino, 5 dicembre 1877 (per. il 12).

En me référant à mon rapport précédent (1), j'ai l'honneur de transmettre quelques autres détails, que ne tiens pas de l'ambassade Britannique, mais d'une autre source, et des meilleures.

Durant le congé de son chef, M. Mac Donnell avait cherché avec quelque insistance à pousser l'Allemagne à prendre en main les intéréts de la paix. Il a essuyé un refus. Lord Odo Russell chargé à son tour de sonder le terrain, l'a fait avec plus de mesure, mais sans plus de succès. M. de Biilow aurait

laissé entendre à mots couverts que l'Angleterre avait pleine liberté, si elle le jugeait à propos, de prendre l'initiative, mais que le Cabinet de Berlin ne se souciait nullement d'attacher le grelòt.

C'est bien là en effet le langage tracé, jusqu'à ces derniers temps du moins, au Secrétaire d'Etat par le Chancelier. Le Prince de Bismarck, pour expliquer sa répugnance à sortir d'une attitude de réserve, disait à un de ses intimes: «En admettant que, dans les conjonctures actuelles, une pression que nous exercerions sur l'Empereur Alexandre atteignit le but, tòt ou tard la Russie ne manquerait pas de nous reprocher une intervention qui l'aurait empèchée de recueillir tous les avantages qu'elle se promettait de la guerre». Ce serait d'ailleurs accepter une lourde responsabilité, dont il ne veut point. Pour que l'Allemagne se décidàt à agir, il faudrait que la Russie recourut formellement à ses bons offices. Pour le moment, elle n'y songe pas. Plewna n'est point à la veille de se rendre. Osman Pacha, à ce que l'on assure serait encore en mesure de prolonger la résistance pendant tout le mois de décembre. L'hiver avec ses intempéries ne peut tarder à faire son apparition dans les Balkans, et à suspendre forcément les travaux de siége.

Au reste, la reddition de Plewna ne contenterait plus le parti militaire qui l'emporte décidément sur les dispositions personnelles et pacifiques du Tsar. Le Prince Gortchakoff reconnaitrait, lui aussi, la nécessité de continuer la guerre. Il semble admettre que la paix doit ètre dictée au delà des Balkans.

Ce sont là des calculs un peu hazardés, dans une situation où, d'un moment à l'autre, des événements exceptionnels peuvent surgir, soit sur le terrain politique, soit dans les opérations militaires. Mais il est évident que la Turquie marche vers une catastrophe, si on la laisse en tète à tète avec un ennemi qui dispose de forces bien supérieures. Or, les alliés font complètement défaut à Constantinople. Aucune Puissance ne fait mine de vouloir rétablir la balance. L'Angleterre ne trouve aucun Etat sur le continent, qui veuille s'associer à ses efforts, peut ètre parce qu'ils manquent d'énergie ou parce qu'ils visent presque exclusivement à sauvegarder des intérèts anglais. La France est paralysée par ses discordes intérieures et tenue d'ailleurs en échec par l'Allemagne. Tout porte à croire que l'Autriche a reçu les déclarations les plus rassurantes de S. Pétersbourg et de Berlin. Autrement on ne s'expliquerait, ni son inaction, ni sa quiétude quand l'Empire Ottoman, à sa porte, menace de s'écrouler. Le Comte Karolyi reflète parfaitement cette disposition d'esprit, dont il a déjà donné, il est vrai, un exemple peu de jours avant la guerre de 1866. II avait alors un bandeau sur les yeux, et il a joué le ròle de dupe.

Je ne parle pas de notre Pays. On nous a prèté des projets ambitieux, mais, aucun acte de notre politique n'étant venu à l'appui, nous ne devrions plus ispirer une défiance quelconque. V. E. sait qu'il m'est avis que nous avons dépassé la mesure de la réserve. S'il n'était pas donné à nous seuls de sauvegarder le présent en nous assurant de certains avantages, peut ètre elìt-il convenu de prendre dès le début nos précautions pour l'avenir, par un échange de vues avec l'Autriche. Nous aurions le mème droit que d'autres, de ne consulter que nos propres intérets, et je me refuse à admettre que nous n'en ayons pas les moyens, au moins vis-à-vis de l'Autriche. Nous avons trop la tendance à exagérer ses forces militaires.

Quoiqu'il en soit, dans l'état actuel des choses, la Russie a beau jeu. S'il n'y a pas de preuves matérielles d'une entente complète de sa part avec les deux autres Empires, on a presque la certitude morale d'un certain accord pour lui faciliter sa tache en Orient. Le bruit avait méme couru que, grace à l'influence du Prince de Bismarck, l'Angleterre aurait donné son consentement à ce que la paix fut conclue directement entre la Russie et la Turquie; à l'exclusion des autres Puissances. J'ai hésité à confirmer une semblable nouvelle. Le Cabinet de Londres ne saurait, sans en quelque sorte déroger, se préter de propos délibéré à cette combinaison. Il pourrait tout au plus la subir, comme un cas de force majeure. Je ne pense pas également que le Prince de Bismarck se risque à une démarche de ce genre à Londres. Mais il est fort à présumer qu'il ne contrariera en rien le désir de la Russie d'une paix séparée, sauf à laisser, entre cette Puissance et l' Angleterre, le germe de dissentions ultérieures. En conservant maille à partir entre elles, le Cabinet de Berlin éléve un obstacle de plus à une coalition contre l'Allemagne. Au reste, il resterait à savoir si la Turquie sera assez impuissante ou aveugle, pour se rendre complètement à merci de son ennemi, qui vise à l'isoler pour mieux la dominer dans l'avenir, et lui enlever la dernière chance de s'abriter derrière l'Europe.

Si on pouvait compter sur les déclarations formelles de la Russie au commencement de la guerre, cette paix directe ne serait pas admissible pour les questions d'intérét commun, questions réservées alors à une entente générale. Il en adviendra peut étre comme des promesses de ne pas viser à des conquétes. Depuis cette époque, et surtout depuis un retour de fortune sur les deux théatres de la guerre, ses dispositions se sont trés sensiblement modifiées. Il ne s'agit plus seulement d'en arriver à la solution en vue de laquelle les hostilités ont été entreprises: amélioration du sort des populations chrétiennes dans la péninsule des Balkans. Il y aura des récompenses à distribuer aux auxiliaires, et, en dédommagement des nombreux sacrifices, on énonce déjà l'intention de s'approprier une partie de l'Asie Mineure. Au reste, les enseignements de l'histoire prouvent que les restrictions mentales marchent de front avec les professions de foi décorées d'un semblant de désintéressement.

En attendant, les difficultés financiéres se multiplient en Russie. Le dernier emprunt de 100 millions de roubles n'en a produit que 27, qui suffiraient à peine au remboursement des avances faites autrefois. Le budget prochain présentera un déficit de 60 millions de roubles. La guerre jusqu'en Octobre aurait couté 650 millions de roubles, et elle absorberait à peu près la méme somme, si la campagne se prolongeait jusqu'au mois de juin 1878. En fait de ressources, on compte sur la réserve métallique et sur l'exportation des blés, qui fera refluer dans l'Empire environ 150 millions de roubles. C'est en grande partie au moyen des bank-notes, qu'il est supplée au surcroit des dépenses. Mais ce sera surtout après la conclusion de la paix, que le Pays, déjà ruiné économiquement, se trouvera dans les plus graves embarras pour réparer ses pertes et pour faire honneur à ses créanciers. Les questions intérieures se révèleront alors dans toute leur gravité, et les aspirations vers les réformes se feront sentir de manière à forcer peut étre la main au parti assez fort, jusqu'ici pour enrayer le mouvement.

(l) Cfr. n. 226.

228

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 837. Parigi, 6 dicembre 1877, ore 14,10 (per. ore 16,15).

On annonce ce matin que le président de la république a résolu de constituer un Cabinet parlementaire composé de sénateurs et de députés des deux centres. Il y a six semaines, cette résolution aurait pu sauver la situation, mais aujourd'hui il est douteux qu'elle soit efficace. La majorité appréhende en effet un retour offensif du maréchal une fois qu'elle se serait laissée arracher le vote du budget.

229

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1929. Berlino, 6 dicembre 1877 (per. il 12).

Le Courrier Signoroni est arnve ce matin et m'a remis, avec leurs annexes, les dépeches que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser du n. 571 au n. 576 (1). J'y ai puisé de très utiles indications, soit sur les dispositions qui se manifestent à Constantinople, soit sur l'attitude des différentes Puissances dans le conflit orientai. J'aurai soin de me conformer aux instructions tracées aux représentants du Roi. Le jugement que j'ai exprimé dans mon rapport d'hier,

n. 1928 (2), cadre sur plusieurs points avec les impressions de V. E. sur la situation générale. J'en laisse dane subsister la teneur, surtout après un entretien que je viens de me ménager avec le Secrétaire d'Etat.

Je lui disais que, d'après mes propres renseignements, l'Angleterre aurait en plus d'un endroit sondé le terrain, pour s'enquérir si le moment ne serait opportun pour ouvrir des pourparlers pacifiques et pour chercher à démeler sur quelles bases la Russie serait disposée à traiter. Il m'avait été affirmé que, à Berlin nommément, des ouvertures avaient été faites de Londres dans le but d'engager le Gouvernement Impérial à prendre une initiative. Qui plus est, j'avais appris indirectement que, grace aux efforts de l'Allemagne le Cabinet Britannique aurait donné son consentement à ce que la paix fùt conclue séparément entre la Russie et la Turquie. Je m'étais empressé de démentir cette dernière nouvelle, sans en référer à S. E. M. de Biilow m'a donné l'assurance que, en effet, cette nouvelle était dénuée de fondement. Il a prétendu ne rien savoir au sujet de l'action diplomatique du Gouvernement anglais, dont je venais de lui parler. Mais, dans le cas où l'an voudrait pressentir les intentions du Cabinet de Berlin, celui-ci ne manquerait pas de laisser entendre qu'il ne veut point sortir de sa réserve, surtout lorsque les circonstances indi

quent assez clairement qu'il serait au moins prématuré de s'occuper des préliminaires de paix. La Russie ne ferait point encore mine de commander halte à ses armées et la situation en Turquie est trop compliquée, pour qu'on puisse ajouter une valeur sérieuse aux courants de conciliation qui se font jour chez quelques uns de ses hommes d'Etat.

Je dois attribuer à l'entière discrétion de mon interlocuteur, s'il a évité de convenir de la démarche faite auprès de lui par Lord Odo Russell, démarche dont celui-ci avait bien voulu m'entretenir en voie confidentielle. Mais j'ai pu constater que M. de Btilow n'avait pas varié dans son langage sur l'inopportunité, dans les conjonctures actuelles, d'une médiation entre les belligérants. Il n'est pas meme prouvé que la reddition de Plewna amène une éclaircie à cet égard. Dans tous les cas, il convient d'attendre que le terrain soit déblayé davantage par les événements militaires.

Je ne puis rapporter que les paroles de M. de Btilow. Il ne faut pas oublier qu'on nous cache soigneusement ce qui se passe dans les coulisses. Nous n'avons aucun moyen d'y pénétrer. Autrement, nous aurions sans aucun doute la preuve qu'un parfait accord règne entre Pétersbourg et Berlin. L'Allemagne acquitte non seulement une dette de reconnaissance pour la conduite du Gouvernement russe à son égard en 1870, mais vise à se concilier de plus en plus la Russie, dans la prévision d'une seconde guerre avec la France. La meme intimité règne-t-elle, de part et d'autre, avec l'Autriche? Je n'oserais, l'affirmer avec la meme certitude. Chacun, il est vrai, se donne l'apparence de la traiter avec beaucoup de ménagements, mais en manoeuvrant de manière à l'immobiliser quand elle montre des velléités belliqueuses, sous le prétexte qu'on pourrait empiéter sur ce qu'elle appelle «la sphère de ses intérets ». Elle s'attend évidemment, (Bosnie) à la récompense de son inaction, ce qu'il sera difficile de lui refuser, si elle se montre condéscendante jusqu'au bout. C'est là le danger que nous avons entrevu dès le début de la crise, et que nous ne saurons écarter si nous nous effaçons trop, en comptant moins sur nous memes que sur les bénéfices d'un aveni.r aussi incertain.

(l) -Cfr. nn. 200 e 206; gli altri dispacci non sono pubblicati. (2) -Cfr. n. 227.
230

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1930. Berlino, 6 dicembre 1877 (per. il 12).

J'ai également pu me renèlre compte dans ma visite chez M. de Blilow, qu'il était moins préoccupé des Affaires Orientales que de la situation en France. Il ne présumait pas qu'un accord sincère s'établit, entre le Maréchal-Président et la majorité de la Chambre, sur les conditions d'un retour au fonctionnement normal des institutions.

Le parti des Jésuites, dont l'influence se fait vivement sentir à l'Elysée, travaille, avec beaucoup de chances de succès, à empécher l'avènement au pouvoir d'un Ministère de la gauche, surtout au moment où l'état de santé du Pape laisse prévoir une proehaine vacance du Sant Siège.

En attendant, le Cabinet de Berlin continue à suivre d'un oeil très vigilant cette crise intérieure. Si elle devait aboutir à un coup d'état, qui rejetterait de plus en plus la France entre les bras des partis réactionnaires, ces ennemis communs de l'Allemagne et de l'Italie, la situation deviendrait des plus graves.

Le Secrétaire d'Etat n'a pas indiqué si, dans ce cas, le Gouvernement Impérial sortirait d'une attitude de simple observation. Je me suis à mon tour abstenu d'adresser la moindre inicrpellation sur un sujet aussi délicat. Mais il me revient indirectement que, dans une semblable éventualité, il ne serait pas impossible qu'on se décidat à renforcer les garnisons de l'Alsace Lorraine.

231

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1932. Berlino, 6 dicembre 1877 (per. il 12).

A la requéte de M. de Bleichroder, le premier banquier de Berlin et le confident du Prince de Bismarck, je m'étais adressé sous l'ancien Ministère, à

S. E. M. le Commandeur Minghetti, pour vérifier si nous nous proposions de contracter un emprunt à l'étranger. M. de Bleichroder nous représentait les inconvénients de faire appel de préférence aux souscripteurs français, et les avantages de partager nos emprunts entre différentes places, y compris Berlin. Le Prince de Bismarck avait la méme manière de voir.

S. E. M. Minghetti me fit savoir que nous ne songerions à de telles opérations, que lorsque notre budget serait équilibré et lorsque les fonds publics auraient atteint un chiffre où il nous serait permis de trouver de l'argent à des conditions plus favorables; mais que, le cas échéant, il ne perdrait pas de vue les observations parvenues par mon entremise.

Ces pours derniers, le Prince de Bismarck demandait à M. de Bleichroder s'il était vrai que nous eussions maintenant l'intention, d'après certaines nouvelles de journaux, de faire appel au marché de Paris. Ce banquier répondait qu'il m'interpellerait à ce sujet; ce qu'il n'a pas manqué de faire. Je lui ai déclaré que je n'avais absolument aucune donnée pour fournir un éclaircissement à cet égard. Il me résultait seulement, d'après les états de première prévision des recettes et des dépenses, que pour l'année prochaine nous aurions un surplus de recette d'au delà de onze millions, qui se réduiraient, en suite du paiement d'intéréts pour une émission de rentes, à peu près à 8.500.000 Livres.

Vu cette circonstance, de méme que l'amélioration très sensible du cours de notre rente 5 %, M. de BleichrOder pensait que le moment ne tarderait pas à venir pour un emprunt, et dans ce cas il croyait agir conformément au désir du Chancelier, en nous engageant à ne pas laisser en dehors la piace de Berlin. Il y aurait convenance politique et financière, à ce qu'il ne soit pas dit que nos préférences ne sont pas au delà de Paris et de Londres, et que nous ne trouvons pas aussi du crédit ailleurs. Le mieux serait de conclure simultanément l'emprunt dans les trois capitales.

M. de Bleichroder me priait instamment d'en écrire à Rome, et de le mettre à méme de satisfaire à l'interpellation du Prince de Bismarck. En méme temps il se disait complètement désintéréssé dans cette question, qui ne lui tenait à coeur que pour ne rien négliger de ce qui pouvait rattacher toujours plus l'Allemagne à l'Italie. Sur ce point il y aurait à faire quelques réserves, car il est évident que, si nous voulions entrer ici en négociatons, nous ne pourrions faire abstraction de la première notabilité financière de ce Pays.

Vu ses relations très suivies avec le Chancelier, il m'était impossible quelle que filt ma répugnance à toucher à des questions semblables, de ne pas promettre d'écrire à V. E.. Je Lui serais très obligé de faire appel à l'obligeance de

S. E. M. Le Président du Conseil, Ministre des Finances, pour me mettre à méme de donner au requérant une réponse quelconque, qui démontre que j'ai tenu parole.

232

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

(Carte Corti)

L. P. Vienna, 6 dicembre 1877.

Ho ricevuto stamane la tua lettera del 28 (l) ed ho già spedita alla Signora Katty quella che vi trovai acchiusa! Farmi che meriterei qualche cosa come ricompensa, basta conto sulla tua riconoscenza, e vado a rischio di non guadagnarmi quella del Generale, locché potrebbe farsi grave visto che a quanto pare Egli sta tornando a galla. Come vuoi che ti dica così si pensa a Roma mentre non si sa chi faccia effettivamente la Politica Estera oggi, e tanto meno poi chi la farà domani! Per me credo sarà Crispi da cui riceveremo fra breve gli ordini. Per intanto delle conquiste Montenegrine verso il mare, à l'heure qu'il est, i nostri reggitori se ne importano come deil'an qurante. Sono passati i tempi delle conferenze, e quindi i Signori Montenegrini si servano pure si vedrà poi a cose finite per ora non ci disturberemo il fegato in causa di ciò: ecco press'a poco voltato in prosa libera ciò che mi fu detto su questa questione da Melegari e da Tornielli. È bensì vero che in fondo la politica non è fatta da loro, ma siccome a dir il vero non è neppur fatta da altri così cavatela se puoi!!!

Ti ringrazio per le gentili parole che ti piacque dirmi a proposito della mia candidatura Ministeriale posta in giro dai giornali, ma proprio nessuno ebbe a farmi proposizioni in tal senso in modo un poco ufficiale, e ne fui veramente lieto perché assolutamente non avrei potuto entrare in quell'ordine di idee. ça n'est pas mon affaire, lo sento lo so e non intendo provarmici, capperi sono cose che non si provano, poiché il paziente sarebbe l'Italia! Son pronto a rendere al mio Paese tutti i servizi che mi si potrà chiedere ma fare il Ministro... c'andrebbero circostanze tali perch'io credessi di non poter rifiutare, che proprio auguro all'Italia non abbiano mai a presentarsi. Intanto qui la mia situazione si è fatta poco invidiabile, farò il possibile per tirare avanti, ma non sarà

cosa leggera. I giornali Inglesi ed Austriaci hanno annunciato al mondo che hanno minacciato la Porta di una rottura di relazioni a causa dell'affare del blocco, suppongo che togliendo qulche cosa dalla metà si sarebbe nel vero.

Chiudo in fretta poiché ho ancora la speranza che questa lettera parta col vapore del Lloyd di Sabato da Trieste.

(l) Non pubblicata.

233

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 546. Roma, 7 dicembre 1877, ore 12,20.

Le président du conseil vous prie d'insister avant tout pour la prorogation du traité jusqu'au ler avril. Mais si le Cabinet de Vienne se refuse absolument à admettre cette échéance, nous ne pourrions accepter la prorogation de six mais qu'à la condition d'appliquer aux produits autrichiens, non compris dans le tarif A du traité de 1867, le nouveau tarif conventionnel annexé au traité italo-français du 6 juillet dernier, dès que ce traité entrerait en vigueur. Vous savez que d'après l'article huit du traité de 1867, les produits autrichiens non compris dans le tarif A annexé à ce traité, jouissent du traitement établi par le traité franco-italien de 1863. Si cette combinaison était égalément refusée par le Gouvernement autrichien, nous serions forcés de rester sans traité, mais je pense que ce régime ne conviendrait pas plus à l'Autriche qu'à l'Italie, je vous écris à ce sujet.

234

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 650/240. Londra, 7 dicembre 1877 (per. il 20).

Ieri io vidi nuovamente il Conte di Derby per sapere se egli avesse pensato alla questione del blocco dei porti Russi del Mar Nero e della... (l) alla bocca del Bosforo, dei bastimenti di commercio di bandiera neutra che avessero toccato quei porti.

Egli mi rispose che non aveva ancora studiato l'argomento, ma che secondo il di lui parere le crociere avevano il diritto di cattura, dovunque incontrassero un bastimento neutro che avesse toccato un porto il di cui blocco era dichiarato.

Io non potei trattenermi di fare osservare al Nobile Lord che con quella sua opinione risuscita va tutte le antiche pretese inalberate da parecchie potenze e, fra le altre, dall'Inghilterra circa il diritto di catturare le navi neutre sotto pretesto di blocco; che contro simili pretesi si era sempre protestato e che il memorandum annesso al Trattato di Parigi del 1856 firmato dall'Inghilterra stessa, aveva avuto per iscopo di fare cessare le incertezze a quel riguardo, e di

stabilire in modo inconcusso i diritti dei neutri e di definire il blocco obbliga

torio che per essere tale deve essere effettivo.

La legislazione prussiana è stata ancora più esplicita a quel riguardo.

Il Conte di Derby senza insistere nella sua primitiva opinione, che egli

diceva personale, si riservò di studiare meglio la questione.

Siccome questa verrà di nuovo in discussione mi pare che sarebbe oppor

tuno che il nostro Governo facesse all'uopo studiare l'argomento per definire

in modo esplicito in base ai trattati e specialmente a quello del 1856, la giuri

sprudenza relativa al blocco ed ai diritti dei neutri.

(l) La parola manca nell'originale.

235

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 651/241. Londra, 7 dicembre 1877 (per. il 10).

Ho l'onore di trasmettere a V. E. un telegramma, qui unito, datato da Vienna, pubblicato nel Times d'oggi, nel quale è architettata una storia più o meno inverosimile, dei pretesi raggiri del Governo Italiano per impadronirsi dell'Albania, mentre la Grecia occuperebbe l'Epiro.

Quantunque le corrispondenze del Times abbiano molto perduto della loro autorità, presso le persone sensate e bene informate, tuttavia il volgo, e specialmente quello della City, le accoglie, per un tempo, come verità di vangelo, ed esse non lasciano di avere influenza sui sentimenti che in questo paese si nutrono riguardo all'Italia.

Il miglior mezzo per porre un freno alle elucubrazioni fantastiche dei corrispondenti del Times, fra i quali quello di Roma, è di dar loro una secca smentita quand'essi siano colti in fallo. Sta all'E. V. di giudicare se nel caso presente ciò occorra; ove tale smentita fosse ravvisata necessaria dessa potrebbe pubblicarsi nel nostro giornale ufficiale, quindi si pregherebbe il Times di riprodurla, ciò ch'egli farebbe ove dessa fosse redatta in termini convenienti.

A questo proposito, io debbo dire all'E. V. che ieri, avendo veduto il Conte di Derby, il nostro discorso si portò di nuovo, incidentalmente, sui pretesi progetti dell'Italia sull'Albania, ma il nobile Lord, convinto dalle mie dichiarazioni, confessò che tale notizia gli veniva indirettamente, dal Signor Tricoupi e che perciò, fin da principio, non vi evava dato credito, imperocché egli sa che non bisogna fidarsi a quello che asseriscono i Greci, le di cui parole sono, per lo più, dirette a coprire i propri progetti, anziché a dire la verità.

ALLEGATO

ITALY, GREECE, AND TURKEY

(BY TELEGRAPH FROlVI OUR AUSTRIAN CORRESPONDENT)

Vienna, December 6.

As I have already informed you, the capture of the two Italian vessels by the Turks was but a slight incident in itself, and if it was made more of than it

merited tbis was because it served to bring out into bolder relief tbe relations between Italy and Turkey. Almost ever s1nce tbis Eastern complication began, tbere bas, rigbtly or wrongly, been a lurking suspicion at tbe Porte tbat Italy was sedulously aining at getting some materia! advantage out of tbe dispute at the expense of Turkey. Tbe movements of Cbevalier Nigra last year between Ems, St. Petersburg, and Rome, tbe rumours of negotiations for an alliance between Russia and Italy, and tbe attitude of tbe Italian representatives in Constantinople and Belgrade, all contributed to increase tbis suspicion. But, more tban anytbing else, it was tbe activity of tbe Italian Consul at Scutari in cultivating relations with tbe Catbolic Albanians wbicb gave umbrage to the Porte. Tbe latter fancied it bad found indications tbat Italy, by means of tbe priests, some of wbom are Italians, wbile otbers, tbougb Albanian by birtb, bave been brougbt up in the Propaganda of Rome, was agitating for a sort of Albanian Confederation under tbe protectorate of Italy. Wbile tbus suspected of working directly on tbe Catholic Albanians, it was also feared tbat Italy was indirectly pursuing tbe same end in Montenegro by trying to come to an understanding about an ultimate arrangement of boundaries between tbe Black Mountain and tbis future Albanian Confederation. Tbis alone would be sufficient to explain tbe tenacity witb wbicb tbe Porte, in spite of all assurances to tbe contrary, persisted tbat an Italian Volunteer expedition was preparing, witb tbe consent, at least, if not witb the connivance, of tbe ltalian Government, for a descent on tbe Albanian coast.

But, apart from tbis, tbe Porte tbinks it bas trustwortby information that Italy of late bas been trying to sound Greece witb a view to prel'are tbe ground in tbat direction also. For tbis purpose, it secemed first of all necessary to ascertain bow far Hellenic claims and aspirations extended in tbe direction of Albania. Rightly or wrongly, the Turks believe tbat tbe Greek Government at first did not seem very eager to listen to tbe bints conveyed in tbis respect, and tbat it was only after Italy returned to tbe cbange tbat M. Tricoupi at last named tbe River Matt as tbe line to wbicb bis country tbought its sbare of territory should extend. Tbe fixing of tbis limit in Albania tolerably corresponds witb tbe border wbicb te Greeks bave generally assumed in tbe interior of European Turkey as tbe geograpbical line of demarcation between tbem an tbe neigbbouring territory. It would run up from tbe River Matt to Dibra, along tbe centrai Albanian range and tbe Sbarra Dagb, to Kallandere and Uskup, and along tbe Kara Dagb to tbe Despota Dagb, including all Macedonia to tbe watersbed between tbe Morava and tbe Vardar, as well as tbe wbole of Tbrace. Only by fixing tbe River Matt, bowever, as tbe demarcation line on tbe coast of Albania of tbe Greece of the future, M. Tricoupi, wittingly or unwittingly, declined beforeband any offer of co-operation witb Italy witb tbe view of sbaring Albania, for tbis would leave very little indeed to tbe Aibanian Confederation. Between tbe ground desired by Montenegro down to the Boyana and tbe territory coveted by Greece up to tbe Matt, tbere remains a coast strip of about 25 Englisb miles, witbout tbe trace of anytbing approacbing a barbour. Curiously enougb M. Tricoupi is said to bave used as a special argument for tbe support of tbis plan that be

tbaugbt botb England and Austria would eventually support tbe extension of Greece so far along tbe eastern coast of tbe Adriatic ratber tban tbat of any other Power. Altbougb tbese preliminary overtures of Italy to Greece, even according to tbe Turks tbemselves, were not very successful, tbey bave contributed to deepen tbe suspicions of tbe Porte, and wben severa! days ago an Italian man-of war, the Palestro, appeared off tbe coast of Albania witb a view to sbow tbat Italy was ready to prevent by force, if necessary, any· attempt of volunteers to land, tbe Turks were not a little alarmed, being firmly convinced tbat tbe vessel went tbere, directly or indirectly, to assist the Montenegrins in their designs on Antivari. Tbe bad weather, bowever,

bas driven away tbe Italian vessel as well as the Turkisb men-of-war, and so for the moment the Turks may be at rest.

236

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 758. Vienna, 7 dicembre 1877 (per. il 12).

Il Governo Imperiale Germanico ha diffinitivamente richiamato il suo addetto militare presso l'Ambasciata di Vienna conte Keller, nominando contemporaneamente a coprire quel posto rimasto così vacante, il Maggiore di Stato Maggiore Conte di Wedel che attualmente trovasi comandato presso il Quartier Generale Russo in Bulgaria.

Ho luogo di credere che il predetto ufficiale superiore stante la posizione che attualmente copre non verrà così presto a Vienna, e che quindi la premura colla quale il Governo Germanico volle provvedere di un titolare il posto di Addetto militare presso questa sua Ambasciata ebbe per movente l'intendimento di chiudere per conto suo l'incidente che motivò l'allontamento del Conte Keller.

Però, la poco favorevole accoglienza che la notizia di quella destinazione ebbe ad incontrare presso questi circoli militari e sociali, fa sì che a mio avviso, il Governo Germanico avrebbe agito molto prudentemente, se vi fosse astenuto per qualche tempo dal mandare in Austria un rappresentante dello Esercito Tedesco, ed anche soltanto dal designare un ufficiale per quello incarico.

Ma la natura delle relazioni esistenti fra la Germania e l'Austria permette esperienze che sarebbero assai pericolose se volessimo tentarle noi: quindi si è che anche, e forse tanto più in presenza dell'antecedente di cui è caso, rinnovo all'E. V. la preghiera già fattagli allorché mi trovavo recentemente in Roma, di astenersi dal destinare un successore al Maggiore Majnoni presso questa R. Ambasciata, sino al giorno in cui propizie circostanze mi faranno ravvisare possibile di addivenire a quella nomina senza presumibili inconvenienti: locchè venendosi a verificare non mancherei di renderne consapevole l'E.V affinché le piacerà informare l'E. S. Suo Collega della Guerra.

237

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 759. Vienna, 8 dicembre 1877 (per. il 12).

Qui compiegato trasmetto all'E. V. le informazioni che in data del 20 scorso Novembre (l) il Commendatore Curtopassi in allora Incaricato d'Affari, annunciava all'E. V. aver ottenuto da parte a suo avviso meritevole di considerazione: e che con telegramma del l o del corrente mese (2) mi s'ingiungeva di trasmettere a mezzo del Corriere di Gabinetto signor Signoroni.

(-1) Cfr. n. 205.

ALLEGATO

PROMEMORIA DI CURTOPASSI

Vienna, novembre 1877.

Prima di discorrere dell'accordo scritto che esisterebbe tra la Russia e l'Austria Ungheria in ordine alla questione d'Oriente ed all'esito della guerra che si combatte, non sarà forse superfluo il riassumere in brevi tratti i negoziati che condussero a quel patto.

Fin dal primo sorgere della insurrezione Bosniaca-Erzegovese il Gabinetto di Pietroburgo adoperavasi per quanto era in suo potere presso quello di Vienna allo scopo d'indurlo ad esercitare a due sulla Sublime Porta un'azione coercitiva e, perfino, ad intervenire armata manu in caso di resistenza; siffatti tentativi furono ripetutamente respinti dal Conte Andrassy, il quale, vagheggiando allora il pensiero d'interessare tutte le Potenze alla sorte dei Cristiani d'Oriente, iniziatore egli di tanta filantropia, dava fuori la celebre Nota de' 30 dicembre 1875.

Ognuno rammenta come, la Turchia impotente a domare l'insurrezione, si addìvenisse alla missione dei Consoli mentre, ad istanza della Russia, i due Cancellieri Russo e Germanico ed il Conte Andrassy davansi ritrovo a Berlino (Maggio 1876) per uno scambio d'idee sulle condizioni delle provincie ribelli e delle altre non lontane a seguirne l'esempio.

Il Principe Gortchakow parlò pel primo e, nell'esprimere il convincimento che non si giungerebbe mai con mezzi blandi a far udire ragione alla Turchia, proponeva un intervento armato in Bosnia ed in Erzegovina; anzi, a dissipare timori e sospetti, accennava ad un corpo d'esercito Italiano che dovrebbe compiere siffatta esecuzione Europea; il Principe di Bismarck non vi oppose difficoltà, non così il Conte Andrassy che avrebbe risposto: «Si c'est pour les Italien, nous les rejeterons à la mer ». Insistette quindi per chiedere collettivamente alla Sublime Porta lo statu qua amélioré delle provincie ribelli e le guarentigie formulate dai capi degli insorti. Nulla dunque di preciso essendosi stabilito a Berlino, si convenne di rivedersi dopo l'armistizio di due mesi patteggiato tra insorti e Turchia.

Dopo spirato quel termine, le condizioni non essendo mutate, al dire del Conte Andrassy, al punto di adottare nuove misure, e la missione dei Consoli perdurando, si cadde d'accordo per un secondo convegno (Reichstadt) se non che il Cancelliere Germanico nell'annunciare che difficilmente avrebbe potuto parteciparvi, assicurò la sua adesione anticipata a quanto gli altri due personaggi avrebbero convenuto.

Questo ritrovo di Reichstadt dovea necessariamente avere maggiore importanza per la presenza degli Imperatori Alessandro e Franct::sco Giuseppe, non che per gli avvenimenti che incalzavano nella Penisola Balcanica; difatti vi si sarebbe preso impegno verbale di assicurare alla Serbia ed al Montenegro lo statu quo, se vinti, e l'attuazione del Memorandum di Berlino per gli insorti; ove mai i Principati fossero usciti vincitori dalla lotta, la Russia e l'Austria sarebbero intervenute per risolvere radicalmente la questione d'Oriente, salvo guarentigie all'Inghilterra.

Dall'epoca della missione del generale Soumarokow a Vienna (27 settembre 1876) all'aprile 1877 ebbero luogo vari scambi di lettere autografe fra i due Imperatori corredati da laboriosissimi negoziati tra il Conte Andrassy ed il signor di Novikow al fine di tradurre in atto, e più dettagliatamente, le idee svolte a Reichstadt nelle due ipotesi di vittoria o sconfitta Turca.

Finalmente le Parti cadute d'accordo, due Convenzioni sarebbero state firmate, e scambiate a Vienna li 14 aprile ultimo; l'una antidat8,ta, fissa l'atteggiamento dell'Austria durante la prossima guerra tra Russia e Turchia; la seconda determina le mutazioni e gli aggrandimenti nel caso della rovina completa della potenza Oitomana in Europa. Eccone le condizioni:

0 ) annessione dell'Erzegovina e della Bosnia all'Austria; 2") annessione del territorio Moldavo fino al Pruth alla Russia; 3") in favore del Montenegro il territorio compreso tra Trebinjie e Visegrad

(in linea retta) presso lo sbocco del Lim nella Drina; quella tra le sue attuali fron

19 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. IX

tiere è il corso del Lim -dalla parte dell'Albania il paese circoscritto dalla Bojana, il lago di Scutari senza la città, e finalmente tra le sorgenti del Lim e il detto lago un territorio fino a Spek e Prizrend;

4") indipendenza della Rumenia con una parte della Dobrudscha a titolo di compenso per il territorio che la Russia annette fino al Pruth; 5") aggrandimento per la Serbia del paese limitrofo della Drina fino a Visegrad lungo il corso del Lim;

6") Albania Stato separato senza precisarne la frontiera nè la forma di Governo;

7") Bulgaria Stato indipendente;

8") Costantinopoli insieme ai sobborghi città libera;

9") libero passo degli Stretti senza determinare la Potenza che li possederà;

10") annessione alla Grecia dell'Epiro e della Tessaglia;

11") esclusione di qualsiasi secondogenitura al trono di Bulgaria;

12") neutralizzazione della ferrovia che correrà tra Salonicco e Sissex perché la Serbia ed il Montenegro non abbiano frontiera comune; 13") impegno delle due Parti contraenti di difendere, sia in un Congresso, sia le armi in mano, i patti precedenti.

Durante i lunghi e difficili negoziati, il Principe Gortchakoff avrebbe a pm riprese indicato la convenienza di assicurare anche all'Italia un acquisto territoriale e, ben conoscendo quanto il Gabinetto di Vienna sia ostile ad un compenso per quella preso sull'Austria, proponeva la regione settentrionale dell'Albania, ove le condizioni etnografiche avrebbero reso assai facile ed opportuna l'annessione: il Conte Andrassy si sarebbe mostrato ogni volta più riluttante a qualsiasi aggrandimento della potenza Italiana, e con lui l'Imperatore; di guisa che fu d'uopo passar oltre.

Chi scrive si permette di osservare che, se l'accordo Austro-Russo è mezza favola, bisogna almen convenire che esso giustifica in gran parte l'atteggiamento serbato da due anni dal Conte Andrasssy, il cui obbiettivo nella questione che agita oggidì l'Oriente dell'Europa sembra ancora per molti ravvolto nelle pm fitte tenebre. Non si ponga in oblio l'ostilità palese del Gabinetto di Vienna, nel primo anno della insurrezione, ai progetti Russi d'ingerenza diretta e peggio, non che il linguaggio all'indirizzo dei due Principati ribelli; si faccia qundi un raffronto tra quelle disposizioni e le attuali.

(2) -Non pubblicato.
238

IL MINISTRO A MADRID GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 225. Madrid, 8 dicembre 1877 (per. il 13).

Nel mio ultimo colloquio col Signor Silvela dopo essersi parlato dello stato di salute di Pio IX, venne naturalmente il discorso sul prossimo conclave e sull'atteggiamento che avrebbero serbato le principali potenze in quel frangente. Su questo proposito il Ministro di Stato cosi si espresse: «La Spagna desidera, e non ne tiene dubbio, che il Conclave abbia a tenersi in Roma colla massima sicurezza e libertà e fa voti perché la scelta del successore a Pio IX possa cadere sopra un soggetto inclinato alla conciìiazione e di temperati sentimenti. Istruzioni in questo senso furono impartite ai due rappresentanti di Spagna in Roma».

In quanto alla esclusiva il Signor Silvela non formulò un concetto preciso, disse soltanto che dell'esclusiva (veto) se ne farebbe uso, in ogni caso, solo per facilitare l'elezione di un Pontefice conciliante.

In ultimo osservò che se la Spagna a vece del diritto d'esclusiva potesse usare quello d'inclusiva, cioè «la facoltà d'indicare il soggetto da lei desiderato, questi sarebbe il Cardinale Franchi, che lasciò in !spagna, allorché vi fu Nunzio, i più grati ricordi e sempre anche nel Vaticano usò della sua influenza per favorire il Governo di Alfonso XII».

239

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 846. Pietroburgo, 11 dicembre 1877, ore 1,45 (per. ore 2,25).

On annonce officiellement la prise de Plevna. Osman pacha et son armée rendus à discrétion.

240

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 850. Vienna, 11 dicembre 1877, ore 17,25 (per. ore 20).

Le Gouvernement autrichien à déjà déelaré accepter la prorogation de trots mois, jusqu'au 1er avril 1878 proposée par l'Italie pour le traité de commerce. On espère avoir demain une réponse analogue de la Hongrie, j'ai déjà concerté avec le ministre des affaires étrangères la déclaration à échanger. Elle serait identique à celle signée à Rome le 4 juin dernier sauf qu'il est dit «dénonciation ». Il y aurait prorogation et !es dates seraient changées comme de raison. Pour accélérer la chose, je prie V. E. de m'envoyer par le télégraphe l'autorisation de signer. J'espère que la signature pourra avoir lieu jeudi. Aussitòt fait, je vous enverrai, si vous le désirez, le texte par le télégraphe pour pouvoir de suite le publier.

241

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 952. Costantinopoli, 11 dicembre 1877 (per il 18).

Alla conferenza di ieri tenni parola al Ministro degli Affari Esteri delle navi italiane che furono sequestrate nel Bosforo. Dissi a S. E. un'interpellanza essere stata fatta al R. Governo in proposito nella Camera dei Deputati, e le diedi conoscenza della risposta dell'E. V. Feci indi osservare al Signor Ministro di quanta moderazione l'E. V. avesse usato in questa circostanza. Però credetti mio dovere d'aggiungere esservi altre ragioni le quali il R. Governo si riservava di far valere se non si faceva ragione a' suoi reclami; ed esse erano: il blocco non essere mai stato effettivo, ed una cinquantina di navi greche essere passate impunemente; non potersi applicare alle navi italiane nuovi e speciali rigori.

S. E. volle contestare questi fatti; ma replicai essere essi di pubblica notorietà; e soggiunsi nelle questioni di giurisprudenza internazionale il potere esecutivo aver sempre il diritto d'intervenire per motivi di alta politica ed allo scopo d'evitare complicazioni che potrebbero avere funeste conseguenze. S. E. mi dava in risposta l'assicurazione che la pendenza sarebbe fra breve composta in modo soddisfacente.

Il Ministro di Grecia si trasferì dal suo canto a fare officii presso il Gran Vizir nell'interesse delle navi greche che già furono condannate dal Tribunale delle prese. E Sua Altezza davagli analoga assicurazione, aggiungendo tuttavia che per l'avvenire sarebbero prese le misure necessarie per dare maggior efficacia al blocco del Mar Nero. Io nutro quindi ferma fiducia che la controversia sarà per ricevere una pronta soluzione.

M'incombe in pari tempo di ragguagliare l'E. V. che l'Ambasciatore AustroUngarico ha ricevuto dal suo Governo l'ordine di far intendere alla Sublime Porta come esso non consideri questo blocco come effettivo, e non potrebbe quindi d'or innanzi inibire ai bastimenti nazionali di esercitare il commercio coi porti russi del Mar Nero. Però non mi risulta che fino a questo giorno il Conte Zichy abbia fatta l'idonea comunicazione alla Sublime Porta.

242

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 954. Costantinopoli, 11 dicembre 1877 (per. il 18).

Alla conferenza di ieri il Ministro degli Affari Esteri ritornava sull'argomento della condotta dell'Europa innanzi al presente conflitto, e ripeteva la sua meraviglia ch'essa non s'interponesse per far cessare tante stragi. Ed avendo io osservato come la cessazione d'una guerra dipendesse generalmente dalla volontà dei combattenti, S. E. riprendèva con vivacità: «Ma la Turchia desidera la pace, io lo proclamo altamente, officialmente, né vedo alcuna ragione per la continuazione della guerra. Quanto alle riforme la Maestà del Sultano ha fatto conoscere la Sua Volontà d'accordarle a tutto l'Impero, né potevasi fornire miglior garanzia per l'esecuzione della volontà Sovrana, della promulgazione della Costituzione. L'Imperatore di Russia ha solennemente dichiarato all'Europa non intraprendeva la guerra, per fare acquisti territoriali. La Sublime Porta è dunque disposta a conchiudere la pace sulla base dell'indipendenza e dell'integrità dell'Impero». L'E. V. comprenderà di leggieri come io mi astenessi dall'entrare in questa discussione. Mi limitai a soggiungere come stava ai Consiglieri della Corona, alla Maestà del Sultano di considerare quali determinazioni fossero a prendersi nell'interesse della Monarchia.

*Analogo discorso teneva Server Pacha all'Ambasciatore Germanico nella

giornata d'ieri. Diceva S. E. il Governo Ottomano desiderare la pace, ma vor

rebbe sapere primieramente sopra quali basi la Russia sarebbe disposta ad entrare in trattative; e domandava a Sua Altezza se non poteva fornirgli qualche ragguaglio in proposito. Cui il Principe di Reuss rispondeva non essere in grado di portare alcun lume sulla questione. Soggiungeva allora S. E. quello essa traeva dalle informazioni private non essere incoraggiante parlarsi di mutamenti territoriali in Asia i quali lederebbero il principio dell'integrtà dell'Impero, epperò la Porta non potrebbe prestarvisi; fu anche detto che la Russia domanderebbe la apertura degli Stretti, ed interrogava Sua Altezza se avesse qualche conoscenza di siffatta intenzione. Cui avendo il Principe replicato averne infatti visto qualche menzione nei giornali, S. E. soggiungeva siffatta condizione non potrebbe mai essere accettata dalla Sublime Porta. Il Principe di Reuss declinava d'entrare in questa discussione, e s'accontentava di dire il Governo Ottomano avrebbe a vedere fino a quando poteva continuare la guerra. ''

I discorsi tenuti i questi giorni dal Gran Vizir non danno alcun segno di tendenze pacifiche. Sua Altezza diceva ieri ad uno de' miei colleghi esser vano di tentar negoziati nelle presenti congiunture, la Russia porrebbe condizioni non accettabili dalla Sublime Porta; meglio valeva continuare energicamente la lotta fino agli estremi, e quando le forze dell'Impero si trovassero esauste, altri Ministri subirebbero le conseguenze della dura necessità. Né sembra balenare allo spirito di Sua Altezza che gli effetti d'una guerra protratta agli estremi potrebbero essere più gravi di quelli di una lotta fermata ad uno stadio anteriore. Si direbbe anzi che la soddisfazione ottenuta nell'occasione della recente crisi l'abbia raffermata sempre più nei propositi bellicosi.

Dalle quali cose risulta gli spiriti di questi Governanti esser lungi dall'aver raggiunto quelle disposizioni che sarebbero necessarie per produrre negoziati di pace. * Né, per quanto m'è noto, gli attuali intendimenti della Maestà del Sultano sono di diversa natura. Sua Maestà nutre tuttavia grandi speranze di liberare il territorio dell'Impero dall'invasione russa, le quali sono in molta parte fondate sopra un erroneo concetto del presente stato delle forze Ottomane. M'è, per esempio, riferito da buona fonte che in questi giorni Sua Maestà si lamentava perché Mehemed Ali Pacha non avesse saputo far di più co' suoi sessantamila uomini; né alcuno dei presenti ardiva rettificare l'esagerata idea Sua Maestà aveva di quelle forze. *

È questo il presente stato delle cose. Quali sarebbero gli effetti psicologici di un grande avvenimento come sarebbe quello della capitolazione di Plewna, è difficile di prevedere, né io m'attenterei di fare pronostici sopra di essi (1).

243

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 550. Roma, 12 dicembre 1877, ore 22,25.

Il règne à Tunis une certaine inquiétude par suite des bruits qui ont couru sur l'envoi d'une flotte russe dans la Méditerranée. Je désirerais savoir si une flotte impériale est sortié de la Baltique et si ces bruits ont quelque fondement.

(l) Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi, in LV 24, pp. 241-242.

244

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1935. Berlino, 12 dicembre 1877 (per. il 18).

On aurait pu croire qu'un événemcnt attendu avec tant d'espoir par le uns et avec tant de crainte par les autres, comme la capitulation de Plewna, aurait eu pour effet de faire sortir dans une certaine mesure le Cabinet de Berlin de cette réserve si persistante qu j'ai eu à constater dans mes rapports depuis le commencement de la crise orientale. Il n'en a pas été ainsi, et de la part du Gouvernement il n'y a, jusqu'ici du moins, qu'à prendre note d'un entrefilet de la Provinzial Correspondenz, énumérant les succès militaires de la Russie, qui aurait à se féliciter des résultats déjà obtenus.

Le Prince de Bismarck, qui devait revenir dans le courant de ce mois à Berlin, prolongera son absence à cause des soins qu'exige sa santé ébranlée. Les journaux s'évertuent à trouver à cette décision d'autres motifs, qu'ils cherchent surtout dans le réveil d'une opposition parlementaire, dans de ténébreuses intrigues des ennemis du Chancelier, et dans une résistance inattendue à la politique de ce dernier de la part du Synode Evangélique pour ce qui concerne les affaires religieuses. Quoiqu'il en soit, l'occasion manquera plus que jamais de connaitre directement, en partie du moins, la manière de voir du Chancelier Impérial sur la situation actuelle de la politique européenne.

Je tiens dès lors à communiquer confidentiellement à V. E. les idées que j'ai entendu émettre par une personne qui passe pour étre au courant des appréciations du Prince de Bismarck et pour jouir de sa confiance.

La chute de Plewna n'aurait émn Rn rien le Chancelier allemand. Il s'y attendait, sans y attacher une grande importance, car selon lui cet événement ne pouvait ouvrir encore la voie à des arrangements définitifs entre les belligérants. Les intempéries de l'hiver vont se charger bientot d'imposer un temps d'arrét aux opérations militaires: cela ne serait pas, que les Russes auraient encore deux ou trois Plewna à réduire par la faim ou par l'assaut avant de pénétrer au delà des Balkans: quel résultat peut on dès lors s'attendre de la capitulation d'Osman Pacha? Certes, si la Russie voulait maintenant se contenter d'obtenir que son adversaire acceptat les clauses du protocole de Londres, la paix pourrait étre signée bientot. Mais il s'en faut de beaucoup, pour qu'il en soit ainsi. Les prétentions russes ont augmenté avec les succès de la campagne qu'ils ont entrepris: elles s'étendent à l'heure qu'il est à l'Arménie, à la Bessarabie, et à la liberté du passage des Dardanelles. La Turquie, grace au sursis que lui vaudront l'hiver et les positions qu'elle a encore à défendre dans les Balkans, se croit de force à soutenir la lutte l'année prochaine, et le fanatisme musulman, surexcité au plus haut point, ne tolérerait pas un acte de faiblesse de la part du Sultan, enclin dit on à renoncer à la lutte. D'autre part le Tsar, animé lui aussi, parait il, de dispositions conciliantes, ne serait pas, lui non plus, assez fort pour les imposer à son entourage: la crise actuelle à démontré, entre autres, que la toute puissance des Tsars n'est plus la mème que par le passé.

Il faut dane s'attendre à un armistice, si la Turquie en veut, mais pas à autre chose pour le moment: et à une reprise de plus en plus acharnée de la guerre le printemps prochain. Au surplus, la conclusion d'une paix incomplète, qui ne ferait que différer la solution de la crise orientale n'est guère à souhaiter dans l'intérét général.

Il résulte malheureusement de cet état de choses un danger très grave, celui d'une coalition austro-franco-anglaise. Mon interlocuteur insistait sur ce point, au sujet duquel je me permettais de manifester une certaine incrédulité. Il prétendait que l'Angleterre continue ses efforts pour amener l'Autriche-Hongrie à rompre les liens qui l'entravent, et à se joindre à la Grande Bretagne pour arréter les Russes dans leurs prétentions. Il affirmait de méme que la France, malgré l'état de ses affaires, agissait dans le méme sens. La politique du Prince de Bismarck réussirait-elle jusqu'au bout à empécher une pareille complication? C'était douteux, et là était le danger.

Quant à l'Italie, me disait mon interlocuteur, n'émettant probablement que son impression personnelle en suite de l'attitude récemment prise par le Bey de Tunis en faveur du Sultan. elle finira par gagner Tunis. J'ai répondu que nous avions toujours visé au maintien du status quo, nommément en ce qui concerne la Bosnie qu'on voudrait attribuer à l'Autriche. Cette dernière combinaison n'est guère probable a-t-il répliqué; l'Autriche n'en veut pas, et rien ne l'effraye camme l'idée d'une pareille annexion.

Je n'ai pu vérifier d'où surgissait cette pensée, que la guerre russo-turque pourrait donner Tunis à l'Italie. En tout cas, je ne crois guère aux assurances de crainte et d'abnégation de l'Autriche Hongrie. Mais, s'il en était ainsi, il conviendrait, autant qu'il dépendrait de nous, d'aider à la fortifier dans ces sentiments.

Si la personne avec qui j'ai eu l'entretien dont j'ai résumé ici le sens est bien informée, il faudrait en induire que le Prince de Bismarck ne croit point à une paix prochaine entre la Russie et la Turquie; qu'il s'attend bien plus à d'autres complications; qu'il persistera dans la réserve qu'il a observée jusqu'ici, et que san attention continuera a étre en grande partie tournée du còté de la France.

245

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 861. Pietroburgo, 13 dicembre 1877, ore 17,30 (per. ore 19,05).

Chez mes collègues ici et notamment à l'ambassade d'Angleterre on ne sait rien de l'envoi quelconque de navires russes dans la Méditerranée. On annonce le retour de l'Empereur à Saint Pétersbourg dans dix jours. On croit généralement que la chute de Plewna n'interrompra pas les hostilités, à moins que le Sultan ne fasse un appel direct au Czar. Une médiation étrangère n'aurait à mon avis aucune chance d'étre accueillie par la Russie en ce moment.

246

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI E A PIEROBURGO, NIGRA

D. Roma, 13 dicembre 1877.

Già altra volta ebbi a richiamare l'attenzione di Lei sopra sintomi varii che mostrerebbero sempre più ambigua la posizione dell'Austria-Ungheria nel conflitto orientale e lascierebbero supporre l'esistenza di accordi segreti tra l'AustriaUngheria e la Russia. Circa questo ultimo punto mi è pervenuto da Vienna un documento (1), procedente da fonte privata, che stimo utile di trasmetterle in copia, non già perché se ne possa guarentire l'autenticità, sibbene perché alcuni dati in esso contenuti parrebbero abbastanza verosimili. Per quanto poi concerne più specialmente l'atteggiamento dell'Austria-Ungheria verso la Serbia e verso la Grecia, non le riusciranno privi d'interesse i due rapporti, qui pure acchiusi in copia, del R. Ministro in Atene e del R. Agente e Console generale in Belgrado (2).

247

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 865. Pera, 14 dicembre 1877, ore 10,30 (per. ore 11,55).

L'agent serbe vient de notifier qu'il a envoyé à la Porte la note portant la déclaration de guerre motivée par la violation du traité de la part de celle-ci, pour ne pas avoir exécuté l'amnistie et pour avoir conspiré contre le Gouvernement serbe. Il part aujourd'hui.

248

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A VIENNA, DI ROBILANT E AI MINISTRI, AD ATENE, MAFFEI, E A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. l. Roma, 14 dicembre 1877, ore 11.

Aujourd'hui j'ai reçu la communication d'une circulaire télégraphique adressée de Constantinople le 12 aux représentants de la Turquie à l'étranger. Dans cette circulaire la Porte rappelle les concessions qu'elle a faites à tous ses sujets sans distinction de religion et de race; elle déclare que la guerre est la seule entrave qui ralentit l'oeuvre de la réforme et crée une situation funeste

à la prospérité générale du pays. La question des réformes étant hors de cause, il n'existe aucune raison de continuer la guerre. L'esprit de conquete a été répudié par le Tzar; l'honneur militaire est resté intacte. Le moment est venu où les deux parties peuvent accepter la paix sans forfaire à leur dignité et où l'Europe pourrait utilement interposer ses bons offices. Quant au Gouvernement impérial, il est pret à la demander. C'est au nom de l'humanité que la Turquie fait appel aux sentiments de justice dcs grandes Puissances et elle espère que celles-ci voudront bien accueillir favorablement sa démarche. C'est dans ces termes que la Turquie s'adresse aux Puissances. J'ai répondu que les voeux de l'Italie étaient acquis à la cessation des hostilités; que j'entrerai en rapport avec les autres Cabinets, car nous ne saurions en cette circonstance nous séparer de la ligne de conduite que ces derniers jugeront préférable pour amener les résultats pacifiques qui sont certainement l'objet de leur désir général.

Je désire connaitre l'accueil que la démarche de la Porte a eu à Paris Vienne Londres Berlin.

(Pour Berlin seulement) Tachez de me renseigner sur les dispositions de l'Allemagne, dont nous ne voudrions pas nous séparer dans un moment aussi décisif.

(l) -Cfr. n. 237. (2) -R. 99 Atene 7 dicembre e r. 595 Beìgrado 23 novembre, non pubblicati.
249

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 866. Parigi, 14 dicembre 1877, ore 11,35 (per. ore 13,40).

Le Journal Officiel donne la composition du nouveau Miuistère nommé hier soir par le président de la république.

M. Dufaure: justice et présidence.

M. Waddington; affaires étrangères.

M. Marcère: intérieur.

M. Léon Say: finances.

M. Bardoux: instruction publique. Général Borel: guerre. Amiral Pothuau: marine. De Freycinet: travaux publics.

M. Teisserenc de Bort: commerce.

Le Cabinet appartient, pour deux tiers au centre gauche du Senat, et un tiers au centre gauche de la Chambre.

250

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 868. Vienna, 14 dicembre 1877, ore 13,50 (per. ore 15,40).

Je viens de signer et d'échanger avec Ie comte Andrassy la déclaration qui proroge le traité de commerce existant jusqu'au 31 mars 1878. J'expédie ce document par la poste.

251

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 871. Belgrado, 14 dicembre 1877, ore 18,40 (per. ore 19).

La proclamation princière appelle le peuple aux armes au nom de la libération et de l'indépendance.

252

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 956. Costantinopoli, 13-14 dicembre 1877 (per. il 20).

Tre giorni sono (l) io aveva l'onore di riferire all'E. V. come fosse difficile di prevedere gli effetti psicologici d'un gran fatto militare come sarebbe quello della caduta di Plewna. Ora Plewna è nelle mani dei Russi, l'esercito di Osman Pacha è scomparso. e non si può tuttavia discernere quali saranno gli effetti immediati del grande avvenimento. La prima impressione prodotta alla Sublime Porta fu quella di costernazione; i Consigli dei Ministri furono tenuti in permanenza; ma ·Ie sole misure decretate finora furon quelle che riguardavano la difesa. Si fanno partire senza posa alla volta di Adrianopoli e di Sofia tutti i soldati che si panno riunire, poiché il piano sarebbe di stabilire tre punti di resistenza, a Sofia, a Filippopoli, ed a Adrianopoli; si parla di far venire a quest'ultimo anche una parte delle truppe di Suleiman Pacha; e furono già spediti a quella volta tre dei quattro battaglioni di pompieri da Costantinopoli. Si prolungherebbe per tal modo la resistenza fino agli estremi nella fiducia che, quando Costantinopoli fosse minacciata dal nemico, l'Europa e sopratutto l'Inghilterra si risveglierebbero dalla presente apatia, ed accorrerebbero alai difesa dell'Islamismo. Strana ostinazione questa di voler tener l'Europa responsabile della guerra dopo che la Turchia ne respinse per ben due volte gli unanimi consigli. Questa fu la prima impressione; ma vi sono pur delle persone che comprendono la gravità della posizione, e l'urgenza di far qualcosa per aprire dei negoziati di pace. Però queste osano appena far sentire la loro voce nei Consigli della Corona, il che viene in parte dalla naturale ripugnanza d'essere i primi a parlare di concessioni, * in parte dalla naturale disposizione dei Musulmani di rimettere all'indomani quello che s'avrebbe a far oggi. * Senonché l'evidenza delle cose è tanta che mi stupirebbe se, passato il primo momento di penoso stupore, quelli che hanno la responsabilità della conservazione dell'Impero non comprendessero la necessità di domandare la pace. Credo anzi che il Ministro degli Affari Esteri abbia già telegrafato ai Rappresentanti della Porta all'estero d'interpellare i Governi presso i quali sono accreditati circa le rispettive disposizioni d'intraprendere la mediazione.

In questi giorni l'azione diplomatica non ebbe a manifestarsi, poiché era naturalmente primo nostro ufficio di renderei conto degli effetti che sarebbero prodotti dalla nuova situazione. * L'E. V. d'altronde conosce le istruzioni che i Rappresentanti di Austria-Ungheria, di Germania e di Francia in questa residenza hanno dai rispettivi Governi, le quali sono in generale di mantenere la riserva riguardo alla questione della pace. Alcuni di essi sono invero d'avviso che, nessuna Potenza Europea essendo dispost.:t od atta ad esercitare la mediazione, il solo mezzo che rimarrebbe alla Turchia per salvarsi dall'abisso sarebbe quello di domandare senza un minuto d'indugio la pace direttamente al nemico, poiché le soluzioni che forse oggi non entrano nei progetti di alcuno potrebbero divenire possibili od anca inevitabili se la lotta fosse protratta sin sotto le mura di Costantinopoli. Ma questo mezzo ripugna all'Ambasciatore d'Inghilterra il quale, a quanto mi si assicura, fa ogni passo per distoglierne i Ministri del Sultano. E l'autorità del Rappresentante Britannico è grande in quelle regioni.

P. S. -14 dicembre. Stamane comparve il telegramma (l) che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi per significarmi codesto Ministro di Turchia averle comunicato un telegramma pel quale il Governo Ottomano domandava l'interposizione dei buoni ufficii delle Potenze pel ristabilimento della pace, nonché l'opportuna risposta fatta dall'E. V. la prego d'aggradire i miei più distnt rngraziamenti per questa importante notizia. sulla quale erasi qui tenuto il più gran segreto * ( 2).

(l) Cfr. n. 242.

253

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 876. Londra, 15 dicembre 1877, ore 16,12 (per. ore 18,25).

Voici ce qui me revient du résultat du conseil des ministres d'hier, Disraeli aurait de nouveau insistè sur la nécessité de s'adresser à la Russie, pour qu'elle déclare quelles sont ses intentions ultérieures après la prise de Plewna et le conseil aurait adhéré à cette proposition. Puis on aurait discuté la forme dans laquelle elle devrait étre faite, Disraeli voudrait une note écrite à étre remise au comte de Schuwaloft'. Lord Derby, au contraire, se contenterait d'une interpellation verbale. La question est encore indécise, mais on croit que Disraeli l'emportera, d'autant plus que le marquis de Salisbury ayant échoué dans le rapprochement qu'il avait tenté avec les représentants du parti libéral réunis chez le due de Devonshire, parait s'étre rapproché de Disraeli qui gagne en faveur dans l'opinion. Aujourd'hui la Reine lui fait la visite annoncée qui est considérée comme très significative. Les ambassadeurs d'Autriche et d'Allemagne n'avaient pas encore reçu de leurs Gouvernements la communication de la note télégraphique de la Porte que lord Derby leur a néanmoins fait connaitre. Le comte de Beust observa que la dite note ne parle pas d'action collective des

Puissances; il croit contrairement à l'opinion de lord Derby que chacune des Puissances est appelée par la Turquie à agir isolément en faveur de la paix. La déclaration de guerre de la Serbie est jugée, méme par quelques personnages russes, avec sévérité et presque avec mépris. Il parait, d'après ce que m'a dit un ambassadeur, que la Grèce est très embarrassée et demande des conseils à l'Allemagne.

(l) -Cfr. n. 248. (2) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi, in LV 24, p. 243.
254

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 877. Parigi, 15 dicembre 1877, ore 17 (per. ore 18,55).

Je viens de voir M. Waddington qui a pris à l'instant possession du ministère des affaires étrangères. Je lui ai parlé de la circulaire turque, mais il n'a encore rien pu me dire sur ce que fera le Gouvernement français et m'a prié d'attendre jusqu'à mardi ou mercredi. Etant resté dans les meilleurs termes avec lui, lorsqu'il quitta le pouvoir au 16 mai, il m'a fort bien acceuilli et m'a tenu un langage très-ouvert. Il m'a dit que ce qui a rendu le retour à la gauche particulièrement dur au maréchal Mac-Mahon, c'est la mort [sic] du Pape. Sur ses instances, je vous prie de me donner les plus amples assurances quant à l'intention du Gouvernement de Sa Majesté de respecter la liberté absolue du futur conclave et de veiller soigneusement à son indépendance et à sa sécurité. Je vous prie en outre de me faire savoir de la manière la plus précise et la plus claire si vous avez quelques indices pouvant vous faire craindre que des influences jésuitiques ou ultramontaines poussent à tenir le conclave hors de Rome. A quel endroit songerait-on dans ce cas? Si vous étes en mesure de faire des déclarations très-nettes à cet egard, vous rendrez un service à ce ministère qui vous est favorable et désire calmer les appréhensions du maréchal.

255

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 878. Berlino, 15 dicembre 1877, ore 17,20 (per. ore 19).

Voici le résultat de l'entretien que je viens d'avoir avec Biilow: l'ambassadeur ottoman lui a communiqué la circulaire de son Gouvernement. Biilow en fera rapport aujourd'hui à l'Empereur Guillaume. Il espère pouvoir me donner quelques indications ultérieures après-demain, lundi. En attendant, il connaìt assez l'Empereur pour me dire, de méme qu'à l'ambassadeur ottoman et à l'ambassadeur d'Angleterre, que l'Allemagne n'étant pas intéressée en première ligne, se tiendrait sur la réserve; qu'elle ne prendra pas d'initiative, et qu'elle voudrait en tout cas connaitre préalablement la manière de voir des autres Puissances. Mon opinion est que le Cabinet de Berlin, afin que la Turquie soit amenée à s'adresser d'abord directement à la Russie, ne favorisera pas les ouvertures de la Sublime Porte pour une médiation. Il nous conviendrait dès lors de nous tenir aussi dans la plus grande réserve, car il est possible que le prince de Bismarck, sans décliner catégoriquement s'abstiendra de concourir à une médiation. Ceux qui l'auraient acceptée, se trouveraient alors dans une position encore plus délicate. Au surplus, comme Biilow en faisait personnellement l'observation, la circulaire turque présente-t-elle une base sérieuse pour des négociations? La sublime Porte en effet s'en réfère surtout à la constitution, et si on lui demandait de préciser des conditions de paix, elle en formulerait d'inacceptables au moins pour la Russie.

256

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 310. Roma, 15 dicembre 1877.

Ringrazio V. E. di aver chiamato la mia attenzione sopra un telegramma spedito da Vienna al Times e da codesto giornale pubblicato nel suo numero del 7 dicembre (l). Quel telegramma conteneva come molte altre pubblicazioni dello stesso periodico cose inesatte e non poche informazioni malevoli o completamente erronee.

Sta in fatto, e ciò confido in modo tutto particolare e segreto a V. E., che in Albania musulmani e cristiani temono quasi ugualmente il Montenegro e la Austria-Ungheria e che nelle presenti difficoltà dell'Impero Ottomano sorgono colà spontanee aspirazioni a protezioni straniere dalle quali avrebbe nulla a temere la loro indipendenza nazionale. Ma queste aspirazioni non sono favorite

o promosse dalla nostra diplomazia ed Ella ne troverà una prova nel dispaccio di cui qui unisco una copia (2).

Tutto ciò è a titolo strettamente confidenziale ed io prego V. E. di non farne alcun uso presso i Ministri britannici.

257

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. 911. Roma, 15 settembre 1877.

Mi sono pervenuti solamente ieri rapporti della S. V. Illustrissima del 22 novembre e 2 dicembre corrente (3).

Ho ricevuto al contrario senza ritardo il suo telegramma cifrato del 12 di questo mese (1). È qui annesso un paragrafo in cifra.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

La difficulté des relations que Vous pourrez avoir désormais avec moi étant toujours plus grande depuis que le blocus s'étend jusqu'à Durazzo, vous devez redoubler de précaution pour ne pas vour créer des ambarras avec l'autorité locale.

Il n'est pas à ma connaissance qu'il y ait en ce moment une puissance qui vise à s'emparer de l'Albanie. Mais si malheureusement la guerre devait continuer et si les tures devaient se trouver dans l'impossibilité de gouverner cette province les intéréts naturels de l'Italie s'opposeraient à ce que ce pays tombe sous la domination autrichienne. Cette hypothèse bien qu"elle ne soit pas près de se réaliser nous impose une attitude vigilante. Mais de mème que nous devons reserver nos résolutions pour le moment où il y aurait un danger sérieux de voir l'Autriche s'emparer du territoire abandonné par la Turquie nous devons bien nous garder de donner au Gouvernement autrichien le moindre prétexte de justifier une prise de possession en alléguant que

cet acte était devenu nécessaire pour empècher l'Italie de s'emparer de deux rives de l' Adriatique. Veuillez donc vous conduire avec la plus grande prudence et ne perdez jamais de vue ce que je viens de vous dire et informez moi en conséquence.

Vous avez bien fait de réfuser votre concours pour une action auprès du prince de Monténégro. Il ne nous appartient pas d'intervenir pour arrèter le cours des opérations militaires de cet allié de la Russie.

Un avis de la Marine Royale a été dans les eaux d'Antivari mais il s'est retiré à cause du blocus. Je n'ai pas d'autres instructions spéciales à vous donner.

(l) -Cfr. n. 235. (2) -Cfr. n. 257. (3) -Non pubblicati.
258

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 761 (2). Vienna, 15 dicembre 1877 (per. il 19).

Nella seduta dell'll corrente del sotto comitato della Delegazione Ungherese per gli affari esteri il Conte Andrassy fu interpellato dal Delegato Conte Szecsen (non dall'arcivescovo Haynald come i giornali ebbero a riferire) se e quali accordi fossero stati presi dal Gabinetto di Vienna con altri Gabinetti intorno al diritto di veto da esercitarsi nella circostanza dell'elezione di un nuovo Papa. S. E. rispose non trovarsi in grado di rispondere in proposito, non essendosi al riguardo scambiate comunicazioni di sorta con alcun Governo. Il Barone Orczy, che già incidentalmente m'aveva tenuto di ciò parola l'indomani, ripetevami la cosa ieri ancora senza che, come di ragione, io gli facessi interrogazione qualsiasi al riguardo né promuovessi da lui maggiori spiegazioni.

(l) -Non pubblicato. (2) -Annotazione marginale: <<A Parigi, Madrid, Lisbona, 22 dicembre 1877 ».
259

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA. A PARIGI, CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 3. Roma, 16 dicembre 1877, ore 23,55.

Le Cabinet en présence de la nouvelle situation qui lui était crée par les dissentiments qui avaient surgi dans la Chambre, a jugé à propos de donner sa démission afin de faciliter sa recomposition d'une manière qui puisse ètre agrée par le parti qui conserve la majorité dans le parlement. V. E. peut rassurer complètement le Gouvernement auprès duquel elle est accréditée sur les conséquences de la crise actuelle au point de vue de la politique du Gouvernement. et surtout, dans le cas où on lui en parlerait, elle doit s'appliquer à faire comprendre que rien n'est changé, dans l'attitude du Gouvernement italien, relativement à l'éventualité d'un prochain conclave.

260

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 16 dicembre 1877.

Mi proponevo di rispondere assai lungamente alla di Lei ultima lettera particolare quando la crisi ministeriale è venuta a modificare la situazione interna in guisa da togliere quasi ogni interesse e certamente tutto il valore alle cose che avrei potuto scriverle.

La caduta del gabinetto è la conseguenza della scissione del partito che lo ha sostenuto dalle ultime elezioni in poi. Le cause della scissione sono molte. La maggior parte sfugge all'esame di chi non vivendo dans les coulisses non è in grado di conoscere tutti i piccoli congegni delle maggioranze parlamentari. Il risultato è questo che i morceaux vi sono tutti, ma la macchina non funziona più. Voglio dire che la crisi sopraggiunge in un punto in cui la destra non ha acquistato i voti perduti dalla sinistra, ma questi voti non obbediscono più ai cenni del ministero.

Quando Le arriverà questa lettera, forse la situazione si sarà fatta più chiara. Intanto ciò che Le posso dire è che, nei vari colloqui che ebbi in questi ultimi giorni col presidente Depretis, questi mi si palesò fermamente convinto che la politica estera ha ormai anche in Italia una tradizione da seguire, tradizione che è stabilita dalla forza stessa degli interessi che s'impongono a tutto il paese qualunque sia la frazione di partito dominante. Questa convinzione del cavalier Depretis mi pare rassicurante ed è a questo titolo che la faccio conoscere a Lei, caro Conte, persuaso che come sempre Ella avrà grandissima parte nel sostenere in faccia all'estero la posizione ed il credito del nostro paese. Ella mi domandava qualche indicazione circa il Papa ed il conclave.

La salute del Papa non permette cìi prevedere una lunga durata del suo pontificato. Vi ha chi crede che la catastrofe potrebbe verificarsi presto.

A questo riguardo la presente crisi del Ministero è un fatto di cui non si potrebbe nascondere la gravità. Tutte le disposizioni che si sapevano prese e sopra tutto il contegno calmo del governo nostro rassicuravano anche i più inquieti.

Abbiamo ottenuto, non andando a cercare gli altri, che il maggior numero delle Potenze si sia diretto spontaneamente a noi per parlare di questo grave affare.

Ora che cosa sarà per succedere nell'opinione pubblica all'estero, non saprei dirlo. A questo riguardo certamente la crisi è un fatto grave.

P. S. Ben inteso che queste sono puramente le mie impressioni personali.

261

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 4. Roma, 17 dicembre 1877, ore 0,30.

M. de Noailles a eu, il y a peu de jours avec moi une conversation dont le but était de pouvoir rassurer complètement M. De Banneville au sujet des dispositions du Gouvernement italiene relativement à la liberté du conclave. J'ai dit à l'ambassadeur de France que le Gouvernement était parfaitement maitre de la situation, et que dans les prévisions de tout le monde, rien ne laissait supposer la possibilité d'un changement de nature à créer un sujet d'inquiétude légitime pour les Gouvernements qui s'intéressent à la pleine liberté du Saint Siège. Vous pouvez renouveler ces assurances de la manière la plus explicite. Il n'est pas à ma connaissance que l'on trame, en ce moment quelque chose en vue de réunir le conclave à l'étranger. Je crois, en tout cas, qu'aucun Gouvernement étranger ne serait disposé à encourager une pareille résolution. Si mes informations sont bonnes, je devrais croire que les prélats qui ont eu, à différentes epoques cette idée y ont renoncé ou sont maintenant en grande minorité ici. Nous avons adopté, quant à nous, une attitude d'abstention qui, à mon avis, a contribué beaucoup à écarter toute appréhension raisonnable.

262

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 882. Londra, 17 dicembre 1877, ore 15,37 (per. ore 17,30).

La crise ministérielle qui vient d'avoir lieu en Italie pendant ces complications extérieures, cause ici une émotion bien naturelle. Toutefois il est à espérer que Depretis étant chargé de la reconstitution du Cabinet pourra en

former un assez fort pour gouverner dans ces moments difficiles. Je ne manquerai pas de rassurer le Gouvernement britannique sur les conséquences de cette crise qui ne doit pas altérer notre politique extérieure appréciée par sa sagesse et sa prudence et non plus changer nos dispositions relativement au futur conclave éventuel. Pour mon compte, j'éprouverais un vif regret si cette circonstance mettait fin à mes rapports officiels avec V. E., qui m'a toujours démontré une considération bienveillante dont le souvenir me sera précieux.

263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY E A PARIGI, CIALDINI

T. 5. Roma, 18 dicembre 1877, ore 13,05.

Le président du conséil recommande très vivement à V. E. de solliciter l'arrangement pour la prorogation du traité de commerce, conformémént à ma dépéche du

(pour Paris) 8 décembre n. 207 commerciai (l)

(pour Berlin) 2 décembre n. 583 (1).

264

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 584. Roma, 18 dicembre 1877.

Ho comunicato a S. E. il Presidente del Consiglio ciò che l'E. V. mi ha riferito col Rapporto del 6 dicembre corrente, n. 1932 (2).

È perfettamente esatto che oramai il bilancio nostro travasi in equilibrio; in conseguenza di che, malgrado la incertezza della situazione in Europa, la rendita italiana si mantiene ad un saggio abbastanza elevato. Ma per questa ragione appunto, non è punto nelle previsioni attuali che si abbia a contrarre un prestito all'estero, in epoca più o meno prossima. L'anticipazione che si connette con la progettata condizione della rete ferroviaria, è operazione di credito puramente interno, avente carattere e scopi ben determinati, la quale, in conseguenza, non potrebbe dar luogo a concorso di sottoscrittori esteri.

Nondimeno assai volentieri il R. Governo piglia nota dell'avvertenza che,

per mezzo della E. V. ci ha voluto porgere il Signor Bleichroder, e l'Ammini-stra

zione italiana non mancherà di giovarsene se si presentasse più tardi la even

tualità di un prestito da contrarsi all'estero.

In ogni modo, poi, mi preme che la E. V. manifesti al Signor Bleichroder

il nostro animo grato per gli amichevoli sentimenti dai quali muovono manife

stamente le sue entrature.

20 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 231.
265

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

D. 66. Roma, 18 dicembre 1877.

Ho letto con molto interesse il pregiato rapporto del 7 di questo mese,

n. 224 (l), nel quale la S. V. Illustrissima mi ha additato i passi principali della Conferenza tenuta costì dal Signor Montero Rios intorno alla materia dei Conclavi. Non posso però tacere la mia meraviglia che un così elevato ingegno qual è quello dell'antico Ministro del Re Amedeo non siasi reso conto della impossibilità per l'Italia di ammettere che la situazione del Papa, diventando il soggetto di un accordo internazionale, costituisca uno di quei vincoli per cui verrebbe diminuita giuridicamente la indipendenza della Nazione. La guarentigia che circonda l'alta posizione del sommo Pontefice consiste nella libertà civile e politica da noi largamente professata in tutti gli ordini di cose, e nel fatto che nel sentimento generale della Nazione è fortemente radicato il concetto dell'indipendenza assoluta dei due poteri civile ed ecclesiastico.

In questi termini la S. V. Illustrissima potrebbe esprimersi se le accadesse di tener parola del presente argomento.

266

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

D. 67. Roma, 18 dicembre 1877.

La S. V. Illustrissima mi ha riferito con rapporto dell'8 corrente, n. 225 (2), una conversazione avuta col Ministro di Stato circa l'eventualità del Conclave; e per verità, dobbiamo essere grati assai al Signor Silvela della franchezza delle sue dichiarazioni.

Forse non Le mancherà l'opportunità di tornare ancora una volta sopra questo argomento. In tal caso senza dare alle sue parole la forma di una comunicazione autorizzata, la S. V. Illustrissima potrebbe fare sentire al Signor Silvela che il Governo italiano si sente perfettamente in grado di assicurare la piena libertà del Conclave in Roma, non solo contro qualunque di quelle manifestazioni o di quei disordini che in simili occasioni si produssero più volte in Roma, ma anche contro qualunque influenza o pressione esteriore. Che ciò veramente sia, se ne ha una prova nello stato di perfetta tranquillità di cui si è goduto in tutti questi giorni in Roma, nonostante che più di una volta sia corsa in città la voce che Sua Santità aveva cessato di vivere. Il Governo conosce perfettamente l'obbligo suo di assicurare alla Sacra Assemblea ogni libertà di riunione e di deliberazione, ma è conscio altresì della facilità grandissima che lo stato dello spirito pubblico in Italia ed in particolare in Roma, gli offra per l'adempimento del compito suo.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 238.
267

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 335. Parigi, 18 dicembre 1877 (per. il 21).

Trovandomi indisposto e costretto a rimanere in casa, io incaricai jeri il Cavalier Ressman di recarsi dal Signor Ministro degli Affari Esteri di Francia e di dargli le assicurazioni contenute nei due telegrammi dell'E. V. in data del 17 (l), relativi all'eventualità della prossima riunione del Conclave.

Il Signor Waddington accolse con molta soddisfazione le dichiarazioni riferitegli dal Cavalier Ressman e lo pregò di ringraziare l'E. V.

Venendo poscia a discorrere della situazione politica generale e dell'atteggiamento che il nuovo Gabinetto si prefigge di assumere nelle sue relazioni coll'estero, il Signor Waddington disse al Cavalier Ressman che il suo programma consiste anzitutto nel mantenimento di relazioni di schietta amicizia coll'Italia e nel maggior possibile miglioramento delle relazioni coll'Impero Germanico. In presenza del fatto che da quasi due anni il Marchese Gontaut-Biron non ebbe più accesso dal Principe di Bismarck, il nuovo Gabinetto non esitò a promuovere il suo richiamo per sostituirgli il Conte di Saint Vallier, di cui il Signor Waddington affermò decisa la nomina.

Intorno alla mediazione invocata dalla Circolare Turca del 12 corrente, il nuovo Ministro degli Affari Esteri di Francia dichiara che il Governo Francese si asterrà da ogni iniziativa e regolerà la propria azione secondo le proposte che fossero per fare gli altri Gabinetti e specialmente quelli di Berlino e di Londra. Per parte sua il Gabinetto di Parigi, che nella quistione di Oriente non cerca nessun vantaggio personale, non ha altra ambizione fuorché quella di facilitare la conclusione d'una pace durevole, di raddolcire le possibili asprezze della discussione e di servire da moderatore tra le due parti contendenti, non senza un'intenzione di particolare benevolenza verso l'Austria gli interessi della quale possono più che altri sembrare minacciati dalle presumibili condizioni della pace. D'altronde il Signor Waddington non mostra d'aver molta fede in un pronto risultato della domanda di mediazione. Egli crede che i Russi vorranno procedere almeno fino ad Andrinopoli (2). *

268

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 762. Vienna, 18 dicembre 1877 (per. il 21).

A conferma del mio telegramma di ieri sera (3), pregiomi riferire all'E. V. quanto ebbe a dirmi il Barone Orczy intorno all'accoglienza fatta dal Gabinetto di Vienna alla circolare colla quale la Porta si dichiara pronta ad accettare

la mediazione delle Potenze onde la guerra abbia a cessare. S. E. il Conte Andrassy che non aveva avuto tempo di ricevere comunicazione direttamente dall'Ambasciatore Turco della circolare di cui è caso, recavasi ier l'altro da Essad Pacha, e lasciavagli intendere non veder nel momento attuale l'opportunità di una mediazione, soggiungendogli al tempo stesso, che d'altronde la base per una mediazione faceva difetto nel documento col quale la Porta si era diretta alle grandi Potenze. Eguale risposta, aggiungevami il Barone Orczy, il Conte Andrassy aveva fatto pervenire al Gabinetto di Saint James, da cui era stato richiesto del suo apprezzamento a mezzo di Sir Andrew Buchanan, ed anche questa volta nel tenermi parole di un'eventuale mediazione

S. E. ripetevami non potersi essa intraprendere con speranza di successo, se non nel caso che il desiderio ne venisse espresso dai due belligeranti. Ammesso questo concetto, che parmi fondamentale per la linea politica che il Gabinetto di Vienna intende seguire d'accordo con quello di Berlino, ritengo molto difficile che la pace si faccia, se la Turchia non si rivolgerà a tale scopo direttamente al suo avversario, che assai probabilmente non accetterà di aprir trattative prima di essere padrone di Andrinopoli.

(l) -Cfr. nn. 259 e 261. (2) -Il brano fra asterischi venne comunicato il 28 dicembre a Berlino con d. confidenziale 591. (3) -Non pubblicato.
269

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 963. Costantinopoli, 18 dicembre 1877 (per. il 25).

Nulla s'intese finora riguardo agli effetti della comunicazione fatta dai Rappresentanti Ottomani ai Gabinetti delle Potenze Garanti per domandare i buoni officii di essi allo scopo d'intavolare trattative di pace. La notizia fornita da codesto Ministro di Turchia circa l'accoglienza fatta dall'E. V. alla proposta in discorso recò non poca soddisfazione a questi Ministri, avendola essi interpretata come l'espressione dell'intenzione d'appoggiarla presso gli altri Governi. Il Signor di Btilow a Berlino rispondeva a quell'Ambasciatore Ottomano, la comunicazione essere di tanta importanza che egli non indugierebbe a darne contezza alla Maestà dell'Imperatore ed al Principe Cancelliere. A Londra si doveva tenere un Consiglio dei Ministri nella giornata d'ieri per deliberare sulla questione. Nulla s'intese finora da Vienna e da Parigi.

Si aspettano dunque con qualche ansietà le risposte delle Potenze Garanti. Però non credo la Sublime Porta si faccia grandi illusioni circa il risultato di queste pratiche. Come panno le cinque Potenze Europee esercitare la mediazione tra i belligeranti se non sono d'accordo tra di esse riguardo alle basi sulle quali s'avrebbe a trattare? Ed è egli verosimile che nelle attuali contingenze esse possano intendersi sopra le condizioni di pace? E mentre sì ardui negoziati seguirebbero tra le Potenze sarebbe la Russia disposta a fermare il corso delle sue operazioni militari? Queste considerazioni sono troppo ovvie perché sia lecito di concepire grandi speranze sul risultato delle presenti pratiche, tanto che sarei piuttosto d'avviso che la presente via sia stata tentata solo allo scopo di poter in ogni caso allegare il Governo Ottomano non aver omesso d'invitare le Potenze Garanti a partecipare ai negoziati di pace.

Né è facile di predire quello sarà per intervenire se queste proposte non approdano. Non è invero raro d'intendere anco persone alto-locate dichiarare che, se l'Europa declina d'intervernire, la Sublime Porta deve continuare la guerra, resistere agli stremi, difendere la Capitale, e, se il fato vuole che i Turchi abbiano a passare in Asia, non si lasci addietro pietra sopra pietra. Senonché fortunatamente i fatti non corrispondono sempre alle parole, ed io vorrei sperare che i Ministri cui incombe di salvare l'Impero non di perderlo, s'appiglieranno in fine dei conti al solo mezzo che loro r:marrà peT metter ftne ad una lotta che è ormai divenuta impossibile.

In questo grave stato di cose i Rappresentanti Esteri naturalmente si tengono sulla riserva tanto più che le necessità della situazione si presenteranno con troppa evidenza per non essere comprese da chi vuol comprendere. Nel colloquio ch'io ebbi ieri con Server Pacha per altri motivi, non volli quindi entrare nella questione dei negoziati di pace, e mi limitai a fare vaghi voti perché abbiano in qualche modo ad approdare. L'Ambasciatore Austro-Ungarico fece intendere parole di moderazione e di saggezza. Quello di Germania, alle istanze che il Ministero degli Affari Esteri gli faceva per conoscere il suo avviso sulla riuscita delle pratiche in corso, rispose le relative proposte essere state fatte ai Gabinetti Esteri; a questi appartenere di prendere le idonee determinazioni. Entrambi sono d'avviso il solo mezzo efficace per giungere al ristabilimento della pace esser quello d'intavolare negoziati diretti tra i belligeranti. L'Ambasciatore d'Inghilterra non cela la sua avversione, in ogni eventualità, alle trattative dirette e non più tardi di iersera lasciava intendere a persone che non potevano a meno di ripeterlo ai Ministri del Sultano, che, se la lotta si protraeva ancor per qualche tempo, il Governo Britannico non potrebbe a meno di prendervi parte; che già cominciavano a manifestarsi presso l'opinione pubblica d'Inghilterra i segni di un'agitazione che tenderebbe a spingere il Governo in quella via. Nè io potrei asserire se siffatte opinioni rappresentino i sentimenti del Gabinetto di San Giacomo, o piuttosto le aspirazioni personali dell'Ambasciatore. E questo è lo stato odierno delle cose. Senonché prima che queste linee vengano sotto gli occhi dell'E. V., il telegrafo Le avrà portato notizie più positive sull'andamento dei negoziati.

270

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, LITTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 179. Washington, 18 dicembre 1877 (per. il 4 gennaio 1878).

Il pubblico attendeva con legittima curiosità il primo messaggio che il Signor Hayes, doveva trasmettere al Congresso, dacché venne investito della carica di primo Magistrato della Repubblica. Fino ad ora nessuno aveva dubitato della lealtà delle sue intenzioni, della fermezza del suo carattere e della volontà di compiere le promesse fatte nella sua lettera di accettazione, e nel suo indirizzo al popolo, del 5 Marzo scorso, ma nello stesso tempo l'opposizione che gli si fa dagli antichi amici suoi, le recenti disfatte nelle elezioni locali del partito repubblicano, e le gravi difficoltà ch'egli incontra nel mettere ad

effetto le riforme invocate e promesse, potevano lasciar supporre che il Presidente senza scostarsi dalla politica che ha inaugurata, facesse però una sosta, onde non accrescere il numero degli avversari e dar a questi il tempo di meglio giudicare degli atti suoi. Le sue parole franche e leali hanno allontanato ogni timore: esse fecero ottima impressione, e gli hanno assicurato l'ulteriore suffragio della pubblica opinione. Può dirsi che la stampa è unanime nel cantare le sue lodi, e lo sostiene nella politica di riconciliazione che ha già dato incontestabili e soddisfacenti risultati. Le sue idee finanziarie sono approvate ed il pubblico vi si associa per mantenere intatto il decoro ed il credito della nazione. Gli si esprime la più esplicita fiducia per l'attuazione delle riforme del servizio civile, e lo si esorta a mantenersi in questa via ed a conservarsi una posizione indipendente e superiore agli interessi di qualsiasi partito. Si spera che il Congresso lo ajuterà nelle misure che egli suggerisce per diminuire le imposte, sviluppare le industrie ed il commercio, ed estendere i benefici della educazione a quella classe che ne è tutt'ora priva.

Di qusti sentimenti che si manifestano in questi giorni, avranno a convincersi i membri del Parlamento a contatto coi loro elettori durante le attuali vacanze parlamentari.

Anche la parte del Messaggio che riflette i rapporti degli Stati Uniti colle potenze estere ha fatto buona impressione sull'animo dei diplomatici qui accreditati. Essa è conforme alle assicurazioni date nell'indirizzo del 5 Marzo, ed allo scambio di vedute che giornalmente interviene fra il Segretario di Stato ed i Ministri esteri. Le Legazioni di Russia e di Turchia si compiacciono della imparzialità colla quale venne menzionata la questione orientale: la Legazione di Spagna nulla ha a dire sul modo con cui venne trattata la questione cubana, ed i diplomatici di quei paesi che hanno in questo momento ad appianare difficoltà col Governo degli Stati Uniti, trovano facilitato il loro compito dalle disposizioni conciliative manifestate dal Presidente Hayes.

Le questioni col Messico sono ora sottoposte alla considerazione del Congresso. Giudicando dalle parole del Presidente e dal desiderio che sempre più si palesa di evitare per quanto è possibile una guerra colla finitima repubblica, si può arguire che fino all'estremo il Presidente si varrà della sua autorità e della sua personale influenza per rimuovere i pericoli di più gravi complicazioni.

Tali sono in sunto gli apprezzamenti che intesi esprime in questi giorni, intorno al Messaggio presidenziale.

271

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 663/245. Londra, 19 dicembre 1877 (per. il 23).

Io debbo riassumere i miei telegrammi del 15 e del 18 corrente e l'ultimo di quest'oggi (l), nei quali io teneva informata l'E. V. dell'indirizzo che prendeva in Inghilterra la quistione Turco-Russa.

La visita della Regina a Lord Beaconsfield, alla di lui villeggiatura, quantunque se ne sia voluto diminuire l'importanza, ha avuto per risultato di accennare, più evidentemente, la fiducia che la Corona riponeva nel Primo Ministro. A questo proposito, è d'uopo ricordare che, dal 1841 in poi, la Regina non visitò che due suoi Primi Ministri, cioè, nel 1841 Lord Melbourne, a Broekel Stall, e nel 1843 Sir Robert Peel, a Drayton; poche altre visite, sette al più, furono fatte dalla Sovrana ed altri cospicui personaggi non Ministri.

La pubblicazione del terzo volume della vita del Principe Consorte, nel quale l'ambizione della Russia è rappresentata sotto così tetri colori, ha come già lo scrissi all'E. V., nel mio Rapporto del 12 corrente, (politico n. 243) (1), prodotto molta sensazione, e destato, maggiormente, la persuasione che la Corona propendeva per un atteggiamento più energico e più deciso per parte dell'Inghilterra.

Il telegramma circolare, spedito alle Potenze dalla Porta, per chiedere la loro mediazione, dopo la resa di Plevna, ha fatto più urgente una decisione. Com'io ne avvertiva l'E. V. col mio telegramma del 15 corrente, Lord Derby mi disse che quella circolare chiedendo, a suo parere, il concorso di tutte le Potenze per operare quella mediazione, si doveva, anzitutto, aspettare che le Potenze esprimessero il loro parere in proposito, prima che il Gabinetto Inglese prendesse qualche risoluzione.

Come si poteva prevedere, la Germania, (interpellata, si dice, dall'Inghilterra), ha rifiutato, assolutamente, la propria mediazione. L'Austria fece una risposta identica, però alquanto più temperata nella forma, dicendo che la domanda della Turchia non offeriva base ad una mediazione. Il nuovo Ministro degli Affari Esteri Francese, Signor Waddington, ha lasciato intendere che la Francia darebbe una risposta consimile alle precedenti.

Intanto i Consigli dei Ministri si sono succeduti, assai burrascosi a quanto si dice, ed, a tal punto, che corse la voce che Lord Salisbury volesse ritirarsi, quantunque, (dopo che l'abboccamento ch'egli aveva avuto, al castello del Duca di Devonshire, coi leaders del partito liberale non ebbe prodotto risultato), si supponeva ch'egli si ravvicinasse a Lord Beaconsfield. Ieri, infine, vi fu consiglio dei Ministri, nel quale, a quanto pare, si è deliberato sulla via da seguire, in presenza dei fatti accaduti e degli avvenimenti prevedibili.

Anzitutto si è stabilito che il Parlamento che, secondo l'usanza, era convocato per il 17 Gennaio prossimo venturo, per esser quindi prorogato fino al mese di Febbraio, dovesse, in vece, effettivamente, radunarsi per spedire gli affari dello Stato.

Per chi conosce le abitudini Inglesi, che non soffrono di essere disturbate in quel mese di Gennaio, tutto dedito alla caccia ed alla vita di castello, questo fatto della riunione del parlamento nel mezzo di Gennaio accenna che si avranno da sanzionare determinazioni urgenti e della massima importanza.

Dalla conversa7.ione ch'io ebbi ieri col Conte di Derby, e ch'io riferiva, telegraficamente, all'E. V., pare che l'Inghilterra sia decisa ad interporsi fra la Russia e la Turchia, imperocché, il nobile Lord mi disse non essere ammissibile che si lasciasse la Turchia sola a trattare la pace colla Russia, attese

le esorbitanti pretese di quest'ultima; ed alla domanda chi'o gli feci se l'Inghilterra stessa si sarebbe interposta fra i due avversarii, egli mi rispose che ciò non sarebbe fra le cose impossibili.

Intanto si dice, molto riservatamente, che un nuovo piano di difesa sia stato escogitato in favore della Turchia; ed, inoltre, pare che questa Ambasciata di Russia, che sembrava, per un momento, fare assegnamento sull'indifferenza dell'Inghilterra, sia ora alquanto preoccupata della piega che prendono le cose.

Però bisogna ritenere che se l'Inghilterra si accinge a prendere una parte più sentita che finora, agli avvenimenti che si svolgono in Oriente, ciò non è per amore della Turchia, ma bensì per tutelare i suoi interessi materiali, e la sua dignità, che trovansi impegnati in questa quistione.

Al momento di porre termine al presente rapporto, ho veduto due Ambasciatori che avevano parlato quest'oggi con Lord Derby, il quale li aveva rassicurati sul significato preciso della riunione anticipata del parlamento. Stante l'agitazione che si propaga nel paese, diss'egli, è meglio che il Governo sia sussidiato dalla presenza delle Camere.

Nonostante queste dichiarazioni, l'Ambasciatore di Germania è di parere che dal Gabinetto sia stata presa la gran determinazione, da me precedentemente accennata, cioè d'interporsi per mettere un limite alle pretese della Russia nello stabilire le condizioni della pace, e che, probabilmente, qualche nuovo fatto compiuto renderà manifesta la necessità di questo atteggiamento più energico, che riscuoterà l'approvazione del parlamento.

Mi venne, inoltre, assicurato che la Regina aveva scritto una lettera ostensibile al Gabinetto per raccomandare la concordia fra i Ministri in questi momenti difficili.

(l) È edito solo il t. del 15 dicembre (cfr. n. 253)

(l) Non pubblicato.

272

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. 924. Roma, 20 dicembre 1877.

Le notizie che in questi giorni si sono ricevute dal R. Console a Ragusa confermano quanto io non esitava ad affermarle con dispaccio del 6 corrente (l), essere infondata la voce di uno sbarco di volontari italiani sulle coste d'Albania, in soccorso dei Montenegrini.

Se un tal fatto fosse avvenuto, è molto difficile che sarebbe ignorato a Ragusa. Ora, né dal generale comandante quel presidio, né dal collega di Turchia, né dal corrispondente del Times giunto recentemente dal campo montenegrino di Antivari, né dai corrispondenti da Cettinje, il Cavalier Durando non ha mai inteso fare cenno d'un simile sbarco.

Può essere, egli soggiunge, che effettivamente si siena veduti approdare due piroscafi presso Dulcigno; ma crede che questi fossero turchi. Si sa infatti

che verso il 18 del mese scorso due piroscafi ottomani da guerra sbarcarono presso Dulcigno sei battaglioni di truppa. Attenderò, del resto, i più precisi ragguagli che Le chiesi in proposito col citato dispaccio.

(l) Non pubblicato.

273

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1938 (1). Berlino, 20 dicembre 1877 (per. il 23).

Dans un entretien avec le Secrétaire d'Etat, j'ai cherché, lors meme que je pouvais déjà m'en rendre compte, à connaitre l'impression produite ici par le changement si rapide qui venait de s'accomplir à Paris. M. de Biilow m'a dit que sans doute on était satisfait à Berlin que la crise ait eu une semblable solution. Les dangers à craindre du triomphe d'une autre opinion, sont écartés tant que le parti au pouvoir conservera la direction des affaires. Toutefois le volte-face opéré par le President de la République avait été trop subit, trop inattendu et trop complet, pour qu'on soit entiérement rassuré sur l'avenir. C'était presque trop beau pour etre durable. D'ailleurs les soubresauts de la politique du Maréchal Mac Mahon, ont porté une rude atteinte, non seulement à son influence, mais aussi à son caractère et à un prestige si nécessaire dans l'exercice de ses fonctions. Sa conduite a preté des armes aux différents partis, qu'il a tour à tour cajolés et abandonnés, et il n'est pas encore prouvé que les ultramontains et les réactionnaires ne prendront pas leur revanche. Dans ces conditions, la prudence conseillait de continuer à se tenir sur ses gardes.

274

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1939. Berlino, 20 dicembre 1877 (per. il 23).

Le Secrétaire d'Etat m'en ayant fourni l'occasion, je me suis fait un devoir de m'expliquer dans le sens du télégramme que V. E. a bien voulu m'adresser en date du 17 (2) sur la crise ministérielle. J'ai surtout eu soin de mettre en évidence, qu'une modification du Cabinet ne changerait en rien notre politique extérieure et notre attitude relativement à l'éventualité d'un prochain conclave.

M. de Bfrlow m'a beaucoup remercié de ce langage, qu'il ne manquerait pas de communiquer à Varzin, parce qu'il était de nature à produire une impression favorable sur l'esprit du Chancelier Impérial.

Au reste, S. E. le Commandeur Depretis étant chargé par le Roi de former un autre Cabinet, c'est une garantie de plus que nos rapports avec l'Allemagne resteront sur le pied d'amitié que V. E. s'applique également à maintenir, à l'instar de ses prédécesseurs.

(l) -Annotazione marginale: <<A Parigi 28 dicembre 1877 ». (2) -Cfr. n. 259.
275

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 765. Vienna, 21 dicembre 1877 (per. il 24).

Più volte ebbi occasione di porre in rilievo nei miei Rapporti all'E. V., che, a differenza di quanto succede in tutti gli Stati costituzionali, la politica Estera ben può dirsi sfugga quasi interamente in Austria-Ungheria al sindacato parlamentare. È ben vero che ciò vien negato dagli uomini di Governo di questa Monarchia, fondandosi sul fatto che ogni discussione sulla politica Estera viene consentita in seno alle Delegazioni in occasione della votazione de'l bilancio del Ministero degli affari esteri. Ma nessuno potrà disconvenire quanto sia illusorio questo diritto, quando si ponga mente che sta in facoltà del Governo il convocare le Delegazioni quando lo creda e che ciò quindi può avvenire anche soltanto a quasi due anni di distanza, come ebbe a verificarsi questa volta. Aggiungasi che a quella Arca Santa della politica Estera non si permette di trovarsi se non coi guanti e senza mai che il pubblico possa venire con precisione a conoscenza delle cose dettesi nelle discussioni a cui essa dà luogo. Con tutto ciò generale era l'aspettazione di vedere scaturire un po' più di luce sulla politica del Conte Andrassy in occasione della recente riunione delle Delegazioni. Ma ben si può dire che quell'aspettazione fu delusa. Ben poco si parlò di politica Estera nelle sedute plenarie delle due Delegazioni, il Conte Andrassy essendosi riservato di porgere quelle spiegazioni che avrebbe creduto opportune in seno alle rispettive commissioni del bilancio degli affari esteri. A quelle sedute, come l'E. V. sa, non intervengono che i soli membri della commissione né vi sono ammessi reporter di giornali né stenografi delle Camere o governativi. La prima volta in cui il Conte Andrassy parlò a lungo sulla politica Estera della Monarchia fu nella seduta della commissione Ungherese dell'll corrente. Il giorno dopo i vari giornali riportarono nel modo il più contraddittorio il resoconto di quanto è stato detto dal Ministro in quella seduta. Il Ministro degli Affari esteri cominciò col dichiarare apocrife tutte quelle dichiarazioni e quindi ne fabbricò una che vide la luce nella Pester Correspondenz. La seconda conversazione su quello stesso importantissimo argomento ebbe luogo nella seduta della commissione austriaca il 18 corrente e questa volta fu in modo anche più solenne che dinanzi alla commissione ungarica richiesto ai Delegati presenti in formale impegno di nulla ripetere con chicchessia di quanto si sarebbe detto in quella riunione. Per ovviare però all'inconveniente delle infondate relazioni, che pur avrebbero potuto veder la luce nella stampa, fu covenuto che alcuni delegati d'accordo con pochi funzionari del Ministero esteri avrebbero compilato una relazione che sarebbe stata resa di pubblica ragione. Questa fatta ad usum delfini comparve ieri nella Reichsraths Correspondenz e venne tosto riprodotta da tutta la stampa.

Leggendo quelle due relazioni, che ben si possono dire ufficiali, nessuno certamente potrà dirsi edotto sulla politica Estera della Monarchia in questi due ultimi anni, del resto sarei abbastanza portato a credere che neppure i pochi Delegati, membri delle due citate speciali commissioni che ebbero la sorte di sentir a parlare il Conte Andrassy durante parecchie ore e di sentire anche la lettura ch'egli ebbe a fare di molti documenti segreti che non compariranno nel libro rosso ne sapranno molto più di noi e del pubblico in generale su di ciò che più importava conoscere ai rappresentanti del Paese; cioè quali siano quegli interessi vitali per l'Austria-Ungheria che il Conte Andrassy intende guarentire, qual mezzo Egli abbia in antecedenza adottato per tutelarli in ogni evenienza ed a qual partito Egli s'appiglierebbe per tutelarli il giorno in cui la minaccia ne fosse imminente. Sembra che a questo riguardo Egli sia stato assai esplicito trattandosi della Serbia poiché a questo proposito dichiarò, che anche colle armi avrebbe impedito a quel Principato ogni azione sulla Bosnia nonché sull'Erzegovina. A me risulta poi ancora da ottima fonte che tanto in una Commissione come nell'altra il Conte Andrassy ebbe a tener lungamente parola dell'Italia, accennando alle sue aspirazioni e mostrando come queste fossero state uno dei fattori essenziali della politica ch'egli dovette seguire, cioè della necessità per l'Austria Ungheria di mantenersi incrollabilmente salda all'alleanza dei tre Imperatori. Se le mie informazioni sono esatte, come ho luogo di credere, il Conte avrebbe fatto l'esposizione delle relazioni dell'AustriaUngheria coll'Italia a partire dalla celebre lettera particolare confidenziale del 24 maggio 1874 al Conte Wimpfen in allora Ministro Imperiale a Roma (l) e l'avrebbe condotto fino ai giorni attuali; conchiudendo, sempre se sono bene informato, che presentemente ottime sono le relazioni fra i due Stati. Ciò è quanto a mio avviso merita maggior attenzione da parte nostra nelle spiegazioni che il Conte Andrassy avrebbe dato alle Delegazioni, tanto più che ritengo molto probabile ciò abbia un poco contributo al successo che parte incontrastabilmente abbiano incontrato i discorsi tenuti dal nobile Conte in seno alle due Commissioni delle Delegazioni. Non ho poi d'uopo di far rilevare che di quanto fu detto intorno all'Italia non ve ne ha traccia di sorta né nelle due relazioni ufficiali né in quelle qualificate apocrife che i giornali riportarono. Non saprei poi chiudere questo rapporto senza notare che tanto nei rispettivi Parlamenti delle due parti della Monarchia come presso una notevole parte della opinione pubblica esiste il fondato convincimento che il Conte Andrassy seguì nell'attuale crisi orientale, la sola politica che le circostanze di varia natura consentivano alla Monarchia e quella anzi meglio atta a tutelare nei limiti del possibile i suoi veri interessi non causandole per intanto consumo né di uomini né di danaro, beneficio questo di cui i popoli dell'Austria-Ungheria vanno forse esclusivamente debitori al Conte Andrassy. L'Europa anche deve poi a parer mio gratitudine a quell'uomo di Stato, perché molto probabilmente se in questi tempi le sorti della Monarchia degli Apsburgo fossero state affidate ad altre mani, al giorno d'oggi la crisi che traversiamo avrebbe assunto ben altra estensione. E questi sono fatti che non si può a meno di ritenere di maggior peso che non le spiegazioni e dichiarazioni che il Conte Andrassy può aver formulato

dinanzi ai Delegati dei Parlamenti, vestendole con quel linguaggio in apparenza chiaro ed energico atto a impressionare un uditorio poco esperto in simili cose, ma di cui poca sostanza resterebbe se lo si spogliasse della forma di cui con ispirito e sagacia lo si volle e seppe vestire. Allo svolgersi degli avvenimenti ed essenzialmente alla sorte delle armi Russe spettrà dire l'ultima parola sulla politica del Conte Andrassy: impossibile sarebbe al giorno d'oggi pronunciare su di essa un verdetto assoluto, perché questo non può portarsi che nel suo risultato finale.

(l) Cfr. serie II, vol. V, p. 432, nota.

276

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 898. Parigi, 22 dicembre 1877, ore 13,55 (per. ore 15,15).

Je vous envoie par la poste la copie d'une lettre du ministre des affaires étrangères engageant le Gouvernement français à proroger jusqu'au ler avril prochain le traité de commerce et la convention de navigation actuellement in vigueur.

277

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A VIENNA, DI ROBILANT E AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. Roma, 22 dicembre 1877.

Un recente rapporto del R. Console a Ragusa (l) riferisce le voci che hanno preso colà maggior consistenza dopo la presa di Plewna, d'una prossima occupazione austriaca nella Bosnia Erzegovina. Vi si accenna pure ad un concentramento di insorti alla frontiera dalmata, che potrebbe essere il principio di un pretesto per legittimare l'occupazione.

Mi è parso utile dare a V. E. comunicazione del contenuto di questo rapporto col foglio acchiuso.

278

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 549. Roma, 22 dicembre 1877.

La conversazione che la S.V. Illustrissima ebbe, il 10 di questo mese, con S. E. Server Pascià, e che Ella mi ha indi riferito con rapporto dell'll di

cembre, n. 954 (l), lasciava presentire il passo che la Sublime Porta stava per fare presso le Potenze. Il linguaggio tenutole, in quella circostanza, dal Ministro Ottomano degli Affari Esteri coincide quasi testualmente con quello che l'E. S. adoperava, due giorni di poi, nel telegramma circolare che, comunicatomi da Turkhan Bey il 13 di questo mese, Le fu trasmesso in copia col dispaccio del 13 corrente n. 540 (2).

In quel dispaccio stesso, accennai i termini nei quali io mi sono espresso con Turkhan Bey nel ricevere la sua comunicazione. I voti dell'Italia sono per la cessazione delle ostilità; ma noi non potremmo separare la nostra dalla linea di condotta che alle altre Potenze sembri preferibile per conseguire il risultato pacifico cui si mira.

Né molto dissimile, per quanto ci consta dalle comunicazioni più recenti, sarebbe il pensiero degli altri Gabinetti.

Secondo un telegramma della R. Ambasciata in Parigi, la Francia intende di astenersi da ogni iniziativa, e di pigliare norma da ciò che potrebbe essere proposto dagli altri Gabinetti, e sopratutto dai Gabinetti di Berlino e di Londra.

Il Conte Andrassy, come mi telegrafava il Conte di Robilant il 17 di questo mese (3), avrebbe dichiarato al nuovo Ambasciatore di Turchia che egli non vedeva la opportunità di una mediazione; e ciò tanto meno, in quanto che faceva difetto, persino, la enunciazione di una base per la mediazione invocata. Soggiungeva, poi, il Conte di Robilant che il Conte Andrassy era fermo nel credere impossibile la mediazione in fino a che questa non fosse chiesta dai belligeranti.

Secondo un telegramma del R. Ambasciatore a Berlino, in data del 19 dicembre (2), la Germania non avrebbe ancora preso una risoluzione, in aspettazione di conoscere l'avviso delle altre Potenze. La quale versione sarebbe, ad ogni modo, ancora meno sfavorevole per il desiderio della Sublime Porta, in confronto di quella cui la S. V. Illustrissima accennava nel telegramma della stessa data (2): avere cioè il Gabinetto germanico risposto alla circolare ottomana in termini affatto negativi.

Infine l'Inghilterra (cosi dichiarava confidenzialmente Lord Derby all'Amba

sciatore di Sua Maestà) non ha ravvisato, nella Circolare Ottomana, che la

richiesta di una azione collettiva delle Potenze per il ristabilimento della pace;

laonde basterebbe che manchi il concorso di una Potenza perché il concetto

non possa più tradursi in atto. Soggiungeva, solo, Lord Derby che un interme

diario sarebbe necessario, ad ogni modo, non essendo concetto pratico che le

condizioni di pace si dibattano direttamente tra la Turchia e la Russia, a cagione

delle eccessive pretese di questa ultima potenza.

È notevole che quasi tutti i Gabinetti neutrali hanno avvertito, nella pro

posta turca, la mancanza di base per nn negoziato possibile. E per verità, se

predominassero ancora, nei Ministri del Sultano, i propositi che Le venivano

manifestati da Server Pascià nella conversazione da Lei riferitami col rapporto

dell'Il corrente, sarebbe mestieri conchiudere che tale appunto si adatta non solo

alla circolare del 12 di questo mese, ma altresì alla politica stessa che costì

continuerebbe a prevalere.

(l) R. 33 del 12 dicembre, non pubblicato.

(l) -Cfr. n. 242. (2) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicato ma cfr. n. 268.
279

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1940. Berlino, 22 dicembre 1877 (per. il 28).

Je n'ai pas revu le Secrétaire d'Etat, pour lui demander une réponse plus catégorique que celle qu'il m'avait déjà faite relativement à la circulaire turque du 12 décembre. Il m'a paru, de méme qu'à mon collègue d'Angleterre, superflu de revenir à la charge. Nous avions su dans l'intervalle que Sadullah Bey avait, lui aussi, interprété camme absolument déclinatoire la langage de M. de Biilow.

Le Cabinet de Berlin, cela me résulte de différents còtés, n'entend pas sortir de sa réserve et s'immiscer dans une tentative de médiation, surtout quand elle n'a aucune chance de succès. Le parti militaire l'emporte dans les conseils de l'Empereur Alexandre, malgré les efforts du Ministre des Finances pour calmer les passions belliqueuses qui entrainent des dépenses si considérables et si ruineuses pour l'Empire. On s'attend ici à ce que la guerre, de part et d'autre, sera poursuivie pendant plusieurs mois encore, jusqu'au moment où la Turquie, à bout de ressources, s'adressera directement à son adversaire. Les belligérants auraient alors à s'entendre entre eux sur un programme de paix, sauf à le soumettre à la discussion ou à l'approbation des autres Puissances pour ce qui concerne les intéréts généraux de l'Europe. En attendant, l'Allemagne ne modifiera pas son attitude, qui détermine en méme temps celle de l'Autriche, et qui paralyse l'Angleterre. Il se manifeste, il est vrai, une certaine effervescence à Londres. Le courant de ceux qui voudraient une politique d'action se met nouvellement à l'oeuvre, mais il trouve un fort contrepoids dans une partie du ministère et surtout dans l'opinion publique. La réunion des Chambres, avancée de quelques semaines, est envisagée moins camme un indice de prochaines résolutions énergiques, que camme un moyen de rejeter sur le Parlement la responsabilité d'un plan de conduite, sur lequel les vues des Membres du Cabinet diffèrent essentiellement. Si, entre autres, Lord Beaconsfield incline pour des démonstrations militaires, pour une occupation, Lord Derby est plus qu'hésitant à le suivre dans cette voie, ne croyant pas que le canal de Suez et Constantinople puissent etre sérieusement menacés par la Russie. L'influence de l'Angleterre ne saurait d'ailleurs etre écartée, lorsqu'il s'agira de régler les conditions d'un arrangement, nommément pour la question des Détroits. L'opinion publique, à moins qu'elle ne se modifie grandement, semble vouloir appuyer une politique de non intervention aussi longtemps du moins que les intérets directs de la Grande Bretagne ne seront pas menacés d'une manière immédiate. Le Parlement devra tenir compte de ces dispositions de l'esprit public. S'il surgissait une scission ouverte dans le Cabinet, on a lieu de supposer ici que la Reine, malgré ses sympathies pour Lord Beaconsfield, se résoudrait à donner raison à l'avis du Secrétaire d'Etat pour les Affaires Etrangères, dont la popularité l'emporte de beaucoup pur celle du Premier Lord de la Trésorerie.

Quant au Canal de Suez, et meme à l'Egypte, en plus d'une circonstance le Prince de Bismarck a fait parvenir au Cabinet Britannique des encouragements à s'annexer ces territoires. Peu importe à l'Allemagne qu'ils relèvent de la Suzeraineté du Sultan, et meme ne verrait-elle pas de mauvais oeil que l'Angleterre, par une semblable prise de possession, se mit en antagonisme contre la France. Malgré sa quiétude apparente sur les dangers d'une entente entre l'Angleterre, la France et l'Autriche, je sais de bonne source que c'est là une préoccupation du Prince de Bismarck. Toute perspective dans ce sens disparaitrait, du moment où la première de ces Puissances mettrait la main sur l'Egypte, en détruisant l'espoir de la France d'y reprendre dans des temps meilleurs son ancien ascendant. Et, quant à l'Autriche, on ne perd pas de vue à Berlin que la seule garantie de bons rapports, git dans la présence au pouvoir du Comte Andrassy. On ne néglige rien pour faciliter sa tàche d'équilibriste. Sous le rapport strictement économique, les hommes compétents en cette matière se prononçaient contre une prolongation de six mois du Traité de commerce. Ils demandaient au moins une année. C'est le Prince de Bismarck qui, pour des raisons politiques, a décidé de se rendre aux désirs du Cabinet de Vienne. Il fallait avant tout. d'après le Chancelier, sauvegarder le dualisme qui répond aux convenances de l'Allemagne, et par conséquent venir en aide au compromis

(Ausgleich) ou en d'autres termes au programme du Comte Andrassy. Dans les conjonctures actuelles, la chute de cet homme d'Etat, laquelle ramènerait à flot les éléments hostiles à l'Allemagne et favorables à une coalition, pourrait provoquer une guerre générale. Ces considérations donnent la clef des ménagements extrémes dont à Berlin, camme à Pétersbourg, on entoure l'Autriche Hongrie dans ses conditions actuelles, en ne se dissimulant pas que le vent pourrait tourner à l'orage.

Mais pour le moment le fait important à constater, c'est que le Cabinet de Berlin reste, et veut rester, dans une attitude de neutralité et, en méme temps, de parfaite bienveillance à l'égard de la Russie, au risque de paraitre peut étre prendre trop fait et cause pour cette Puissance, en faisant entre autres échouer la dernière démarche de la Turquie. C'est qu'il n'a rien à gagner à se ranger contre son voisin du Nord; le mécontenter, équivaudrait à le rejeter dans les bras de la France, et cela avec la perspective d'un changement de scène possible en Autriche.

Le Vicomte de Gontaut-Biron quitte décidément Berlin. Ses relations avec le Chancelier laissaient beaucoup à désirer. Cet ambassadeur passait pour se faire le porte voix de l'ultramontanisme, tandis que son successeur déjà agréé, le Marquis de St. Vallier, appartient à un autre parti. Il est favorablement connu ici depuis 1871, époque où il remplissait les fonctions délicates de commissaire au quartier général allemand à Nancy. Il faudra voir maintenant ce diplomate à l'oeuvre dans d'autres circonstances qui exigent également beaucoup de tact et de perspicacité. Il n'en a pas fait pn:uve quand il gérait la mission de Stuttgart avant 1870. Ses rapports indiquaient que le Wurtemberg ne ferait pas cause commune avec la Prusse. Il est vrai, si tant est que ce soit une atténuation, que son collègue à Munich, à ce que l'on assure, pensait lui aussi que le Midi de l'Allemagne ne prendrait pas les armes contre la France.

J'ai l'honneur d'accuser réception à V. E. des dépéches politiques n. 584 et 585, des 17 et 18 courant (1)...

(l) Non pubbli~tl.

280

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 906. Vienna, 23 dicembre 1877, ore 15,50 (per. ore 17,45).

La Neue Freie Presse de hier soir a un long article qui contient des informations détaillées sur les communications faites par Andrassy dans la séance secrète des délégations autrichiennes. Il y est amplement confirmé ce que j'avais déjà appris à cet égard et annoncé à V. E. Il est clairement dit que le comte Andrassy a été si loin dans son langage énergique envers l'Italie, qu'il a fait savoir que l'Autriche n'hésiterait pas, au besoin, à prendre l'offensive et pour fortifier sa position « à reprendre le quadrilatère de la Vénétie >>. Il y est ajouté que ceci a été communiqué au Cabinet prussien qui l'a complètement approuvé. Ces révélations ont produit ici une très-grande impression dans les cercles politiques et diplomatiques. Le Tagblatt de ce matin a un article très insolent à notre égard. Le Gouvernement, à ce qu'il parait, voudrait étouffer la chose, car le journal officiel de ce matin contient le communiqué suivant «La Neue Freie Presse a, dans son Abendblatt d'hier une suite de détails de la dernière séance secrète des délégations. Nous nous bornons à déclarer que ces détails sont tellement palpablement faux et changés justement dans les points principaux, soit par manque de compréhension, soit par intention tendencieuse qu'on ne peut pas meme... (l) ces données estropiées ». Malgré ce communiqué, le langage imprudent tenu par Andrassy ne portera pas moins ces fatales conséquences tant en Autriche qu'en Italie. La presse des deux pays va de nouveau s'envenimer et cette fois, avec un point de départ extremement grave. Je crois indispensable que le Gouvernement conserve une attitude prudente, mais digne et ferme. En meme temps le nouveau Ministère va se trouver immédiatement en face d'une grosse question qu'il faut envisager sans crainte, mais sans se faire non plus des inutiles et des dangereuses illusions. Mon avis serait que le Gouvernement annonce sans retard son intention, vu la situation que les événements peuvent créer au pays, de pourvoir à la défense de la vallée du Pò en coordonnant le système de fortification de la piace de Vérone, un ròle que cette place pourrait etre appelée à jouer dans des éventualités que le Gouvernement s'efforcera, par tous les moyens, d'écarter, mais qui cependant pourraient surgir malgré lui. Camme il ne s'agirait que de mesure défensive, nous ne pourrions pas etre accusés de provocation (2).

281

IL CAPO GABINETTO DI VITTORIO EMANUELE II, AGHEMO, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

T. Torino, 24 dicembre 1877, ore 0,25.

J'ai communiqué votre dépeche (3) à Sa Majesté qui m'a donné ordre de vous adresser la dépeche suivante. Tachez aller chez Andrassy dites lui

que le Roi s'est montré très offensé de ce dont la Nouvelle Presse vient de publier parce que c'est un acte de défiance complet à la parole que le Roi a donnée à l'Empereur. Dites lui en méme temps que si on imprime des articles semblables en Autriche il ne doit pas s'étonner des polémiques qui peuvent naitre. Le Roi me charge de vous dire que Madame la comtesse a été bien malade d'une maladie de nerfs mais il parait qu'à présent elle commence aller un peu mieux. Recevez bien des amitiés de la part de Sa Majesté.

(1) -La parola manca nell'originale. (2) -Analogo telegramma venne inviato in pari data da Robilant ad Aghemo perché lo comunicasse al Re (Carte Robilant). (3) -Cfr. nota precedente.
282

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 8. Roma, 24 dicembre 1877, ore 19.

Le représentant de Turquie m'adresse un acte pour notifier officiellement au Gouvernement italien la déclaration de déchéance que la Sublime Porte a prononcée contre le prince Milan. Une communication analogue aura été faite vraisemblament au Cabinet auprès duquel V. E. est accréditée. Je désirerais connaitre le plus tòt possible la réponse que celui ci a faite au représentant ottoman. Quant à moi, j'incline à croire que la Sublime Porte n'a pas fait preuve de prévoyance en cette circostance, car elle semble avoir voulu rendre impossible, à tout jamais, le rétablissement du statu qua ante de ses rapports avec la Serbie. La cause de l'indépendance absolue de la Principauté ne pouvait étre mieux servie.

283

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. RR. 668j247. Londra, 24 dicembre 1877 (per. il 28).

Ho l'onore, a titolo di cronaca, di rassegnare all'E. V. alcune informazioni che mi furono somministrate, molto confidenzialmente, da persone bene informate, e sulla veracità delle quali si può fare assegnamento.

In seguito alla lettera indirizzata a Lord Beaconsfield, e nella quale la Regina esortava i membri del Gabinetto alla concordia, il Primo Ministro sembra avere, definitivamente, assopito le opposizioni che incontrava presso alcuni dei suoi Colleghi. In segno del nuovo momentaneo accordo, venne invitato il Parlamento a riunirsi effettivamente il 17 gennaio p.v., contrariamente a tutte le abitudini Inglesi. Il Ministero chiederà, probabilmente, dei sussidii per provvedere all'eventualità; e questi sussidii non gli saranno negati. Intanto sarà indirizzata alla Russia una nota, nella quale l'Inghilterra proporrà la sua mediazione, ed inoltre le chiederà quali saranno i limiti delle sue pretese. La parte bellicosa del Gabinetto spera che la risposta della Russia sarà altiera ed offensiva, il che darebbe un pretesto plausibile all'Inghilterra d'intervenire più attivamente nella quistione Turco-Russa. I membri più pacifici del Ministero desi-

Zl -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. IX

derano, al contrario, che questa risposta della Russia sia conciliante, in modo da evitare una collisione.

Mi risulta che il Conte di Schouvaloff avrebbe indirizzato al suo Governo un rapporto, nel quale insiste per raccomandare la moderazione; imperocché, egli non si fa illusione sui mezzi di cui possono disporre gli Inglesi contro la Russia, essendo essi padroni del mare; ed egli non ignora che, quando questa nazione fosse impegnata in un conflitto, essa ha uomini, denari ed energia tali da spingere una tremenda lotta.

Per altra parte, un nuovo piano di difesa venne, com'io l'accennava nel mio Rapporto del 19 corrente (n. 244) (l) consigliato alla Turchia; esso fu elaborato da ufficiali Inglesi, e si suppone che il Generale Simmons, attualmente in giro d'ispezione nel Mediterraneo, vi abbia avuto parte. Dietro questo piano, la Turchia dovrebbe abbandonare tutte le posizioni che dessa non può difendere efficacemente; ed invece di lasciare le sue forze disperse, come attualmente, dovrebbe anzi riunirle in due eserciti: uno concentrato nel quadrilatero, formato dalle piazze di Varna, Schulla, Rustciuk e Silistria; l'altro esercito si formerebbe dietro la Moritza, ed avrebbe per iscopo di coprire Costantinopoli. Si consiglia ad un tempo di abbandonare la difesa dei Balkani, ed anche quella di Andrinopoli se fa d'uopo, e di aspettare che l'esercito Russo s'inoltri in Rumelia. La Turchia, essendo padrona del Mar Nero, avrebbe Varna per base d'operazione nel quadrilatero anzidetto.

L'altro esercito, destinato a coprire Costantinopoli, avrebbe anche il mare per sé. I Russi, al contrario, più s'inoltrerebbero in Rumelia più avrebbero le loro comunicazioni minacciate. Quando poi i Russi fossero penetrati in Rumelia, l'Inghilterra avrebbe un pretesto per occupare Costantinopli con quaranta mila uomini, che, giusta un parere espresso dal Maresciallo de Moltke, sono sufficienti per la difesa di quella piazza. Una squadra inoltre sarebbe spedita a Batoum.

A tal proposito è da notare che quel progetto sembra avere avuto un principio d'esecuzione, a giudicare dall'articolo del Times del 22 corrente, sulla guerra.

Un'altra notizia importante che ho raccolta, è che l'Inghilterra tratta colla Turchia per la compera dell'Isola di Candia. Questo sarebbe un mezzo indiretto, ma non di certo disinteressato, di somministrare un sussidio alla Porta per sostenere la difesa dell'Impero.

Si parla anche d'aggiustamenti che sarebbero proposti per riordinare la amministrazione dell'Egitto.

Un alto personaggio mi riferì una conversazione ch'egli aveva avuto, tre o quattro giorni sono, con Lord Beaconsfield, il quale si mostrò soddisfatto del sopravvento che prendeva la sua politica; egli disse che, oramai, era sicuro di avere per sé l'opinione del paese il quale non soffrirà in nessun modo che la quistione d'Oriente sia assestata all'infuori dell'intervento dell'Inghilterra.

P. S. -Al momento di chiudere questo rapporto, mi viene asserito che Lord Derby aveva già consegnato al Conte Schouvaloff un primo promemoria col quale egli ricorda le promesse dello Czar all'iniziarsi della Guerra.

(l) Non pubblicato.

284

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 908. Parigi, 25 dicembre 1877, ore 18 (per. ore 18,10).

Le général Cialdini m'ayant remis, depuis hier, la direction de l'ambassad~ je viens d'interroger le ministre des affaires étrangéres au sujet de la déliberation d'échéance contre le prince de Serbie, M. Waddington connait le texte de la déclaration, mais jusqu'à ce moment, il n'a point reçu la communication officielle et il n'est pas fixé sur la réponse qu'il y aura lieu d'y faire. Mais il m'a promis de me prévenir, dès qu'il aura reçu la notification de l'ambassadeur ottoman.

285

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 588. Roma, 25 dicembre 1877.

Ringrazio in modo speciale l'E. V. delle indicazioni che, con telegramma dapprima (l) e indi con rapporto del 15 di questo mese n. 1936 (2), Ella mi ha fornito circa le disposizioni di codesto Gabinetto rispetto alla mediazione invocata dalla Sublime Porta. Ringrazio del pari V. E. di avermi fatto conoscere il suo pensiero circa il contegno che l'Italia avrebbe dovuto assumere in questa contingenza. Il contegno nostro fu appunto quello da Lei additato siccome il più opportuno, essendo noi rimasti fermi nella risposta data fin dal primo giorno a Turkhan Bey e comunicata a V. E. con telegramma del 13 (3).

Intanto è notevole la persistenza colla quale a Berlino si afferma l'importanza secondaria degli interessi tedeschi in Oriente; mentre invece questi interessi, se non direttamente, almeno indirettamente possono avere non poca influenza sopra la situazione politica esteriore della Germania. È questo uno di quei punti sui quali non ci sembra ancora che a Berlino si apprezzi sufficientemente l'uniformità dei nostri interessi con quelli della Germania. Qualora se ne facesse un apprezzamento più esatto certamente non dovrebbero dalla Germania considerarsi come di secondaria importanza interessi che, in certe prevedibili eventualità, potrebbero, come già ebbi a spiegare nel mio carteggio, grandemente alterare e fors'anche compromettere la posizione dell'Italia.

(l) -Cfr. n. 255. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 248. in realtà del 14 dicembre.
286

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. 938. Roma, 25 dicembre 1877.

La voce, riferita in addietro da V. S., di uno sbarco di volontari italiani sulla costa d'Albania, non è la sola di tal genere che sia stata messa in giro da qualche tempo a questa parte. Alla fine del mese scorso, il R. Vice Console a Prevesa mi dava notizia che poco prima erano giunti in Santa Maura circa 80 volontari italiani ai quali era stata fatta un'ovazione al grido di «viva la guerra».

Anche questa notizia, come l'altra dello sbarco, è puramente immaginaria, derivata forse dall'essere in quel tempo arrivati a Santa Maura alcuni volontari greci che raggiungevano il corpo cui erano destinati.

Queste voci, sparse probabilmente o accreditate da chi ha interesse a presentare l'azione dell'Italia sotto un sinistro aspetto, devono essere smentite. Per questo motivo ho riferito a V. S. la notizia partecipata del Signor Corte, affinché Ella si affretti a rettificarla, qualora giungesse al suo orecchio.

287

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 339. Parigi, 25 dicembre 1877 (per. il 29).

Ebbi l'onore di essere ricevuto jeri nel pomeriggio da S. E. il Sigor Waddington, cui annunziai d'avere assunta la direzione interinale della R. Ambasciata, S. E. il Generale Cialdini dovendosi recare per ragioni di salute in Italia. E profittai dell'occasione per pregare il Signor Ministro degli Affari Esteri di Francia di dirmi se dopo la nostra ultima conversazione, riferita a V. E. con rapporto del 18 corrente, (l) egli avesse ricevuto qualche altra comunicazione relativa all'appello fatto alle Potenze dalla circolare turca del 12 o se il Governo Francese si fosse nel frattempo deciso a fare qualche passo in favore del ristabilimento della pace e nel senso del desiderio espresso dalla Sublime Porta.

Il Signor Waddington mi rispose ac;sicurandomi che nessuna proposta gli era fino a jeri pervenuta da altri Gabinetti circa l'invocata mediazione e mi ripeté la dichiarazione che la Francia era fermamente risoluta ad astenersi da qualsiasi iniziativa. Egli mi disse che però il Governo francese intendeva riserbare tutta la sua libertà d'azione e conservare tutta la sua indipendenza, e che, sebbene non avesse in nessuna guisa a preoccuparsi di ambizioni personali, pure non rinuncierebbe con ciò a tutelare quei diritti che la Francia ha comuni con altre Potenze, allorquando si verrà a dibattere quistioni d'interesse generale, come per esempio quella della libertà degli stretti. In una parola, aggiunse

(IJ Cfr. n. 267.

il Ministro, l'atteggiamento della Francia significa bensì riserva, ma non significa eclisse (<< effacement »).

Secondo la convinzione morale del Signor Waddington, convinzione ch'egli dichiara non fondarsi su prove certe, le condizioni della pace sarebbero già intese tra i tre Imperatori.

288

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 340. Parigi, 25 dicembre 1877 (per. il 28).

Nell'udienza che ebbi ieri dal signor ministro degli affari esteri di Francia, egli mi disse d'aver comunicato al presidente della repubblica ed al consiglio dei ministri le assicurazioni, concernenti la libertà del conclave, che l'E. V., col telegramma del 17 corrente, (l) autorizzava il R. ambasciatore a dargli. Egli prese da ciò argomento per farmi spontaneamente le più precise ed esplicite dichiarazioni circa i voti e le intenzioni del governo francese rispetto al prossimo conclave «La Francia, egli disse, desidera che il conclave si riunisca in Roma, e che l'elezione d'un nuovo pontefice sia fatta nel modo più libero, più regolare e più conforme alle tradizioni, affinché non possa, in nessun evento, esser contestata la validità della nuova elezione. Il Governo francese desidera, inoltre, che il nuovo Papa sia un uomo di sentimenti moderati, il quale renda possibile la conciliazione coll'Italia, e che sia italiano; la sua influenza, nella misura del possibile, s'eserciterà in questo senso. Non potrei pronunciare nessun nome; ma mi pare che, dopo un regno lungo quale fu il regno di Pio IX, il conclave avrà una naturale tendenza ad elevare al pontificato un cardinale d'età avanzata. Non so ancora in quali limiti potrà praticamente esercitarsi il nostro diritto di esclusione, e non mi dissimulo la difficoltà di mantenere un tale diritto; ma credo che, in certi casi, non esiteremmo a rivendicarlo, nel caso particolarmente in cJi vi fosse pericolo di veder eletto un Papa non italiano. Ebbi già occasione di parlare del futuro conclave coi rappresentanti delle altre potenze cattoliche, in ispecie cogli ambasciatori di Austria e di Spagna, e mi accertai, con soddisfazione, che essi dividono i nostri desideri sulla sede del conclave, non meno che sulla nazionalità del futuro Pontefice».

Ringraziai il Signor Waddington di tali dichiarazioni e gli promisi di tosto riferirle.

289

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

T. 10. Roma, 26 dicembre 1877, ore 14,10.

Le 31 décembre étant imminent, il est indispensable pouvoir annoncer sans autre retard sur la Gazette ojjicielle prorogation des traités en viguer avec l'Allemagne. Je serais obligé à V. E. si elle pouvait me donner une réponse immédiate.

(l) Cfr. n. 261.

290

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

D. CONFIDENZIALE 590. Roma, 27 dicembre 1877.

Stimo opportuno ragguagliare, in via confidenziale, V. E. delle notizie recentemente pervenute a questo Ministero circa le mene austriache in Bosnia, e circa le aspirazioni di quell'Impero sulla Serbia.

Si afferma che uno dei capi degli insorti in Bosnia il quale si accingeva in questi giorni a partire per Vienna, fa minutamente conoscere gli intrighi e la propaganda dell'Austria su quella provincia. Si aggiunge che un personaggio politico, il quale ha intimamente conosciuto a Vienna molti slavi di condizione elevata ed appartenenti a tutte le provincie dell'Impero, ha raccontato, tornando in Serbia, che essi sono unanimi a credere sicura la annessione della Bosnia alla Monarchia e che parecchi fra loro non nascondono le aspirazioni austriache sul Principato.

291

IL CONSOLE A SCUT ARI, BER IO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 315. Scutari, 27 dicembre 1877 (per. il 7 gennaio 1878).

Riassumo nella memoria che trasmetto le condizioni attuali dell'Albania (1).

L'Albania mi par destinata a cadere quanto prima nelle mani del Montenegro o dell'Austria se la guerra continua: è destinata ad essere il campo chiuso degli intrighi Slavi, montenegrini, austriaci se si conchiude la pace e ciò senza parlare del pericolo della guerra civile e dell'anarchia.

Ravvisando questo risultato come un danno all'interesse generale d'Europa ed a quello d'Italia porto parere che non vi sia altro mezzo di prevenirlo fuorché col dare all'Albania coscienza di sé.

Finché la Turchia fa dell'Albania la linea delle sue riserve, dei suoi approvvigionamenti, se il Montenegro avrà come amico o nemico diritto, pretesto, occasione di occuparla avrà mezzi d'influire in essa se v'è la pace e se l'Albania é turca; finché poi il Montenegro potrà sperare, temere, operare nell'Albania l'Austria sarà pronta colle sue diffidenze ed ambizioni. È d'uopo toglier di mezzo la Turchia per aver diritto ad escludere il Montenegro e l'Austria.

E l'occasione adesso si presenta favorevole.

L'Albania acquisterebbe coscienza di sé: è in condizioni d'acquistarla.

Ciò espongo nella memoria che prego V. E. ad accogliere come risultato di studj severi, incessanti, risultato di conoscenza perfetta (e la ragion della modestia non mi toglie il diritto di dirlo) che ho deHe cose e degli uomini del paese.

(!) L'ampia memoria allegata non si pubblica.

Finora stetti nella più assoluta riserva in ubbidienza agl'ordini del Ministero ed in contemplazione delle condizioni del paese: so però che all'Agente di Sua Maestà non manca l'influenza per determinare l'opinione pubblica.

La rivolta dell'Albania, dicasi il disgiungere ch'essa faccia le proprie sorti da quelle della Turchia, non sarebbe un danno né per la Turchia cui l'Albania non è d'aiuto è un bene per l'Europa ed assicura l'avvenire dell'Adriatico.

Ma è necessario che il rivolgimento di cui si tratta abbia luogo per movimento interno albanese, è necessario escludere i sospetti dell'Austria che l'Italia abbia velleità di dominio in Albania: forse dopo accentuato il movimento albanese un memorandum italiano potrebbe stabilire l'utilità del medesimo, le viste del Governo del Re e le vantaggiose conseguenze per l'Europa.

La questione è pertanto di attuare presso la Russia ed il Montenegro e qui i mezzi onde provocare quell'esplosione che si è di per sé preparata senza che si scorga la mano di altro Governo.

Rinnovando a V. E. preghiera di benignamente accogliere la mia memoria, che del resto non è se non 11 compendio di ciò che ho scritto a V. E. sotto varia forma nel lungo periodo di 5 anni ormai dacché sono in questi paesi...

292

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (Carte Corti)

L.P. Vienna, 27 dicembre 1877.

I giornali dopo aver posto in scena gratuitamente la mia candidatura alla successione del buon Melegari, stanno ora facendo la stessa cosa a tuo riguardo. Per conto mio ti ripeto non fui menomemente interpellato e quindi la cosa non aveva fondamento. Ignoro se altrettanto ne sii di te ovvero se proprio questa volta si tratta di cosa seria. Speriamo di sì. Intanto siccome pare siano persuasi a Roma che il primo venuto non è fatto per siedere alla Consulta, si parla anche molto di Crispi! e di Cialdini! Staremo a vedere: quel che è certo si è che in tutto ciò c'è più da piangere che non da ridere.

In un momento come questo, darsi il divertimento di una crisi, e ciò senza una ragione un concetto qualsiasi, questione di persone, di consorterie sempre, si proprio di consorterie. Quando fui recentemente a Roma constatai l'incurabilità della malattia di cui già vedeva affetto il Ministero, ma pur m'aggrappai alla speranza che la sua esistenza potesse prolungarsi, poiché ben previdi che dalla padella non si poteva se non cascar nel fuoco. Ma lasciamo lì le cose nostre poiché veramente ci sarebbe da perderei la testa. L'attitudine spiegata dall'Inghilterra in questi giorni ha fatto assai sensazione anche qui, non credo però basterà a distaccare il Gabinetto di Vienna dall'Alleanza dei tre Imperatori. Già saprai quando riceverai questa lettera, che Elliot ha avuto ordine di venire immediatamente ad occupare il suo nuovo posto; non credo gli riuscirà di esercitare in questo Gabinetto quell'influenza che nessun Ambasciatore potrà mai acquistare qui, ad ogni modo il cambiamento non sarà senza esercitare qualche influenza

relativa almeno poiché sta di fatto che del buon Buchanan non si faceva caso di sorta mentre che col successore forza sarà di causa wlmeno. Per conto mio rimpiango la partenza dell'ottimo vecchio che sempre fu per me inappuntabilmente onesto collega.

E l'affare della Bella Gamba come procede? Anche a questo proposito ci sarebbe più da piangere che da ridere sebbene questo sii stato il mio primo movimento leggendo alcuni documenti che hanno tratto a questa faccenda e che sono consegnati nella Raccolta stampata che riceviamo. Purtroppo temo che quest'incidente finirà per dar luogo a molto spargimento... d'inchiostro.

Credo di averti già detto che ho spedito alla simpaticissima Signora Katty la tua lettera. Gliela mandai alla sua campagna, ignoro però se vi sii ancora, poiché dal giorno in cui toccarono le prime botte ai Russi, essa non si è fatta viva.

Mais assez bavardé comme-ça.

27 5

293

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 917. Vienna, 28 dicembre 1877, ore 14,37 (per. ore 16).

La communication que l'ambassadeur de Turquie a faite ici, par rapport à la Serbie, n'implique nullement encore la déclaration de la déchéance du prince Milan. Voilà ce que Orczy m'a dit: ce serait uniquement un télégramme circulaire, contenant l'exposition des griefs de la Porte qui ne demande pas réponse et à laquelle il ne sera pas fait accueil. L'Empereur n'a rien décidé par rapport à l'envoyé spécial à Madrid pour le mariage du Roi. Il parait cependant probable que cela aura lieu, Sa Majesté ayant été élevée à Vienne et étant très-aimée dans la famille impériale. Il me semble que l'Espagne désire beaucoup une pareille démonstration de la part de l'Autriche. Aussit6t que quelque chose sera décidé, je le saurai et en informerai V. E.

294

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 918. Berlino, 28 dicembre 1877, ore 16,25 (per. ore 18,10).

Je n'ai pu étre reçu qu'aujourd'hui par le secrétaire d'Etat. L'ambassadeur ottoman lui a remis la note communiquant la déchéance du prince Milan. Bi.ilow n'a fait aucune observation, et il ne croit pas qu'il soit le cas pour le Cabinet prussien d'y faire une réponse. Bi.ilow appréciait beaucoup le jugement exprimé par V. E. dans son télégramme du 24 courant (1). Le secrétaire d'Etat m'a en

outre confidentiellement informé d'avoir fait à l'ambassadeur ottoman au sujet de la médiation une réponse verbale dans le sens suivant: le désir de l'Empereur de voir la paix rétablie, ne pouvait pas étre mis en doute, mais le Cabinet prussien ne voyait pas dans la médiation demandée le meilleur moyen d'y parvenir, en sa qualité de neutre. Il ne croyait pas devoir s'écarter de son attitude réservée pour entreprendre, au nom d'un des belligérants une médiation. J'ai transmis à Launay le télégramme de V. E. de la nuit derniére (1).

(l) Cfr. n. 282.

295

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROGRADO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI E A PARIGI, RESSMAN

T. 16. Roma, 29 dicembre 1877, ore 14,30.

Sa Majesté le Roi ayant accepté les démissions du Cabinet dont je faisais partie, vient de nommer ministre de affaires etrangères M. Depretis sous la présidence duquel le Ministère vient d'étre constitué.

En prenant congé de vous, je tiens à vous témoigner toute la satisfaction que j'ai éprouvée pour les relations que j'ai eues avec vous et à vous remercier du concours que vous m'avez toujours donné dans les circonstances difficiles de la période laborieuse que notre politique vient de traverser.

296

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 921. Londra, 29 dicembre 1877, ore 18,40 (per. ore 20,25).

La grande nouvelle d'aujourd'hui est la demande de médiation faite par la Porte en Angleterre. Il parait que celle-ci a conseillé cette démarche à la Porte afin d'avoir un prétexte plausible d'intervenir auprès du Czar. J'ai une copie de la lettre en date du 27 courant que, par suite de cette démarche, Derby a adressée à l'ambassadeur d'Angleterre à Pétersbourg. Elle est conçue dans des termes très mesurés. Il y est dit que la Porte ayant exprimé l'avis que le moment était venu de mettre fin à la guerre, l'ambassadeur devait demander si le Czar accueillerait des ouvertures faites dans ce sens par l' Angleterre. Celle-ci croit qu'il est temps de mettre un terme à la guerre désastreuse, et elle connait trop les sentiments de l'Empereur pour douter, que lui aussi désire de son còté arréter l'effusion du sang. Je pense que V. E. recevra une comunication officielle de cette lettre, camme l'ont eue d'autres Gouvernements.

(l) Si tratta del t. 13 del 27 dicembre, ore 23 con cui Melegari invitava Launay a rientrare a Berlino per indagare circa l'esattezza della notizia dell'approvazione tedesca ad una politica aggressiva dell'Austria contro l'Italia (cfr. n. 299).

297

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, E A PARIGI, RESSMAN

T. 17. Roma, 30 dicembre 1877, ore 13.

Lord Derby sur la demande de la Porte a adressé à l'ambassadeur d'Angleterre à Saint Pétersbourg une lettre dans laquelle il est dit que la Turquie ayant exprimé l'avis que le moment était venu de mettre fin à la guerre, le représentant britannique doit demander si le Czar accueillerait des ouvertures dans ce sens faites par l'Angleterre. Celle-ci croit qu'il est temps de mettre un terme à la guerre désastreuse et elle connaìt trop !es sentiments de l'Empereur pour douter que lui aussi ne désire de son còté arrèter l'effusion du sang.

(Per Berlino, Parigi, Vienna) Veuillez me télégraphier le plus tòt possible l'impression que cette démarche aura produite sur le Gouvernement auprès du quel vous ètes accrédité.

(Per Pietroburgo) J'attends a vec impatience de connaitre l'accueil que cette démarche trouvera à Saint Pétersbourg.

298

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 19. Roma. 30 dicembre 1877, ore 18.

Le baron d'Uxkull m'a communiqué aujourd'hui la réponse de son Gouvernement au Cabinet de Londres. La Russie déclare qu'elle ne demande pas mieux que d'arriver à la paix, mais elle exige que la Turquie s'adresse aux commandants des armées russes qui lui diront !es conditions auxquelles la suspension des hostilités pourra ètre accordée. Toute médiation est absolument écartée. Je ne saisis pas très bien pourquoi la Russie propose que des ouvertures lui soient faites pour un armistice, tandis que la demande de la Turquie est pour la paix.

299

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

D. 593. Roma, 30 dicembre 1877.

La Neue Freie Presse di Vienna, nella sua seconda ediizone del giorno 22 di questo mese conteneva, intorno a certe comunicazioni fatte in una seduta segreta

del Comitato della Delegazione del R:;ichsrath, le informazioni che qui giova riprodurre testualmente: «Risulta da una serie di documenti di cui fu data lettura che il Governo austro-ungarico non rimase silenzioso di fronte al linguaggio ostile e annessionista che i giornali italiani tennero per qualche tempo contro l'Austria-Ungheria; il quale linguaggio mirava assai apertamente a rendere popolare la tendenza ad una rettificazione delle frontiere nel Trentina: che anzi il Governo austro-ungarico colse l'occasione per tenere al Governo italiano un linguaggio molto energico rispetto al Trentina. Il Conte Andràssy andò fino al punto da dichiarare al Governo italiano che se quelle velleità annessioniste si fossero in alcun luogo manifestate con fatti, l'Austria-Ungheria non esiterebbe a prendere, per la propria sicurezza, l'offensiva e a ripigliare il quadrilatera veneto per rinforzare la sua posizione. Di questa energica dichiarazione fu data comunicazione anche al Gabinetto di Berlino e il Conte Andràssy fu in grado di far conoscere al Comitato della Delegazione che a Berlino era stata perfettamente approvata ».

Come nelle informazioni fornite dalla Neue Freie Presse circa le comunicazioni fatte dal Governo al Comitato della Delegazione non si riscontra altro passo che meriti speciale interesse, cosi è a supporsi che al passo qui sopra riprodotto si riferisca il comunicato che si lesse nella Wiener Zeitung del 23 dicembre. <<La Neue Freie Presse ha pubblicato (così si esprimeva il giornale offiéiale) nella sua seconda edizione serale di ieri parecchi particolari circa la recente seduta della Delegazione del Reichsrath. A questo proposito noi ci limitiamo a dichiarare che, sia per mancanza di discernimento, sia per intendimento insidioso, le comunicazioni di cui si tratta sono manifestamente inesatte e per tal guisa snaturano la verità (ciò appunto nei passaggi essenziali) che per questa ragione già noi le stimiamo indegne di rettificazioni >>.

La Neue Freie Presse del dì successivo mantenne, malgrado la smentita officiale, la esattezza letterale delle sue informazioni. Non è dubbio, ciononostante, che agli occhi del pubblico siffatta smentita avrà avuto positiva efficacia.

Ma, per quanto ci concerne, noi non possiamo dissimulare a noi stessi la gravità della rivelazione della Neue Freie Presse. Iperocché, contrariamente alla affermazione della Wiener Zeitung, il Conte di Robilant mi scrive di avere ragione di credere che veramente il Conte Andràssy abbia detto in presenza dei componenti la Delegazione che in certe eventualità l'Austria-Ungheria non esiterebbe a prendere l'offensiva contro l'Italia per ricuperare il quadrilatero, aggiungendo che siffatta linea di condotta avrebbe avuto l'esplicita approvazione del Gabinetto di Berlino.

Come Le telegrafai la sera del 27 (l), ben comprende V. E. che le indicazioni somministrateci dal Conte di Robilant annullano, per noi tutta l'efficacia della smentita ufficiale. Laonde è essenziale che l'E.V., con la sua abituale prudenza e sagacia, cerchi di indagare quanto vi abbia di vero nell'affermazione del Conte Andràssy circa l'approvazione che troverebbe a Berlino una politica aggressiva dell'Austria-Ungheria a danno dell'Italia.

(l) Non pubblicato.

300

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 200. Roma, 30 dicembre 1877.

Questo Ministero è venuto a conoscere, in via affatto confidenziale, la risposta degli Imperatori di Germania e d'Austria-Ungheria al telegramma con cui l'Imperatore di Russia annunziò loro la resa di Plewna.

Dopo aver esternato il suo compiacimento per questo fatto, l'Imperatore Guglielmo avrebbe terminato il suo telegramma di risposta con le parole seguenti: «Il successo riportato dall'esercito russo è da me considerato come se fosse riportato dalla mia propria armata».

L'Imperatore Francesco Giuseppe poi avrebbe alle congratulazioni aggiunto il fermo suo convincimento che gli avvenimenti che si compiono in Oriente non altereranno in nulla il patto di alleanza felicemente esistente fra i tre Imperatori.

Comunico confidenzialmente quanto precede a V. E. stimando appena necessario far notare la differenza che passa fra i due telegrammi.

301

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 767. Vienna, 30 dicembre 1877 (per. il 2 gennaio 1878).

Come sintomo non indifferente dell'atteggiamento dell'Austria a riguardo dell'Italia negli attuali momenti, credo dovere segnalare all'attenzione dell'E. V. il qui unito articolo della Politische Correspondenz (l), quale venne inserito oggi nella Wiener-Zeitung. La pubblicità data alle manifestazioni prodottesi a Trieste, per parte del Club politico sloveno l'« Edinost » e della «Società della gioventù cattolica» avrà molto probabilmente per effetto che altre analoghe si produrranno altrove nella Monarchia; e non sarebbe quindi da meravigliarsi se ciò provocasse in Italia contro-dimostrazioni ostili all'Austria. Non dubito però che il Governo vorrà impiegare tutti i mezzi di cui può disporre, perché non intervengano in Italia fatti di natura a compromettere ancora maggiormente le nostre relazioni colla Monarchia Austro-Ungarica, favorendo così il giuoco di chi forse troverebbe il suo interesse a spingerei a passi inconsulti.

302

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 932. Pietroburgo, 31 dicembre 1877, ore 15,16 (per. ore 16,35).

Le prince Gortschakoff m'a fait aujourd'hui méme la communication que l'ambassadeur de Russie a faite à V. E. (2), en insistant spécialement sur l'exclu

sion de toute médiation. Le chancelier ne s'est pas expliqué ni avec moi ni avec lord Loftus, ni avec personne sur les conditions soit d'un armistice, soit de la paix. Son Altesse m'a fait connaitre en outre un échange de mémoires entre la Russie et l'Angleterre qui vient d'avoir lieu par l'entremise du comte Schouvaloff. Dans le mémoire anglais, lard Derby se référant aux assurances précédentes du prince Gartschakaff exprime l'espair que Canstantinaple ne sera pas occupé, meme temparairement. S'il en était autrement, l'Angleterre se crairait libre de suivre taute ligne de canduite qu'elle jugerait nécessaire paur sauvegarder ses intérets. Dans sa répanse, le prince Gartschakaff répète l'assurance précédente, mais n'exclut pas l'occupatian temparaire de Canstantinaple, si ce fait est rendu nécessaire paur assurer la paix séparée et durable. Mais il se déclare pret à s'entendre avec le Cabinet anglais paur sauvegarder les intérets anglais dument spécifiés. Gartschalwff, en trasmettant san mémaire signale le danger que la Turquie ne puise dans l'attitude et le langage de l'Angleterre un encauragement et des illusians qui paurraient précisément rendre nécessaire l'accupatian que l'Angleterre vaudrait éviter.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 298.
303

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 935. Berlino, 31 dicembre 1877, ore 16,26 (per. ore 20).

Je viens de vair le secrétaire d'état qui cannaissait la répanse de la Ru.'3sie à l'Angleterre. Biilaw s'est abstenu de taute appréciatian, mais j'ai l'impressian que cette répanse russe a sans doute taute l'apprabatian du Cabinet prussien. L'Allemagne jaue dans cette guerre le ròle de secand de la Russie, camme l'Angleterre celui de secand de la Turquie. La pensée du Cabinet prussien résulte de la réponse verbale de Biilaw à l'ambassadeur attoman que j'ai mentianné dans ma dépeche du 28 (l). Le secrétaire d'état recannaissait aujaurd'hui la gravité de la situatian, mais vu le désir général de paix, il espérait que l'incident anglais n'amènerait pas des complìcations. Biilow m'a dit que la proposition de Melegari en faveur du ministre de Prusse à Berne, était agréée ici et appréciée camme il était dit dans le télégramme de Melegari.

304

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 933. Vienna, 31 dicembre 1877, ore 18,05 (per. ore 18,40).

Orczy que je viens de vair m'a cammuniqué la répanse de la Russie au Cabinet anglais dans les memes termes du télégramme de V. E. de cette nuit (2).

(-2) Cfr. n. 298.

D'apres son langage, le Cabinet autrichien ne croit pas que l'Angleterre ait fait faire un pas vers la paix demandée. On ne croit pas non plus que l'Angleterre voudra prendre en conséquence des mesures hostiles à la Russie, car Orczy me disait et a répété à d'autres de mes collègues: <<Elle sait trop bien qu'elle n'aurait aucune puissance avec elle>>.

(l) -Cfr. n. 294.
305

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANTE AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, E A PARIGI, RESSMAN

D. Roma, 31 dicembre 1877.

Stimo utile di qui trascrivere un passo di rapporto (in data del 18 di questo mese) (l) testé giuntomi dal R. Ministro a Costantinopoli.

«L'Ambasciatore d'Inghilterra (così scrive il Conte Corti) non cela sua avversione, in ogni eventualità, alle trattative dirette e, non più tardi di jeri sera, lasciava intendere a persone che non potevano a meno di ripeterlo ai Ministri del Sultano che, se la lotta si protraeva ancora per qualche tempo, il Governo britannico non potrebbe a meno di prendervi parte; che già cominciavano a manifestarsi presso l'opinione pubblica d'Inghilterra i segni di una agitazione che tenderebbe a spingere il Governo in quella via. Né io potrei asserire se siffatte opinioni rappresentino i sentimenti del Gabinetto di S. Giacomo o piuttosto le aspirazioni personali dell'Ambasciatore>>.

Non posso nascondere la poco favorevole impressione che il rapporto del Conte Corti ha prodotto sull'animo mio. Il contegno dell'Ambasciatore britannico farà ricadere sul suo Governo una responsabilità ben più grave se dovesse avere per conseguenza di impedire che la pace si ristabilisca prima che le operazioni di guerra abbiano condotto a effetti più disastrosi e prima che le sorti della guerra rendano impossibili, per la pace, condizioni tollerabili per la esistenza dell'Impero Ottomano.

306

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. RR. 675/250. Londra, 31 dicembre 1877 (per. il 3 gennaio 1878).

Col mio primo telegramma d'ieri l'altro (2) io informava codesto Ministero della nuova fase in cui era entrata la quistione Turco-Russa in seguito alla domanda indirizzata dalla Porta al Governo Britannico, affinché questo si interponesse presso la Russia per il ristabilimento della pace. Questo passo della

Porta era stato, a quanto si afferma, suggerito dal Gabinetto Inglese stesso che voleva un pretesto plausibile per indirizzarsi alla Russia, giusta le precedenti deliberazioni del Consiglio dei Ministri.

Io diedi all'E. V. un riassunto del dispaccio che, conseguentemente, il Conte di Derby aveva indirizzato a Lord Loftus per conoscere dal Governo Russo se fosse nelle intenzioni dello Czar di far cessare la guerra e di porre così termine alla effusione del sangue.

Col suo telegramma in data d'ieri (1), l'E. V. mi fa sapere che Sir Augustus Paget Le aveva comunicato il contenuto della lettera anzidetta chiedendoLe di pronunziarsi in proposito; al quale quesito l'E. V. prendeva opportunamente tempo per rispondere.

Col nuovo telegramma giuntomi durante la notte ultima scorsa (2), codesto Ministero m'informava della risposta assai esplicita dello Czar alle aperture dell'Inghilterra; e dalla quale emerge che la Russia non accetta mediazione, ed intende trattare da sé sola la pace colla Turchia.

Ormai si può dire: «Alea jacta est>>. Questa risposta, con la quale si respingono gli utllcj dell'Inghilterra, non sorprenderà molto in questo paese. Se da alcuni era temuta, essa era da molti altri, se non desiderata, con risoluzione aspettata.

Nel mio ultimo rapporto delli 24 spirante Dicembre (serie politica n. 247) (3), io diceva che Lord Beaconsfield riteneva di avere per sé l'opinione più generale dell'Inghilterra col prendere un atteggiamento più energico dirimpetto alla Russia; ed i fatti confermano questa fiducia del Primo Ministro.

I sentimenti ostili si manifestano qui ogni giorno più ardenti contro la Russia. Per l'Inghilterra il nemico è la Russia quasi quanto la Germania lo è per la Francia. Ogni Inglese sente istintivamente che l'onore e gli interessi della Gran Bretagna sono impegnati nella guerra che si combatte in Bulgaria ed in Armenia, ed il Ministero si tiene sicuro di ottenere l'approvazione del Parlamento quando egli chiederà i mezzi necessarj per provvedere alle eventualità che il rifiuto della Russia di accettare l'intromissione dell'Inghilterra farà possibilmente sorgere.

Io temo assai a giudicare specialmente dai nostri giornali, che molti in Italia si facciano illusioni sullo spirito risoluto dell'Inghilterra, e sui mezzi di cui essa può disporre. Questi popoli sono lenti ad animarsi; ma, una volta impegnati, essi vanno avanti coll'impeto dettato da un orgoglioso amore del paese, e con una ostinazione che non si sgomenta contro le resistenze le più tenaci. In quanto ai mezzi di cui può disporre, l'Inghilterra è tanto ricca, malgrado le perdite di recente sofferte dalle bancarotte della Turchia, del Perù ed altre che è provveduta di danari e di materiali in quantità tali da poter sostenere una longa lotta ove vi fosse impegnata. È bensì vero che non ha un grande esercito; ma, come io lo accennai in parecchi miei precedenti rapporti, essa non intenderebbe tentare campagne di guerra territoriali, ma soltanto occupare alcuni punti del litorale, Costantinopoli compreso, e col concorso della sua formidabile flotta, bloccare la Russia che, non avendo marina da guerra

da apporle, rimarrebbe come soffocata nel suo vasto territorio. Arroge che si parla anche di fare intervenire un corpo di almeno sessantamila uomini di truppe musulmane dell'esercito delle Indie nel versante meridionale del Caucaso per respingere i Russi al di là di quella catena di montagne.

Possiamo adunque aspettarci a gravi avvenimenti se la Russia persiste a rifiutare qualsiasi ingerenza dell'Inghilterra nelle condizioni della pace.

È certo che la Gran Brettagna non acconsentirà mai a che il Mar Nero diventi proprietà esclusiva della Russia, e non acconsentirà mai a che Costantinopoli rimanga in mani di questa Potenza, e che dessa, con la posizione che potesse prendere in Armenia, sia di minaccia per il suo Impero delle Indie.

Queste sono quistioni di vita e di morte per l'Inghilterra, e si può dire che anche desse non sono meno interessanti per le nazioni che costeggiano il Mediterraneo; le quali si troverebbero assai compromesse, ove il Mar Nero e i Dardanelli stessero in possesso di una sola Potenza.

Intanto questo Gabinetto sembra fin d'ora cercare a conciliarsi, se non delle alleanze, almeno delle amicizie. E così, come io lo accennai nel mio secondo telegramma di ieri l'altro (1), Lord Derby fece dichiarare alla Francia che la Inghilterra non aveva nissuna intenzione d'impossessarsi dell'Egitto, come le si era attribuito. e che teneva a rassicurare la Francia a quel riguardo. Si sa, che a più riprese fu dalla Germania offerto all'Inghilterra di impadronirsi dell'Egitto, a condizione che lasciasse la Turchia sbrigarsi da sé sola con la Russia; con questa proposta si aveva probabilmente il recondito pensiero d'animare la Francia colla Gran Brettagna; ma questa non si lasciò allettare e rifiutò dichiarando che le bastava la posizione di cui dessa godeva attualmente in Egitto. Nel sentimento pubblico vi ha una marcata irritazione contro la Germania che si accagiona di essere stata provocatrice della guerra e di cercare tuttora di mantenerla.

Per un tempo si era sperato che l'Austria si sarebbe resa alle lusinghe della Inghilterra; ma la condotta enigmatica del Cancelliere Austro-Ungherese ha dissipata questa speranza, per cui l'Austria è anch'essa caduta in sospetto; però non è dimesso ancora ogni pensiero di ricondurre quella Potenza ad una unione più intima coll'Inghilterra.

In quanto all'Italia, anch'essa è alquanto in sospetto, se non presso il Governo, ma senza dubbio nella opinione pubblica. Rimane tuttora la traccia della notizia con gran fracasso propalata, specialmente dalla stampa di Vienna, di una pretesa alleanza dell'Italia con la Russia. Se però questa credenza di una tale alleanza è svanita, resta tuttora il pensiero che le nostre simpatie sono per la Russia. Le voci di alcuni accordi nostri guerreschi colla Grecia, sparse dalla millanteria di un Ministro Greco, hanno ridestato quel sospetto, che sembrava assopito, e che venne alimentato da alcune corrispondenze poco benevoli per l'Italia.

È certo, ad ogni modo, che, in queste gravi congiunture, l'Inghilterra, che pare più che mai decisa a combattere con le armi all'uopo per non decadere dalla sua posizione di Grande Potenza, e per non lasciare compromettere i suoi interessi vitali, cerca delle amicizie. Essa accarezza la Francia e non dispera

ancora di sedurre anche !"Austria; se dessa vi riuscisse, la posizione per l'Italia diverrebbe senza dubbio più delicata. Intanto non tralascierò di tenere V. E. al corrente, per quanto sia possibile, dei varj incidenti dell'attuale vertenza.

Procurerò di vedere al più presto Lord Derby, che non ho potuto incontrare, imperocché questi giorni sono in generale dagli Inglesi, consacrati alla vita di Castello.

(l) -Cfr. n. 269. (2) -Cfr. n. 296. (l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 298. (3) -Cfr. n. 283.

(l) Non pubblicato

307

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 343. Parigi, 1° gennaio 1878 (per. il 7).

Coi due telegrammi che l'E. V. mi fece l'onore d'indirizzarmi in data di jerlaitro (l) e di jeri (2), Ella volle informarmi della domanda fata al Governo dello Tzar dall'Ambasciatore d'Inghilterra a Pietroburgo allo scopo di conoscere se il medesimo fosse disposto ad accogliere proposte tendenti a metter fine alla Guerra, nonché della risposta data dal Gabinetto Russo a quello di

S. James. L'E. V. esprimeva il desiderio di sapere quale impressione avesse prodotta sul Governo Francese la domanda dell'Inghilterra e come si ravvisasse qui la situazione che risultava dall'accoglienza fattasi a Pietroburgo.

Non essendomi stato possibile di vedere jerlaltro il Signor Waddington, io mi recai di nuovo jeri nel pomeriggio da S. E. da cui ebbi l'onore d'essere ricevuto e che interrogai sui fatti da Lei annunziatimi.

Il Signor Waddington mi disse ch'egli considerava il passo fatto da Lord Loftus a Pietroburgo come una seria entrata in giuoco dell'Inghilterra, che il maggior movente di questo passo era, secondo ogni probabilità, il desiderio del Gabinetto Britannico di rendersi nella propria azione le mani più libere rimpetto al Parlamento in cui eravi un forte partito ultra pacifico e contrario ad ogni ingerenza attiva dell'Inghilterra, il quale, in presenza dell'annunzio d'un rifiuto della Russia d'accogliere la mediazione inglese, si indurrebbe a secondare una politica più vigorosa. A tale punto di vista Lord Beaconsfield sopra tutti potrebbe in cuor suo non troppo dolersi della risposta russa che è un potente mezzo d'influenza sui suoi stessi Colleghi Derby e Salisbury, meno propensi di lui ad una politica conforme alle tradizioni dell'Inghilterra in Oriente.

In quanto al Governo Francese, il Signor Waddington mi affermò che, pur facendo voti per la pace e pronto ad affrontarla con i suoi consigli e con i suoi buoni uffici, esso non si associerà a nessuna azione diplomatica ed a nessuna pratica di mediazione dell'Inghilterra. Il Signor Waddington mi disse ch'egli si disponeva a farne la formale dichiarazione a Lord Lyons col quale egli doveva avere un colloquio nella sera stessa. «La principale preoccupazione della Francia, continuò a dirmi il Signor Ministro degli Affari Esteri si è che la pace sia conclusa prima dell'apertura dell'Esposizione parigina, il buon esito

22 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

della quale ci sta sommamente a cuore. Epperò ogni nostro studio sarà quello di mettere olio nelle ruote da una parte e dall'altra. Al Principe Orloff io dissi e non cesserò di ripetere, che la continuazione della guerra sarebbe in ogni ipotesi un danno ed un grave pericolo per la Russia; che la resistenza dei Turchi non solo non è ancora esausta, ma che potrebbe, secondo le informazioni avute dal Governo Francese, ringagliardirsi e protrarsi oltre ogni aspettazione; che d'altronde lo stato delle finanze russe ed il disagio crescente della moneta russa non devono far ravvisare l'avvenire senza inquietudine al Governo dello Czar; che infine, se gli Inglesi si decidessero ad entrare in lizza anch'essi, tali pericoli raddoppierebbero. Dall'altro lato io mi studio a persuadere a Lord Lyons che poco importano la via e la forma per le quali si possa giungere alla pace, purché ci si giunga; che la Russia anche pretendendo di trattare direttamente colla Turchia, sa pur sempre che i consigli dell'Inghilterra guidano quest'ultima; che in presenza d'un probabilissimo accordo prestabilito tra i tre Imperi, l'Inghilterra gettandosi in avventure si esporrebbe ad un rischio di cui non si può tuttora misurare la grandezza».

Dopo ciò il Signor Waddington mi ripeté le dichiarazioni già fattemi in un precedente colloquio; che per ora la Francia persisterà nell'astensione salvo a fare udire anche la sua voce allorquando se ne verrà a deliberare sopra quistioni d'interesse europeo maggiore, come quelle del passaggio di Dardanelli, della libera navigazione del Danubio, della condizione generale dei cristiani in Oriente, ecc. Egli aggiunse infine che ignorava ciò che in questa ora si progettasse in Berlino, ma che secondo varii indizi gli pareva che vi si continuasse a desiderare la prolungazione della guerra.

Mi assicurai in questa conversazione col signor Waddington, che il Gabinetto Francese non aveva fatto risposta veruna alla domanda di mediazione formulata nella Circolare Turca del 12 dicembre ultimo. Il Signor Ministro degli Affari Esteri mi disse pure che la dichiarazione di decadenza del Principe Milano non era stata fino a quell'istante notificata in modo ufficiale al Go

verno Francese.

(l) -Cfr. n. 297. (2) -Non pubblicato.
308

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 978. Costantinopoli, 1° gennaio 1878 (per. l' 8).

Pel mio rapporto delli 25 del passato n. 971 di questa Serie (l) dicevo il nodo della presente fase della questione d'Oriente stare nella condotta che sarebbe per seguire l'Inghilterra.

Li 29 venne a mia conoscenza questo Ambasciatore Britannico aver significato alla Sublime Porta il suo Governo aveva diretto una comunicazione a quello di Russia nel senso del ristabilimento della pace. Del qual fatto diedi senz'indugio contezza telegrafica al R. Ministero. M'era poco appresso riferito

da fonte sicura che appena il rifiuto della Germania ch'io ebbi l'onore di annunciare al predecessore dell'E V. il 19 dicembre diede a questi Ministri il convincimento che la mediazione delle Potenze Garanti era fallita, ne seguì uno scambio di idee tra i Gabinetti di Costantinopoli e di Londra, dal quale risultò la formale domanda diretta dalla Sublime Porta al secondo d'interporre i suoi buoni officii per l'inaugurazione di trattative di pace. Ed il Governo Britannico faceva indi conoscere a questa aver diretto l'analoga comunicazione a Pietroburga. Arduo sarebbe voler determinare esattamente da qual parte venisse la prima idea di queste pratiche separate da parte del Gabinetto di San Giacomo, né di grande importanza il saperlo. Sta di fatto che questo non vi si sarebbe prestato se non lo avesse creduto opportuno. Ed io sono in grado di affermare a V. E. che verso la metà del dicembre l'Ambasciatore della Gran Brettagna a Pietroburgo telegrafava al suo Governo quello di Russia essere avverso a qualunque mediazione. Dalle quali cose taluni traggono la supposizione che il Governo Inglese si decidesse a quel passo affine di poter dichiarare al Parlamento nulla aver omesso allo scopo di cooperare al ristabilimento della pace. Né più chiaro è il vero senso della comunicazione che il Governo Britannico rivolgeva a quello di Russia. Quest'argomento fu largamente discusso tra i Rappresentanti delle Potenze Garanti a Costantinopoli. Trattavasi per essa d'una formale proposta di mediazione Inglese, oppure semplicemente d'una domanda preliminare tendente a conoscere le disposizioni del Gabinetto di Pietroburgo? E tanta era l'oscurità regnava sopra queste questioni che ieri lo stesso Ministro degli Affari Esteri domandava il mio avviso in proposito; cui naturalmente non ero in grado di fare adeguata risposta.

Così stavano le cose allorché comparve ieri il telegramma (l) pel quale l'E. V. si compiaceva annunciarmi il rifiuto della Russia d'ammettere la mediazione Inglese. E prego l'E. V. d'aggradire la espressione della mia profonda riconoscenza per una comunicazione la quale m'era della più grande utilità per regolare il mio linguaggio nelle presenti congiunture.

Era il giorno della conferenza ebdomadaria del Ministro degli Affari Esteri, ed io mi trasferii ad essa. Dopo alcuni preliminari S. E. entrava nella questione del giorno, e mi domandava, secondo il consueto, quali notizie avessi. Risposi domandandogli a mia volta se non aveva ricevuto alcuna risposta da Londra.

S. E. mi diceva non averne ancora conoscenza, ed il Governo Ottomano non poteva fare alcuna cosa fino a che sapesse quale accoglienza il Gabinetto di Russia sarebbe per fare alla proposta Inglese. Essa mi domandava indi quale condotta credevo il Governo Inglese terrebbe nel caso quello di Russia rispondesse per un rifiuto. Cui replicavo, a mio avviso non avrebbe a perdere un minuto a ragguagliarne la Sublime Porta. Senonché insisteva S. E. per indurmi ad esprimere la mia opinione sulle determinazioni esso sarebbe per prendere in quella eventualità. Ed io mi limitavo a rispondere non essere possibile di farsi un'idea delle probabilità dell'avvenire senza essere sul luogo; due correnti esistere nel Gabinetto e nella nazione; assai arduo essere di prevedere fin d'ora quale di esse sarebbe per prevalere; i Ministri di Sultano avevano a provvedere alla salute dell'Impero. S. E. si allargava indi sui vantaggi s'avrebbero dalla

cooperazione Inglese sia pel concorso militare, sia sotto il punto di vista economico.

Poco appresso il Ministro degli Affari Esteri aveva un lungo colloquio coll'Ambasciatore di Germania, al quale ripeteva presso a poco le stesse cose. E Sua Altezza gli faceva analoghe risposte.

Dalle parole di Server Pacha risulta dunque che la Sublime Porta considera la pratica in discorso come un principio d'intervento da parte del Governo Britannico, cui potrà seguire l'azione armata. Oltremodo delicata sarà infatti la posizione di esso innanzi al rifiuto categorico della Russia di prestarsi alla sua mediazione. Né sta a me dire come sarà per uscirne. Però credetti prezzo dell'opera di entrare in minuti dettagli sulla materia, imperocché gravissima sarebbe la responsabilità che peserebbe sulla Potenza la quale fosse per rendere vani gli sforzi fatti finora per localizzare la guerra, e salvare l'Europa da un conflitto generale.

Avrò cura di tenere l'E. V. al giorno di quanto mi sarà fatto di raccogliere circa le questioni pendenti.

(l) Non pubbllcato.

(l) T. 20 del 30 dicembre, non pubblicato ma analogo al n. 298.

309

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL REGGENTE L'AGENZIA CONSOLARE A VALONA, DEL SORDO

D. 5. Roma, 2 gennaio 1878.

Ricevetti il rapporto n. 14 del 20 dicembre scorso (l) sulle anormali condizioni dell'ordine pubblico in codesta città.

Ella agirà saviamente continuando ad esercitare la sua azione amichevole presso le autorità locali per eccitarle a valersi di tutti i mezzi di cui dispongono per mantenere l'ordine o almeno per attenuare i danni dell'attuale stato di cose. V. S. dovrà poi raccomandare agli italiani di codesta Colonia di non dare col loro contegno alcun pretesto di credere che essi non sieno completamente neutrali nella lotta che si combatte dalla Turchia.

310

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1946. Berlino, 2 gennaio 1878 (per. il 6).

Mi fu dato di incontrare ier l'altro S. E. il Signor de BiHow e di trattenermi con lui per poco relativamente agli Ufficii di pace che l'Ambasciatore inglese presso lo Tsar era stato incaricato di fare a S. Pietroburgo, ed alla risposta che era stata immediatamente data al medesimo. Grazie ai telegrammi

dell'E. V., in data del 30 e del 31 Dicembre, {l) conoscevo lo stato esatto delle cose, ed avrei bramato di poter rendermi conto della impressione che se ne provava qui.

Come ebbi l'onore di telegrafarlo il giorno stesso (2), questo Segretario di Stato era informato di tutto ciò; però, fedele al sistema di stretta riserva osservato sinora in ogni cosa che tocchi la quistione d'Oriente, il Signor de Biilow si astenne da ogni apprezzamento. La situazione, diceva egli, era incontestabilmente grave, ma, tenendo conto del desiderio generale che si nutre di veder ristabilita la pace, giovava sperare che nessuna complicazione sarebbe sorta per opera dell'Inghilterra: era d'uopo innanzi tutto di vedere se la Sublime Porta si piegherebbe a seguire la via indicata ora dal Gabinetto di S. Pietroburgo.

Malgrado la sua discrezione, traspariva dall'attitudine del Segretario di Stato che egli non faceva molto assegnamento sulle buone disposizioni della Porta. Ed a questo proposito, non sarà fuori di luogo di riferire a V. E. il dubbio che ne espresse chiaramente oggi stesso l'Imperatore Guglielmo nell'occasione di un ricevimento a Corte. Rivolgendosi agli Addetti Militari esteri, Sua Maestà disse loro che lo Tsar gli aveva scritto di essere volontieri disposto a conchiudere la pace, purché questa fosse tale da riuscire onorevole per la Russia e duratura per l'Europa. «Vedremo, aggiunse l'Imperatore, se queste speranze di pace si effettueranno», e nel dir ciò l'espressione ed il tono di voce del Sovrano dimostravano come Egli ne avesse pochissima speranza.

Il Gabinetto di Berlino è troppo strettamente d'accordo con quello di S. Pietroburgo, per ammettere che esista fra di essi una divergenza di viste nella nuova fase alla quale darebbe adito un intervento inglese negli affari d'Oriente. E difatti [e parole dette dal Signor di Biilow a Sadullah-Bey in risposta alla domanda di mediazione rivolta dalla Porta alle Grandi Potenze, muovevano dallo stesso principio che dettò ora la risposta del Principe Gortchakow a Lord Loftus. Il Governo Tedesco è d'avviso che una mediazione non potrebbe aver luogo con frutto, se non quando fosse chiesta da entrambi i belligeranti: esso fece abbastanza comprendere che è sua opinione doversi la Sublime Porta piegare all'esigenza della Russia, rivolgendosi direttamente al nemico per ottenere il ristabilimento della pace. Trapela poi qui indirettamente, e ciò è confermato dall'attitudine di questi giornali, che il Gabinetto di Berlino vedrebbe di buon occhio l'Inghilterra fare assolutamete astrazione dagli interessi della Turchia e provvedere alla tutela esclusiva dei suoi proprii, decidendosi ad occupare qualche punto strategico, senza mettersi in ostilità aperta con la Russia.

Intanto, questo Ambasciatore inglese, Lord Odo Russell, non ravvisa sinora, nell'accoglimento che ebbero a S. Pietroburgo i buoni uffici del suo Governo, un motivo di fondata inquietudine. L'Inghilterra partecipò, dice egli, alla Russia il desiderio della Porta di scendere a patti di pace: non offerse mediazioni di sorta: ebbe in risposta che il desiderio della pace era nutrito pure dalla Russia, e che a tal uopo la Turchia non aveva che da rivolgersi al Quartier Generale Russo per conoscere le condizioni che le si volevano imporre. I buoni uffici del Governo inglese, in questi limiti, non furono respinti, e conviene ora di seguire con animo tranquillo Io svolgimento ulteriore di tale situazione. Giova notare

tuttavia che qui in generale si considera lo stato delle cose sotto un punto di vista meno rassicurante di quello che mi venne così esposto da Lord Odo Russell.

Ho l'onore di segnar ricevuta dei dispacci della serie politica n. 591, 592 e 593, dei 28 e 30 dicembre ultimo (1), come pure dei documenti diplomatici dei quali restituisco qui unita la distinta dopo averla firmata.

(l) Non pubblicato.

(l) -Cfr. n. 297; il t. del 31 dicembre non è pubblicato. (2) -Cfr. n. 303.
311

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. l. Roma, 3 gennaio 1878, ore 22.

Vous connaissez la réponse de la Russie à la démarche faite par l'Angleterre. Elle écarte, à mon avis, tout espoir que le Cabinet impérial veuille accepter des négociations de paix, par l'intermédiaire d'une ou de plusieurs puissances neutres.

Dans cet état de choses, je pense que nous devons appuyer l'action diplomatique de l'Allemagne et des autres Puissances qui conseilleraient à la Porte de s'adresser directement à la Russie, soit pour un armistice, soit pour ouvrir des négociations de paix. Tenez-moi au courant par le télégraphe de tout ce qui peut avoir quelque importance dans la situation actuelle.

312

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY (2)

D. 597. Roma, 3 gennaio 1878.

Sono grato assai alla E. V. delle informazioni fornitemi col pregiato rapporto del 22 dicembre scorso, n. 1940 (3).

Il giudizio che V. E. recava degli intendimenti probabili dell'Inghilterra coincide cogli indizii che, in quegli stessi giorni, ci pervenivano da Londra. Sembra però che la risoluzione presa, di poi, dal Gabinetto di Londra di fare un passo separato, a Pietroburgo, per incarico della Turchia, ed all'oggetto di rendere possibile l'apertura di negoziati di pace, sia da considerarsi come il principio di una politica più decisa ed attiva.

Intanto, non è senza significato che quasi contemporaneamente agli officii fatti a Pietroburgo, il Gabinetto inglese abbia stimato necessario di rassicurare la Francia circa le sue intenzioni rispetto all'Egitto. Lord Derby ha, infatti, dichiarato all'Ambasciatore di Francia, (così mi telegrafava il Generale Menabrea pochi giorni or sono) che l'Inghilterra nulla vuol fare che possa dare

ombra al Governo della Repubblica, ed ha anzi ricusato di inviare in Egitto Lord Kimberley chiamato dal Vicerè come Ispettore Generale delle Finanze. In questo stesso ordine di idee, non possiamo non rimanere sorpresi del poco conto che il Principe di Bismarck farebbe dei più vitali interessi di tutte le Potenze del Mediterraneo, se fosse vero che egli, solo che per creare un nuovo soggetto di antagonismo fra la Francia e la Gran Bretagna, avesse spinto questa ultima ad impadronirsi dell'Egitto. Le dichiarazioni del Gabinetto di Londra a quello di Parigi rivestono, a questo, riguardo, una importanza affatto speciale.

Non ci reca, poi, meraviglia alcuna ciò che V. E. mi esponeva circa il timore della Germania, di vedere formarsi una lega dell'Inghilterra, Francia e Austria. Questa idea, a giudicare dalle cose sovradette, e da alcune notizie avute per vie indirette, sarebbe stata accarezzata a Londra e forse colà non si è interamente dimessa la speranza di vederla riuscire. Però le probabilità, per l'Inghilterra, di riuscire in questo suo piano, sono, in questi ultimi tempi, verosimilmente diminuite. Così un telegramma, giuntomi testè dal R. Incaricato d'Affari a Parigi, reca che il nuovo Ministro degli Affari Esteri, pur dimostrandosi sollecito di giovare alla causa della pace, è però fermamente risoluto a non compromettersi col prestare appoggio, né diretto, né indiretto alla Inghilterra negli officii che sta facendo a Pietroburgo. E, per quanto riflette l'Austria-Ungheria, ho sotto gli occhi un telegramma del R. Ambasciatore a Vienna, dal quale consta avere il Barone d'Orczy detto, così al Conte di Robilant, come ad altri Rappresentanti, che l'Inghilterra sa troppo bene di non avere con sé alcuna Potenza.

Però, malgrado auesti sintomi rassicuranti, noi non dobbiamo ristare dal vegliare sopra ciò che da cotesto lato potrebbe accadere.

La politica del Conte Andràssy, che, per dare soddisfazione alle opinioni diverse prevalenti in seno alla Monarchia, esagera scientemente l'importanza, più che secondaria, di indizii che non meriterebbero neppure la sua attenzione, e ciò nello scopo di eccitare l'opinione generale del suo paese contro il nostro, ciò appare sotto aspetti singolari e diversi attraverso il linguaggio non sempre uniforme della diplomazia imperiale nei varii centri politici più importanti, e non è certamente tale da inspirarsi una grande fiducia.

Il pericolo di una coalizione fra la Francia e l'Austria sotto l'influenza della Inghilterra, non deve quindi sfuggire a noi. Le conseguenze di questo fatto potrebbero estendersi oltre la sfera degli interessi più direttamente implicati nella questione orientale. Essa potrebbe, in ogni caso, essere un primo avviamento ad ulteriori concerti fra quelle stesse Potenze.

Noi comprendiamo, adunque, la sollecitudine con la quale il Principe di Bismarck si adopera ad allontanare un simile pericolo, sul quale, dal canto nostro, abbiamo più di una ragione per tenere gli occhi aperti. Solo è dispiacevole che l'influenza del Principe di Bismarck non abbia saputo contenere la politica del Conte Andràssy entro quei limiti, a nostro riguardo, che ci avrebbero permesso di assecondare il Gabinetto di Berlino nell'intento di impedire che un'altra politica, ancora più pericolosa, prevalga a Vienna.

In tale stato di cose, soprattutto mi affida la perspicacia e la diligenza con le quali V. E. saprà, senza dubbio, discernere e riferirmi tutto ciò che, in questo ordine di idee, fosse di tale natura da meglio chiarire la situazione.

(l) -Cfr. n. 299; gli altri dispacci non sono pubblicati. (2) -Come risulta dall'ultimo capoverso del n. 367 il dispaccio venne inviato a De Launay a Parigi. (3) -Cfr. n. 279.
313

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 325. Roma, 3 gennaio 1878.

Ho letto con molto interesse il pregiato rapporto direttomi da V. E. n 24 dicembre scorso, n. 247 (1). Le notizie da Lei fornitemi ebbero tosto piena conferma nei fatti. Imperocché, per una parte, già ebbe effetto il proposito, manifestato dal Governo britannico, di rivolgersi alla Russia, per sapere se l'Imperatore fosse disposto ad accogliere entrature di pace. E, per altra parte, ci consta, da comunicazioni confidenziali fatte al R. Ambasciatore dal Principe Gortchakow, che ebbe luogo un primo scambio di memorie tra i Gabinetti di Londra e di Pietroburgo per mezzo del Conte Schouvalow. Nella memoria inglese, Lord Derby riferendosi alle precedenti assicurazioni del Principe Gortchakow, manifestava la speranza che Costantinopoli non sarebbe stata occupata, neppure temporariamente, ché, altrimenti l'Inghilterra si reputerebbe libera di seguire tale linea di condotta che le paja atta a tutelare i suoi interessi. Il Principe Gortchakow, nella sua risposta ripeteva le assicurazioni precedenti, ma non escludeva l'occupazione temporaria di Costantinopoli, se questo fatto fosse reso necessario per assicurare una pace soddisfacente e durevole; in pari tempo dichiaravasi pronto a concordarsi col Gabinetto britannico per tutelare gli interessi inglesi debitamente specificati. E, trasmettendo la sua Memoria, n Principe Gortchakow avrebbe additato il pericolo che la Turchia, nel linguaggio e nell'atteggiamento dell'Inghilterra, attinga incoraggiamenti e illusioni, che potrebbero, per l'appunto, rendere necessaria quella occupazione di cui l'Inghilterra vorrebbe eliminare la eventualità.

Noi non abbiamo, naturalmente, né titolo, né convenienza di intrometterei in questo scambio di spiegazioni, che potrebbero protrarsi anche dopo che la mediazione britannica è stata declinata a Pietroburgo. Ci limitiamo a far voti perché tale, insomma, da rendere agevole la prosecuzione delle trattative.

Gravi sono le indicazioni che, rispetto al probabile piano militare degli inglesi, si contengono nel Rapporto di V. E. È probabile che siffatto piano sia stato già soggetto di studio da parte del Governo russo. Sembra, però, che le difficoltà cui soggiacerebbero i russi, inoltrandosi in Rumelia, non sarebbero verosimilmente, maggiori di quelle che il contingente britannico troverebbe, se dovesse inoltrarsi a sua volta entro terra, allontanandosi considerevolmente dal mare, per ricacciare dal territorio ottomano la invasione dei russi e dei loro alleati Serbi e Rumeni. Ne risulterebbe probabilmente questa situazione. L'inghilterra da una parte, prenderebbe delle condizioni della pace; ma, dal canto suo, la Russia potrebbe assicurarsi altri vantaggi, e creare intanto una situazione contro la quale è lecito dubitare che i mezzi militari dell'Inghilterra sola potrebbero bastare. Cosi, ad esempio, quando la stretta di Novi-Bazar sia fortemente occupata dai Serbo-Russi, e la congiunzione sia operata fra questi ed i

Montenegrini, che cosa potrebbe fare l'Inghilterra per salvare alla Turchia la parte più settentrionale dell'Impero che si troverebbe tagliata fuori?

Pare che i Russi ed i Serbi abbiano accettato, verso il Gabinetto di Vienna, il vincolo di non portare la guerra in quelle provincie limitrofe dell'Austria Ungheria. Ma la sorte di quelle provincie, dove il germe dell'insurrezione non si è mai lasciato spegnere, non potrebbe rimanere dubbia 'lungamente. Non mancheranno all'Austria-Ungheria ragioni, o pretesti, per entrare in quelle provincie, che, separate dal resto dell'Impero Ottomano, la Turchia non potrebbe più né contenere, né governare. Non bisogna dimenticare, infatti, che dal lato del mare, anche i pochi ed insufficienti accessi a quelle provincie, Kleck e Sutorina, sono chiusi dall'Austria.

Noi vorremmo che questo stato di cose fosse ben considerato a Londra, perché forse si comprenderebbe che, non potendo essere nell'interesse della Turchia di protrarre la guerra, una politica che allontana il momento delle trattative dirette, fra la Porta e la Russia, le quali sembravano quasi suggerite, e certamente favorite dalla Germania, può avere delle irrimediabili conseguenze, di cui l'Austria Ungheria sola raccoglierebbe senza sacrifici i frutti.

Dalle considerazioni svolte in questo mio dispaccio potrà l'E. V. ricavare alcun elemento da potersene giovare nelle sue conversazioni confidenziali col Ministro britannico degli Affari Esteri.

(l) Cfr. n. 283.

314

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 563. Roma, 3 gennaio 1878.

Il rapporto in data del 20 dicembre, n. 967 (1), mi è riuscito assai interessante, soprattutto per ciò che concerne l'atteggiamento dell'Ambasciatore britannico e gli effetti che, purtroppo, possono derivarne nell'indirizzo politico della Sublime Porta.

I giudizi di Lei circa la situazione coincidono, del resto, con quelli che emergono dalle informazioni da varie parti giunte al R. Ministero. Appare sempre più salda l'unione dei tre Imperi, e questa unione dà ragione della condotta del Gabinetto di Vienna la quale, altrimenti, riuscirebbe difficilmente spiegabile. E, per altra parte, la pressione, forse non abbastanza dissimulata, della Germania, per spingere la Sublime Porta ad aprire trattative dirette con la Russia, tradisce un certo sentimento d'inquietudine e d'impazienza, che parrà ben naturale per chi considera quanto sia tesa la situazione presente, ed a quanti pericoli potrebbe, da un momento all'altro, trovarsi esposta l'unione dei tre Imperi, base della politica del Gabinetto di Berlino.

A questo riguardo, torna sommamente importante di indagare e di presumere, sin d'ora, quali potranno essere le conseguenze dell'atteggiamento più ri

soluto che l'Inghilterra ha assunto in questi ultimi giorni. Le preoccupazioni di Lei sono, senza dubbio, giustificate. Però non si potrebbe affermare, già sino d'oggi, che l'occupazione di Costantinopoli, da parte delle truppe russe, sia per trascinare necessariamente l'Inghilterra ad una aperta rottura di ostilità. Imperocché, da comunicazione confidenziale fatta dal Principe Gortchakoff al R. Ambasciatore in Pietroburgo, risulta che l'eventualità di tale occupazione forma in questo momento l'oggetto di uno scambio di spiegazioni fra i due Gabinetti, e il Gabinetto di Pietroburgo, senza escluderla, ed anzi ammettendo che una occupazione temporaria possa essere l'inevitabile corollario della resistenza cui la Turchia fosse incoraggiata dall'atteggiamento dell'Inghilterra, ripete però le dichiarazioni precedenti circa la incolumità degli interessi britannici.

Noi non crediamo di andare errati affermando che l'interesse ben inteso della Sublime Porta dovrebbe dissuaderla dal fare, di soverchio, a fidanza su appoggi esteriori che, o le faranno difetto, o giungeranno tardivi. Per guisa che l'azione della Germania, dato pure che sia dettata da interessi proprii, condurrebbe però, nel fatto, a conseguenze conformi ai più vitali interessi della Turchia stessa.

(l) Non pubbl!cato.

315

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 497. Roma, 4 gennaio 1878.

È venuto, ieri, da me questo Signor Ambasciatore d'Austria-Ungheria, e mi comunicò confidenzialmente, senza però !asciarmene copia, un dispaccio direttogli dal Conte Andràssy circa le dichiarazioni che questi aveva fatte in una recente seduta segreta del Comitato delle Delegazioni.

Interpellato (così è detto in quel dispaccio) da un membro della Delegazione, circa le velleità che si erano manifestate, nel corso dell'anno, in una parte della stampa italiana, il Conte Andràssy colse l'occasione che, per tal modo, gli si offriva. E, quantunque siffatto soggetto fosse estraneo al tema della conversazione confidenziale, la quale versava esclusivamente intorno alla questione Orientale, ebbe a porre in sodo che le relazioni del Governo austro-ungarico col Gabinetto del Quirinale non erano mai state migliori di quello che lo fossero al presente. Soggiunse il Conte Andràssy che egli non annetteva alcun valore a velleità isolate, senza radice nel paese, e, sconfessate, così dal Sovrano, come dal Governo. Che anzi il Conte Andràssy si fece a lodare altamente la lealtà dell'attuale Gabinetto, che aveva spontaneamente ripudiato ogni connivenza con quelle velleità all'epoca in cui certe lettere dì Garibaldi, riprodotte sui giornali, avevano provocato una polemica nella stampa dei due paesi. E qui il Conte Andràssy citava il dispaccio diretto, nel 1874, al Conte di Wimpffen; però senza riprodurne i termini testuali.

Il dispaccio comunicatomi dal Barone di Haymerle esprime chiaramente essere inesatto ciò che la Neue Freie Presse ha pubblicato circa le cose dette dal Conte Andràssy. Esso conchiude con le parole che qui testualmente riproduco: «Pour le cas improbable que l'article de la Neue Freie Presse aurait provoqué des appréhensions dans l'esprit des hommes d'Etat de l'Italie, je prie

V. E. de vouloir bien à l'aide des données qui précèdent, réduire cet incident à sa juste valeur, et relever le caractère intentionnellement amicai de mon discours >>.

È chiaro, del resto, stando al tenore del dispaccio comunicatomi, che le parole pronunciate dal Conte Andrassy non si riferivano, ad ogni modo, che ad un periodo passato; mentre, per ciò che concerne il presente, egli assai si loda dell'atteggiamento del Gabinetto italiano.

Mi parve assai utile di consegnare la sostanza della comunicazione fattami dal Barone Haymerle in questo mio dispaccio che porgerà a V. E. elementi atti ad illuminare il giudizio di Lei circa il recente incidente.

316

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 10/1. Londra, 4 gennaio 1B7B (per. l' 8).

Ho l'onore di segnare ricevuta a V. E. del pregiato dispaccio delli 5 dello scorso mese (politico n. 302) (l) che mi trasmetteva una Memoria relativa alle condizioni finanziarie della Tunisia.

Io non mancai di far cenno a Lord Derby delle conclusioni specificate nel sullodato dispaccio; ma Sua Signoria, -che attualmente sembra considerare come secondarie le diverse quistioni che non hanno una diretta attinenza con lo stato delle cose creato dalla guerra Russo-Turca -, mi rispose non essere informato di ciò ch'io gli esponevo.

Io potrei bensì rivolgere al Segretario di Stato una Nota che conterrebbe i dati ch'Ella mi ha comunicati sulle Finanze Tunisine; e dalla risposta che sarei per ricevere potrebbesi conoscere l'opinione che in proposito sembra qui prevalere. Ma siccome quelle notizie mi sono da Lei riferite in modo confidenziale e per mia «informazione personale», così debbo anzitutto chiedere ed aspettare le rispettate instruzioni dell'E. V.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 112. Londra, 4 gennaio 1978 (per. l' 8).

Col mio telegramma d'ieri sera (2) io rispondeva, anticipatamente, a quello di V. E. della stessa data (2), che venne durante la notte consegnato a questa Ambasciata.

Confermando nel presente rapporto le cose accennate nell'anzidetto mio

telegramma, procurerò di rendere un conto, per quanto possibile, esatto, della

situazione delle cose in Inghi:lterra, rispetto alla quistione Turco-Russa, non

tralasciando però di telegrafare, senza indugio, a V. E. le altre informazioni che

mi riescirà di raccogliere intorno agli ulteriori incidenti che possono sorgere.

Com'io lo accennava nel mio telegramma d'ieri, in quella giornata spirava un'aura più pacifica, destata dal discorso che il Ministro delle Colonie, Lord Carnarvon, fece in risposta alla deputazione dei mercanti del Capo di Buona Speranza, venuta per esprimergli il timore che la Gran Bretagna fosse involta in una guerra generale per gli affari d'Oriente.

Lord Carnarvon dichiarava che l'Inghilterra non era disposta a sostenere gli interessi Turchi propriamente detti, ma che, però, essa era risoluta d'essere intesa nel regolamento della quistione d'Oriente.

Il nobile Lord richiamava ad un tempo le dichiarazioni, precedentemente fatte da Lord Derby, intorno alla natura degli interessi dell'Inghilterra nella presente contesa, e dichiarava, eziandio, che la caduta di Plevna non aveva mutato la situazione. Che l'Inghilterra non aveva offerto la sua mediazione ma aveva soltanto acconsentito a fare alla Russia delle aperture di pace, dietro preghiera dell'altro belligerante. Egli non poteva scorgere nella risposta della Russia qualsiasi insulto all'Inghilterra; ma non metteva in dubbio che il popolo Russo non disconoscerebbe che la quistione di Oriente, essendo quistione anche Europea, la voce dell'Inghilterra doveva essere intesa. Intanto Lord Carnarvon diceva:

«Io credo che poche persone si ricordano con soddisfazione della guerra di Crimea; ed, in ogni caso, io sono certo che non v'è, in questo paese, nessuno abbastanza pazzo per desiderarne la ripetizione».

Quest'ultime parole sono quelle che, principalmente, danno l'intonazione pacifica al discorso di Lord Carnarvon, il quale forma l'oggetto di grandi commenti, e desta non poca meraviglia lo scorgere come le parole di quel Ministro non concordino interamente con quelle, in altra occorrenza, pronunziate da Lord Beaconsfield, e rendono più manifesta la discrepanza, che ho già più volte accennato, esistente fra i membri del Consiglio.

Si sa che Lord Carnarvon e Lord Salisbury sono assai opposti al Primo Ministro, e Lord Salisbury, che si dice, specialmente, dominato da un sentimento religioso, non vorrebbe che l'Inghilterra s'impegnasse in un'azione che avesse per risultato di sorreggere la mezza barbara civilizzazione musulmana, ch'egli considera come destinata ad essere surrogata dalla civilizzazione Cristiana.

Il paese è parimenti diviso in due partiti. L'uno, degli interessi puramente materiali, e che mette i calcoli della momentanea speculazione al disopra della influenza e della dignità della nazione. L'altro partito, al contrario, è guidato (cosa singolare a dire) da un uomo estraneo per origine a questo paese, cioè da Lord Beaconsfield (poc'anzi semplicemente Signor D'Israeli), che alza, fieramente, il vessillo dell'antico valore Britannico, simbolo dell'onore ed altresì degli interessi dell'Inghilterra.

Non si può disconoscere che il partito di Lord Beaconsfield guadagna terreno, e l'idea di una guerra contro la Russia, ove non si possa evitare, non sgomenta il paese.

Tutte queste quistioni verranno più in chiaro all'apertura prossima del Parlamento; e, forse prima di quell'epoca, sapremo a cosa attenerci sull'indirizzo definitivo del Gabinetto Inglese.

Intanto, ieri ebbi l'onore di vedere il Conte di Derby, che io non aveva potuto incontrare dopo che mi pervenne l'annunzio ufficiale della conferma di

V. E. a Presidente del Consiglio dei Ministri e della di Lei nomina a Ministro degli Affari Esteri. Il nobile Lord gradì quest'annunzio, specialmente quando io gli ripetei l'assicuranza, data dal predecessore di V. E., Senatore Melegari, con suo telegramma del 17 dicembre p.p. (1), che il mutamento Ministeriale accaduto in Italia, non avrebbe mutato il nostro indirizzo politico, che era anzitutto pacifico.

Avendo io interpellato Lord Derby intorno alla risposta della Russia, egli mi diede lettura del telegramma di Lord Loftus, del quale riferii la sostanza a V. E., col mio telegramma d'ieri, e che coincide con quello comunicatomi dalla E. V., con suo Dispaccio del 30 dicembre p.p. (2), giuntomi questa mattina soltanto, e dal quale emerge che la Russia propone che i Comandanti delle truppe belligeranti s'intendano, direttamente, fra di loro per stabilire un armistizio le di cui condizioni saranno indicate dai Comandanti Russi.

Avendo io chiesto al Conte di Derby se la Russia non avesse, per avventura, respinto qualsiasi mediazione, anche indiretta (déguisée), come l'accennava V. E., col suo telegramma del 31 dicembre p. p. (2) e come risulterebbe dal di Lei Dispaccio anzi accennato, il nobile Lord mi rispose che tale restrizione non esisteva nel primo telegramma di Lord Loftus, ciò ch'è vero; ma egli non fece cenno del secondo telegramma dello stesso Ambasciatore.

Lord Derby mi accennò poscia la risposta che'gli si proponeva di fare a quella della Russia; e la sostanza d'essa, come lo riferii nel mio telegramma, sarebbe la seguente:

«Lord Derby vede con soddisfazione, dalla dichiarazione del Principe di Gortschakow, che la Russia desidera la pace. Tuttavia, alla proposizione annunziata dal Principe di Gortschakow, che la Porta dovrebbe, prima di tutto, intendersi con i Comandanti Russi per stabilire, di comune accordo, le basi di un armistizio, fa osservare che la Porta non ha precisamente domandato un armistizio. Però, senza fare abbiezione a questa proposizione, il Gabinetto di San Giacomo non si rifiuterà di comunicarla alla Porta. Tuttavia, Lord Derby crede che le condizioni dell'armistizio dovrebbero essere stabilite fra i due Governi. In effetto, è evidente che l'armistizio deve estendersi a tutte le operazioni, tanto in Asia che in Europa, che deve comprendere la Serbia ed il Montenegro; e siccome i Comandanti degli Eserciti in Europa non hanno autorità sugli eserciti in Asia, e viceversa, ne risulta che un armistizio non può essere stabilito che sulle basi prese, di concerto, dai due Governi, dovendo comprendere tutto il campo delle operazioni militari. Il Principe di Gortchakow sembra fare una distinzione fra un armistizio fra i belligeranti e le condizioni di pace; Lord Derby ammette questa distinzione, giacché le condizioni di pace interessano anche le altre Potenze».

Come si scorge da questa risposta, le difficoltà sono !ungi dall'essere appianate; anzi desse sorgono più palesi, e l'avvenire dipenderà dall'arrendevolezza della Russia a soddisfare alle esigenze dell'Inghilterra, la quale dichiarò assai esplicitamente che dessa intende fare valere le proprie ragioni nel regolamento definitivo degli affari d'Oriente, e non ammette che la Russia possa conchiudere la pace isolata colla Porta.

Intanto molte opinioni diverse si manifestano e molte voci corrono. Mentre l'Ambasciatore di Germania crede inevitabile che l'Inghilterra prenda parte alla guerra, altri Rappresentanti Esteri pensano che le cose possono ancora aggiustarsi pacificamente. Io so che la Francia ha fatto degli ufficii alla Russia per indurla alla moderazione, affine di rendere la pace più facile. Lord Derby, interpellato da me sulle probabilità di guerra o di pace, mi rispondeva ch'egli non faceva pronostici ma che lo Czar, che si mostrava molto bellicoso quando era al campo, è diventato assai più pacifico dopo che si trova a Pietroburgo, dove egli ha potuto scorgere il gran dissesto causato all'Impero dall'attuale guerra.

L'alleanza dei tre Imperatori, che si considerava come l'indizio di una volontà ben determinata di spingere sino all'estremo la contesa attuale, pare a Lord Derby essere meno intima di quanto si credeva, imperocché l'Austria sembra avere messo delle restrizioni alla sua alleanza colla Russia.

Tale è lo stato delle cose, tuttora confuso; ma una soluzione non può tardare a manifestarsi: se dessa sarà in senso pacifico, allora spetterà alla diplomazia di regolare le faccende d'Oriente, ma se prevarrà il sentimento bellicoso, sarebbe difficile assai di prevedere, fin d'ora, quale riescirebbe l'esito della lotta che verrebbe a sorgere.

A complemento d'informazioni, io debbo soggiungere che si parla molto di un grande imprestito (1250 milioni di franchi) che dovrebbe fare l'Inghilterra, e del quale s'ignora tuttora lo scopo preciso. Secondo le voci che corrono, esso avrebbe, oltre gli apparecchi di guerra, i seguenti oggetti:

l) di provvedere le Indie di un sistema d'irrigazione per rimuovere i pericoli delle carestie che, così frequentemente, colpiscono quel paese; 2) di fare acquisto delle azioni del Canale di Suez che sono tuttora in mano del Kedive. 3) di fare acquisto dell'Isola di Candia. 4) di fare, all'uopo, acquisto della flotta Ottomana; ma questi due ultimi oggetti sono accennati da pochi, e con molta riservatezza.

(l) -Cfr. n. 224. (2) -Non pubblicato. (l) -Cfr. n. 259 del 16 dicembre. (2) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 768. Vienna, 4 gennaio 1878 (per. il 15).

Con mio telegramma del 20 scorso mese (l) riferiva a S. E. il Cav. Melegari risultarmi in modo positivo che, sebbene il resoconto ufficiale della seduta segreta della Commissione della Delegazione austriaca pel bilancio degli Affari

Esteri non facesse cenno si fosse in quell'occasione parlato dell'Italia, pure il Conte Andrassy aveva lungamente discorso delle relazioni esistenti fra i due Governi, cominciandone l'esposizione storica dalla nota lettera particolare o confidenziale al Conte Wimpffen in data del 24 maggio 1874. Aggiungeva però aver il Conte conchiuso col dire che attualmente le relazioni fra l'Austria-Ungheria e l'Italia erano ottime, che ciò nondimeno non conveniva perdere di vista l'attitudine eventuale del vicino, essendo essa un fattore essenziale della politica a seguire dall'Austria-Ungheria nelle presenti complicazioni.

Un mio successivo telegramma del 23 (l) annunziava poi la comparsa la sera prima nella Neue Freie Presse di un articolo che veniva a confermare pienamente le mie prime informazioni. Non istarò a ripetere i termini di quell'articolo che parecchi fra i giornali Italiani già ebbero a riprodurre. La Gazzetta di Vienna del mattino seguente, onde attenuare l'effetto prodotto da quelle rivelazioni, pubblicava un articolo in cui mentre non ismentiva recisamente le asserzioni della Neue Freie Presse, cosa che non sarebbe stata possibile, si studiava di togliervi ogni importanza, dichiarandole «palpabilmente false nei loro particolari ed alterate precisamente nei punti essenziali». Chi non è addentro nelle segrete cose si lasciò andare a credere a questa smentita, e quindi generalmente fu tenuto qui esservi tali esagerazioni non solo nella sostanza ma anche nella forma delle rivela>~ioni rese pubbliche dalla Neue Freie Presse da non dovervi prestare se non ben relativa credenza. Impossibile però sarebbe tanto a me quanto al R. Governo porre menomamente in dubbio il Conte Andrassy abbia tenuto in quell'importante seduta il linguaggio che ebbe precisamente a riferire al più importante giornale di Vienna il poco discreto suo uditore. Le parole che vi si dice aver egli pronunziato intorno all'eventualità in cui «l'Austria-Ungheria non esiterebbe a provvedere alla propria sicurezza, se occorre, col prendere l'offensiva e col ritaglierei il quadrilatero per fortificare meglio la propria posizione » sono la ripetizione delle dichiarazioni già contenute nella precitata lettera al Conte Wimpffen e più tardi confermatemi dal Conte Andrassy ed anzi maggiormente sviluppatemi negli spiacevoli colloqui che io ebbi seco Lui nell'autunno del 1876, che non mancai di riferire al R. Ministero col mio rapporto del 17 ottobre 1876 n. 550 (2). Quelle rivelazioni dunque nulla ci possono apprendere di nuovo, ma con tutto ciò esse non rivestono minor gravità ai miei occhi. Finché si trattava di cose scritte in una lettera particolare confidenziale diretta dal Ministro al suo Agente od anche d'una conversazione da Lui tenuta con me, quelle dichiarazioni non rivestivano precisamente il carattere formalmente ufficiale e quindi non impegnavano l'azione eventuale dei due Governi. Ora la cosa sta diversamente, il Conte Andrassy ha dichiarato (e non può disconoscere di averlo fatto) dinanzi ai rappresentanti del Parlamento austriaco di averci diretta la minaccia di cui sopra è caso, ed il R. Governo è conscio del fatto. Lungi da me il pensiero che l'eventualità presa in considerazione dal Conte Andrassy abbia a verificarsi. Il R. Governo saprà e sarà

sempre in grado d'impedire qualsiasi tentativo di natura ad esporre lo Stato ad una guerra, che proprio in qualsiasl miglior ipotesi non sarebbe giustificabile agli occhi della Nazione e tanto meno a quelli dell'Europa, né potrebbe mai procurare! compensi proporzionati ai sacrifici ch'essa ci costerebbe. Forse l'Austria stessa esiterebbe a ritentare l'avventura di una spedizione in Italia senza esservi esplicitamente provocata dal Governo Italiano. Ma questi miei fiduciosi apprezzamenti riposano su delle ipotesi che cambiamenti di persone o lo svolgersi degli avvenimenti potrebbero mandar a vuoto; ritengo quindi sia imprescindibile dovere del R. Governo Io studiarsi anzi tutto con ogni mezzo di dimostrare al Governo I. e R. il suo leale intendimento di mantenere seco lui strettamente gli obblighi tutti di buon vicinato, respingendo senza reticenze, ogni qual volta se ne mostri l'occasione, ogni solidarietà con quelle individualità che non rifuggirebbero dal porre a repentaglio le sorti della patria, pur di accingersi a realizzare colla violenza un programma preconcetto all'infuori di qualsiasi di quelle considerazioni a cui gli uomini che governano Io Stato, a qualsiasi partito appartengano, devono necessariamente subordinare i loro sentimenti, le loro azioni. Agendo in tal maniera, toglieremo dal canto nostro ogni ulteriore pretesto all'Austria di farci dichiarazioni, che, comunque siano formulate, pur sempre feriscono gravemente la dignità della Nazione; e meglio ancora non gli porgeremo l'occasione di aggredirci sotto infondati pretesti, il giorno in cui per circostanze diverse fosse tentata di farlo. La fiducia che io ho che la suespressa condotta politica ci possa evitare la jattura d'una guerra coll'Austria è grande, pienissima direi quasi. Con tutto ciò parmi sia anche assolutamente il caso di non dimenticare il celebre motto di chi diceva doversi aver fiducia in Dio, ma tenere le polveri asciutte. Quindi io non esito a dichiarare ravvisare come indeclinabile necessità per noi il porre tostamente la piazza di Verona in istato d'efficace difesa. La Germania stretta d'alleanza colla Russia lavora alacremente a completare la difesa delle sue piazze forti dell'est, né viene in mente al Gabinetto di Pietroburgo di considerare in ciò una provocazione da parte di quello di Berlino; come mai il Gabinetto di Vienna potrebbe formalizzarsi che l'Italia che ha nei suoi fianchi conficcata la punta del Trentina, pensi a chiudersi come meglio può la porta della sua casa? Il porre Verona in istato d'efficace difesa, sarebbe come per le fortificazioni di Roma l'affermare che ci siamo e ci vogliamo stare. Invero sino a poco tempo fa una simile affermazione pel Veneto non era indispensabile; ma in oggi che dal Primo Ministro austriaco dinanzi a D~legati del Parlamento accennasi ad eventualità in cui parte del nostro territorio potrebbe venir rivendicata siccome necessaria alla difesa della Monarchia (senza che mai analogo discorso sia stato tenuto da uomini del Governo dell'Italia a riguardo d'una terra Austriaca) sembrami non si abbia ad esitare a premunirsi efficacemente onde allontanare anche le attualmente troppo facili tentazioni.

Parvemi fosse mio assoluto dovere porre sotto gli occhi dell'E. V. questi miei apprezzamenti, e non esitai anche a farlo non volendo un giorno aver a pentirmi del mio ritegno.

Il presente rapporto Le perverrà con alquanto ritardo, non volendo spedirlo se non con sicuro mezzo.

(l) Non pubblicato, ma cfr. n. 275.

(l) -Cfr. n. 280. (2) -Cfr. serie II, vol. VII, n. 494.
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IL MINISTRO AD ATENE, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

L. P. Atene, 4 gennaio 1878.

Dopo di aver avuto l'onore di rivolgerle, dietro suo desiderio, un rapporto, nello scorso agosto, sulle vere condizioni della Grecia, e che spero sia regolarmente pervenuto a mani di Lei, non ho più osato rivolgermi alla E. V. per timore che, in mezzo alle molte sue occupazioni, le mie lettere potessero tornarle d'aggravio. Ora che, in seguito alla recente trasformazione ministeriale, il portafoglio degli affari esteri passò sotto all'immediata di Lei direzione, non posso trattenermi dal venirle a esprimere tutta la soddisfazione che provo nel trovarmi, così, posto più specialmente in contatto coll'E. V. Non ho dimenticato né dimenticherò quanto a Lei debbo. Appunto in questi giorni, or fa un anno, io ne riceveva una splendida prova. Ed adesso, che ho la sorte di essere del tutto un suo dipendente, è mio vivo desiderio dimostrarle, in modo particolare, la mia sincera divozione.

Dalla data del precitato rapporto confidenziale che diressi a V. E., la Grecia ha messo insieme un piccolo esercito di 25 mila uomini, al massimo, non ostante le esagerazioni, credute da molti, ch'essa potesse porre in linea un numero assai maggiore. Ma oggi, come nella scorsa estate, è la coscienza della sua debolezza dalla parte del mare, che paralizza qualunque azione del Governo greco.

Quante volte il Signor Tricoupi tornò alla carica sull'argomento dell'appoggio che la flotta italiana potrebbe dare eventualmente a questo paese, dopo che, nello scorso agosto, io ne facevo riservata menzione a V. E., ed altrettante volte, io riceveva ordine dal R. Ministero di non lasciar sussistere nell'animo dei Governanti ellenici, una illusione, a detto riguardo, che avrebbe potuto trarli nel più amaro disinganno. Nella collezione dei documenti diplomatici, l'E. V. troverà e i miei rapporti e le istruzioni che mi impartiva il Ministero.

M'incombe ora il dovere d'informare l'E. V. nel modo più strettamente confidenziale, essere il Signor Tricoupi d'avviso che, col passaggio del portafoglio degli Esteri in mano di Lei, la politica dell'Italia verso la Grecia si accentuerà in senso più favorevole di quanto lo sia stata finora. Egli sempre batte questo chiodo nei suoi discorsi con me, e vorrebbe anche, possibilmente, trovar mezzo di provocare su di ciò una qualche nostra dichiarazione. Io cerco a distoglierlo da siffatto proposito, e, credo, nel suo proprio interesse; poiché, a qual pro' risollevare una sì delicata questione intorno alla quale il Governo del Re ha già sì nettamente manifestate le sue idee? Inoltre, vado io insinuando al Signor Tricoupi, anche ammettendo che il Governo italiano fosse, in presenza di fatti incalzanti, disposto, un giorno, a spiegar sul littorale greco quella protezione che, a semplice titolo umanitario, la marina di una gran nazione può per avventura prestare in casi analoghi, come mai potrebbe il medesimo Governo, a meno di un vero patto d'alleanza, prendere un impegno, o lasciarsi sfuggire una parola di promessa qualunque, senza assumere la responsabilità delle gravissime conseguenze? Perché, dunque, mettere il Gabinetto Italiano nella dura posizione

23 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. IX

di dover esprimere al Governo di un paese pel quale nutre tante simpatie, un diniego già sì spesso ripetuto? Eccole, Signor Ministro, qual'è il tenore del mio linguaggio su questo importante soggetto, e io Le sarei grato di significarmi se lo approva.

Nella mia corrispondenza, ho procurato di fare un quadro esatto della situazione in cui versa il Regno Ellenico, e negl'incartamenti del Ministero degli Esteri l'E. V., se lo desidera, può procurarsi ogni dato necessario a pronunciar un giudizio sulle condizioni della Grecia. Certamente lo stato indifeso delle sue coste spiega molte cose. Ma, in pari tempo, al cospetto del tepore che si rivela fra questo popolo nelle attuali congiunture, non si può a meno di trarre la conclusione che non v'ha in esso quello slancio che il Gabinetto di Atene pretende, ormai da tanti mesi, di aver ogni difficoltà a frenare, per impedire un moto inconsulto.

Degni l'E. V. farmi noto, in via particolare se, oltre ai miei rapporti ufficiali, gradirà di ricevere comunicazioni personali, quando si tratti di questioni di natura più riservata, e in complesso fornirmi istruzioni ch'Ella, onorevolissimo Signor Presidente, può aver la certezza di veder fedelmente e con zelo eseguite.

320

IL MINIS'I'RO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 17. Costantinopoli, 5 gennaio 1878, ore ... (l)

Aujourd'hui la Porte a télégraphié à Musurus de demander au Gouvernement britannique de transmettre au Gouvernement russe, conformément à la communication de lord Derby la demande d'armistice et d'expédier ordres de suspendre le hostilités aux commandants des forces russes sauf à en régler ensuite les conditions. Un autre télégramme sera envoyé ce soir à Londres, portant dispositions du Gouvernement ottoman, de conclure la paix sur la base du traité de Paris, garantissant l'intégrité et l'indépendance de L'Empire. La crise ministérielle parait définitivement résolue avec la sortie de Mahmoud Damat pacha seulement.

321

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, DELLA ROCCA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

N. R. 27. Roma, 5 gennaio 1878 (per. il 7 ).

In relazione a precedente corrispondenza, credo conveniente partecipare all'E. V. che, per quanto mi viene riferito, il noto Andrea Costa avrebbe scritto da Parigi che il partito internazionalista lavora attivamente in Francia, e che egli attende un movimento per mettervisi in mezzo.

(l) Nel registro dei telegrammi in arrivo 11 t., per evidente errore risulta spedito ed arrivato alla medesima ora, le 7 del mattino.

322

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 769. Vienna, 5 gennaio 1878 (per. il 9).

Telegraficamente già annunciavo all'E. V. come S. M. l'Imperatore conferiva il primo dell'anno il Collare del Toson d'oro a S. E. il Conte Andrassy. L'aver

S. M. Imperiale fatto segno di sì alta distinzione nei presenti momenti il suo primo Ministro, produsse in tutti i circoli di questa capitale notevolissima impressione! Il Toson d'oro, come l'E. V. sa, è un ordine che vien dato si può dire esclusivamente ai capi delle più illustri famiglie dell'Impero. Il Conte Andrassy appartiene bensì ad un nobilissimo casato, ma non però fra quelli indicati sopra, d'altronde egli non è il primogenito della sua famiglia. Indubbiamente quindi il Sovrano volle in questa circostanza ricompensare in modo segnalato i servigi a Lui prestati dall'uomo di Stato; chiaramente dimostrare a tutti la piena fiducia che in Lui ripone, togliere qualsiasi dubbio sull'appoggio ch'Egli intende continuare a dare alla politica che il suo Ministro ebbe a seguire fin qui. L'attitudine spiegata recentemente dal Conte Andrassy a fronte delle Delegazioni, il modo energico col quale egli mostrò aver tutelato, allorché l'occasione si presentò, l'onore e l'interesse della Monarchia, contribui grandemente, non ne dubito, a procurargli quell'altissima testimonianza della Sovrana benevolenza.

Ho creduto opportuno entrare in questi particolari a riguardo del fatto di cui è caso, sembrandomi necessario dar loro tutta quell'importanza che indubbiamente meritano.

P. S. Colla prima occasione sicura farò pervenire all'E. V., il mio rapporto politico n. 768 (1).

323

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AGLI AMBASCIATORI A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, E AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 9. Roma, 6 gennaio 1878, ore 16.

Le Gouvernement britannique nous a informé que, le 4 janvier, des instructions ont été envoyées à lord Loftus afin d'exprimer au Gouvernement russe la satisfaction de l'Angleterre pour la déclaration du prince Gortschakoff au sujet des dispositions pacifiques du Gouvernement impérial. Lord Derby déclare que la Porte n'a fait ici aucune demande pour un armistice et que l'Angleterre serait disposée à suggérer à la Turquie de faire cette demande si elle pouvait amener à un résultat pratique. L'armistice devant etre général et comprendre tous les combattants, il est indispensable que Ies conditions en soient arretées entre Ies deux Gouvernements et non pas seulement entre Ies généraux. Le Gouverne

ment anglais apprécie enfin la distinction admise par le prince Gortschakoff entre un armistice pouvant etre conclu directement entre les belligérants et les conditions de la paix aux quelles sont intéressées les autres Puissances.

(l) Cfr. n. 318.

324

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1947. Berlino, 6 gennaio 1878 (per. il 12).

Dopo di essere stato inaccessibile per varii giorni, il Segretario di Stato poté oggi ricevermi. Nel breve colloquio che ebbi con lui, mi provai di tentare qualche indagine sul fondamento che possono avere le rivelazioni della Neue Freie Presse e la smentita del giornale di Vienna, riferite nel dispaccio politico di V. E. n. 593, del 30 dicembre ultimo (1).

La quistione era troppo delicata perché non dovessi prevedere che il Segretario di Stato, se appena ne avesse avuto il destro, si sarebbe affrettato di declinare qualsiasi discorso sull'argomento, invocando per il Gabinetto di Berlino il diritto di non essere messo in causa verso un Governo amico come il nostro, per il fatto di pretese rivelazioni di un giornale austriaco. Entrai pertanto a parlare di queste nel modo il più prudente ed amichevole. Non avevo incarico dall'E. V. di muovere veruna interpellanza: ma la pretesa che una politica aggressiva dell'Austria-Ungheria contro di noi avesse potuto incontrare l'approvazione del Principe di Bismarck, era cosa troppo seria per l'Italia cui tanto preme la certezza di un accordo sincero e scevro da ogni malinteso con la Germania, perché non fosse importante di eliminare fra i due Gabinetti ogni ombra di sospetto che potesse lasciare dietro di sé il rumore che la stampa fece di una tale asserzione. Ero convinto che in ogni caso quest'ultima non poteva essere fondata se non sopra un malinteso. Rammentai al Segretario di Stato le sue conversazioni sempre così amichevoli con il nostro Ambasciatore, e gli diedi lettura di alcune osservazioni esposte nello stesso senso dal Conte de Launay in una recente sua lettera. L'Ambasciatore del Re era convinto di non avere errato nei suoi apprezzamenti sulla piena fiducia che il R. Governo doveva nutrire per i sentimenti amichevoli del Principe di Bismarck. E però, senza muovere una interpellanza, sarebbe stato per noi di grande valore una parola del mio interlocutore la quale valesse a confermare siffatto modo di vedere.

S. E. il Signor di Biilow non volle entrare in verun particolare sull'argomento. La situazione, diceva egli, del Gabinetto di Berlino di fronte a quelli di Vienna e di Roma, mi era nota. La Germania tiene preziosa, e brama di serbare inalterata, l'amicizia dell'Italia e quella dell'Austria-Ungheria: spera che uguali rapporti si mantengano parimenti fra le due Potenze amiche, senza però, in quanto la concerne, prendere le parti di alcuno negli attriti che le suscettibilità militari od altre potessero per avventura far nascere fra di esse. La Germania

fà voti perché nulla venga a turbare la pace generale ed a modificare i limiti attuali degli Stati. Il Gabinetto di Berlino, aggiungeva il Signor di Biilow, non avrebbe assolutamente potuto ammettere di dover fornire spiegazioni al riguardo di notizie messe fuori da un giornale estero. Si sa per prova il peso che conviene di dare a pubblicazioni di tal sorta. Egli non aveva nulla da ritirare di quanto aveva detto per lo passato al Conte de Launay: gli avrebbe fatto oggi la medesima risposta che faceva a me, se l'Ambasciatore si fosse recato a parlargli di quelle pubblicazioni.

Insistei da parte mia nello esprimere l'opinione che, se vi era qualche cosa di vero nell'asserzione lamentata dai nostri giornali, il fondamento della medesima doveva senza alcun dubbio riposare su di un malinteso, che sarebbe stato utile di chiarire. Qualche foglio italiano aveva bensì accampato il diritto per l'Italia, di far valere nelle circostanze in cui versa attualmente l'Europa le sue aspirazioni su territori posseduti dall'Austria. Ma se da manifestazioni isolate della stampa si vogliono dedurre intendimenti di Governo, bisogna in far ciò essere animati da evidente cattivo volere e da sentimenti ostili che difficilmente si spiegano. Se prevalesse un simile sistema, la Russia per esempio avrebbe avuto da gran tempo seria ragione di imputare al Gabinetto di Vienna le manifestazioni anti-russe, ben altrimenti gravi, di cui fu ed è teatro l'Ungheria. Eppure dovevo supporre che, nel momento in cui tutti gli sforzi del Cancelliere Tedesco erano rivolti a sopire i malumori e le diffidenze che minacciavano di allargare i limiti della guerra d'Oriente, il Gabinetto di Vienna abbia voluto far credere, specialmente qui a Berlino, che l'Italia divisava di tentare acquisti territoriali a spese dell'Austria-Ungheria: la quale, in date eventualità avrebbe ricorso alle armi per evitare ogni danno. Presentata così la questione, in modo da attribuire all'Italia dei piani ostili, il Cancelliere Imperiale poteva forse aver detto che, in tale supposto, la Germania non avrebbe avuto alcuna ragione di prendere partito per il Governo del Re. Delle parole in simile senso potevano essere state

o fraintese od esagerate, quantunque l'attitudine corretta serbata costantemente dal Governo italiano dovesse bastare da per sé a ribattere l'accusa di cui esso è fatto segno con tanta persistenza.

Malgrado la mia insistenza, il Segretario di Stato non mi segui nella via sulla quale volevo metterlo, e che ritengo debba condurre al vero. Sino dal mese di Novembre ultimo (rapporto n. 1917 del Conte de Launay) (1), l'attitudine di questo Ambasciatore Austro-Ungherese, unita ad altri sintomi che è superfluo di rammentare, diedero motivo a legittimo stupore. Il Conte Kàrolyi accennava alla risoluzione del suo Governo di non tollerare le eventuali pretese dell'Italia sul Trentina: per respingerle, egli diceva che l'Austria-Ungheria non avrebbe esitato a prendere le armi contro di noi: avrebbe l'Italia trovato allora degli alleati? Bisogna credere che, verso quell'epoca appunto, il Gabinetto di Vienna, conscio della solidarietà che esiste fra l'Italia e la Germania, abbia comunicato qui i suoi timori e tastato il terreno, asseverando che il nostro Governo nutriva intenzioni ostili, o quanto meno che difettava ad esso la forza od il buon volere di reprimere tentativi di tal fatta: il Gabinetto di Vienna avrà voluto conoscere se, anche in tale eventualità, la Germania si sarebbe mostrata

solidale dell'Italia: e il Gabinetto di Berlino, cui nelle attuali circostanze preme assai di possedere intiera la fiducia dell'Austria-Ungheria, avrà respinto il pensiero di volere per nulla favorire delle aspirazioni che avrebbero condotta l'Italia ad un urto armato con l'Austria.

Il Signor di Biilow, parlando del rumore che sollevarono le pubblicazioni della Neue Freie Presse, mi fece notare come i fogli di qui si astennero dal ragionarne. Risposi che avevo difatto osservato la loro unanime riservatezza su tale argomento. Però la National Zeitung ne aveva scritto qualche parola: accennando all'approvazione preventiva data dal Gabinetto di Berlino ad una politica aggressiva dell'Austria-Ungheria contro l'Italia, quel foglio aveva ravvisato in tale asserzione la prova della esagerazione delle notizie date in quella forma dalla Neue Freie Presse. E dissi al Signor di Biilow che, nel leggere ciò, la mia impressione era appunto stata che la National Zeitung aveva forse apprezzato esattamente la situazione.

Avrei vivamente desiderato di ottenere confidenzialmente qualche spiegazione precisa da fornire all'E. V. Non mancherà forse l'occasione di ritornare sull'argomento, ma una maggiore insistenza presso il Signor di Biilow, credo che per ora sarebbe stata, piucché utile, dannosa. Ritengo che il Gabinetto di Berlino deve aver scambiato con quello di Vienna delle comunicazioni sull'accaduto poco gradevoli per il Conte Andrassy, e che certi riguardi per il Governo Austro-Ungherese contribuiranno a distarlo dal dare a noi degli schiarimenti che avrebbero per conseguenza di porre il medesimo in una situazione assai delicata.

(l) Cfr. n. 299.

(l) Cfr. n. 178.

325

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 12/3. Londra, 6 gennaio 1878 (per. il 10).

Nell'ultima conversazione ch'io ebbi, il 3 corrente, col Conte di Derby, il nobile Lord mi fece, per parte di S. M. la Regina, la seguente comunicazione in modo affatto ufficioso:

L'ex Re di Napoli, per l'intermediario del Re di Spagna, si raccomandò alla Regina affinché dessa usasse della sua influenza, presso il nostro Governo, per fargli ricuperare i beni che già possedeva nell'ex Regno delle due Sicilie. La Regina, avendo, in conseguenza, incaricato Lord Derby di tenermene parola, egli nel farmi questa partecipazione, mi ripeté che dessa non poteva avere alcun carattere ufficiale, ma che non era che un semplice atto di cortesia e di benevolenza, per parte della sua Sovrana, verso il Re dispossessato.

Il discorso essendo caduto sulle strettezze in cui versa l'ex Re di Napoli, non tralasciai di fare osservare che queste erano le conseguenze del sciupio che egli aveva fatto delle sue sostanze per mantenere, per più anni, l'agitazione ed il brigantaggio nell'ex-Regno. Ciò non astante promisi a Lord Derby di partecipare all'E. V. la commissione ch'egli mi aveva fatta, per parte di S. M.

la Regina, senza, ben s'intende, prendere alcun impegno intorno all'attendibilità del reclamo dell'ex-Re di Napoli. Mentre prego l'E. V. di mettermi in grado di dare qualche risposta in proposito al Conte di Berby...

326

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 332. Roma, 7 gennaio 1878.

L'E. V. ebbe ad occuparsi nella corrispondenza con questo R. Ministero e segnatamente nel suo rapporto del 7 Dicembre scorso, n. 241 di questa serie (l), delle pretese intelligenze fra la Grecia e l'Italia riferentisi a disegni attribuiti a quest'ultima sulle coste albanesi. Ad esso rapporto andava unito un frammento del Times del 7 Dicembre scorso, contenente una lunga comunicazione telegrafica da Vienna sul soggetto medesimo.

Credo utile ora farle conoscere, in base ad informazione fornitami dal

R. Ministro ad Atene, che l'autore di quella comunicazione è l'ungherese Signor Eber, ex-generale Garibaldino, noto corrispondente austriaco del Times, il quale, a quanto si afferma, suole riflettere nei suoi scritti l'opinione del Conte Andrassy.

327

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, E AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 20. Roma, 8 gennaio 1878, ore 0,45.

En répondant à la communication de lord Loftus, le prince Gortschakoff a maintenu sa déclaration précédente savoir que si la Turquie désire la paix, elle doit d'abord demander l'armistice en s'adressant directement aux commandants russes qui feront connaitre les conditions auxquelles l'armistice peut ètre conclu. Le prince Gortschakoff s'est abstenu d'indiquer, mème indirectement quelles pourraient ètre ces conditions.

(Per Londra) En mème temps que Nigra m'envoie ces informations (2), je reçois du comte Corti la nouvelle que la Sublime Porte attendait aujord'hui de Londres la réponse russe au sujet des conditions de l'armistice et que si cette réponse était de s'adresser aux commandants militaires, la Sublime Porte s'y déciderait. Un conseil de guerre ayant déclaré que la continuation de la guerre est impossible pour la Turquie, Sophie a été évacuée.

(l) -Cfr. n. 235. (2) -Con t. 22 del 7 gennaio.
328

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

D. 603. Roma, 8 gennaio 1878.

Senza che, da parte nostra, fosse provocata spiegazione alcuna, sia per mezzo di questo Ambasciatore austro-ungarico, sia per mezzo del R. Ambasciatore a Vienna, il Gabinetto Imperiale e Reale ci ha fatto pervenire dichiarazioni affatto spontanee circa le pretese rivelazioni della Neue Freie Presse, al quale argomento si riferiva il dispaccio che diressi a V. E. il 30 dicembre scorso n. 593 (1). Il tenore della comunicazione fattami dal Barone Haymerle apparisce dal dispaccio che il 4 di questo mese diressi al Conte di Robilant (2), e che qui acchiudo in copia.

La smentita del Conte Andràssy è così recisa e categorica, rispetto alle dichiarazioni che la Neue Freie Presse gli aveva attribuite, che, a questo riguardo, dobbiamo considerare l'incidente come del tutto esaurito. D'altra parte, però, come avvertii, nel mio dispaccio del 30 dicembre, è un fatto che il Conte Andrassy ebbe, in altri tempi, a tenere un linguaggio non molto dissimile da quello che, stando alla Neue Freie Presse, egli avrebbe ricordato citando i relativi documenti diplomatici. Laonde ci riuscirebbe pur sempre interessante di sapere se un siffatto linguaggio sia mai stato l'oggetto di una comunicazione qualsiasi al Gabinetto di Berlino, e se veramente questo l'abbia, in alcuna misura approvato.

329

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 502. Roma, 8 gennaio 1878.

V. E. mi additava, col Rapporto del 30 dicembre scorso, n. 767 (3), la pubblicità che la Politische Correspondenz dapprima, ed indi la stessa Wiener Zeitung diedero a certe dimostrazioni che, quasi a titolo di protesta contro le supposte aspirazioni italiane, si vollero fare a Trieste, da un Club sloveno e da una associazione cattolica.

Non sono certamente simili fatti che possono smuoverei dalla politica calma e prudente che abbiamo il fermo proposito di professare nei rapporti nostri con l'Austria-Ungheria. La quale politica, del resto, riesce ancora più facile dopo la buona impressione che dovevano naturalmente in noi produrre le spiegazioni spontaneamente forniteci dal Barone Haymerle, in nome del Conte

Andrassy, rispetto a certe dichiarazioni che a quest'ultimo erano attribuite dalla Neue Freie Presse, dispaccio del 4 gennaio, n. 497 (1).

Finora la stampa italiana non ha rilevato la provocazione che, in certa guisa, contenevasi negli articoli della Politische Correspondenz e della Wiener Zeitung. È certo però che quei giornali che ad ogni momento e per qualunque occasione si mostrano acerbamente aggressivi contro l'Italia, fanno opera direttamente contraria agli sforzi nostri, che sono intesi a mantenere nei migliori termini le nostre relazioni con l'Austria-Ungheria. L'attitudine di questa parte della stampa austriaca non potrà mai abbastanza deplorarsi.

(l) -Cfr. n. 299. (2) -Cfr. n. 315. (3) -Cfr. n. 301.
330

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 23. Roma, 9 gennaio 1878, ore 12,30.

La Turquie s'est décidée à demander directement aux commandants russes l'armistice. Les instructions à cet effet ont été déjà expédiées de Constantinople aux commandants d'Asie et Mehemed Ali a reçu une mission pour l'armée d'Europe. Le Gouvernement de Sa Majesté espère que la modération de la Russie facilitera l'oeuvre de la paix pour laquelle l'Italie forme les voeux les plus ardents. Il est bon que vous sachiez que nous n'avons jamais cessé d'insister à Constantinople, afin que la Porte se décidat à prendre la résolution d'entamer les négociations par la seule voie que la Russie lui laissait ouverte.

331

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, E A PARIGI, RESSMAN, AI MINISTRI AD ATENE, MAFFEI, A BERNA, MELEGARI, A BRUXELLES, DE BARRAL, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A COPENAGHEN, DELLA CROCE, A L'AJA, BERTINATTI, A LISBONA, OLDOINI, A MADRID, GREPPI, A MONACO, RATI-OPIZZONI, A STOCCOLMA, SALLIER DE LA TOUR, E A TANGERI, SCOVASSO, AGLI AGENTI E CONSOLI GENERALI AD ALESSANDRIA D'EGITTO, G. DE MARTINO, A BELGRADO, JOANNINI, A BUCAREST, FAVA, E A TUNISI, PINNA

T. 25. Roma, 9 gennaio 1878, ore 15,30.

J'ai la douleur de devoir vous annoncer que S. M. le Roi est mort aujourd'hui, 9, à 2,30 de l'après midi.

{l) Cfr. n. 315.

332

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 334. Roma, 9 gennaio 1878.

Il rapporto dell'E. V. in data del 31 dicembre n. 250 (riservatissimo) (l) mi

ha fornito, intorno agli intendimenti attuali e probabili di codesto Gabinetto

indicazioni assai preziose, per le quali le porgo speciali ringraziamenti. Soprat

tutto ha richiamato la mia attenzione la parte di quel rapporto ove è riferito

il giudizio che costì sembra recarsi della politica nostra, rispetto alla quale

non tornerà inopportuna alcuna breve avvertenza.

Ben conosce l'E. V. quanto sia stata corretta sempre la nostra linea di condotta, e quanto insussistenti siano le voci che la stampa austro-ungarica ha sparso contro di noi per renderei sospetti e così isolarci in Europa. I dispacci diretti a più riprese al Conte Maffei, che le furono comunicati, mettono parimenti l'E. V. in grado di sapere quale fondamento abbiano le voci che ci attribuiscono verso la Grecia, una politica diametralmente opposta a quella che abbiamo professato finora. Non mancano quindi all'E. V. i mezzi di reagire contro un sistema di falsi giudizi sulla nostra condotta, tendenti a creare il discredito intorno ai nostri atti. Questo solo v'ha di vero rispetto alla non perfetta coincidenza della politica nostra con la politica inglese. L'Inghilterra può ben limitarsi a tutelare gli interessi che sarebbero compromessi da un cambiamento nel regime degli stretti o nelle condizioni territoriali dell'Armenia. Per l'Italia, invece, vi sono degli interessi che si connettono direttamente con le future condizioni territoriali dei paesi formanti la Turchia d'Europa, e che non potrebbero essere da noi trascurati.

Qui consiste fra le tendenze della politica inglese e le nostre una notevole differenza, inquantoché mentre la prima parve fin da principio professare la più grande indifferenza per siffatti interessi, l'opinione pubblica ed il Governo in Italia dimostrarono invece costantemente di esserne seriamente preoccupati. Di qui la necessità per l'Italia di aver l'occhio sopra ciò che potrebbe accadere quando il principio dell'integrità dell'Impero Ottomano, venendo abbandonato dalle potenze, dovesse subire importante deroga anche in Europa. È manifesto che, in tal caso, la politica dell'Italia non potrebbe essere favorevole alle mire ambiziose dell'una o l'altra Potenza, ma procurerebbe di crearsi delle simpatie col favorire il trionfo dei principi sui quali l'Italia stessa ha fondato la sua esistenza nazionale.

333

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 28. Roma, 10 gennaio 1878, ore 0,10.

Roi Humbert montant au tròne a daigné confirmer ministres actuels qui ont immédiatement preté serment.

(l) Cfr. n. 306.

334

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 42. Vienna, 10 gennaio 1878, ore 14 (per. ore 15,45).

Je prie V. E. de communiquer à Sa Majesté que Sa Majesté l'Empereur vient de me faire exprimer par l'entremise de Son Altesse le prince Hohenlohe la part très vive qu'il prend à l'immense malheur qui vient de frapper la Maison Royale et me charge de faire parvenir au Roi ses condoléances les plus senties. Je suis en outre chargé d'annoncer au Roi que Son Altesse l'archiduc Rénier, comme le plus proche parent de la Maison Royale est chargé de représenter Sa Majesté aux funérailles et de présenter à Sa Majesté Humbert ses félicitations pour son avènement au tròne. Je vous prie de m'envoyer au plus tòt informations du jour des funérailles.

335

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 29. Roma, 10 gennaio 1878, ore 19,07.

J'ai communiqué immédiatement à Sa Majesté le télégramme de V. E. au sujet de la mission que l'Empereur a confié à S.A.I. et R. l'archiduc Renier (1). Je viens de vous envoyer les indications relatives aux funérailles. Sa Majesté et son Gouvernement sont très vivement touchés des témoignages si affectueux de l'Empereur pour la mémoire de feu le Roi et pour la personne de son successeur.

336

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 49. Vienna, 10 gennaio 1878, ore 21,30 (per. ore 23,55).

Je prie V. E. de me faire connaitre le plus tòt possible le nom du général destiné par le Roi à aller à la frontière pour recevoir 'l'archiduc Rénier. Tous Ies journaux sont unanimes dans l'expression de leur admiration pour la mémoire de Victor Emmanuel. La proclamation du Roi a également été accueille avec grande sympathie. L'impression produite par la mort de Victor Emmanuel a été immense ici, dans toutes les classes.

(l) Cfr. n. 334.

337

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1951. Berlino, 10 gennaio 1878 (per. il 13).

S.A.I. e R. il Principe Ereditario di Germania e la Principessa sua Consorte mi fecero invitar oggi dal Loro Maresciallo di Corte a recarmi al loro Palazzo, e vollero personalmente esprimermi le loro condoglianze per la morte del Re Vittorio Emanuele, nonché i loro sentimenti di simpatia e dell'affetto il più sincero per le Loro Maestà il Re Umberto e la Regina Margherita.

Le Loro Altezze rammentarono i rapporti cordiali che nel corso di parecchi anni si erano stabiliti fra loro ed il compianto Sovrano d'Italia, rapporti, aggiungeva il Principe, i quali avevano preso poi il carattere di una verace e sincera amicizia personale. L'annunzio della perdita fatta dall'Italia, aveva trovato una eco dolorosissima nel Loro cuore, e in dir ciò la Principessa Vittoria si mostrava vivamente commossa. Gli Augusti Principi, che avevano già diretto un telegramma al nostro Augusto Sovrano, desideravano che io ripetessi alle Loro Maestà il Re Umberto e la Regina Margherita, quanto era grande la parte che Essi prendevano al Loro lutto, e quanto era viva la simpatia, l'affezione e l'amicizia che nutrivano in cuore per le Loro Maestà.

Espressi nel miglior modo che mi fu possibile la mia gratitudine per i sentimenti così manifestati dalle Loro Altezze Imperiali e Reali, aggiungendo che me ne sarei immediatamente reso l'interprete; e ne feci l'argomento del telegramma (l) che ebbi l'onore di dirigere oggi a V. E., pregandoLa di far pervenire il messaggio di questi Principi all'alto suo destino.

Ricevetti oggi molte visite di condoglianza degli Ambasciatori e dei Ministri presso questa Corte, i quali vollero in questa occasione darci una testimonianza delle loro simpatie.

338

IL MINISTRO A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 175. Pietroburgo, 10 gennaio 1878 (per. il 17).

Lord Loftus ebbe incarico dal Conte di Derby di dichiarare al Principe Gortchakow, come infatti gli dichiarò in data di ieri, che il Governo Britannico, considerando che un risultamento pratico potesse essere conseguito, comunicherebbe alla Turchia l'ultima risposta del Governo Russo, la quale recava in sostanza che se la Turchia desidera la pace, essa deve anzitutto rivolgersi direttamente ai Comandanti degli eserciti Russi inviando presso i Quartieri Generali Russi i suoi delegati muniti delle istruzioni necessarie per conchiudere un armistizio. Lord Loftus disse al Principe Gortchakow che il Governo Inglese avrebbe suggerito alla Porta di accettare questo modo di procedere. Espresse poi la con

vinzione, a nome del Governo di Sua Maestà Britannica, che la Serbia ed il Montenegro come la Rumania, sarebbero compresi nell'armistizio, ove questo si conchiuda. Il Principe Gortchakow rispose esprimendo il suo gradimento e la speranza che la Turchia manderebbe delegati ai Quartieri Generali Russi con istruzioni abbastanza larghe perché si potesse conchiudere l'armistizio; disse che le istruzioni ai Comandanti russi erano di già state spedite, ed aggiunse poi, che, a suo avviso, la pace dipendeva da due condizioni, cioè dal rapido avanzare delle truppe Russe al di là dei Balcani, e dalla convinzione che avrebbe la Turchia di non potere contare in nessuna guisa sull'appoggio dell'Inghilterra. Quanto alla inclusione nell'armistizio della Serbia e del Montenegro, come della Rumania, il Principe Cancelliere emise -l'opinione che la cosa non sembrava dover sollevare difficoltà.

Oggi avendo avuto l'occasione d'intrattenermi col Principe Gortchakow, Sua Altezza mi confermò ciò che l'E. V. m'avea mandato per telegrafo (l) intorno alla risoluzione già presa dalla Turchia di chiedere un armistizio rivolgendosi direttamente ai Comandanti degli eserciti Imperiali. A quest'occasione dissi al Principe Cancelliere che il Governo Italiano sperava che la moderazione della Russia faciliterebbe l'opera della pace per la quale l'Italia faceva voti sinceri. In pari tempo feci conoscere a Sua Altezza come il Governo del Re non avesse cessato d'insistere presso la Porta per deciderla a prendere la risoluzione d'entrare in negoziati colla Russia per la sola via che questa Le lasciava aperta. Il Principe mi disse che sapeva ed apprezzava quanto dal R. Governo era stato fatto a Costantinopoli nel senso sopra indicato (2).

(l) Non pubblicato.

339

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 176. Pietroburgo, 10 gennaio 1878 (per. il 17).

In via confidenziale mi pregio di informare l'E. V. che quando io dissi oggi al Principe Gortchakow che il Governo del Re sperava che la moderazione della Russia faciliterebbe l'opera della pace, Sua Altezza rispose che certamente la Russia sarebbe moderata, come fu sempre durante tutta la presente crisi, ma che la sua moderazione sarebbe in proporzione dei sacrifizi che fu costretta a fare.

340

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS,

R. 113. Trieste, 10 gennaio 1878 (per. il 13).

Il telegramma dell'E. V. che mi reca va il triste annunzio della morte di S. M. l'Augusto Nostro Sovrano mi giunse ieri alle 5 1/2 pomeridiane. Verso le 6 1/2

1a dolorosa notizia già circolava per la Città ed ha prodotto una generale commozione. Tre Teatri che stavano per aprirsi al pubblico dovettero rimanere chiusi avendo i Cantanti e gli attori, per la massima parte cittadini italiani dichiarato di essere nell'impossibilità di rappresentare le parti loro assegnate. Il Consiglio Comunale che aveva seduta in quella sera l'ha sospesa verso le 9 attesa l'emozione che la notizia della morte del Re divulgatasi nella sala arrecò nell'animo della maggioranza dei Consiglieri.

Nella sera stessa vennero recati al Consolato varie centinaia di biglietti di condoglianza ed oggi pure si continua a portarne.

Io ho, come era mio dovere fatta inalberare oggi in segno di lutto la Bandiera Nazionale a mezz'asta con velo nero, e si videro assembramenti di persone sfilare a capo scoperto nanti la medesima.

La Direzione di questa Società Italiana di Beneficenza si è radunata stamane ed ha prese le deliberazioni seguenti:

l0 ) che due membri di essa abbiano a partire per Roma onde assistere ai funerali di Sua Maestà;

2°) Di prender l'iniziativa perché venga qui celebrata una messa funebre e di aprire una sottoscrizione fra i Cittadini del Regno per far fronte alle spese occorrenti;

3°) di proporre ai Cittadini del Regno qui residenti che ad onore ed in memoria del Magnanimo Re di cui tutta l'Italia piange la perdita, venga qui eretta una Pia fondazione che porti il di Lui nome immortale.

Io prevedo pur troppo che in questa luttuosa circostanza si faranno dimostrazioni che io sarà impotente ad impedire. Ciò di cui posso assicurare V. E. si è che tutti i miei sforzi saranno diretti ad ottenere, se è possibile, che oltre all'immensa sciagura della perdita del suo impareggiabile ed Amato Sovrano, non abbia l'Italia a rimpiangere un raffreddamento nelle buone relazioni che felicemente esistono tra i due Governi.

(l) -Cfr. n. 330. (2) -Ed. in L V 24, pp. 265-266.
341

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 57. Vienna, 11 gennaio 1878, ore 14,36 (per. ore 15,55).

Les témoignages de regret à la mémoire de feu le Roi et de sympathie pour Sa Majesté Humbert donnés par l'Empereur et sa famille, ainsi que par l'opinion publique en Autriche Hongrie, et surtout la présence d'un archiduc à l'enterrement de Victor Emmanuel, nous imposent le devoir d'écarter tout ce qui pourrait donner de l'ombrage à la monarchie. Je supplie donc le Gouvernement du Roi à empecher, de la manière la plus absolue toute démonstration trentine, triestine avant, pendant et après les fonctions du service funèbre. Un article de ces jours derniers du Popolo Romano a fait très mauvaise impression ici. Il faut en combattre les effets, car il est d'une importance supreme que le

nouveau règne commence sous de bons a~lspices, la Cour d'Autriche faisant tout ce qu'il faut pour cela. Un télégramme de Rome annonce l'arrivée de Garibaldi à Rome. Je prie V. E. de me rassurer à ce sujet.

342

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, E AL MINISTRO AD ATENE, MAFFEI

T. 45. Roma, 11 gennaio 1878, ore 14.

Le comte Corti mande que le grand due Nicolas a répondu qu'il est autorisé à traiter, mais que la Russie ne consentira pas à signer l'armistice sans préliminaires de paix. Les russes avancent de Jenizara vers Andrinople.

343

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 66. Parigi, 11 gennaio 1878, ore 19,25 (per. ore 21,35).

La proclamation de Sa Majesté aux italiens a produit ici une impression vive et heureuse et a beaucoup de retentissement; hautement louée par tous les amis de l'Italie elle a fait taire dès la première heure toutes les appré·· hensions.

344

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 56. Roma, 11 gennaio 1878, ore 23,15.

Je puis rassurer complètement V. E. au sujet des démonstrations dont parle son télégramme (1). Toutes les mesures sont prises pour les empecher, mais je crois que ces précautions sont inutiles, le sentiment public suffisant complètement tout seui pour en détourner ceux qui pourraient en former en ce moment le projet. Je n'ai pas appris que le général Garibaldi se propose de se rendre à Rome.

(l) Cfr. n. 341.

345

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 73. Berlino, 12 gennaio 1878, ore 19,30 (per. ore 19,45).

S. A. le prince impérial est parti aujourd'hui à deux heures de Berlin pour se rendre directement à Rome et y arriver après demain lundi à quatre heures de l'après-midi. Son Altesse a pris le train direct de Berlin, Munich, Brenner, Ala, Vérone.

346

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. R. 1953. Berlino, 12 gennaio 1878 (per. il 17).

Da alcuni giorni il Segretario di Stato è impedito da una indisposizione di recarsi al Ministero degli Affari Esteri. Egli però consentì ieri a ricevermi in casa sua, acciò io potessi comunicargli gli ultimi telegrammi che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi.

Stimai di far cosa utile parlando confidenzialmente a S. E. il Signor di Biilow delle dichiarazioni affatto spontanee di codesto ambasciatore AustroUngherese, riferite nel dispaccio politico n. 603, in data 8 corrente (1). Mi sembrò che il Segretario di Stato non ne fosse ancora informato, come ritengo pure che siffatte dichiarazioni sieno state, se non interamente almeno in parte, motivate da rimostranze di questo Gabinetto a quello di Vienna. Comunque sia, dimostrandosi il Signor di Biilow molto lieto di ciò che gli dicevo, e ripetendomi egli quanto era vivo qui il desiderio che regnassero fra l'Italia e l'Austria-Ungheria rapporti cordiali ed amichevoli, replicai da parte mia che, per quanto recise possano essere le smentite date cosi da Vienna alla notizia della Neue Freie Presse, le asserzioni attribuite al Conte Andràssy non potevano, a mio parere, non aver un qualche fondamento, sia sopra delle parole raccolte a Berlino e fraintese, sia sopra articoli di qualche giornale di Berlino, reputato a ragione od a torto come ispirato da questo Gabinetto: e citai la Norddeutsche Allgemeine Zeitung la quale tempo fa aveva sollevato qualche stupore col lasciar travedere che in certe eventualità la Germania avrebbe adottato una attitudine ostile all'Italia.

Il Segretario di Stato evitò di entrare in simile ordine di idee, e si limitò a respingere ogni solidarietà del Ministero tedesco degli Affari Esteri con il giornale precitato. La Norddeutsche Allgemeine Zeitung non poteva essere considerata come un organo del Gabinetto: ora tanto più che essa rappresenta una frazione conservatrice sconfessata dal Governo: quanto alla politica estera poi, chi redigeva quel foglio, era veramente troppo proclive ad oltrepassare la misura del giusto.

(l) Cfr. n. 328.

347

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1954. Berlino, 12 gennaio 1878 (per. il 17).

Ho l'onore di segnarLe ricevuta dei dispacci politici nn. 602 e 604, in data 8 corrente (1), e di ringraziarLa dei dati preziosi che essi contengono per orientarsi nelle attuali gravi contingenze.

Benché in questo momento gli avvenimenti militari in Bulgaria si svolgano in modo così rapido da chiudere quasi la via ad ogni congettura sopra il lavoro della diplomazia, tenni jeri parola a questo Segretario di Stato del carattere critico dell'attuale situazione.

Tutti i calcoli di coloro i quali sperano un componimento pacifico delle cose d'oriente, sono fondati sulla fiducia che l'Inghilterra non voglia, o volendo non possa, intervenire con le armi fra i contendenti. Era poi così certo, chiesi al Signor de Bi.ilow, che in Inghilterra l'opinione pubblica sarebbe di ostacolo insuperabile ad ogni risoluzione ardimentosa, e che in caso diverso le forze materiali difetterebbero a quella potenza per porre in atto le sue minaccie?

Il Segretario di Stato non negava che a tal riguardo regnava pur sempre una certa oscurità. Tuttavia egli persisteva a combattere l'opinione che da quel Iato vi fosse la probabilità di serio pericolo. La Turchia era ormai costretta a scendere a trattative con il vittorioso nemico. Perché le condizioni di pace non sarebbero state tali da quietare i timori ed i sospetti dell'Inghilterra? No, diceva egli, è da sperare ragionevolmente che quella Potenza non sarà trascinata ad entrare in campo, ed a mettere alla prova i suoi mezzi di azione che sono pur sempre potenti.

L'Ambasciatore di Russia, che vidi poco dopo, mi comunicava però confidenzialmente alcune osservazioni meno rassicuranti. Egli smentiva l'opinione generalmente ammessa che il Cancelliere Russo, malgrado H rifiuto opposto ai buoni uffici del Governo Britannico, consenta ora a discussioni confidenziali con l'Ambasciatore inglese per conciliare le condizioni di pace della Russia con le esigenze del Gabinetto della Regina. Quest'ultimo, in presenza dell'attitudine della Russia che respingeva assolutamente ogni mediazione anche dissimulata, ha nel seguito cercato con modi indiretti di intromettersi come terzo nei negoziati fra i belligeranti. Esso si era valso di varii pretesti, come fra le altre cose della richiesta innocentissima che il Montenegro e la Serbia non fossero esclusi dall'armistizio russo con la Turchia. Ad ogni nuovo tentativo di tal genere, il principe Gortchacow aveva costantemente declinato di entrare nel merito dell'argomento, ripetendo essere d'uopo che il Comandante delle forze turche si rivolgesse al Quartier Generale russo, incaricato di far conoscere le intenzioni del Governo Imperiale. E sì, notava il mio interlocutore, che per esempio era interesse evidente della Russia, quello di non escludere il Montenegro e la Serbia da un armistizio, e di non esporli a sostenere da soli l'urto delle forze turche rese libere da un altro lato. Eppure, anche di ciò il Principe Gortchacow

24 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. IX

non volle discorrere, tanto è ferma la decisione del Governo russo di non aprire la porta ad una intromissione qualsiasi dell'Inghilterra. Di questi apprezzamenti, l'Ambasciatore di Russia mi pregava di non ragionare con altri. Egli aveva già voluto intrattenerne il Signor di Biilow. Aspettava che il Segretario di Stato fosse ristabilito per chiamare la sua attenzione sovra un tale stato di cose.

Sembra pertanto che la Russia non tema oltremodo i danni che le può arrecare l'Inghilterra, e che essa faccia piuttosto assegnamento sui vincoli che la stringono ad altre Potenze.

In tanta incertezza di cose, l'E. V. ha molta ragione di lodarsi della riserva osservata sinora dal R. Governo. Riserva che è professata del pari dal Gabinetto di Berlino, e da esso costantemente opposta a quanti bramano di penetrare i suoi intendimenti di fronte alle complicazioni che si possono produrre in Oriente. Le condizioni preliminari di pace che il Quartier Generale russo esigerà per consentire un armistizio, e la prossima apertura del Parlamento inglese, non tarderanno a rischiarare alquanto la situazione.

(l) Non pubblicati: trasmissione di rapporti degll ambasciatori a Londra e Pietroburgo.

348

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 772. Vienna, 13 gennaio 1878 (per. il 17).

S. E. il Conte Andrassy, che da alcuni giorni trovavasi assente da Vienna, vi faceva ritorno jer sera ed immediatamente recavasi da me per esprimere il suo vivo dolore per l'immensa perdita fatta dall'Italia nella persona del suo Re Vittorio Emmanuele II. Il Conte Andrassy esprimevasi a riguardo del fu ben amato nostro Sovrano in termini di somma deferente riverenza e simpatia. Non manca in tal circostanza di manifestargli quanto il R. Governo ebbe ad apprezzare le testimonianze d'affettuoso interessamento alla famiglia Reale ed al Paese che l'Imperatore e la Casa Imperiale vollero dare in questa dolorosissima circostanza, e non mancai di trarre argomento per augurar bene delle amichevoli relazioni che continueranno a mantenervi fra l'Italia e l'AustriaUngheria anche sotto il Regno di S. M. Umberto I.

Analoghi sentimenti aveva già fatto manifestare a S. M. l'Imperatore a mezzo di S. A. il Principe di Hohenlohe nel controcambiargli la visita che il giorno stesso del decesso di Re Vittorio Emmanuele Egli m'aveva fatto per ordine del Suo Sovrano in forma ufficiale.

349

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 773. Vienna, 13 gennaio 1878 (per. il 17).

In occasione della visita fattami ieri sera dal Conte Andrassy S. E. esprimevami il suo profondo rincrescimento per l'impressione che le assolutamente

infondate informazioni date dal giornale Neue Freie Presse sulla seduta segreta della Delegazione austriaca avevano prodotto sull'animo del ben amato defunto Re che ne aveva tenuta parola col Barone di Haymerle al ricevimento dell'ultimo giorno dell'anno. Egli temeva che le spiegazioni che l'Ambasciatore Imperiale era stato incaricato di dare in proposito non fossero più giunte in tempo da essere conosciute da quel lealissimo Sovrano.

Avendo così toccato quell'argomento egli parlavami assai lungamente dei discorsi da lui tenuti nella seduta di cui sopra è caso ed esprimevasi a tal riguardo nello stesso preciso senso della comunicazione fatta all'E. V. dal Barone Haymerle di cui mi si dava conoscenza col dispaccio del 4 corrente n. 497 (1).

Il Conte Andrassy dicevami che dovendo rispondere ad un'interpellanza fattagli sulle disposizioni prese dal Governo Imperiale per premunirsi eventualmente contro le velleità annessioniste dell'Italia che il linguaggio di alcuni giornali della penisola avrebbero fatto supporre, aveva detto non aver ravvisato necessario prendere provvedimenti quasiasi, ritenendo sempre miglior partito in simili casi spiegarsi francamente col Governo interessato, locché egli aveva fatto con noi, ed a meglio confermare la cosa, dicevami egli, «diedi lettura per intiero alla commissione della mia lettera particolare al Conte Wimpffen del 1874 e ciò, soggiungevami, il feci tanto più, che in quella lettera nulla saprei vedere che possa presentare inconveniente qualsiasi acché fosse resa di pubblica ragione».

Non credetti lasciar passare senza osservazioni quell'apprezzamento del Ministro Imperiale, e gli risposti che non potevo dividere il suo avviso sui nessun inconvenienti che presenterebbe quella pubblicazione, ponendo in sodo che ove il R. Governo avesse creduto che quel documento avrebbe potuto un giorno rivestire un carattere così ufficiale da venir pubblicato, vi sì sarebbe a quell'epoca

o più tardi indubbiamente data una risposta che a sua volta potesse essere resa di pubblica ragione.

Mostrandosi poi il Conte dissenziente da questo mio apprezzamento volle porre il discorso in modo più esplicito sul tema di quella lettera, ma io credetti opportuno di non entrare in simile discussione in quel momento, dichiarandogli che non aveva mai avuto istruzioni in proposito e che quindi non intendeva di ciò fare di mia iniziativa, e così evitai una discussione che sotto ogni aspetto parvemi poco prudente ed anzi tutte sommamente inopportuna negli attuali momenti.

Nel corso della conversazione su quest'argomento, il Conte Andrassy volendo sempre meglio dimostrarmi quanto inesatte fossero state le rivelazioni tendenziose della Neue Freie Presse, che non avevano a suo dire altro scopo se non di farlo entrare nella via delle smentite e quindi delle pubbliche ed autentiche rivelazioni su quella seduta, mi citò l'asserzione del giornale, aver egli dato conoscenza al Gabinetto di Berlino del linguaggio che a detta di quel periodico egli avrebbe tenuto all'Italia, ed averne riportato la piena approvazione di quel Gabinetto. «Ciò è assolutamente falso» dìcevami egli, «sta di fatto che ho creduto opportuno d'informare il Governo germanico delle idee da me chiarite al Gabinetto del Quìrìnale intorno ai pericoli che potrebbero emergere dalla ten

denza che taluni avrebbero ad addivenire a rettificazioni di frontiere prendendo a base punti di vista etnografici, ma è assolutamente falso che il Governo germanico abbia espresso la sua adesione alle idee contenute in tale mia comunicazione, poiché sta invece di fatto che nessuna risposta qualsiasi io m'ebbi in proposito da quel Governo», e ciò egli mi ripeteva due volte nel corso della nostra conversazione.

Del resto piacemi constatare che se talvolta durante il nostro discorso su questo argomento, la conversazione ebbe a cadere su di un terreno abbastanza pericoloso da costringerci ambedue a ben pesare le nostre parole, pure essa non uscì mai dai termini i più reciprocamente riguardosi ed anzi fui lieto di constatare che il Conte Andrassy studiassi essenzialmente di persuadermi del dispiacere da lui provato per l'effetto a suo avviso assolutamente infondato che quelle pretese rivelazioni potevano aver prodotto in Italia, del suo miglior desiderio di mantenere e rafforzare le cordiali relazioni attualmente esistenti. A meglio di ciò convincermi egli m'invitò a visitarlo più frequentemente, ed a non esitare ogni qualvolta potessi avere un qualsiasi dubbio sulla sua politica a manifestarglielo chiaramente, assicurandomi che se talvo!lta non gli sarebbe stato possibile dirmi tutto, poteva però essere fermamente persuaso che non m'avrebbe mai detto cosa non pienamente conforme alla verità (1).

(l) Cfr. n. 315.

350

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 774 (2). Vienna, 13 gennaio 1878 (per. il 18).

Durante la visita fattami ieri da S. E. il Conte Andrassy la conversazione cadde anche naturalmente sulla questione orientale senza però toccar precisamente la situazione della giornata. S. E. dissemi aver piena fede nella lealtà dell'Imperatore Alessandro ed anche in quella del successore presuntivo al trono non aver però mai esitato a spiegarsi molto chiaramente col Gabinetto di Pietroburgo intorno alle conseguenze della presente guerra che egli mostravami non temer affatto. A conferma di quanto sopra, dicevami: che all'epoca dei rovesci sofferti dai Russi, egli aveva detto al signor di Nowikoff che, sebbene non gli sarebbero mancate le ragioni di presentar osservazioni al suo Governo tanto pel proclama diretto ai Bulgari dello Czar, come per varie disposizioni emanate dal Governo imperiale, pure non credeva quello fosse il momento di entrare su ciò in discorso, sapendo egli rendersi conto delle esigenze militari della situazione, che però riservavasi di ciò fare tosto che la vittoria avrebbe fatto ritorno sotto le bandiere russe, locché non poteva tardare a verificarsi.

«Infatti aggiungevami egli, il giorno della presa di Plewna mi recai dal Signor di Nowikoff non già per felicitarlo su quella vittoria, ma bensì per mantenere la promessa fattagli prima e ricordargli gli impegni presi dal suo Governo'>.

Egli non mi disse che cosa gli abbia risposto l'Ambasciatore Russo, ma quel che è certo si è ch'egli mostravasi non solo grandemente rassicurato sull'avvenire ma lasciava anche intendere che le vittorie russe per quanto grandi potessero essere, non avrebbero potuto pregiudicare in modo alcuno le conseguenze della presente guerra per quanto ha tratto agli interessi austro-ungarici.

Naturalmente mi sono astenuto da qualsiasi osservazione, ritenendo per me le mie impressioni intorno a quella così completa fiducia nell'avvenire.

(l) -Con r. 770 del 12 gennaio Robilant trasmise copia di un articolo pubblicato dalla Wiener Zeitung che «si associa al nostro lutto nazionale, esprime la sua riverenza per la gloriosa memoria del nostro defunto Re Vittorio Emanuele, e manifesta In modo non dubbio il desiderio della Monarchia austro-ungarica di mantenere coll'Italia le cordiali relazioni che attualmente regnano felicemente fra l due Stati ». (2) -Annotazione marginale: <<A Berlino e Pietroburgo il 27 gennaio 1878 ».
351

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 101. Parigi, 14 gennaio 1878, ore 18,55 (per. ore 21,05).

J'ai eu l'honneur d'ètre reçu aujourd'hui en audience particulière par le maréchal Mac Mahon et j'ai transmis à S. E. les remerciements de Sa Majesté. Le maréchal s'est montré très-sensible et a renouvelé avec l'expression de sa vive reconnaissance, celle de ses sentiments pour le Roi, et pour l'Italie. Il m'a dit qu'il se fera représenter par son premier aide de camp au service funèbre qui sera célébré ici.

352

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1002. Costantinopoli, 14 gennaio 1878 (per. il 22).

Grande emozione regnò in questi giorni a Palazzo. Già la Maestà del Sultano aveva voluto indirizzare una lettera all'Imperatore di Germania per invocarne i benevoli officii presso l'Imperatore di Russia; però l'Ambasciatore di Germania aveva fatto intendere l'inopportunità di tale misura. Ed ora il Sultano volle fare un appello diretto all'Imperatore di Russia, ma il Ministro degli Affari Esteri ne lo dissuase.

Già dissi come questi Ministri non avessero alcuna nozione delle condizioni di pace che la Russia sarebbe per imporre. Ancora poche ore prima di partire alla volta di Kasanlik, Server Pacha fece un estremo tentativo presso il Principe Reuss per vedere se poteva trarne qualcosa, oppure indurlo ad interporre officii presso il suo Governo allo scopo di averne qualche ragguaglio. Cui Sua Altezza ripeteva non averne alcuna contezza, né poter assumere l'incarico di fare gli officii richiesti. Nella stessa occasione Server Pacha esponeva come il Sultano fosse assai dolente che, la Sublime Porta avendo accettato l'armistizio, la parte avversa si rifiutasse di sospendere senz'altro le ostilità, e si continuasse per tal modo a spargere un sangue inutile. Alle quali osservazioni nulla v'era da rispondere, ché le leggi della guerra sono regolate dai fatti non dalle intenzioni.

Quest'ansietà dei Ministri del Sultano per conoscere le condizioni che sarebbero richieste, era aumentata dal tenore dell'ultimo telegramma del Granduca Nicola di cui unisco copia al presente (1). Esso diceva infatti che la persona incaricata d'intendere le condizioni di pace aveva ad essere munita di pieni poteri per firmarle. Ne nasceva il sospetto che Sua Altezza Imperiale non volesse entrare in alcuna discussione sopra di esse, e potesse perfino congedare i negoziatori se non fossero muniti di poteri sufficienti per accettarle ipso facto. E questi dubbi non saranno sciolti che a Kasanlik.

Ed in quel mezzo l'Ambasciatore d'Inghilterra aveva fatto un ultimo appello al suo Governo; e m'è riferito da buona fonte averlo egli eziandio interrogato «se non era umiliante pel Governo della Regina di sottomettersi all'ambigua condotta tenuta dalla Russia nell'occasione del recente scambio di comunicazioni». Alla quale comunicazione Lord Derby aveva risposto al Signor Layard consigliasse alla Sublime Porta di conchiudere l'armistizio più presto che poteva, l'Inghilterra avrebbe indi cura de' suoi interessi.

*Ieri gli Ambasciatori d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria si trovarono per caso riuniti presso il Ministro degli Affari Esteri il quale diceva, ogni possibilità di mediazione essendo caduta, egli e Namik Pacha partirebbero l'indomani pel campo affine di trattare col Comandante Russo, e domandava loro se avessero qualche osservazione a fare in proposito. Il Signor Layard rispondeva tutte le concessioni che la Turchia farebbe direttamente alla Russia la allontanerebbero d'altrettanto dal Trattato di Parigi. Il Conte Zichy limitavasi a dire ne informerebbe il suo Governo. E questo è quanto occorreva nella giornata di ieri.

I due Ambasciatori predetti naturalmente davano contezza telegrafica di questo colloquio ai rispettivi Governi. Ed oggi essi ricevevano per telegrafo le risposte che erano seguite dalle comunicazioni di cui io ebbi l'onore di dare avviso telegrafico a V. E.

Verso le 9 del mattino l'Ambasciatore d'Inghilterra mandava il suo primo Interprete al conak del Ministro degli Affari Esteri per dargli conoscenza d'una comunicazione che il Governo Britannico aveva fatta a quello di Russia, ed essa portava che esso non sarebbe per considerare come valido un trattato di pace conchiuso direttamente tra i belligeranti che contenesse condizioni non conformi alle stipulazioni del Trattato di Parigi, ed al quale esso non avesse partecipato.

L'Ambasciatore Austro-Ungarico dal suo canto significava in persona al Ministro degli Affari Esteri ed al Gran Vizir il suo Governo manteneva la dichiarazione già fatta alla Sublime Porta; ripeteva ora che pei negoziati di pace che avessero a modificare le stipulazioni del Trattato di Parigi, esso avrebbe a prendervi quella parte che gli spettava per la protezione degli interessi della Monarchia. Analoga comunicazione era stata fatta al Governo Russo*.

Non v'ha dubbio che questa comunicazione fatta dal Governo Austro-Ungarico ha non poca gravità. Però l'E. V. avrà d'altra parte esatti ragguagli che la metteranno in grado di giudicare se siffatta riserva sia l'espressione d'una

reale modificazione nell'atteggiamento di quel Governo verso 1 belligeranti, oppure l'effetto d'intelligenze prestabilite con uno di essi.

M'adoprai poi in giornata allo scopo di conoscere di quali poteri fossero muniti i negoziatori Ottomani, e ne venni alla conclusione essere essi muniti di pieni poteri assai vasti; però essere lasciato al loro giudizio di accettare o di respingere quelle condizioni che fossero troppo dure. *In ogni caso il Governo Centrale avrebbe sempre la facoltà di rifiutarsi a ratificare il loro operato allegando aver essi oltrepassate le istruzioni ricevute.

Non restava indi ai Delegati che di partire; il che fecero verso le 6 e mezza della sera. Io ebbi l'onore di vedere il Ministro degli Affari Esteri al momento in cui s'avviava alla stazione, e gli augurai buon successo nell'ardua sua missione* (1).

(l) Non si pubblica.

353

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY (2)

T. 74. Roma, 15 gennaio 1878, ore 23,05.

Le changement de règne ne changera en rien la politlque étrangère de l'Italie. Vous en avez la preuve dans le fait que le Ministère que j'ai l'honneur de présider a été immédiatement conflrmé par Sa Majesté. Le Roi et son Gouvernement désirent qu'il n'y ait à Berlin aucun doute à cet égard, et c'est pour donner plus d'efficacité à ces déclarations que j'ai désiré que vous vous rendiez le plus tòt possible à Berlin. La présence à Rome dans les circonstances actuelles de S. A. le prince impérial d'Allemagne, l'amitié personnelle qui l'unit à notre Roi, ainsi que les temoignages affectueux échangés ces jours deTniers ent'l:'e les deux familles royales, sont autant de gages de la continuation d'une politique dans laquelle le pays s'est habitué à trouver la sauvegarde de ses intèrèts essentiels.

354

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. :t38. Roma, 15 gennaio 1878.

Sono grato assai all'E. V. del cenni contenuti nel pregiato rapporto del 4 di questo mese, n. l di questa serie (3).

II Tiserbo in cui Lord Derby vuole mantenersi circa le cose della Tunisia merita attenta considerazione. Lo stato delle cose, nella Reggenza, non è infatti tale da passare inosservato al Gabinetto inglese. Può entrare negli intendimenti di Lord Derby di mostrare di non occuparsene per far cosa che riesca partico

(l} I brani tra asterischi sono editi In LV 24, pp. 206-207.

larmente gradita alla Francia, la quale si vorrebbe allettare per uno scopo che non è difficile indovinare. Sarebbe cosa dispiacevole che l'indugio ad occuparsi di una situazione da noi giudicata assai grave dovesse portare delle conseguenze che forse oltrepasserebbero le intenzioni della stessa Inghilterra. In ogni modo non ci sembra ancora venuto il momento di dare ai passi presso Lord Derby la forma di una comunicazione scritta. Trovandone l'occasione, V. E. potrebbe riprendere il discorso e chiamare l'attenzione di Lord Derby sulla situazione della Reggenza, dicendo essere questo un soggetto che ci sembra degno di attirare tutta la nostra sollecitudine.

(2) -Sic. ma De Launay rientrò a Berlino solo il 7 gennaio (cfr. n. 367). (3) -Cfr. n. 316.
355

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 506. Roma, 15 gennaio 1878.

Dal R. Consolato a Ragusa mi vien segnalato un fatto che stimo opportuno di recare a notizia di V. E.

Allorché i Montenegrini comparvero innanzi Antivari, i Mussulmani si rifugiarono nella cittadella e i cattolici si raccomandarono al Vice Console Austriaco per essere protetti. Questi, o spontaneamente, o per ordine superiore, accolse la loro domanda, li inserisse e li munì di una patente di protezione. Si è ora saputo a Ragusa, che la corazzata «Don Giovanni d'Austria» ed un avviso, che stavano ancorati nel porto di Gravosa, hanno ricevuto l'ordine di recarsi ad Antivari, imbarcare quei protetti e portarli in salvo sul territorio dalmata, all'isola di Curzola. Sembra (e su questo punto il Cavalier Durando sta assumendo maggiori informazioni) che i protetti austriaci circa un quattrocento, venendo danneggiati, nel sobborgo da essi abitato, dai colpi di cannone della cittadella, il Governo Austro-Ungarico avrebbe deciso di ricoverarli sul proprio territorio.

356

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 581. Roma, 15 gennaio 1878

Ringrazio in particolar modo la S. V. Illustrissima per le informazioni fornitemi con l'interessante rapporto del 1° di questo mese, n. 978 (1). La situazione si è fatta in questi ultimi giorni alquanto più chiara. I passi fatti dall'Inghilterra a Pietroburgo hanno presentemente un carattere molto più

spiccato che non avessero al primo momento in cui se ne ebbe notizia. La prima comunicazione inglese non aveva il carattere di una proposta di mediazione. Essa si restringeva all'annunzio delle disposizioni in cui era la Sublime Porta per domandare la pace. Contenuta entro questi limiti la domanda dell'Inghilterra, qualunque fosse la risposta della Russia, lasciava al Gabinetto britannico la piena libertà di risolversi sul seguito che avrebbe voluto dare alle pratiche. A nostro credere la Porta si illudeva nel ritenere che la conseguenza di un rifiuto della Russia sarebbe stata quella di far passare necessariamente la Gran Bretagna dalla mediazione alla intervenzione. Noi dobbiamo nell'interesse stesso della Turchia, dirle francamente l'opinione nostra sul carattere e sulla portata dell'azione inglese presso il Gabinetto di Pietroburgo, ed a questo riguardo le cose dette dalla S. V. Illustrissima al Ministro degli Affari Esteri di Turchia nel colloquio riferitomi col precitato rapporto, sono conformi alle intenzioni del Ministero. Lo scambio di memorie avvenuto fra i Gabinetti di Londra e di Pietroburgo al quale si riferisce il Rapporto del Cavalier Nigra, di cui Le comunicai copia col dispaccio dell'B di questo mese (1), ci sembra confermare le impressioni che abbiamo circa le conseguenze che potrebbero avere per la Sublime Porta troppo pericolose illusioni. Dal momento che dalla Germania non si voleva assumere l'ufficio di paciere, la Turchia doveva comprendere che il suo interesse sarebbe stato forse meglio guarentito da una azione diretta presso il Gabinetto di Pietroburgo. Noi ci lusinghiamo, però, ancora che i passi fatti dall'Inghilterra, appunto perché mantenuti nei più ristretti limiti non avranno pregiudicato l'esito di quelle trattative dirette, le quali, nella presente situazione, sembrano le sole che possono condurre alla pace fra i due belligeranti e preservare l'Europa da più vaste complicazioni.

(l) Cfr. n. 308.

357

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. s. N. Trieste, 15 gennaio 1878 (per. il 19).

Stamane alle ore 11 venne a cura della Direzione di questa Società Italiana di Beneficenza celebrata nella Chiesa di S. Antonio Taumaturgo una Messa funebre in Onore del Re Vittorio Emanuele II alla quale intervenne un'immensa quantità di gente.

Io ho assistito a quella funzione in Veste Ufficiale accompagnato dal personale del Consolato e dai notabili della Colonia. V'intervennero pure S. E. il Luogotenente con seguito, il Principe di Wurtemberg comandante di questa Divisione Militare ed il Barone De Petz contrammiraglio coi rispettivi Stati Maggiori. Il Presidente del Governo Marittimo. Il Corpo Consolare. Le primarie Autorità Giudiziarie e Finanziarie. Il Podestà di Trieste col Consiglio Municipale, la Camera di Commercio e la Direzione del Lloyd Austro-Ungarico.

Tutte queste autorità e Corporazioni avevano ricevuto dalla Luogotenenza l'invito di assistere alla nostra Messa Funebre. I pubblici Uffizi, gli scrittoi dei Negozianti e le botteghe, salve poche eccezioni rimasero chiusi durante la funzione.

Questa ha proceduto con bastevole ordine mercè il concorso dei migliori cittadini italiani e della locale I. R. Direzione di Polizia.

Un solo fatto devo deplorare ed è che dopo la funzione vi fu un grande assembramento di popolo sulla piazzetta sottostante alla mia abitazione e che si gridarono degli evviva che sarebbero stati sconvenienti se in quella folla non avessero primeggiato i Cittadini del Regno. L'Autorità di Polizia ha durante tutta la funzione ed anche in presenza di quell'assembramento tenuto un contegno che non si potrebbe bastevolmente lodare.

Per buona ventura la gente assembrata si disperse quando a mia richiesta il signor Ermini Pescatori Cittadino italiano la ringraziò e la pregò in mio nome di ritirarsi.

(l) Non pubblicato.

358

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS,

R. 1955. Berlino, 16 gennaio 1878 (per. il 20).

Non ho creduto che fosse il caso di dover segnalare all'E. V. i numerosi articoli che i più importanti di questi giornali dedicarono alla memoria del Sovrano di cui l'Italia piange la perdita. Salvo alcuni fogli, ostili per massima tanto in Italia come in Germania al nuovo ordine di cose, la stampa tedesca fu unanime nelle sue manifestazioni di compianto e di simpatia per il Re Vittorio Emanuele; essa prese argomento della immatura morte del Sovrano, per mettere in rilievo la comunanza di destini che creò fra le due Nazioni e le loro Dinastie una solidarietà di interessi.

Mi preme però di richiamare l'attenzione dell'E.V. sopra un articolo pubblicato oggi dalla Provinzial-Correspondenz, che, come Le è noto, è l'organo ufficioso del Gabinetto di Berlino. La Provinzial Correspondenz rammenta essa pure la comunanza di destini d'Italia e di Germania, accenna alla politica di pace proclamata dall'Imperatore Guglielmo, alla lega dei tre Imperatori, e vi associa la memoria del Re Vittorio Emanuele. Se una siffatta politica riuscirà, come le fu dato sin ora, a superare la difficile prova cui l'attuale crisi d'Oriente espone l'Europa, il concorso attivo che l'Italia vi diede, avrà la sua parte di tanto risultato. Ed il giornale ufficioso, rallegrandosi dell'amicizia d'antica data che lega il Principe Imperiale Tedesco al Re Umberto I, fà voti perché quei rapporti i quali si stabilirono sotto 11 aerunto Re, si perpetuino sotto l'attuale Nostro Augusto Sovrano per il maggior bene dei due popoli.

Non sarà senza qualche soddisfazione che nel nostro Paese si vedrà da questo foglio ufficioso tributare la dovuta giustizia a quella politica accorta e

riservata del R. Governo, la quale nelle difficili quistioni che agitano oggi l'Europa fu più d'una volta fatta segno di maligne insinuazioni ed accuse. Ho l'onore di compiegare qui ll numero di ieri della Provinzial Correspondenz e la traduzione dell'articolo in discorso (1).

359

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS,

R. 30/7. Londra, 16 gennaio 1878 (per. il 20).

I giornali ultramontani di questo paese si lasciano andare a tali contradizioni ed esagerazioni intorno ai sentimenti religiosi manifestati dal nostro rimpianto Re Vittorio Emanuele al suo letto di morte, che io ravviso opportuno di ricordare ciò che accadde nell'Autunno del 1869, essendo io Presidente del Consiglio dei Ministri, quando U Re essendo creduto, per una malattia consimile a quella che lo rapì all'amore dei suoi popoli, sul punto di morire a San Rossore, si stimò necessario di somministrarGli gli estremi conforti della religione. A tal uopo venne in fretta chiamato da Pisa un prete che ricevette la confessione del Re moribondo; ma, terminata questa, il prete trasse fuori di tasca una carta che conteneva una ritrattazione formale di tutto ciò che il Re aveva fatto, durante il suo Regno, toccante la Chiesa, e disse non poteva assolverlo prima che l'Augusto Ammalato avesse firmata quella carta. Quantunque sfinito di forze, H Re ebbe la presenza di spirito di rispondergli: «io muoio Cristiano e cattolico, e se ho commesso qualche fallo ne domando perdono a Dio; ma la ritrattazione che mi chiedete è un atto politico che non ha che fare con la religione; ed io essendo Re costituzionale, nulla posso firmare di consimile senza il concorso d'un mio Ministro. Nella Camera qui vicino vi è il Presidente del mio Consiglio, indirizzatevi a lui; egli vi dirà ciò che si deve fare». Udite queste parole, il prete tutto turbato venne a r!ferirle a me; ed io gli dissi: «Badate, Signor Abate, ciò che avete fatto è un atto di violenza commesso contro un moribondo; quest'atto è tanto più colpevole che è commesso contro il Sovrano; sappiate vi sono delle leggi per punirlo; se voi insistete ancora siete preso in flagrante, e vi faccio arrestare dai Carabinieri per essere quindi tradotto davanti ai tribunali che vi giudicheranno con tutto il rigore delle leggi».

Il meschino prete si svanì quasi dalla paura, e disse che egli non agiva che dietro ordine del Cardinale di Pisa. Egli dovette quindi abbandonare il suo tentativo di ritrattazione. Poscia recatosi di nuovo presso l'Augusto infermo, gli diede l'assoluzione senza insistere altrimenti.

Questo fatto, del quale furono testimoni parecchie persone tuttora appartenenti alla Casa del fù Re, fece sopra tutte grandissima impressione, e dimostra quanto grande fosse l'Animo di Re Vittorio Emanuele e quale fosse il suo amore del paese che gli diede forza in quel momento supremo per respingere un atto che si tentava di strappare alla debolezza d'un morente, e che certamente, ave si fosse compiuto, avrebbe avute le più gravi conseguenze per il paese.

(l) Non si pubblicano.

360

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 10. Roma, 17 gennaio 1878, ore 0,20.

Aujourd'hui, la chambre des députés s'ést réunie pour recevoir la communication du Gouvernement relative à la mort du Roi et à la fixation de la séance pour la prestation du serment du nouveau Souverain. La Chambre, avant que cet acte solenne! se soit accompli devait s'abstenir et elle s'est abstenue de prendre toute délibération. Ne voulant pas toutefois retarder trop longtemps la réponse à l'adresse de la Chambre des députés hongrois, tous les députés présents au nombre de plus de 350 ont voulu signer indivtduellement l'adresse suivante:

«Les soussignés députés de la Chambre du Royaume d'Italie remercient avec une vive émotion la Chambre hongroise pour 1a noble démonstration par laquelle elle a voulu s'associer fraternellement au deuil de l'Italie et rendre hommage à la mémoire... (1) et glorieuse du Roi Victor Emmanuel ~. La présidence de la Chambre s'est rendue aujourd'hui méme auprès de S. E. M. le Baron d'Haymerle pour lui témoigner les sentiments de la vive reconnaissance et de la sympathie des députés italiens et le prier de faire parvenir ce témoignage au président de la Chambre hongroise.

En attendant que notre Chambre puisse, après la prestation du serment par le Roi, répondre à l'adresse de la Chambre hongroise, par une délibération collective, je vous prie de vouloir bien communiquer ce qui s'est fait aujourd'hui au Gouvernement impérial et royal, afin que l'assemblée de Pesth puisse en étre informée.

361

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 130. Londra, 17 gennaio 1878, ore 19 (per. ore 23,50).

Le Parlement a été ouvert aujourd'hui sans l'intervention de la Reine. Le discours de la Couronne expose succintement la conduite du Gouvernement anglais au sujet de la guerre qui a surgi entre la Russie et la Turquie. Il accentue nouvellement la ferme intention de ne pas sortir de la neutralité tant que les conditions sur lesquelles elle repose ne seront pas violées, soit d'un c6té, soit de l'autre; mais dit la Reine: « je ne puis pas me dissimuler que si, malheureusement, les hostilités se prolongeaient, des circonstances inattendues pourraient m'obliger à adopter des mesures de précaution. De telles mesures ne peuvent étre prises sans de convenables préparatifs et j'ai confiance dans la libéralité du Parlement, pour me fournir les moyens de pourvoir à ces éven

tualités. Après avoir dit que les documents, relatifs à la question turco-russe seraient immédiatement déposés et que les rapports de l'Angleterre avec toutes les Puissances étrangères continuent à etre amicaux, le discours termine en parlant des questions intérieures et des bills qui seront soumis au Parlement. Je me borne à ce résumé, car le discours tout entier parviendra sant doute au ministère par les agences télégraphiques. Il parait qu'il se prépare une grande bataille parlementaire dont on ne peut prévoir le résultat. L'indisposition de lord Derby continue encore mais il n'y a pas de sensible amélioration.

(l) La parola manca nel registro del telegrammi in partenza.

362

IL CONSOLE GENERALE A NIZZA, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 26. Nizza, 17 gennaio 1878 (per. il 20).

Col mio rispettoso rapporto di questa serie avea l'onore di prevenirla che in seguito all'iniziativa presa da alcuni distinti italiani di questa colonia venne formata una Commissione speciale per la celebrazione di una cerimonia funebre in suffragio dell'anima di Sua Maestà.

Questa Commissione alla cui presidenza venne scelto il Generale Ricci, era composta dei Signori Conti Roubin, Savoiroux, Caravadossi, Dalborgo, Pertusati, Garin di Coconato, dei Signori Manara, Fontana e del marchese Malaspina.

Ma non appena si fu riunita, che varie dame italiane ignorandone l'esistenza, avevano dal canto loro già progettata la celebrazione di solenni esequie e nello stesso tempo gli artisti del teatro italiano si accingevano a fare altrettanto.

Ella vede che cuori italiani sentivano tutti, senza dirselo, ed allo stesso tempo, la necessità di innalzare al cielo solenni voti pel riposo del compianto Sovrano, che ha loro dato la patria. Si concertò d'agire tutti d'accordo ed ho creduto di dover cedere ai membri della Commissione il locale del Consolato sia per le riunioni a tenersi, sia per la sottoscrizione ad aprirsi.

In pochi giorni un seicento circa d'Italiani portarono la loro quota, e si chiuse la lista appena venne raggiunta la cifra di franchi 10 mila. Perfin gli operai della fabbrica del Gaz che sono quasi tutti piemontesi vollero mandar l'obolo loro e si riunirono in 29 per versare una ventina di franchi.

La dimostrazione fu quanto mai espansiva e commovente.

Il Prefetto accordò il suo consenso e telegrafò a Parigi da dove ricevette l'ordine di assistere alla cerimonia con tutte le autorità. Questa mattina infatti i funerali del Gran Re ebbero luogo alle 10 nella Cattedrale di Nizza. V'intervennero:

Il Conte di Villafranca già Duca di Parma Il Principe di Orange Il Prefetto co' suoi impiegati

Il Generale Comandante la Divisione cogli Ufficiali della Guarnigione

Il Presidente delle Assise

Il Presidente del Tribunale

Il Procuratore della Repubblica

Il Sindaco colla Giunta Municipale

Il Corpo Consolare.

Il Corpo dei pompieri era schierato lungo la navata di mezzo, e la truppa occupava tutte le strade che conducevano alla chiesa.

Il tempio era pieno.

Monsignor Sola che ancora travasi in funzione sino all'arrivo del suo successore celebrò la messa. La musica e gli artisti del teatro italiano eseguirono in modo ammirevole i pezzi più scelti delle più celebri messe.

Tutto andò a meraviglia ma i fiori su cui tanto si contava mancarono!

I giardini della città dei fiori, a cagione del freddo, sono steriliti da una settimana; sembra siansi posti a lutto anch'essi per la circostanza.

363

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 340. Roma, 18 gennaio 1978.

Approvo interamente i termini della risposta che, nella conversazione riferitami con rapporto del 6 gennaio, n. 3 (l), V. E. fece a Lord Derby circa la questione dei beni confiscati a danno dell'ex-Re di Napoli.

Non è la prima volta che questo Ministero ha dovuto esaminare siffatta questione sulla quale però si è sempre declinato di ammettere discussione altrimenti che a titolo meramente ufficioso. Da ultimo poté essere regolata la questione della dote dell'ex-Regina perché si trovò che i titoli contrariamente a ciò che si supponeva, non erano mai stati soggetti a vera e propria confisca. Invece la questione che ora si vorrebbe mettere innanzi circa i beni del Re Francesco II, è di tutt'altra natura e l'esame della medesima fattosi sotto l'aspetto giuridico, ha dovuto convincerci che non poteva esser preso in proposito alcun provvedimento; e ciò anche indipendentemente dalle ragioni politiche che vi si opporrebbero.

Se i Ministri inglesi riparlassero a V. E. di questo affare sarebbe pur sempre anzitutto mestieri di escludere che il Governo possa accettare in proposito delle pratiche ufficiali e ciò per varie considerazioni che sarebbe superfluo di ripetere a V. E.

(l) Cfr. n. 325.

364

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 37/9. Londra, 18 gennaio 1878 (per. il 23).

Dopo il mio Rapporto del 4 corrente, (politica, n. 2) (1), non ho più avuto occasione di scrivere alla E. V. intorno alla quistione Turco-Russa, ed ho dovuto limitarmi ai miei telegrammi del 7, 8, 12, 15 e 17 corrente (2), imperocchè nessuna conseguenza, alquanto positiva, poteva desumersi dalle disposizioni, sin allora, incerte del Ministero che si riputava, non forse senza ragione, travagliato da dissensi interni, mentre il Capo del Foreign Office si mostrava ognora più riservato, e venne poscia colto da un'indisposizione che lo rende tuttora invisibile, ma, ch'io lo spero, non tarderà a scomparire.

Arroge che il luttuoso avvenimento della morte di Re Vittorio Emanuele mi ha contristato in modo tale da rendermi, per alcuni giorni, affatto improprio a qualsiasi lavoro di qualche importanza.

Per tutte queste cose, parecchie quistioni, sulle quali io doveva interpellare Lord Derby, rimangono tuttora in sospeso; ma le tengo in pronto, ed alla prima occasione m'intratterrò con lui in proposito.

Intanto ebbe luogo ieri l'apertura del Parlamento, senza l'intervento di

S. M. la Regina, come già io ne avvertii l'E. V. col mio telegramma dello stesso giorno. Ora Le mando qui il testo ufficiale del discorso della Corona, che venne letto dal Lord Cancelliere. Come io lo diceva nel mio telegramma il discorso non è che una succinta esposizione dell'attitudine presa dal Governo Britannico, durante la lotta Russo Turca, fino a questo momento. Il passo più importante del discorso, relativo a questa quistione, è il seguente:

«Finora», dice la Regina, «fin dove la guerra ha proceduto, nessuno dei belligeranti ha infranto le condizioni sulle quali è fondata la mia neutralità. Io amo credere che le due Parti sono ansiose di rispettarle, per quanto da loro dipende. Finché queste condizioni non saranno offese, la mia attitudine rimarrà la medesima. Però io non posso dissimularmi che se, disgraziatamente, le ostilità si protraessero, delle inaspettate circostanze potrebbero costringermi ad adottare misure di precauzione. Tali misure non possono essere prese senza gli opportuni preparativi, ed io confido nella liberalità del mio Parlamento perchè siano somministrati i mezzi di provvedere a tale scopo».

La discussione che, immediatamente dopo la lettura del discorso della Corona, ebbe luogo nei due rami del Parlamento, sembra dar qualche lume sul significato di queste parole.

Nella Camera dei Lords i principali oratori furono, per parte dell'opposizione, Lord Granville ed il Duca d'Argyll e, parte del Ministero, Lord Beaconsfield e Lord Salisbury. Limitando i miei cenni ai discorsi di questi ultimi, che sono i più importanti, dirò che i discorsi di ambedue i Ministri furono una parafrasi del discorso della Corona. Lord Beaconsfield fu, come al solito, brioso, e cercò di

conciliare le opinioni poco concordanti, espresse, in altre occasioni, da diversi Ministri, e terminò col conchiudere:

«Io sento che esprimo la loro unanime opinione, il loro unanime sentimento, dicendo che questa influenza, (del Governo), debba essere adoperata per il maggiore interesse dell'umanità», (applausi), «deve essere adoperata per porre termine alle ostilità, deve essere esercitata, in tutti i modi, per procurare una pace che sia stabile e duratura. Ma se voi siete chiamati a vendicare i nostri diritti ed a difendere gli interessi di questo paese, se le nostre presenti speranze ed aspettazioni sono deluse, se vi saranno delle circostanze che richiedono che nuovamente si ricorra al Parlamento allo scopo di vendicare l'onore del Paese e preservare e mantenere gli interessi dell'Impero, io sono sicuro che il Governo di Sua Maestà non esiterà mai a seguire questo divisamento», (Vivi applausi).

Lord Salisbury nel suo discorso sembrò essersi alquanto ravvicinato a Lord Beaconsfield. Però egli dichiara, esplicitamente, che il tempo è oramai passato in cui l'Inghilterra seguitava, in base ai Trattati, la politica dell'integrità dell'Impero Ottomano. «L'opinione, diss'egli, è cambiata, e gli eventi provarono che le speranze anticamente avute non erano fondate sopra alcuna base dei fatti, ed il popolo ed il Governo di questo Paese, riconoscendo tali circostanze, sanno che loro non incomberà, d'ora in avanti, il dovere di sostenere l'Impero Turco colle armi». Il nobile Lord terminò il suo discorso col dire: «Io riconosco che l'onda della guerra si approssima vicina alle località che sono connesse coi nostri interessi; e davanti al Parlamento Inglese sta quest'alternativa: o egli non ha fiducia nel Governo ed allora si scelga egli un altro Governo nel quale abbia confidenza; ma se egli ha fiducia nel presente Governo che gli affidi i propri mezzi per compiere efficacemente il gran dovere che la confidenza del Parlamento gli impone». (Grandi applausi).

Nella Camera dei Comuni i principali oratori dell'opposizione furono il Marchese di Hartington, (Leader), ed il Signor Gladstone; e, per parte del Ministero, il Cancelliere dello Scacchiere. Questi riprodusse in altri termini, e ad un dipresso, le dichiarazioni dei suoi Colleghi della Camera dei Pari. 11 Signor Gladstone se ne mostrò soddisfatto e le sedute si sciolsero, in ambedue le Camere, con apparente soddisfazione di tutti i partiti, ciascuno dei quali interpretò i discorsi dei Ministri a proprio modo. Ma il Cancelliere dello Scacchiere avendo dichiarato che, «finché la Russia non avesse fatto conoscere le sue condizioni per l'Armistizio, il Governo non aveva per ora proposte da fare», è probabile che la discussione si riprenderà in modo più concludente allorché queste condizioni della Russia saranno note.

Questa mattina giorno di fog, (nebbia) oscurissima, domandai ad uno dei miei Colleghi ciò ch'egli pensava della discussione precedente, egli mi disse che ci vedeva chiaro come il giorno, cioè molto oscuramente.

È certo che in questi giorni si è tentato di attutire le divergenze che dividevano il Ministero; pare che il più restio sia Lord Carnarvon, che non assistè al solito pranzo parlamentare, dato ieri l'altro dal Primo Ministro, per cui si suppone ch'egli stia per ritirarsi dal Gabinetto. Però, dalle dichiarazioni fatte, emerge evidente che l'Inghilterra si restringe nella cerchia dei suoi interessi materiali e che l'integrità dell'Impero Ottomano ha cessato di essere il domma della sua politica in Oriente.

Alcuni rimproverano al Governo di essere stato causa della guerra col rifiuto· di aderire al Memorandum di Berlino.

Vi ha gente in Inghilterra che freme di sdegno al pensare che la Turchia fu condotta ad una guerra disperata dalla lusinga di essere sostenuta dall'Inghilterra, che l'aveva impedita di schiacciare la Servia, la quale sorse all'ultimo momento per dare l'ultimo calcio all'Impero Turco morente. V'ha gente che non vede senza dolore, e senza timore per l'avvenire, il prestigio sva,nito della Gran Bretagna; ma in questo momento prevalgono tendenze più positive e le alte ragioni del sentimento sono alquanto per ora desertate.

A questo proposito vi ha un fatto che merita di essere notato. Si sa oramai che l'Inghilterra e l'Austria dichiararono simultaneamente alla Russia che desse non ammettevano che la pace fosse dettata all'infuori di esse; ma nelle dichiarazioni di queste due Potenze vi ha una differenza notevole. L'Austria disse che la pace non doveva conchiudersi senza il consenso delle Potenze garanti dei Trattati del 1856 e 1871, mentre l'Inghilterra dichiarò che non permetteva che la pace si facesse senza il proprio concorso; il che vuoi dire che dessa si preoccupa dei proprii interessi e poco si cura di quelli degli altri.

Il Conte di Beust si è recato a premura di spiegare che la simultaneità delle due dichiarazioni dell'Austria e dell'Inghilterra era fortuita, e dovuta unicamente al caso. Ma vi ha chi crede che il caso fortuito sia stato concertato.

Mi si assicura, d'altra parte, che l'Inghilterra tentò di indurre la Francia ad una azione comune in Oriente, e che, a tal scopo, Lord Derby fece all'Ambasciatore Francese la dichiarazione ch'io accennava a V. E. in un mio precedente Rapporto, cioè che l'Inghilterra non aveva nessuna intenzione di occupare l'Egitto. Ciò nonostante pare che la Francia non abbia accolto le aperture fattele dall'Inghilterra.

Qui si è intanto molto irritati contro il Principe Gortchakow, che si accusa di aver trattato alquanto leggermente il Gabinetto Inglese colla pretesa lettera che conteneva le condizioni dell'Armistizio, e recata al Gran Duca Nicola da un corriere con un ritardo di dieci giorni.

Il Conte di Schouvaloff è molto ansioso per questi sfregi che, egli teme, possono offendere l'orgoglio Inglese, e provocare una collisione che gli interessi materiali hanno finora impedito.

Furono dal Governo presentati al Parlamento i documenti relativi alle ultime trattative per il ristabilimento della pace, ed altre corrispondenze precedenti relative alla guerra d'Oriente, tosto che li portò avere mi recherò a premura di trasmetterli a codesto Ministero.

(l) -Cfr. n. 317. (2) -È edito solo Il t. de 17 al n. 361.
365

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 346. Lisbona, 18 gennaio 1878 (per. il 30).

Mi fu letta testé confidenzialmente una lettera importante romana del Canonico Dollinger, il capo rinomato del partito dei vecchi cattolici in Germania.

25 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

Questa lettera è indirizzata ad un mio intimo amico estero, il quale si è compiaciuto permettermi di darne un sunto riservato a V. E.

Il Canonico tedesco fa da principio la storia del diritto di veto, caratterizzandolo non come un diritto assoluto ma come una concessione accettata e perfino necessaria all'epoca delle grandi lotte politiche d'influenza tra gli Hapsburgo ed i Borboni. Egli cita con documenti che il Portogallo ha esercitato la prima volta, non il veto d'esclusiva, ma una preponderanza accettata al Vaticano per l'elezione di Pio VII, e che in seguito il diritto di veto, de facto, gli venne riconosciuto come alle altre corti di Francia, di Spagna e d'Austria. Il Signor Dollinger facendo poscia commenti circa l'epoca attuale della prossima elezione papale, apprezza, relativamente al diritto di veto, la posizione delle quattro corti nel modo seguente:

La Spagna e la Francia nella opinione dello scrivente non potranno esercitare efficacemente il loro diritto di veto, né la loro influenza utilmente. L'una e l'altra furono in questi ultimi anni, e lo sono ancora, troppo In preda alle agitazioni interne, e ai cambiamenti di governo per avere una politica definita e preponderante nel sacro collegio. Il Signor Dollinger considera l'influenza della Spagna pressoché nulla e quella della Francia molto problematica, sopratutto con un Ministro degli Affari Esteri (M. Waddington) protestante le di cui prime comunicazioni romane furono ispirate da un franco liberalismo al quale il Vaticano non era sin qui abituato.

Restano l'Austria ed il Portogallo. L'Austria, secondo l'autore della lettera, potrà esercitare una grande influenza, sopratutto personalmente l'Imperatore Francesco Giuseppe, poiché il Conte Andrassy è alquanto sospetto al Vaticano. È il Portogallo, nell'opinione del Canonico Dollinger, che ne avrà molta se la sua influenza è abilmente esercitata, perché la sua posizione a Roma è la migliore di tutte nelle attuali circostanze, a cagione che non ha avuto alcun attrito col Vaticano, e che il Re, il Suo Governo e la Sua Nazione sono nei migliori termini con Roma.

Il Signor Dollinger, con molta chiaroveggenza, lascia travedere che l'Eccellente posizione del Portogallo e la sua incontestabile influenza al Vaticano, possono recare grandissimo vantaggio all'Italia, la quale non potendo avere ostensibilmente, per così dire, voce in capitolo, può perfettamente ottenerla sotto gli auspici del Portogallo.

Il Canonico Dollinger si pronunzia per ultimo nettamente pel conclave a Roma secondo le tradizioni e le .regole canoniche e per l'elezione di un Pontefice italiano e conciliante nell'interesse religioso e politico del mondo intero.

366

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 81. Roma, 19 gennaio 1878, ore 0,05.

Le 16 on m'a télégraphié de Paris (l) que la Porte avait adressée une demande à l'Angleterre et à l'Autriche pour savoir si elle devait accepter des pré

liminaires de paix sur une base autre que celle du traité de Paris. Le ministre des affaires étrangères de France ne connaissait pas encore à cette date les réponses des Cabinets de Vienne et de Londres à la Turquie. Le 15 j'avais reçu de Corti (l) la nouvelle que le méme jour l'ambassadeur d'Autriche avait signifié à la Porte que son Gouvernement admet qu'un armistice soit conclu entre les belligérantes, mais que, pour les négociations de paix qui toucheraient au traité de Paris, il aurait à prendre part pour sauvegarder les intéréts de la monarchie. Cette communication de l'Autriche avait fait naitre à Constantinople l'espoir qu'un accord soit intervenu entre Ies Cabinets de Vienne et de Londres pour la défense de la Turquie. Les déclarations que Orczy vous a faites hier (2) ne seraient pas conformes aux informations que j'avais reçues. Les nouvelles de Constantinople d'hier portent que les russes n'étaient plus qu'à six heures d'Andrinople et que la résistance pour les tures était presqu'impossible.

(l) Cfr. t. 119, non pubblicato.

367

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1957. Berlino, 19 gennaio 1878 (per. il 22).

J'étais de retour à Berlin le 17 au soir. Dès le lendemain, je me suis empressé de faire visite au Secrétaire d'Etat.

Il croyait que j'arrivais de Rome. Le Prince Impérial avait de son còté manifesté l'espoir de m'y rencontrer. J'ai expliqué de mon mieux les motifs pour lesquels V. E. avait préféré m'engager à repartir directement de Paris pour mon poste. J'ai profité de l'occasion pour donner lecture du télégramme que vous avez bien voulu m'adresser ici en date du 15 courant (3). Les sentiments dont il contient l'expression sont entièrement partagés par le Cabinet Impérial. Il avait non seulement l'espoir mais la certitude, que nos rapports continueraient de part et d'autre à s'inspirer des considérations d'intérét mutue! et de sympathie, qui ont amené en 1873 le premier Roi d'Italie à Berlin, et en 1875 le premier Empereur de l'Allemagne moderne à Milan.

M. de Billow me parlait ensuite de la profonde émotion ressentie par cette Cour et par le Gouvernement en suite de la mort soudaine et prématurée du Roi Victor Emmanuel, de la disparition de cette grande figure historique, qui personnifiait à un degré si éminent l'Italie. La Cour Impériale et l'Allemagne prennent une part bien sincère au deuil de notre nation. Dans notre douleur si légitime, nous avons du moins la consolation de voir le sentiment public rendre partout un hommage bien mérité au grand défunt, qui laisse derrière lui une oeuvre glorieuse et durable. Il a vecu en Roi, et il est mort en Roi.

L'Empereur avait été très ému de cet événement. Il avait tenu à en faire parvenir sans retard ses condoléances les mieux senties par la Mission du

Prince Impérial, dont l'amitié est connue pour la personne du Roi Humbert. Sa Majesté Impériale avait fait intentionnellement ce choix, afln de donner aussi un témoignage public du prix qu'il attache au mainti:en des meHleures relations politiques entre Berlin et Rome. Le Prince de Bismarck avait vivement applaudi à l'envoi du Prince Héritier, car le Chancelier se rend parfaitement compte de l'importance de marquer aux yeux de l'Europe, que l'Allemagne et l'Italie ont des liens indissolubles, parcequ'ils sont formés par la force méme des choses.

J'ai remercié le Secrétaire d'Etat de son langage. Le Roi et Son Gouvernement savaient apprécier toute la valeur de la présence à Rome du Prince Impérial dans ces douloureuses circonstances. Et, quant à nos rapports avec l'Allemagne, le Roi Humbert, devenu le gardien de l'oeuvre de Son Auguste Père, restera fldèle à Sa mémoire et aux traditions de Son règne. Les premières déclarations de Sa Majeste en font foi. J'étais d'ailleurs convaincu que Ses entretiens avec le Prince Impérial seront de nature à produire ici les meilleures impressions.

En attendant, j'ai dit a M. de Biilow que tout ce que je venais d'entendre par lui, et l'article récent de la Provinzial Correspondenz (rapport N. 1955) (1), me donnaient la mesure du cas que nous devrions faire, ou plutòt ne pas faire, des révélations de la Neue Freie Presse, sur certain langage qui aurait été tenu par le Conte Andrassy dans un comité secret des Délégations. Au reste, il me semblait superflu de revenir sur ce sujet, le Chevalier Tosi ayant déjà été à méme d'en parler à deux reprises avec tout le tact qui le distingue.

Durant cette visite, le Secrétaire d'Etat s'est aussi exprimé dans les termes les plus flatteurs sur V. E. appelée à la direction des affaires étrangères. En accusant réception, et en vous remerciant, M. le Ministre de la dépéche que vous m'avez fait l'honneur de m'adresser à Paris, en date du 3 Janvier,

N. 597 (2)...

(l) -Cfr. t. 114, non pubblicato. La notizia è però contenuta anche nel r. confidenziale 1002 di Corti del 14 (cfr. n. 352). (2) -Cfr. in proposito il n. 366. (3) -Cfr. n. 353.
368

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 775. Vienna, 19 gennaio 1878 (per. il 23).

Già mi feci dovere di portare telegraficamente a conoscenza dell' E. V. (3) la dichiarazione fattami dal Barone Orczy nella conversazione ch'ebbi seco lui jeri a proposito di ciò che i giornali ebbero a chiamare il «cambiamento di fronte dell'Austria» S. E. a meglio convincermi non avere il Gabinetto di Vienna in questi ultimi tempi espresso alla Porta, siccome ebbero ad affermarlo alcuni periodici, il suo intendimento di non riconoscere una pace fra la Turchia e la Russia, che modificasse i trattati a cui esso aveva apposto la sua firma siccome Potenza garante, dissemi: l'ultima comunicazione diretta alla Porta dal Governo Imperiale essere stata la risposta alla nota colla quale il Governo Ottomano chiedeva la mediazione delle Potenze. In quella circostanza il Conte Andrassy aveva dichia

rato non potersi assumere azione mediatrice qualsiasi, ostandovi la neutralità che l'Austria Ungheria aveva adottata nella presente guerra; riservavasi Egli la sua libertà d'azione per l'epoca in cui s'addiverrebbe alle trattative di pace. A tal comunicazione la Porta aveva risposto ringraziando per la fattale dichiarazione ch'essa intendeva nel senso che il Gabinetto di Vienna non avrebbe aderito ad una pace qui porterait atteinte au Traité de 1856 et à celui de 1871. Questa risposta, dicevami il Barone Orczy, che altro non era se non un puro e semplice apprezzamento della Porta, non ebbe riscontro di sorta. Egli dicevami inoltre credere che le voci poste in giro dalle Agenzie telegrafiche sulla nuova attitudine assunta dall'Austria fossero state esclusivamente motivate dal fatto che i Plenipotenziari Turchi, prima di lasciar Costantinopoli per portarsi al Quartiere Generale del Gran Duca Nicolò, dopo essersi recati a far visita a M. Layard, avevano del pari visitato il Conte Zichy.

Non ho per conto mio ragione da porre menomamente in dubbio i fatti così espressimi, ed anzi sono convinto che le notizie corse non hanno fondamento di sorta, il Gabinetto di Vienna mostrandosi meno che meno invogliato di associare la sua politica a quella del Gabinetto di Londra. Forse in questo momento esso non è pienamente rassicurato sugl'intendimenti del Gabinetto di Pietroburgo, ma con tutto ciò non farà atto ad esso ostile, l'accordo suo col Gabinetto di Berlino mostrandosi invariabilmente fermo come in passato. Afll.nché dunque abbia a verificarsi un cambiamento qui, occorrerebbe anzi tutto che analoga cosa avvenga a Berlino, lo che non mi pare probabile.

(1) -Cfr. n. 358. (2) -Cfr. n. 312. (3) -Con t. 134 del 18 gennaio, non pubblicato.
369

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 87. Roma, 20 gennaio 1878, ore 21,40.

Je désire que vous me fassiez connaitre si la proposition que je compte faire au Roi de votre personne pour porter à l'Empereur de Russie la notification de l'avènement au trone de notre nouveau Souverain ne rencontrerait pas de difll.cultés de votre part (1).

370

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 147. Londra, 21 gennaio 1878, ore 17 (per. ore 19,15).

Par mon télégramme d'avant hier (2) qui parviendra à V. E. aujourd'hui ou demain, j'ai répondu en partie par anticipation à son télégramme d'avant hier (3) relatif à l'attitude de l'Autriche vis-à-vis de la Russie. L'occupation

{l) Launay rispose con t. 143 del 21 gennaio accettando con riconoscenza la proposta.

d'Andrinople par les russes produit ici une grande sensation. On considère comme perdue la cause de la Turquie qui, abandonnée par l'Angleterre, souscrira, on le croit, à toutes les conditions de la Russie. Bien des gens pensent que, maintenant, l'Angleterre sera contrainte à menacer de faire la guerre, pour empécher de faire une telle paix.

(2) -Non pubblicato ma cfr. n. 364. (3) -Non pubbl!cato.
371

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

N. R. 165. Roma, 21 gennaio 1878 (per. il 22).

Nel giorno 17 corrente vennero affissi in Verona molti manifesti di cui unisco una copia.

Il Prefetto di quella città, d'accordo col Procuratore del Re non credette opportuno ordinare che quei manifesti fossero distaccati, sia perché quella misura contro una manifestazione patriottica del Comitato Trentina avrebbe urtato i sentimenti della popolazione ed avrebbe probabilmente provocato disordini, sia perché non ravvisò nei manifesti in questione frase alcuna che possa ledere i buoni rapporti internazionali col Governo austro-ungarico.

Mentre rendo di ciò informata l'E. V. per intelligenza, Le assicuro che ho manifestato al Prefetto la mia disapprovazione, invitandolo a provvedere acciò non si ripetano con::;imili inconvenienti.

ALLEGATO

FRATELLI!!!

In questo dì che calano nella tomba le sacre spoglie di quel Grande che volle e seppe compiere l'unità d'Italia, la popolazione del Trentino, questo ultimo lembo d'Italia irredenta, avvicina il suo cuore a quell'Immortale e versa le sue lagrime deponendo una corona.

Il Trentina guarda ad Umberto I e rinfranca il cuore alla speranza.

Trento, 17 gennaio 1878

IL COMITATO TRENTINO

372

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 153. Vienna, 22 gennaio 1878, ore 15,25 (per. ore 18,15).

S. AI. l'archiduc Renier arrivé hier soir de Rome a daigné venir ce matin chez moi me porter des nouvelles de Leurs Majestés. Il s'est, en méme temps, exprimé avec moi de la manière la plus sympathique à l'égard de la maison royale et de l'Italie, ayant remporté la plus favorable impression de l'accueil qui lui a été fait, ainsi que des émouvantes cérémonies auxquelles il a assisté.

373

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 157. Pietroburgo, 22 gennaio 1878, ore 20,10 (per. ore 23).

Si les conditions d'armistice et de paix ne sont pas acceptées par la Turquie, il est fort possible que les russes ne s'arrétent pas à Andrinople. Vous savez que la Russie n'a pas exclu l'éventualité d'une occupation de Constantinople, comme fait temporaire de guerre. Maintenant, voici les seuls faits précis qui sont à ma connaissance. Le Gouvernement anglais a fait observer au Gouvernement russe que toute opération tendant à rapprocher l'armée russe de Constantinople pouvait impliquer les intéréts anglais et lui a formellement demandé s'il entendait occuper la presqu'ile de Gallipoli. Le Gouvernement russe a répondu qu'il n'avait nullement l'intention d'occuper cette localité, à moins que la Porte y concentre des troupes régulières, et à son tour, il a demandé au Gouvernement anglais s'il n'avait pas l'intention d'occuper Gallipoli. Le Gouvernement britannique a répondu en témoignant sa satisfaction de cette promesse et en disant qu'à l'état des choses, il n'avait pas l'intention d'occuper cette localité. En outre, le 14 courant, le Cabinet de Saint James a fait savoir au Gouvernement russe que tout traité touchant la question réglée par les traités de 1856 et 1871, ne sera valable qu'avec la participation des Puissances. Pareille démarche a dù étre faite par l'Autriche et je crois que l'Angleterre et l'Autriche, l'ont fait également auprès de la Turquie.

374

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1960. Berlino, 22 gennaio 1878 (per. il 25).

Le Prince lmpérial vient d'arriver à Berlin. Il m'a paru convenable de me rendre à la gare pour étre un des premiers à lui rendre mes hommages. Il était encore très visiblement ému de la triste mission remplie à Rome. Les obsèques ont été dignes du Roi dont l'Italie pleure la perte. Le Prince s'associait à notre douleur, de la manière la plus sincère. Il avait emporté la meilleure impression de ses entretiens avec le Roi Humbert, et de son accueil si amicai. La Princesse Impériale, qui avait été à la rencontre de Son Auguste Epoux, avait les larmes aux yeux en parlant de ses regrets pour la mort du Roi Victor Emmanuel. L'un et l'autre réitéraient leur voeux pour un heureux règne du Successeur. et pour le bonheur de la jeune Reine (l).

(l) Annotazione marginale: «A Sa Majesté ».

375

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1961. Berlino, 22 gennaio 1878 (per. il 25).

Nous touchons à la crise aigiie des affaires Orientales, puisque l'occupation d'Andrinople et la faible résistance des Tures indiquent assez qu'ils devront se résigner à subir la loi du vainqueur. Ils ne voudront pas exposer la capitale à une invasion russe. Les derniers débats au Parlement de Londres devraient leur enlever toute illusion sur un appui efficace de l'Angleterre. Celle-ci, de meme que l'Autriche, se réserve de concourir aux arrangements définitifs. D'après des nouvelles parvenues ici à un de mes collègues des grandes Puissances, le Prince Gortchakow ne s'opposerait nullement à une participation des Etats signataires du Traité de Paris, du moment où un armistice serait rendu possible par une acceptation à Constantinople des préliminaires de paix. On assure meme que le Prince Gortchakow aurait fait allusion à des conférences, dont le siège serait à St. Pétersbourg. Mais cette idée de conférences, là ou ailleurs, toujours d'après un source de renseignements, n'aurait pas été accueillie ici d'une manière favorable.

V. E. se souviendra, lorsqu'il s'est agi de négociations à Constantinople, que le Cabinet de Berlin y était opposé en principe, et qu'il n'a cédé qu'à contre-coeur. Le Prince de Bismarck estimait que les négociations pouvaient tout aussi bien se poursuivre de Gouvernement à Gouvernement, sans recourir au mécanisme compliqué d'un congrès ou de conférences.

Au reste, jusqu'à ce qu'on connaisse les conditions russes, il est difficile de se former un jugement exact de la situation.

376

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1010. Costantinopoli, 22 gennaio 1878 (per. il 30).

Il discorso di S. M. la Regina d'Inghilterra, nonché quelli pronunciati dai Membri del Parlamento nell'occasione della discussione dell'indirizzo, produssero in queste sfere politiche un sentimento d'amaro disinganno. Già ebbi l'onore di riferire a V. E. come i telegrammi di queste Agenzie presentassero l'atteggiamento di quel Governo e le disposizioni dell'opinione pubblica come prossimi a dichiararsi per l'azione. Che più? Pochi giorni prima dell'apertura della Sessione, uno di quei telegrammi annunciava che Lord Salisbury e Lord Carnarvon stavano per uscire dal Gabinetto. Essendomi trovato quel giorno alla Sublime Porta, il Signor Caratheodori mi domandava quello che pensavo della notizia; cui risposi esser forse quella l'opinione del Signor Havas, ma se uscivano Salisbury e Carnarvon come continuerebbe a vivere il Gabinetto Britannico? Ed il Signor Caratheodori replicava l'Agenzia Havas aver fatto molto male alla Turchia. Né i discorsi delle persone cui spettava in modo speciale l'illuminare questi Ministri sulla futura condotta del Governo Inglese, ebber diversa tendenza. La quale condotta Lord Hartington qualificava di crudele per la Turchia. E per colmo di disinganno quelle rivelazioni venivano due giorni dopo le comunicazioni che avevano fatto concepire la speranza d'un accordo tra l'Inghilterra e l'Austria-Ungheria per l'azione, e sotto la cui impressione i Plenipotenziari Ottomani erano partiti pel campo nemico. Unisco al presente un articolo della Turquie di ieri, il quale ha evidentemente un carattere officioso, e rende esatto conto dell'impressione prodotta dai fatti in discorso. M'è anzi riferito da buona fonte che esso fu ispirato da Safvet Pacha. Il primo effetto di quelle notizie fu quindi l'invio al campo Russo di Izzet Bey il quale aveva a raggiungere i Plenipotenziari con quanta sollecitudine potesse, ed era incaricato di portare ad essi più ampil poteri e l'istruzione di conchiudere l'armistizio ad ogni costo poiché non v'era più a sperare nell'ajuto di alcuno. E Izzet Bey partiva a quella volta la sera del 18 del presente.

L'influenza Inglese va per tal modo affievolendosi in queste parti, e m'è riferito che al ricevimento dell'Ambasciata Inglese di iersera non assisteva un solo Turco. M'è anzi noto che l'Ambasciatore d'Inghilterra ha qualche tema che la Turchia possa finire per conchiudere un'alleanza colla Russia.

Pel poscritto aggiunto al mio rapporto n. 1006 del 18 corrente (l) dissi essere giunta in quel mezzo la notizia dell'arrivo dei Plenipotenziari a Tirnovo SemenU. E quella voce si trovò poi essere erronea. Non si fu che nelle ore pomeridiane di ieri che la Sublime Porta ricevette pei telegrafi d'Europa l'annunzio che i suoi Delegati erano giunti al Quartiere Generale Russo a Kazanlik; però nessun dettaglio sull'incontro di essi col Comandante in capo di quegli eserciti.

Stamane ebbi l'onore di ricevere il telegramma che l'E. V. mi indirizzava iersera (1), ed Essa può essere sicura che io farò ogni mia possa per tenerla al giorno di quanto sarà per occorrere.

377

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 161. Vienna, 23 gennaio 1878, ore 14 (per. ore 15,45).

On m'a demandé officieusement au Ministère ce que nous entendions faire par rapport aux nouvelles lettres de créance. On m'a dit supposer que l'avènement au tròne sera notifié ici; après quoi je présenterai mes nouvelles lettres. Aussitòt celles-ci reçues on enverra à Rome également des nouvelles lettres. On m'a dit que le Gouvernement italien désirait suivre un autre système que celui qui serait la forme habituelle. On n'y ferait pas obstacle; mais on aimerait à connaitre la décision prise, essentiellement pour ne pas se montrer en retard de courtoisie envers Sa Majesté. Je prie V. E. de me mettre à meme de répondre à cette interpellation.

(1) Non pubblicato.

378

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 101. Roma, 23 gennaio 1878, ore 18,15.

Ayant interrogé Nigra au sujet de la probabilité que les russes poussent jusqu'à Gallipoli ou à Costantinople, il me répond que si les conditions d'armistice et de paix ne sont pas acceptées par la Turquie, il est fort possible que les russes ne s'arrétent pas à Andrinople. En attendant, les seuls faits précis que Nigra signale camme étant à sa connaissance sont les deux suivants: 1° l'Angleterre a demandé à la Russie si elle entend occuper Gallipoli et le Gouvernement russe a répondu qu'il n'avait pas cette intention à moins que la Porte ne concentre dans cette localité des troupes régulières. Le Gouvernement russe ayant à san tour demandé à l'Angleterre si elle n'occuperait pas Gallipoli, le Cabinet de Londres a répondu, en prenant acte de la promesse de la Russie et il a déclaré qu'à l'état des choses il s'abstiendrait de cette occupation. 2° Dès le 14 de ce mais, l'Angleterre a fait à la Russie la déclaration que tout traité touchant les questions réglées par les traités de 1856 et 1871 ne serait valable qu'avec la participation des Puissances. Nigra ajoute qu'une pareille démarche a dù étre faite par l'Autriche, et que les deux Puissances, Autriche et Angleterre, doivent avoir fait la méme déclaration à Constantinople.

Dans cet état de choses, la nouvelle que vous me donnez d'une tentative de concentration de l'armée turque dans la direction de Gallipoli est des plus graves. En vue du danger auquel peuvent étre exposées dans les circonstances actuelles les villes du littoral de l'Egée, nous avons fait partir l'escadre d'évolution pour Salonique, afin de protéger les colonies italiennes.

379

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 167. Londra, 23 gennaio 1878, ore 20,23 (per. ore 22,20).

Lord Derby étant à peu près rétabli j'ai pu aujourd'hui avoir un istant d'entretien avec lui. Il croit peu probable que les russes veuillent aUer à Gallipoli ou méme à Constantinople. Il est induit à penser qu'après les pertes qu'ils ont subies, leur armée se trouve dans une condition presque aussi critique qu'en 1829, lors de la paix d'Andrinople, et que maintenant, ils doivent eux-mémes désirer la paix. Lord Derby m'a dit qu'une première entrevue avait déjà eu lieu entre le grand-due Nicolas et les plénipotentiaires tures; mais qu'on ignorait encore les bases de la paix et de l'armistice qui avaient été proposées. Il attendait que le comte de Schouvaloff l'en informe. Schouvaloff attendait lui-méme des nouvelles de san Gouvernement. Ce retard de nouvelles semble froisser le Cabinet.

Les autres ambassadeurs ne sont pas mieux informés que mai. Ce matin, un des agents de bourse les plus intelligents au service de Rosthschild disait à un per

sonnage qui me l'a répété, qu'en ce moment, il ne faut pas trop se fier aux apparences pacifiques et ètre par conséquent très-prudent dans les grandes opérations d'argent.

380

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 102. Roma, 23 gennaio 1878, ore 23.

Je reçois de Fiume la nouvelle que le commandant général de la Dalmatie, la province [limitropheJ (l) a donné l'ordre aux médécins de la réserve de se tenir préts à partir dans 10 heures et de préparer un hòpital dans le Chateau des Franchi. Cette nouvelle se rattacherait elle à une action militaire imminente de l'Autriche en Orient? A la suite des graves nouvelles que nous recevons de Constantinople sur la situation militaire de la Turquie, nous avons ordonné à l'escadre d'évolution de se rendre à Salonique où elle sera mieux à la portée de protéger nos riches et nombreuses colonies des villes du littoral de l'Egée. Un changement de Ministère, dans le sens belliqueux vient de se produire à Athènes. Tachez de connaitre les intentions de l'Autriche Plus que jamais il serait désirable d'éviter un antagonisme d'intéréts qui pourrait, en dernier lieu nuire également aux deux pays.

381

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 103. Roma, 23 gennaio 1878, ore 23,37.

Nigra mande que le général Ignatieff doit partir après-demain pour le quartier général du grand-due Nicolas avec la mission de négocier les préliminaires avec les plénipotentiaires tures.

382

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COS'I' AN'I'INOPOLI, CORTI

(Carte Corti)

L. P. Vienna, 23 gennaio 1878.

Rispondo senza troppo dolorosi preamboli all'interpellanza che mi rivolgesti colla tua lettera dell'll corrente pervenutami soltanto oggi (2). È mio avviso che per lo spazio di 40 giorni da quello del decesso di S. M. Vittorio Emanuele dobbiamo astenerci dall'intervenire a qualsiasi riunione anche ufficiale sebbene senza musica e senza balli.

Eccoci finalmente arrivati allo stadio acutissimo della crisi orientale, ed anzi non ti nasconderò che tanto mia moglie quanto me non siamo senza apprensione sui gravi pericoli che in un dato momento potresti correre. Speriamo i nostri timori siano infondati. Il Gabinetto di Vienna mostrasi sommamente sicuro intorno agli intendimenti dello Tzar, e l'Alleanza dei tre Imperatori non ha ricevuto fino ad oggi scossa alcuna. Essad che veniva ieri a visitarmi lasciavami intendere che il linguaggio del Conte Zichy non sarebbe stato sempre pienamente conforme a quello che a lui si tiene qui! Ho avuto ieri la visita dell'Arciduca Ranieri tornato la sera prima da Roma. Egli riportò la miglior impressione di tutto ciò che ebbe a vedere ed udire in Italia, ed anzi tutto di Re Umberto. Come puoi capire sono soddisfattissimo di questo risultato di quella missione.

Del Depretis di cui mi parli, mi si dice sii molto indebolito di salute e che quindi al timone degli affari stii intieramente il Crispi. Ora vedremo cosa nascerà. L'attuale Camera pare non abbia da aver più vita lunga.

(l) -La parola fra parentesi quadre, che manca nel registro dei telegrammi in partenza, è tratta dal telegramma in arrivo da Fiume (t. 160, pari data). (2) -Non pubblicata.
383

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 105. Roma, 24 gennaio 1878, ore 14,30.

Voici ce qui a été arrété hier d'accord avec Sa Majesté. Les lettres de notification seront portées par des envoyés spéciaux aux Cours qui se sont faites représenter aux funérailles du Roi Vietar Emmanuel ou qui, à l'occasion de l'avènement au trone de leurs Souverains actuels, ont envoyé chez nous une mission spéciale. A cet effet le Roi a désigné pour se rendre à Vienne le lieutenant général Maurice de Sonnaz qui a exercè pendant plusieurs années les fonctions de premier aide de camp de feu le Roi et qui a, en ce moment, un des grands commandements militaires de l'armée. Aussitòt cette formalité accomplie, vous présenterez de nouvelles lettres de créance qui seront expédiées en méme temps que la notification. Je pense que V. E. trouvera, camme moi, que c'est là le procédé le plus correct que nous puissions adopter. Télégraphiez-moi si vous avez des observations à faire à ce sujet.

384

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 173. Vienna, 24 gennaio 1878, ore 21,30 (per. ore 22,25).

Le procédé adopté pour la notification de l'avénement au trone et pour présenter une lettre de créance (1), est, à mon avis, le seul correct. Le choix du

Général Maurice de Sonnaz a l'inconvénient qu'ayant déjà le grand cordon de Léopold, la Cour impériale sera dans l'embarras. Je ne crois pas qu'on lui donnerait le grand cordon de Saint Etienne. Je m'aperçoit du reste que le meme inconvénient aurait existé pour le Général Rey, un de ceux que j'avais indiqué.

(l) Cfr. n. 383.

385

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 507. Roma, 24 gennaio 1878.

Il rapporto dell'E. V. in data del 4 gennaio corrente, n. 768 (1), s'incrociava col dispaccio che, sotto la data stessa (2), io Le dirigeva per porgerle notizia di una comunicazione fattami da questo Signor Ambasciatore d'Austria-Ungheria intorno alle pretese rivelazioni della Neue Freie Presse. Le dichiarazioni che il Conte Andrassy ci fece pervenire per mezzo del Barone Haymerle scemano senza dubbio, se pure non escludono affatto la importanza dell'incidente. D'altra parte le manifestazioni che, in occasione del recente lutto nostro, ci vennero da ogni lato d'Europa ed alle quali la Corte di Vienna si è largamente associata, hanno anche attenuato assai l'impressione che da quell'incidente era stata prodotta nell'opinione pubblica, in Italia. Ciò nondimeno i particolari contenuti nel rapporto di Lei mi sono riusciti singolarmente interessanti ed assai ringrazio

V. E. di avermeli forniti assieme con opportune considerazioni le quali, trattandosi di argomento così vitale qual'è la sicurezza dello Stato, saranno tenute nel debito conto.

A mia volta qui acchiudo, per informazione confidenziale di Lei copia di un rapporto direttomi, intorno a questo stesso argomento, dalla R. Ambasciata in Berlino (3).

386

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 177. Pera, 25 gennaio 1878, ore 10,25 (per. ore 11,25).

Je viens de recevoir de très-bonne source la note suivante des conditions russes: rectification de frontière en Asie; annexion de Batoum, Ardakan, Kars; indemnité pécuniaire; occupation de l'Arménie jusqu'au paiement; indépendance de la Romanie, la Bulgarie orientale et occidentale érigée en principauté vassale; la Servie indépendante agrandie; autonomie administrative de la Bosnie et de l'Herzégovine; occupation de la Roumélie jusqu'à la mise à exécution des réformes; ouverture pour la Russie des détroits.

(l) -Cfr. n. 318. (2) -Cfr. n. 315. (3) -Cfr. n. 324.
387

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 607. Roma, 25 gennaio 1878.

Mentre sono grato assai al cav. Tosi dello aver ricevuto, con la debita prudenza, e dello avermi indi riferito acconci schiarimenti intorno alla parte che il Gabinetto di Berlino avrebbe avuto nell'incidente cui fecero allusione certe supposte rivelazioni della Neue Freie Presse di Vienna, approvo, d'altra parte che la E. V. siasi astenuta, nel colloquio avuto con S. E. il Signor di Btilow ed espostomi nel rapporto del 19 gennaio n. 1957 (1), dal toccare ancora a quello argomento. L'incidente può oramai considerarsi come esaurito a piena nostra soddisfazione dopo le dichiarazioni che il Conte Andrassy ci fece fare spontaneamente e di cui io Le diedi notizia col Dispaccio dell'8 gennaio n. 603 (2).

388

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 198. Vienna, 26 gennaio 1878, ore 21,30 (per. ore 23,30).

Andrassy sort de chez moi. Il a commencé par me dire que les si bonnes impressions, rapportées de Rome par l'archiduc à la suite de ses conversations avec Sa Majesté, les ministres et les hommes politiques avaient fait disparaitre de son esprit toutes les défiances à notre égard qu'il ne pouvait pas me cacher avoir existé dans ces dernières années. En conséguence, il désirerait arriver avec nous en toute circonstance à un libre et frane échange d'idées. Pour commencer, il m'a demandé si l'Italie partage son point de vue que dans toutes les questions qui, dans la paix russo-turque intéressent l'Europe comme modification territoriale, la question des Dardanelles et autres ne pourront etre résolues qu'avec le concours des Puissances signataires des traités. Cela étant, si nous étions disposés à le déclarer. Je lui ai répondu qu'à mon avis, cette manière de voir était conforme aux vues, mais que je n'avais pas d'instructions assez précises à ce sujet pour pouvoir faire une réponse. Il m'a alors prié d'interpeller V. E. à cet égard, et de lui faire une réponse le plus tòt possible. Il m'a ajouté que jusqu'à présent, il n'avait fait égale demande à aucune autre Puissance, voulant montrer le prix qu'il attache à procéder désormais d'accord avec nous. Il s'est montré extremement préoccupé, très inquiet mème de ce qui se passe au quartier général russe, mais déclare qu'il n'accepterait rien qui serait nuisible aux intérèts de la monarchie. Il m'a dit ne pas connaitre les bases de la paix que les tures auraient, à ce qu'on dit, acceptées, n'avoir pas voulu en avoir communication car il aurait du les discuter, ce qui aurait retardé la cessation des hostilités, responsabilité qu'il n'a pas voulu

s'assumer. Il a confiance dans l'Empereur Alexandre; il ne va pas au delà. Il me semble que nous n'avons pas à hésiter à partager le point de vue sur lequel Andrassy nous demande notre avis, car il éloigne le danger le plus à claindre pour des graves modifications territoriales. Je ne voudrais cependant pas marcher trop vite bras dessus bras dessous avec Andrassy, car le brusque changement de front qu'il vient de faire avec nous, ne me rassure qu'à moitié. Il y a à peine quatorze jours que nous nous sommes encore dit réciproquement des choses très pénibles et aujourd'hui il veut se montrer notre meilleur ami. Cela n'est pas nature!. Nous ne pouvons pas cependant que lui répondre que sur cette question son avis est aussi le nòtre et que nous sommes disposés à tenir à Saint Pétersbourg un langage dans ce sens, quand et comme on pourrait le concerter ensemble. Je jense ensuite que V. E. voudra bien me charger d'exprimer à Andrassy la satisfaction pour le langage si cordial qu'il m'a tenu, ainsi que l'assurance de la parfaite réciprocité de confiance. Dans le cours de la conversation, il m'a dit qu'il tenait surtout à procéder d'accord avec nous parce que cela avait l'air moins agressif vis-à-vis de la Russie, qu'une entente avec l'Angleterre. Ceci se comprend. Mais ce que je ne vois plus dans tout cela c'est l'alliance des trois Empereurs.

(l) -Cfr. n. 367. (2) -Cfr. n. 328.
389

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

D. Roma, 26 gennaio 1878.

All'onorevole mio collega per l'Interno interesserebbe di avere un elenco dei principali periodici che il partito internazionalista pubblica nei diversi Stati, con un breve cenno sulla periodicità, sull'importanza e sulla diffusione di quei giornali. L'Onorevole Ministro gradirebbe conoscere nello stesso tempo di quale scuola socialista sia organo ognuno di quei periodici, e per quali di essi si stimi necessario d'impedire l'introduzione nel Regno.

Sarò grato alla S. V. Illustrissima se, per quanto la riguarda, vorrà procurarmi tali indicazioni.

390

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 509. Roma, 26 gennaio 1878.

Ho letto con molto interesse il pregiato rapporto che l'E. V. mi diresse il 13 di questo mese (n. 773) (1), esponendomi una conversazione avuta la sera innanzi col Ministro Imperiale Reale degli Affari Esteri. Le dichiarazioni spon

tanee del Conte Andràssy dinoterebbero, da parte sua, il desiderio di un ravvicinamento. Noi ne avremmo ben sincero compiacimento, imperocché, nelle circostanze presenti, esso sarebbe manifestamente vantaggioso assai; così per l'Italia, come per l'Austria-Ungheria, qualora esso fosse per avere per base la rinunzia del Governo Austro-Ungarico a qualsivoglia ingrandimento territoriale a scapito della Turchia ed a detrimento di quell'equilibrio di forze che a noi importa non venga alterato a nostro danno.

Veggo che S. E. il Conte Andrassy fece ancora una volta allusione nel corso del colloquio, alla lettera Sua del maggio 1874, da cui fu più volte cenno nel carteggio di questo Ministero con codesta Ambasciata, confessando di averne data lettera integrale al Comitato della Delegazione del Reichsrath. L'E.V. assai opportunamente enunciò, in proposito, delle riserve che corrispondono appieno al pensiero del R. Governo.

(l) Cfr. n. 349.

391

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL CONSOLE AD ADEN, BIENENFELD

D. 24. Roma, 26 gennaio 1878.

Pervenutomi il pregiato rapporto di Lei in data del 30 dicembre s., n. 12 (1), mi sono affrettato a scrivere al mio Collega, Ministro della Marina, dovendo andare a carico di quel Dicastero il canone annuo per la locazione dell'isola di Dermakié. Mi riservo di impartirle le opportune istruzioni tostoché mi sarà giunta la risposta del mio onorevole Collega.

Per quanto concerne l'offerta fattale dal Capo indigeno Abdé Samanter, non ho d'uopo di rammentare alla S.V.I. come la massima prudenza sia necessaria in simile materia, sopra tutto dopo le difficoltà insorte rispetto all'acquisto della baja di Assab. Sarà quindi mestieri che Ella si astenga scrupolosamente da qualsivoglia impegno non solo, ma altresì da ogni comunicazione che possa dar luogo a meno esatta interpretazione. Intanto, però, sarei grato alla S. V. Illustrissima se, ad ogni buon fine, Ella potesse procacciarsi con le debite cautele, più precise e più minute indicazioni circa le condizioni naturali e la situazione politica della località di cui si tratta.

392

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1962. Berlino, 26 gennaio 1878 (per. il 30).

J'ai reçu ce matin les derniers télégrammes de V. E. (2). A deux reprises j'ai cherché vainement à rencontrer le Secrétaire d'Etat, pour entendre ses appréciations sur la phase actuelle et décisive des affaires Orientales. Je ne

serai reçu que demain. En attendant, je me suis procuré les indications suivantes de mon collègue Anglais, qui lui avait fait visite la veille.

Lord Odo Russell tenait, lui-aussi, à connaitre ses impressions. M. de Btilow assurait ne point etre encore renseigné sur les conditions que la Russie mettrait à l'armistice et à la paix. Mais l'Ambassadeur ayant eu à ce sujet des indications en partie conformes à des révélations faites par le Times et par le Daily News, il en a fait l'objet de son entretien. Son interlocuteur a nouvellement affirmé son ignorance sur les intentions du Cabinet de St. Pétersbourg, mais si elles étaient telles que le disaient les journaux précités, elles lui semblaient sages et prudentes. Le Cabinet de Berlin avait lieu d'éspérer que l'on parviedrait à résoudre la question, sans troubler la paix générale. Le Prince Reuss mandait que la Porte accepterait les préliminaires formulés à St. Pétersbourg, et M. Layard avait télégraphié qu'ils seraient signés aujourd'hui au quartier général du Grand Due Nicolas. Mais, si d'autres complications devaient surgir, l'Allemagne continuerait à observer une neutralité stricte et d'une impartialité la plus consciencieuse.

D'après les avis fournis à l'Ambassade Britannique, et qui sont évidemment conformes aux communications faites à Londres par le Comte Schouwalow et par M. Layard, les conditions réclamées par la Russie seraient les suivantes: indépendance de la Roumanie, de la Serbie et du Monténégro, avec des rectifications de frontières, à discuter entre les Puissances; la Bulgarie, dont la délimitation définitive formerait aussi l'objet d'une entente ultérieure, obtiendrait son autonomie tout en étant placée sous la Suzeraineté de la Porte; réformes assurées à la Bosnie et à l'Herzégovine sous la garantie des Puissances; rétrocession de la partie de la Bessarabie, enlevée en 1856 à la Russie; indemnité de guerre, et, jusqu'à son entier payement, occupation par les troupes russes de différents points du territoire ottoman surtout dans l'Asie Mineure; les fortifications d'Erzerum seraient démantélées. Camme la Turquie ne sera pas en mesure de payer l'indemnité de guerre, l'occupation à titre de gage équivaudra à une prise de possession. La question des Dardanelles est réservée aux délibérations des Puissances.

Une conférence sera-t-elle convoquée à cet effet, de meme que pour régler les autres détails des bases d'arrangement inscrites dans les préliminaires? Sur ce point également, M. de Biilow ne s'était pas prononcé. Il savait seulement que le Prince de Bismarck à d'autres époques s'était montré peu enclin à ces sortes de réunions. Il avait toujours émis l'opinion, qu'il fallait préalablement que les Puissances se missent pleinement d'accord entre elles. Le Secrétaire d'Etat ne l'a pas dit, mais il est évident que le Chancelier, sachant combien il est difficile de balancer dans une certaine mesure les intérets de la Russie, de l'Autriche et de l'Angleterre, préfèrerait continuer à chercher d'écarter les froissements par un échange de vues de Gouvernement à Gouvernement. A défaut d'une entente a priori, les assemblées de diplomates ménagent souvent de fort graves surprises.

Quoiqu'il en soit, il ne reste qu'à former des voeux, pour que la Russie s'arrete en effet dans sa course à fond de train vers Constantinople, pour ne pas obliger l'Angleterre à se jeter, elle-aussi, dans la melée, camme elle était au point de le faire si le Tsar n'avait pas arrété la marche de ses troupes

26 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. IX

et si la Turquie n'avait pas accepté la loi du vainqueur. Le Cabinet de St. Pétersbourg ne pouvait aUer encore de l'avant, sans s'exposer à manquer aux engagement pris vis-à-vis de l'Autriche et de l'Angleterre. Le Prince de Bismarck lui-méme, on le prétend du moins, aurait dit que, depuis le passage des Balkans, les succès de la Russie dépassaient les bornes désirables pour l'intérét général. Le Comte Andràssy, dit-on aussi, commencerait à voir de très mauvais oeil les progrès trop menaçants de la Russie. Tout me porte à croire que, dans ces moments difficiles, le Cabinet de Berlin a exercé toute son influence pour calmer les susceptibilités et préparer un rapprochement entre les Puissances les plus directement intéreressés. Ce travail de conciliation avait d'autant plus de chances de réussite en le tenant secret aux yeux du public, en évitant méme les confidences de Cabinet à Cabinet sur son action auprès de tel ou tel autre Etat. Telle est du moins l'explication qu'il faut donner à l'extréme discrétion de

M. de Btilow dans ses rapports avec les diplomates étrangers.

En admettant que les préliminaires seraient en effet signés, il restera bien des difficultés à vaincre sur une foule de question délicates, auxquelles on ne saurait contester un caractère européen. Pour ce qui concerne particulièrement l'Italie, sa politique, il me semble, comporte plus que jamais de ne pas se séparer de l'Allemagne qui seconde la Russie et de ménager autant que faire se pourra la Grande Bretagne, cette ancienne et utile alliée de la Maison de Savoie. Si les préliminaires de paix dont j'ai signalé les points essentiels ont quelque exactitude, ils paraissent parfaitement acceptables à notre point de vue. Aucun inconvénient ne saurait résulter pour nous de l'indépendance de la Roumanie, de la Serbie et du Monténégro, ni de l'autonomie de la Bulgarie, ni d'un agrandissement de la Russie dans l'Asie Mineure. Nous ne pourrions qu'applaudir à des réformes administratives très sérieuses dans la Bosnie et dans l'Herzégovine, conservées à la Turquie. Notre position vers l'Adriatique resterait intacte. Sans doute, que la Bulgarie, de méme que la Bosnie et l'Herzégovine finiraient par échapper, elles-aussi, à la domination turque. Ce n'est là qu'une question de temps. Mais il y a toute convenance pour nous, aussi bien que pour l'Autriche à un ajournement. Il se présentera peut-etre plus tard des arrangements de nature à satisfaire des intéréts aujourd'hui opposés. Le Comte Andràssy a trop de perspicacité pour ne pas se rendre compte de l'importance de continuer à refuser un cadeau d'aussi triste augure pour l'avenir de la Monarchie Austro-Hongroise.

En me référant à mon télégramme d'aujourd'hui (1)...

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicati.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 54/13. Londra, 26 gennaio 1878 (per. il 29).

Come io ne informava l'E. V. col mio telegramma d'ier sera (1), Lord Dorchester, antico militare che avendo fatto con distinzione la campagna di Crimea a fianco dei nostri soldati per i quali ha conservato la massima stima, mi

annunziava che avrebbe mosso al Ministero, nella Camera dei Lords, una interpellanza circa l'invio di un semplice Ciambellano, il Conte Roden, per assistere ai funerali di Re Vittorio Emanuele.

Mando all'E. V. il rendiconto qui unito del discorso di Lord Dorchester e della risposta che vi fece Lord Beaconsfield (1). Come scorgerà V. E., le parole di Lord Dorchester furono di gran lode e di rispetto per il nostro compianto Sovrano e per l'Italia, mentre le spiegazioni date dal Conte di Beaconsfield, quantunque in termini ugualmente onorevoli per il Re e per la Nazione, giustificano assai poco la trascuranza che ebbe questo Governo in tale occorrenza.

Per dire le cose come sono, il Foreign Office, cui spetterebbe di regolare tutti gli atti di cortesia fra Potenze estere, non ha nissuna norma al riguardo, o, per meglio dire, non se ne preoccupa affatto. L'invio del Conte di Roden fu un atto spontaneo della Regina che, non avendo nel momento nissun personaggio di cui potesse disporre direttamente, designò, senza ritardo, per assistere ai funerali, uno dei suoi « Lords in waiting », mentre i suoi Ministri non pensarono che spettava a loro provvedere per onorare la Memoria di un Gran Re che era stato l'alleato dell'Inghilterra.

L'oblio fu a tal punto che mentre da ogni parte, anche da alti personaggi inglesi affluivano carte e lettere di condoglianze all'Ambasciata, non uno Ministro mandò la sua, ad eccezione di Lord Derby dopo parecchi giorni. Non una parola da essi fu detta in Parlamento in memoria del nostro Re, mentre negli altri paesi, anche fino negli Stati Uniti d'America il Parlamento si associava al nostro lutto.

D'altronde non v'è Paese, come l'Inghilterra, dove i morti passino così presto; il culto di essi non esiste. Però il sentimento pubblico è stato vivamente commosso quando vide il Principe Imperiale di Prussia, altri Principi stranieri e cospicui personaggi presenziare la funebre funzione; io amo a ritenere che i rimproveri che sorsero da ogni parte contro la trascuranza del Governo in questa circostanza, provengono da un vivo sentimento di cordoglio anziché di leso amor proprio nel vedere l'Inghilterra meno rappresentata che le altre nazioni in quella funzione.

La Regina, che ha altamente le tradizioni e il culto delle convenienze, si recò a premura di riparare l'obbligo dei suoi Ministri coll'insignire immediatamente il nostro Re Umberto I dell'ordine della Giarrettiera; atto questo di spontaneo e straordinario omaggio che dimostra in qual pregio siano dalla Regina tenute le buone relazioni col nostro paese.

Ciò malgrado, gli organi più importanti della pubblica opmwne non sono ancora paghi di tali tardivi pentimenti, ed il Saturday Review di quest'oggi dice: «Quando il Parlamento si è riunito, non una parola fu detta che potesse ricordare che il Re Vittorio Emanuele veniva di morire. Un Delegato (emissary) fu mandato per assistere alla cerimonia dei funerali del Re nella più meschina e formalista maniera e il Delegato (emissary) scelto fu Lord Roden, della cui esistenza pochi Inglesi e non un Italiano erano informati».

Il Daily News di questa mattina, in un articolo che mando qui unito, critica vivamente la risposta fatta ieri da Lord Beaconsfield a Lord Dorchester.

Epperciò io credo che anche in Inghilterra furono male accetti i lamenti che, a dire di un giornale, il Globe, sarebbero stati fatti perché a Lord Roden non fu data a Roma una guardia d'onore come lo fu ai Principi ed al Maresciallo Canrobert (Vedi l'articolo unito del Globe).

A questo sentimento che si è manifestato in Inghilterra in occasione dei funerali di Re Vittorio Emanuele, si aggiunge la viva irritazione causata dal rifiuto del Cardinale Manning di lasciare dire una gran messa nella Chiesa Italiana di San Peter in Londra. La Saturday Review di quest'oggi, che riceverà

V. E., contiene un articolo in proposito. Il Reverendo Padre Nenci, rettore di detta Chiesa, avendo creduto di annunciare che il Cardinale Manning aveva infine concesso il permesso primitivamente negato, faceva reticenze che alteravano il senso restrittivo di questo permesso. Epperciò ho creduto di dover rettificare l'asserzione del Padre Nenci come V. E. scorgerà dalla nota dell'Ambasciata pubblicata nel Times delli 22 corrente e che unisco a questo rapporto. Bisogna però dire che tutti i preti della Chiesa italiana di S. Peter non ebbero gli scrupoli del Padre Nenci; ed il più afflitto è il nostro rispettabile Elemosiniere, Padre Pio Melia, che essendo stato il promotore della funzione, è vivamente addolorato perché non abbia avuto luogo. Egli, benché prete e buon cattolico, manifesta apertamente la sua riverenza per il Re d'Italia.

Intanto gli Italiani residenti in Londra non hanno più voluto saperne della Messa di Requiem condizionata e stentatamente largita dal Cardinale Manning ed hanno deliberato in un meeting, che ebbe luogo ieri l'altro di consacrare al monumento da inalzarsi in Italia alla memoria di Re Vittorio Emanuele II la somma primitivamente destinata ai solenni funerali; per cui venne a tal uopo aperta una nuova sottoscrizione presso il Console Generale d'Italia in Londra.

Nel porre termine a questo rapporto non debbo tralasciare di accennare alla E. V. che ho ricevuto, ulteriormente in risposta a due mie lettere, due dispacci del Conte di Derby in data del 12 e del 24 corrente ne' quali il nobile Lord esprime in termini dignitosi il cordoglio che il Governo della Regina divide col popolo Italiano per la morte di Vittorio Emanuele II di quel Gran Re che aveva destato in tutte le classi in Inghilterra un così vivo sentimento di rispetto e di ammirazione.

(l) Non pubblicato.

(l) Non si pubbicano gli allegati.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 781. Vienna, 26 gennaio 1878 (per. il 29).

S. E. il Conte Andrassy, parlandomi oggi dei pur possibili pericoli che gli Agenti dei vari Governi in Turchia ed i rispettivi nazionali possono correre nelle attuali circostanze, facevami cenno dell'ordine dato dal R. Governo alla squadra permanente di portarsi a Salonicco. Io colsi l'occasione per ispiegargli le ragioni di quella determinazione, aggiungendo che essa era tanto più necessaria per noi, non avendo l'Italia a sua disposizione, come l'Austria, un numero considerevole di grossi vapori commerciali da porre all'occorrenza a disposizione dei Consoli per imbarcare i suoi nazionali. Infatti, come l'E. V. saprà, il Governo I. e R. ha disposto affinché un tal servizio venga a richieste dei suoi Agenti disimpegnato da parecchi grossi vapori del Lloyd a tale scopo inviati nelle acque del Levante. S. E. rispondevami a ciò aver trovato molto opportuna e commendevole la determinazione presa dal R. Governo (l).

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 782. Vienna, 26 gennaio 1878 (per. il 4 febbraio).

È indubbiamente a conoscenza del R. Governo che il 17 corrente S. E. il Cardinale Simeoni consegnava una nota ai rappresentanti Esteri accreditati presso il Vaticano, in cui, mentre rinnovava le proteste già altre volte fatte dalla Santa Sede contro l'annessione delle Romagne Marche ed Umbria e finalmente la presa di possesso del Patrimonio di San Pietro e di Roma stessa, protestava solennemente contro l'assunzione al Trono di Re Umberto qual Re d'Italia. Molto probabilmente non vi sarà Gabinetto che risponderà a quella Nota; in quanto a quello di Vienna parmi s'abbia già risposto in antecedenza colla presenza di

S.A.I. e R. l'Arciduca Ranieri in Roma col duplice incarico di rappresentare Sua Maestà Apostolica ai funerali del defunto Glorioso Re e di porgere le sue felicitazioni al nuovo Sovrano d'Italia. Dal Iato quindi dell'Austria parmi non ci sia per noi da preoccuparsi affatto di una protesta che andrà a raggiungerne tante altre analoghe negli Archivi degli Stati d'Europa. Credo poi tanto meno probabile si faccia da Vienna una risposta qualsiasi a quel documento, che, se sono ben informato, si sarebbe qui abbastanza mal impressionati a riguardo del Vaticano, stante il rifiuto opposto dal Santo Padre al desiderio espresso dell'Arciduca Ranieri di potersi recare ad ossequiarlo mentre trovavasi a Roma. Rifiuto in verità poco spiegabile, perché mi consta che Sua Altezza Imperiale e Reale nel far annunciare al Vaticano il suo arrivo in Roma, non avea trascurato d'usare le forme le più riguardose pel Santo Padre.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 201. Pietroburgo, 27 gennaio 1878, ore 14,10 (per. ore 17,05).

Le prince Gortchakoff vient de me dire que la Turquie a accepté en principe Ies conditions de paix, mais jusqu'à ce matin, il ignare si l'armistice est

signé. Les conditions de la paix sont les suivantes: l) Bulgarìe dans ses limìtes nationales, non moindres en tout cas que celles indiquées par la conférence, aurait administration autonome avec gouverneur chrétien et milice indigène, mais serait tributaire de la Porte. 2) Le Monténégro indépendant eu augmenté de territoire. 3) Roumanie indépendante avec dédommagement territorial à déterminer. 4) Bosnie et Herzégovine, avec une administration autonome. 5) Réformes analogues dans les provinces chrétiennes. 6) Indemnité de guerre à régler par des compensations en argent ou territoriales. 7) Entente ultérieure pour sauvegarder les intérets russes dans les détroits.

(l) Con d. 516 del 4 febbraio Tornielli comunicò a Robilant: «approvo pienamente le spiegazioni che v. E. ha fornito al Conte Andrassy circa l'invito dt parecchi legni da guerra italiani nelle acque di Levante. Esse sono in tutto conformi alla realtà delle cose e al pensiero del R. Governo ».

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 121. Roma, 27 gennaio 1878, ore 21,30.

L'ambassadeur spécial que Sa Majesté envoie à Saint Pétersbourg pour notifier à l'Empereur son avènement au tròne est le comte De Launay, ambassadeur du Roi à Berlin.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 122. Roma, 27 gennaio 1878, ore 23.

Je suis heureux que le voyage de l'Archiduc Renier ait eu pour nos relations avec le Cabinet de Vienne le résultat que j'en attendais. Son Altesse Impériale, témoin des manifestations si unanimes et si émouvantes de l'esprit public italien aura pu dissiper dans l'esprit de l'Empereur et de son premier ministre des impressions qui nuisaient à l'intimité et à la loyauté des relations que le Gouvernement royal a toujours eu à coeur de resserrer dans l'intérèt réciproque des deux nations. V. E. sait qu'il n'a pas dépendu de nous qu'un échange d'idées put continuer avec le Cabinet de Vienne sur toutes les questions naissant de la situation politique de l'Orient. Nous acceptons donc avec le plus grand plaisir la proposition si amicale du comte Andrassy de procéder en toute circonstance à un libre et frane échange d'idées. Nous partageons son avis que les questions touchant aux modifications territoriales et au régime des détroits devaient etre réglées avec le concours des Puissances signataires des traités qui ont réglé autrefois ces mémes questions; dans l'examen de ces questions nous sommes d'avis qu'll faudra porter un esprit conciliant et tenir compte dans une mesure équitable des conséquences des derniers événements milita:ires. Mais nous ne voudrions pas nous séparer, surtout quant au modus procedendi de l'Allemagne avec laquelle il est bien nature! que l'Autriche désire procéder en parfait accord. C'est pourquoi je prie V. E. de dire au Comte Andrassy que je lui suis très reconnaissant de la demande si franche qu'il m'a adressée, et qu'avec la méme franchise je m'empresse de lui faire connaitre tout l'intérét que nous aurions à nous entendre avec rl'Allemagne pour régler d'un commun accord la question préalable du modus procedendi, question qui se rattache évidemment à la part que les Puissances neutres devront prendre dans la discussion des différents points formant la base de la paix.

399

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 510. Roma, 27 gennaio 1878.

Sono grato assai all'E. V. di avermi riferito, con rapporto del 19 gennaio,

n. 775 (1), le cose che Le furono dette dal Ba,rone Orczy, in una conversazione poco prima da Lei avuta con esso, circa l'atteggiamento dell'Austria-Ungheria di fronte allo svolgersi della crisi orientale. Come già ebbi a telegrafarle, le notizie pervenuteci in quei giorni, non solo da Costantinopoli, ma altresì da Pietroburgo, sembravano revoca;re in dubbio quell'assoluta astensione di cui il Barone Orczy le porgeva dichiarazione così formale. Non è del resto improbabile che i rappresentanti austro-ungarici, anche senza un mandato esplicito del loro Governo, abbiano fatto conoscere i desideri e Ie disposizioni in colloquii ai quali si sarà dato, in Berlino ed a Costantinopoli, il valore di uffici propriamente detti. I particolari che, in proposito, ci sono pe·rvenuti, constano dai documenti diplomatici che Le saranno in breve trasmessi per informazione personale di V. E. Intanto non è senza •interesse che io qui pigli nota di certa avvertenza fattasi a Londra, e riferitami dal R. Ambasciatore, circa la differenza notevole del linguaggio tenuto, rispettivamente, in questa circostanza, dal Gabinetto britannico e dal Gabinetto austro-ungarico. L'Austria-Ungheria avrebbe dichiarato che la pace non dovesse concludersi senza il concorso delle Potenze garanti del Trattato del 1856 e del 1871; l'Inghilterra, invece, avrebbe dichiarato che essa non permetteva che la pace si facesse senza il suo concorso, quasi per significare che essa si preoccupa solo dei propri interessi, e non di quelli degli altri. Il Conte di Beust avrebbe, altresì, avuto cura di notare che la simultaneità delle dichiarazioni dell'Austria-Ungheria e dell'Inghilterra era stata fortuita. Soggiunge, però, il Generale Menabrea, che tale versione incontra molta incredulità.

Ho creduto utile, ad ogni modo, di porgere un cenno di quanto precede alla

E. V. stimando che questi indicazioni possano agevolare un migliore giudizio della situazione.

(l) Cfr. n. 368.

400

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC

D. 47. Roma, 27 gennaio 1878.

Riferendomi al pregiato rapporto del 28 dicembre scorso n. 185, mi affretto ad impartirle l'autorizzazione di accettare l'ufficio di arbitro che Le si vorrebbe affidare dai Governi di Spagna e degli Stati Uniti in base al trattato tra essi conchiuso a Madrid il 12 febbraio 1871. Sarà, però, necessario che ce ne pervenga dal Gabinetto federale formale richiesta, e che pari richiesta ci venga pure fatta dal Gabinetto spagnuolo. Per quanto concerne quest'ultimo già ne scrissi al R. Ministro in Madrid (l).

Anche a mio giudizio, riesce assai opportuna e prudente la riserva da lei enunciata, che, cioè, la S. V. Illustrissima non debba, nella qualità sua di arbitro avere comunicazioni con privati, e debbano dai Commissari dei due Governi esserle forniti tutti i necessari schiarimenti. Di questo punto, stimai utile di fare espressa avvertenza nel dispaccio che diressi al Conte Greppi ,intorno al presente argomento.

401

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1963. Berlino, 27 gennaio 1878 (per. il 31).

Ansi que pe viens de le télégraphier à V. E. (2), le Secrétaire d'Etat m'a tenu à peu près le meme langage qu'à Lord Odo Russell (rapport n. 1962) (3).

Jusqu'ici M. de Btilow n'avait point encore levé le voile qui couvre le mystère des conditions de paix. Aucune communication n'en avait été falte à Berlin. Mais, si ces conditions étalent conformes dans leurs points essentiels à certaines révélations de la presse, il y avait lieu d'espérer qu'on aboutirait à une entente, car la Russie se montrait sage et prudente dans ses exigences envers la Turquie, et ne porta:it point atteinte aux intérets anglais, tels qu'ils ont été définis dans des communications diplomatiques antérieures. Pour ne pas aUer au devant de déceptions, il convient cependant d'attendre la nouvelle de la signature des préliminaires de paix, qui aurait diì. avoir lieu hier, mais dont l'avis officiel n'était point encore parvenu. L'état des esprits à Constantinople, la vive émotion qui se manifeste à Londres, ne sont pas de nature à rassurer complètement sur un dénoument très prochain de la crise orientale. Il restera d'ailleurs, après un accord sur les bases de la paix et un armistice, bien des détails délicats à régler et qui laisseront de la marge à des dissentiments, à des récrimina

tions. Il fallait néanmoins convenir que le retrait de la démission de Lor<l Derby constituant un fait de très bon augure dans le sens de la conciliation. Sous ce rapport la situation, sans exclure tout à fait la possibilité de complications ultérieures, s'était améliorée: c'était là, toutefois l'opinion personnelle de M. de Billow. S. E. ajoutait que l'Allemagne, quoiqu'il arrivàt, persisterait dans son attitude de neutralité la plus impartiale et la plus consciencieuse.

Mais les réserves dont il entourait son langage, indiquaient que sa confiance n'était encore qu'assez limitée. La Russie cherche-t-elle à trainer en longueur les négociations pour permettre à ses armées de suivre leur marche en avant? La Turquie recommencera-t-elle la tactique évasive qui est le fond de sa politique, et, n'ayant presque plus rien à perdre, s'hostine-t-elle, après tant de désillusions, à compter sur l'appui de l'Angleterre? Ces points ne peuvent tarder à étre éclaircis.

J'ai essayé de pressentir le Secrétaire d'Etat sur l'éventualité de Conférences touchant les questions qui affectent les intérèts généraux de l'Europe. Il m'a répondu que ce point n'avait pas encore été traité entre les Gouvernements. n me laissait en mème temps entendre que, en principe, le Prince de Bismarck n'était guère favorable à de semblables réunions. En attendant, il est digne de remarque que mon collègue d'Autriche, dans ses entretiens avec ses collègues, prèche l'opportunité des conférences.

A propos des conditions de paix, j'ai dit à M. de BtUow que l'Autriche-Hongrie n'aurait qu'à se féliciter, s'il était vrai que la Bosnie et ,l'Herzégovine continueraient à faire partie de l'Empire ottoman. Le Comte Andràssy, il fallait l'espérer, saurait résister jusqu'au bout au parti assez aveugle pour le pousser dans la voie des annexions. Le Secrétaire d'Etat semblait disposé à admettre qu'il en serait ainsi, car, observait-il, si le Cabinet de Vienne avait nourri des projets semblables, il aurait diì s'y prendre plus tòt pour les réaliser (1).

En accusant réception de la Dépèche que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser le 25 courant, n. 607 de la Série Politique (2)...

(l) -Cfr. d. 74, pari data, non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 392.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 364. Parigi, 27 gennaio 1878 (per. il 30).

Profittai dell'occasione ch'ebbi jeri di intrattenermi qualche istante col Signor Ministro degli Affari Esteri di Francia per interrogare S. E. quali notizie avesse intorno alle trattative d'armistizio e di pace.

Il Signor Waddington mi disse ch'egli fino a quell'ora non aveva ancora ricevuto l'ufficiale conferma della conclusione dell'armistizio, ma che credeva fos

se stato firmato nella giornata stessa in Andrinopoli. Egli constatò con soddisfazione l'abile procedere della Russia la quale eliminò dai preliminari di pace i due soli punti che avrebbero tirata in campo l'Inghilterra, cioè l'occupazione di Costantinopoli e la quistione dei Dardanelli la quale fu riservata. «Non vi nascondo, aggiunge S. E., che negli ultimi tre giorni la mia inquietudine erasi molto accresciuta; ma per fortuna la flotta inglese potè esser fermata a Besika ed ora credo che teniamo la pace».

Domandai al Signor Waddington se le condizioni preliminari accampate dalla Russia fossero precisamente quelle annunziate la sera ·innanzi da un telegramma dell'Agenzia Havas ch'era stato affisso nei corridoj della Camera de' Deputati e se gli fosse noto quale impressione quelle condizioni avessero prodotta a Vienna ed a quali passi ora si appresti il Gabinetto Austriaco. Il Signor Ministro mi rispose che per quanto gli era noto i preliminari non si scostavano difatti molto da quelli riferiti nel telegramma Havas e che in quanto al Gabinetto di Vienna gli pareva oramai fuor di dubbio ch'esso farà occupare la Bosnia e l'Erzegovina. Esso avrebbe indugiato a farlo soltanto per darsi l'apparenza di esservi spinto e costretto da forza maggiore e da necessità imperiosa e per far tacere così l'opposizione degli Ungheresi.

S. E. il Signor Waddington mi informò poscia ch'egli diede l'ordine ad una divisione navale di recarsi a Smirne allo scopo di proteggere i nazionali ed i cristiani contro le vendette ed il fanatismo de' musulmani i quali minacciano con nuovi massacri. La divisione francese dovette salpare stamane da Tolone. Una nave sarà probabilmente staccata dalla divisione e getterà l'ancora a Salonicco. Il Signor Waddington mi disse ancora ch'egli aveva messo de' fondi a disposizione dell'Ambasciata Francese a Costantinopoli onde metterla in grado di soccorrere gli innumerevoli fuggiaschi de' quali è ricolma la città. Credo che quei fondi ascendano a 10 mila franchi ma sarà ora aperta qui inoltre una sottoscrizione allo stesso scopo per iniziativa del Ministro degli Affari Esteri.

(l) -Il brano tra asterischi è edito In LV 24, p. 270. (2) -Cfr. n. 387.
403

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 783. Vienna, 27 gennaio 1878 (per. il 4 febbraio).

Se la missione compiuta a Roma da S.A.I.R. l'arciduca Ranieri fu indubbiamente un gran fatto, suggellando essa in modo solenne il riconoscimento, senza riserva di sorta, per parte della Monarchia Austro-Ungarica della Sovranità di Casa Savoia su Roma Ca:pitale d'Italia, non convien neppure dissimularsi che la visita fattami ieri dal Conte Andrassy, ed il linguaggio che egli ebbe a tenermi così diverso da quello meco usato da assai tempo, è meritevole anche di somma attenzione.

Il nobil Conte, nell'esprimermi tutta la soddisfazione provata dall'Imperatore e dal suo Governo per le così ottime impressioni riportate dall'a.rci<iuca dal suo soggiorno in Roma, ed essenzialmente per le assicurazioni di cordiale amicizia per l'Austria-Ungheria che gli furono date tanto da S. M. l'Augusto

nostro Sovrano come dai suoi Ministri e dai più eminenti uomini di stato Italiani, dicevami: <<dover gli avvenimenti compiutisi testè in Italia segnare una nuova era nelle relazioni fra i due Stati. E tosto mi assicurava che ogni qualsiasi inquietudine dntorno ai nostri eventuali intendimenti a riguardo dell'Austria Ungheria erasi dileguata dall'animo suo, soggiungendomi poi non esservi altri Stati in Europa che avessero maggior conformità d'interessi minori divergenze fra essi, ne deduceva la conseguenza, dover ambi i Governi proceder d'accordo in ogni questione, essenzialmente nell'attuale crisi orientale.

Accolsi con espressioni di soddisfazione le assicurazioni di fiduciosa amicizia verso l'Italia cosi cordialmente espressemi, aggiungendo ancora esserne tanto più lieto, che i sentimenti leali e simpatici così manifestatimi corrispondevano ìntieramente a quelli di cui io avevo avuto in ogni tempo l'incarico dal mio Sovrano e dal R. Governo di rendermi l'interprete. Il primo passo fatto dal Conte Andrassy nel senso d'invitarci ad entrare con lui in un intimo scambio d'idee forma oggetto di altro speciale mio rapporto quindi non ci tornerò sopra. L'importante sta nel fatto, che contrariamente al sin qui praticato, dacché scoppiò la crisi orientale, il Gabinetto di Vienna che aveva sempre contenuto la sua azione nella stretta cerchia dell'alleanza dei Tre Imperatori, accenna in oggi repentinamente a voler cercare il concorso, ed anche l'appoggio di altre Potenze, ed anzi tutto dell'Italia! È questo un fatto che a parer mio non ha d'uopo di commenti: si è però soltanto interpretandone le cagioni, e prevedendone le conseguenze con fredda mente, che potremo coglierne utili frutti e schivare i pericoli a cui ci potrebbe condurre. Un leale e schietto accordo coll'Austria sarà sempre vantaggioso per l'Italia, se lo si mantiene entro limiti tali da non impegnare la nostra azione su di una linea diversa da quella che ci è tracciata dalle tradizioni della nostra politica, e da non compromettere eventualmente le nostre relazioni con altre potenze, da cui per tante ragioni non dobbiamo distaccarci.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 126. Roma, 28 gennaio 1878, ore 14,20.

Depuis quelques jours, le comte Andrassy avait fait savoir au général de Robilant qu'il avait besoin de lui parler. L'entrevue fixée d'abord pour le 25 avait été ensuite remise indéfiniment par le comte Andrassy lui mème, sous le prétexte d'affaires urgentes prenant tout son temps. Hier cependant, le comte Andrassy est allé chez Robilant (l) et il a eu avec lui une conversation que je résumerai ainsi qu'il suit: l) les bonnes impressions rapportées de Rome par l'archiduc Renier ont dissipé, dans l'esprit du comte Andrassy toutes les défiances à notre égard. 2) S. E. désire arriver avec nous en toute circonstance à un libre et frane échange d'idées. 3) Elle nous demande si nous sommes disposés

à déclarer ensemble avec l'Autriche que toutes les questions qui, dans 1a paix russo-turque intéressent l'Europe, camme les modiftcations territoriales, le régime des détroits et autres ne pourront etre résolues qu'avec le concours des Puissances signataires des traités. S. E. a ajouté que tel était le point de vue de l'Autriche et qu'elle n'avait encore adressé pareille demande à aucune autre Puissance, voulant montrer le prix qu'elle attache à procéder désormais d'accord avec nous. Elle a aussi déclaré qu'elle n'accepterait rien qui serait nuisible aux intérets de la monarchie et qu'elle n'a pas voulu demander à connaitre ·les bases de la paix, car elle aurait du Ies discuter et prendre ainsi la trop grave responsabilité du retard de la cessation des hostilités. Robilant a répondu qu'il prendrait mes instructions. Il est nécessaire que vous sachiez pour bien apprécier la situation qu'il y a seulement deux semaines que dans un entretien que le général de Robilant a eu avec Andrassy des choses très pénibles avaient été dites réciproquement. Ce changement bien que motivé pa•r les impressions rapportées par l'archiduc n'est donc pas nature!. C'est là l'opinion du comte RobiIant qui me dit que, dans le cours de la conversation le comte Andrassy lui avait dit qu'il tenait surtout à procéder d'accord avec nous, car cela avait l'air moins agressif vis-à-vis de la Russie qu'une entente avec l'Angleterre. J'ai télégraphié à l'ambassadeur de Sa Majesté à Vienne dans Ies termes suivants: « je suis heureux... ~ (voir le télégramme à Robilant du 27 janvier 1878 11 heures du soir) (1). Je prie V. E. de me faire connaitre san avis sur cette nouvelle phase de nos rapports avec l'Autriche, ainsi que sur la réponse que j'ai donnée au comte de Robilant.

(l) Cfr. n. 388 in realtà del 26 gennaio.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 209. Vienna, 28 gennaio 1878, ore 17,40 (per. ore 20,25).

Je viens de lire le télégramme de V. E. de cette nuit (1) à Andrassy. II s'est montré très satisfait de cette communication et me charge d'en remercier V. E. Il est charmé que nous partag.ions san point de vue par rapport aux intérets que l'Europe doit se réserver d'assurer da-ns I'arrangement fina! de la présente crise. IfOésire qu'il soit bien entendu que, pour son compte, il n'objecte rien à

ce que les accords qui se signent maintenant entre la Russie et la Turquie engagent la Turquie, c·ar avant tout, il faut éviter ce qui pourrait donner cause à la prolongation de la guerre. H m'a dit qu'il est charmé que nous voulions nous maintenir d'accord avec l'Allemagne, car c'était aussi là san intention absolue. Il croit cependant que l'Allemagne ne sortira pas non plus, cette fois, de sa réserve habituelle et ne fera aucune démarche à Saint Pétersbourg. II m'a dit que

le Cabinet de Saint James ferait aujourd'hui probablement une déclaration devant le Parlement, et réserve explicitement ses droits de Puissance signataire du traité de Paris. Quant à lui, il n'a rien voulu dire à Constantinople; mais à St. Pétersbourg il a déjà depuis quelques jours donné communication par son ambassadeur d'une note, dont voici la partie essentielle. «Sans contester la validité de l'acte que la Russie va signer avec ,la Sublime Porte, pour quant à ce qui regarde celle-ci, nous sommes en devoir de fair connaitre que notre point de vue est que tous les arrangements pris entre les belligérants qui toucheraient, ou modifieraient, les traités existants ils ne pourraient avoir de solidité qu'en tant qu'ils seraient consentis préalablement entre les Puissances signataires du traité de Paris ». Andrassy me disait avoir adressé cette communication à Pétersbourg surtout pour avoir un document qui pil.t étre présenté aux légations et fai:re connaitre l'attitude qu'il a prise. Il m'a laissé comprendre qu'il trouvait utile que nous fassions de notre part une démarche analogue. Il dit que la Russie a déclaré, tant à Londres qu'à Vienne accepter ce point de vue, mais seulement verbalment par Schouvaloff et Novikoff. Sans qu'il existe aucune nouvelle jusqu'à présent, ni qu'armistice soit signé il parait que les conditions de paix sont acceptées; mais celles qui ont rapport à l'armistice sont plus difficiles à accepter, étant très graves. Dans le courant de la conversation Andrassy a parlé de la Grèce, dont il trouve qu'il est de l'intérét de l'Autriche et de l'Italie de soutenir la cause, les grecs étant la seul.e digue à opposer aux slaves en Orient. Je me suis tenu très réservé à ce sujet.

(l) Cfr. n. 398.

406

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 611. Roma, 28 gennaio 1878.

Al momento in cui Ella si agginge a recarsi a Pietroburgo per compiervi una missione che il Re desidera abbia un carattere di speciale cordialità, trovo necessario di esporle brevemente il mio pensiero circa la situazione politica che si sta disegnando dopoché si conobbero, sebbene non ancora ufficialmente ed in tutte le loro particolarità, le basi della pace imposta dalla Russia alla Turchia.

La missione diplomatica che Ella ha così onorevolmente compiuto alla Corte dell'Imperatore Alessandro, la benevolenza speciale di S. M. Imperiale e di S. A. il Principe Gortchakow, di cui si ebbero a di Lei riguardo ripetute testimonianze, hanno fatto prescegliere V. E., a prefenza di ogni altro, per presentare, in questo momento di tanto inte,resse politico, allo Czar i sentimenti di cui è animato il nuovo Nostro Sovrano, sentimenti pienamente divisi dal R. Governo.

A questo fine il Re ha scritto una sua lettera autografa all'Imperatore e, alle cose che in essa sono dette, quando da V. E. si aggiungano le espressioni del particolare interesse che Sua Maestà ed il suo Governo annettono al continuo sviluppo delle buone relazioni con la Russia, Ella avrà perfettamente interpretato le lntenzioni del Nostro Augusto Sovrano e quelle del suo Gabinetto.

Ella fu da me informata per telegrafo (l) della conversazione che ebbe jeri a Vienna H Conte di Robilant con il Conte Andrassy. A maggior schiarimento del mio telegramma, stimo opoprtuno unire a questo dispaccio il testo medesimo della comunicazione telegrafica (2) del R. Ambasciatore a Vienna nonché della mia risposta (3).

A Pietroburgo, come a Berlino, è probabile che si sarà in questi giorni vegliato con la più grande attenzione sui passi dell'Austria. Nella mia risposta al Conte di Robilant ho stimato opportuno di far chiaramente sentire che l'Italia non si scosterebbe dalla Germania neppure nella fase attuale degli avvenimenti d'Oriente. Noi abbiamo vivamente insistito, fino agli ultimi giorni, perché la Porta Ottomana si piegasse alla necessità dei negoziati diretti con la Russia. Forse, se il nostro consiglio fosse stato ascoltato a tempo, si sarebbe evitata alcuna delle condizioni che debbono riuscire più dolorose alla Turchia. Ma quando i Ministri del Sultano presero la risoluzione di mandare negoziatori al Quartiere Generale russo, noi ci siamo astenuti da qualsiasi passo che potesse far nascere nei consigli della Porta il pensiero che l'Italia avesse in animo di discutere essa stessa le condizioni della pace o di spingere la Turchia ad opporre una ormai inutile resistenza. Noi ci siamo tenuti in una condizione di perfetta libertà, la quale ci permetterà di prendere nel corso dei negoziati quella parte che gli interessi italiani e la situazione delle altre Potenze c'indicheranno come la più opportuna.

Quando partirà questo dispaccio, io non avrò ancora ricevuto probabilmente la risposta che il Conte Andrassy farà (4) alla nostra proposizione d'intenderei con la Germania circa i passi da farsi dopoché i preliminari della pace turco-russa saranno firmati. Avrò dunque probabilmente occasione di telegrafare di nuovo a V. E. prima che Ella parta per Pietroburgo. Intanto, ciò che giova mettere in sodo è la tendenza non mai smentita della politica del R. Governo di non separarsi dalla Germania e di contribuire, di consenso con questa Potenza, ad impedire combinazioni politiche che avrebbero potuto riuscire a complicazioni maggiori.

La conoscenza che Ella ha della corrispondenza scambiata fra il Ministero e l'Ambasciatore di Sua Maestà a Pietroburgo, mi dispensa dall'entrare, intorno a quest'ultimo punto, in maggiori particolarità. Se V. E. sarà interrogata dal Principe Gortchakow o da altri cospicui personaggi circa la politica del Governo Italiano, io sono persuaso che il linguaggio di Lei, venendo a confermare quello del Cavalier Nigra, produrrà il miglior effetto. Si vedrà anche a Pietroburgo che la politica nostra, sempre schietta, sempre scevra da secondi fini, ha meritato che agli interessi dell'Italia non siano preferiti quelli di alcun'altra Potenza. Noi ci lusinghiamo che, a questo riguardo, non s'introdurranno nelle condizioni definitive di pace delle stipulazioni che, aggravando la situazione della Turchia, costituirebbero per l'Italia uno stato di cose sotto molti aspetti nocivo.

(l) -Cfr. n. 404. (2) -Cfr. n. 388. (3) -Cfr. n. 398. (4) -Cfr. n. 405.
407

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 784. Vienna, 28 gennaio 1878 (per. il 4 febbraio).

Ringrazio l'E. V. per le comunicazioni che Le piacque farmi col Suo ossequiato dispaccio del 24 corrente n. 507 (l). Sta di fatto che le circostanze sotto l'impressione delle quali io scriveva il mio rapporto del 4 corrente n. 768 (2) si sono assai sensibilmente modificate, non però così radicalmente ch'io abbia da rivenire pienamente sulle idee da me svolte in quel rapporto. È fuori di dubbio ciò nondimeno che, allo stato odierno delle cose, converrà procedere con molto maggiori riguardi nel provvedere al riordinamento delle difese delle nostre piazze forti del Veneto. Non trattasi evidentemente più di rispondere con ciò ad alcune parole pronunciate con non sufficiente prudenza in seno alle Delegazioni austriache dal Primo Ministro Imperiale, ma pur sempre siamo costretti a tutelarci all'evenienza contro un improvviso cambiamento d'attitudine a nostro riguardo del Gabinetto di Vienna, cosa che non potrà mai essere esclusa dalle possibilità, tanto più a fronte della situazione in cui sarà per trovarsi l'Europa in conseguenza del disquilibrio generale che non potrà a meno di cagionare, a mio avviso, transitoria risoluzione che sta per avere la presente crisi Orientale (3).

408

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 219. Berlino, 29 gennaio 1878, ore 15,56 (per. ore 20,45).

Le changement soudain de l'attitude de l'Autriche me parait, comme au comte de Robilant peu nature!. L'offre du comte Andrassy peut contenir un piège pour nous. Je trouve très habile et prudente la réponse de V. E., nommément en ce qui concerne notre principe touchant tout remaniement territorial en Orient, et en ce qui a trait à notre intention de marcher d'accord avec l'Allemagne. Le Cabinet autrichien est il toujours animé de cette meme intention, ou bien effrayé de sa propre situation et séduit par des offres secrets de l'Angleterre, appuyé eventuellement par la France, prépare-t-il le terrain pour une autre combination? Dans ce dernier cas, l'Italie, en s'y pretant, suivrait une

pratique de suicide. Il est donc de toute importance de tenir bon à ne prendre aucun engagement à Vienne, sans un accord explicite avec Berlin. En attendant, la réponse de V. E. est pleine de loyauté et elle gagnera à etre connue en son temps. Les offres de Vienne sont en fragrant désaccord avec sa conduite antérieure envers nous et me parait-il avec son programme politique de la ligue du nord. Quoiqu'il en soit, enne perdant jamais de vue que c'est l'Allemagne qui rend impuissant le mauvais vouloir plus ou moins déguisé de l'Autriche et de la France envers l'Italie, nous devons continuer à etre très circonspects et ne nous engager qu'après avoir des preuves en main de l'accord de l'Allemagne avec cette nouvelle politique. Il est vraiment dommage qu'un sentiment de loyauté ne nous permette pas de nous expliquer dès à présent avec le Cabinet prussien sur l'offre du Cabinet autrichien.

(1) -Cfr. n. 385. (2) -Cfr. n. 318. (3) -L'8 febbraio Tornielli comunicò a Robllant: «Ringrazio in ispecial modo, la E. V. delle oaservazioni ed av,•ertenze contenute nel pregiato rapporto del 28 gennaio, n. 784. Il R. Governo non mancherà di tenerle nel debito conto. »
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 133. Roma, 29 gennaio 1878, ore 23,55.

La réponse que Robilant a faite au comte Andrassy semble l'avoir satisfait. Il a dit à l'ambassadeur de Sa Majesté qu'il avait fait au Cabinet de Saint Pétersbourg une déclaration dont voici la partie essentielle: « Sans contester la validité de l'acte que la Russie va signer avec la Sublime Porte pour quant à ce qui regarde celle-ci, nous sommes en devoir de faire connaitre que notre point de vue est que tous les arrangements pris entre les belligérantes qui toucheraient ou modifteraient les traités existants ne pourraient avoir de solidité, qu'en tant qu'ils seraient consentis préalablement entre les Puissances signataires du traité de Paris ». Le comte Andrassy a dit que la Russie a verbalement déclaré par son ambassadeur à Vienne qu'elle acceptait ce point de vue. Il a laissé entendre au comte de Robilant qu'il trouvait utile que nous fassions une démarche analogue. Quant à notre intention de ne point nous séparer de l'Allemagne, le comte Andrassy a dit qu'il en était charmé, car c'était là aussi son intention absolue. Il a cependant ajouté qu'il croyait que le Cabinet de Berlin ne sortira pas non plus cette fois de sa réserve habituelle et ne fera aucune démarche à Saint Pétersbourg. Dans cet état de choses et en voyant surtout les russes s'avancer toujours vers Constantinople, sans que l'on sache si les préliminaires de paix et l'armistice sont signés, je pense que vous pourriez entretenir M. de Biilow de la déclaration faite par le Cabinet de Vienne à Saint Pétersbourg, et je crois que l'échange de vues que nous venons d'avoir avec Vienne, nous autorise a demander à Berlin si l'Allemagne partage le point de vue de l'Autriche-Hongrie, et si elle serait disposée à s'entendre avec d'autres Puissances pour en faire la déclaration à la Russie.

410

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 512. Roma, 29 gennaio 1878.

Benché le indicazioni precise e conclusive, che l'E. V. mi ha fornito col telegrafo, escludano oramai ogni dubbio intorno all'atteggiamento dell'Austria-Ungheria nella fase presente della questione orientale, stimai utile, ad ogni modo, di comunicarle, per sua informazione confidenziale, copia di un rapporto del

R. Ministro a Costantinopoli (1), nel quale è riferito il linguaggio tenuto dal Conte Zichy ai Ministri del Sultano mentre appunto stavasi deliberando, presso la Sublime Porta, circa l'accettazione delle proposte russe. La spiegazione più naturale della contraddizione che manifestamente esiste tra siffatto linguaggio e le dichiarazioni che V. E. raccolse dalla bocca stessa del Conte Andrassy, parrebbe essere questa; che cioè, il Conte Zichy, conscio delle avvertenze presentate a Pietroburgo dal Gabinetto di Vienna, non abbia abbastanza tenuto conto della circostanza che tali avvertenze erangli state comunicate solo per sua notizia personale, non già perché ne facesse il soggetto di offici presso il Governo del Sultano.

È, per verità, gran ventura, che dalla coincidenza, sia pur fortuita, delle dichiarazioni fatte a Costantinopoli dai Rappresentanti d'Inghilterra e di AustriaUngheria la Sublime Porta non siasi lasciata distogliere dal proposito di aprire trattative dirette colla Russia. Un maggiore indugio avrebbe avuto per conseguenza probabile l'occupazione della stessa capitale, e questo fatto, del quale niuno potrebbe sconoscere l'immenso significato, avrebbe prodotto, nella situazione politica, un mutamento di cui difficile sarebbe misurare le conseguenze.

411

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. RR. 590. Roma, 29 gennaio 1878.

Sono grato alla S. V. Illustrissima dei particolari che, con rapporti del 14 e del 18 gennaio, nn. 1002 e 1007 (2), Ella mi ha fornito intorno al linguaggio che costì avrebbe tenuto in quei giorni l'Ambasciatore Austro-Ungarico, inducendo, nei circoli officiali ottomani, l'opinione che il Governo di Vienna si fosse risoluto ad allontanarsi dall'accordo fra i tre Imperi e ad inaugurare una nuova politica. Che veramente il Conte Zichy siasi espresso in guisa da suscitare una simile impressione, non può oramai dubitarsi. Imperocchè, a corroborare la cosa si aggiungono, alle informazioni confidenziali da Lei raccolte, le notizie divulga

27 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

tesi da molte parti nei giornali, per cui venne accreditandosi la voce che, a Vienna, fosse avvenuto un vero e proprio mutamento di fronte. Però, quel R. Ambasciatore fu, da ultimo, in grado di somministrarmi, a questo proposito, indicazioni cosi precise e attinte a fonte cosi autorevole che è forza conchiudere essere occorso, in questa circostanza, ciò che non di rado suole accadere in circostanze simili alle presenti: che, cioè, o il Conte Zichy abbia d'alquanto ecceduto le proprie istruzioni, o che i Ministri del Sultano abbiano dato troppo larga interpretazione a parole dette in forma di officiosa e non autorizzata conversazione. Discorrendo di questo argomento, non più tardi di jer sera, col Conte di Robilant (1), non solo il Conte Andrassy ha recisamente smentito la evoluzione attribuita al Gabinetto Austro-Ungarico, ma ha altresì spiegato il contegno suo in guisa da non lasciare più sussistere in proposito, nell'animo nostro dubbiezza alcuna. Il Gabinetto Austro-Ungarico, così si espresse il Conte Andrassy, non ha obiezione alcuna a che gli accordi, per cui si negozia attualmente, siano firmati tra la Russia e la Turchia e impegnino senz'altro quest'ultima Potenza; importando sopratutto di evitare tutto ciò che possa protrarre la guerra. Il Gabinetto Austro-Ungarico apina soltanto che debbano poi formare oggetto di accordo, anche con le Potenze firmatarie dei Trattati del 1856 e del 1871, tutte quelle questioni, rispetto alle quali questi Trattati avrebbero a subire modificazioni; e tali sarebbero le questioni territoriali e quelle concernenti il regime degli stretti. Il Gabinetto di Vienna non ha diretto, in proposito, comunicazione alcuna alla Sublime Porta; si è invece limitata a fare conoscere il suo pensiero a Pietroburgo, d'onde si fece dichiarare verbalmente, per mezzo del Signor di Novikoff che il Governo dello Czar consentiva perfettamente in siffatto modo di vedere. Nè è quindi improbabile, ciò essendo, che il Conte Zichy, conscio delle spiegazioni scambiate tra Vienna e Pietroburgo, ne abbia fatto, senza averne l'istruzione, un cenno, in guisa da lasciare supporre ai Ministri del Sultano che l'Austria-Ungheria fosse alla vigilia di intromettersi diplomaticamente nei negoziati tra il vincitore ed il vinto.

Ad ogni modo, mi giova che la S. V. Illustrissima, ancorché non le occorra d'intrattenersene coi Ministri Ottomani, abbia un concetto preciso della situazione, la quale può così riassumersi: tutte le Potenze essere concordi nel pensiero che anzitutto i patti della pace debbono concludersi tra la Russia e la Turchia in guisa che questa ne sia formalmente impegnata, salvo, poi, a far oggetto di spiegazioni od eventualmente di nuovi accordi, tra la Russia e le Grandi Potenze, quei punti nei quali i trattati del 1856 e del 1871 avessero a subire alcuna modificazione.

Non ho d'uopo d'aggiungere, dopo ciò, che, dal canto nostro, sempre più ci compiacciamo di non aver mai tralasciato, in questo ultimo tempo, di raccomandare alla Sublime Porta il sollecito inizio dei negoziati diretti. Mi riferisce a questo riguardo. il R. Ambasciatore a Londra un fatto che, se vero, sarebbe notevole assai, che, cioè, l'Imperatore Alessandro, il quale, ricevuto il telegramma direttogli dal Sultano Hamid, mostravasi disposto a sospendere le ostilità, avrebbe mutato pensiero dopoché dalla Regina Vittoria fu rivolto, per lo stesso scopo,

quel telegramma che anche la S. V. Illustrissima accenna nel suo rapporto del 18 gennaio.

In conclusione questo sopratutto è da augurarsi, che la firma dell'armistizio e dei preliminari di pace non si faccia più lungamente attendere; imperocchè. se le truppe russe fossero per varcare la linea estrema di difesa, incalcolabili ne sarebbero le conseguenze politiche, anche dal punto di vista della difficoltà morale di sgombrare, dopo una temporanea occupazione, la capitale ottomana.

(l) -Cfr. n. 352. (2) -Cfr. n. 352; il r. 1007 non è pubblicato.

(2) Cfr. n. 405.

412

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 785. Vienna, 29 gennaio 1878 (per. il1° febbraio).

Avendo ieri tenuto incidentalmente parola col Conte Andrassy dell'effervescenza che regna in Atene e degli spiacevoli tumulti a cui essa diede luogo nella giornata del 27, S. E. lamentavali altamente; diceva però esser necessario tener conto degli interessi della Grecia e cioè dover premer tanto più all'Austria ed anche all'Italia, poiché Egli vede nell'elemento greco la sola barriera da opporre all'invasione della razza slava in tutta la Penisola dei Balcani. I Greci, diceva poi ancora, sono i soli sui quali si potrebbe fare assegno il giorno in cui i Turchi dovessero abbandonare Costantinopoli. Ed ancora una volta ripeteva, che a malgrado il Regno Ellenico non corrisponda pienamente a ciò che si potrebbe desiderare da quel giovane Stato, pure all'Austria ed all'Italia deve premere di tutelare gli interessi dei Greci essenzialmente per le precisate ragioni. Non credetti a proposito di dar alimento alla conversazione su quest'argomento, e mi tenni quindi in una prudente riserva, senza contraddire nè affermare, dal punto di vista Italiano, il modo di vedere così esplicitamente dichiaratomi dal Nobil Conte.

413

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1018. Costantinopoli, 29 gennaio 1878 (per. il 5 febbraio).

Pel mio rapporto n. 1013 delli 25 del presente (l) ebbi l'onore di trasmettere a V. E. una copia delle basi di pace richieste dalla Russia, la quale ero riuscito a procurarmi per via indiretta. Qui continua a tenersi il più grande segreto sopra di esse; però le informazioni che indi trassi da buone fonti mi confermarono quelle essere a poco presso conformi al vero; nè dubito l'E. V. si trova da qualche giorno in possesso del testo autentico. Stimo ora prezzo dell'opera di sottomettere al saggio giudizio dell'E. V. qualche osservazione sopra alcuni dei relativi articoli.

La cessione d'una parte dell'Armenia era cosa nota; questi Ministri vi erano perfettamente rassegnati; nè essa poteva suscitare alcuna difficoltà.

L'indennità pecuniaria non era aspettata; nè veramente si vede la pm remota possibilità per la Turchia di sborsarla. E la forma della domanda era tale da ispirare le più serie apprensioni alla Sublime Porta. Se non erro, il testo dice presso a poco che un'indennità di guerra sarà fornita amministrativamente od in altro modo. E questi Ministri si domandavano che significavano le parole « amministrativamente od in altro modo». La prima parola s'intendeva significare probabilmente che la percezione d'un cespite di rendita pubblica fosse messa nelle mani della Russia. Sotto le parole «in altro modo» poteva intendersi tutto. Ed il problema sarà sciolto in seguito.

L'indipendenza della Romania e qualche rettificazione dalla parte del Delta del Danubio erano condizioni inevitabili. Né la connessione che esisteva per lo passato tra il Principato e la Sublime Porta era tale che la completa separazione avesse a recare gran nocumento agli interessi di questa.

Non altrettanto indifferente poteva riuscire la dichiarazione dell'indipendenza della Serbia, ed ancor meno il suo ingrandimento. Per ragioni che non è mestieri rammentare la condotta di quel Principato eccita presso questi Governanti i sentimenti della più viva indignazione; di modo che al dolore della perdita di territorio s'unisce quello di vedere la colpa rimeritata. Né io conosco come si farà tacere la grande ripugnanza che il Governo Austro-Ungarico ha sempre dimostrato per l'indipendenza e l'ingrandimento della Serbia. Questa ripugnanza io intesi ripetere in questi giorni nei termini più vivi da persone eminentemente autorevoli sulla materia, tantoché s'andò fino a dire l'Austria sarebbe forse costretta a muover guerra al Principato, a farlo entrare nell'orbita delle provincie dell'Impero.

L'autonomia amministrativa della Bosnia e dell'Erzegovina non sarebbe condizione assai grave se fosse ristretta entro limiti determinati. Senonché sono evidenti i pericoli che verrebbero dalla posizione di quelle provincie.

L'ingrandimento del Montenegro fu sempre cosa intesa, e la sua indipendenza era già riconosciuta dalla maggior parte delle Grandi Potenze. Però le conquiste fatte in questi ultimi tempi dal Principe Nicola oltrepassarono di gran lunga i limiti s'erano dapprima intesi, e la questione diviene di più difficile soluzione.

La Sublime Porta non si fece mai alcuna illusione sulla condizione dell'apertura degli Stretti. Fu noto da lunga pezza che la Russia coglierebbe la la prima congiuntura per metter fine ad uno stato di cose per cui le porte del Mar Nero erano chiuse alla sua Marina; ed il Governo Ottomano non era alieno dal farle questa concessione. Il relativo articolo veramente dice che gli Stretti saranno aperti alla Marina della Russia. Ma questa condizione per quanto riguarda il Governo Ottomano non potrebbe costituire un privilegio esclusivo in favore della Russia, imperocchè, in virtù del Trattato di Londra del 13 marzo 1871, il Sultano ha il diritto di permettere l'entrata degli Stretti alle Marine di tutte le Potenze Amiche ogniqualvolta lo creda opportuno. Né un Trattato conchiuso tra la Turchia e la Russia può invalidare i diritti positivi acquisiti dalle altre Potenze per Trattati anteriori. Il Sultano avrebbe quindi sempre la facoltà di estendere a queste le concessioni fatte alla Russia.

Ma la condizione che a tutte le altre sovrasta in importanza per l'Impero è quella della erezione della Bulgaria orientale ed occidentale in Principato vassallo. S'intende che i limiti di questa Bulgaria sarebbero quelli che rurono segnati dalla Conferenza di Costantinopoli dell'anno passato. Ora, se l'E. v. getta lo sguardo sulla carta che accompagnava il relativo protocollo, scorgerà di leggieri a quali dure condizioni sarebbe ridotto l'Impero. Non gli resterebbe infatti che una striscia di territorio lungo il mare dall'imboccatura del Bosforo fino alla frontiera Tessalica, e poi verrebbero la Tessaglia, l'Epiro, l'Albania, l'Erzegovina e la Bosnia quasi disgiunte da quella. E lascio all'E. v. di considerare gli effetti verrebbero da siffatta conformazione territoriale dell'Impero in Europa.

Queste sono le basi di pace richieste dalla Russia. Vengono indi le condizioni dell'armistizio, delle quali si parlò assai poco finora. Però s'intende che la Russia domanderà la consegna delle fortezze di Viddino, Russciuk, Silistria, e d'altre piazze strategiche. È inoltre de'c~o che ad Adrianopoli, dove fu trasportato il Quartiere Generale Russo, sarebbero firmati l'armistizio e le basi di pace, ed i preliminari sarebbero indi trattati a Sebastopoli od Odessa. Nè si comprese alla Sublime Porta che s'intendesse per questi due stadii di trattative preliminari, i quali hanno forse per iscopo di stabilire direttamente tra i due Governi tutte le condizioni della pace per sottometterle poscia in forma definitiva all'adesione delle altre Potenze.

Le condizioni imposte dalla Russia sono dunque durissime. Eppure la Sublime Porta ha dato a' suoi Plenipotenziari illimitati poteri di firmare tutto quello che sarebbe richiesto; chè al punto in cui so n giunte le cose non si vedeva altra uscita. La Turchia non ha più mezzi di resistenza, e perfino la via della Capitale è aperta al nemico che batte alle sue porte. S'era sperato nel soccorso di due Potenze Europee; ma anche questa illusione è svanita. I Ministri Inglesi hanno proclamato nei termini più categorici che non difenderebbero che i proprii interessi, come se diverso fosse l'otficio ed il dovere degli altri Governi. L'Austria in fine de' conti s'é limitata a dichiarare che non si terrebbe legata da un Trattato cui non avrebbe partecipato, massima di diritto internazionale quanto inconcussa altrettanto manifesta. Non rimaneva quindi che a piegare il capo alla dura sorte delle armi; e tanta è ora l'ansietà di consumare il sacrifizio, che alcuni giorni d'indugio nel ricevere l'avviso della firma dell'armistizio cagionano a Palazzo ed alla Sublime Porta vivi sentimenti di inquietudine. Nè mentre sto scrivendo queste linee s'ha conoscenza che l'atto sia stato firmato.

(l) Non pubblicato ma cfr. n. 386.

414

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 228. Berlino, 30 gennaio 1878, ore 19,10 (per. ore 21,50).

Je viens de visiter Biilow à qui j'ai parlé dans le sens du télégramme de

V. E. (l) sans entrer da:ns des détails qui auraient, peut ètre, pu paraitre compromettants pour l'Autriche. Il m'a témoigné toute sa reconnaissance de cette preuve d'égard pour l'Allemagne et de notre juste appréciation des rapports

amicaux qui existent et doìvent exìster entre les deux pays. Je lui ai posé la questìon, sì le Cabinet allemand se rendraìt à la démarche que l'Autrìche a faìte et nous conseìlle de faìre à St. Pétersbourg. Il m'a répondu que jusqu'à présent on n'avaìt eu à s'occuper ici d'une pareìlle questìon et vu l'absence du prìnce de Bismarck, il ne pouvaìt pas prendre sur lui de se prononcer, en principe, à ce sujet. D'aìlleurs l'Angleterre vìent de transmettre une cìrculaìre dans laquelle elle réserve ses droits camme signataìre du traité de Parìs et ìnvìte les autres Puìssances à s'assocìer à son point de vue. Btilow attend les ìnstructions de Bismarck pour se prononcer là dessus. Il espère que, dans l'intervalle, la situatìon s'éclaircira, grace à la modératìon de l'Empereur Alexandre. D'après son opìnìon personnelle, l' Allemagne préférera continuer de ne pas sortir de sa réserve habìtuelle. Je réplique que je prendrai sur moi de télégraphier à V. E. les consìdératìons suivantes. Le Cabinet de Berlìn ne fera à St. Pétersbourg aucune démarche dans le sens désiré à Vìenne. Il s'abstìendra de prendre un engagement quelconque afin de ne fournìr aucun aliment à des autres combìnaìsons et cela dans l'ìntérét surtout de la paix générale. Je suis d'avis que le Gouvernement ìtalien doit suivre la meme attìtude et s'abstenir, dés lors, de la démarche à St. Pétersbourg, j'estime que l'Italìe et l'Allemagne doìvent dans les affaìres orientales se préoccuper de l'avenìr plus que du présent, car l'avenìr pourraìt leur réserver des questìons plus vìtales pour elles. A cela BUlow a répliqué qu'il savaìt combìen j'apprécìaìs exactement la situation. Il me parait que, dans cet état de choses, le Cabinet de Vienne qui tient, lui aussi, à ne pas se séparer de l'Allemagne, comprendra notre motìf de nous tenìr sous la réserve pour une démarche directe à St. Pétersbourg. Quant à l'Angleterre, il faut s'attendre à ce que l'Allemagne, à son ordinaire, répondra evasivement. Il me parait que, de notre còté, tout en déclarant, que nous tenons à faire honneur à la signature du traité de Parìs, et qu'ainsì des modifications essentielles ne pourraient avoir lìeu sans le concours des Puissances sìgnataires. Nous avons confìance dans la modératìon de l'Empereur Alexandre. Btilow ne croyaìt pas que la Russìe voulut, à l'imitation des allemands à Paris, faire d'une entrée à Constantinople une des conditions de l'armistice. Depuis quatre jours Bi.ilow est sans nouvelles des négociations de paix. Il m'a dit aussi que le choìx du général Cialdini avait produit bonne impression sur l'Empereur. qui se rappelle avec plaisir la mission que S. E. a remplie auprès de lui à Milan.

(l) Cfr. n. 409.

415

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 136. Roma, 30 gennaio 1878, ore 22.

Vous connaissez par mon télégramme d'hier (l) le texte de la partìe essentiene de la déclaration de l'Autriche à la Russie. Vous savez que le comte Andrassy, tout en disant qu'il était charmé de notre résolution de ne point nous

séparer de l'Allemagne, a laissé entendre au comte de Robilant qu'il trouvait utile que nous fassions une démarche analogue à St. Pétersbourg, bien que le Cabinet de Vienne fiìt d'avis que l'Allemagne ne se départirait pas non plus cette fois de sa réserve habituelle et aujourd'hui, sir A. Paget m'a remis une note ainsi conçue: «En conformité des instructions du principal secrétaire d'Etat, j'ai l'honneur de faire connaitre à V. E. que le Gouvernement de Sa Majesté, tout en reconnaissant les accords intervenus à Kasanlik entre les délégués russes et tures pour la conclusion d'un armistice et pour l'établissement de bases de paix, comme obligatoires entre Ies deux bolligérants, déclaré que tant que ces arrangements seraient de nature à modifier les traités européens et à affecter les intéréts généraux et britanniques il ne pourrait reconnaitre à [ces] accords aucune validité à moins qu'on en fasse le sujet d'une entente formelle entre les parties contractantes du traité de Paris. Le Gouvernement de Sa Majesté espère que cette manière de voir qui est entièrement fondée sur les traités et spécialement sur le traité de Londres de 1871 recevra l'assentiment des autres Puissances ~

Il est évident qu'une pareille communication doit avoir été faite au Cabinet de Berlin. Sir A. Paget a très vivement insistè dans sa conversation avec moi pour que l'Italie se prononce immédiatement, afin, disait-il, que notre assentiment piìt étre annoncé au Parlement. Vous remarquerez qu'entre la déclaration autrichienne et la déclaration anglaise, il y a une différence essentielle. L'Autriche déclare que le consentement préalable des Puissances est nécessaire pour la solidité des arrangements pris entre les belligérants. L'Angleterre déclare au contraire qu'elle ne reconnaitra aucune validité aux accords pris entre la Russie et la Turquie, à moins qu'on en fasse le sujet d'une entente formelle, entre les signataires du traité de 1856. Les deux déclarations ne semblent donc pas avoir été concertées d'avance entre Vienne et Londres. J'ajouterai encore que le comte Andrassy a dit dans le cours de sa conversation avec le comte de Robilant que la déclaration faite à St. Pétersbourg avait tout pour but d'avoir un document à présenter aux délégations. En résumé, il y a entre l'attitude de l'Autriche et de l'Angleterre une différence très sensible à en juger par le langage que les deux Cabinets nous ont tenu.

Dans cet état de choses, j'ai répondu à sir A. Paget que je ne pouvais m'engager à lui donner une réponse aussi promptement qu'il la désirait. Et en attendant, il est urgent que vous voyez M. de BUlow et que vous lui disiez que nous venons d'étre engagés de la part de l'Autriche, ainsi que de la part de l'Angleterre à faire une déclaration dans le sens de réserver à la décision des Puissances signataires des traités de 1856 et 1871, toute question touchant aux clauses de ces traités. En principe nous ne pensons pas que ces questions qui affectent des intéréts généraux et des intéréts particuliers des Puissances, puissent étre réglées en dehors de leur concours. Mais avant d'accéder au désir de l'Autriche et de l'Angleterre et de faire la déclaration que ces deux Puissances nous proposent, je voudrais connaitre l'avis du Cabinet de Berlin. Vous devez laisser comprendre que la marche des russes vers Gallipoli et Constantinople continuant, nous pouvons d'un jour à l'autre, nous trouver dans une situation extrémement difficile et non sans danger pour les intéréts que nous avons à coeur de sauvegarder. Nous savons à peu près à quelles conditions l'Angleterre surtout serait disposée à donner son adhésion. Les questions des détroits et les questions territoriales seraient réservées par cette Puissance. Il nous serait donc trés penible si, en suivant strictement la ligne de conduite de l'Allemagne nous nous trouvions isolés à défendre les intérets territoriaux que nous voudrions voir respectés. Ces intérèts se résument dans l'exclusion de tout agrandissement territorial en Europe pour l'une ou l'autre des grandes Puissances. Nous espérons donc au moment de prendre une résolution qui nous engagerait évidemment avec l'Angleterre, que le Cabinet de Berlin voudra bien nous rassurer sur ce point essentiel. J'attends avec impatience votre réponse.

(l) Cfr. n. 409.

416

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 786. Vienna, 30 gennaio 1878 (per. il 10 febbraio).

L'E. V. col Suo ossequiato dispaccio del 26 corrente n. 509 (1), responsivo al mio rapporto del 13 stesso mese n. 773 (2), constatava che le dichiarazioni spontanee fattemi dal Conte Andrassy dimostrerebbero il desiderio da parte Sua di un ravvicinamento; cosa che successivi fatti confermarono pienamente. L'E. V. però soggiungevami che tanto più grande ne sarebbe il compiacimento da parte nostra, se esso avesse per base la rinuncia del Governo Austro-Ungarico a qualsiasi ingrandimento territoriale a scapito della Turchia ed a detrimento di quell'equilibrio di forze che a noi importa non venga alterato a nostro danno. Indubbiamente concordo coll'E. V. su questo Suo apprezzamento; ma credo non convenga farsi illusioni sulla possibilità d'ottenere simile dichiarazione. Il volerla ciò non di meno provocare causerebbe infallantemente una grave tensione nelle nostre relazioni; indisponendo anche contro di noi la maggior parte delle Potenze. D'altronde il pericolo che potevamo temere, l'Austria Ungheria avesse ad annettersi la Bosnia per sua diretta azione ovvero mediante un accordo separato colla Russia sembra eliminato, per ora, dopo che il Conte Andrassy eb~ così esplicitamente a dichiarare volere qualsiasi mutamento territoriale ed anche solo cambiamento di Alta Signoria (Suzeraineté), come ebbe a dirmi un'altra volta, fosse riservato alla decisione delle Potenze firmatarie del Trattato di Parigi. L'averci espresso il desiderio che l'Italia s'associasse a tal sua attitudine, facendo un analogo passo a Pietroburgo, non si può disconoscere sia stato un modo indiretto, ma abbastanza esplicito, di porgerei l'assicuranza che Egli ben sa sarebbe da noi desiderata. Il pretendere di più sarebbe non solo inutile, ma anche pericoloso, come dissi più sopra. Converrà dunque contentarci per intanto del già guadagnato terreno ed attendere lo svolgersi degli avvenimenti; ciò che d'altronde altre Potenze, più forti dell'Italia, e che hanno interessi ben più gravi da tutelare, stanno facendo.

Sono poi lieto che le riserve da me enunciate a proposito della nota lettera del maggio 1874 abbiano ottenuto l'approvazione dell'E. V.

(l) -Cfr. n. 390. (l) -Cfr. n. 349.
417

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 787. Vienna, 30 gennaio 1878 (per. il 3 febbraio).

Correva voce ieri nei circoli diplomatici di questa Capitale che l'Austria avesse testé diretto al Gabinetto di Pietroburgo una nota assai precisa colla quale dichiarava contraria agli interessi della Monarchia una prolungata occupazione militare della Bulgaria ed un ingrandimento della Serbia. Stamane i giornali anche ufficiosi, facevansi l'eco di quella diceria. Credetti opportuno interpellare oggi in proposito il Ba·rone Orczy, sembrandomi ove ciò fosse stato esatto rilevarvi una contraddizione coll"asserzione espressami dal Conte Andrassy che all'infuori della dichiarazione che tutto ciò che ha tratto ad interessi Europei non potesse far oggetto di stipulazione di pace definitiva fra la Russia e la Turchia senza l'assenso delle Potenze firmatarie del Trattato di Parigi, nessun'altra eccezione egli aveva mosso a Pietroburgo dacché erano incominciati i negoziati diretti fra i belligeranti, onde non ritardare la cessazione delle ostilità.

S. E. risposemi star di fatto che una dichiarazione nel senso suespresso era stata fatta, però anteriormente all'epoca in cui ebbero principio gli attuali negoziati di Kazanlik.

Parlandomi essenzialmente della questione bulgara, egli dicevami: il Gabinetto di Vienna non poter ammettere che la Bulgaria abbia ad ordinarsi a seconda delle nuove condizioni in cui sta per essere posta sotto l'influenza preponderante che vi eserciterebbe la Russia colla presenza di un suo esercito di occupazione. Se la Russia sarà disposta a molta ar·rendevolezza, forse questa difficoltà potrà appianarsi limitandosi essa ad occupare qualche fortezza sino acché le concertate riforme siano intieramente applicate, ma l'E.V. però converrà meco, che questa quistione può racchiudere il germe di gravi complicazioni, ed anche dell'occupazione della Bosnia per contrastare l'influenza Russa in Bulgaria.

418

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 140. Roma, 31 gennaio 1878, ore 22.

Veuillez remercier en mon nom le ministre des affaires étrangères de ses bonnes dispositions à s'entendre avec nous sur les questions qui pourront former le sujet d'une discussion internationale. Jusqu'ici, nous sommes devant une situation qui ne nous permet pas d'envisager en détail les points sur lesquels

M. Waddington semble avoir déjà fixé son intention. La question la plus urgente, celle dont toutes les autres dépendent, consiste dans le modus procedendi et dans la définition des questions d'intérét international que la Russie semble a voir déclaré vouloir réserver à la discussi o n des Puissances signataires d es traités de Paris et de Londres. J'attends, à ce sujet, avec impatience la réponse quc M. Waddington vous mettra à méme de me faire au sujet de ce qu'il aura lui méme répondu à la circulaire anglaise que je vous ai signalée dans mon télégramme d'hier soir (1).

419

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 142. Roma, 31 gennaio 1878, ore 23,55.

Je vous ai télégraphié ce matin pour vous faire connaitre les dernières nouvelles que j'ai de Constantinople (2). Elles sont on ne peut plus inquiétantes. Je reçois maintenant d'Athènes que demain la Chambre héllénique doit décider sur la demande présentée par le Ministère d'entrer en Thessalie si les tures continuent à commettre des actes de barbarie contre les chrétiens. Hier le ministre des affaires étrangères a dit au chargé d'affaires de Sa Majesté à Paris que nous devons nous attendre à voir occuper la Bosnie et l'Herzégovine par les autrichiens et il a demandé ce que nous ferions en présence d'un fait aussi menaçant pour nos intéréts. Vous connaissez dans quelle mesure les ministres anglais, dans leur déclaration au Parlement ont cru pouvoir associer à leur opinion celle du Cabinet de Vienne en vue de la validité des clauses d'une paix conclue directement et séparément entre les deux belligérants. Si nous considérons tout ceci nous voyons plusieurs points sur lesquels nous ne sommes pas encore suffisamment éclairés. La marche en avant des russes, l'ignorance dans laquelle nous sommes tenus depuis une semaine de ce qui se fait au quartier général russe pour arreter les hostilités sont des faits sur lesquels nous pourrions échanger nos idées avec le comte Andrassy, afin de avoir dans quelle mesure l'Autriche se sent rassurée par les déclarations que la Russie lui a faites. S'agit-il seulement des déclarations verbales dont M. de Novikoff a été chargé, avant votre entretien du 28 avec le comte Andrassy, ou bien de nouvelles assurances sont-elles venues depuis de St. Pétersbourg au Cabinet de Vienne, par suite desquelles M. Orczy a pu vous dire que la situation était moins tendue? Nous ne saurions nous désinteresser dans ce qui se prépare en Orient jusqu'au point de ne demander nous mémes à ètre rassurés sur les conséquences des derniers événements militaires. Mais nous ne nous dissimulons pas tout ce qu'il y a de délicat dans une situation que la moindre imprudence pourrait aggraver en faisant entrer en jeu l'élément le plus dangereux, l'amour-propre militaire d'un grand Souverain et d'un grand pays. Nous serions donc bien aise,

de pouvoir nous abstenir de toute demande ou déclaration directe à St. Pétersbourg, mais nous voudrions trouver dans les déclarations de la Russie à l'Autriche un motif légitime et suffisant de notre abstention. Je pense donc que vous pourriez dire au comte Andrassy que nous avons été invités par l'Angleterre à adhérer à son point de vue, quant à la vaUdité du traité séparé turcorusse; mais que nous avons préféré jusqu'à présent rester dans l'attitude expectante qui ressemble le plus à la réserve habituelle de l'Allemagne. Notre attitude s'explique par plusieurs raisons. Les traités de Paris de 1856 avaient créé pour les huit Puissances des situations assez différentes. La Russie et la Turquie avaient tout naturellement une position spéciale dans le congrès; mais le traité séparé entre l'Autriche, l'Angleterre et la France avait également créé pour ces trois Etats une position juridique qui n'est pas celle des deux autres contractants. L'Italie et l'Allemagne se trouvant donc, pour ainsi dire, placées sur la méme ligne nous pensons qu'il serait extrémement délicat pour nous de nous en écarter tout seuls. Nous pensons qu'il appartient en premier lieu aux trois autres Puissances d'obtenir de la Russie des assurances sur les conséquences des événements militaires qui produisent, partout en Europe, la plus vive émotion et la plus grande anxiété. C'est pourquoi ne voulant rien faire de ce qui pourrait étre contraire au but que nous poursuivons et qui ne saurait étre que la cessation des hostilités avant que Gallipoli et Constantinople ne soient investies, nous désirions connaitre les déclarations que la Russie a fait au Gouvernement austro-hongrois, la valeur que celui-ci attache à ces déclarations et continuer avec lui un échange d'idées à ce sujet. Vous pouvez dire, dans le cours de la conversation au comte Andrassy que nous partageons en principe son opinion quant à l'intérét d'appuyer l'élément grec mais que nous craignons que l'action intempestive du Gouvernement hellénique ne vienne en ce moment, compliquer encore plus une situation déjà si difficile et dangereuse.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. t. 138, non pubblicato: avanzata dei russi verso Rodosto; voci di un prossimo arrivo della flotta inglese a Gallipoli e a Costantinopoli.
420

L'AMBASCIATORE A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 365. Parigi, 31 gennaio 1878 (per. il 3 febbraio).

Mi recai jeri all'udienza settimanale ordinaria del Signor Ministro degli Affari Esteri di Francia allo scopo di sdebitarmi presso di lui dell'incarico commessomi dall'E. V. col dispaccio della serie politica s.n., in data del 22 corrente (l), e d'essergli interprete dei sentimenti provati dal R. Governo per le onoranze rese in Francia alla memoria di Re Vittorio Emanuele e per le manifestazioni di simpatia e di compianto qui prodottesi.

Compito tal dovere, il discorso tra S. E. e me si volse alla quistione palpitante. * Il Signor Waddington mi domandò se io sapessi che il Governo di Sua Maestà si fosse già preoccupato della probabilissima eventualità della riunione

d'un Congresso o di una Conferenza destinata ad esaminare in dipendenza dell'esito della presente guerra le quistioni d'interesse europeo generale.

Avendo risposto al Signor Waddington ch'io non aveva fino allora ricevuta nessuna indicazione su ciò dall'E. V., egli mi disse che gli pareva oramai opportuno ed urgente per ogni Governo interessato di farsi un concetto preciso circa la quistione che una tale Conferenza sarà chiamata a risolvere* (1). «Che cosa, egli proseguì, pensa il vostro Governo intorno alla quistione degli Stretti? Qualora esso per esempio non opinasse pel mantenimento dello statu quo, è certo che nel Congresso non avrebbe con sé l'Inghilterra. Da un altro lato non vi illudete ("ne Vous y trompez pas ") l'Austria occuperà la Bosnia e l'Erzegovina, e mi pare probabile che l'Italia non potrà rimanere indifferente in faccia ad una simile eventualità ch'essa già mostrò di considerare come molto minacciosa a' suoi interessi.* Bramerei che in vista e di queste e di altre quistioni di maggiore portata uno scambio di idee potesse aver luogo tra i nostri due Governi, e vi sarei grato di provocarlo *. In quanto a noi, io potrei dirvi per esempio fino da ora che nella quistione degli Stretti la Francia -senza pur sempre impegnarsi in modo assoluto -propende e si pronuncierebbe pel mantenimento dello statu quo ».

* Promisi al Signor Ministro degli Affari Esteri che mi sarei reso interprete del suo desiderio presso l'E. V. cui ebbi l'onore di riferire fino da jeri questa conversazione per telegrafo * (2).

Il Signor Waddington mi manifestò poscia qualche apprensione per i rapidi progressi che va facendo l'esercito Russo verso Costantinopoli dalla quale città, secondo le ultime notizie pervenutegli, le avanguardie russe non erano più lontane che d'una quindicina di leghe circa. Tuttavia il Ministro espresse la speranza che i Russi esiterebbero a tentare d'impadronirsi della Capitale Turca, sia in considerazione del pericolo d'un terribile scoppio del fanatismo musulmano, sia per non gettare questa ultima sfida all'Inghilterra, la quale, secondo il Signor Waddington, per essere stata inoperosa finora, non avrebbe ancora definitivamente rinunciato ad ogni azione. E. S.E. aggiunse che gli ultimi rapporti pervenutegli da Londra segnalavano un notevole mutamento nelle disposizioni del pubblico ed una crescente irritazione degli animi contro i Russi.

(l) Non pubblicato.

421

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

ANNESSO CIFRATO (3). Lisbona, 31 gennaio 1878.

Mes précédentes communications, nommément annexe chiffré à ma dépeche,

n. 348 en date du 28 (2), ont informé V. E. du conflit surgi entre le Vatican et le Portugal, qui a encouragé peut-etre le premier à prendre une attitude plus

hostile non seulement à l'occasion de la mort du Roi Victor Emmanuel, mais aussi par la présence au pouvoir du Marquis d'Avila et de ses intimes rapports avec cette Nonciature. La chute du Ministère d'Avila avant hier a ramené au pouvoir le Ministre Fontes et au Ministère des Affaires Etrangères Andrade Corvo. Le premier acte de ce Ministre a èté de se rendre chez moi ce matin pour l'importante communication que j'ai l'honneur de référer à V. E. Avant tout Andrade Corvo m'a dit que le conflit romain-portugais prend des proportions telles à mettre en péril d'un jour à l'autre les rapports o!lìciels avec le Vatican si on ne trouve le moyen de les conserver intacts de suite, ce que

M. Andrade Corvo considère, à raison, de la plus haute importance dans l'éventualité du Conclave, laquelle peut se réaliser d'un moment à l'autre. Quant au biais de S. M. Portugaise, dont il est question dans mon annexe précité, de donner un congé au Comte de Thomar il ne parait point opportun à S. M. Portugaise, ni à Andrade Corvo depuis qu'il est sur, d'après la position de plus en plus accentuée du Vatican, qu'à Rome on craint l'influence personnelle du Comte de Thomar, et on cherche les moyens de l'éloigner définitivement, ou temporairement de son centre d'action juste à l'époque où il peut l'exercer e!lìcacement en faveur du Portugal et méme de l'Italie.

L'idée fondamentale d'Andrade Corvo ainsi que de S. M. Portugaise est celle actuellement de mettre fin au conflit et de le considérer comme non avenu de part et d'autre afin de faire le moins de concessions possibles, de maintenir le Comte de Thomar à Rome et de marcher entièrement d'accord avec l'Italie et son Gouvernement en tout ceci.

Voilà les effets qui ont amené conflit dès la première reception du Comte de Thomar au Vatican le 3 Janvier. Le St. Père lui a dit avec bienveillance: « Comte maintenant que vous étes accrédité auprès de ma personne comme ambassadeur, je vous prie de faire ... (l) et de cesser vos rapports avec le Quirinal ». Le Comte de Thomar a fait des observations rappelant sa position spéciale comme représentant S. M. Portugaise époux de la fille du Roi d'Italie. A ces observations le Pape a répondu toujours avec bienveillance: « Comte je ne vous lie pas les mains, mais je vous prie de ne pas aller au Quirinal ». Andrade Corvo croit fermement qu'il fallait comprendre intention du S. Père en complexe et non à la lettre, et que « je ne vous lie pas les mains » voulait dire << allez au Quirinal si vous le jugez à propos particulièrement et sans bruit, tandis que la seconde partie avait trait seulement à la représentation officielle. Quoique il en soit le conflit a surgi, M. de Thomar a écrit une note officielle au Cardinal Simeoni. Maintenant à ces observations du Pape le Cardinal a fait répondre ici par le Nonce en maintenant le veto envers le Quirinal. Dans cet état de choses Andrade Corvo a fait très urgemment prendre une resolution pour l'envoi d'instructions destinées, ainsi que je l'ai précédemment dit, à maintenir en permanence le Comte de Thomar à Rome. Mais avant de rien décider, ni rien proposer au sujet du Vatican par l'entremise du Nonce qui demande une prompte réponse à sa communication, S. M. Portugaise et son Ministre des Affaires Etrangères désirent vivement adhésion de notre Auguste Souverain et du Gouvernement Italien. De notre réponse dépendront les déci

sions du Gouvernement Portugais, lequel, selon les paroles textuelles d'Andrade Corvo « croit essentiel dans l'éventualité de la mort du St. Père de se maintenir de plein pied au Vatican. Dans sa bonne position, d'autant plus que le Comte de Thomar a déjà présenté ses lettres d'Ambassadeur et que son changement, ou son éloignement temporaire, seront une concession bien plus grande et dangereuse que le compromis tacite de ne pas aller au Quirinal. Je dis compromis tacite parce qu'il aurait pour condition préalable que le Vatican efface tout ce qui s'est passé, et qu'engagement verbal à ce sujet du Gouvernement Portugais ne doit concerner que la personne du Comte de Thomar comme Ambassadeur après de Pie IX et non celle de lui-mème, ou d'un autre futur Pontife.

Je dois ajouter comme considération finale que la veille de la chute du Ministère d'Avila S. M. Portugaise m'a dit que Notre Auguste Souverain avait dit à la Reine Marie Pie ne pas vouloir embarrasser le Portugal, méme pour la continuation des visites du Comte de Thomar au Vatican.

Si cela est encore la bienveillante intention de Sa Ma.iesté elle òterait, à ce qu'il parait, les difficultés; et communiquée confidentiellement par mon entremise et d'ordre de V. E. au Ministre des Affaires Etrangères, donnerait à celui-ci grande facilité de mettre fin au conflit en donnant une bonne position au Portugal au Vatican sans faire concessions ostensibles, ni manquer de dignité envers lui-méme et aux égards dù.s à notre Auguste Souverain.

(l) -I brani tra asterischi sono editi in LV 24, p. 274. (2) -Non pubblicato. (3) -Al r. 352 del 1° febbraio, non pubblicato.

(l) Gruppo indecifrato.

422

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 241. Berlino, 1° febbraio 1878, ore 16,50 (per. ore 19).

Btilow auquel je viens de parler dans le sens du télégramme de V. E. du 30 janvier (l) m'a dit que malgré sa réserve, les vues de l'Allemagne sont assez connues. Elle désire vivement le rétablissement de la paix, et elle croit y contribuer mieux par cette réserve qu'en prenant un atti:tude accentuée. D'ailleurs, ses intéréts directs ne sont nullement compromis dans les circonstances actuelles; elle préfère attendre le cours des événements. C'est pourquoi, elle n'a pas encore répondu à la dernière circulaire de Londres. Le Cabinet de Berlin se rend compte de notre propre situation, mais il croit devoir persister dans son abstention pour ne pas engager sa responsabilité, dans une situation qui, il n'en a pas perdu l'espoir, se résoudra par une entente entre toutes les Puissances. Voyant le parti pris de ne pas se prononcer, j'ai indiqué la voie que j'avais conseillé de suivre vis-à-vis de l'Autriche et vis-à-vis de l'Angleterre. J'ai eu l'impression, j'ose dire la certitude que ce mode d'agir serait trouvé ici correct. Il y a à mon avis, une différence essentielle pour l'Italie entre l'Angleterre et l'Autriche. En nous joignant à ceux-ci. dans une démarche à Saint Pétersbourg, nous aurions l'air d'aUer à l'encontre des idées qui ont présidé à la formation de

l'alliance des trois Cours du Nord, idéc:s qui se maintiennent au moins à BerUn et à Saint Pétersbourg, Cabinets avec lesquels nous ne devons pas rompre en visière. Quant à l'Angleterre, en nous associant en principe à son point de vue dans le sens que j'ai déjà indiqué, nous nous plaçons sur le terrain du droit; personne ne peut nous en faire un grief, et dans certaines éventualités, nous nous ménagerions dans le Cabinet de Saint James quelque contre poids aux volte faces ultérieurs de l'Autriche. Sous ce rapport, il nous convient de mettre toujours en avant notre principe qu'aucun changement territorial, dans la Turquie d'Europe ne doit s'effectuer au profit d'une grande Puissance.

(l) Cfr. n. 415.

423

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 256. Bucarest, 2 febbraio 1878, ore 14,55 (per. ore 17,30).

Ainsi que je l'ai mandé à V. E. par mon rapport du 30 janvier (1), le général Ignatieff a remis au prince de Roumanie une lettre du Czar relative à la rétrocession de la Bessarabie à la Russie et offre en échange à la Roumanie la Dobrugia, jusqu'au val de Sulina et; Kustendjé et une indemnité de guerre en argent. Le général Ignatieff a fait espérer que les fortesses turques seront rasées. Cette dernière parait étre une des conditions de paix.

424

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 145. Roma, 2 febbraio 1878, ore 22,30.

La Russie a répondu à l'Autriche en déclarant qu'elle n'a jamais entendu soustraire à l'exarnen des Puissances les conditions de la paix qu'elle va stipuler avec la Porte et qu'elle juge également une conférence le meilleur moyen d'arriver à une entente à ce sujet. Cette réponse que le baron [Orczy] a fait connaitre hier au comte de RobHant serait arrivée tout dernièrement à Vienne par l'entremise de l'arnbassade autrichienne à Saint Pétersbourg. Le comte de Robilant mande qu'il faut nous attendre à recevoir bientòt l'invitation à une conférence et que le comte Andrassy exprimera le désir qu'elle ait lieu à Vienne.

(Solo per Londra e Parigi) Que pense-t-on à Londres (Paris) de tout cela? Le choix de Vienne serait-il agréé?

(Solo per Berlino) L'Allemagne a->elle déjà donné son consentement à la réunion d'une conférence et est-elle disposée à accepter Vienne camme siège de la conférence?

(Per tutti) Tout en sondant le terrain sur ce dernier point, évitez que l'an puisse nous supposer l'arrière pensée de contrecarrer le projet de l'Autriche.

(l) Non pubblicato.

425

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 366. Parigi, 2 febbraio 1878 (per. il 5).

Col telegramma che l'E.V. mi fece l'onore d'indirizzarmi nella notte del 31 gennaio (1), Ella mi espresse il desiderio di sapere se l'Ambasciatore d'Inghilterra avesse chiesto al Gabinetto Francese di associarsi al modo di vedere del suo Governo, secondo cui nessun impegno valevole od obbligatorio per le altre Potenze potrà essere preso circa le quistioni regolate dai Trattati del 1856 e 1871 all'infuori d'un accordo tra i firmatari di questi Trattati. L'E. V. desiderava pure di conoscere la risposta che il Ministro degli Affari Esteri di Francia avesse data a tale apertura dell'Ambasciatore Britannico.

Appena ciò fu possibile, jeri cioè nel pomeriggio, io mi recai dal Signor Waddington ed intrattenni di ciò S. E. Il Signor Ministro degli Affari Esteri mi disse che Lord Lyons gli aveva difatti comunicata una nota, o meglio una dichiarazione del Gabinetto di San Giacomo, tendente allo scopo accennato nel telegramma di V. E. Il Signor Waddington, che sul momento si era limitato a prendere notizia di quella dichiarazione, mi disse ch'egli doveva rispondere appena oggi all'Ambasciatore d'Inghilterra. Egli si proponeva di dichiarargli che il Governo Francese, siccome quello non è interessato direttamente ed in prima linea nelle quistioni pendenti, risponderà alla domanda inglese allora soltanto quando due o più Potenze interessate, ma non meno di due, avranno chiesta la sua adesione ad un Congresso o ad una Conferenza.

Il Signor Waddington aveva incaricato la sera precedente il Signor Marchese di Noailles d'intrattenere di ciò l'E. V. e di manifestarle gli attuali intendimenti del Gabinetto Francese.

Il Signor Ministro degli Affari Esteri ne venne poscia a discorrermi della situazione in generale e mi disse che per parte sua gli pareva di dover mettere sulla stessa linea l'Italia e la Francia rispetto alle difficoltà orientali, tanto l'uno quanto l'altro de' due paesi non trovandosi né impegnati, né minacciati pei primi ne' loro interessi. Un altro gruppo in simiglianza di condizioni, fra sé lo costituiscono, secondo il Signor Waddington, l'Inghilterra e l'Austria, tra le quali Potenze egli crede che più strette intelligenze vadano ora formandosi, l'una e l'altra avendo a diversi punti di vista, interessi ugualmente vitali nelle quistioni pendenti in Oriente.

«L'alleanza dei tre Imperatori, soggiunse il Ministro, non mi parve invero mai, né ora mi pare più che una alleanza di due e mezzo: l'atlìnità d'interessi troppo trascinava e trascina l'Austria fuori dell'orbita di quell'alleanza, sospingendola verso l'Inghilterra».

Il Signor Waddington mi si mostrò poi convinto che il Principe di Gortchakoff desiderava un Congresso non fosse che per la soddisfazione di presiedere ad una riunione chiamata a distruggere in gran parte l'opera compiuta nel 1856 in odio alla Russia. Conseguente a se stesso ed a' suoi precedenti, il Principe di Bismarck sarebbe invece meno propenso, se non intieramente opposto al Congresso, e perché non vorrebbe rendervisi in persona, e perché gli interessi dell'Impero meno lo esigerebbero. In quanto alla Turchia, il Signor Waddington mi dichiarò ch'egli non sapeva per nulla, né osava indovinare quale sarebbe il suo avviso, l'aiuto delle Potenze avendo troppo poco giovato in passato per atlìdarvisi ora. « Certo, aggiunse S. E., la Francia non ha motivo di desiderare nella presente sua condizione un Congresso chiamato a regolare contro la passata sua politica, tra le altre, anche quistioni per noi di secondaria o di niuna importanza. Non di meno alle condizioni che ho accennate, cioè se altre Potenze ce ne manifestano il desiderio, non credo che avremmo ragione di non aderirvi».

Dissi in appresso al Signor Waddington ch'io aveva riferito all'E. V. la precedente nostra conversazione e che l'aveva informata del suo voto di aprire fino da ora uno scambio di idee sopra alcuni principali punti che dovranno essere oggetto di discussione in una Conferenza. Conformemente al telegramma da Lei direttomi la sera precedente, io dissi al Signor Waddington quali considerazioni impedirono finora l'E. V. di fissare la sua attenzione ed il suo esame sopra quei punti. Il Ministro persistette nondimeno nel desiderio espressomi nell'ultima udienza ed osservò sembrargli ditlìcile che il Governo di Sua Maestà non abbia già ora tendenze bene definite sopra quistioni come quella per esempio del mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo. « Uno scambio di vedute a tale proposito non impegnerebbe d'altronde né il Gabinetto Italiano, né lo stesso Ministro degli Affari Esteri di Francia».

(l) T. 127 del 30 gennaio, ore 23,59, non pubblicato.

426

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 263. Vienna, 3 febbraio 1878, ore 0,20 (per. ore 1,20).

J'ai parlé longuement avec Andrassy ce soir au diner que l'Empereur a donné pour le général Bertolé Viale. Je lui ai parlé en thèse générale des instances du Cabinet de Saint James pour que V. E. fasse une démarche analogue à la sienne. Il m'a répondu dans le sens qu'à son avis ça pourrait aussi etre utile pour nous de prendre ainsi position. Il se montre très rassuré par la réponse que lui a fait la Russie. En parlant de la conférence, j'ai vu qu'il la désire à Vienne. Il a fait comprendre que Bismarck adhère à cette idée. J'ai

28 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. IX

également cru comprendre qu'il fera une démarche décisive dans ce sens aussitòt après la conclusion de l'armistice dont on n'a encore aucune nouvelle. Il rejette faute de toutes ces tergiversations au quartier général russe. Parlant des agitations en Grèce il m'a dit que, vu cela, je devais considérer comme une avance le discours qu'il m'avait fait au sujet de la Grèce. Il a entendu avec beaucoup de plaisir ce que je lui ai dit de la manière de voir analogue à la sienne que V. E. m'a exprimée. Sa Majesté Impériale et Royale m'a parlé avec beaucoup de sympathie du Roi Humbert insistant beaucoup sur sa reconnaissance pour l'acceuil qu'il a fait à l'archiduc Renier.

427

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 264. Vienna, 3 febbraio 1878, ore 0,20 (per. ore 1,50).

Je prie V. E. de communiquer ce qui suit à Sa Majéste: « Aujord'hui à une heure après midi, l'Empereur m'a reçu en audience officielle, et j'ai eu l'honneur de remettre entre ses augustes mains la lettre souveraine de Vostre Majesté. L'accueil que j'ai reçu de Sa Majesté l'Empereur a été très bienveillant. Il m'a remercié des sentiments que je lui ai exprimé au nom de Votre Majesté et de Sa Majesté la Reine. Il a rappelé les liens de bonne amitié et de sympathie qu'il avait avec le feu Roi Victor Emmanuel, d'auguste mémoire. Il ajoutait qu'il avait compris le sentiment d'affection douloureuse de Vos Majestés et celui de deuil du peuple italien pour la perte de son Roi, perte qui l'avait affecté lui meme profondément. L'Empereur a ajouté encore qu'il nourrissait des sentiments de sympathie pour Vos Majestés et pour notre nation. Il comptait sur cette sympathie pour resserrer de plus en plus les relations d'amitié et d'entente cordiale entre les deux nations et les deux Gouvernements. Bertolé Viale».

428

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 260. Pietroburgo, 3 febbraio 1878, ore 11,20 (per. ore 12,40).

Le télégramme du grand-due Nicolas daté d'Andrinople, 31 janvier, annonce la signature de l'armistice et du protocole des conditions de paix. Les forteresses du Danube et de l'Erzerum ont été évacuées par les troupes turques. Des ordres de suspension d'hostilité ont été envoyés à tous [sic] et au Caucase.

429

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PARIGI, RESSMAN

T. 146. Roma, 4 febbraio 1878, ore 0,30.

La signature de l'armistice ayant produit une détente dans la situation qui se trouve d'avoir fait un pas important vers sa solution pacifique j'ai cru de notre intéret de répondre à la demande qui m'avait été adressée de Londres, ainsi qu'il suit: «Le Gouvernement italien est lui aussi d'avis que en principe les questions réglées par un traité entre plusieurs Puissances ne peuvent former l'objet de nouveaux accords eflìcaces pour chacune d'elles, s'il n'intervient pas une sanction des memes Etats contractants. D'autre par cependant, les déclarations faites par le Cabinet de Saint Pétersbourg à plusieurs Puissances paraissent écarter en ce qui nous concerne l'opportunité de sortir de la séserve dans laquelle il nous a semblé utile de nous maintenir jusqu'ici (1).

(Non à Londres). Vous pouvez faire connaitre cette réponse au ministre des affaires étrangères.

430

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 278. Parigi, 4 febbraio 1878, ore 15,45 (per. ore 17,10).

L'ambassadeur d'Autriche a fait ce matin à M. Waddington une proposition formelle pour la réunion d'une conférence à Vienne. Le ministre des affaires étrangéres a répondu que la France n'ayant pas des raisons de ne pas désirer une conférence acceptait la proposition puisqu'elle savait que d'autres Puissances la désiraient. Quant au choix de Vienne, le ministre a déclaré au comte Wimpfen que la France n'y était point opposée, mais il lui a demandé si la Russie n'y faisait pas d'objection. Le comte Wimpfen a répondu qu'il n'en était pas oflìciellement informé, mais qu'il ne le pensait pas, attendu que le comte Andrassy en tombant d'accord avec le prince Gortchakoff sur la conférence a dù probablement s'assurer aussi de son assentiment au choix du lieu. Demain, après un conseil de ministres, M. Waddington notifiera à l'ambassadeur d'Autriche l'acceptation de la France. Lord Lyons, qui a vu de son còté M. Waddington m'a annoncé que l'Angleterre a accepté la conférence à Vienne.

(l) Cfr d. 27 Depretis a Paget del 3 febbraio, non pubblicato.

431

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 153. Roma, 4 febbraio 1878, ore 17.

J'ai reçu aujourd'hui la proposition officielle, par note (l), de l'Autriche pour la réunion d'une conférence à Vienne de toutes les Puissances signataires des traités concernant l'orient. J'ai répondu (2) que le Gouvernement de Sa Majesté pour ce qui le régarde, accepte la proposition du Cabinet de Vienne.

(Solo per Pietroburgo) Veuillez me faire connaitre ce que l'an pense à Saint Pétersbourg sur les deux points suivants: 1° sur la convocation de la Turquie à la conférence au méme titre que les autres Puissances, bien que la situation de la Porte soit désormais déterminée par les obligations spéciales qu'elle vient de contracter avec la Russie. 2° sur le choix de l'endroit de réunion de la conférence.

Le programme formulé dans la note autrichienne est ainsi conçu: «établir l'accord de l'Europe sur les modifications qu'il deviendrait nécessaire d'apporter aux traités concernant l'Orient ».

Vous comprenez qu'il ne [nous] appartenait pas de soulever des objections en présence d'une invitation formelle de l'Autriche d'autant plus que la note de l'ambassadeur i:mpérial contient la déclaration que le Gouvernement russe aurait préalablement apprécié dans ses communications avec le Cabinet de Vienne le point de vue de ce dernier quant à la part d'infiuence qui revient à celui-ci dans le règlement définitif des conditions de la paix future; mais il est évident qu'il y a maintes questions sur lesquelles des accords préalables ne pourront que faciliter la marche des négociations. Est on-fixé par exemple sur la part que les Principautés qui d'après les bases de la paix devraient etre déclarées indépendantes pourront avoir dans les négociations qui les concernent? Tenez mai au courant par télégramme de tout ce qui est de nature à m'intéresser à cet égard.

432

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PARIGI, RESSMAN

T. 155. Roma, 4 febbraio 1878, ore 17,35.

L'ambassadeur d'Autriche vient de m'adresser une note pour proposer la réunion d'une conférence des Puissances signataires des traités concernant l'orient. Le Cabinet de Vienne espère que le Gouvernement du Roi n'aura pas

d'objection à ce que cette conférence se réunisse à Vienne. Je vais répondre au représentant de l'Autriche-Hongrie que nous acceptons pour ce qui [nous] regarde la proposition de son Gouvernement. Veuillez m'informer de la réponse que fera le Gouvernement auprès duquel vous etes accréditè.

(l) -Cfr. la nota di Haymerle del 3 febbraio, pervenuta Il 4, non publlcata. (2) -Cfr. d. 30 del 4 febbraio, non pubblicato.
433

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 288. Londra, 4 febbraio 1878, ore 19,35 (per. ore 21,50).

Derby n'a pu voir aujourd'hui que quelques ambassadeurs, ayant à répondre à une interpellation parlementaire. Il parait qu'on ne fera ici d'objections au choix de Vienne pour la conférence. A en juger de la manière dont Derby vient d'en parler à un ambassadeur, énumérant les capitales où elle ne pourrait pas avoir lieu, c'est à dire Saint Pétersbourg, Constantinople et Londres, l'impression actuelle est en effet que Vienne sera choisie, la proposition de la conférence étant partie de l'Autriche et ayant été acceptée par la Russie à la condition que l'Autriche en prit l'initiative. Derby s'oppose toujours à l'idée que la conférence soit composée des ministres des affaires étrangères. Il a dit à un autre ambassadeur que ce que l'on peut dire encore, c'est que la guerre est arretée et que meme on ignare si la Russie n'exigera pas tout au moins de parader son armée à Constantinople. Il a demandé à l'ambassadeur de Russie pourquoi un terme n'avait pas été fixé à l'armistice. Le comte de Schouvaloff a répondu que son opinion personnelle était que la Russie avait voulu éviter d'étrangler les travaux de la conférence.

434

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

D. 615. Roma, 4 febbraio 1878.

Le copie qui acchiuse di un rapporto direttomi il 26 Gennaio scorso dal

R. Ambasciatore in Vienna (l) e di un dispaccio che, in data di oggi stesso, ho spedito al Conte di Robilant (2), gioveranno all'E. V. siccome conferma e commento dei telegrammi che, in questi giorni, ebbi a scambiare con codesta Ambasciata.

Invitati, dopo breve scambio di idee, dal Gabinetto di Vienna a far pervenire al Gabinetto di Pietroburgo dichiarazioni analoghe alle sue, circa l'indispensabile concorso delle Potenze neutre per l'efficacia delle condizioni della pace, in quanto queste tocchino o modifichino i Trattati esistenti, sollecitati dal Gabinetto britannico ad emettere in proposito una dichiarazione esplicita della nostra opinione, a noi stava grandemente a cuore di conoscere il pensiero del Gabinetto Germanico, col quale è nostro proposito di procedere di conserva, sia per la comunanza degli interessi, sia per la parità della posizione giuridica che le due potenze traggono dalle stipulazioni del 1856. A investigare gli intendimenti di codesto Gabinetto, ci muoveva altresì, quella considerazione speciale che accennai nel mio telegramma del 30 gennaio (1). Nell'ipotesi che fossimo condotti ad appoggiare, nella presente contingenza, la tesi dell'Inghilterra, la quale mira sostanzialmente a riservare, a tenere in sospeso fino ad accordo ulteriore tra le Potenze, non solo la questione degli stretti, ma ben anche tutte le questioni territoriali, sarebbe ben doloroso, per noi, che tale riserva, tale sospensione si volgesse poi a nostro danno. Ond'è che a noi importava di essere ben sicuri che, il giorno in cui le questioni territoriali fossero per venire sul tappeto, non ci troveremmo isolati nel difendere gli interessi speciali che ci stanno a cuore a tale riguardo; i quali interessi si riassumono nella esclusione di qualunque ingrandimento territoriale in Europa a beneficio dell'una o dell'altra tra le Grandi Potenze.

Il risultato delle indagini di Lei si compendia nei telegrammi del 30 gennaio e del l o febbraio (2). Risposta esplicita non potè ottenersi dal Signor di Biilow. Però la E. V. potè fornirmi, in certa guisa, una certezza morale intorno a questi punti: 1°, che la Germania non avrebbe fatto dichiarazione alcuna, né a Pietroburgo, né altrove, preferendo essa di mantenersi in quell'atteggiamento di assoluto riserbo che, come il Signor de Biilow a più riprese Le venne ripetendo, sembra giovare, più d'ogni altro, alla causa della pace; 2°, che non sarebbe riuscito opportuno un nostro officio a Pietroburgo, come quello che, tenendo dietro alle dichiarazioni austriache, ci avrebbe dato l'apparenza di voler contribuire a rendere meno solida l'alleanza fra le tre Corti del Nord; 3°, che, per lo contrario, nessuno avrebbe potuto obiettare se, rispondendo all'interrogazione dell'Inghilterra, il R. Governo fosse per limitarsi alla dichiarazione di principii di diritti affatto incontestabili.

Le savie avvertenze di Lei e la notizia del concluso armistizio non furono senza efficacia sulle risoluzioni nostre. La replica che io diressi, ieri, a Sir Augustus Paget in risposta alla sua interrogazione, e che comunico a V. E. con altro mio dispaccio d'oggi (3), mostra come siasi adottato quel partito appunto che Ella suggeriva. E noi confidiamo di avere cosi conseguito l'intento nostro, di fare cioè atto cortese verso il Gabinetto Britannico, pur mantenendoci, ad esempio del Gabinetto Germanico, in quel riserbo, che meglio può servire ai nostri speciali inte ressi.

(l) -Non pubblicato ma c{r. n. 388. (2) -Cfr. n. 436. (l) -Cfr. n. 415. (2) -Cfr. n. 414 c 422. (3) -Non pubblicato ma cfr. n. 429.
435

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 246. Roma, 4 febbraio 1878.

Sono grato alla S. V. Illustrissima di avermi riferito, con rapporto del 27 gennaio scorso, n. 363 (1), ciò che le fu detto da S. E. il Signor Waddington rispetto ad una protesta che la curia pontificia avrebbe rimesso o sarebbe per rimettere ai rappresentanti esteri accreditati presso il Vaticano, in occasione della elevazione al trono di S. M. il Re Umberto. Non ci consta, finora, da alcun'altra parte che un simile documento sia stato comunicato a qualche Potenza. Ad ogni modo fu opportuna l'avvertenza di Lei che l'accusarne ricevimento sarebbe, da parte della Francia, poco conciliabile con la situazione di fatto esistente tra l'Italia e la Francia.

436

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 519. Roma, 4 febbraio 1878.

Mi giova di riassumere, nel presente dispaccio, il carteggio telegrafico che, in questi ultimi giorni, ebbi a scambiare con codesta Ambasciata in seguito alle entrature che le vennero fatte dal Conte Andrassy e che l'E. V. mi faceva conoscere con telegramma dapprima (2) e indi col rapporto del 26 gennaio,

n. 780 (1).

Con telegramma del giorno 27 (3), rispondendo a quello speditomi da V. E. la sera innanzi, io manifestava il compiacimento del R. Governo nello scorgere come il viaggio di S. A. I. e R. l'Arciduca Ranieri avesse avuto, per le nostre relazioni col Gabinetto di Vienna, quell'effetto che noi ne attendevamo. Presente alle manifestazioni unanimi dello spirito pubblico in Italia, Sua Altezza Imperiale e Reale avrà certo potuto dissipare molte prevenzioni che costì nuocevano a quella leale intimità di rapporti che fu sempre nostro proposito di rassodare fra i due Stati. E poiché ci si presentava, mercé la iniziativa presa dal Conte Andràssy, l'opportunità di procedere, con codesto Gabinetto, ad uno scambio d'idee che avremmo ben voluto già in addietro coltivare circa le questioni connesse con la situazione politica in Oriente, assai volentieri aggradivamo ed accettavamo la proposta. Il R. Governo (così Le telegrafai il 27 gennaio) ha comune col Governo Austro-Ungarico l'opinione che le questioni concernenti modificazioni territoriali, e quelle riflettenti il regime degli stretti, dovrebbero essere regolate col concorso delle Potenze firmatarie dei Trattati che definirono

(-3) Cfr. n. 398.

altra volta quelle stesse questioni. Opiniamo, però, che, nell'esaminare siffatti argomenti, si debba arrecare uno spirito assai conciliante e tener conto in giusta misura deHe conseguenze degli ultimi avvenimenti di guerra. Sopratutto circa il modus procedendi (francamente lo dichiarammo) noi non vorremmo separare! dalla Germania, con la quale è ben naturale che anche l'AustriaUngheria desideri procedere d'accordo. Laonde il mio telegramma si conchiudeva con la dichiarazione dell'interesse che, l'uno e l'altro Gabinetto, avrebbero, ad intendersi con la Germania per risolvere, di pieno accordo, la questione preliminare del modus procedendi; con la quale quistione si connette manifestamente la parte che le Potenze neutre dovranno pigliare nella discussione dei varii punti formanti la base della pace.

Il Conte Andrassy mostravasi compiaciuto della risposta da Lei fattagli in nome del R. Governo e Le dava notizia di certe spiegazioni che, appunto intorno al modus procedendi, erano state scambiate in quei giorni, tra i Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo (1). Il Gabinetto di Vienna (così erasi dichiarato a Pietroburgo), senza contrastare la validità dell'atto che stava per essere firmato tra la Russia e la Turchia, in quanto esso concerne quest'ultima Potenza, era, però, in debito di far conoscere la sua opinione, che cioè tutti quegli accordi fra i belligeranti che toccassero o modificassero i trattati esistenti non potrebbero aver efficacia se non in quanto che fossero anticipatamente assentiti dalle Potenze firmatarie del Trattato di Parigi. E il Gabinetto di Pietroburgo avrebbe risposto verbalmente accettando questo modo di vedere. Il Conte Andrassy conchiudeva il suo discorso, lasciando intendere a V. E. come gli paresse utile che, da parte nostra, si facesse, a Pietroburgo, una dichiarazione consimile a quella del Gabinetto di Vienna.

Intanto, però, la situazione si veniva facendo più grave. Da Atene giungevano notizie che lasciavano prevedere risoluzioni radicali. Ci si additava da Parigi il pericolo di una prossima occupazione austriaca in Bosnia-Erzegovina. Mancava, da più giorni, ogni contezza di ciò che accadesse tra i plenipotenziarii delle due parti belligeranti, e le truppe russe avanzavano, con grande rapidità, verso Gallipoli e verso Costantinopoli.

Mentre indarno ci sforzavano di avere alcun lume intorno agli intendimenti positivi del Gabinetto Germanico, ci perveniva dal Gabinetto di Londra quella interrogazione che le feci nota con telegramma, e della quale V. E. troverà acchiuso il testo entro altro mio dispaccio d'oggi. Diveniva sempre più importante per noi di ben conoscere la precisa posizione, rimpetto alla Russia, del Gabinetto Austro-Ungarico, nel momento in cui questi ci faceva, in certa guisa, invito di tenere a Pietroburgo un linguaggio consono al suo. A tale intento mirava, sopratutto, il mio telegramma del 31 gennaio (2). Era, per noi, essenziale di sapere fino a qual punto il Gabinetto Austro-Ungarico si sentisse rassicurato dalle dichiarazioni della Russia. Trattavasi solo delle dichiarazioni verbali di cui il Signor di Novikow era stato incaricato ancor prima del colloquio da Lei avuto col Conte Andrassy il 28 gennaio? Ovvero eran giunte a Vienna dipoi, altre e più positive assicurazioni? Conscii del pericolo che sarebbe derivato

dal suscitare, fuori tempo, l'amor proprio militare di un grande Stato e d'un grande Sovrano, noi ci saremmo volentieri astenuti dal fare officii a Pietroburgo, ma, per ottenere tale intento, senza indisporre l'Inghilterra, e pur facendo cosa gradita all'Austria-Ungheria, ci avrebbe giovato di poter addurre, come legittimo titolo di astensione, le dichiarazioni già fatte costì dal Gabinetto russo. In questa ipotesi sarebbe riuscito affatto naturale che il Gabinetto di Roma imitasse, nel suo riserbo assoluto, l'esempio della Germania, con la quale l'Italia ha altresì parità di posizione giuridica, non avendo esse partecipato al Trattato separato di guarentigia del 15 aprile 1856, stipulato esclusivamente tra l'AustriaUngheria, la Francia e la Gran Bretagna.

La risposta di V. E. si contiene nel telegramma speditomi il l o febbraio (1}, dopo una conversazione avuta col Barone Orczy. Le assicurazioni della Russia erano state comunicate al Conte Andràssy mediante un telegramma del Generale Langenau, nel quale era detto che il Gabinetto di Pietroburgo dichiarava non essere mai stato suo intendimento di sottrarre all'esame delle Potenze le condizioni di pace che stava per stipulare con la Sublime Porta.

In tale stato di cose, non sembrando insistere l'Austria-Ungheria perché da noi si facessero officii formali a Pietroburgo, ed insistendo invece il Gabinetto britannico perché da noi si rispondesse alle sue interrogazioni, ci sembrò che questa risposta si potesse fare, e fu quale apparisce dal testo che con altro mio dispaccio d'oggi (2) viene comunicato a V. E. La notizia poco prima sopravvenuta della firma dei preliminari di pace e d'armistizio, toglieva, del resto, ogni ragione di esitare.

Noi confidiamo, ad ogni modo, che lo scambio di idee, in questa circostanza, iniziatosi tra i Gabinetti di Roma e di Vienna, potrà continuarsi con reciproca soddisfazione ed utilità nelle fasi ulteriori cui sta per attraversare la questione orientale.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 388. (l) -Cfr. n. 405. (2) -Cfr. n. 419.
437

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 368. Parigi, 4 febbraio 1878 (per. il 9).

Essendomi recato jeri dal Signor Ministro degli Affari Esteri di Francia per annunziargli l'arrivo di S. E. il Generale Della Rocca e chiedergli un'udienza onde presentarglielo, io profittai dell'occasione per domandare al Signor Waddington quali altre notizie gli fossero fino allora pervenute in seguito a quella della firma dell'armistizio in Adrianopoli, ch'egli erasi compiaciuto di farmi comunicare nella notte precedente.

Il Signor Waddington mi disse che il progetto di Conferenza aveva fatto un passo innanzi dopo l'ultima nostra conversazione da me riferitale col mio

rapporto del 2 febbrajo (l). Il Gabinetto Germanico, da princ1p10 opposto alla riunione d'una Conferenza, non l'oppugnava più, giacché la sapeva desiderata dalla Russia. Il Signor di Biilow l'aveva dichiarato espressamente il dì innanzi al Conte di Saint Vallier. Epperò il Signor Waddington considerava l'assenso di sei Potenze come indubbio fino a quell'ora. Gli rimaneva tuttavia ignota l'intenzione del Governo Turco. Gli apparivano meno facili ad appianarsi le difficoltà relative alla definizione de' punti che la Conferenza potrà e dovrà esaminare.

Intorno al luogo nel quale la Conferenza dovrà radunarsi, il Signor Ministro degli Affari Esteri mi disse che la Francia non aveva né particolari preferenze, né gravi ragioni di escludere una od altra città. Il Signor Waddington credeva che il Principe Gortchakoff proporrebbe una piccola città e probabilmente Berna, ove amava ad andar a passare annualmente alcuni giorni e dove trovasi suo figlio. Ricordai al Signor Ministro che nel 1876 erano state messe innanzi per la Conferenza allora progettata anche altre città, come per esempio BadenBaden, Venezia e Bruxelles. S. E. mi rispose che tra quei luoghi Baden certo potrebbe piacere per la sua vicinanza al Governo Francese. Per condizioni puramente locali la scelta di Venezia gli sembrava meno opportuna.

(l) -Non pubblicato ma cfr. n. 424. (2) -Non pubblicato ma cfr. n. 429.
438

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. R. CONFIDENZIALE 1025. Costantinopoli, 4 febbraio 1878 (per. il 12).

Il telegramma che ebbi l'onore di rivolgere all'E. V. nella giornata di ieri (2) terminava come segue: «l'accordo per un'azione eventuale qui manifestasi ogni dì maggiormente tra gli Ambasciatori d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria». Le quali parole esprimevano l'esatto riassunto delle osservazioni per me fatte in questi giorni in proposito.

Non è mestieri ch'io ritorni oggi sull'azione diplomatica esercitata in questa residenza dall'Ambasciatore Britannico, del quale argomento trattano sufficientemente i miei passati rapporti, né essa ha indi variato. Una completa evoluzione è invece occorsa nell'atteggiamento dell'Ambasciatore Austro-Ungarico. Già ebbi l'onore di far menzione a V. E. del notevole riavvicinamento dell'azione del Conte Zichy a quella del Signor Layard. Questo riavvicinamento si è indi raffermato tanto che ne è nata presso questi Governanti la persuasione che un completo accordo sia intervenuto tra i Gabinetti di S. Giacomo e di Vienna. Il linguaggio che tiene l'Ambasciatore d'Inghilterra sulla materia è categorico: l'Austria non poter ammettere le condizioni imposte alla Russia; l'indipendenza e l'ingrandimento della Serbia sarebbero fatali a' suoi interessi; la erezione di quella vasta Bulgaria in Principato autonomo costituirebbe un grave pericolo; il Governo Austro-Ungarico prenderà le armi piuttosto che prestarsi a siffatti

l2) Non pubblicato.

mutamenti, e l'Inghilterra non potrà a meno di sostenerlo; un accordo completo esistere tra i due Governi in proposito. Più riservato è il linguaggio dell'ambasciatore Austro-Ungarico, ma esso pure si esprime in termini assai severi riguardo alle condizioni di pace, e lascia intendere la longanimità del suo Governo essere messa a dura prova; le autonomie slave essere lesive degli interessi Austro-Ungarici; l'orizzonte essere burrascoso; se la Russia non prende in considerazione gli interessi delle altre Potenze gravi complicazioni poter sorgere da un momento all'altro in Europa. Si mettono poi innanzi sommessamente i pericoli che, oltre le stipulazioni contenute negli accordi ad intervenire tra la Russia e la Turchia, si stabiliscano tra di esse degli articoli segreti, e che si possa venire perfino ad un'alleanza difensiva ed offensiva tra queste due Potenze. Né devo celare all'E. V. che, dopo le tante illusioni del passato, quest'idea incomincia a balenare a taluni Turchi come il solo mezzo efficace di salvare l'Impero. Queste cose si dicono dagli Ambasciatori d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria, ed è mio debito di riferirle confidenzialmente all'E. V.

Avevo scritte le precedenti llnee allorché comparve il dispaccio riservato che l'E. V. mi faceva l'onore di rlvolgerml li 29 gennaio n. 590 (1). Esso contiene delle preziose nozioni sulla materia per le quali prego V. E. di aggradire i miei più sentiti ringraziamenti.

(l) Cfr. n. 425.

439

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 292. Vienna, 5 febbraio 1878, ore 16 (per. ore 17).

L'Empereur m'a dit que la Russie a accepté camme les autres Puissances la réunion de la conference; cepenaant elle n'a pas eneo re adhéré à ce que Vienne en soit le siège. Il m'a ajouté de ne pas s'expliquer camme Ignatieff puisse-t-il étre en attendant chargé des négociations de paix à Andrinople.

440

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 597. Roma, 5 febbraio 1878.

Ieri l'altro questo Signor Ministro di Turchia mi rimetteva una Nota relativa all'ingresso delle truppe elleniche entro il territorio ottomano, e jeri ebbi con lui, intorno allo stesso argomento, il colloquio di cui Le comunicai, per tele

grafo (1), un breve riassunto. In sostanza la Sublime Porta dichiara di avere già preso le misure necessarie per respingere l'aggressione, e ci fa invito di porgere, ad Atene, consigli di prudenza affinché siano risparmiati nuovi danni e nuove complicazioni nel momento appunto in cui la conclusione dell'armistizio lasciava sperare prossimo il ristabilimento della pace.

Nel telegramma di jeri già Le indicai il linguaggio che la S. V. Illustrissima dovrà tenere in questa contingenza, ai Ministri del Sultano. Non esitiamo, certo, a prestare, presso il Gabinetto Ellenico i nostri buoni officii all'intento di antivenire difficoltà maggiori. È, però, manifesto che l'efficacia dell'opera nostra necessariamente sarà per dipendere dagli avvenimenti che nel frattempo potranno sopravvenire. Certamente non ispetta a noi di dare consigli, né alla Turchia, né alla Grecia, rispetto ai provvedimenti militari che loro sembrino suggeriti dalla tutela dei rispettivi interessi. Nondimeno noi non possiamo tacere l'opinione nostra, che, cioè, se la flotta ottomana venisse ad imprendere atti di ostilità contro le città aperte della Grecia, ne sarebbe suscitato nell'Europa intera un eco doloroso, né questo gioverebbe, presso l'opinione pubblica alla causa ottomana. Noi preferiamo, quindi, di fare a fidanza sopra ,lo spirito di moderazione della Turchia, e ci lusinghiamo che non si procederà a misure, effetto delle quali potrebbe essere di aprire una questione delle più gravi, ora appunto, mentre le Potenze si accingono alla ricerca dei mezzi atti a pacificare l'Oriente.

In ogni ipotesi, poi (ed anche su questo punto enunciai esplicita avvertenza nel mio telegramma di jeri) è a sperare che la Sublime Porta vorrà rispettare la neutralità che il Trattato del 14 novembre 1863 ha stipulato a favore delle Isole Jonie. Se altrimenti fosse, ne sorgerebbero gravi complicazioni, che alla Turchia dovrebbe stare a cuore di evitare.

(l) Cfr. n. 411.

441

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 186. Pietroburgo, 5 febbraio 1878 (per. l'11).

Con telegramma giuntomi jeri (2) l'E. V. m'incaricò di far conoscere al Ministro Imperiale degli Affari Esteri la risposta da Lei data alla comunicazione fattale dal Governo Inglese, intorno alla necessità della partecipazione delle Potenze segnatarie dei trattati di Parigi e di Londra alle future stipulazioni che avranno per effetto di modificare i detti trattati, per quanto riguardano le provincie cristiane della Turchia e gli altri affari d'Oriente.

Ho avuto cura di portare a notizia del Principe Gortchakow oggi stesso questa risposta dell'E. V., secondo la quale il Governo del Re opina pure, come il Gabinetto di Londra, che in principio le questioni regolate da un trattato

fra parecchie Potenze non possono formare oggetto di nuovi accordi, obbligatorii per ciascheduna di esse, se non interviene una sanzione degli stessi Stati contraenti. S. A. il Principe Cancelliere consentì nel medesimo avviso, e mi annunziò anzi che egli accettava in principio la riunione prossima di una conferenza nello scopo preindicato.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 429.
442

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 187. Pietroburgo, 5 febbraio 1878 (per. il 12).

Il Principe Cancelliere m'informò oggi che il Gabinetto Austro-Ungarico avea proposto alla Russia ed alle altre Potenze segnatarie dei trattati che si riferiscono all'Oriente, la riunione di una Conferenza a Vienna, nello scopo di stabilire un accordo dell'Europa sulle modificazioni che sarà necessario di fare ai detti trattati. Sua Altezza mi dichiarò che il Gabinetto di Pietroburgo aderiva alla proposta della riunione di una conferenza, ma che escludeva la città di Vienna come residenza della Conferenza stessa. Il Principe Cancelliere si pronunciò invece per la scelta di una città che non abbia una speciale significazione, come sarebbe, per esempio, Baden o Dresda, o altra località somigliante. Nell'opinione di Sua Altezza, dovrebbero prender parte alla Conferenza i Ministri dirigenti degli Stati rappresentati in essa. Da me interrogato se la Turchia, com'è naturale, debba essere rappresentata alla Conferenza allo stesso titolo delle altre Potenze, il Principe Gortchakow rispose, che senza dubbio dev'essere così. Quanto ai Principati d'Oriente, gli interessi dei quali si tratta pure di regolare nella conferenza, Sua Altezza mi disse che essi non potrebbero certamente essere rappresentati in seno alla conferenza stessa, ma che potrebbero inviare delegati speciali, incaricati di presentare memorie ed altri dati, e di tenersi in comunicazione ufficiosa coi membri della Conferenza O).

443

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 792. Vienna, 5 febbraio 1878 (per. il 20).

Ho presentato ogg1 m Udienza solenne a Sua Maestà l'Imperatore le mie nuove credenziali come Ambasciatore di Sua Maestà il Re Umberto, che l'E. V. compiacevasi trasmettermi a mezzo del Tenente Generale Bertolé Viale. Il cerimoniale osservato in tal circostanza fu identico a quello dell'altra volta. L'I. e

R. Ciambellano che m'accompagnò a Corte e mi ricondusse a casa, è il Principe Vittorio Odescalchi Duca di Syrmia Maggiore nella R. Guardia del Corpo Ungherese.

Sua Maestà, a secondo del cerimoniale, mi ricevette senza testimoni. Nel breve discorso ch'io gli rivolsi, presi a punto di partenza le espressioni di affettuoso e leale attaccamento che fu Sua Maestà Vittorio Emanuele II m'aveva incaricato in modo speciale di portargli, allorché due mesi non sono ancora trascorsi per l'ultima volta prendevo da Lui commiato in Roma! Soggiungeva quindi che del pari Re Umberto di cui mi presentavo come Ambasciatore, desiderava vivamente che le fiduciose e leali relazioni così felicemente stabilitesi fra i due Stati durante il Regno dell'Augusto e venerato Suo Genitore, abbiano non solo a continuare ma anzi a rafforzarsi sempre maggiormente. Aggiunsi poi ancora, come di ragione, alcune parole per raccomandarmi alla continuazione di quella fiduciosa benevolenza che mi era stata di così valido appoggio sempre in passato.

Sua Maestà si commosse vivamente nel sentire le parole da me ripetutegli ancora a nome di Re Vittorio Emanuele, e nella Sua risposta si espresse a riguardo del defunto Gran Re, in termini di sentitissimo cordoglio per la perdita da Lui fatta di un vero e lealissimo Amico. Parlommi con molta simpatia di Sua Maestà il Re Umberto, dissemi desiderare Lui pure vivamente le relazioni fra i due Stati abbiano a stringersi sempre maggiormente pel comune bene, nel momento attuale la concordia fra i Governi, e la reciproca fiducia essendo più che mai necessarie. Sua Maestà degnavasi poi ancora aggiungermi alcune parole di somma degnazione a mio riguardo, di cui non posso se non essergli profondamente riconoscente.

Finita la parte più strettamente ufficiale dell'Udienza, Sua Maestà si compiacque ancora trattenermi abbastanza lungamente a conversar con Lui sulle attuali questioni, m'invitava poscia a presentargli come di consueto il mio seguito, e quindi poneva termine all'Udienza.

(l) Ed. in LV 24, p. 204

444

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1027. Costantinopoli, 5 febbraio 1878 (per. il 12).

Lì 3 del presente alle 2 del mattino giunse alla Sublime Porta il telegramma pel quale i Plenipotenziari Server Pacha e Namik Pacha annunziavano il Protocollo e la Convenzione d'armistizio erano stati firmati il 31 gennaio; il relativo avviso era stato spedito per telegrafo via di Bucarest; un corriere partito da Adrianopoli per treno speciale era stato fermato a Tchorlu e proseguirebbe a cavallo; si prendessero le misure opportune affine arrivasse al più presto; essi aspettavano con impazienza la risposta relativa al loro ritorno a Costantinopoli, la rispettiva missione essendo terminata, e la persona incaricata dal Governo Russo di trattare i preliminari essendo aspettata da un momento all'altro ad Adrianopoli. I Plenipotenziari facevano eziandio conoscere il Granduca Nicola aveva già dato gli ordini di sospendere le operazioni militari in Europa ed in Asia; non dubitava la Sublime Porta darebbe analoghe istruzioni dal suo canto; e Sua Altezza Imperiale aveva espresso il desiderio che fosse senza indugio levato il blocco del Mar Nero, e fossero ristabilite le comunicazioni telegrafiche con Odessa. Delle quali notizie io dava in giornata avviso telegrafico a V. E. (1).

La Sublime Porta rispose senza indugio ai Plenipotenziari l'ordine per la sospensione delle operazioni militari sarebbe dato immantinente; sarebbero pure prese le idonee misure per la rivocazione del blocco e pel ristabilimento delle comunicazioni telegrafiche con Odessa.

* Queste cose venivano a mia conoscenza nelle giornate del 3 e del 4; però fino ad oggi il corriere non è comparso, e non s'ha quindi alcuna maggiore nozione circa le basi di pace e le condizioni dell'armistizio; né è stata presa alcuna determinazione riguardo alla scelta delle persone che avevano a riprendere le trattative di pace.*

Stamane il Presidente del Consiglio mi diceva poi gravissime notizie esser giunte di recente; i Russi, dopo aver occupato Rodosto, avevano preso Dedeagatch, erano entrati la notte scorsa a Silivria, minacciavano Tchataldja. Come s'accordavano questi fatti colla stipulazione dell'armistizio? Erano state immediatamente domandate spiegazioni ai Plenipotenziari ad Adrianopoli, le comunicazioni telegrafiche con quella città essendo state ristabilite; però non avevasi ancora ricevuto alcun riscontro. E dalla parte dei Serbi s'intendeva parimenti che continuavano le operazioni militari; e la Sublime Porta aveva mandato l'ordine di resistere. In seguito a questi fatti il Presidente del Consiglio aveva sospeso la trasmissione della notificazione della revocazione del blocco, per la quale io aveva fatto le più vive sollecitazioni. *Spero l'equivoco sarà prontamente spiegato, e non s'indugierà più a dar corso a quella misura.

L'Ambasciatore di Germania ricevette in giornata un telegramma del Granduca Nicola pel quale gli era significato che due Ufficiali Russi passerebbero per Costantinopoli in via alla volta di Ragusa con la missione di stabilire l'armistizio tra la Turchia ed il Montenegro.

P. S. -Mi viene in quest'istante riferito da buona fonte che i movimenti Russi di cui è parola più sopra furono eseguiti, com'era da immaginarsi, in conformità delle stipulazioni della convenzione d'armistizio. Però è strano che, né la Sublime Porta, né i rispettivi Comandanti ne fossero stati avvertiti per gli effetti di ragione * (2).

445

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 161. Roma, 6 febbraio 1878, ore 10,30.

Veuillez remercier le prince chancelier de ses communications au sujet de la conférence. Aujourd'hui le baron d'Uxkull m'avait interrogé au sujet du choix

de la ville devant etre le siège de cette réunion diplomatique. S. E. me demandait si nous n'aurions pas préféré une autre ville que Vienne. J'ai répondu que nous avions accepté la proposition autrichienne, car nous n'avions pas d'objections assez graves pour nous opposer au choix de Vienne, si ce choix convenait à toutes les Puissances, mais il était bien évident que nous n'attacherions, quant à nous, aucun intéret à maintenir ce choix si d'autres Puissances en faisaient prévaloir un autre. Le baron d'Uxkull m'ayant parlé de Venise, j'ai répondu que ce choix serait trés flatteur pour nous. Je voudrais, si c'est possible, que vous tàchiez de faire remplacer Bade ou Dresde, villes assez mal choisies pour la saison courante par Venise ou toute autre ville du nord de l'Italie. Il va de soi que nous ne pouvons pas nous mettre nous memes en avant pour faire une contre proposition dans ce sens.

(l) -Non pubblicato. (2) -Ed., ad eccezione dei brani fra a"terischi, in LV 24, pp. 294 -295.
446

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PARIGI, RESSMAN

T. 162. Roma, 6 febbraio 1878, ore 10,30.

La Russie accepte la conférence, mais elle refuse Vienne comme lieu de réunion. Le prince Gortchakoff semble vouloir se prononcer pour une localité n'ayant pas de signification spéciale, comme par exemple Bade ou Dresde. Son Altesse exprime en méme temps l'opinion que les chefs dirigeants des Cabinets devraient y représenter leurs Etats respectifs. Je désire que vous vous mettiez le plus tòt possible en mesure de me faire connaitre l'opinion du Gouvernement auprès duquel vous etes accrédité sur les points ci dessus énoncés.

(Solo per Berlino, Londra e Parigi) Il est à peine nécessaire que je vous dise que du moment que Vienne n'est pas acceptée par la Russie, il serait flatteur pour nous que le choix tombàt sur une ville de l'Italie du nord. Venise par exemple.

447

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 299. Londra, 6 febbraio 1878, ore 20,25 (per. ore 23,39).

Lord Derby vient de me dire qu'ayant accepté Vienne pour siège de la conférence, il ne croit pas devoir changer. L'initiative est venue de l'Autriche, et Andrassy tient beaucoup au choix de Vienne. Dans les rapports actuels de l'Angleterre avec l'Autriche, Derby ne peut que persister. Il ne voit pas de raisons pour que toutes les Puissances se soumettent à la volonté de 'la seule Russie. L'opposition de cette dernière est attribuée par lord Derby au désir de gagner du temps et m'a ajouté officieusement au désir du prince Gortchakoff de présider. En choisissant des villes comme Bruxelles, Baden, Berne la présidence du congrès lui reviendrait; et S. E., sans y attacher une grande importance considère comme inopportun que la conférence soit présidée par !es représentants des belligérants. A cet endroit, après avoir bien constaté que j'énonçais une pensée personnelle, je demandais si, pour ne pas entraver la réunion de la conférence, il faudrait penser à une autre localité; on n'éviterait par les desavantages attachés aux villes ci dessus énumérées, pour le choix par exemple de Venise?

S. E. s'est arretée sur ce nom. Il m'a dit ensuite que Venise quoique préférable mème comme séjour et climat était un peu éloignée. J'ai cru devoir répondre qu'il me paraissait qu'elle est mème plus centrale tenant compte des pays dont il sera question. Lord Derby a fini par dire «Pour le moment j'apprécie Vienne ». Quant à la seconde question du télégramme de V. E. (l) j'ai l'honneur de vous informer que, dans une conversation d'hier, lord Derby m'avait confirmé ce que j'avais télégraphié la veille à V. E. (2) c'est à dire qu'il est tout à fait contraire à la représentation des Puissances par les ministres des Affaires Etrangères. Cette opinion, il l'avait déjà émise il y a deux ans, lorsque on parla d'une conférence. Il m'a dit hier qu'il ne voit que des inconvénients au projet, sans aucun avantage. Un ministre des affaires étrangères ne peut pas décider sans consulter ses collègues. Il est donc préférable qu'il ne s'éloigne pas. Il peut ainsi mieux diriger et instruire le diplomate qui sera envoyé et on n'aura qu'à choisir le diplomate le plus habile qu'on possède. Il vient de me répéter ces mémes assertions. Il croit que cette question dépend aussi du désir de Gortchakoff de diriger un congrès. Ayant demandé si S. E. persisterait, dans le cas où la plupart des Puissances se rangerait de l'autre avis, lord Derby ne m'a pas répondu explicitement, mais il a constaté très fortement son aversion contre cette idée.

448

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 304. Vienna, 6 febbraio 1878, ore 22,45 (per. ore 23,30).

Le général Bertolé Viale qui a causé longuement aujourd'hui avec Andrassy me met en mesure de répondre à des questions faites par V. E. Gortchakoff a fait savoir à Andrassy qu'il ne peut pas lui expliquer par télégramme les raisons

29 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

pour lesquelles il ne croyait pas accepter, camme siège de la conférence Vienne; qu'il lui enverrait une dépeche pour développer ses points de vue à ce propos, et qu'au lieu de conférence. il voulait un congrès présidé par lui meme. Andrassy espère encore que le Cabinet de Saint Pétersbourg reviendra sur cette décision, vu d'adhésion donnée à sa proposition par toutes les autres Puissances; d'autant plus qu'il croit très difficile l'intervention des chefs de Cabinet des pays parlementaires dans les circonstances actuelles. En résumé exactement il croit tout ceci n'avoir d'autre but que de gagner du temps et prolonger la conclusion définitive de la question d'Orient, tandis qu'il pense que l'intéret de toute Puissance serait de réunir au plus tòt la conférence, sur quoi Andrassy ne cèdera pas, cependant qu'à la dernière extremité: car ce serait un grave échec pour lui. Aujourd'hui Bertolé Viale a été reçu en audience de congé par l'Empereur. Il partira et sera à Rome dimanche matin. Il a reçu le plus gracieux accueil.

(l) -Cfr. n. 446. (2) -Cfr. n. 433.
449

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1968. Berlino, 6 febbraio 1878 (per. il 10).

Il Reichstag tedesco venne aperto oggi, d'incarico dell'Imperatore, da S. E. il Vice Presidente del Ministero di Stato e Ministro delle Finanze Signor Camphausen, con un discorso del quale ho l'onore di compiegare qui un esemplare (1). In esso sono accennati parecchi progetti di legge molto importanti per lo stato finanziario e per interessi di ordine interno dell'Impero: progetti dei quali gioverà occuparsi quando il Reichstag sarà chiamato a discuterli.

Intanto sono degne di nota le seguenti parole relative alla crisi d'Oriente, con le quaU il Signor Camphausen terminò il suo discorso: «allorquando ebbe luogo l'anno scorso l'apertura del Reichstag, la speranza che il Governo turco procedesse per risoluzione sua propria alla effettuazione delle riforme sulle quali le Potenze europee si erano messe d'accordo nella Conferenza di Costantinopoli, non era peranco esclusa. Una siffatta aspettazione non fu compiuta: ora tuttavia S. M. l'Imperatore spera che una prossima pace porrà in atto ed assicurerà in modo durevole i principi di quella Conferenza. La misura relativamente tenue degli interessi che la Germania ha in Oriente, fa si che la politica dell'Impero può adoperarsi in modo disinteressato all'accordo delle altre Potenze circa le guarentigie future contro la rinnovazione di torbidi in Oriente, ed in prò delle popolazioni cristiane. Intanto la politica tracciata da S. M. l'Imperatore poté già raggiungere il suo intento, in quanto essa contribuì essenzialmente ad ottenere che la pace fosse mantenuta fra le Potenze europee, e che le relazioni deHa Germania con tutte queste ultime rimanessero, come rimarranno con l'ajuto di Dio, non solo pacifiche ma eziandio assolutamente amichevoli>>.

(l) Non si pubblica.

450

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1969. Berlino, 6 febbraio 1878 (per. il 9).

* Il telegramma di V. E. in data del 4 correhte Cl), mi pervenne poche ore dopo la spedizione fatta da me di due telegrammi (2), in uno dei quali avevo l'onore di riferirLe in qual senso questo Segretario di Stato, discorrendo con me, aveva accennato all'invito del Conte Andràssy per una conferenza da tenere a Vienna. Stimai pertanto inutile di telegrafare ieri la accettazione del Gabinetto di Berlino, la quale era venuta a cognizione dei miei colleghi e mia, nel momento stesso in cui la Agenzia Wolff pubblicava la notizia.

Non mi fu dato oggi di abboccarmi con il Segretario di Stato, per poter quindi riscontrare H telegramma di stamane (3) di V. E. In presenza della opposizione fatta da~la Russia alla scelta di Vienna per sede della conferenza, il Gabinetto di Berlino, da quanto seppi indirettamente, si mostrerebbe disposto ad accettare anche la proposta di qualche altra città meglio gradita al Gabinetto di S. Pietroburgo, ma preferirebbe tuttavia di vedere soddisfatto il desiderio espresso nel suo invito dal Conte Andràssy"' (4). E forse l'ordine di idee al quale in questo incontro la scelta di tale altra città che avrebbe la preferenza del

R. Governo.

Comunque sia le difficoltà che seminano tuttora la via ad un negoziato europeo, sarebbero di una indole più seria. Il Principe di Bismarck fu sempre di avviso che un congresso diplomatico, per riuscire ad utile e pratico risultato, deve essere preceduto da un accordo il quale determini esattamente le basi delle deliberazioni da adottare: senza di che, le discussioni generano discordia e pericoli maggiori. Quali sarebbero, nel caso attuale, i principii da stabmre in comune siccome base preliminare di una discussione fra le Grandi Potenze? La somma riserva di questo Governo consiglia di non trascurare gli indizii che fornisce la stampa a lui devota. Ora, il giorno stesso in cui fu resa pubblica qui la notizia che il Gabinetto di Berlino aveva accettato l'invito recatogli dal Conte Kàrolyi, la National-Zeitung ragionava a lungo della inutilità e dei pericoli di una conferenza nella quale, gli uni sarebbero intervenuti col progetto di sostenere la Turchia e di infonderle nuova forza, e gli altri con intendimenti opposti: -il concetto fondamentale che è giocoforza di far sparire la Turchia dal novero delle Potenze, guarentendo al tempo stesso nel miglior modo possibile gli interessi dell'Europa, sarebbe una base che offrirebbe speranza di buon successo: -ma di siffatta necessità, diceva quel foglio, sono già ben penetrate Austria ed Inghilterra? Nello svolgere siffatta tesi, il foglio liberale tedesco non faceva che avvalorare una opinione, la quale si aperse già la strada tanto qui come in Russia.

(-4) Il brano tra asterischi è edito in L V 24, pp. 290 -291.

L'influenza delle Potenze mano direttamente impegnate nella crisi attuale, e non ultima l'azione conciliatrice dell'Italia, dureranno molta fatica a stabilire fra S. Pietroburgo, Londra e Vienna un accordo preventivo preciso sopra le basi delle deliberazioni di una conferenza, cui tutti aderiscono in principio.

(l) -Cfr. n. 432. (2) -Non pubblicati. (3) -Cfr. n. 446.
451

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1970. Berlino, 6 febbraio 1878 (per. il 10).

Siccome ebbi già telegrafato, mi studiai nella mia conversazione di jerl'altro di indurre il Signor de Btilow ad esprimere la sua opinione sulla importanza che qui si sarebbe dato a quanto concerne la navigazione del Danubio: mi sembrava che a questa si annettessero anche per la Germania degli interessi diretti e vitali. Il Segretario di Stato ammetteva che difatto la Germania del Sud aveva in tal quistione un certo interesse, il quale però, aggiungeva egli, era stato molto esagerato. In realtà siffatto interesse non andava più in là di Vienna e di Pesth. La conferenza avrebbe offerto il migliore dei mezzi per occuparsi eventualmente anche di ciò.

Il giudizio cosi espresso dal Signor de Biilow, concorda con le parole che altra volta ebbe a dire sul medesimo argomento il Cancelliere dell'Impero. Interpellato da Lord Odo Russell, che aveva speciale interesse di indagare a tal riguardo il pensiero del Principe di Bismarck, questi rispose che a dir vero la quistione delle bocche del Danubio non destava in lui molta preoccupazione: qualunque Potenza fosse per attenerne il dominio, la Germania si sarebbe accontentata di stipulare con essa un buon trattato a tutela dei suoi proprii interessi. Lord Odo Russell ebbe siffatta risposta nel 1871 quando si trovava al Quartier generale tedesco in Francia, prima di essere nominato Ambasciatore della Regina presso di questa Corte: egli prese buona nota di tal ricordo e credo ne ebbe di poi la conferma in altre circostanze. La comunicazione fattami da lui è confidenziale, e la trasmetto a V. E. con la medesima riserva.

Nel corso della conversazione, l'Ambasciatore d'Inghilterra venne anche a discorrere della domanda che era stata rivolta dal suo Governo alle altre Potenze, ed osservò come l'E. V. avesse rifiutato siffatta richiesta, comunicata a Roma il 30 gennajo ultimo da Sir A. Paget. Mi affrettai di rettificare la sua opinione:

V. E., pur dichiarando per quali motivi il R. Governo reputava di non dover uscire dalla riserva sinora osservata, aveva tuttavia affermato nella sua risposta il medesimo principio che aveva dettato la domanda del Gabinetto di Londra. Lord Odo Russell mi ripetè con una certa insistenza che l'Austria e l'Inghilterra erano in intimo e stretto accordo: egli però non mi parve scevro dal timore che il Gabinetto di Vienna potesse agevolmente lasciarsi indurre ancora dalla Russia a mutare di attitudine. Quanto al Gabinetto di Berlino, esso non aveva peranco accusato ricevuta della nota con la quale l'Ambasciatore d'Inghilterra gli aveva trasmesso la domanda sovra menzionata del suo Governo.

452

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 794. Vienna, 6 febbraio 1878 (per. il 10).

Durante l'udienza che io ebbi ieri da S. M. l'Imperatore per la presentazione delle mie nuove credenziali, Sua Maestà s'intrattenne meco assai lungamente sulla gravità della situazione presente, senza però entrare a vero dire in alcun preciso particolare.

Sua Maestà dicevami non aver se non ragione di lodarsi delle assicuranze che continuamente riceveva dall'Imperatore di Russia; tosto dopo però, soggiungeva, non spiegarsi bene come a malgrado il Gabinetto di Pietroburgo abbia ammesso che la pace definitiva non si poteva stipulare senza il consenso dell'Europa, cionondimeno il Generale Ignatiew avesse ricevuto l'incarico di portarsi ad Adrianopoli per procedere ai negoziati di pace coi plenipotenziari turchi: mentreché l'atto preliminare che sembrava dover essere il solo a conchiudersi direttamente fra i belligeranti, già era stato firmato.

Sua Maestà toccava di volo la questione della retrocessione della Bessarabia alla Russia dicendo che la Rumenia si trovava in una difficilissima posizione. Entrava poi a parlare del Montenegro, ponendo in sodo che l'indipendenza di quel Principe era sempre stata riconosciuta dall'Austria, e si esprimeva con simpatia a suo riguardo, osservando notevoli progressi essersi compiuti in questi ultimi anni in quel piccolo Stato, non solo al punto di vista del suo ordinamento militare ma anche come sviluppo intellettuale e morale, ed aggiungeva; che i suoi troppo ristretti confini erano stato il solo impedimento acchè meglio progredisse, costringendo quei montagnardi ad un'esistenza quasi brigantesca onde procurarsi il vitto.

Parlando dei Montenegrini, toccò delle crudeltà commesse dai Turchi nell'or cessata guerra, e le stigmatizzò in modo assai vivo.

Venne poscia a parlare della Grecia dicendomi provar un certo rimorso di aver colle sue incessanti raccomandazioni dirette anche personalmente al Re, trattenuto quello Stato dal prendere prima parte attiva alla guerra, poiché dicevasi, se vi ha uno Stato che dovrà profittare della caduta dell'Impero Turco, questo non potrà essere che la Grecia. Sua Maestà conchiudeva il suo discorso esprimendo la speranza che la Conferenza abbia a riunirsi senza ritardo, ogni indugio potendo aggravare la situazione. Nel dirmi poi che tutte le Potenze già avevano aderito alla riunione della Conferenza a Vienna, aggiungevami: la Russia pure aver accettato in principio la proposta del suo Governo, non aver però ancora data la sua adesione acchè la conferenza si riunisca in questa Capitale. L'idea generale che io afferrai dalle parole dell'Imperatore si è: ch'egli vede la situazione molto tesa, che però non rinuncia alla speranza che l'accordo finisca per stabilirsi fra le Potenze mediante reciproche transazioni. Nel far cenno dei discorsi assai bellicosi tenuti recentemente dall'Imperatore Alessandro, egli dicevami voler credere esser quello un mezzo di ottenere maggiore arrendevolezza da parte delle Potenze nelle prossime trattative, e nulla più.

453

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 306. Pietroburgo, 7 febbraio 1878, ore 15,45 (per. ore 17).

Sans donner à mes paroles le caractère d'une proposition, ou d'une suggestion, j'ai dit au :prince Gortchakoff que si une ville de l'Italie par exemple Venise, convenait aux Puissances pour siège de la conférence, nous serions flattés de ce choix. Son Altesse me répondit que, personnellement il n'avait pas d'objections pour Venise et il a confirmé la méme chose au cornte de Launay qu'il a vu ce matin toutefois les préférences du prince Gortchakoff sont pour Bade.

454

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI IN EUROPA

T. 165. Roma, 7 febbraio 1878, ore 18,50.

Le Pape est au plus mal. On dit méme qu'il est mort aujourd'hui, vers les deux heures. Toutes les dispositions sont prises pour assurer la liberté matérielle et morale du Gouvernement provisoire de l'Eglise et du conclave.

Faites une communication immédiate dans ce sens au Gouvernement auprès duquel vous étés accrédité.

455

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI IN EUROPA

T. 167. Roma, 7 febbraio 1878, ore 22,15.

On confirme la nouvelle du décès du Saint Père. Bien que depuis ce matin le bruit de la mort du pape ait couru en ville, le calme le plus complet n'a pas cessé de régner. Toutes les dispositions sont prises pour que rien ne vienne troubler la tranquillité, la sécurité et la liberté la plus complète des délibérations du sacré collège.

456

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 309. Bucarest, 7 febbraio 1878, ore 22,20 (per. ore 22,55).

Le Sénat et la Chambre des députés viennent de voter à l'unanimité une motion par la quelle la Roumanie maintient son intégrité territoriale et n'admet aucune aliénation de portion quelconque du territoire roumain contre une compensation territoriale ou dédommagement.

457

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 373. Parigi, 7 febbraio 1878 (per. il 10).

Ebbi il telegramma che l'E. V. mi fece l'onore d'indirizzarmi ieri (l) per informarmi che il Gabinetto di Pietroburgo accettava la Conferenza, ma rifiutava la scelta di Vienna a sede della medesima; che il Principe Gortchakoff sembrava disposto a pronunciarsi per qualche altra località senza significato speciale, come per esempio Baden o Dresda, e ch'egli esprimeva il desiderio di vedere rappresentati alla Conferenza i Governi interessati dai Capi de' Gabinetti rispettivi. L'E. V. mi dava collo stesso telegramma l'incarico di riferirle l'opinione del Governo Francese su questi punti, osservando che in caso della definitiva eliminazione di Vienna, la scelta d'una città dell'Italia settentrionale, come per esempio di Venezia, non potrebbe che tornare gradita al Governo di Sua Maestà.

Trovai una pronta occasione d'intrattenermi di ciò con S. E. il Ministro degli Affari Esteri di Francia ad un pranzo che fu dato jersera all'Eliseo dal Maresciallo Presidente della Repubblica in onore di S. E. il Generale Della Rocca.

Il Signor Waddington mi disse che, secondo notizie pervenutegli la sera innanzi da Pietroburgo, il Principe Gortchakoff propenderebbe a proporre a sede della Conferenza Dresda, Baden, oppure Brusselle. Invece il Principe Orloff, col quale il Signor Ministro degli Affari Esteri di Francia aveva avuto un colloquio nella giornata stessa di jeri, gli affermò che il Cancelliere di Russia preferirebbe Ginevra o Losanna, e principalmente quest'ultima città. Ma era pure noto al Signor Waddington che il Conte Andrassy insisteva dal suo lato energicamente sulla scelta di Vienna, e siccome, secondo la tradizione, in caso di tale scelta la presidenza della Conferenza spetterebbe a lui stesso, il Ministro degli Affari Esteri d'Austria-Ungheria offriva spontaneamente a cederla al Principe Gortchakoff. Le altre Potenze non muovendo obbiezioni contro la scelta di Vienna ed il Principe Cancelliere di Russia avendo anzi tutto a cuore di poter presie

dere una riunione chiamata a coronare ciò che fu il pensiero ed il compito d1 tutta la sua vita, era avviso del Signor Waddington ch'essa cederebbe sulla scelta del luogo e che al pari degli altri si indurrebbe ad accettare Vienna.

S. E. il Signor Ministro degli Affari Esteri mi ripetè poscia che il Governo Francese, cui in fondo poco importava che la Conferenza si riunisse in una anziché in altra città, rimarrebbe neutro nella quistione, e come non voleva prendere nessun'altra iniziativa, così non prenderebbe neppure quella di proporre un luogo qualsiasi.

Per ciò che concerne il voto del Principe Cancelliere di Russia che i Governi interessati si facciano rappresentare alla Conferenza dai Capi dirigenti i Gabinetti rispettivi, il Signor Waddington non ne era ancora stato direttamente avvisato. Egli mi disse che certo il Governo Francese non avrebbe di che rallegrarsi vedendo prendere posto in una nuova Conferenza, destinata a distruggere l'opera della Francia, quell'uomo medesimo che nel 1856 rappresentava in un'eguale riunione lo Stato vinto allora dalle armi francesi: nondimeno esso non esiterebbe ad accettare la proposta, ove gli altri Governi consentissero ad inviare alla Conferenza i Capi de' loro Gabinetti, e ciò gli sarebbe principalmente consigliato dalla considerazione che l'intervento personale del Principe Gortchakoff alla Conferenza sarebbe il più sicuro pegno d'una conclusione pacifica. II Principe Gortchakoff è al termine della sua carriera; la sua partecipazione alla Conferenza deve apparirgli come l'ultimo grande atto della sua vita politica; la sua vanità lo impegnerebbe a non lasciar andare diserta l'opera d'una riunione da lui presieduta e diretta colla speranza d'attenerne la consacrazione de' risultati delle sue tendenze e della sua azione diplomatica.

Anche il Maresciallo Presidente della Repubblica mi fece l'onore di tenermi discorso degli incidenti della situazione attuale e mi ripetè quelle stesse indicazioni che m'aveva date il Signor Waddington. Come in un colloquio che riferii all'E. V. già mi si era espresso il Signor Ministro degli Affari Esteri, così anche il Maresciallo mi disse ch'egli vedeva in seno della Conferenza dividersi le Potenze in tre gruppi, formati l'uno dall'Inghilterra e l'Austria-Ungheria, l'altro dalla Russia e dalla Germania, il terzo dalla Francia e dall'Italia. Nelle contestazioni che sorgeranno tra i due primi, l'Italia e la Francia sicuramente potranno esercitare una specie di arbitraggio ed assicurarsi un'influenza decisiva, qualora procedano da sé in perfetto accordo. Né ciò pareva difficile al Maresciallo o contrario agli interessi dei due paesi, giacché, diceva egli, l'Italia da sola non basterebbe a far valere qualche rivendicazione territoriale, e gli interessi suoi più legittimi e meno difficili a propugnare coincidono invece nella quistione orientale cogli interessi francesi.

Secondo un'informazione avuta dal Generale Cialdini e che S. E. giudicava meritevole di qualche credito, il Principe di Bismarck avrebbe in una recente conversazione espresso il voto che nel caso in cui la Conferenza conducesse ad un Congresso, il Congresso fosse riunito in Roma. Ove così fosse, il Generale Cialdini crede che sarebbe tanto meno opportuno di fare alcun passo onde spingere a che sia proposta fino da ora una città italiana per sede della prima Conferenza. Ripeto quest'informazione e quest'opinione per espresso desiderio dell'Ambasciatore di Sua Maestà.

(l) Cfr. n. 446.

458

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 795. Vienna, 7 febbraio 1878 (per. il 10).

Il Tenente Generale Bertolé Viale essendosi recato ieri a prender commiato dal Conte Andrassy aveva seco lui una conversazione sulle cose del giorno, che egli compiacevasi riferirmi. Su ciò che il Conte dissegli in ordine alla prossima conferenza già ebbi l'onore di ragguagliare telegraficamente l'E. V. ieri sera (l); parvemi ora conveniente far cenno anche di alcune altre cose di cui il Ministro Imperiale ebbe a tenere parola al R. Inviato in missione straordinaria, e che egli mi ri:peté con molta precisione; sembrandomi utile ne rimanga traccia nel carteggio di questa Ambasciata col R. Ministero.

Il Conte Andrassy, mentre diceva essere una grossa questione quella che dovrà essere sottoposta alle discussioni della conferenza, soggiungeva: «ciò che noi assolutamente non vogliamo, si è la formazione di un Regno Slavo; siamo disposti a concedere alla Russia, che ha fatto grandi sacrifici, ciò che è giusto, ma non vogliamo che i Dardanelli siano nelle mani degli Slavi. Se la Russia entrasse a Costantinopoli, fra tutti gli elementi che vi troverebbe in conflitto, essa non potrebbe dare il predominio se non agli Slavi, ciò che noi non possiamo ammettere>>. Su queste idee egli ritornò ripetutamente e con energiche affermazioni.

Credo poi non inutile l'aggiungere qui come informazione non senza interesse, che in un precedente colloquio fra il Conte Andrassy ed il Generale Bertolé Viale, il Ministro imperiale, tenendogli parola in termini generali delle possibili conseguenze della crisi attuale, dicevagli: che l'Austria-Ungheria e l'Italia avevano ogni ragione per procedere d'accordo nella presente questione non avendo esse interessi contrari, e tosto soggiungeva: << car si meme, l'Autriche-Hongrie avait quelque chose à désirer en Orient, ce ne serait rien qui put blesser les intérets de l'Italie ». Egli non spiega vasi maggiormente, ed il Generale molto opportunamente non muoveva parola per meglio fargli chiarire il suo pensiero.

459

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 796. Vienna, 7 febbraio 1878 (per. l'11).

Nel mio rapporto del 26 gennaio n. 782 (2), facevo cenno all'E. V. della protesta consegnata dal Cardinale Simeoni ai Capi missione accreditati presso la Santa Sede contro l'avvenimento al trono d'Italia di Sua Maestà il Re Umberto. Risultami ora che pochi giorni fa il Nunzio apostolico presso la Corte Imperiale,

riceveva l'incarico di comunicare al Conte Andrassy una relazione particolareggiata dell'attitudine osservata dal Santo Padre durante l'ultima malattia della fu Maestà Vittorio Emanuele (l); essenzialmente per ciò che si riferisce all'amministrazione fattagli dei Sacramenti, e di tutto ciò inoltre che si riferisce al concorso religioso nella circostanza della tumulazione della sua salma, ed alle successive funzioni funebri ecclesiastiche. Vi andava pure annesso il testo della ritrattazione, che a detta del Cardinale Simeoni Re Vittorio Emanuele avrebbe firmato, se disgraziatamente, come starebbe scritto in quella relazione, non gliene fosse mancata la possibilità! Ho luogo di credere che le molte occupazioni del Conte Andrassy in questi giorni non gli consentirono di ricevere dalle mani di Monsignor Jacobini il documento di cui è caso, e che egli quindi dovette contentarsi di rimettere a S. E. il Barone Orczy.

(l) -Cfr. n. 448. (2) -Cfr. n. 395.
460

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 324. Pietroburgo, 8 febbraio 1878, ore 17 (per. ore 23,30).

L'Empereur dans l'audience d'aujourd'hui, m'a chargé de faire parvenir au Roi ses voeux les plus sincères pour la prospérité de son règne. Il a rappelé en termes affectueux le plaisir qu'il avait eu de recevoir chez lui le Roi et la Reine, et il a renouvelé ses condoléances pour la mort du Roi Victor Emmanuel. Il m'a exprimé les mémes sentiments avec la méme effusion. J'ai profité de cette audience pour dire à l'Empereur que j'ètais chargé d'assurer que le Gouvernement du Roi prendra les dispositions nécessaires pour garantir la sécurité morale et matérielle du conclave. Je lui ai dit aussi que sans faire des propositions ou meme des suggestions, je pouvais affirmer que si le choix pour le siège de la conférence tombait sur Venise, ou une autre ville italienne, nous en serions flattés.

461

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 322. Vienna, 8 febbraio 1878, ore 18,30 (per. ore 20).

Andrassy m'a fait vivement remercier pour la communication que je lui ai adressée ce matin de bonne heure, en conséquence du télégramme de V. E. (2) par rapport aux dispositions prises par le Gouvernement à la suite de la mort du pape. La réponse russe au sujet de la conférence est attendue demain.

(l) -La circolare inviata da Simeoni ai nunzi presso i varii Governi è datata 28 gennaio. (l) -Cfr. n. 454.
462

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 326. Madrid, 8 febbraio 1878, ore 18,50 (per. ore 030 del 9).

Le Roi a reçu avec la plus grande satisfaction ma communication sur les dispositions prises par le Gouvernement du Roi, à la suite de la mort du Pape (l). Le ministre d'Espagne à Rome avait déjà transmis la meme assurance. Des quatre cardinaux espagnols, celui de Tolède, et le patriarche des Indes se disposent à partir. Le ministre d'état m'a assuré que ses instructions sont de favoriser l'élection d'un pape italien et de sentiments conciliants, en ne faisant usage de l'exclusive qu'à l'extremité finale contre Panebianco.

463

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. CONFIDENZIALE 522. Roma, 8 febbraio 1878.

Nel giorno in cui ebbe luogo il trasporto funebre della salma di S. M. Vittorio Emanuele, fra gli stemmi delle città italiane inalberati sui pennoni disposti lungo le strade percorse dal corteggio, fu osservato pure quello di Capo d'Istria. Appena se ne ebbe notizia il Ministero dell'Interno ordinò un'inchiesta dalla quale fu provato che quello spiacevole fatto doveva attribuirsi ad un semplice caso. Era accaduto che l'impresario il quale aveva fornito gli stemmi aveva pur consegnato quelli di Capo d'Istria, e di S. Marino, solo perché il pittore aveva copiato gli stemmi delle città italiane da una tavola edita in Milano da Vallardi, nella quale figurano fra le cento città italiane le due sopraindicate. Nella fretta con cui si compierono i lavori, nessuno si avvide dell'errore in cui era caduto involontariamente il pittore.

Ho stimato doverle partecipare questo incidente, per semplice sua informazione e perché Ella possa ricondurre le cose alle vere loro proporzioni qualora, adesso o in seguito, se ne tenesse discorso a V. E.

464

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 523. Roma, 8 febbraio 1878.

Nella mattina dell'li gennaio, vennero clandestinamente affisse in Bologna alcune copie d'un manifesto del seguente tenore: «Trieste, !stria, legate vincoli

sangue patria italiana, piangono morte loro primo Re, associandosi grande lutto nazionale, chiudendo teatri, negozi, sospendendo seduta Consiglio comunale. Grande emozione cittadina, Allarme autorità».

I funzionari di pubblica sicurezza procedettero, a norma di legge, contro il colpevole di quelle affissioni, denunciandolo all'autorità giudiziaria.

Una tale dimostrazione, che partecipo confidenzialmente a V. E. per sola sua notizia, si ripetè in alcune città, e provocò per parte delle autorità locali gli opportuni provvedimenti per toglierle qualunque significato. Dove l'autorità non si mostrò abbastanza sollecita nel prendere tali misure, il Ministero dell'Interno non ha mancato di far sentire la sua disapprovazione.

(l) Cfr. n. 454.

465

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 374. Parigi, 8 febbraio 1878 (per. l'11).

Appena ricevuti i telegrammi che l'E. V. mi fece l'onore d'indirizzarmi nella sera di jeri (l) e che confermavano la notizia della morte del Papa, qui diffusa jeri nel pomeriggio, io indirizzai giusta le sue istruzioni una lettera a S. E. il Ministro degli Affari Esteri di Francia onde dargli l'assicurazione che il Governo di Sua Maestà aveva prese tutte le occorrenti disposizioni per guarentire la libertà morale e materiale del Governo provvisorio della Chiesa e per fare sì che nulla turbi la più completa libertà e sicurezza delle deliberazioni del Sacro Collegio.

Oggi io mi sono recato dal Signor Waddington per ripetere tali assicurazioni anche verbalmente a S. E. Il Ministro mi disse che in seguito alle precedenti dichiarazioni del R. Governo, Egli non aveva punto dubitato delle sue intenzioni e del suo modo d'agire nell'eventualità che si è ora avverata; ma che tuttavia Egli mi ringraziava d'una comunicazione resa specialmente opportuna dal recente mutamento di regno avvenuto in Italia. Il Signor Waddington aggiunse che pochi istanti prima egli avea dato lettura della mia lettera al Nunzio e che avrebbe fatte conoscere le assicurazioni del R. Governo anche ad altri Cardinali. Dal suo lato il Signor Ministro degli Affari Esteri avea pure dall'Ambasciatore di Francia presso la S. Sede notizie rassicuranti. Il Barone Baude gli telegrafò oggi informandolo d'aver avuto un colloquio col Cardinale Camerlengo il quale con molta fermezza gli dichiarò che il Conclave si riunirebbe in Roma, salvo il solo caso in cui lo scoppio di torbidi gravi glielo rendesse impossibile e lo costringesse ad allontanarsene.

Il Signor Waddington non era in grado di darmi nessun'altra notizia che nelle attuali condiizoni possa interessare il Governo di Sua Maestà e mi disse soltanto che il Conclave si riunirebbe probabilmente il 20 febbrajo, secondo le previsioni di Monsignor Meglia.

La prima impressione prodotta in F'rancia dalla morte di Pio IX non fu invero molto profonda, l'avvenimento non essendo solo preveduto già da molto tempo, ma essendo inoltre stato già più volte prematuramente annunziato negli ultimi mesi.

(l) Cfr. n. 454 e 455.

466

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. l. Pietroburgo, 8 febbraio 1878 (per. il 15).

Arrivé ici le 6 courant au soir avec la suite militaire, j'ai vu dès le lendemain le Prince Gortchacow auquel j'ai remis la copie de la lettre de notification pour l'avènement au trone de Sa Majesté le Roi Humbert. Il m'a reçu camme une ancienne connaissance en m'invitant à mander à Rome que le choix de ma personne pour une aussi honorable mission était on ne peut plus agréable à l'Empereur et à son Chancelier. J'ai eu soin de bien établir que ce choix avait été dicté par la bienveillance et par l'indulgence de mon Auguste Souverain et de son Gouvernement à l'égard d'un ancien serviteur de la Couronne. On avait voulu prendre en considération non mes trop modestes mérites, mais le souvenir qui planait sur mai du bon accueil fait ici au représentant de l'Italie, dans les années 1865-1867 par le Tzar et son premier Ministre. On savait que je m'étais appliqué par penchant, et d'une manière d'ailleurs entièrement conforme aux instructions de mes chefs, à cultiver les excellents rapports entre les deux Cours et les deux pays.

La conversation s'est ensuite engagée sur le terrain politique entre autres au sujet de la démarche du Comte Andrassy pour proposer aux Puissances de fixer à Vienne le siège de la Conférence des affaires Orientales. Le Prince Gortchakow a indiqué !es motifs de son refus, et de ses préférences pour d'autres villes nommément pour Venise. Je ne veux pas empiéter sur la compétence de mon collègue le Chevalier Nigra, en entrant dans des détails sur les quels il est parfaitement renseigné et dont au reste il a déjà informè V. E. J'ajouterai seulement que le Prince s'est montré très satisfait de notre attitude, et qu'il se louait beaucoup de ses bonnes relations avec le Chevalier Nigra.

467

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2. Pietroburgo, 8 febbraio 1878 (per. il 15).

C'est aujourd'hui que j'ai eu l'honneur d'ètre reçu en audience solennelle par l'Empereur avec le cérémonial usité en pareille circonstance pour les Ambassadeurs.

J'ai dit à Sa Majesté qu'au milieu du deuil général de l'Italie pour la mort de son bienfaiteur, de son fondateur, l'Empereur avait fait parvenir à l'Auguste héritier des paroles qui l'avaient touché au plus profond du coeur. La lettre autographe du Roi répondait à celle remise par le Général Glinka. S'il y avait eu changement de règne, les sentiments qui lient les deux Cours demeuraient invariables. Le Roi Humbert maintiendra les traditions de la maison de Savoie. A l'exemple de son bienaimé Père, il s'appliquera à conserver, à cimenter les anciennes relations amicales qui existent et doivent exister entre deux Pays rattachés par des sympathies nationales et par des intéréts politiques d'une telle évidence.

J'étais chargé d'en donner l'assurance la plus formelle et la plus cordiale, et d'ajouter que le Roi et la Reine gardent un vif sentiment de gratitude pour les attentions dont, comme Prince et Princesse de Piémont, ils ont été comblés dans leur voyage en Russie par l'Empereur, l'Impératrice et la Famille Impériale. L'accueil ne pouvait étre de toutes manières plus gracieux et plus amicai.

J'ai remis à Sa Majesté la lettre Royale notifiant l'avènement au tròne du Roi Humbert.

L'Empereur m'a parlé avec émotion de l'attachement qu'il portait au Roi défunt et du vif regret causé par sa mort. Il n'avait jamais oublié que le Roi Vietar Emmanuel avait eu pour l'Impératrice Alexandra Féodorowna, sa mère, qui se plaisait à le rappeler à chaque occasion, des égards et une sympathie touchante, en quelque sorte filiale. Il aurait voulu marquer davantage encore ses condoléances en se faisant représenter à Rome aux obsèques par un membre de la Famille Impériale; mais la plupart des Grands Ducs étaient et so n t eneo re sur le théàtre de la guerre. Le Grand Due Constantin son frère n'a, il est vrai, pas quitté la capitale; mais il dirige une vaste administration où sa présence est absolument requise. L'Empereur formait les meilleurs voeux pour le nouveau règne et pour le bonheur de l'Italie. Lui aussi avait conservé la meilleure impression de la visite en 1867 et en Juillet 1876.

L'Empereur se montrait, comme son chancelier, satisfait de notre attitude politique dans la crise Orientale; mais, comme le Prince Gortchakow, Sa Majesté semblait préoccupée de la situation actuelle, l'oeuvre de la diplomatie étrangère ne lui inspirait pas la méme confiance que l'action de ses armées victorieuses.

J'ai profité de la circonstance pour bien définir combien notre attitude avait été correcte et sans aucune arrière pensée. Nous ne négligerions rien pour la maintenir dans la méme voie. Les déclarations de l'Empereur Alexandre nous inspiraient confiance. De nombreux actes de son règne témoignent du haut prix qu'il fallait attacher à sa parole et à la modération de ses vues. Sa Majesté disait qu'il était vraiment dommage que l'Angleterre ne parùt pas penser de méme « On serait presqu'induit à croire que ceux qui ont l'air de douter de nos intentions, jugent autrui d'après eux-mémes. Et cependant je n'ai rien fait contre les intéréts de l'Angleterre ».

Comme le Chevalier Nigra a remis le méme jour ses lettres de créance, et qu'il ne manquera pas de faire son rapport à V. E., je craindrais de tomber dans des redites en m'étendant davantage sur ce sujet. Je tiens néammoins à constater, pour ce qui concerne l'Allemagne, que je laisse clairement entendre que nous nous appliquons vis-à-vis d'elle auss1 a vivre dans la meilleure entente. On doit etre convaincu, ici surtout, des dispositions favorables du Cabinet de Berlin à l'égard de la Russie, et par eonséquent mon langage, parfaitement véridique, est tout-à-fait à sa piace.

L'Impératrice m'a accordé une audience le meme jour. Elle aussi s'est exprimée avec beaucoup de respeet pour la mémoire du Roi Vietar Emmanuel et de reconnaissance pour les témoignages d'amitié qu'elle avait reçus à Sorrente, Rome et San Remo. De méme que l'Empereur elle a parlé du Roi Humbert et de la Reine Marguerite dans des termes pleins de sympathie pour Leurs Augustes Personnes. A son tour, Sa Majesté leur souhaitait un heureux règne et que la Providence les comblàt, ainsi que l'Italie, de toute sorte de bonheur et de prospérité.

Je m'empresse de rendre compte à V. E. du langage de l'Empereur et de l'Impératrice, en vous priant de le rapporter au Roi et à la Reine. Je remercie une fois encore Sa Majesté de la mission qu'Elle a daigné me confier sur la proposition de V. E. Si j'en étais digne, je n'avais d'autres titres que l'attachement que ma famille a eu le bonheur de témoigner à la maison de Savoie. Si deux générations de ses Rois m'ont déjà honoré de leur confiance, la troisième sait d'avance que tous mes efforts seront voués au bien de son service et que mon dévouement lui est acquis sans bornes. Je vous suis bien reconnaissant, M. le Ministre, d'avoir contribué à me procurer l'oecasion de manifester des sentiments qui sont aussi les votres.

Dans les audiences, j'étais aceompagné par les lieutenants Colonels Chevalier Pierantoni et Comte del Mayno que j'ai eu l'honneur de présenter à Leurs Majestés Impériales.

Viendra maintenant la série des visites et présentations aux divers membres de la Famille Impériale.

Je me réserve, quand je serai de retour à Berlin, de revenir plus au long sur les impressions favorables que je recueille auprès de cette Cour et de ce Gouvernement franehement amis de notre Dynastie et de notre nation.

468

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 797. Vienna, 8 febbraio 1878 (per. l'11).

I eircoli politici di questa Capitale preoccupati, si può dire, esclusivamente in questi giorni della fase in cui è entrata la questione d'Oriente, non ebbero a quanto mi risulta, a prestar grande attenzione all'opuscolo testè pubblicato a Monaco sotto il titolo « Il Conte Andrassy al banco d'accusa innanzi alle Delegazioni>>. I Giornali che ne fecero cenno senza grandi commenti attribuirono a quella pubblicazione un'origine officiosa, astenendosi però dal precisare se questa si dovesse cercare a Berlino o a Vienna. La Correspondance Autrichienne organo talvolta inspirato dal Ministero Imperiale degli Affari Esteri, conteneva ieri una corrispondenza da Roma su quell'argomento, che non portava luce di sorta sulla questione. Se dovessi portar un giudizio su quella corrispondenza, direi, ch'essa mi fece l'impressione di essere stata compilata a Vienna in base ad un documento ufficiale. Non saprei del resto dispensarmi dal dire, dacché fui tratto a toccar questo argomento, che io ravviserei ottimo e prudente consiglio lasciar passare l'incidente senza accrescerne l'importanza sollevando polemiche in proposito in tempi in cui è così necessario di attutire le passioni, onde mantenere il più che possibile la concordia fra le potenze che tante e così gravi cagioni già minacciano di turbare.

Nel porgere così risposta all'ossequiato dispaccio dell'E. V. del 4 corrente

n. 515 ... (1).

469

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 330. Vienna, 9 febbraio 1878, ore 14,45 (per. ore 16,40).

La Cour de Vienne ne prend pas le deuil pour le décès du Saint Père (2). Demain et dans la huitaine il y aura un service religieux dans la Cour impériale où la Cour interviendra sans cortège. Après l'électìon il y aura un te Deum auquel la Cour interviendra avec cortège.

470

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 331. Parigi, 9 febbraio 1878, ore 15 (per. ore 17,30).

Le Gouvernement français ne se départira pas de la tradition spéciale en cas de la mort d'un pape ni de celle des républiques en général et ne préscrira aucun deuil. Il n'enverra pas non plus de représentant officiel spécial aux funérailles du Saint Père, et le Ministère désire mème que le maréchal Mac Mahon s'abstienne d'envoyer à Rome un représentant officieux à titre purement personnel. Le Gouvernement français se bornera à organiser officiellement le service qui sera célébré à Notre Dame pour le chef de la religion dominante en France. Hier sur la proposition de M .... (3) il a été également décidé de ne pas sièger dans le jour qui sera fixé à Paris pour le service de Pie IX, mais Jules Ferry a expressément déclaré que la majorité n'entendait pas laisser transformer en manifestation politique ou religieuse un acte de haute convenance. Le Sénat prendra certainement une décision conforme. Un bal à l'Elysée fixé au 12 et toutes les réceptions officielles de la semaine prochaine ont été contremandées.

(l) -Non publ.>licato. (2) -Con t. 169, pari data. non pubblicato, Tornielli aveva chiesto ai rappresentanti a Bruxelles, Madrid, Monaco, Parigi e Vienna informazioni circa le disposizioni prese da quei Governi in occasione della morte di Pio IX. (3) -Gruppo indecifrato.
471

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 332. Monaco, 9 febbraio 1878, ore 15,17 (per. ore 17,50).

La Cour de Bavière ne prendra pas le deuil pour le Saint Père et oftìciellement maintient l'ancienne règle. Cependant probablement le Roi supprimera la représentation au théatre royal le jour des funérailles à Rome. Jusqu'à présent on n'a pas encore contremandé un bal chez le prince Léopold fixé pour le 11. Suivant l'ancienne règle, il ne sera pas permis de sonner régulièrement pendant plusieurs jours à des heures fixes, droit réservé exclusivement aux Souverains et à leurs épouses. Pour ce Pape ainsi que pour le précédent, on sonnera seulement durante les services.

472

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 333. Vienna, 9 febbraio 1878, ore 16,40 (per. ore 17,35).

La réponse russe n'est pas encore connue par Andrassy, mais j'ai tout lieu de croire qu'il ne fera pas question à l'égard du siège de la conférence. L'essentiel pour lui est une prompte pacification. La réponse n'a été donnée jusqu'ici à la démarche de l'Angleterre par rapport à l'envoi de batiments à Constantinople; mais Calice me disait qu'elle était formulée de manière à n'avoir rien d'hostile pour la Russie. Il avait l'air de désirer de voir d'autres Puissances s'y associer. Cela aurait toujours un caractère moins hostile, et je crois cependant qu'il serait prudent de ne pas se presser. Parlant avec Calice du conclave il me disait que le Cabinet autrichien se désintéressait presque entièrement du choix du futur Pape. Il s'exprimait pourtant d'une manière à laisser voir que le Cabinet de Vienne, avait fort apprécié l'attJitude observée dans cette circonstance par le Gouvernement italien.

473

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 337. Madrid, 9 febbraio 1878, ore 20,30 (per. ore 1,30 del 10).

La Cour d'Espagne, suivant l'usage, ne portera pas signe extérieur de deuil, à moins qu'autres Cours le fassent. Cependant, les théatres royaux resteront fermés pour quatre jours.

30 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. IX

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 219. Roma, 9 febbraio 1878.

Mi sono riuscite particolarmente interessanti le indicazioni che, con rapporto del 27 gennaio scorso, n. 182 (1), V. E. mi ha fornito intorno alle condizioni della pace da stipularsi tra la Russia e la Turchia, e intorno agli intendimenti del Principe Gortchakow rispetto al modus procedendi.

Se non vado errato, nel confrontare assieme le notizie di Lei con quelle che mi vengono da altri lati, siffatto modus procedendi sarebbe, secondo il desiderio della Russia, questo che qui riassumo: Accettate, oramai, sic et inde, e firmate ad Adrianopoli quelle che furono chiamate basi per la pace e per l'armistizio, si regolerebbero ora, sempre fra i delegati delle sole due Potenze belligeranti, i particolari dell'armistizio, nel tempo stesso che, tra i plenipotenziarii dei due Sovrani, si negozierebbero e si concluderebbero i preliminari di pace. I quali preliminari avrebbero senza dubbio ogni necessario sviluppo, sarebbero pienamente obbligatori tra le due parti contraenti, e non differirebbero, in sostanza, da un vero e proprio Trattato di pace, se non in quanto farebbe difetto ad essi un carattere definitivo ed immutabile. A questo riguardo il Principe Gortchakow ha dichiarato ai varii Gabinetti e nel colloquio stesso che ebbe con l'E. V. che saranno oggetto di un accordo tra le grandi Potenze i punti concernenti gli interessi generali dell'Europa. Però il Principe Cancelliere non ha detto ancora, per quanto ci consta, in quale momento dei negoziati diretti tra la Russia e la Turchia avranno ad intercedere gli accordi con le grandi Potenze, né in quale forma siffatti accordi saranno per concretarsi. La quale questione assume un'importanza maggiore dopoché, per iniziativa dell'Austria-Ungheria, è stata messa innanzi ed accettata dalle varie Potenze la proposta di una Conferenza (2).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 524. Roma, 9 febbraio 1878.

Convengo pienamente nelle considerazioni che l'E. V. mi esponeva nel pregiato rapporto del 27 gennaio, n. 783 (3), e che Le erano suggerite dalla iniziativa testè presa dal Conte Andràssy per uno scambio di idee tra i due Gabinetti, rispetto alla questione orientale. Furono quelle considerazioni stesse che ci

(-3) Cfr. n. 403.

indussero a rispondere bensì con sollecitudine e con benevolenza speciale, però senza uscire da quei limiti di riserbo che le esigenze della nostra situazione e le stesse tradizioni della nostra politica ci impongono.

Ad ogni modo delle savie avvertenze di Lei Le porgo i miei ringraziamenti.

(1) -Non pubblicato, ma cfr. n. 396. (2) -Ed. in LV 24, p. 288.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 525. Roma, 9 febbraio 1878.

Anche da altra parte mi era stata segnalata la protesta pontificia di cui V. E. mi fa cenno nel pregiato rapporto del 26 gennaio scorso, n. 782 (1). Per quanto concerne i nostri rapporti col Gabinetto austro-ungarico non abbiamo di che preoccuparcene dopo la presenza dell'Arciduca Ranieri in forma omciale a quella seduta solenne della Camera nella quale S. M. il Re Umberto prestava il suo giuramento. Ci lusinghiamo, del pari, che gli altri Governi si asterranno dal rispondere a quel documento, e si asterranno altresì dall'accusarne ricevimento. Un diverso procedere non parrebbe conforme alla situazione di fatto dei rapporti tra il Regno e quei varii Stati.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 192. Pietroburgo, 9 febbraio 1878 (per. il 16).

Nell'udienza accordatami jeri dall'Imperatore, Sua Maestà Imperiale toccò alcuni punti speciali sui quali devo confidenzialmente riferire all'E. V.

Anzitutto l'Imperatore osservò che durante la presente crisi orientale la politica seguita dal Governo del Re era stata corretta. Sua Maestà Imperiale si mostrò specialmente preoccupata dell'attitudine dell'Inghilterra che disse piena di diiDdenze e di sospetti che la condotta ed il linguaggio della Russia non avevano giustificato. Mi confermò che non aveva mai pensato e non pensava di conquistare Costantinopoli, ma affermò che siccome questa capitale non doveva essere posseduta dalla Russia così pure non doveva in nessun caso essere posseduta da qualsiasi altra grande Potenza. Aggiunse però che aveva sempre riservato il caso di una momentanea occupazione di Costantinopoli per parte delle truppe russe come fatto eventuale di guerra se tale occupazione fosse stata ravvisata necessaria per giungere alla conclusione della pace. L'Imperatore si pronunziò molto risolutamente nel senso dì consacrare nella pace definitiva il miglio

ramento reale ed efficacemente guarentito delle popolazioni Cristiane d'Oriente. Quanto alla Conferenza Sua Maestà Imperiale mi disse che se essa si riuniva, doveva riunirsi in una città che non fosse la capitale di una delle Potenze interessate escludendo così la città di Vienna proposta dal Gabinetto Austro-Ungarico, e che desiderava che vi prendessero parte i Ministri dirigenti degli Stati in essa rappresentati.

(l) Cfr. n. 395.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, E AI MINISTRI A LISBONA, OLDOINI, E A MADRID, GREPPI

T. 175. Roma, 10 febbraio 1878, ore 23,55.

On assure que dans la congrégation d'hier les cardinaux ont pris la résolution définitive de tenir le conclave à Rome.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1972. Berlino, 10 febbraio 1878 (per. il 14).

Negli ultimi giorni che precedettero la riapertura del Reichstag tedesco, fu ventilata in questi circoli parlamentari la quistione se convenisse di muovere al Cancelliere Imperiale una interpellanza sulla politica della Germania nelle cose d'Oriente. È bastantemente noto quanto ripugni al Principe di Bismarck ogni pubblica discussione di tal genere. Ciò nondimeno, la parte liberale del Reichstag, sia per la gravità della situazione attuale, sia nell'intento di prevenire una mozione analoga da parte di una delle frazioni della Camera ostili al Governo, decise di prenderne essa stessa l'iniziativa: e ierl'altro depose sul banco della presidenza una interpellanza nella quale, riferendosi al Discorso della Corona, di cui ebbi a riprodurre testualmente un brano nel mio rapporto politico

n. 1968 (1), chiede se ed in qual giorno il Cancelliere Imperiale voglia dar comunicazione al Reichstag della situazione politica delle cose in Oriente, nonché della attitudine che riguardo ad essa il Governo Imperiale ha adottato ed intende adottare.

I nomi di coloro che firmarono e appoggiarono siffatta interpellanza, quelli sovratutto degli onorevoli Signor di Bennigsen e Dr. Lasker, inducono generalmente a credere che la loro risoluzione abbia avuto il previo consenso del Can

celliere Imperiale. Ne dubito tuttavia. Ad ogni modo, il Principe di Bismarck, quantunque da tempo si annunzii come imminente il suo ritorno a Berlino, non si è ancor mosso da Varzin.

Che egli debba ora più che mai esitare a trattenere il Reichstag dei suoi apprezzamenti sullo stato politico attuale dell'Europa e circa gli intendimenti del Governo tedesco, si deve essere indotti a crederlo dalla piega che le cose andarono rapidamente prendendo dacchè i russi giunsero sotto Costantinopoli e svelarono i punti generali delle loro condizioni di pace. Sintanto che l'Inghilterra stava isolata di fronte alla lega dei tre Imperi del Nord, si poteva fare assegnamento sulla sua impotenza e contare sulla circoscrizione del conflitto turcorusso. E perciò il Principe di Bismarck dichiarava nel 1876 che, nella quistione d'Oriente, la Germania avrebbe aderito a tutto ciò in cui Austria e Russia si mettevano d'accordo: ed è questa la medesima dichiarazione che di poi ebbimo in ogni incontro ad udire da parte di questo Segretario di Stato. Il Gabinetto di Berlino, tenendo la bilancia uguale ed osservando una somma riserva, otteneva che Russia ed Austria, per non rimanere isolate, fossero costrette di transigere e di conciliarsi in quei punti nei quali la divergenza dei loro interessi le avrebbe agevolmente inimicate. Ma oramai, il sordo malcontento che si fece strada a Vienna contro i progetti della Russia, mette in grave pericolo la continuazione di un simile equilibrio, e vediamo già il Principe Gortchakow rifl.utarsi energicamente all'invio dei plenipotenziari russi a Vienna, non volendo forse che, sedendo colà la conferenza cui la Russia aderì in principio, ne spetti la presidenza al Conte Andràssy. In caso di conflitto fra le due Potenze amiche, dovrà la Germania mantenersi assolutamente neutrale, senza imporre il suo veto al Gabinetto di Vienna, e perdere così il frutto di una neutralità costantemente benevola per la Russia, inimicandosi il Gabinetto di S. Pietroburgo? Oppure, sarà essa indotta a favorire. non fosse altro mediante una assoluta astensione, l'Austria-Ungheria di cui il Principe di Bismarck ebbe a dire ugualmente che, se le sue condizioni vitali in Oriente dovessero essere esposte a soffrir detrimento, la Germania sarebbe stata nel caso di schierarsi dalla sua parte, e ciò nel proprio suo interesse?

Una conferenza europea giungerebbe forse in tempo per ovviare a tanta incertezza ed a tanto pericolo. E la Germania la desidera perciò ora vivamente.

Questo Segretario di Stato, col quale ebbi occasione di trattenermi ieri per pochi momenti, non mi nascose che la situazione gli sembrava, per dir poco, assai grave. Senza addentrarsi in altri particolari egli notava soltanto che da parte dell'Inghilterra il pericolo di un conflitto non era a suo parere molto grande. Ma era ormai urgente di aprire negoziati diplomatici. Il Gabinetto di Berlino avrebbe voluto che la Conferenza potesse aprirsi immediatamente. La scelta della sede della medesima gli era indifferente. Anche la mancanza di un programma preciso delle deliberazioni non sarebbe più stato di ostacolo per questo Gabinetto, pur di vedere al più presto radunata la conferenza. Soltanto, secondo il Signor di Bi.ilow, serie considerazioni consigliavano di prescinder dalla condizione che le Potenze vi fossero rappresentate dai Capi dei loro Gabinetti.

È nota a V. E. la ripugnanza del Cancelliere Imperiale Tedesco, per ogni Congresso diplomatico, tanto più .quando manchi un accordo preliminare ben preciso sul da farsi. Mi parve pertanto abbastanza caratteristico il modo in cui mi parlò iersera il Segretario di Stato, perché stimassi mio dovere dl darne cenno per telegrafo, come ebbi l'onore di farlo oggi (1). Quanto al voto espresso dal Signor di Btilow perché i primi Ministri delle Grandi Potenze non debbano essi medesimi rappresentare i loro Governi nella sperata conferenza, esso si spiega di per sè quando si rifletta al carattere ed alle abitudini del Cancelliere Tedesco.

Ho l'onore di segnar ricevuta dei dispacci politici nn. 613, 614, 615, 616 e 617, in data 4 e 5 corrente (2)...

(l) Cfr. n. 449.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 349. Vienna, 11 febbraio, ore 15 (per. ore 17,45).

Je reçois à l'instant du comte Andràssy la lettre suivante:

«J'ai eu l'honneur de recevoir la lettre par laqueUe V. E. a bien voulu me faire part de toutes les dispositions qui ont été prises à Rome pour assurer la liberté matérielle et morale du Gouvernement provisoire de l'Eglise et garantir l'indépendance des délibérations du conclave. Le Cabinet impérial et royal a pris connaissance de cette importante communication. Il n'a jamais mis en doute, ni la sincérité des assurances données itérativement et spontanément à cet égard par le Cabinet du Quirinal ni son pouvoir de les réaliser. En vous priant de vouloir bien vous faire auprès du Gouvernement du Roi l'interprète

de cette communication, je saisis etc. signé Andrassy ».

481

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

T. 185. Roma, 11 febbraio 1878, ore 16,45.

Le télégramme que vous m'avez expédié hier soir (3) au sujet de l'inquiétude qui règne en ce moment à Berlin nous signale un còté très grave de la situation que les derniers événements ont créée entre l'Autriche et la Russie. Nous avons

lieu de croire que dans l'attitude réciproque des Cabinets de Vienne et de Saint Pétersbourg, se cache plus d'une cause de profonds dissentiments. Il est probable que ces dissentiments éclateraient dans la conférence ci celle-ci venait à se réunir. Je ne vois presque pas de base de la paix turco-russe qui ne soulève des objections très vives à Vienne. Il est plus que jamais nécessaire que nous nous concertions avec l'Allemagne sur l'attitude à prendre dans le cas où une détente ne venait pas à se produire avant la réunion de la conférence. Faites une ouverture dans ce sens à M. de Btilow. Nous comptons toujours que l'Allemagne voudra prendre en considératìon qu'il y a des questions en Orient sur lesquelles nous ne pourrions pas nous désintéresser aussi complètement qu'on le fait à Berlin.

(l) -Con t. 343, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 434, gli altri dispacci non sono pubblicati. (3) -Non pubblicato.
482

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 353. Vienna, 11 febbraio 1878, ore 22,11 (per. ore 6,20 del 12).

Andrassy m'a dit que précisement à cause de la communication russe, il ne peut pas reculer. Il vient d'envoyer l'ordre formel à Vichy de demander à la Porte le firman pour faire entrer deux bàtiments dans le Bosphore, pour le cas que cela fut nécessaire. Il m'a ajouté qu'il aimerait beaucoup voir l'Italie en faire autant. Ces deux bàtiments iraient attendre les événements dans la baie de Besika. Je prie V. E. de me faire savoir si elle entend suivre la méme conduite, ce qui serait mon avis. Ayant ensuite demandé à Andrassy ce que nous ferons si la Porte refusait, il me répondit elle serait dans san droit et nous resterions dehors. Nous avons ensuite parlé de la note russe par rapport à la conférence. Elle est très polie, très cordiale méme; il m'en a lu quelques passages. Gortchakoff propose le choix de Dresde puis de Bade, et il insiste pour présence des ministres dirigeants. Andrassy m'a dit qu'il accepte n'importe laquelle des deux villes sus-nommées, qu'il est prèt à se rendre au congrès si les autres y vont, bien entendu sans parler de Bismark qui n'ira pas. L'essentiel pour lui est une prompe déliberation. Il désirerait que l'Italie insiste aussi à propos du siège de la conférence. Il s'est plaint d'une manière très ressentie que, d'après ce que Langenau lui mande, Nigra aurait proposé à Gortchakoff que la conférence se réunisse à Venise. n m'a répété plusieurs fois «Ce n'est pas gentil de votre part d'accepter Vienne, puis de vouloir attirer la conférence chez vous. Ce sont ces choses là qui font qu'on se méfie toujours de vous ». Cet incident serait déplorable s'il était vrai. Je prie V. E. de me donner des instructions sur le langage que je dois tenir à ce sujet car évidemment je n'étais pas en mesure de rien répondre ce qui m'a mis dans une fausse position. Le nonce a fait hier communication écrite pour annoncer que le conclave se tiendra à Rome.

483

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1973. Berlino, 11 febbraio 1878 (per. il 14).

Non ho mancato di far pervenire senza ritardo a S. E. il Signor di Biilow una comunicazione conforme a quanto Ella mi fece l'onore di telegrafarmi la sera del giorno 8 corrente (l). Lo informai cioè che, all'annunzio della morte di Papa Pio IX, il R. Governo si era affrettato di prendere le disposizioni opportune acciò fosse guarentita piena libertà materiale e morale al Governo provvisorio della Chiesa ed al Conclave.

Il Segretario di Stato mi espresse i suoi ringraziamenti per siffatta comunicazione. Ma non entrò in altri particolari sull'argomento. Ciò si spiega facilmente, riflettendo alla situazione speciale dell'Impero tedesco, in gran maggioranza protestante ed armato di tutto punto con le così dette leggi dì Maggio, di fronte alla Santa Sede. Il Signor di Biilow sperava soltanto che il nuovo Sommo Pontefice, qualunque sia egli per essere, volesse rendersi conto che la Germania non era animata da sentimenti di ostilità contro la Chiesa cattolica, ma voleva solamente veder rispettati i diritti di sovranità dello Stato. Egli osservava poi di quanto pericolo sarebbe stato in questo momento il Governo di cui il 16 maggio aveva minacciati la Francia ed i suoi vicini. Sul quale facevasi da molti assegnamento, in vista appunto della eventualità di un prossimo conclave.

Ho l'onore di segnar ricevuta dei dispacci politici nn. 618, 619 e 620, in data del 7 corrente (2).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. (3). Roma, 12 febbraio 1878, ore 18,40.

Voici où nous en sommes avec l'affaire du firman à demander pour entrer avec deux frégates dans le Bosphore. C'est le Gouvernement français qui le premier nous a fait connaitre son intention de demander le firman. Il avait reçu des nouvelles alarmantes de Constantinople. L'entrée des deux frégates ne devait avoir lieu que du consentement de la Porte pour la protection des nationaux. Nous avons donné au comte Corti des instructions analogues. Notez bien que les informations de notre ministre pas plus que celles du chargé d'affaires de France n'indiquaient qu'il y eùt un danger quelconque pour les étrangers à Constantinople. C'est la diplomatie anglaise, qui, en communiquant des nouvelles qui étaient arrivées, disait-on par la voie de Bombay avait créé une inquiétude qui, heureusement s'est trouvée sans fondement. Le comte Corti et le chargé d'affaires de France en interprétant les instructions qu'il avaient reçues de Ieurs Gouvernements respectifs ont jugé à propos de suspendre la demande du

firman, car cette demande n'était pas à leurs yeux jusbifiée par la situation présente de Constantinople et elle n'aurait abouti qu'à un refus. Le Gouvernement français nous a informé dès hier matin que son représentant devra attendre que les circonstances justifient la demande du firman et nous avons de notre còté approuvé le comte Corti d'avoir suspendu jusqu'à nouvel ordre la demande qu'il avait été chargé de faire. J'ai été bien aise que la Puissance qui avait pris l'initiative de la demande du firman fut également la première à suspendre l'exécution des instructions données à cet effet aux représentants à Constantinople. N'ayant donné des ordres qu'en vue de certaines circonstances de fait qui ne se sont pas heureusement réalisées nous pouvions approuver la conduite de nos agents sans rien retirer, car nous nous trouvions dans le cas de n'avoir encore rien demandé: je ne cacherai pas à V. E. qu'une démarche dont la conséquence immédiate pourrait etre l'entrée des russes à Gallipoli et à Constantinople ne serait pas suffisamment justifiée à mes yeux par les circonstances actuelles. Notre but ayant été jusqu'ici de localiser la guerre, je crois que nous agirions en dehors de ce programme, en encourageant par notre attitude des démarches au bout desquelles pourrait se trouver un conflit entre des Puissances également amies de l'Italie.

Dans ce que vous me dites quant à la proposition de Venise faite par Nigra (1), je retrouve la trace de la malveillance persistante avec laquelle les agents austro-hongrois à Pétersbourg interprètent l'action et le langage de M. Nigra. La Russie a déclaré net qu'elle refusait Vienne comme siège de la conférence. J'ai déclaré au baron d'Uxkull que nous avions au contraire accepté le choix de cette ville et que par conséquent nous étions engagés vis-à-vis de l'Autriche. La Russie a proposé le choix de petites villes sans signification politique, telles que Bade ou Dresde. Il est impossible que M. Nigra ait fait une proposition pour Venise, mais du moment que déjà l'année dernière, le nom de cette ville avait été prononcée, ìl est naturel qu'un agent italien ait pu dire dans une conversation que le choix d'une de nos villes serait plus flatteur pour nous que celui d'une ville d'Allemagne. Je ne pense pas d'ailleurs que d'avoir accepté Vienne sans aucune hésitation et sans aucune arrière pensée nous interdise maintenant que nous savons que la Russie refuse de se rendre à Vienne de causer sur l'opportunité d'un autre choix que l'on nous proposera,it.

(l) Recte del 7, cfr. n. 455.

(2) -Non pubblicati. (3) -Il telegramma, per un evidente errore, è inserito due volte nel registro dei telegrammi in partenza, con i nn. 189 e 190.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 361. Berlino, 12 febbraio 1878, ore 21,58 (per. ore 23,20).

Je me suis entretenu avec le secrétaire d'Etat dans le sens du dernier télégramme de V. E. (2). Il parait que le moment n'est pas venu pour entrer dans un échange de vues détaillé avec le Cabinet allemand. Btilow fait des voeux pour la conférence, mais il constate avec regret, qu'il ne dépend pas du Cabinet allemand d'en accéler 'la réunion si tant est qu'on y doive parvenir. Il

parait meme qu'en Autriche on tient bon pour qu'elle siège à Vlenne. En outre pour se concerter, il faudrait savoir sur quels points il s'agira de délibérer. Or les préliminaires turco-russes ne sont pas encore bien connus. J'ai fait remarquer, que si on voulait attendre un programme préalable on ne viendrait certainement à bout de rien et qu'en attendant le désaccord austro-russe s'aigrissait toujours davantage. Nous avions tout intéret, comme l'Allemagne, à prévenir un conflit entre ces deux Puissances. Notre situation était sous bien des rapports identiques et il y avait avantage à s'entendre sans retard. La seule différence qui existait entre nous et l' Allemagne était que dans certaines questions nous ne pouvons pas nous désintéresser aussi complètement que l'Allemagne. Btilow s'en rendait parfaitement compte, mais il est resté sur la réserve. Il espérait que nous continuerions, en attendant, à nous rencontrer, comme jusqu'ici dans un parfait accord, meme sans nous etre concertés d'avance. En conclusion, je dois constater qu'on est ici dans les meilleures dispositions, mais que le moment n'est pas propice encore pour une entente précise. D'après ce qui me revient d'autre part, l'opinion qui prend maintenant le dessus à Berlin est que le moment parait venu pour la Russie de faire preuve de modération et qu'il faut absolument qu'elle fasse en sorte de ne pas allumer en Europe l'incendie d'une guerre générale.

(l) -Cfr. n. 482. (2) -Cfr. n. 481.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 368. Parigi, 13 febbraio 1878, ore 18,30 (per. ore 20,20).

Des services solennels organisés par le clergé seront célébrés demain pour Pie IX à Versailles et vendredi à la cathédrale de Paris. Le maréchal Mac Mahon assistera à celui de Versailles, mais il n'interviendra pas à celui de Notre Dame. Pour ce dernier, le nonce envoie les invitations au corps diplomatique, jusqu'ici il n'en a pas encore envoyé à l'ambassade royale. Je viens de demander à Waddington s'il avait quelque nouvelle information touchant le conclave. Il m'a répondu négativement en ajoutant qu'il pensait que tout se passera d'une manière régulière. Toujours memes incertitudes sur les chances des candidats papables.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1041. Costantinopoli, 13 febbraio 1878 (per. il 19).

È mio debito di riferire a V. E. in modo riservato che questa Ambasciata Austro-Ungarica continua a manifestare sentimenti poco pacifici. Il primo annunzio della venuta della flotta Inglese era stato da essa accolto con dimo

strazioni di viva soddisfazione, seguito da manifesta espresslone di amarezza

allorché venne la notizia del ritorno a Besika. Iersera i nuovi ordini dell'entrata

della flotta erano o ignorati o gelosamente celati a quella Ambasciata. Però

m'è noto che alcuni Membri di essa si lasciarono sfuggire delle frasi che dino

tavano tendenze piuttosto guerriere. Ed a qualcuno che manifestava i gravi pe

ricoli che potrebbe correre l'Impero Austro-Ungarico mettendosi in lotta colla

Russia, era risposto poter essere che l'Austria fosse assicurata della neutralità

benevola della Germania.

Dopo aver scritto i precedenti rapporti fui ragguagliato da buona fonte

che l'Ambasciata d'Inghilterra nel fare ieri alla Sublime Porta la comunicazione

relativa all'entrata della flotta non allegò più il motivo della protezione dei na

zionali, ma bensì la stretta ragione politica la quale metteva il suo Governo nella

necessità ineluttabile di prendere questa misura.

Debbo pure riferire all'E. V. sotto la massima riserva che Server Pacha nel parlare dell'intenzione del Rappresentante di Francia di domandare i Firmani per due navi da guerra, soggiunse «sperare di veder la flotta francese in questi mari, ma per ben altri motivi che quello della protezione dei nazionali~.

In questi due giorni seguiva eziandio uno scambio di telegrammi tra il Sultano e lo Czar riguardo all'apparizione della flotta Inglese ai Dardanelli. Io non ho visto il testo di queste comunicazioni, ma mi è detto che l'Imperatore Alessandro faceva intendere, se la flotta veniva nel Bosforo, Sua Maestà manderebbe un corpo di truppe a Costantinopoli per analoghe ragioni. E so che mentre sto scrivendo queste linee due telegrammi del Sultano sono in via per Londra.

Ed all'ultimo momento persona degna di fede mi afferma che l'Ambasciatore d'Inghilterra, nello spiegare la grave determinazione presa dal suo Governo disse «tutto stava di condurlo a fare il primo passo; il resto seguirà~. Altri invece nutrono ancora la speranza che i Governi d'Inghilterra e di Russia mercè mutue spiegazioni, riesciranno ancora ad intendersi affine di evitare le calamità d'una guerra.

Dalle notizie che l'E. V. riceverà per telegrafo prima che le presenti vengono a sue mani, essa giudicherà se sia opportuno di fornirmi istruzioni speciali pel caso in cui la Maestà del Sultano avesse a lasciare Costantinopoli.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A LONDRA DE MARTINO, E A PARIGI, RESSMAN, E AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 193. Roma, 14 febbraio 1878, ore 18.

L'ambassadeur d'Allemagne nous a dit hier que le prince Gortchakoff a déclaré n'avoir aucune objection à admettre la présidence du plénipotentiaire allemand, si la conférence se réunit dans une ville d'Allemagne. Le Cabinet de Berlin persiste à maintenir son adhésion au choix de Vienne, mais si l'Autriche y renonce il est prèt à accepter Bade ou Bruxelles ou toute autre ville que ce soit. Le choix de Dresde ne parait pas plaire à Berlin. J'ai répondu que aussi nous maintenions notre adhésion pour Vienne, que le débat sur le choix du siège de la conférence était ouvert entre l'Autriche et la Russie, et que si la première de ces deux Puissances renonçait à Vienne, nous n'avions aucune objection contre le choix d'une ville quelconque, n'ayant pas de signification politique.

489

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

T. 196. Roma, 14 febbraio 1878, ore 23,35.

La flotte anglaise est arnvee aux iles des princes à une heure de Constantinople. Le Sultan a falt un dernier effort en s'adressant personellement à Londres et à Saint Pétersbourg pour éviter l'entrée de la flotte britannique et de l'armée russe dans la capitale. Nous avons reçu hier une communication du Cabinet de Saint Pétersbourg constatant que l'entrée éventuelle et l'occupation temporaire de Constantinople par les russes n'aurait pas un but différent de celui que I'Angleterre a déclaré se proposer par l'envoi de ses navires. Nous ne comprendrions pas dit le prince Gortchakow que cela dùt amener des hostilités, nous ferions ensemble avec l'Angleterre une oeuvre de paix et d'humanité. Veuillez dire à M. de Btilow que malgré ces déclarations nous considérons la situation comme extrèmement tendue et nous voudrions travailler avec l'Allemagne à obtenir, si c'est possible une détente. On n'ignore pas à Berlin que le Gouvernement autrichien a fait demander le firman d'entrée aux Dardanelles pour deux frégates blindées qui sont déjà en route. Il ressort des communications entre Vienne et Londres, que le comte Andrassy approuve le point de vue anglais. Qu'il existe une très-grande différence entre l'envoi de navires pour protéger les nationaux résidants à Constantinople et l'occupation militaire par les troupes auxquel!les l'armistice dernièrement conclu interdit l'entrée dans cette ville. Dites à M. de Btilow que je le prie de prendre en considération, si dans les circonstances actuelles, la présence simultanée dans les eaux de Constantinople des pavillons de toutes les Puissances ne serait pas de nature à atténuer les dangers résultants d'un tète à tète des russes avec les .forces maritimes anglaises, autrichiennes. Nous pensons que si l'Allemagne demandait à la Porte de laisser entrer un ou deux navires de guerre allemands qui sont actuellement dans l'archipel et si nous et la France nous demandions également à envoyer dans le Bosphore deux frégates, la présence simultanée des pavillons des tous les Etats neutres aurait pour résultat d'enlever à la situation actuelle, une partie de l'aigreur qui constitue le plus pressant danger du moment. Veuillez prier M. de

Btilow de considérer cette ouverture comme très-confidentielle et faites lui savoir que nous attachons un grand prix à avoir le plus tòt possible sa réponse.

490

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 222. Roma, 14 febbraio 1878.

*Ieri mattina l'Ambasciatore di Russia mi comunicava la sostanza di telegrammi che si erano scambiati tra Pietroburgo e Londra.

Il Conte Schouwaloff aveva chiesto, probabilmente in seguito a domanda di Lord Derby, se l'ingresso di alcuni legni britannici entro il Bosforo avrebbe per conseguenza l'ingresso delle truppe russe a Costantinopoli. Il Conte Gortchakow aveva risposto che l'ingresso temporaneo ed eventuale delle truppe russe a Costantinopoli avrebbe lo scopo stesso dell'ingresso delle navi britanniche vale a dire la protezione dei cristiani. I due Stati farebbero, insieme, opera di umanità e di pace. Laonde (così aveva conchiuso il principe Gortchakow) non comprendeva il Gabinetto russo che potessero derivarne atti di ostilità * (l).

Più tardi il barone d'Uxkul'l venne a comunicarmi un telegramma in tutte lettere che, nel pomeriggio, gli era pervenuto. «Il Sultano (così quel telegramma è concepito) telegrafò all'Imperatore Alessandro che aveva preso la risoluzione di scrivere alla Regina d'Inghilterra, insistendo perché sia abbandonato il progetto di fare entrare nel Bosforo una parte della squadra britannica; misura che condurrebbe a sventure incalcolabili per l'umanità. Il Sultano prega l'Imperatore di accordare l'indugio necessario per attendere la risposta della Regina».

Con telegramma di ieri sera, V. E. mi confermava la notizia del telegramma spedito dal Sultano allo Czar, e soggiungeva che lo Czar aveva dichiarato che avrebbe aspettato che la Regina d'Inghilterra rispondesse al telegramma direttole dal Sultano.

491

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PARIGI, RESSMAN

D. Roma, 14 febbraio 1878.

Stimo utile di qui acchiuderle copia di un rapporto (2) nel quale il R. Ambasciatore in Vienna riferisce essergli stato confermato dal Barone di Orczy il fatto di osservazioni che sarebbero state presentate dal Gabinetto austro-ungarico al Gabinetto di Pietroburgo rispetto alle condizioni nelle quali verrebbero a trovarsi, per effetto delle stipulazioni negoziate tra la Russia e la Turchia, la Serbia e la Bulg,aria. Sebbene le dichiarazioni dell'Austria-Ungheria risalgano ad epoca nella quale i Russi si avanzavano tuttora e l'armistizio non era ancora venuto ad arrestare i progressi dei Serbi, tuttavia, se veramente esse riguardano interessi sui quali a Vienna non si voglia transigere, la situazione presente non

potrebbe aversi per più sicura di quella che ha preceduto l'armistizio del 31 Gennajo. Tutta l'attenzione nostra deve quindi rimanere ancora rivolta a sorvegliare i sintomi di una situazione che potrebbe racchiudere gravi pericoli.

(l) -Il brano ha asterischi è edito In LV 24, p. 302. (2) -Cfr. n. 417.
492

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1042. Costantinopoli, 14 febbraio 1878 (per. il 21).

La flotta inglese ha passato i Dardanelli ieri verso l'una pomeridiana. Due di quelle navi rimasero innanzi a Gallipoli, le altre proseguirono alla volta delle isole dei Principi, situate a poche miglia sud-ovest di Stamboul; e vi giungeranno nella giornata d'oggi. La flotta Inglese è nel Mare di Marmara. Che significa questa grave fatto? La popolazione di Costantinopoli non correva maggiori pericoli di quella di Londra. Erano note le intimazioni fatte dall'Imperatore di Russia e dal Granduca Nicola sulle conseguenze che potrebbero venire da questa determinazione. Le porte di Costantinopoli sono aperte; la Turchia non è più in grado di difendersi, ed ha firmato le basi della pace. L'Ambasciatore di Germania domandava iersera a quello della Gran Bretagna quale ragione avesse data al Governo del Sultano per questa misura; cui il Signor Layand rispondeva «nessuna». Sua Altezza ripeteva l'interrogazione, e gli era risposto aver significato alla Sublime Porta che tali erano gli ordini dati alla flotta. Una settimana fa le forze navali Britanniche dovevano venire a proteggere la tranquillità di Costantinopoli. Ma questa ragione non è più messa innanzi, che sarebbe amaramente ironica; ed ora è allegata l'ineluttabile necessità politica dell'Inghilterra. Qual'è questa necessità politica? È dessa d'ordine estero, o piuttosto d'ordine interno? Queste questioni erano discusse iersera nei circoli politici; e la storia giudicherà. E frattanto grande è l'emozione che regna a Palazzo. Ripugna alla Maestà del Sultano di abbandonare questi aurei palazzi, Le ripugna di passare questo stretto coll'incertezza del ritorno; Essa è ansiosa di conservare questo lembo d'Impero. Si è sotto l'impressione di questi sentimenti che Sua Maestà rivolgeva ieri un telegramma a S. M. la Regina d'Inghilterra per supplicarla di ritirare la flotta, poiché la sua presenza metteva in pericolo la pace che vivamente desiderava. Sua Maestà indirizzava in pari tempo un telegramma all'Imperatore di Russia per comunicargli quello mandato alla Regina d'Inghilterra; e pregarlo di sospendere ogni movimento fino a che avesse ricevuto la risposta da Londra. Non è difficile di prevedere la risposta che sarà fatta da S. M. la Regina, la quale sarà probabilmente che la comunicazione di Sua Maestà fu trasmessa ai Consiglieri della Corona. E l'E. V. sarà opportunamente ragguagliata d'altra parte della risoluzione che questi saranno per prendere. Dei fatti predetti io dava iersera avviso telegrafico a V. E. (1).

Né queste cose hanno menomamente turbato l'ordine pubblico. La popolazione è eminentemente pacifica, e si dà pochissimo pensiero delle eventualità a venire. Mi è persino riferito che si stanno ad ogni buon fine allestendo le ca

serme dalla parte di Stamboul per !asciarle alla disposizione dei Russi. E si spera che ulteriori negoziati tra le Potenze Europee riescano ancora ad evitare maggiori calamità.

(l) Non pubblicato.

493

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 382. Londra, 15 febbraio 1878, ore 16,50 (per. ore 18,40).

L'opinion publique a accueilli avec une satisfaction générale la déclaration que Derby a fait hier au soir à la Chambre des pairs et qui a été adressée au Gouvernement russe sous forme de dépèche, c'est-à dire que le Cabinet anglais n'admet que l'occupation de Constantinople par les troupes russes soit un équivalent à l'envoi de la flotte anglaise. A la vive surexcitation de ces jours passés est venu se joindre un sentiment belliqueux très prononcé. Après la déclaration de Derby, on considère une rupture avec la Russie comme inévitable, si cette dernière persiste dans son projet. Je dois toutefois ajouter qu'il me revient que Derby travaillerait avec le comte Schouvaloff à un arrangement quelconque. L'ambassadeur de Russie ne fait pas un mystère de la crainte que lui inspire pour son pays une collision avec l'Angleterre. Quant à Derby, il voudrait éviter une guerre qu'il considère inutile et inopportune, renonçant aussitòt après à son portefeuille et en s'exposant à l'irritation momentanée du pays. Mais les plus influents de ses collègues avec Disraeli sont, à ce qu'il parait, irréconciliables.

494

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 384. Madrid, 15 febbraio 1878, ore 17 (per. ore 22,10).

Le Roi dans son discours pour ouverture des Cortes, après avoir exprimé ses profonds regrets pour la mort du pape formula le voeu que le conclave pouvant compter sur la liberté et sur l'indépendance les plus complètes, procédera à un choix qui assurera la concorde dont les bien faits seront très féconds pour l'Eglise et pour l'Etat.

495

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. S. N. Trieste, 15 febbraio 1878 (per. il 18).

Mercè la gentilezza di qualche zelante anonimo ho potuto leggere nell'esemplare, che unisco del Giornale che si pubblica in Napoli sotto il titolo L'Italia

degli Italiani l'articolo che esso contiene a mio riguardo. Ad un articolo così villano e così insultante non si potrebbe rispondere che con insulto. Ma io non posso abbassarmi a questo passo. La mia riputazione è del resto troppo solidamente stabilita ed il mio nome è troppo onorato perché possano essere contaminati da contumelie e da calunnie. Egli è però incontestabile che le falsità riferite, che le calunnie e le contumelie statemi diretti dal Giornale di Renato Imbriani scuoterebbero la mia posizione ufficiale ove non fossero smentite.

L'E.V. ha trovato perfettamente corretto il contegno da me tenuto nell'occasione dei funerali del Re ed ha approvato il mio operato. Ciò era allora per me più che bastevole, ma ora che si è cercato di colmarmi d'obbrobrio è indispensabile che il Governo del Re assuma pubblicamente la mia difesa contro il Giornale L'Italia degli Italiani come esso già fu in precedenti consimili circostanze mio strenuo difensore contro gratuite accuse che dei giornali di Vienna avevano lanciato in senso opposto contro di me.

Tale essendo la mia convinzione, io faccio appello alla giustizia dell'E. V. e la prego di trovare modo, che mi si dia un pubblico attestato della stima e della fiducia del R. Governo. Poche parole nel Giornale Ufficiale, che smentiscano le accuse dell'Imbriani e dimostrino che il mio operato fu corretto ed approvato, ovvero un'altra qualsiasi pubblica manifestazione di stima proveranno che il R. Governo non la pensa sul conto mio come il Signor Imbriani e tanti altri, che come lui fanno del patriottismo a buon mercato, ed io potrò continuare allora a servire il mio Paese in questa residenza.

Ove però l'E. V. credesse per qualsiasi ragione, che non mi si debba dare la soddisfazione desiderata, in tal caso abbia la compiacenza di provvedere pel mio collocamento in onorato riposo. Una volta che avrò questo ottenuto troverò io il modo di confondere il vile mio accusatore. Sarò grato all'E. V. se vorrà comunicarmi le di lei determinazioni al riguardo con qualche sollecitudine e restiturimi l'annesso esemplare del Giornale L'Italia degli Italiani che è mio desiderio di conservare.

496

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 386. Berlino, 16 febbraio 1878, ore 15,30 (per. ore 16,55).

Billow n'a pu me recevoir qu'aujord'hui. Je lui ai communiqué le télégramme d'hier (1). Il en remercie V. E. et il en référera à Bismarck qui se trouve maintenant à Berlin. Je crois que on peut d'avance etre sur que l'AHemagne n'adhérera pas à la proposition de demander firman pour envoi de navires à Constantinople. Le Cabinet allemand, pour ce que Btilow m'a dit, a l'intention de se tenir entièrement en dehors de toute immixtion. L'interpellation sur les affaires d'Orient est fixée à mardi prochain. Il parait d'après Biilow que le Cabinet autrichien se montrerait déjà moins exigeant au sujet de Vienne pour le siège de la conférence.

(l) Cfr. n. 489.

497

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

D. 365. Roma, 16 febbraio 1878.

Sir Augustus Paget è venuto oggi a porgermi comunicazione di altro dispaccio che il Gabinetto britannico diresse a quello di Pietroburgo.

Il forte concentramento di truppe russe a Kavack, là dove si stacca la stretta lingua di terra che congiunge alla penisola di Gallipoli, può far credere (così quel dispaccio è concepito) alla intenzione di procedere alla occupazione dei Dardanelli. Questo fatto, che sarebbe in contraddizione coi capitoli d~ll'armistizio, sarebbe da considerarsi di tanto più grave, in quanto che una parte della flotta inglese essendo già nel Mar di Marmara, il passaggio degli stretti deve rimanere libero. Il Governo britannico, che non vedrebbe come questo fatto si possa giustificare con necessità strategiche e militari, dovrebbe scorgervi una violazione di quelle condizioni, subordinatamente alle quali ha potuto mantenersi nel contegno finora osservato.

* Anche questa volta mi sono limitato a ringraziare l'Ambasciatore britannico della sua comunicazione * (1).

498

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1974. Berlino, 16 febbraio 1878 (per. il 20).

S. E. il Generale Cia-Ldini, che era giunto a Berlino la sera del giorno 8 corrente, ripartì ieri per Parigi, dopo di avere adempiuto la missione che S. M. il Re gli aveva affidata per l'Imperatore Guglielmo.

Il Duca di Gaeta fu accolto e trattato nel modo il più cortese da questa Corte, dove ebbe inviti a pranzo dall'Imperatore, dal Principe Imperiale e dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri. Nelle quali circostanze, avendo io pure avuto l'onore di essere invitato con l'Ambasciatore speciale del Re, ebbi la soddisfazione di vedere quante furono le attenzioni e quanta la cordialità dimostrate da questa Corte al rappresentante del Nostro Augusto Sovrano. Il giorno prima che egli partisse, Sua Maestà volle averlo di nuovo alla tavola imperiale, e il mattino seguente, mandò S. E. il Signor di Btilow a rimettergli, come attestato di speciale benevolenza e di ricordo per la missione compiuta a Berlino, una magnifica tabacchiera ornata di brillanti e della effige dell'Augusto donatore. I due ufficiali d'ordinanza del Re che accompagnavano il Generale, ven

31 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

nero nello stesso incontro insigniti, il Lte. Colonnello Carenzy della Commenda dell'Ordine dell'Aquila Rossa, ed il Luogotenente Colonnello di San Giorgio della Commenda dell'Ordine della Corona di Prussia.

Come ebbi a telegrafarlo ieri (1), S. E. il Generale Cialdini partendo da quì si restituiva a Parigi, per recarsi poi a Bruxelles ed a Carlsruhe, e adempiere la missione affidatagli dal Re per il Re del Belgio e per il Gran Duca di Baden, non appena questi due Sovrani saranno di ritorno dalla visita che essi fanno alla Corte di Prussia per il matrimonio delle Principesse Carlotta ed Elisabetta.

Ho l'onore di segnar ricevuta dei dispacci politici nn. 621, 622 e 623, in data 8 e 9 corrente (2), nonché dei documenti diplomatici dei quali unisco quì il foglio di accompagnamento dopo averlo firmato ...

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 24, p. 311.

499

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 801. Vienna, 16 febbraio 1878 (per. il 20).

Col mio telegramma di ieri {l) annunciavo all'E. V. che alla grave inquietudine del giorno precedente sulla situazione era subentrata una calma relativa, motivata dall'azione conciliativa che il Gabinetto di Berlino accennava voler assumere. Molti qui si fanno l'illusione che il Principe di Bismarck sarà per imporre alla Russia di rinunziare a cogliere quei frutti delle sue vittorie, ad alcuno dei quali ebbe già a stender la mano. Veramente parmi assai difficile ciò abbia a verificarsi, ed invece io credo che, se veramente il Cancelliere Germanico vorrà fare opera conciliatrice pratica, s'atterrà al sistema di suggerire e chiedere a tutti gli interessati di entrare reciprocamente nel campo delle mutue concessioni. Ciò che credo specialmente difficile per l'Austria Ungheria nella presente situazione, si è che non vi ha, si può dire, una delrle condizioni fatte accettare dalla Russia alla Turchia come basi di pace che non leda qualcuno di quegli interessi che il Gabinetto di Vienna ha sempre dichiarato essere in posizione di far rispettare alla pace. Affinché dunque il Conte Andrassy potesse mantenere efficacemente gli impegni che formalmente s'assunse innanzi alla rappresentanza nazionale della Monarchia, converrebbe la Russia ritornasse alle proposte della Conferenza o poco più, cosa questa che a nessuno può venire in mente si riesca ad ottenere. Forzatamente quindi la Russia, avendo realizzato colle sue vittorie il programma che, non v'ha dubbio, essa già tracciava senza reticenze in occasione della missione del Conte Soumarokof, il Gabinetto di Vienna si troverà astretto ad accettare la parte che in quella circostanza gli si proponeva di assumersi, occupando la Bosnia e l'Erzegovina. Se un congresso dovrà riunirsi, io ritengo come inevitabile che ciò ne sarà la conseguenza, e non solo coll'assenso delle altre potenze, ma di più col loro insistente consiglio,

essendo questo un mezzo di conservare la pace generale dal momento in cui s'entrerà, come forzatamente si dovrà entrare, nel campo dello spartimento della Turchia. Sta di fatto che l'Ungheria, o per meglio dire, i Magiari, sono avversissimi a questa idea d'annessione, ma essa si è fatta grandemente strada in questi ultimi tempi nelle menti austriache, siccome un'indispensabile salvaguardia per l'Impero contro la traboccante potenza Russa, e, come di ragione, poi ha in suo favore l'appoggio di tutti gli Slavi delle due parti della Monarchia. Su queste preponderanti somme di forze il Gabinetto di Vienna s'appoggerà quindi per imporre alla minoranza Magiara l'adempimento d'un atto ritenuto indispensabile alla salute dell'Impero. Ho creduto mio dovere segnalare all'attenzione dell'E. V. questa fase in cui siamo entrati, trattandosi, a mio avviso, non di congetture, ma di fatti che ben presto potranno dirsi compiuti, salvo che intervengano incidenti imprevedibili per ora.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicati.
500

L'INCARICATO D'Alt,FARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 392. Parigi, 17 febbraio 8178, ore 16,20 (per. ore 18,20).

Waddington redoutait beaucoup la conflagration par suite des menaces faites par le Cabinet anglais, de considérer la marche des russes sur Gallipoli comme un casus belli. Il est plus rassuré aujourd'hui. Il n'a plus reçu des communications offtcielles touchant la conférence, depuis la déclaration que lui a faite le prince d'Hohenlohe, en conformité à celle faite à V. E. le 14 courant par l'ambassadeur d'Allemagne. Il sait toutefois qu'à Londres et à Berlin, on la désire maintenant davantage. Il ignore toujours le contenu de la communication arrivée il y a huit jours à Vienne; mais il constate que le prince de Bismarck effrayé par la tournure que les choses prenaient entre Vienne et Pétersbourg, à pressé son retour à Berlin pour mettre le holà entre les deux Cabinets, sauver l'alliance fortement compromise des trois Empereurs, soutenir le comte Andrassy et empecher le remplacement de celui-ci par le comte de Beust.

501

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 531. Roma, 17 febbraio 1878.

Ho letto con molto compiacimento nel pregiato rapporto del 5 febbrajo,

n. 792 (1), i particolari della udienza che l'E. V. ebbe da S. M. l'Imperatore, per

la presentazione delle lettere credenziali. La lealtà delle relazioni e la reciproca fiducia assicurano il buon accordo fra gli Stati, ed in questi momenti difficili il Governo Italiano più che mai annette la massima importanza a rendere questo accordo con l'Austria-Ungheria sempre più intimo. A questo fine però, se per parte dell'Italia vi è ogni migliore disposizione a tener conto degli interessi df'll'Austria-Ungheria, noi ci lusinghiamo che, per parte del Governo Austro-Ungarico, nulla si vorrà pretendere che sia di natura tale da diminuire la posizione dell'Italia.

Ciò che il Conte A:ndrassy ha detto al Generale Bertolé Viale, e che l'E. V. mi ha riferito, che cioè i desiderii dell'Austria-Ungheria in Oriente non hanno nulla di contrario agli interessi d'Italia, è vero se non si tocca alla questione territoriale della Monarchia stessa. Ma nessuno può mettere in dubbio che, quando si tratta della forza rispettiva di Stati fra di loro confinanti, l'ingrandimento di quello di essi che è già, sotto ogni rispetto preponderante, non sia tal cosa da cui l'interesse dell'altro Stato possa ricevere nocumento.

Non è dunque senza riserva che le parole del Conte Andrassy possono essere da noi accettate. E ben fece il Generale Bertolé Viale ad astenersi dall'entrare, a tale proposito, in spiegazioni ulteriori.

(l) Cfr. n. 443.

502

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

D. 79. Roma, 17 febbraio 1878.

Ho letto con interesse nel Suo Rapporto del 5 febbraio corrente, n. 239 di questa serie (l) i particolari delle cortesi accoglienze fatte costà al Generale De Sonnaz, Inviato Speciale di Sua Maestà presso il Re Alfonso.

Ella vorrà esprimere al Governo spagnuolo in nome di quello del Re i suoi ringraziamenti per le prove di interesse addimostrateci nel recente lutto na?.ionaie come pel lusinghiero ricevimento fatto al nostro Inviato.

Questo attestato di simpatia che noi riceviamo dalla Nazione spagnuo1a viene sempre più a rafforzare quei rapporti di sincera amicizia e reciproca benevolenza che felicemente esistono fra i due Paesi.

503

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 196. Pietroburgo, 17 febbraio 1878 (per. il 23).

Il Giornale di Pietroburgo pubblica oggi nella sua parte ufficiale, il testo del protocollo d'accettazione per parte della Turchia delle basi preliminari di

pace, firmato ad Andrianopoli il 19/31 Gennaio fra S.A.R. il Gran Duca Nicola ed i Plenipontenziarii Ottomani. Questo documento sarebbe pervenuto all'Imperatore ieri.

In esso si rileva una differenza notevole relativamente alle condizioni della Bulgaria. Mentre nel testo dei preliminari di pace pubblicato dal Governo Russo, e da me trasmesso a V. E. col mio rapporto n. 185 in data 3 febbraio corrente (1), al paragrafo 1° era detto che l'esercito Ottomano occuperebbe ancora in Bulgaria alcuni punti da determinarsi, nel protocollo firmato ad Adrianopoli viene espressamente stipulato che le truppe Ottomane non vi avranno più stanza.

Trasmetto, qui unito, questo documento all'E. V. insieme alla Convenzione d'armistizio fra i due eserciti belligeranti nella quale è pure fissata la linea di separazione dei territorii occupati dalle truppe Russe ed Ottomane.

Questi documenti sono preceduti da un breve cenno sulle diverse circostanze di fatto che accompagnarono i negoziati e la firma dell'armistizio (2).

(l) Non pubblicato.

504

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1046. Costantinopoli, 17 febbraio 1878 (per. il 26).

Esistono delle circostanze nelle quali gli atti della diplomazia hanno una importanza suprema. Quando io leggo il resoconto della Seduta della Camera dei Comuni del 7 del presente, provo una profonda impressione nel considerare gli effetti prodotti dal telegramma dell'Ambasciatore d'Inghilterra, del quale era data lettura dal Rappresentante del Governo, e diceva che «malgrado l'armistizio i Russi marciavano sopra Costantinopoli». Quella grave notizia fu la ragione della votazione che seguiva poco appresso, e forse la causa degli ordini trasmessi alla flotta di forzare il passaggio dei Dardanelli, nonché della conseguente minaccia dell'occupazione di Costantinopoli da parte dei Russi. L'E. V. conosce quale fosse l'origine di quell'errore. Il Presidente del Consiglio teneva in quel giorno analogo discorso a tutti i Rappresentanti Esteri che erano iti a complimentarlo nell'occasione della sua elevazione. Ma come potevasi seriamente credere che i Russi marciassero sopra Costantinopoli l'indomani della conclusione dell'armistizio? Io non dubitai un istante che quell'impressione fosse i'effetto d'un equivoco che sarebbe messo in chiaro poche ore appresso; e pel poscritto al rapporto pel quale rendevo conto il giorno stesso dell'occorso (3), ragguagliavo l'E. V. quei movimenti essere infatti seguiti in esecuzione delle stipulazioni dell'armistizio. E questa mia convinzione era divisa da tutti gli altri miei colleghi. L'Ambasciatore d'Inghilterra sente ora la grande responsabilità che pesa sopra di lui, ed afferma che il significato di quel telegramma fu alterato per un errore delle cifre. Malaugurato errore che avrebbe avuto per effetto

d'impegnare il Governo Brittannico in una via dalla quale gli sia arduo d'indietreggiare. Questa spiegazione S. E. ha testè data ad alcuni dei miei Colleghi, ed io ho l'onore di riferirla a V. E.

E frattanto varii telegrammi furono scambiati tra il Sultano e l'Imperatore di Russia, tra il Sultano e la Regina d'Inghilterra. Il Sultano pregava l'Imperatore Alessandro di sospendere le mosse sopra la Capitale, almeno fino a che fossero esaurite le pratiche stava facendo presso S. M. Britannica. Cui m'è assicurato lo Czar rispondesse, il Governo Inglese, in seguito alle notizie trasmesse dal suo Ambasciatore, avendo preso la determinazione di forzare i Dardanelli, Egli sarebbe costretto a mandare le sue truppe a Costantinopoli per la protezione dei Cristiani. A nuove ed urgenti istanze interposte da Quello, Sua Maestà replicava, la flotta Inglese avendo passato i Dardanelli, Egli avrebbe a mandare qualche distaccamento a Costantinopoli. Al primo telegramma di S. M. il suaano, Lord Derby rispondeva il Governo Inglese non poteva contromandare gli ordini dati alla flotta di passare i Dardanelli. Il Sultano indirizzava indi un secondo e più caldo appello a S. M. la Regina per supplicarla di far ripartire la flotta la cui presenza in queste acque faceva correre sì gravi pericoli all'Impero. Però gli officii Imperiali non approdarono sinora e la squadra Inglese continua ad aggirarsi pel Mar di Marmara.

(l) -Non pubblicato. (2) -Ed. in LV 24, p. 327. (3) -Cfr. n. 444.
505

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 397. Vienna, 18 febbraio 1878, ore 18,30 (per. ore 19).

Orczy vient de me dire que si la Russie et l'Allemagne acceptent, comme c'est probable le choix de Bade qu'Andrassy leur a proposé, il espère pouvoir aussitòt adresser aux Puissances l'invitation pour que le congrès s'y réunisse le 5 ou le 6 mars.

506

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 532. Roma, 18 febbraio 1878.

L'E. V. mi esponeva col Rapporto del 30 Gennaio scorso, n. 786 (l), considerazioni assai opportune circa il 'linguaggio recentemente tenutole dal Conte Andrassy, e conchiudeva, con molta saviezza, che il provocare dalla Austria Ungheria dichiarazioni più esplicite sarebbe cosa la quale probabilmente non rag

giungerebbe lo scopo nostro. Però l'essere le questioni territoriali riservate all'esame di una Conferenza, non muta i termini della questione, né scema il pericolo che la soluzione della medesima voglia trovarsi in compensi territoriali che accrescerebbero la preponderanza militare dell'Impero Austro Ungarico. Pare quindi a noi che, senza ricercare dichiarazioni che codesto Gabinetto potrebbe non volerei fare, potremmo, se richiesti di intelligenze preliminari sopra l'una o l'altra questione, lasciar intendere che, per noi, alcune delle questioni che potranno essere portate nella Conferenza sono suscettibiH di essere risolute in modi diversi secondoché si ammetta o non, la massima che le Grandi potenze non dovranno ricercare, od ottenere, in proprio favore, mutamenti territoriali. Nei negoziati ai quali ha dato luogo la questione orientale non sarebbe nuovo l'esempio di una dichiarazione in questo senso destinata a rassicurare le Grandi Potenze chiamate a sedere in conferenza sopra le rispettive tendenze della loro politica. Più di una volta il contegno di codesto Gabinetto ci ha reso titubanti a manifestargli le nostre idee; ci tratteneva il timore che queste non si avessero a trovare concordi con le sue. Ma noi non potremmo, per questo motivo solo, astenerci dallo entrare, massimamente se ricercati, in quello scambio di pensieri, con gli altri Governi, che solo ci può permettere di preparaci ad una Conferenza, dalla quale non vorremmo che uscisse danneggiata, anche soltanto indirettamente, la posizione dell'Italia.

(l) Cfr. n. 416.

507

ISTRUZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, PER IL VICE AMMIRAGLIO SAINT-BON

D. 29. Roma, 18 febbraio 1878.

All'atto di assumere il comando supremo della Squadra Navale italiana nei mari di Levante, è bene che la S. V. Illustrissima abbia alcuna indicazione precisa circa l'oggetto e l'indole della missione che Le è affidata. Laonde io verrò qui riassumendo, per sommi capi, il pensiero del R. Governo a tale riguardo.

Dalla Squadra permanente del Mediterraneo furono distaccati, e destinati a stazioni o crociere, nelle acque ottomane, parecchi legni della nostra Marina, fin dal Giugno 1876, quando l'assassinio dei Consoli di Francia e di Germania, a Salonicco, additò i pericoli gravi di cui poteva essere cagione, per le colonie straniere stabilite nei dominii del Sultano, l'eccitato fanatismo delle popolazioni musulmane. I Comandanti delle navi nostre ebbero istruzioni conformi a quelle dei Comandanti di navi di altra bandiera, anch'esse inviate nella stessa circostanza, in quei mari: accorrere là dove la pubblica sicurezza apparisse minacciata, affermare in ogni miglior modo il carattere esclusivamente umanitario dell'incarico avuto; astenersi da ogni atto che potesse sembrare difforme dagli obblighi di una stretta neutralità; mantenere coi Comandanti delle altre nazioni rapporti cordiali e quali si addicevano ad ufficiali incaricati dai rispettivi Governi di identica missione. Giova anzi ricordare, rispetto a quest'ultimo punto, come intervenisse, poco di poi, tra il R. Governo e il Governo Germanico, esplicito accordo, in virtù del quale le navi dell'una e dell'altra bandiera debbono indistintamente tenersi a disposizione degli Agenti diplomatici e Consolari dell'uno e dell'altro Stato, prestando l'opera loro a beneficio dei cittadini, rispettivamente, dell'Impero e del Regno, quando manchi ad essi la tutela della propria bandiera.

La divisione navale destinata ai mari di Levante non si tenne sempre tutta assieme riunita. Volendosi conciliare i bisogni speciali del servizio cui quella divisione veniva assegnata, colle esigenze di istruzione e di disciplina, per le quali la Squadra permanente era stata istituita, fu, all'uopo, adottato un sistema che corrispose assai soddisfacentemente al duplice intento. Il grosso della divisione rimaneva concentrato, e in questi ultimi tempi tenevasi di preferenza nei porti meridionali del Regno; mentre parecchi legni alternativamente se ne allontanavano, visitando successivamente i porti ottomani, e facendovi brevissime soste. Di quando in quando, poi, quando ne sorgeva il bisogno, alcuna nave muoveva direttamente verso questo o quel punto della costa, in base ad istruzioni impartite, di volta in volta, dal R. Governo.

La missione della squadra posta ora sotto gli ordini della S. V. Illustrissima è sempre, sostanzialmente, la stessa. Solo mi giova richiamare l'attenzione di Lei sopra alcuni punti speciali, rispetto ai quali basterà, del resto, breve spiegazione.

Non ignora la S. V. Illustrissima come, mentre, nella seconda quindicina dello scorso gennaio, stava per conchiudersi l'armistizio, il Governo di Grecia, traendo argomento da certi moti che si affermavano scoppiati nella vicina Tessaglia, si apparecchiasse a mandare le sue truppe oltre il confine. Dopo non pochi giorni di esitazione, il disegno veniva tradotto ad effetto in principio di questo mese, e le milizie elleniche entravano in Tessaglia. Le Grandi Potenze si commuovevano di questa nuova complicazione che sopraggiungeva nel momento in cui la firma dell'armistizio e dei preliminari di pace, avvenuta il 31 Gennajo, pareva ravvicinare il termine di così disastrosa guerra. I consigli concordi dei varii Gabinetti indussero il Governo del Re Giorgio a dichiarare che sarebbesi dato l'ordine, alle truppe, di rientrare entro il confine ellenico qualora le potenze avessero assunto l'obbligo di tutelare le popolazioni di razza greca, suddite della Sublime Porta, contro sanguinosi eccessi, e di patrocinare altresì la loro causa nei negoziati intesi a ridonare la pace all'Oriente. Furono assenzienti i varii Governi; ed il Governo del Re, ricordando come, fin dai primordi della presente crisi, esso si fosse dimostrato sollecito della sorte delle popolazioni cristiane dell'Impero ottomano, senza distinzione di razza, soggiungeva che a siffatto scopo umanitario mirava, per l'appunto, l'invio, in questi ultimi giorni deliberatosi, di legni della Real Marina a Salonicco e in altri punti ove sapevasi minacciata la pubblica quiete. Spetta, adunque, alla S. V. Illustrissima di fare in guisa che il R. Governo si sdebiti convenientemente dell'obbligo assunto, verso la Grecia non solo, ma altresì verso la pubblica opinione. Dovrebbero quindi i legni posti sotto gli ordini di Lei mostrarsi di preferenza, e soprattutto, quando ne fosse segnalato più stringente bisogno, negli scali che stanno fra il confine ellenico e la Tracia.

I rapporti di parecchi Agenti Consolari accennano ai disturbi di cui sono cagione gli sbandati di milizie regolari ed irregolari (di queste ultime segnatamente) i quali si affollano verso gli scali, senza che si possa con sufficiente rapi

dità provvedere al loro rimpatrio. Il R. Console a Salonicco ha riferito, a questo riguardo, particolari assai minuti. Circassi, Basci-Bozouk, Gheghidi, Zerbecchi, scendono a Salonicco lungo la ferrovia, commettono disordini nei luoghi che attraversano, e, non trovando a Salonicco mezzi d'imbarco, malgrado le diligenze dell'autorità locale, colà rimangono con grave molestia delle autorità stesse e dei cittadini. Molto opportune riusciranno adunque la stazione di una forza navale italiana di qualche importanza a Salonicco e l'apparizione della nostra bandiera in quelle altre località ave, per le medesime cagioni, si fossero manifestate, o fossero per manifestarsi le stesse apprensioni.

Per effetto del combinato disposto dei trattati del 30 marzo 1856 e del 13 Marzo 1871 gli stretti dei Dardanelli e del Bosforo sono chiusi ai legni da guerra di tutte le Potenze straniere. Al principio generale della chiusura sono fatte le seguenti eccezioni. In primo luogo il Sultano si è riservata (Art. 2 del Trattato del 1856) la facoltà di concedere firmani per il passaggio degli stazionarii destinati a rimanere, a Costantinopoli, a disposizione delle varie Ambasciate

o Legazioni. In secondo luogo, il Sultano non può (Art. 3 del Trattato stesso) rifiutare il firmano per il passaggio dei legni leggeri che ciascuna potenza ha il diritto di fare stazionare, in numero non superiore a due, presso le Bocche del Danubio. Infine il Sultano ha facoltà di rilasciare firmani per l'ammissione di navi da guerra estere, non solo in tempo di guerra (Art. l del Trattato del 1856) ma altresì in tempo di pace (Art. 2 del Trattato del 1871) ogni qualvolta la Sublime Porta lo giudichi necessario per tutelare l'esecuzione delle stipulazioni del Trattato di Parigi.

Quando, neLla seconda quindicina del gennaio scorso, i Russi, varcati i passi dei Balcani, venivano avanzandosi, in Bulgaria, in guisa da minacciare così la Capitale dell'Impero, come la penisola di Gallipoli, il Governo britannico chiese e ottenne dal Sultano un firmano per l'ingresso delle sue navi negli Stretti. In quei giorni appunto, giungeva, però, a Londra la notizia che il Governo ottomano aveva dichiarato di accettare le condizioni poste dalla Russia per la conclusione dell'armistizio. Laonde l'Ammiraglio Hornby che già erasi affacciato ai Dardanelli, e aveva scambiato i saluti d'uso colla piazza, riceveva ordine telegrafico di retrocedere all'ancoraggio di Besika. Senonché, nella seconda settimana di questo mese, pervenivano a Londra, circa le mosse degli eserciti russi, notizie ulteriori, le quali persuadevano il Gabinetto di St. James a tradurre in atto il progetto di fare apparire nel Mar di Marmara, e nelle acque stesse di Costantinopoli, una parte della sua flotta di Besika. Ritenne il Governo britannico che gli potesse ancora valere, all'uopo, lo stesso firmano che poche settimane addietro gli era stato rilasciato; e, mentre dichiarava, nelle vie diplomatiche, lo scopo puramente umanitario della decisione presa, quello cioè di meglio guarentire la sicurezza della popolazione, e segnatamente degli stranieri nella Capitale ottomana, impartiva all'Ammiraglio Hornby l'ordine di muovere verso Costantinopoli. Parte della flotta britannica entrava nei Dardanelli. La Sublime Porta, dopo avere contrastato la validità del primo firmano, e dopo avere fatto ogni sforzo per dissuadere il Governo della Regina dallo effettuare il suo disegno, !imitavasi a fare energica protesta col mezzo del Governatore dei Dardanelli, e sta ora scambiando, a questo proposito, col Gabinetto di Londra delle spiegazioni le quali non sembrano essere giunte finora ad una conclusione.

Il Governo italiano, quando, non molti giorni or sono, erano venute da Costantinopoli notizie di temuti torbidi, principalmente pel gran numero di fuggiaschi, e di truppe irregolari che vi si erano addensate: queste notizie si chiarirono poi infondate; ma il Governo, sotto quella preoccupazione aveva concepito, al pari di altri Governi neutrali, il pensiero di inviare a Costantinopoli due navi a tutela dei connazionali (l). Il R. Ministro riceveva l'autorizzazione di chiedere il firmano della Sublime Porta per l'entrata nel Mar di Marmara di due corazzate. Però le cose essendo perfettamente tranquille a Costantinopoli, non faceva uso della impartitagli autorizzazione e si astenne finora dal fare richiesta del firmano. In questo momento non è nostro pensiero di tradurre in atto il divisamento che si era concepito sotto l'impressione che Le accennai più addietro. Mi riserverei di porgerle sollecito cenno se sopravvenisse la opportunità di chiedere il firmano e di farne indi uso. Intanto, però, già fin d'ora posso dichiararle che, in tale eventualità, la missione delle nostre navi sarebbe pacifica ed esclusivamente umanitaria.

Nello esercitare il Comando Supremo che Le è affidato, la S. V. Illustrissima avrà a trovarsi in contatto non infrequente coi Comandanti delie Squadre di altra Nazione. Ben conosce la S. V. Illustrissima le norme e le discipline che presiedono a siffatte relazioni reciproche. Riuscirebbe quindi superflua, a tale riguardo, ogni avvertenza generica. Piuttosto stimo di dovere richiamare confidenzialmente l'attenzione di Lei sopra la eventualità (fortunatamente non probabile) che vengano a turbarsi i rapporti pacifici attualmente esistenti tra i vari Governi Europei. Una tale previsione deve consigliare alla S. V. Illustrissima di mantenersi, rispetto ai Comandanti delle varie Squadre, in un atteggiamento di benevolenza rigorosamente imparziale.

È accaduto, di frequente, in questi ultimi tempi, che il servizio telegrafico subisse nei territorii ottomani ritardi e perturbazioni. Essendo indispensabile che, in qualsiasi ipotesi, Le possano giungere speditamente e con sicurezza le istruzioni del R. Governo, converrà che Ella provveda affinché un Legno rapido e leggiero, distaccato dalla Squadra, si trovi costantemente in tale località, dove giungono sempre il telegrafo e la posta, e donde le comunicazioni del Governo Le possano in caso di bisogno essere prontamente recate da quel legno stesso. I porti di Sira e del Pireo, che sono entrambi toccati da piroscafi nazionali (la Società Fllorio avendo da ultimo istituito fra quei due porti un servizio speciale, in coincidenza con la sua linea Brindisi-Costantinopoli) parrebbero i più adatti per la stazione del legno incaricato eventualmente delle comunicazioni tra il R. Governo e la Squadra da Lei comandata.

Nella fiducia che ho piena e intera, di vedere egregiamente adempiuta la delicata e importante missione che a Sua Maestà è piaciuto d'affidarle e nel rimetterle un particolare cifrario per la diretta corrispondenza con questo Ministero...

(l) Sic nel registro delle Istruzioni.

508

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PARIGI, RESSMAN

T. 208. Roma, 19 febbraio 1878, ore 16,40.

L'ambassadeur du Roi à Vienne mande qu'il faut s'attendre à l'invitation à la conférence pour le 5 ou le 6 mars à Baden Baden. Veuillez vous informer et télégraphiez-moi par qui la France, l'Angleterre et l'Allemagne seront 'représentées, si le prince Gortckakoff et le comte Andrassy interviennent personnellement à la conférence. Veuillez aussi m'informer si le Gouvernement auprès duquel vous etes accrédité compte avoir un seui ou deux plénipotentiaires et s'il est dans les intentions de ce Cabinet d'accepte'r l'invitation et de se rendre à la conférence sans qu'aucun programme lui ait été communiqué d'avance, et sans que l'on ait fixé au moins quelques bases servant à la fois de règle et de limite pour la discussion.

509

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 209. Roma, 19 febbraio 1878, ore 16,40.

Je vous prie de m'informer si le comte Andrassy intervient personnellement à la conférence de Baden-Baden. En ce cas l'Autriche aura-t-elle un second plénipotentiaire et qui sera choisi pour cette mission? Se propose-t-on de communiquer avec l'invitation un programme de la conférence ou de tracer au moins quelques bases serva n t à la fois de règle et de limite pour la discussion?

510

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 403. Londra, 19 febbraio 1878, ore 18,50 (per. ore 23,10).

La situation est meiHeure et plus rassurante. Samedi le Gouvernement anglais avait décidé d'envoyer au comte de Schouvaloff ses passeports si une réponse satisfaisante n'était pas donnée par la Russie concernant Gallipoli. Schouvaloff étant réussi à gagner du temps, il a pu remettre hier à Derby la communication suivante: « Gortchakoff m'autorise par télégramme à déclarer à

V. E. que le Gouvernement impérial maintient sa promesse de ne pas occuper Gallipoli, ni d'entrer dans les lignes de Constantinople. Le Gouvernement s'attend en échange à ce qu'une troupe anglaise ne soit débarquée sur la cote d'Asie ou d'Europe ». On ne sait pas encore si cette condition sera acceptée par l'Angleterre où si elle fera quelque réserve. Derby que je viens de voir m'a dit que quoique n'aimant pas à déclarer par anticipation qu'une question était terminée, il avait bonne raison d'avoir très bon espoir et que les chances sont aujourd'hui si nombreuses en faveur d'une heureuse solution qu'elles étaient avant-hier contraires. Il m'a ajouté qu'il m'en ferait savoir davantage dans deux pours. Derby m'a annoncé qu'il a accepté Baden pour siège de la conférence qu'il avait insistè pour Vienne par déférence pour l'Autriche mais qu'il avait aussi déclaré qu'il accepterait toute ville n'ayant pas de signification politique. S. E. a annoncé qu'Andrassy propose une première réunion ait lieu à la fin de la première semaine de mars. Il m'a ajouté que le point de départ des discussions devait etre le traité de Paris, car quoique ce traité ne représen1ie plus la situation politique actuelle, il est pourtant la base de I'ordre de choses que l'Europe a réconnu jusqu'ici. Derby m'a dit qu'il ne voit pas l'opportunité de fixer des bases préliminaires aux travaux, et qu'il n'a pas voulu soulever cette question:

«L'important m'a-t-il dit, n'est pas d'où l'an part, mais où l'an arrive ». Le changement d'ancrage de la flotte anglaise est diì. à des conditions de siì.reté et de convenance décidées par l'amiral. Quant au représentant anglais à la conférence, Derby est toujours opposé à s'y rendre, il est parole de l'ambassadeur à Berlin ou à Paris.

511

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 609. Roma, 19 febbraio 1878.

Veggo accennato nei rapporti di Lei, come sopra le vicende di questi ultimi giorni abbia avuto influenza la circostanza della interruzione del servizio telegrafico diretto tra Costantinopoli e l'Europa. Sembra che questo procedimento sia stato concordato tra la Sublime Porta e il Quartiere Generale russo. Ne risultò ad ogni modo una viva emozione. Si fu appunto quando a Londra si sparsero, come provenienti per la via di Bombay, le notizie inquietanti sulla sorte della capitale che sorse, non solo presso il Governo britannico, ma anche presso gli altri Gabinetti il pensiero di inviare dei legni nel Bosforo per la protezione dei numerosi stranieri costì stabiliti.

Non ci riesce facile comprendere in vista di quale interesse una simile interruzione sia stata deliberata mentre essa non ha servito che di eccitamento alla opinione pubblica, già profondamente commossa in tanta parte d'Europa.

512

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 405. Pietroburgo, 10 febbraio 1878, ore 14,50 (per. ore 16).

S'il ne change pas d'idée dans l'intervalle, le prince Gortchakoff n'interviendra pas à la conférence et cela parce que le prince de Bismarck refuse d'y intervenir. Il est probable que la Russie enverra un seul plénipotentiaire qui sera vraisemblablement général Ignatiefi. Je vous répondrai sur le programme après que j'aurai pu en conférer avec Son Altesse. Ici on ne pense pas que la conférence puisse se réunir avant la moitié du mois prochain.

513

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 406. Vienna, 20 febbraio 1878, ore 15,27 (per. ore 18).

Andrassy est décidé jusqu'ici à intervenir au congrès. Il ne s'est pas encore prononcé sur la nécessité d'un second plénipotentiaire. Il trouve oiseux de rédiger un programme de congrès ou bien de tracer des bases quelconques tant que la paix n'est pas conclue entre la Russie et la Turquie. La Russie a accepté Baden camme endroit de délibération pas de méme le terme proposé du 5 mars; on espère pourtant ici pouvoir se réunir avant le 15 mars; bien que Bismarck se soit réservé présidence du congrès, il n'y interviendra pas plus que Derby. D'après Orczy, de qui je tiens ces renseignements, impression produite sur Andrassy par le discours de Bismarck aurait été très favorable «Le comte, a-t-il dit, est méme très flatté de la façon fort gracieuse dont le prince s'est exprimé à son égard ».

514

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 408. Parigi, 20 febbraio 1878, ore 18,35 (per. ore 20,20).

Il y a un temps d'arrét dans l'entente pour la conférence. Le prince Gortckahoff a télégraphié hier en clair à 'l'ambassadeur de Russie à Paris que puisque le prince de Bismarck et lord Derby ne voulaient pas intervenir à la conférence, il s'abstiendrait, de son còté d'y paraitre. Dans cet état de choses Waddington n'a pris aucune résolution et attend celle des autres Cabinets. Il est décidé à se rendre personnellement au congrès, si les chefs dirigeants des autres Cabinets y vont et il le désire, car il croit que leur présence serait le meilleur gage de bonne réussite. Il s'adjoindrait un deuxième plénipotentiaire sur le choix duquel il n'est pas encore fixé, mais qui serait probablement l'ambassadeur à Vienne ou celui à Berlin. Waddington me dit qu'il demandera aujourd'hui à lord Lyons, si lord Derby ne se déciderait pas à prendre part à la conférence dans le cas où l'on substituerait Bruxelles à Baden, le choix de la première de ces villes faisant tomber l'objection principale du chef du Foreign Office, puisque de là il pourrait facilement se tenir en rapports rapides et continus avec ses collègues. Waddington désire vivement que V. E. consente aussi à se rendre personnellement à la conférence, si les ministres dirigeants y vont. Dans le cas contraire, c'est à dire si l'on devait y envoyer d'autres plénipotentiaires comme à Constantinople, Waddington se demande si une entente par la voie de correspondance entre les Gouvernements se serait pas sufflsante et préférable. Il aimerait à connaitre l'avis de V. E. à cet égard. Dès que le comte de Wimpffen lui a fait la proposition d'une conférence, Waddington lui a déclaré qu'il s'attendait à etre informé en son temps par le Cabinet de Vienne du programme fixant les bases de la discussion. Le ministre des affaires étrangères de France ne croit pas pouvoir admettre qu'on se rende à la conférence, sans un programme préalable et il compte avec assurance d'en recevoir communication par le Cabinet de Vienne. Il croit pour sa part que l'on devrait prendre pour base de la discussion le traité de 1856, en tenant compte des modifications que les événements y ont apportées et il ne veut pas qu'on puisse soulever au sein du congrès des questions sortant du domaine de l'Orient et touchant directement aux intéréts de l'Europe occidentale.

515

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PARIGI, RESSMAN, E AI MINISTRI A L'AJA, BERTINATTI, AD ATENE, MAFFEI, A BERNA, MELEGARI, A BRUXELLES, DE BARRAL, A COPENAGHEN, DELLA CROCE, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LISBONA, OLDOINI, A MADRID, GREPPI, A MONACO, RATIOPIZZONI, A STOCCOLMA, SALLIER DE LA TOUR, E A WASHINGTON, BLANC

T. 210. Roma, 20 febbraio 1878, ore 16,58.

Au troisième scrutin a été élu pape ce matin le cardinal Pecci qui a pris le nom de Léon XIII. L'élection a été annoncée du balcon extérieur de Saint Pierre.

516

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1976. Berlino, 20 febbraio 1878 (per. il 23).

Rimase in dubbio fino a ieri se il Principe di Bismarck avrebbe accettato l'interpellanza presentata dall'onorevole Signor di Bennigsen a questo Reichstag circa la crisi di Oriente, e nel caso affermativo se avrebbe risposto egli stesso all'interpellante. Al momento in cui incominciò la seduta si temeva ancora che il Cancelliere Imperiale non incaricasse altri di rispondere in vece sua.

n Principe di Bismarck non tardò però a prendere posto nell'aula, ed espose a lungo le sue vedute, tanto sullo stato delle cose in Oriente, come sull'attitudine del Gabinetto di Berlino in sìffatta quìstìone.

Non potetti assistere a tutta la discussione, perché ne fui impedito dal ricevimento, al quale era invitato questo Corpo Diplomatico dalle LL.MM. il Re e la Regina del Belgio. Mi fu però dato di udire il discorso principale del Cancelliere Tedesco, e mi affrettai dì darne cenno per telegrafo a V. E. (1).

Sarebbe oggi superfluo di riassumerlo, o di darne la traduzione, avendolo già la stampa riprodotto in esteso. L'impressione che ne riportai, e che prevale generalmente, è conforme a quella, che produsse costantemente l'attitudine tenuta da S. E. il Signor di Biilow nei suoi discorsi col Conte De Launay, improntati sempre di tanta riservatezza. Le parole dette pubblicamente dal Principe dì Bismarck danno ora maggior peso al medesimo concetto politico.

La Germania non ha interessi diretti che possano essere compromessi nella crisi d'Oriente. Essa si astiene dal prendere partito per gli uni o per gli altri, e ricava da sìffatta riserva la maggior forza per esercitare un'azione conciliatrice, ed allontanare il pericolo che il conflitto prenda proporzioni più estese. L'amicizia persona;le dei tre Imperatori, e non già un accordo stipulato e scritto fra le tre Potenze, fu ed è di grande aiuto in simile intento. Il Principe di Bismarck la definì anzi ieri come «Drei Kaiser Verhaeltniss » cui si volle chiamare « Drei Kaiser Buendnis ».

La Germania non deve quindi adottare un programma che la leghi in modo qualsiasi, e che altri possa invocare per trascinarla seco. Essa non deve essere chiamata a versare il suo sangue ed a dare il suo oro, se non per difendere l'indipendenza della patria e la sua unità, e per interessi veramente tedeschi. Allora soltanto il Principe di Bismarck proporrebbe all'Imperatore di entrare in campo con le armi.

Quando alla situazione attuale in Oriente il Cancelliere affermò di essere assai povero di nuove informazioni e si riferì a ciò, di cui i Ministri della Regina Vittoria aveano dato contezza al Parlamento inglese. Egli non aveva avuto notizia diretta da S. Pietroburgo, se non il mattino del giorno stesso, delle condizioni di pace che la Russia esigeva. Le passò in rivista e riconobbe che non toccavano gl'interessi della Germania, se non indirettamente la quistione dei Dardanelli. Gli sembrava impossibile che altre Potenze vi trovassero l'equivalente dei sacrificii e dei pericoli di una guerra. E però esprimeva la fiducia in un componimento pacifico delle cose. Sperava che una conferenza si sarebbe radunata nella prima metà del prossimo Marzo, probabilmente a Baden. In tal caso ne sarebbe spettata la presidenza alla Germania, e su questo punto il Cancelliere si riservava tuttavia di transigere, secondo le circostanze, contentandosi di veder riconosciuto il principio.

Nel dire queste cose il Principe di Bismarck non omise di dare indirettamente consigli di moderazione alla Russia. Non giovava ad essa di esporre gli importanti successi ottenuti ai pericoli di una nuova guerra. Non le sarebbe certamente convenuto, qualora nella Conferenza, senza voler perciò ricorrere alle

armi, le altre Potenze non si fossero messe con essa d'accordo, di lasciar sussistere un germe di future guerre, e di sostituire al periodico conflitto russo-turco il pericolo di un conflitto futuro con l'Austria e con l'Inghilterra.

In questi ultimi giorni il tuono della stampa tedesca più o meno ufficiosa, fu tale da impensierire talora il Gabinetto di S. Pietroburgo. E gli incidenti che vi diedero occasione trovarono ora un'eco nel discorso del Principe di Bismarck. Si era irritati qui del mistero che copriva i negoziati turco-russi. E quando un foglio offlcioso russo parlò della parte di giudice equo, perché disinteressato e potente, che spettava alla Germania, l'idea fu respinta dalla stampa tedesca con modi molto acerbi. Valeva meglio ricordare in Russia gli antichi discorsi dello Tsar, che non le parole del Principe di Bismarck. La Germania tenuta al buio degl'intendimenti e delle decisioni della Russia, era ben lungi dall'aver dato la sua firma in bianco a disposizione del Gabinetto di S. Pietroburgo, ecc. ecc. Non mancò pure di farsi strada in Russia una certa inquietudine per le relazioni migliorate fra Berlino e Parigi: il timore di un conflitto con la Francia fu sempre considerato come la ragione decisiva per la Germania di tenersi amica ad ogni costo la Russia. Ora è evidente che per il momento non può esistere un timore di tal genere, dopo che il partito repubblicano ebbe il sopravvento in Francia. Sarebbe per ciò la politica tedesca alla vigilia di un cambiamento di fronte? Su questo argomento però ritengo che è assai facile di adottare un apprezzamento inesatto. Lo stato delle cose in Francia è tuttora incerto, ed un secondo 16 Maggio non è eventualità impossibile. Come diceva un generale di qui, la Germania continuerà per lungo tempo ad avere i suoi Balcani a Metz. Il Gabinetto di Berlino non cambierà facilmente di programma politico, e la previsione di nuovi conflitti con la Francia sarà sempre il fattore più importante della sua condotta. Soltanto la situazione attuale delle cose accresce alquanto la sua libertà di azione verso le Potenze interessate direttamente nel conflitto Orientale.

Nel seguito della seduta di ieri il Principe di Bismarck rispondendo a Deputati della opposizione, definì le relazioni di questo Governo con l'Austria-Ungheria come le più amichevoli, e parlò specialmente dell'assoluta fiducia che esiste fra lui e il Conte Andràssy.

Ricevetti ieri sera il telegramma di V. E. relativo alla Conferenza di BadenBaden (1). Non appena potrò avere qualche ragguaglio sulle decisioni del Principe di Bismarck, sarà mia cura d'informarne per telegrafo V. E. Le intenzioni di questo Gabinetto ci sono però già note per le precedenti dichiarazioni del Signor di Btilow (Vedi il mio telegramma del 10 corrente) (2). Il Gabinetto di Berlino era talmente impaziente di vedere riunita la conferenza, qualunque città fosse proposta come sede, ed anche senza un previo programma, che la sua accettazione non poteva presentare dubbio alcuno. Ne abbiamo la conferma in ciò che disse ieri al Reichstag il Principe di Bismarck, accennando a BadenBaden ed all'epoca della riunione. Quanto al sapere quali ed in qual numero saranno eventualmente i plenipotenziarii tedeschi, ritengo che il Segretario di

Stato ne farà tuttora mistero. V. E. ricorderà che il Signor di Biilow escluse già che il Principe di Bismarck potesse assistervi egli medesimo. Mi duole di non aver potuto in questi ultimi tempi dirigere regolarmente a

V. E. dei rapporti per la posta. Difettava il tempo necessario alle molteplici

occupazioni, che coincidevano nei medesimi giorni. Mi limito pertanto a confermare i miei telegrammi. Ho l'onore di segnare ricevuta dei dispacci politici, ,nn. 624 e 625 dei

14 corrente (1).

(l) Cfr. t. 400 del 19 febbraio, non pubblicato.

(l) -Cfr. n. 508. (2) -Non pubblicato.
517

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 802. Vienna, 20 febbraio 1878 (per. il 24).

Nella seduta di ieri l'altro della Camera dei Deputati di Vienna S. A. il Principe Auersperg diede comunicazione della risposta del Governo I. e R. all'interpellanza del Deputato Giskra e consorti sulla situazione della Monarchia a fronte della situazione creata in Oriente dalla pace che si sta conchiudendo fra la Russia e la Turchia. Suppongo che il testo letterale di quel comunicato sarà stato trasmesso telegraficamente ai giornali romani dal Correspondenz Bureau, ad ogni buon fine però l'unisco al presente rapporto (2).

A mio avviso quella dichiarazione ispirandosi alla speranza deHa prossima conferenza o congresso che sia, è molto meno esplicita delle precedenti, essa è improntata a quella prudente riserva imposta ad ogni Governo in simili circostanze, ciò d'altronde è chiaramente detto in essa. La sola frase che secondo me ha importanza in quella dichiarazione si è la seguente.

« Il Governo I. e R. non può cionondimeno astenersi dal dichiarare in tesi generale, che fra le stipulazioni di pace conosciute, ve ne ha taluna ch'Egli non saprebbe considerare siccome compatibile cogli interessi della Monarchia austroungarica. Questa riserva non si riferisce tuttavia ai punti relativi a'l miglioramento della sorte dei Cristiani in Oriente ma bensì alle stipulazioni concernenti una modificazione all'equilibrio delle forze in Oriente a detrimento della Monarchia».

Finisce poi coll'esprimere la speranza che le deliberazioni delle Potenze avranno per risultato una soluzione generale e non parziale della questione d'Oriente.

Simile dichiarazione sembrami potrebbe star del pari nella bocca dei primi ministri di tutte le aitre grandi Potenze non belligeranti, esprimendo precisamente nella sua generalità ciò che ognuno di esse deve desiderare. Non credo poi dover omettere di osservare, che le parole relative alla soluzione generale e non parziale della questione d'Oriente accennano all'intendimento già manifestato dal Conte Andrassy d'introdurre nelle discussioni della conferenza la questione greca, allo scopo d'innalzare mediante il rafforzamento delle popolazioni di quella razza, un baluardo all'irruzione dello Slavismo.

32 -Documenti cliplomatici -Serie II -Vol. IX

Queste dichiarazioni del Governo perdettero però alquanto della loro importanza a fronte del discorso tenuto dal Principe di Bismarck sullo stesso argomento nel Parlamento di Berlino. Sta di fatto che l'opinione pubblica qui ed a Pesth s'aspettava ben altre e più precise assicurazioni a favore degli interessi austro-ungarici dalla bocca del Cancelliere Germanico, con tuttociò a difetto di meglio la stampa in generale mostrassi soddisfatta.

Indubbiamente però, siccome ebbe a dirmi il Barone Orczy, riuscì assai gradita al Conte Andrassy la nuova manifestazione di fiducia e di simpatia di cui il Principe di Bismarck volle farlo segno in tale circostanza mantenendogli così quel valido appoggio che non poco contribuì fino ad ora a rafforzare la sua posizione.

Non saprei poi finire questo rapporto senza osservare che per quanto si voglia gonfiare le parole si dell'uno che dell'altro primo Ministro dei due potenti Imperi per trarne conseguenze conformi ai vari desideri che a seconda delle rispettive tendenze si possano accarezzare; conviene rassegnarsi a conchiudere ch'esse lasciarono la situazione quale era prima, senza farla progredire in nessun senso lacchè certo non contribuirà ad appianare la via ad una prossima riunione della conferenza o congresso.

(1) -Cfr. n. 491; l'altro dispaccio non è pubblicato. (2) -Non pubblicato.
518

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 412. Pietroburgo, 21 febbraio 1878, ore 13,45 (per. ore 15).

Le prince Gortchakofi m'a confirmé que du moment où le prince de Bis

marck et lord Derby refusent de se rendre au congrès, il n'ira pas lui non plus. Il ne pense pas que la conférence de simples plénipotentiaires puisse se réunir aussitòt qu'aurait pu le faire le congrès. La Russie enverra un ou deux plénipotentiaires, selon ce que feront les autres Puissances. Quant au programme du prince Gortchakofi il m'a dit que rien n'est arreté jusqu'ici. Son Altesse m'a confirmé que si la flotte anglaise ne sortira pas des Dardanelles, les troupes russes occuperont certainement Constantinople.

519

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 416. Londra, 21 febbraio 1878, ore 18 (per. ore 21,30).

Mon télégramme du 19 (l) avait répondu d'avance en partie à celui de

V. E. de la meme date (2). Je viens de voir Derby qui était aujourd'hui préoccupé. Il m'a répété les raisons par lesquelles il n'ira pas à la conférence et il m'a

informé que Bismarck et Gortchakoff n'iront pas tandis qu'Andrassy a l'intention de s'y rendre. Le choix du représentant n'est pas encore tout à fait fixé, mais Derby a ajouté qu'il croyait que lord Lyons sera nommé. Il ne voit aucune raison pour nommer deux plénipotentiaires. Il m'a répété qu'il n'avait pas voulu soulever la question des bases préliminaires s'étant limité à accepter la conférence en termes généraux, mais qu'il lui paraitrait que c'était à l'Autriche en tout cas camme initiatrice de la proposition de formuler un programme ou à ftxer des bases si elle 1le jugeait à propos. Derby ne croit pas à la possibilité de la réunion pour le commencement de mars attribuant à la Russie l'intention de retarder et a-t-il ajouté « bien des événements pourront arriver jusque là; nous ne connaissons pas encore les conditions de la paix et une condition que nous mettrons sans faute c'est de ne pas entrer à la conférence aussi longtemps que les russes occuperont Constantinople. Le Cabinet anglais parait avoir cru que la Russie avait renoncé à l'intention d'entrer et la préoccupation actuelle de Derby qu'il n'a pas caché, dépend des mouvements russes vers la capitale de l'Empire ottoman. S. E. m'a dit que les russes sont si près qu'il faut considérer camme s'ils y étaient déjà. Il a continué en disant: «Il faudra savoir s'ils y entreront sans y rencontrer résistance de la part des tures eux mèmes » L'ambassadeur de Russie m'a dit aujourd'hui que son Gouvernement n'avait jamais renoncé à l'idée de pénétrer à Constantinople et pour qu'il change d'intention il faudrait que 'l'Angleterre retire sa flotte. Quant à la question de Gallipoli, l'Angleterre a répondu qu'elle s'engageait à ne point débarquer des troupes sur la còte d'Europe ou provinces d'Asie, si la Russie s'engage elle aussi à n'en point débarquer sur la còte asiatique des détroits. Je tiens de bonne source que le comte de Gortchakoff qui serait une acceptation de ces conditions mutuelles. Un personnage important m'a mait remarquer à cet objet que ces questions se plaçaient sur un terrain irritant dont le danger ne saurait étre méconnu.

(l) -Cfr. n. 510. (2) -Cfr. n. 508.
520

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 263. Roma, 21 febbraio 1878.

Riferendomi al pregiato Rapporto di Lei in data del 12 di questo mese,

n. 378 (1), stimo utile qui confermarle ciò che in altri telegrammi e dispacci ebbi già a farle noto circa il divisato invio di due legni italiani nel Bosforo.

Ricorda la S. V. Illustrissima, come anche noi, aderendo alla proposizione del Gabinetto di Versailles, avessimo creduto opportuno di dare istruzioni al

R. Ministro in Costantinopoli perché chiedesse il firmano per l'ammessione di due nostre fregate. Però queste istruzioni lasciavano chiaramente intendere che, nel fare tale domanda, noi avevamo in vista un solo scopo, quello cioè di proteggere efficacemente i nostri naziona'li nel caso di reale ed imminente pericolo.

Questa eventualità non verificandosi fortunatamente, e le relazioni del Conte

Corti nulla lasciando prevedere in senso contrario, era naturale che quel R. Rap

presentante soprassedesse dalla domanda del firmano, e noi fummo ben lieti di

sapere che in ciò ci eravamo trovati perfettamente d'accordo con la Francia.

L'Austria-Ungheria ha creduto invece di procedere alquanto diversamente. Essa ha domandato il firmano. Avendo noi chiesto però al Conte Andrassy che cosa farebbe in caso di rifiuto, ci si fece capire che il Gabinetto di Vienna riconoscerebbe essere [a Sublime Porta nel pieno diritto di opporre un rifiuto e vi si acquieterebbe. Non ci risulta ancora che la Germania voglia eventualmente associarsi all'invio di navi da guerra negli stretti. Una dimostrazione collettiva di tutte le bandiere parrebbe attenuare l'importanza della situazione creata dalla presenza della sola flotta inglese nel Mar di Marmara; ma l'incertezza che regna intorno alla risoluzione cui si atterrà il Gabinetto di Berlino, ed il fatto che l'Austria-Ungheria si è già discostata dalle altre Potenze per fare un passo più marcato nel senso delle tendenze inglesi, debbono, a parer nostro, rendere sempre più cauti quei Gabinetti che si propongono bensì di tutelare seriamente ed efficacemente gli interessi dei loro nazionali in Costantinopoli, come in qualunque altra città marittima della Turchia, ma rifuggono dal lasciarsi avvolgere in una situazione di cui non si vede chiaramente come si potrebbe uscire con soddisfazione.

(l) Non pubblicato.

521

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 803. Vienna, 21 febbraio 1878 (per. il 24).

Accompagno all'E. V. H foglio d'oggi del Vaterland, l'organo più autorizzato del partito clericale austriaco, in cui viene annunciato l'avvenimento al Pontificato di S. S. Papa Leone XIII. Degne di nota sono in quel festoso annunzio le parole seguenti: Oggi venne eletto il 236° Papa, e l'elezione seguì con una calma, una celerità ed una sicurezza che non poté essere maggiore né nei tempi antichi né in quelli di maggior felicità pel Cristianesimo, ecc... ».

Preziosa espressione questa del massimo giornale clericale viennese di cui parmi possa tornar utile tener memoria.

522

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 428. Pietroburgo, 23 febbraio 1878, ore 13,45 (per. ore 17).

Mon impression est que la Russie n'a pas l'intention de commencer une nouvelle guerre con tre l' Angleterre; mais elle est décidée à s'assurer l es résultats de la campagne qu'eUe vient de faire. Le prince Gortchakoff m'a dit à plusieurs reprises que l'Empereur Alexandre ne cèdera pas à des intimidations, et que si la flotte anglaise ne quitte pas les Dardanelles Constantinople sera

occupée par les troupes russes. L'opinion publique en Russie est très-montée contre l'Angleterre. Je ne sais pas si on a ici l'assurance positive de la continuation de la neutralité de l'Autriche, mais je sais qu'on compte pour cela sur l'appui décidé de l'Allemagne.

523

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 429. Vienna, 23 febbraio 1878, ore 15,45 (per. ore 18,10).

D'après ce que revient, le Cabinet autrichien considère également la situation en Orient comme extrèmement grave, pour sa part il y a le moyen de parer aux événements quand il voudra en occupant la Bosnie et l'Herzégovine. Je comprends que le Gouvernement du Roi envisage avec une vive inquiétude cette éventualité pour l'effet qu'elle produirait en Itailie, mais il ne faut pas se dissimuler que cet acte en désintéressant l'Autriche serait une garantie à peu près assurée de paix et non seulement personne n'appuierait en ce moment une démarche quelconque de notre part qui y serait contraire, mais tout le monde serait contre nous et nous assumerions le r6le dangereux de provocateurs de nouvelles complications. Je n'ai pas encore perdu entièrement tout espoir que cette éventualité ne se vérifie pas, mais si elle s'accomplissait je ne verrais pas ce que nous pourrions faire seuls pour l'empècher. Tout échange d'idée, ici ou ailleurs à ce propos en ce moment ne changerait pour nous à cette situation et ne produirait que la constatation de notre impuissance, chose qui pourrait à l'avenir nous ètre plus nuisible encore que le fait meme; une attitude calme et digne, un concours loyal et désintéressé à maintenir la paix nous assurera seul le respect et la considération des autres puissances et seront le meilleur moyen de consolider notre position de Grande Puissance dont une faute pourrait nous faire déchoir. Les journaux par,lent de grandes manoeuvres qui auront lieu en Dalmatie à la moitié de mars, en place de celles établies pour l'été et je n'ai pas encore pu vérifier l'exactitude ni la portée de ce fait par tous les moyens. Du reste le Gouvernement autrichien, accentue ces jours-ci ses excellentes et intimes relations avec le Gouvernement italien. Je viens d'apprendre à l'instant mème qu'il s'agit seulement d'appeler les réservistes de la division de Dalmatie qui serait destinée, le cas échéant, à entrer en Bosnie et en Herzégovine. Les manoeuvres n'auront lieu qu'à la fin de mars.

524

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

D. 632. Roma, 23 febbraio 1878.

Un recente Rapporto del R. Agente a Bukarest segnala la violenta commozione prodotta nella riunione segreta dei Senatori e Deputati rumeni, nella quale il Ministro degli Affari Esteri dette comunicazione della corrispondenza circa la proposta della cessione della Bessarabia rumena alla Russia contro un compenso territoriale ed anche pecuniario. Non mancarono le accuse e le recriminazioni contro il Principe Carlo ed il suo Governo, che non seppero né prevedere, né scongiurare una così grande umiliazione. «Se Carlo di Hohenzollern, dicevasi, non è in grado di farsi sostenere a Berlino più di quel che nol potrebbe un principe indigeno, meglio sarebbe per tutti che scendesse dal trono».

Questi sentimenti si manifestarono con la mozione, votata all'unanimità il giorno 7 corrente, che la Rumania mantiene la sua integrità territoriale e non ammette veruna alienazione del territorio rumeno, contro qualsiasi compenso.

Richiamo l'attenzione di V. E. sopra questo stato di cose e La prego di procurare di conoscere l'effetto che produce sul Gabinetto di Berlino.

525

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 613. Roma, 23 febbraio 1878.

Ho ricevuto H Suo rapporto del 13 febbraio corrente, n. 1039 di questa serie (1), in cui mi riferisce suNa missione di due Agenti Austriaci a Costantinopoli, per la trasformazione della Compagnia francese delle ferrovie turche dei Bar Hirsh in Compagnia austriaca.

Dal punto di vista degli interessi che solleva una simile questione, trovo grave la notizia datami, e sarò grato alla S. V. Illustrissima d'ogni ulteriore informazione che potrà procurarmi su siffatto argomento.

526

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO

D. 56. Roma, 23 febbraio 1878.

Assai volentieri farei cosa grata alla S. V. Illustrissima, cui ben comprendo che abbia recato disgusto e sdegno l'articolo del giornale l'Italia degli Italiani, da Lei comunicatomi coi rapporto del 15 febbraio s.n. (2).

Però, non potrebbe il Governo del Re, con un suo comunicato nella Gazzetta ufficiale, dare notorietà ad un foglio che non ne ha punto in Italia. Mancarebbe poi l'opportunità di ciò fare, trattandosi di articolo pubblicato da molti giorni e che non trovò eco nella stampa che gode maggior credito. Il titolo stesso del giornale, e le note tendenze dello Imbriani, indicano abbastanza che la condotta circospetta del Governo e dei suoi Agenti non può essere, in quel

foglio, che il soggetto delle più acerbe critiche. Però non ci lascieremo smuovere dalla via che seguiamo nell'interesse della Nazione e crediamo che gli Agenti di Sua Maestà all'estero debbono soprattutto avere in pregio la soddisfazione che viene loro dalla convinzione di essere perfettamente d'accordo coi Governo nel tutelare gli interessi più delicati del paese all'estero.

Confido che la S. V. Illustrissima vorrà farsi persuaso di queste considerazioni, e non insistere maggiormente sopra questo affare.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 495.
527

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

T. 212. Roma, 24 febbraio 1878, ore 2.

Sir A. Paget m'a fait ces jours derniers des communications au sujet des conditions que la Russie veut imposer à la Turquie. Au nombre de ces conditions il y avait l'évacuation de tous les musulmans de la Bulgarie, la reddition de la flotte cuirassée etc. etc. Layaro doit avoir télégraphié à Londres le 21 que le Sultan refusait de signer ces conditions, qu'il faisait appel à l'appui de l'Angleterre et que 30.000 russes étaient prets pour entrer à Constantinople contre la volonté de Sa Majesté Impériale. Nous n'avons pas à contròler ces nouvelles, mais nous nous intéressons à un trop haut degré au maintien des relations pacifiques des Etats amis de l'Italie pour pouvoir hésiter un seul instant à faire connaitre à lord Derby les informations que le ministre du Roi à Constantinople nous transmettait spontanément le 21 et le 22 de ce mois. Le 21 le comte Corti nous apprenait que le Gouvernement ottoman consentait à laisser venir 10.000 russes à Santo Stefano où se rendraient avec le grand due Nicolas les plénipotentiaries chargés de négocier les préliminaires de la paix. Le 22 le ministre de Sa Majesté à Constantinople ajoutait à cette première information que la Porte avait télégraphié la nuit précédente à ses plénipotentiaires à Andrinople de terminer au plus tòt. On espérait que les préliminaires seraient signés le 22 ou le 23 février. H ne viendrait ainsi à Santo Stefano que les 10.000 russes et le Sultan inviterait le grand due Nicolas à Constantinople. La Porte maintenait cependant son refus de remettre à la Russie une partie de sa flotte cuirassée. Les nouvelles que le comte Corti me communique n'indiqueraient donc pas dans leur ensemble une tension pouvant faire craindre la reprise de l'action militaire. Rien ne fait supposer non plus que la sécurité des personnes et des propriétés puisse etre mise en danger dans la ville de Constantinople. Il serait par conséquent de plus en plus regrettable que par suite de l'attitude prise par les Cabinets de Pétersbourg et de Londres la paix entre ces deux Puissances ne put etre préservée de l'atteinte qu'un incident malheureux pourrait lui porter. Je ne puis omettre d'informer très secrètement V. E. que si la f'lotte anglaise ne se retire pas de la mer de Marmara j'ai l'impression que les russes finiront par entrer à Constantinople et très probablement avec le consentement du Sultan. L'irritation à Pétersbourg est tout aussi grande qu'elle peut etre à Londres. Ces dernières informations sont pour vous seul. Je désire que dans notre propre intérét vous vous employez à écarter le danger d'une rupture entre l'Angleterre et la Russie. Cene-ci trouverait le moyen de désintéresser l'Autriche que l'Allemagne contiendrait d'ailleurs par son influence et l'Angleterre se mettrait dans une position que ses amis ne pourraient que déplorer méme au point de vue des intéréts généraux.

528

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PARIGI, RESSMAN

T. 214. Roma, 24 febbraio 1878, ore 13,20.

L'agent de Roumanie m'a communiqué une dépéche de son Gouvernement tendant à obtenir la sanction des Puissances à l'indépendance de la Principauté proclamée le 22 mai de I'année dernière. La Roumanie voudrait étre reconnue comme Etat indépendant car elle espère à ce titre pouvoir étre edmise au sein de la prochaine conférence et exposer les besoins nouveaux que sa transformation politique lui crée. Je me rends compte parfaitement du prix que le Gouvernement roumain attache à ne pas paraitre redevable de son indépendance uniquement au bon vouloir des Puissances qui négocient en ce moment-ci les préliminaires de paix à Andrinople. La Roumanie a tenu bravement sa place sur les champs de bataille et elle peut prétendre à la reconnaissance de son indépendance du jour où la Porte n'est plus à méme de maintenir sa suzeraineté sur la Principauté. Veuillez sonder prudentement le Cabinet auprès duquel vous étes accrédité et tachez de savoir dans quelles dispositions il a reçu la démarche du Cabinet de Bukarest.

529

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PARIGI, RESSMAN

T. 216. Roma, 24 febbraio 1878, ore 22,25.

Les russes occupent Santo Stefano où sont arrivés le grand due et les plénipùtentiaires ottomans. La paix préliminaire sera signée incessamment. Corti mande les conditions suivantes: continuation de la fermeture des détroits aux pavillons de guerre, occupation temporaire de la Bulgarie par 50.000 russes, conversion de l'indemnité en territoire en Asie, cession de la Dobrutschka avec faculté de l'échanger avec la Roumanie contre la Bessarabie méridionale. Les russes ont abandonné la demande de l'émigration des musulmans de la Bulgarie et la question des cuirassées n'est pas encore résolue.

530

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 218. Roma, 24 febbraio 1878, ore 22,55.

Je vous remercie des sages considérations contenues dans votre télégramme de hier (1). Nous ne connaissons que trop le désintéressement des autres Cabinets pour une question qui à leurs yeux ne touche en droite ligne que nos intérèts. Nous comprenons combien il serait dangereux pour l'Italie de provoquer par des démarches inopportunes la constatation d'un isolement qui détruirait notre infiuence au moment méme où pour la première fois nous prendrions part aux arrangements de la question orientale au seul titre de grande Puissance européenne. Il y a donc pour nous un très grand intérèt de pouvoir conserver la plénitude de la liberté d'action dont nous pourrions avoir besoin pour parer aux conséquences d'une solution préjudiciable à nos intérèts. Il faut qu'à cet égard vous soyez vous mème persuadé qu'en Italie le Gouvernement qui signerait un traité concedant à l'Autriche un agrandissement territorial sans aucune compensation pour nous serait jugé très sévèrement par l'opinion générale du pays. Est-ce à dire qu'après avoir épuisé tous les moyens diplomatiques pour écarter cette éventualité l'Italie devrait faire à elle seule la guerre ou bien se retirer du concert des autres cinq grandes Puissances? Toute décision à cet égard serait prématurée. La ligne de conduite ne pourrait étre déterminée que par le concours de circonstances en grande partie imprévues. Ce que nous devons faire dès à présent c'est de nous rendre compte des moyens qui pourraient étre à notre disposition pour contrecarrer des projets dont l'exécution nuirait à la position de notre pays en Orient et assurerait le préponderance de l'Autriche sur l'Adriatique et peut étre mème sur la mer Egée.

Nous devons à cet effet suivre d'un ceil attentif le travail diplomatique des autres Cabinets qui devront se rendre compte eux aussi que la question prendra des propositions bien différentes si l'Autriche reçoit ou si elle ne reçoit pas d'agrandissement territorial aux dépens de la Turquie.

531

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

T. 219. Roma, 24 febbraio 1878, ore 23.55.

Le ministre des affaires étrangères de France vivement ému de la gravité des conditions imposées par la Russie à la Turquie a donné des instructions à

l'ambassadeur de la République à Berlin pour exprimer les craintes que cet état des choses lui inspire au sujet de la conférence. Il se demande ce que la France irait faire à une conférence où la Russie présenterait un programme repoussé d'avance par l'Autriche et par l'Angleterre et conduisant tout droit à une guerre inévitable. Il croit que l'Italie devrait également prendre en considération un état des choses qui pourrait l'amener à jouer avec la France un ròle presque ridicule autour du tapis vert de la conférence. J'ai répondu que jusqu'ici il me paraissait difficile d'envisager la situation sous tous ses différents aspects. Ceci ne sera possible que lorsqu'on aura connaissance du texte des préliminaires de la paix et du résultat de l'examen qui en aura été fait à Londres et à Vienne. J'ai ajouté qu'il sera toujours temps alors pour nous de nous abstenir d'une conférence dont on ne saurait prévoir une issue satisfaisante pour la paix européenne.

(l) Cfr. n. 523.

532

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1979. Berlino, 24 febbraio 1878 (per. il 27).

Come ebbi l'onore di telegrafarle ieri (l), la quistione della retrocessione alla Russia di quella parte della Bessarabia, che le venne tolta col trattato di Parigi, sarebbe apprezzata qui in modo poco soddisfacente per la Rumania.

Gl'interessanti rapporti del Signor Barone Fava, che V. E. si compiacque di comunicarmi col dispaccio politico n. 627 (1), mi fornirono l'occasione di parlarne a S. E. il Signor di Blilow. Il quale, dicendo di volerne discorrere in modo confidenziale, lasciò in disparte ogni altra considerazione per osservare soltanto che la retrocessione in discorso era, nell'animo dello Tzar, una quistione risolutamente decisa. L'intento di recuperare ciò che la fortuna delle armi avea strappato all'Augusto Suo Genitore, formava uno degli scopi essenziali che l'Imperatore avea prefissi alla Sua politica. All'infuori delle ragioni d'interesse, era in ciò guidato da un vivo sentimento di pietà figliale. La Rumenia avrebbe ottenuto in ogni caso un compenso adeguato al suo sacrificio.

Ebbi l'impressione che, a giudizio almeno di questo Gabinetto, siffatte considerazioni hanno un peso tale da rendere inutile ogni resistenza della Rumenia, e vantaggioso invece per essa il prestarsi all'effettuazione dei voti dello Tzar, traendone almeno il maggior possibile profitto (2).

(l) -Non publicato. (2) -Con R. 1990 del 3 marzo Launay confermò il contenuto di questo rapporto e concluse: «Les Puissances aviseront; et l'Allemagne, quant à elle, ne se laissera poin t guid~r par des intérèts dynastiques dans ses relations avec la Roumanie >>.
533

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1981. Berlino, 24 febbraio 1878 (per. il 27).

Avrei desiderato di poter soddisfare prima d'ora e più completamente di c1o che sono in grado di fare, alla richiesta, di cui V. E. fece oggetto nel telegramma del 19 corrente (l). Ella vorrà pertanto tener conto della nota riservatezza di questo Segretario di Stato.

Lo richiesi ieri di favorirmi qualche notizia su ciò che il Gabinetto di Berlino si proponeva di fare per la conferenza che il Cancelliere Imperiale avea espresso la fiducia di veder riunita nella prima metà del prossimo marzo a Baden-Baden.

Il Signor di Biilow mi rispose confidenzialmente che la Germania vi si sarebbe fatta rappresentare da due plenipotenziarii. Il Principe di Bismarck per ragioni di salute ed a motivo degli affari dell'Impero, che lo assorbono completamente, non avrebbe potuto intervenirvi in persona. Quanto all'epoca della riunione, Sua Altezza nel parlare come fece al Reichstag, si era fondato sopra comunicazioni confidenziali precedentemente scambiate con Vienna, donde gl'inviti per la conferenza doveano essere spediti, perché le Potenze mandassero a Baden-Baden i 'loro rappresentanti fra il 7 ed il 14 marzo. Ora il Principe Gorchakoff dichiarava che gli era impossibile di avere pronte per un'epoca così vicina le istruzioni per i plenipotenziarii russi. Il Gabinetto di Berlino accelerava con tutti i suoi voti la riunione della conferenza. Disgraziatamente non dipendeva da esso di poter fare di più.

Procurai di completare ad altre fonti questi ragguagli. Mi venne assicurato che anche il Signor di Biilow aveva desiderato di non essere prescelto come plenipotenziario alla Conferenza, e che il Principe di Bismarck avrebbe deciso di mandarvi, come l'Inghilterra, uno degli Ambasciatori tedeschi. ed un secondo plenipotenziario: egli avrebbe scelto a tale scopo il Principe Hohenlohe, Ambasciatore a Parigi: non avrebbe peranco stabilito nulla circa la nomina del secondo plenipotenziario. Il Principe Gortchakofi si asterrebbe, come H Principe di Bismarck, d'intervenire alla conferenza, mentre invece il Conte Andràssy si sarebbe fatto un punto d'onore di recarvisi. In tal caso è probabile che il Gabinetto di Berlino lascerà a lui la presidenza, dopo aver fatto riconoscere il principio che questa, in una città tedesca, spetterebbe di diritto ad un plenipotenziario tedesco. È questo un principio, al quale si annette qui una certa importanza, per affermare che in Germania ogni città è città dell'Impero, e che non vi si devono più cercare, come per io passato, dei luoghi senza importanza, perché in certo modo neutri.

Il Signor di Biilow avea già ricevuto ieri informazioni analoghe a quelle che V. E. mi fece l'onore di telegrafarmi sulle condizioni, che, a quanto pare, la Russia esigerebbe a breve scadenza dalla Turchia. Le medesime notizie erano

pervenute a queste Ambasciate d'Inghilterra e d'Austria, che se ne mostravano molto inquiete. E ciò che maggiormente irriterebbe i loro Governi, e li metterebbe in pensiero sugl'intendimenti del Gabinetto Russo, sarebbero i successivi ostacoii opposti da esso alla riunione della conferenza, le difficoltà che sollevò prima per la Sede di Vienna, poi esigendo un congresso, ed ora finalmente trovando troppo prossima l'epoca della convocazione. Intanto il Governo inglese spinge i suoi armamenti in ogni maggior modo e la Russia diventa più minacciosa ed ogni giorno più esigente. Non finirà per uscir nuova guerra dalla conferenza stessa, se pur questa si riunisce? La circostanza che il Principe Gortchakoff non vi interviene, se tale in realtà è la sua intenzione, non sarebbe certamente un buon sintomo, perché il Cancelliere Russo, a quanto si pretende, sarebbe per sua indole poco proclive a rinunziare in favore d'altro agli allori di un congresso diplomatico.

Il Signor di Biilow si astenne meco da ogni apprezzamento sulle inquietanti notizie alle quali accennai più sopra. Però, quanto il Principe di Bismarck disse al Reichstag parla abbastanza chiaro per la Russia. Il Cancelliere tedesco le diede consigli indiretti di moderazione, e la stampa di qui prosegue a battere tal chiodo; ma al tempo stesso le dié carta bianca in nome della Germania, la quale non uscirà per gl'interessi di altre Potenze dalla sua astensione per immischiarsi nei conflitti che fossero per nascere.

(l) Cfr. n. 508.

534

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 444. Parigi, 25 febbraio 1878, ore 17,15 (per. ore 18,20).

J'ai fait part à Waddington des observations de V. E. au sujet de la conférence (l). Il m'a dit que par la déclaration qu'il a fait faire à Berlin, il a seulement voulu établir que la France n'aurait nulle envie de se rendre quand meme à une conférence dans laquelle elle n'aurait plus rien à dire et rien à faire. Maintenant Waddington attendra, et il s'abstiendra quant à présent de toute autre demande ou objection.

535

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. CONFIDENZIALE 447. Parigi, 25 febbraio 1878, ore 18,45 (per. ore 19,50).

V. E. sait depuis longtemps que le parti qui est en ce moment au pouvoir en France veut plus qu'une détente dans les rapports avec l'A'llemagne et qu'il vise à établir, si c'est possible, une entente avec le Cabinet de Berlin. La

nomination du comte Saint Vallier a été dans ce dessein et Waddington non seulement ne s'est pas caché avec moi, mais il m'a dit à plusieurs reprises qu'il continuerait d'agir dans ce sens. Il en a touché un mot aussi dans la conversation qu'il vient d'avoir avec le général Menabrea en énonçant son appréciation du dernier discours de Bismarck. D'après le ministre des affaires étrangères de France Bismarck se renferme strictement dans le cercle des intérets allemands. Il engage les autres à se mettre d'accord, mais au fond il ne peut que désirer qu'ils se battent et qu'ainsi ils s'affaiblissent pour rester leur maitre. Quant à présent et pour toute l'année 1878, dit Waddington, les assurances de Bismarck sont sur toute la ligne très explicitement pacifiques, mais il est à savoir ce qu'il en sera plus tard. La Russie, l'Angleterre, l'Autriche étant engagées ou épuisées, Waddington pense qu'à ce moment là l'Italie la France et l'Allemagne, si elles marchent d'accord, pourront jeter le poids décisif dans la balance. Il est certain que pour le développement ultérieur de cette politique, il faudra compter non seulement sur le consentement de Bismarck, mais aussi sur la permanence du parti républicain au pouvoir en France, et il est possible que la réaction tente une rescousse avant les élections sénatoriales, c'est à dire avant la fin de l'année; mais il m'a affirmé que la majorité républicaine veut tout faire pour maintenir le Cabinet actuel et le Cabinet de son còté aurait pris envers elle l'engagement de ne se retirer ni devant un nouvelle lettre de l'Elysée, ni devant un vote hostile du Sénat.

(l) T. 217 del 24 febbraio, non pubblicato, ma cfr. n. 531.

536

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 388. Parigi, 25 febbraio 1878 (per. il 27).

Le informazioni ricevute dall'E. V. circa le condizioni di pace accampate dalla Russia ch'Ella riassumeva nel suo telegramma di jeri (1), coincidono nella parte sostanziale con quelle avute da S. E. il Signor Ministro degli Affari Esteri di Francia. Il Signor Waddington dal quale ho avuto poc'anzi un'udienza, trovasi da tre giorni in possesso del testo delle domande russe. Egli si compiacque di darmene rapidamente lettura, ma non credette di potermene lasciar prendere una copia, perocché quel documento non venne nelle sue mani per una via regolare ed egli non vuole quindi farne per ora alcun uso. Egli lo giudica tuttavia perfettamente autentico e mi lasciò supporre che l'Ambasciatore di Francia a Costantinopoli se lo fosse procurato in qualche modo indiretto, con un sacrificio pecuniario.

Il Signor Waddington era spaventato daU'enormità delle domande russe le quali, a' suoi occhi, costituirebbero poco meno che una presa di possesso della Turchia e non potrebbero che essere respinte come intieramente inammissibili dalle due Potenze più direttamente interessate alle sorti della Turchia, cioè

dall'Inghilterra e dall'Austria, verso le quali esse sono una vera e violenta provocazione. Il nuovo Stato di Bulgaria avrebbe difatti un'estensione di poco inferiore a quella accennata nel dispaccio di V. E. L'esercito russo dovrebbe occuparlo durante un periodo di non meno di due anni. Esso sarebbe eretto in Principato tributario, sotto un principe cristiano eletto dai notabili e preso all'infuori delle famiglie regnanti. L'autorità del nuovo Principe non sarebbe nemmeno ereditaria, locché dunque ne farebbe più tardi una più facile preda della Russia. Tuttavia il testo delle domande ricevute dal Signor Waddington tace la durissima condizione dell'espulsione de' musulmani. Il Montenegro otterrebbe un vistoso aumento territoriale, si annetterebbe Niksich e si estenderebbe lungo il mare fino al porto dipendente da Scutari. Indipendenza ed aumento di territorio alla Serbia. Indipendenza della Rumania, cui sarebbe aggiunta la Dobrudschia ed assicurata un'indennità di guerra da 100 a 200 milioni di rubli, ch'essa però dovrebbe direttamente pattuire e riscuotere dalla Turchia. Per la Bosnia e l'Erzegovina i preliminarj stipulano il trattamento progettato nella Conferenza di Costantinopoli. All'isola di Creta sarebbe pure guarentita una amministrazione cristiana e semi-indipendente. L'indennità rivendicata dalla Russia eccede un miliardo quattrocento milioni di rubli e sarebbe guarentita dalle migliori miniere turche e dai redditi dell'Anatolia.

L'Armenia cadrebbe quasi intiera nelle mani de' russi. La Russia prenderebbe, a sua scelta, sei corazzate della flotta turca, etc. etc.

Come l'E.V., cosi anche il Signor Waddington, ha per estremamente grave il pericolo risultante da tali domande. Egli crede ch'esse avranno per effetto di far scendere in campo l'Austria e l'Inghilterra e di decidere con ciò la Turchia a riprender lena ed a scagliarsi di nuovo sul nemico. Le notizie avute da'l Signor Waddington confermano che l'Inghilterra continua attivissimamente gli armamenti. Il Signor Ministro mi disse che a Costantinopoli si credeva imminente l'entrata in città di 30 mila russi, e S. E. aveva serie ragioni di prevedere, benché non ne avesse un avviso positivo, che quel fatto sarebbe seguito dal richiamo immediato dell'Ambasciatore d'Inghilterra a Pietroburgo.

In tale stato di cose il Signor Waddington ha poca fede nel buon esito d'una Conferenza quando pure si persista ancora a volerla convocare. Per parte sua egli si sente poco tentato a far intervenire la Francia ad una riunione destinata soltanto a constatare la profondità dell'abisso che separa i principali interessati. Egli pregò jeri il Principe di Hohenlohe d'informare delle sue esitanze il Principe di Bismarck rappresentandogli che certo la Francia, come Grande Potenza, era e sarebbe ancora disposta a far prova di buona volontà recandosi alla Conferenza, ma che in vero non saprebbe né a quai fine, né a quale profitto vi interverrebbero la Francia ed anche l'Italia essendo anticipatamente noto alle due Potenze che rl programma russo non può essere per l'Austria e per l'Inghiiterra altro che un casus belli perentorio ed immediato. Il Signor Waddington incaricò anche il Conte di Saint Vallier di esprimersi nello stesso senso a Berlino e mi manifestò il desiderio che l'E. V. agisse, dal suo lato, in conformità. S. E. aggiunse che l'esilarava assai poco la prospettiva di vederci figurare in tali condizioni ad un Congresso.

Domandai al Signor Waddington se nelle disposizioni in cui egli era non gli paresse opportuno di far sentire le sue ragioni anche a Vienna; ma egli mi rispose che trovandosi soltanto per caso e non ufficialmente in possesso del testo delle domande russe, egli non aveva finora voluto parlarne con altri che coll'Ambasciatore di Germania e con me, e che attenderebbe ancora due o tre giorni almeno prima di tenere di tutto ciò discorso coll'Ambasciatore d'Austria, ove questi non venisse prima a fargli qualche comunicazione relativa alla Conferenza.

(l) Cfr. n. 529, in realtà del 24 febbraio.

537

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 453. Londra, 26 febbraio 1878, ore 19,50 (per. ore 22,25).

Lord Derby vient de me dire qu'il croit fermement que les russes ont abandonné l'intention d'entrer à Constantinople et il attribue ce résultat à l'attitude énergique qu'il a prise et à laquelle est venue se joindre l'Autriche. D'après S. E. nous sommes maintenant dans un moment de calme mais dont on ne saurait ni prévoir ni trop espérer la durée. Il a passé en revue les conditions de paix telles qu'il en a eu connaissance et qui sont celles que V. E. m'a télégraphiées (1). Il m'a dit que l'émigration des musulmans de la Bulgarie parait avoir été un malentendu et que la Russie ne contemple que 'l'expulsion des circassiens et des fonctionnaires tures. Une question qui mérite toute l'attention sera à son avis l'étendue du nouvel Etat. A ce sujet Derby m'a dit que deux conditions étaient nécessaires avant qu'on ne sanctionne le nouvel ordre de choses; 1° qu'il soit autant que possible durable, et qu'il ne contienne pas les éléments d'une autre guerre; 2° qu'une des races ne soit pas sacrifiée à l'autre et notamment la grcque à la slave. La question des cuirassées n'est pas résolue. Derby a appelé mon attention sur les indemnités demandées par la Russie s'exprimant fortement contre ses exigences dont l'une pourrait donner lieu à des difficultés à cause du tribut d'Egypte, mais il a eu soin de me déclarer qu'il ne pouvait faire que des réflexions purement personnelles car il ne connaissait pas encore véritablement les conditions de paix, et qu'il fallait attendre d'en avoir la communication officielle pour se prononcer et prendre à leur égard des résolutions. Le bruit avait couru que l'Angleterre refuserait d'entrer à la conférence. Derby m'a démenti cette nouvelle. La question était de savoir si quelques unes des conditions donneraient lieu à des observations ou protestations avant ou pendant la conférence et l'étendue qu'on donnerait à la Bulgarie jusqu'à la mer sans etre une question qui atteindrait directement les intérets de l'Angleterre formerait un des sujets de ses objections si ce projet ne sera pas retiré ou modifié camme il avait raison de le croire. Quant à la présence de l'Angleterre à la conférence Derby m'a dit «Je ne vois pas d'inconvénient à discuter car on n'est pas pour cela lié à sanctionner ». Derby n'a reçu aucune communication de la Roumanie pour obtenir la sanction des Puissances à son indépen

(ll Cfr. n. 529.

dance. Cela étant je me suis abstenu d'entrer dans le sujet laissant à S. E. l'ambassadeur dont le retour est imminent le soin de le traiter avec la haute autorité qui appartient à sa personne.

538

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 615. Roma, 26 febbraio 1878.

Due settimane or sono, giunsero a Corfù, provenienti dall'Italia, certi Conte Luigi Pennazzi di Parma e Conte Luigi da Conturbia di Milano, sedicenti ex-ufficiali Garibaldini, i quali presentatisi al Comitato per l'Epiro, dichiararono essere pronti a partire per le provincie insorte non solo, ma potere assicurare che parecchie centinaja di volontari italiani erano pronti a recarsi in Grecia, al primo segnale, ove fossero accettati i loro servizi. Essi partirono poco dopo per Santa Maura, avendo il Pennazzi ricevuto dal Comitato la istruzione di andare in Epiro per prendervi il Comando d'un nucleo piuttosto forte di volontari greci.

Il R. Governo ignorava la partenza di questi signori; ma dalle notizie che si hanno, è lecito dubitare dell'esattezza delle loro asserzioni circa il concorso di volontari italiani in ajuto della Grecia. In qualunque ipotesi, si tratterebbe di cosa che (appena occorre dirlo) non ha nessun appoggio per parte del Governo il quale è sempre risoluto a fare rispettare la neutralità. Le autorità di frontiera hanno in questo senso istruzioni precise.

Di tanto ho stimato utile prevenirla, per semplice informazione di Lei, e per parla in grado di rettificare, all'occorrenza, qualunque esagerata notizia che Le potesse giungere in proposito.

539

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

N. R. 1318. Roma, 26 febbraio 1878 (per. il 27).

Nel giorno 10 del p.v. mese di marzo, a quanto mi riferisce il Prefetto di Genova, verrebbe commemorato in quella città l'anniversario deHa morte di Giuseppe Mazzini con gran pompa e col concorso di molte Società democratiche ed operaie. Sembrerebbe anche essere intenzione dei promotori di quella commemorazione di convocare un meeting per il giorno predetto allo scopo di protestare contro la legge delle guarentigie e di affermare il dovere di redimere Trento e Trieste.

In tal circostanza sarebbero vendute in Genova piccole 'litografie rappresentanti lo stivale d'Italia con due punti neri che segnerebbero quelle due provincie, e tali litografie verrebbero portate sul cappello degli intervenuti alla commemorazione in discorso.

Credo conveniente rendere di ciò informata l'E. V., mentre mi pregio assicurarla di aver fatto al Prefetto di Genova Ie opportune raccomandazioni affinché siano adottati tutti i provvedimenti necessari per impedire qualsiasi violazione di legge o perturbazione dell'ordine pubblico.

540

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 390. Parigi, 26 febbraio 1878 (per l' 1 marzo).

* Col telegramma che l'E. V. mi fece l'onore d'indirizzarmi in data di jerlaltro (1), Ella mi espresse il desideriò di sapere in quali disposizioni il Governo Francese avesse ricevuta la domanda del Gabinetto di Bukarest diretta ad ottenere la sanzione delle Potenze all'indipendenza della Rumania.

Nella fase presente e fino a'l momento in cui il Gabinetto di Parigi potrà manifestare i suoi voti in seno ad una Conferenza, esso sembra deciso a non scostarsi in nessuna delle quistioni dipendenti dal regolamento degli affari d'Oriente, e neppure in quella del riconoscimento dell'indipendenza Rumena, da quel contegno di riserva e di astensione che egli s'impose e che finora mantenne * (2). Il Signor Waddington mi disse, in una recente conversazione, ch'egli ammetteva a priori il riconoscimento delrindipendenza della Rumania, ma che spettava alla Conferenza di pronunciarla. Il Signor Ministro degli Affari Esteri di Francia si espresse in questo senso verso l'Agente Diplomatico de' Principati Uniti. Egli non farà nulla che possa implicare il riconoscimento immediato e rifiutò anzi di concludere direttamente colla Rumania un nuovo Trattato di Commercio, benché a Bukarest si minacciasse di non voler più prorogare le stipulazioni commerciali esistenti colla Francia.

Ebbi occasione di parlare col Signor Waddington anche dell'eventuale ammissione dei rappresentanti di Rumania e di Grecia alla Conferenza e mi accertai ch'egli sarebbe disposto ad acconsentirvi perocché gli pare difficile e poco equo di non concedere a quei due Stati d'esporre in seno della medesima le loro ragioni e di difendervi i loro interessi.

Ciò che precede risponde pure ai due dispacci della serie politica n. 261 e 262, che l'E. V. mi fece l'onore d'indirizzarmi in data del 19 corrente (3). Anche circa le proposte recate a Bukarest dal Generale Ignatiew rispetto alla retrocessione della Bessarabia, il Governo Francese sembra riserbarsi di dire il suo pensiero nella Conferenza, non parendogli possibile di fare per ora nessun passo utile.

(-1) Cfr. n. 528.

33 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

(2) -Il brano tra asterischi è edito In LV 24, n. 339. (3) -Non pubblicati.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1059. Costantinopoli, 26 febbraio 1878 (per. il 5 marzo).

Ebbi già l'onore di far tenere a V. E. un testo di articoli di pace preliminare che formavano la base dei negoziati di Adrianopoli. Essi ebbero naturalmente a subire varie modificazioni durante le trattative, e pare anzi che nuove condizioni, per esempio quella dell'emigrazione dei Musulmani dalla Bulgaria, fossero introdotte dai negoziatori Russi all'infuori delle primitive istruzioni. Avanti ieri riuscii poi a procurarmi in modo riservato l'ultima versione quale era stata formulata ad Adrianopoli; e dei principali articoli di essa credetti mio dovere di dare senza indugio contezza telegrafica all'E. V.

Era quella l'ultima versione; né ho bisogno d'aggiungere che alcune parti di essa avranno probabilmente a subire ulteriori modificazioni prima che il relativo atto sia firmato. L'articolo che riguarda la cessione delle corazzate, per esempio, è tuttavia in discussione, poiché ripugna in sommo grado a S. M. il Sultano di aderirvi. Ma il Ministero è deciso a cedere anche su questo punto se sia assolutamente necessario.

Le condizioni che concernono l'indipendenza e l'ingrandimento dei Principati, nonché l'occupazione temporaria della Bulgaria e la sua organizzazione sotto la sorveglianza di una Commissione Russa formeranno poi il soggetto delle più vive discussioni nella Conferenza, soprattutto da parte dei plenipotenziari Austro-Ungarici.

E degno di speciale attenzione è l'articolo pel quale si stabilisce che il passaggio degli Stretti continuerà ad essere interdetto alle navi da guerra estere, salvo alcuni casi eccezionali ed isolati. Come avviene che il Governo Russo abbandona per tal modo l'antica aspirazione d'aprire il passaggio degli Stretti? E qui nasce naturalmente il sospetto che esso intenda procurarsi maggiori e più sicuri vantaggi per altra via. Se si considera infatti la posizione nella quale l'Impero Ottomano troverassi rispetto alle Potenze Europee per effetto del presente trattato, non si può a meno di inferirne la probabilità che la Turchia possa cercare la sua salute in un'intima alleanza colla Russia. Siffatta idea guadagna terreno presso questi uomini politici; e l'E. V. conosce com'essa costituisca un dogma tradizionale presso i Russi; né dubito che il Generale Ignatiew, cui son ben noti gli interessi tradizionali del suo Governo, avrà preparato il terreno per questo scopo. Finora però non si tratta che di sospetti e di induzioni. E di quanto mi sarà fatto di trarre in proposito darò esatta contezza all'E. V.

E mentre sto scrivendo queste linee il trattato di pace preliminare non è ancora firmato; né è facile di scoprire le ragioni dell'indugio, ché l'una e l'altra parte s'accusano a vicenda di protrarre i negoziati oltre il bisogno. I Plenipotenziari Russi fecero significare alcuni giorni sono alla Sublime Porta il loro rincrescimento che non si mettesse fine alle obbiezioni, e minacciarono di presentare un ultimatum. Il Presidente del Consiglio dal suo canto esprimevasi ieri i.n termini severi con uno de' miei colleghi sulla condotta dei negoziatori Russi i quali trovavano sempre nuovi pretesti oer differire la firma del trattato, mentre la Sublime Porta aveva dato ai suoi Rappresentanti l'istruzione categorica di accettare tutte le condizioni sulle quali non si potesse ottenere un'attenuazione. « Questi ordini, diceva S. E., sono stati mandati ai nostri Plenipotenziari ad Adrianopoli, e quelli della Russia han voluto venire a San Stefano. Che vogliono essi firmare la pace nell'antico Serraglio? Se così è perché non lo dicono francamente, ché la Turchia è ormai impotente a qualunque resistenza, ed avrebbe a sottomettersi anche a questa condizione~. S. E. si allargava indi sulla dura posizione in cui trovavasi nelle presenti congiunture. «Dall'una parte, diceva S. E., sono in sospetto presso i Russi i quali mi considerano come creatura dell'Inghilterra, mi fu allegato a colpa d'essermi separato da Server Pacha il quale aveva proclamato le sue tendenze Russe; dall'altra fAmbasciatore d'Inghilterra mi accusa di non aver fiducia nel Governo Britannico, d'usare di reticenze verso di esso. Se sapeste quanto m'è costato d'ottenere che la squadra inglese non venisse a Costantinopoli! Il Gabinetto di San Giacomo non si cura degli interessi altrui, purché riesca a conservarsi la maggioranza nel Parlamento~. E m'è riferito da buona fonte che il Generale Ignatiew disse a San Stefano che più l'Inghilterra spiegherà la sua azione, altrettanto egli raddoppierà di esigenze verso la Turchia. Le quali cose io ho creduto opportuno di riferire estesamente all'E. V. poiché esse indicano esattamente la posizione in cui trovasi attualmente il Governo Ottomano.

Ieri si credeva dunque che il trattato di pace preliminare sarebbe firmato oggi o domani. Eppure l'atmosfera non era serena. I telegrammi d'Europa, i discorsi poco confortanti degli Ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Francia, certe frasi interrotte di quello d'Inghilterra, un vago sentimento d'inquietudine, facevano nascere qualche apprensione riguardo alla pacifica soluzione delle presenti difficoltà. L'Ambasciatore di Germania conservava la solita calma e confidenza nell'avvenire, ed in questo senso esprimevasi col suo Collega di Francia.

Unisco al presente copia della versione degli articoli di pace sovra menzionati (l) .

542

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 458. Londra, 27 febbraio 1878, ore 19,45 (per. ore 22,35).

Derby que j'ai vu en ce moment m'a paru préoccupé. Il attendait une nombreuse députation dont nous connaitrons ce soir plus exactement le but de la démarche. Derby m'a dit attendre de connaitre les conditions de paix avant de prendre aucune résolution. Il admet que les russes sont effectivement aux portes de Constantinople tandis que la flotte anglaise est encore à distance. Il espère que la Turquie ne cédera pas sa flotte à la Russie et que la garantie exigée par celle-ci sur l'Egypte sera écartée. Il parait maintenant persuadé que l'Autriche n'agira pas car le comte Andrassy rencontre des difficultés non seulement dans les régions parlementaires mais encore auprès de l'Empereur. Toute

fois Derby pense que si l'Angleterre et l'Autriche seraient entrainées dans une action commune l'Allemagne conserverait sa neutralité. Parlant occasionnellement de l'Italie je lui ai répété que notre Gouvernement avait toujours suivi une ligne de conduite constante et correcte. Nous avons désiré la conservation de l'Empire ottoman avec des améliorations réelles dans l'administration de ses provinces. Maintenant que toutes nos espérances ne se sont pas réalisées nous désirons au moins que dans l'intéret commun le désastre qui a frappé l'Empire ottoman soit compensé pour l'Europe par les plus larges facilitations et assurances pour la liberté du commerce. Derby a réconnu que l'Angleterre y avait également un grand intéret. Avant hier j'ai vu à Paris le ministre des affaires étrangères de France qui semblait persuadé que l'Angleterre et l'Autriche étaient entendues pour agir de concert et que cela étant il pensait que la France l'Italie et l'Allemagne sans prendre part à la lutte devraient s'entendre pour servir de médiateurs. Le Comte de Schouvaloff que j'ai également vu aujourd'hui m'a dit avoir éprouvé pendant ces derniers jours les plus vives péripéties. Aujourd'hui le courant lui semblait plus pacifique mais il ne répondait pas du demain. L'envoyé grec à qui j'ai parlé de l'appui que l'Angleterre semblait preter à la Grèce m'a répondu que cet appui n'était qu"imaginaire et que la Grèce était exposée sans secours du dehors aux menaces de son ennemi.

(l) Non si pubblicano.

543

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

'l'. 461. Pietroburgo, 28 febbraio 1878, ore 18,05 (per. ore 19).

M. de Giers vient de me dire qu'au ministère des affaires étrangères on ne sait encore rien sur la signature de la paix. Les télégrammes du général ignatieff arrivés aujourd'hui ne laissent pas encore prévoir la solution de toutes les ditllcultés. L'impression de M. de Giers est que si la paix est signée et si la flotte anglaise reste dans le statu qua, les troupes russes n'occuperont pas la ville de Constantinople. Le Cabinet de Pétersbourg a répondu à la circulaire grecque que la Russie patrocinerait accueil à la conférence des intérets grecs, mais on n'a voulu prendre aucun egagement pour faire admettre la Grèce à la conférence.

544

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 639. Roma, 28 febbraio 1878.

Il cav. Tosi riassumeva nel suo rapporto del 20 febbraio, n. 1976 (1), il discorso pronunciato dal Principe di Bismarck nella seduta del Reichstag del dì precedente aggiungendo alcune considerazioni di cui ho apprezzato il valore.

Le dichiarazioni del Principe Cancelliere oramai da lungo tempo attese, erano aspettate con molta curiosità anche in Italia. La prima parte del discorso stesso contiene delle nozioni abbastanza importanti e tali che ci forniscono il modo di giudicare come il Cancelliere Imperiale giudichi le condizioni di pace imposte alla Turchia. Però agli occhi nostri ha capitale importanza ciò che egli ha detto rispetto alla situazione della Bosnia e dell'Erzegovina, mostrando la Germania quasi completamente disinteressata circa la sorte futura di quelle provincie.

Noi ci lusingavamo, per verità, che le questioni le quali toccano all'equilibrio delle forze tra l'Italia e i suoi vicini già più potenti sotto ogni aspetto, non fossero così completamente indifferenti alla Germania. L'aver fatto, a questo riguardo pubblica dichiarazione, è tal atto dal quale deve argomentarsi che il Cancelliere Imperiale non conosca in quali disposizioni l'Italia accoglierebbe una combinazione la qua,le dovesse avere per effetto l'ingrandimento territoriale dell'Austria senza che dello squilibrio di posizione e di forza, che ne deriverebbe per il nostro paese, ci sia dato alcun compenso. L'opinione pubblica tra noi sarebbe inesorabile verso il Governo che non avesse saputo tutelare più efficacemente ciò che, in Italia, si considera un alto interesse nazionale. Noi persistiamo, anche dopo il discorso del Principe di Bismarck, a credere che la Germania non può essere indifferente al malcontento dell'Italia, imperocchè questo avrebbe per naturale conseguenza di distaccarci da una politica la quale non può certo costì desiderarsi che riesca sterile di utili effetti. Noi deploreremmo, ad ogni modo, sinceramente un simile abbandono delle migliori tradizioni politiche del nostro paese. Lo deploreremmo tanto più per la scossa profonda che ne riceverebbe il paese al principio di un nuovo regno. Ma noi crediamo che sia debito di lealtà il far conoscere a Berlino ciò che noi prevediamo circa le conseguenze che, al punto di vista interno ed estero, risulterebbero dal disinteressarsi della Germania in una questione che, risolta contro di noi, esautorerebbe il Governo in faccia al paese.

Non mancherà forse a V. E. il modo di parlare in questi termini al Principe di Bismarck, con quei ritardi che la conoscenza delle disposizioni di Sua Altezza potrebbe suggerirle.

(l) Cfr. n. 516.

545

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 543. Roma, 28 febbraio 1878.

Ho ricevuto il rapporto dell'E. V. del 21 febbraio corrente, n. 803 di questa serie (1), a cui era unito l'articolo del Vaterland sull'elezione del nuovo Pontefice.

Riguardo a questo argomento mi è grato farle conoscere che la nota pubblicata nella Wiener Abendpost ha prodotto in Italia un'ottima impressione perché considerata come un atto di particolare cortesia del Governo austriaco a nostro riguardo.

(l) Cfr. n. 521.

546

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 224. Roma, 1° marzo 1878, ore 23,30.

La Revue du lundi se fait télégraphier de Berlin que -le Cabinet allemand ne verrait pas avec déplaisir que l'Autriche étende sa domination sur une grande partie du territoire des Balkans jusqu'à la Mer Egée. Cette publication faite dans un journal ayant le caractère officieux est de nature à appeler toute l'attention de la presse italienne car, ainsi que je vous l'ai dit à plusieurs reprises, il règne chez nous une certaine inquiétude à cause de l'incertitude dans laquelle on est jusqu'ici des résolutions que l'Autriche prendra au dernier moment. Nous avons fait et nous faisons tout notre possible pour contenir l'opinion publique dans le bon chemin et pour ne pas la laisser s'égarer en vue des prévisions qui ne pourraient pas se réaliser, mais il ne faudrait pas que l'on se méprenne à cet égard à Berlin. Le Gouvemement italien sait que l'opinion générale du pays l'abandonnera s'il ne sait écarter l'éventualité d'un agrandissement territorial de l'Autriche sans compensation d'aucune sorte pour l'Italie. Un pareil résultat de la politique que nous avons suivi jusqu'ici déterminerait forcément dans l'esprit publique du pays un changement qui s'imposerait tòt ou tard au Gouvemement. Je désire que vous soyez pénétré de ce que je viens de vous exposer et que vous tachiez d'appeler l'attention du Cabinet de Berlin sur ce còté de la question qui ne saurait certainement pas lui etre indifférent.

547

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1985. Berlino, 1° marzo 1878 (per. il 9).

Ayant été averti que le Comte Andràssy donnerait sa démission si la proposition d'une Conférence n'était pas admise, le Cabinet de St. Pétersbourg avait accordé son assentiment, sans faire, pas plus que le Ministre Austro-Hongrois, une allusion quelconque à l'endroit de la réunion. Aussi, grande avait été la surprise d'apprendre que le Cabinet de Vienne préjugeait cette dernière question selon ses propres convenances. Le Prince Gortchakow s'est empressé de décliner un tel choix, par un télégramme dont V. E. connait la substance. Dans sa réponse, le Comte Andràssy témoignait quelque amertume pour le refus motivé de la Russie. Il laissait aussi entrevoir le désir de pourparlers préalables entre les trois Cours du Nord, pour constater les poìnts sur Iesquels on étaìt déjà d'accord et pour chercher à établir une entente là où il existaìt une dìvergence de vues. Le résultat de ces délibératìons devraìt etre consìgné dans un protocole, qui servìraìt de base aux plénìpotentìaires de ces Cours quand la Conférence sìègeraìt.

Cette dernière proposìtìon a été agréée par la Russìe. Je ne doute pas qu'il en ait été de méme de la part du Cabinet de Berlin, lors méme que M. de Biilow, que j'ai mis sur la voìe de s'expliquer, aìt évìté de se prononcer. On peut au reste préjuger la réponse qui aura été faìte d'ici à une pareille ìnvìtatìon: que l'Autriche et la Russìe se mettent d'accord, et le vote de l'Allemagne leur est acquìs d'avance. Il seraìt du plus haut ìntérét de savoir sì une entente a été établie, ou pourra s'établir entre Vienne et St. Pétersbourg.

Sauf erreur, et d'après des indications que j'aì puìsées à différentes sources, je croìs ne pas trop m'éloigner de la vérité, en retraçant de la manière suivante les vues du Cabìnet de St. Pétersbourg.

Il s'en référera évidemment aux arrangements stipulés à Reichstadt entre la Russìe et l'Autrìche. Il maintiendra ses disposìtions de laisser l'Autriche entrer en possession de la Bosnie et de l'Herzégovìne. Mais, pour ce qui concerne la Russìe, les événements ont prìs une grande extensìon depuis l'entrevue de Reìchstadt. La guerre lui a imposé de très lourds sacrifìces. Ses armées ont franchi Ies Balkans et se trouvent à quelques kilomètres de Constantinople. Dans ces conditions, le mi:nimum est l'éloignement des troupes ottomanes de la Bulgarie, érigée en Prìncìpauté autonome trìbutaìre, avec un Gouvernement natìonal chrétìen et une mìlice indìgène.

Des objectìons ont été faìtes contre une occupatìon prolongée de la Bulgarie par des troupes russes. Elles seront combattues par des arguments tìrés de la nécessité méme des choses. On ne saurait remettre sur le tapìs, sans s'exposer à un ri:dicule, l'idée d'une gendarmerie beige. On ne saurait non plus recourir à une occupation mixte. Les combinaisons dont il a été parlé aux Conférences de Constantinople, ne sont plus de mise. C'est l'armée russe qui peut le mieux se faire entendre par les populations chrétiennes dans ces régìons et leur assurer une protection efficace.

Des objectìons ont été également soulevées sur la délìmitation de la Bulgarie. En aucun cas, les Iimìtes ne sauraìent étre moindres que celles indiquées par la Conférence de Constantìnople. Lord Salìsbury admettaìt déjà alors un tracé longìtudìnal. On ne comprendraìt pas pourquoi on laìsseraìt sous l'ancienne domìnatìon turque les populatìons qui ont eu le plus à souffrir des massacres. Ou la conférence se propose d'améliorer réellement le sort de la nation Bulgare, et alors il faut aller au delà des demi-mesures, ou ses efforts ne sont pas sérieux, et alors la Russie ne peut renoncer à ce qu'elle consìdère camme l'accomplissement d'un devoir. Le projet de tirer une ligne de démarcation entre le Nord et le Sud des Balkans, n'est pas recommandable. Les deux tronçons ainsi séparés, se réuniraient tòt ou tard par la force des choses, et en attendant, dans leur travail d'absorption mutuelle, ils causeraient mille embarras à la diplomatie. On pourrait invoquer le précédent de la Moldavìe et de la Valachie, qui ont fini, malgré toutes les entraves, à se fondre dans une Roumanìe. Au reste, il y a tout lieu de supposer que, pour l'organisation et la délimitation de la Bulgarie, le Cabinet Russe ne contestera pas le concours de l'Europe, pourvu qu'H s'exerce d'une manière large et offrant des garanties sérieuses et pratiques. Je ne pense pas que la Russie vise à englober Andrinople et Salonique dans les nouvelles frontières.

L'indemnité de guerre est une affaire à régler entre les belligérants.

La question des Détroits est réservée aux délibérations des Puissances. On espère à St. Pétersbourg que celles-ci apporteront dans le règlement de cette question un esprit équitable.

Révendication de la Bessarabie. La Russie ne croit pas pour autant porter atteinte à la Roumanie, comme telle. Celle-ci n'existe que d'hier. Le Traité de Paris ne s'occupait que de la Moldavie et de la Valachie. Au reste, l'existence de la Roumanie n'est qu'une violation de ce mème traité déjà en lambeaux. La Russie n'a jamais fait mystère à Bukarest de ses prétentions sur le territoire perdu en 1856, grace surtout aux instances du Cabinet de Vienne. Dans son traité d'Alliance avec le Prince Charles, l'intégrité de la Roumanie se trouve il est vrai stipulée, mais on ne l'interprétait à St. Pétersbourg que dans ce sens, à savoir que son territoire serait garanti contre les attaques de la Turquie ou du dehors. Si la rétrocession n'a pas été expressément formulée par le traité, c'est qu'il ne semblait pas opportun de le faire, et que l'on se proposait d'ailleurs d'offrir un dédommagement. La Russie ne vise aucunement à se ménager une position pour dominer les embouchures du Danube. Elle veillera au contraire à la liberté de sa navigation, assurée au reste par le droit international et par les travaux de la Commission Européenne. On ne saurait également imputer à la Russie la pensée de s'ouvrir, par une semblable acquisition territoriale, une route pour de nouvelles invasions en Turquie. Une expérience très récente a suffisamment démontré que l'on ne saurait élever une barrière infranchissable à une nation poussée par des mobiles aussi généreux, et disposant de forces aussi considérables.

Si contre toute attente les hostilités devaient recommencer, le Cabinet de St. Pétersbourg maintiendrait, dans la mesure du possible, les anciennes conditions de paix. Dans le cas où l'on viendrait à s'occuper du sort de Constantinople mème, il serait contraire à ce que cette capitale devint une Ville libre. Elle ne tarderait pas à etre le refuge des aventuriers de tous les coins du globe. Elle ne cesserait d'offrir matière à des contestations et à des rivalités entre les Puissances. La Russie persiste à croire que mieux vaudrait que Constantinople restat entre les mains des Tures, continuant à etre les gardiens des Detroits, placés sous la garantie de l'Europe.

D'après les conclusions que j'ai tirées de mes entretiens avec divers personnages en Russie, ce serait dans cet ordre d'idées que s'exprimerait le Cabinet de St. Pétersbourg, mis en demeure de se concerter avec Vienne. Ses vues au sujet du Monténegro, de la Roumanie, de la Serbie, sont brièvement indiquées dans le protocole, signé à Andrinople le 19/31 Janvier échu et constatant l'acceptation des bases préalables de paix et la convention d'armistice. Il est évident que ces conditions ne seront nullement adoucies, mais plutòt renforcées, dans la paix directe dont les négociations se poursuivent à San Stefano. Je n'ai rien pu apprendre d'assez positif sur les exigences de la Russie dans l'Asie-Mineure, où elle se réserve évidemment des dédommagements territoriaux. Mais, de l'ensemble des renseignements contenus dans ce rapport, on serait induit à croire que l'accord ne sera pas facile à établir avec l'Autriche, qui partage plus que par le passé les déftances de l'Angleterre.

548

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 108/19. Londra, 1° marzo 1878 (per. il 5).

Col mio telegramma d'ieri l'altro a sera (1), io ebbi l'onore d'informare succintamente l'E. V. della conversazione che, nel medesimo giorno, io aveva avuta col Conte di Derby. Io trovai il nobile Lord molto preoccupato, e meno espansivo ancora che al solito; il che veniva anche osservato da altri miei Colleghi.

La causa di quel suo stato d'animo si attribuisce ai numerosi attacchi, assai pungenti, dai quali egli è attualmente bersagliato, e forse anche ad una nuova disillusione circa l'atteggiamento dell'Austria che, pochi giorni addietro, si riteneva determinata ad entrare in campagna per porre ostacolo ai progressi dei Russi, mentre questa speranza dell'Inghilterra sembra, almeno per ora, svanita; imperocché il Conte di Derby da me interrogato in proposito, mi rispose che il Conte Andrassy voleva bensì intervenire, ma che trovava ostacoli potenti, non solamente nelle regioni parlamentari, ma anche presso l'Imperatore stesso.

Produsse una grande sensazione in Inghilterra la recente pubblicazione di documenti che si riferiscono al mese di giugno p.p., dai quali risulta che, fin da quell'epoca, il Principe Gortchakow aveva manifestato al Gabinetto Inglese i veri intendimenti della Russia, che si sono ora realizzati. Si va fino ad accusare il Ministero di tradimento per avere celato, sino a questi ultimi giorni, tali documenti che, ove fossero stati conosciuti, avrebbero dato all'opinione pubblica un indirizzo più determinato nel senso di frenare, in tempo opportuno, i progressi dei Russi. Si rimprovera al Ministero di avere, da principio, paralizzato la pressione che le altre Potenze intendevano di esercitare sulla Porta, per costringerla a recare, nell'amministrazione delle sue provincie Europee, dei miglioramenti effettivi, e tali da togliere ogni pretesto alla Russia di muovere la guerra; si rimprovera al Ministero di non avere, immediatamente dopo la resa di Plevna, presa una posizione militare, per delineare i limiti designati dallo Czar stesso, nel suo primo discorso, e che gli eserciti Russi non dovevano oltrepassare.

I cinquanta mila uomini di cui può attualmente disporre l'Inghilterra erano bastanti per occupare Gallipoli, Costantinopoli e qualche altro punto sul Mar Nero, come Batou e Varna. Si rimprovera al Ministero di essersi lasciato sor

prendere e di trovarsi colla sola flotta sulle sponde del Bosforo, impotente ad impedire i Russi, ove lo vogliano, l'entrare a Costantinopoli essendo essi alle porte di quella metropoli.

Queste accuse ricadono specialmente sul Conte di Derby, e quantunque si debba fare la parte delle esagerazioni, destate dalle passioni, non si può disconoscere ch'egli avendo avuto per costante scopo della sua politica di evitare che l'Inghilterra s'impegnasse in una guerra, si è fatto molte illusioni intorno agli ostacoli che i Russi dovevano superare, prima di giungere sotto le mura di Costantinopoli; per cui egli nutriva la convinzione che dessi si sarebbero trovati nella medesima condizione che nel 1829, in cui il loro esercito, per le perdite sofferte, era stato ridotto a soli 20.000 uomini.

Mi pare però ch'egli non abbia perduto ogni speranza di evitare un conflitto, imperocché da me interrogato intorno alle garenzie richieste dalla Russia sulle rendite dell'Egitto, egli mi rispose che probabilmente la Russia non avrebbe insistito, come non avrebbe neppure ottenuto la cessione d'una parte della flotta Turca.

I tre punti pericolosi per il momento, come me lo diceva il Conte Schouvaloff, sono l'ingresso delle truppe Russe a Costantinopoli, la cessione di una parte della flotta Turca, la garenzia sull'Egitto; questi tre punti essendo scartati, egli spera che non vi sarà motivo a collisione prima che si raduni la Conferenza, che dovrà definitivamente sanzionare, ed anche modificare all'uopo, le condizioni di pace fra la Russia e la Turchia; le quali condizioni il Conte di Derby mi dichiarava essergli tuttora sconosciute. In conseguenza, egli aspettava che le condizioni di pace fossero partecipate per determinare la condotta definitiva che il Governo a v eva da tenere.

Intanto Lord Lyons venne designato per rappresentare l'Inghilterra nella Conferenza, la di cui convocazione fu ritardata, dietro il desiderio espresso dal Principe Gortchakow, ed alla quale si suppone ch'egli rinunzierebbe volentieri, dopo che ha smesso la speranza di poter presiedere un Congresso Europeo.

Lord Napier of Magdala venne nominato Comandante in capo per le spedizioni che potessero occorrere in Oriente, e gli si diede per capo di Stato Maggiore il Generale Sir. Garnet Wolseley, uffiziale relativamente giovine, che condusse, con molta bravura ed intelligenza, la guerra contro gli Ashantee in Africa.

Si parla della mobilizzazione d'una cinquantina di mila uomini; ma alcuni

giudicano che una tale mobilizzazione procede molto lentamente, e che il corpo

di spedizione, ove dovesse effettivamente agire, giungerebbe troppo tardi.

Non si può disconoscere che l'opinione pubblica si fa ogni giorno più bellicosa, ed in parecchie riunioni si calcolano, con molto sangue freddo, i sagrifizii probabili che verranno imposti all'Inghilterra da una guerra contro la Russia, e che sono valutati da dieci a quindici miliardi di franchi. Alcuni però sperano ancora nella pace, mentre altri, ed è il maggior numero, credono la guerra inevitabile, in un avvenire più o meno prossimo. L'Ambasciatore di Germania, che io vidi ieri, è di quest'opinione, ma bisogna dire ch'egli ha sempre creduto alla guerra.

Com'io accennai all'E. V., nel mio telegramma d'ieri l'altro, essendomi fer

mato un giorno a Parigi, andai, col Commendatore Ressman, a far visita al Ministro degli Affari Esteri, Signor Waddington, col quale io ebbi un assai lungo colloquio. In quel giorno egli era convinto che l'Austria stava per entrare in campagna, di concerto coll'Inghilterra. Il Signor Waddington mi espresse il parere che, ove ciò avvenisse effettivamente, la Francia, in unione colla Germania e coll'Italia, avrebbe dovuto conservare la neutralità mantenuta finora; e le suddette tre Potenze dovrebbero unirsi, poscia, in un'azione comune, per intervenire quali mediatrici fra i combattenti, e regolare le condizioni di una pace stabile. Mi limitai a dire che un tal sistema, dettato dalla prudenza, meritava di essere preso a serio esame.

Nel mio colloquio con Lord Derby, la conversazione si portò sull'atteggiamento dell'Italia nella vertente quistione. Io feci rilevare al nobile Lord come il nostro Governo, essendosi ognora mantenuto indipendente da qualsiasi influenza, la sua condotta era stata, costantemente, leale e corretta. Noi, dissi io, abbiamo sempre desiderato il mantenimento dell'integrità dell'Impero Ottomano, recando però, nell'amministrazione delle sue Provincie, i miglioramenti richiesti ed indispensabili. Non fu in nostro potere di rimuovere la guerra, né d'impedire che la Turchia non sia minacciata di diventare, oramai, vassalla se non di nome almeno di ·fatto, della Russia.

Ciò essendo, nostro impegno doveva essere quello che la libertà del commercio e della navigazione nel Mediterraneo e nel Mar Nero non sia vulnerata da questi rivolgimenti, e che anzi il compenso, al disquilibrio che ne risulta, sia quello di estendere e di assicurare questa libertà, sulle più larghe basi possibili. Io dissi ch'io pensava che tale era l'interesse dell'Inghilterra quanto il nostro; e Lord Derby non disconobbe, anzi accolse con favore, la giustezza di queste osservazioni.

Quest'oggi, dovendomi recare da Sua Maestà la Regina, per presentarle le mie nuove Credenziali non potrò vedere Lord Derby ma tenterò di ciò fare domani, se però egli non va, come al solito, a passare l'holyday in campagna.

P. S. -In questo momento io ritorno dal Palazzo di Bukingham, dove io ebbi l'onore di presentare a S. M. la Regina le nuove Credenziali, e di consegnarle la lettera della nostra Regina. Contrariamente alle mie aspettazioni, vi trovai il Conte di Derby che mi parve meno sopra pensiero di ieri l'altro. Egli mi disse che il Signor Layard gli telegrafava che la Russia rinunziava a chiedere le navi Turche; essa non insisteva altrimenti per la garenzia sui redditi dell'Egitto.

Si lamentò nuovamente delle incertezze dell'Austria e finì per dirmi che, l'Italia avendo degli interessi comuni coll'Inghilterra, egli sperava che noi l'avremmo secondata in queste circostanze.

Io mi limitai a ritornare sul mio precedente argomento, cioè che, in questo sconvolgimento, doveva essere salvato, anzi ampliato, il principio di libertà di navigazione e di commercio nel Mediterraneo e nel Mar Nero, e che, su questo punto, io portava personalmente opinione che il nostro Governo si troverebbe concorde con quello Britannico.

Le speranze di Lord Derby mi sembrarono più pacifiche, però egli mi disse che l'avvenire era ancora alquanto incerto.

(l) Cfr. n. 542.

549

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 807. Vienna, 1° marzo 1878 (per. il 4).

Il 7 corrente le delegazioni si riuniranno e mentre il Governo chiederà loro una nuova proroga all'esercizio provvisorio del bilancio comune della Monarchia, il Conte Andrassy farà pure domanda di un credito di 60 ad 80 milioni di fiorini, somma che sarebbe ottenuta coi mezzi ancora da concertarsi fra i due Governi: detto credito verrebbe soltanto usufruito onde provvedere alle spese di mobilitazione dell'esercito, se le circostanze politiche rendessero necessaria una tal misura. L'opinione pubblica, come di ragione, è grandemente impressionata tanto al di qua quanto al di là della Leyta delle conseguenze di tal domanda. Per ora io credo il Conte Andrassy non abbia altro intendimento se non di ottenere così un esplicito voto di fiducia alla sua politica che gli dia l'appoggio e la forza che gli occorrono onde propugnare efficacemente sia nei negoziati diretti colla Russia, che in occasione della conferenza gli interessi austro-ungarici. In Ungheria, stando a quanto dicono i giornali ufficiosi sembra si vorrebbe ad ogni costo far guerra alla Russia, sebbene ciò non sia l'opinione predominante neppur colà; a Vienna invece le disposizioni sono, si può dire, generalmente molto pacifiche ed anche chi avrebbe voluto in passato il Governo osteggiasse con tutti i mezzi la politica Russa, trova essere oggi troppo tardi per intraprendere un'azione bellicosa. Ho luogo di credere il Governo stesso veda abbastanza chiaramente i pericoli a cui andrebbe incontro dichiarando oggi la guerra alla Russia e non intenda assolutamente di ciò fare: ma pure sente il bisogno di prendere misure tali, che tutelando almeno il prestigio della Monarchia scemino d'alquanto le gravi conseguenze ch'essa risentirebbe della preponderante influenza che il vicino Impero sta per assumere a totale suo vantaggio nella penisola dei Balkani. La sola soluzione della questione Orientale che non ferisse gli interessi dell'Austria-Ungheria sarebbe stata lo statu quo (ante bellum) amélioré, che esclusivamente il Conte Andrassy ebbe a propugnare. Ma più nessuno potrebbe in oggi farsi l'illusione che le conseguenze della guerra sostenuta dalla Russia con tanti sagrifici e con sì prodigiosi successi, possan condurre a risultati così limitati. La Russia potrà fare concessioni all'Inghilterra e disinteressarla dalla questione senza alterare grandemente il suo programma, ma ciò le sarebbe ormai impossibile a fronte dell'Austria; questa dunque dovrà forzatamente accettare i fatti compiuti, prendendo del suo canto quelle misure che crederà meglio atte a tutelarsi, occupando cioè prima temporariamente forse la Bosnia e l'Erzegovina, ed annettendo poscia quelle due provincie. Indubbiamente tanto a Vienna, quanto a Pest l'opinione pubblica è contrarissima a quell'occupazione, ed il Governo stesso non si dissimula ch'essa è contraria ai suoi interessi, poiché quell'accrescimento di territorio, invece di portare un aumento di forza all'Impero, gli sarà invece nuova causa di debolezza, e questa non è forse una delle minori ragioni che indussero la Russia a raccomandare reiteratamente all'Austria di assumersi quell'impresa. Parmi però poco probabile che il Gabinetto di Vienna, nella difficilissima posizione in cui travasi, non finisca per scegliere fra due mali quello che può sembrare il minore.

Intanto constato che sebbene, come dissi, generalmente tutti siano contrarii alla politica annessionista, pochi sono quelli che non sono persuasi ch'essa finirà per prevalere.

Prima però di appigliarsi ad un partito decisivo, il Conte Andrassy desidera evidentemente conoscere l'accoglienza che le Delegazioni faranno alla sua domanda di credito, ma, come dissi, più che altro ha per scopo di procurargli un voto di fiducia, poiché in quanto ai fondi contemplati in ·quel credito, pare accertato che le Delegazioni da sole non hanno l'autorità costituzionale di autorizzarne il prelevamento, dovendo una tal misura, anche dopo il voto di quel consesso, ricevere la sanzione dei parlamenti delle due parti della Monarchia, sanzione che, per quanto ha tratto alla Camera austriaca, si può avere la quasi certezza non si otterrebbe. Ma per una pacifica occupazione della Bosnia e probabilmente anche dell'Erzegovina non occorre quella somma, e sarà probabilmente sufficiente il fondo di guerra di 26 milioni di fiorini di cui già parlai altre volte e che il Governo ha a sua disposizione, ben inteso procurandosi poscia una sanatoria del suo operato dai poteri legislativi.

550

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 206. Washington, 1° marzo 1878 (per. il 15).

Alcuni giorni sono un telegramma da Londra annunciava, prendendo la notizia dall'Observer che la Russia aveva chiesto all'Inghilterra che gli Stati Uniti d'America fossero invitati a partecipare alla progettata conferenza per la questione orientale, e che il Governo inglese era disposto ad aderirvi alla condizione che anche la Grecia fosse ammessa a farsi rappresentare a quella conferenza.

Siffatta notizia giunse qui inaspettata ed il Ministro d'Inghilterra asseriva di non aver ricevuto dal suo Governo comunicazione di sorta, né telegrafica né scritta su tali argomenti. Entrata nel dominio del pubblico, essa venne discussa e commentata in modo da provare che il sentimento del paese in generale è contrario a qualsiasi intervento degli Stati Uniti su questioni europee. Soli i giornali di Washington evitarono di pronunciarsi apertamente contro la partecipazione degli Stati Uniti alla conferenza. Secondo essi la convenienza di accettare siffatto invito doveva essere il soggetto d'esame dalla parte del Gabinetto e venir trattata con quella importanza ch'essa merita: fu sempre politica del Governo di tenersi all'infuori di qualsiasi complicazione europea, ma, aggiungono questi giornali, alcuni uomini eminenti negli Stati Uniti sono presentemente dell'avviso che in una gran crisi come quella che si svolge in Europa, la quale minaccia la pace del mondo ed implica l'assettamento di questioni, che a titolo di precedenti, potrebbero in un'epoca non lontana pregiudicare gli interessi americani, gli Stati Uniti potrebbero scostarsi dalla loro politica tradizionale ed accettare l'invito.

So che i Ministri d'Inghilterra, di Turchia e di Russia tennero parola di ciò al Signor Evarts. Ai primi due egli ha risposto in modo evasivo. Più esplicito è stato invece verso il Ministro di Russia, e gli disse, a quanto seppi da buona fonte, che qualora il Governo degli Stati Uniti fosse invitato officialmente a partecipare alla Conferenza per l'assestamento della questione orientale, egli per quanto lusingato da questo cortese procedere, avrebbe declinato l'invito, perché trattasi di una questione nella quale gli interessi americani non sono compromessi, e perché il partecipare alla conferenza potrebbe impegnare gli Stati Uniti a qualche responsabilità per il mantenimento delle risoluzioni prese nella medesima: che con questa astensione si preveniva altresì il pericolo che in altre circostanze le potenze europee domandino d'occuparsi di questioni americane, e finalmente che l'opinione pubblica americana erasi dichiarata avversa a siffatta partecipazione.

551

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 207. Washington, 1° marzo 1878 (per. il 15).

Ho l'onore di segnare ricevuta del riverito dispaccio di V. E. del 4 febbrajo, serie politica n. 49 (1), e delle unite lettere di Sua Maestà al Presidente degli Stati Uniti, relative alla ascensione della Maestà Sua al Trono, ed alla riconferma delle mie credenziali.

Mi sono affrettato a chiedere udienza dal Presidente per fargli consegna delle Lettere Reali in mano propria. Il Presidente mi ricevette oggi a mezzogiorno in presenza del Segretario di Stato. Egli mi pregò di far pervenire a

S. M. il Re Umberto I l'espressione rinnovata dei suoi sensi di cordoglio per la morte dell'Augusto Padre di Sua Maestà, e delle simpatie ed auguri coi quali Egli, sia personalmente che in nome del popolo americano, salutò l'ascensione di Sua Maestà al Trono. Egli mi espresse la fiducia che le relazioni di cordiale amicizia, felicemente esistenti tra le due nazioni, andranno sempre più consolidandosi durante il Regno che incomincia sotto così prosperi auspici.

Mi feci un dovere di assicurare il Presidente della grata premura colla quale avrei recato tali sue dichiarazioni a notizia dell'E. V. perché ben voglia darne partecipazione a S. M. il Nostro Augusto Sovrano. Colsi l'occasione per esternare al Presidente la gratitudine provata dalla R. Legazione e dagli italiani negli Stati Uniti, per l'intervento suo e dei membri del Governo e delle due Camere al funerale celebrato in memoria di Re Vittorio Emanuele II a Washing

ton, e credetti potere aggiungere che confidavo di ricevere tra breve notizia della riconoscenza colla quale tali alte testimonianze di benevolenza sarebbero state accolte in Italia.

Il Presidente ben volle poi condurre la conversazione sopra argomenti privati e dimostrarmi personalmente benevolenza, felicitandomi sul mio ristabilimento di salute e sul mio prossimo matrimonio, i quali complimenti possono considerarsi come una cortesia verso la R. Legazione.

(l) Non pubblicato.

552

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 225. Roma, 2 marzo 1878, ore 22,15.

Ainsi que je vous l'ai déjà écrit il est urgent que vous fassiez connaitre à M. Waddington que nous nous croyons en mesure d'obtenir du Parlement l'approbation du traité de commerce avant la fin de mars. Cette communication doit etre faite à M. Waddington afin de faire comprendre au Gouvernement français que nous nous attendons à ce que de son còté il prendra les mesures nécessaires pour obtenir des Chambres l'approbation du nouveaux traité avant l'expiration de la prorogation de l'ancien. Informez moi de ce que M. Waddington vous dira à ce sujet.

553

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 272. Roma, 2 marzo 1878.

Con rapporto del 21 settembre 1876, n. 79 (l), la S. V. Illustrissima riferiva una conversazione avuta col Duca Decazes, intorno all'argomento degli ex consoli pontificii a Marsiglia ed a Tolone. Dalle parole del Ministro degli affari esteri sembrava potersi argomentare che, ammesso oramai, da lui stesso, essere abusiva la opposizione, sopra le case di quei Signori, di stemmi recanti la leggenda «Consolato generale pontificio >> e «Consolato pontificio>>, si sarebbe in breve provveduto a fare cessare l'abuso.

Consta, invece, da recentissimi rapporti del cavalier Strambio, che la irregolarità sussiste tuttora, a Marsiglia, e probabilmente sussiste altresì a Tolone. Non sarebbe inopportuno che Ella ricordasse al Signor Waddington i precedenti di questo affare, lasciando che questi prenda, in proposito, quelle decisioni le quali oramai non dovrebbero essere dubbie, sia tenuto conto dei buoni rapporti esistenti fra i due Governi, sia avuto riguardo agli imbarazzi di cui una situazione così anormale è cagione alle stesse autorità locali.

(!) Non pubblicato.

554

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 544. Roma, 2 marzo 1878.

Già risposi con telegramma del 24 ultimo scorso (l) a quello che la sera precedente mi era dalla E. V. pervenuto (2). Nondimeno, trattandosi di argomento grave e che può avere, in quanto ci concerne, importanza decisiva, mi preme di qui aggiungere ancora alcuna maggiore spiegazione del mio concetto.

In sostanza, l'E. V., raccogliendo assieme gli indizii varii che in questi ultimi tempi si vennero manifestando, crede potersi oramai ritenere per fermo che l'Austria-Ungheria vorrà cercare una guarentigia, forse più che un compenso. nella occupazione della Bosnia Erzegovina; che le Potenze tutte, tranne beninteso l'Italia, non dissentiranno, e taluna di esse vedrà anzi, in siffatta occupazione, il modo di rendere il Gabinetto austro-ungarico più cedevole nel regolamento delle altre questioni particolari che si racchiudono nel problema orientale; che, ciò stante, vana riuscirebbe ogni opera la quale, per evitare tale eventualità, si facesse ancora da noi, così presso il Gabinetto di Vienna, come presso gli altri Gabinetti. In una parola, parrebbe alla E. V. che il più assoluto riserbo si oramai da osservarsi da parte nostra; di guisa che, non essendovi speranza alcuna che gli officii nostri ottengano l'effetto desiderato, si sfugga almeno il pericolo di dimostrare troppo apertamente l'isolamento nel quale, per questo rispetto, ci troviamo.

Le considerazioni da Lei svolte nel telegramma del 23 febbrajo hanno senza dubbio un grande valore. Crediamo, purtroppo, che gli altri Gabinetti continueranno a mostrarsi indifferenti per una questione la quale, agli occhi loro, non tocca direttamente che ai nostri particolari interessi. Fu un momento

(V. E. non lo ignora) nel quale ci pareva di avere, se non persuaso, indotto almeno il Gabinetto germanico a considerare se, gittando più oltre lo sguardo nell'avvenire, ed uscendo dalla ristretta cerchia della quistione d'Oriente, dovesse pur tuttavia giudicare estraneo ai suoi proprii interessi tale un rimaneggiamento territoriale per cui l'Italia starebbe sotto la permanente minaccia di una potenza militare fortemente assisa lungo la costa Adriatica che ci sta dirimpetto. Però, a quanto pare, interessi immediati, stimati di maggiore rilevanza, hanno tuttora la prevalenza a Berlino. Imperocché, nel suo recente discorso, il Principe di Bismarck non esitava a comprendere l'avvenire qual che esso sia, di Bosnia ed Erzegovina, tra quelli argomenti di cui la politica tedesca

non ha punto a preoccuparsi.

Noi comprendiamo, quindi, perfettamente che non ci giovi affatto di accertare, con officii inopportuni, una condizione di isolamento che scemerebbe la nostra influenza quando, per l'appunto, ci accingiamo, per la prima volta, ad avere parte, come Grande Potenza, all'assetto della quistione orientale. E, per questa ragione stessa, ammettiamo che sia, per noi, di grandissimo momento

conservare la pienezza della nostra libertà di azione per potere almeno provve

dere, in conformità delle convenienze nostre, se le soluzioni escogitate e deli

berate non fossero tutte quali noi, dal nostro punto di vista, potremmo desi

derarle.

D'altra parte, però, sta un fatto che imperiosamente si impone alla nostra

considerazione; ed è che l'opinione pubblica, nel nostro paese, recherebbe seve

rissimo ed inappellabile giudizio contro il Governo se concedesse, in nome del

l'Italia, la firma per tale trattato col quale fosse sancito, senza compenso a

favor nostro, un ingrandimento territoriale dell'Austria-Ungheria.

Dovremo, pertanto, venire alla conclusione che, esauriti oramai i mezzi che

offre la diplomazia nel periodo preparatorio dei suoi lavori, l'Italia debba pre

disporsi per risparmiare a sé la temuta eventualità, sia fare la guerra da sola,

sia a ritrarsi dal concerto delle altre cinque Potenze? Non è sopra queste

risoluzioni che deve fermarsi il nostro pensiero. La seconda non meno della

prima sarebbe piena di pericoli per un giovane Stato qual'è il nostro, che deve

determinare la sua linea di condotta percé la conskierazione di circostanze varie

che vogliono essere maturamente ponderate e che in parte eccedono le previ

sioni attuali.

Non per questo, però, ci sembra di dovere rinunciare a qualsivoglia pensiero di resistenza contro una eventualità che troppo vivamente ferirebbe i nostri interessi e assicurerebbe, a danno nostro, la preponderanza della vicina Monarchia, nell'Adriatico, preparandole fors'anche, per epoca non remota, uno sbocco all'Egeo. Ritengo che compito nostro possa essere ancora il seguire con occhio vigile il lavorio diplomatico degli altri Gabinetti, i quali certamente non si dissimuleranno che la quistione attorno la quale si travagliano, assumerà indole e importanza ben diverse, secondo ché all'Austria-Ungheria si attribuiranno, o non, territorii tolti all'Impero Ottomano. Pare a me che in questo ordine stesso d'idee, noi possiamo utilmente trovare degli argomenti che non dovrebbero riuscire inefficaci se, profittando di ogni opportuna occasione, ci riuscisse di chiamare sopra i medesimi la spontanea attenzione del Gabinetto di Vienna.

Tra le quistioni speciali, che sono racchiuse nel problema orientale, vi hanno parecchie le quali non toccano direttamente i nostri interessi, e toccano invece gli interessi dell'Austria-Ungheria. Fin tanto che questa non ricaverà beneficio alcuno dalla soluzione della presente crisi, tutte le Potenze saranno sollecite di evitare, nel regolamento di quelle quistioni va-rie, tutto ciò che, ledendo gli interessi austro-ungarici, possa rendere meno agevole l'attenimento della acquiescenza del Gabinetto di Vienna. Questa preoccupazione, dalla quale l'Austria Ungheria può ritrarre, per l'avvenire della Monarchia, positivi e preziosi vantaggi, si manifesterà sopratutto nella determinazione dello sviluppo maggiore o minore delle autonomie nazionali nella penisola dei Balkani. In questa materia, l'Italia scevra da qualsivoglia preoccupazione di interessi suoi proprii, ed ossequente solo ai principii che sono base delle nostre istituzioni, potrà agevolare la ricerca e l'accettazione di tale assetto che rispetti gli interessi dell'Austria Ungheria. Se, per l'opposto, il Gabinetto I. e R., obbedendo ad una politica che il Conte Andrassy ha, a più riprese condannata, vorrà, con l'occupazione della Bosnia Erzegovina, dare l'esempio funesto degli spartimenti territoriali a spese della Turchia, la situazione sarebbe, per questo

34 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

rispetto, sostanzialmente mutata. Non solo le potenze si stimerebbero sciolte da ogni debito o riguardo verso l'Austria-Ungheria, ma sarebbero altresì condotte a considerare se non convenga di opporre mediante un più rigoroso sviluppo di autonomie locali, un argine, un contrappeso che frenino la preponderanza dell'Austria-Ungheria in Oriente. L'assetto politico dei piccoli Stati slavi trarrebbe norma non più dal desiderio di non scontentare od offendere l'AustriaUngheria, sibbene dal bisogno di costituire quegli Stati in condizioni tali da poter resistere all'influenza assorbente del potente loro vicino. In questa ipotesi, l'Italia, tratta non certamente da un pensiero di rappresaglia o dispetto, ma da legittima sollecitudine per interessi corrispondenti ai nostri, starebbe necessariamente con quelle potenze che più vorrebbero alta e forte, in Oriente, la barriera contro ulteriori invadimenti dell'Austria-Ungheria.

In questi termini si pone adunque la quistione: a trattenere l'AustriaUngheria da una risoluzione spesse volte ripudiata e dichiarata funesta, deve contribuire questo concetto: se le convenga, cioè, di mettersi in una via pericolosa nella quale ben sa di non poter contare sul concorso dell'Italia né forse di altre potenze per contenere il regolamento della quistione orientale entro quei limiti che dagli interessi della Monarchia sembrano indicati.

Da queste idee, che emergono dall'esame della situazione, potrebbe l'E. V. nei suoi colloquii coi personaggi dirigenti la politica dell'Impero, trarre materia per un linguaggio atto a far nascere spontaneo nel Governo imperiale il pensiero di non rinunziare al concorso leale ed efficace dell'Italia in vista di vantaggi territoriali che offrirebbero un compenso molto incerto per gli interessi veri che sarebbero sacrificati.

(l) -Cfr. n. 530. (2) -Cfr. n. 523.
555

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1986. Berlino, 2 marzo 1878 (per. il 9).

Durant mon séjour à St. Pétersbourg, j'ai cherché à me procurer des éclaircissements sur les relations entre la Russie et l'Autriche. J'ai pu constater que la confiance n'est que très médiocre. Elle doit en effet rester sujette à caution, pour peu que l'an tienne compte des enseignements de l'histoire. Il suffit entre autres de rappeler les incidents de la campagne du Général Souvarow en Italie; la conduite du Prince de Metternich ne négligeant rien pour jeter le discrédit sur le programme de la Sainte Alliance, sauf à s'en prévaloir à son profit et à en déverser l'odieux sur son auteur et sur l'Empereur Nicolas. Les Schwarzenberg, les Buoi et les Beust, eux aussi, ont laissé de tristes souvenirs. Le premier, par un mot bien connu, avait érigé l'ingratitude en axiome politique. Le Comte Andràssy semblait, et semble encore, vouloir faire exception. Mais son attitude commence à devenir vacillante, et, si ce n'était de l'Empereur François-Joseph qui se met personnellement sur la bréche pour combattre les courants contraires à la Russie, il serait fort à craindre que le Cabinet de Vienne ne viràt de bard. Bref, on n'est plus aussi satisfait que par le passé à St. Pétersbourg. sans renoncer toutefois à l'espoir qu'une déception de ce còté sera èpargnée au Prince Gortchakow, qui se plaisait, avant la crise actuelle, à désigner le premier Ministre d'Autriche-Hongrie comme son frére Siamois. Au reste, ce n'est pas seulement à la Cour du Tsar que cet homme d'Etat n'est plus jugé aussi favorablement. Lord Derby lui-meme, par calcul ou par conviction, disait récemment au Comte Schouwalow: « défiez-vous de l'Autriche ».

J'ai laissé entendre à mon tour que je m'expliquais de moins en moins pourquoi dès lors la Russie contribuerait à fortifier vers l'Adriatique une Puissance dont l'amitié paraissait si peu solide. Il m'a été objecté, qu'il n'était nullement certain que la Bosnie et l'Herzégovine, si tant est que l'Autriche se décide à une annexion, deviennent pour la Monarchie prise dans son ensemble, un élément réel de force. Ces Provinces ruinées par la guerre, couteront plus qu'elles ne rendront aux finances de l'Etat. Elles seront en outre un appoint au parti Slave, en affaiblissant le principe meme sur lequel repose le Dualisme. J'admettais dans une certaine mesure le raisonnement, en faisant toutefois la remarque que les effets de ce travail de désagrégation ne se feraient sentir qu'à la longue, tandisqu'il pourrait surgir dans l'intervaUe telle ou telle autre combinaison politique où la Russie comme l'Allemagne, regretteraient d'avoir fourni à l'Autriche un contre-fort vers la Dalmatie.

Je me rendais compte jusqu'à un certain point que la Russie se crut dans la nécessité d'user aujourd'hui de ménagements envers le Cabinet de Vienne. Je n'étais pas moins d'avis que, dans cet ordre d'idées, elle sacrifiait l'avenir au présent, des intérets réels aux convenances passagères et fort hypothétiques du moment.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1987. Berlino, 2 marzo 1878 (per. il 9).

Dans ma dépeche précédente (1), j'ai parlé des rapports entre la Russie et l'Autriche. Je toucherai aussi quelques mots sur les relations entre Pétersbourg et Berlin.

Le Prince Gortchakow se montrait satisfait, tout en disant qu'en 1870 l'Empereur Alexandre avait mis plus de chaleur dans son amitié. Le Tsar n'avait pas hésité à déclarer qu'au besoin 300.000 soldats russes sauraient contenir les velléités de l'Autriche à preter un appui à la France.

Le Cabinet de Berlin se borne maintenant à se rallier à toute combinaison sur laquelle l'Autriche et la Russie parviennent à se mettre d'accord. Mais il n'exposera pas la vie d'un seul mousquetaire Poméranien dans des questions

ne touchant pas directement aux intéréts de l'Allemagne. Et cependant son inftuence est telle qu'elle s'exercerait certainement avec succès s'il voulait peser davantage, nommément à Vienne pour écarter les diftìcultés. Le Chancelier Russe avait vivement regretté que le Prince de Bismarck eùt décliné de prendre part lui-méme au congrès projeté et accepté en principe, et rendu dès lors impossible la présence des autres Chefs de Cabinet. Le Prince Gortchakow se déclarait néanmoins satisfait du dernier discours du Chancelier Allemand.

J'ai appris par le Général Schweinitz que l'attitude de l'Allemagne s'appliquant à tenir la balance égale entre la Russie et l'Autriche, produit en effet quelque déception, quelque mécontentement à Pétersbourg. On voudrait qu'on élévat davantage la voix à Vienne. L'Ambassadeur laisse entendre qu'il faut modérer la dose à l'Autriche. Sa constitution délicate ne supporterait pas une haute pression, et son existence est d'ailleurs aussi nécessaire à l'Allemagne, que la Turquie l'était jusqu'ici pour l'Autriche. On demande parfois: «mais si vous devriez opter entre Pétersbourg et Vienne, où placeriez-vous vos préférences? ». C'est là un point sur lequel le Prince de Bismarck ne se prononce pas, et il serait de bonne politique de chercher à lui éviter la douloureuse nécessité d'une option. L'Empereur Guillaume, après la guerre de 1870 avait adressé au Tsar un télégramme qui dépassait peut-étre la juste mesure en attribuant à son attitude une si large part dans les succès de l'Allemagne. Si le Cabinet de Vienne est resté l'arme au bras, c'est qu'il a été surtout retenu par l'élément allemand autrichien. D'ailleurs en 1853 (guerre d'Orient) et en 1864 (insurrection polonaise) le Cabinet de Berlin avait déjà rendu de grands services à la Russie et avait des titres sérieux à sa reconnaissance.

V. E. voit que tout n'est pas couleur de rose dans la prétendue alliance des trois Cours du Nord. Sans aUer jusqu'à la définir, comme le faisait en ma présence un employé supérieur russe, une bulle de savon, un trompe l'ceil, cette alliance n'a de valeur que par le poids de l'Allemagne dans la balance.

(l) Cfr. n. 555.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1988. Berlino, 2 marzo 1878 (per. il 9).

Par un télégramme reçu ce matin (1), V. E. appelle mon attention sur le projet attribué à l'Autriche d'étendre sa domination vers une grande partie du territoire des Balkans jusqu'à la Mer Egée.

Cette question m'a préoccupé, ma correspondance en fait foi, dès le début de la crise orientale. Je me suis meme permis de donner au Gouvernement le

ronseil de prendre sans tarder une attitude déterminée, p8ir des explications franches, amicales et direetes, avec le Cabinet de Vienne. Au lieu d'adopter cette ligne de conduite, on a pris un détour en s'adressant aux autres Puissances. L'une d'entre elles n'a pas été assez discrète, et a révélé au Comte Andràssy nos pourparlers confidentiels. Autant qu'il me résulte, le Cabinet de Berlin n'a pas usé du méme procédé. Mais il a soigneusement évité de se prononcer. Il ne pouvait en étre autrement, puisqu'il s'était engagé à ne mettre aucune entrave à ce qui serait concerté entre la Russie et l'Autriche. Il sacrifiait tout à la question vitale pour lui de contenir, l'une par l'autre, ces deux Puissances, et empécher que de ce còté la France ne reçut aucun renfort dans ses calculs de revanche. Non seulement M. de Biilow opposait aux arguments que j'étais chargé de lui développer une excessive réserve, mais le jour est venu où il m'a laissé entendre que mieux valait ne plus toucher cette corde. M. Crispi est revenu, il est vrai, à la charge auprès du Chancelier, qui déclinait tout d'abord de parler de cet argument dans sa rencontre avec le Comte Andràssy. Son Altesse s'était cependant désisté de sa ferme intention. Mais nous ne savons, ni dans quel sens il s'est expliqué, ni quelle réponse il a reçu.

De mon còté, conformément aux instructions de votre prédécesseur, je me suis abstenu d'entrer nouvellement en matière, sans cacher à Rome ma manière de voir, d'aborder carrément la question à Vienne méme. Il allait de notre dignité, de réfuter en méme temps les injustes soupçons lancés de là sur notre politique, accusée d'arrière-pensées, de convoitises. Le Roi Vietar Emmanuel, V. E. ne l'ignare pas, avait été profondément blessé dans les derniers temps de sa vie, de voir le Cabinet Austro-Hongrois nous abreuver de calomnies, et attacher plus de prix à quelques articles des journaux de l'opposition, qu'à la parole loyale du Souverain. Notre patience a été rudement mise à l'épreuve, et je suppose que nous avons peut-etre exagéré, sinon le mauvais vouloir du calomniateur, du moins le chiffre de ses forces militaires. Nous péchons trop par un manque de confiance en nous-mémes. A entendre certaines opinions, évidemment exagérées, nous ne serions pas méme en état de soutenir une guerre défensive. C'est un excès de modestie qui nous tient trop en bride, et qui nous a laissé déjà échapper en 1870 l'occasion de jouer un ròle plus favorable à l'Allemagne et à nos propres convenances. C'est ce mème sentiment qui paraìt aussi nous avoir inspirés au commencement de la crise des affaires Orientales. Je suis convaincu qu'un programme mieux défini, et une action diplomatique plus directe à Vienne, nous eussent placés dans une meilleure situation que celle où nous nous trouvons aujourd'hui. Il n'a pas dépendu de moi qu'il en fiìt autrement. En suite des ménagements dont la Russie et l'Allemagne, chacune à son point de vue, entourent le Cabinet de Vienne, elles ne pouvaient nous donner des paroles d'encouragement. Mais, ou je me trompe fort, ou elles auraient compris les exigences de notre situation. A St. Pétersbourg du moins, on n'aurait certainement pas vu de mauvais rei! toute démarche ayant pour effet de contenir l'Autriche.

Je suis tellement persuadé de ce que j'avance (or je ne parle pas à la

légère, lors méme que je ne cite pas une source) que je prie V. E. de me

permettre d'énoncer quelle devrait étre maintenant notre manière d'agir. Au

point où en sont les choses, l'annexion de la Bosnie et de l'Herzégovine est affaire de convenance, à décider par l'Autriche. Le Cabinet de St. Pétersbourg est lié par les engagements écrits de Reichstadt. Le Cabinet de Berlin les connait, et n'y mettra pas son veto. En ce sens, ce que la Montagsrevue se fait télégraphier d'ici, a un fond de vérité. Le Prince de Bismarck ne cache nullement que l'Autriche devrait transiger avec la Russie, d'une part en s'incorporant les Vilayets de Bosnie et d'Herzégovine, et d'autre part en ne mettant pas d'obstacle à la constitution d'une Bulgarie avec des limites plus ou moins étendues. Les Bulgares ne sont pas des Slaves, et leur organisation en Etat autonome et tributaire ne saurait affecter les véritables intéréts de l'Autriche dans ces régions. Ce langage lors méme qu'il soit prescrit au Prince par des convenances inhérentes à la situation actuelle, et peut-etre par le désir de pousser cette Puissance vers l'Orient, et lui couper ainsi toute velléité de reprendre son ancien ròle en Allemagne, ce langage est sans doute regrettable pour nous. Nous devons malheureusement en prendre notre parti, puisque sous l'ancien Ministre des Affaires Etrangères on n'a pas su, ou l'on n'a pas pu, détourner le coup. Mais j'estime que nous aurions tort de nous soumettre sans mot dire à une semblable combinaison. Il nous convient de faire des réserves à la conférence qui se réunira tòt ou tard. La Russie, pour son compte, n'y verra aucun inconvénient. Une telle attitude ne saurait non plus déplaire à Berlin. Nous pourrions tout au plus y étre critiqués pour la galérie. Seulement il faudrait que ces réserves fussent formulées avec beaucoup de tact, et que notre plénipotentiaire fùt prét à répondre, dans le cas où il serait interpellé sur la portée de notre déclaration. En d'autres termes, nos réserves devraient signifier que, sans vouloir pour autant compromettre l'reuvre de la paix générale, nous ne devrions pas moins prendre acte que telles ou telles dispositions, adoptées ou à adopter par le Cabinet de Vienne, seraient contraires aux intérets de l'Italie. Une pareille déclaration ne nous engagerait en rien pour le présent. Elle ouvrirait seulement dans l'avenir une perspective inquiétante pour l'Autriche, et utile à exploiter contre elle par ses futures adversaires. C'est là une de ces situations à éviter, ainsi que le Prince de Bismarck en a donné indirectement le conseil à la Russie, en parlant de la prochaine conférence.

Il me semble que c'est là maintenant la voie à suivre. Nous ne devons actuellement ne compter que sur nous-memes, et ne plus frapper à la porte de telle ou telle autre Puissance dont nous n'obtiendrions pas le concours, lors méme je le répète que, ni de Berlin ni de St. Pétersbourg, on ne nous saurait mauvais gré de chercher à sauvegarder l'avenir. Ce serait encore là un moyen indirect de nous relever de certains engagements que, d'après les assertions non suffisamment prouvées de la partie intéressée, nous aurions pris en 1875,

et que le Comte Andràssy a consignés dans une dépéche au Comte Wimpffen.

V. E. aura remarqué que, dans son dernier discours au Reichstag, le Prince de Bismarck se tient dans un certain équilibre entre la Russie et l'Autriche. A celle-là, comme à celle-ci, il laisse carte bianche, en déclarant ne pas vouloir

tirer l'épée dans des questions secondaires pour l'Allemagne. Ainsi, il ne barrera pas la route à l'Autriche si elle se décidait à se ranger ouvertement contre la Russie. Il en dissuade cependant le Cabinet de Vienne, aussi bien que l'Angleterre, en représentant les inconvénients et les conséquences d'une lutte prolongée. Mais, ce que le Prince n'a pas dit et ne pouvait dire, c'est que, malgré toute son impartialité dans la phase actuelle du conflit. si la lutte prenait de plus larges proportions par une attitude militante de l'Autriche, la Pologne ne se tiendrait pas tranquille. Or, sur ce point, le Cabinet de Berlin devrait se mettre en garde contre la propagande révolutionnaire qui, comme une trainée de poudre, gagnerait la Galicie et le Grand Duché de Posen ainsi que le Royaume de Pologne, et se verrait forcément rejeté du còté de la Russie, la principale complice dans le démembrement de cet ancien Etat. La Prusse en possède le còté occidental, et c'est là une position des plus importantes pour la sécurité de la Monarchie. Le Prince de Bismarck n'admettrait à aucun prix un soulèvement de la Pologne. Je me souviens d'un propos qu'il m'a tenu en 1863 ou 1864: <<si la Russie voulait reconstituer indépendante la partie de la Pologne qui lui est échue en partage, nous ferions la guerre pour l'empècher, afin de ne pas subir dans le Grand Duché de Posen le contrecoup d'une telle combinaison ».

Je n'ai pas besoin de faire mention des liens intimes d'amitié et de parenté entre l'Empereur Alexandre et l'Empereur Guillaume, liens bien plus étroits qu'avec la Cour d'Autriche. Mais, camme un nouvel argument à l'appui des préférences du Cabinet de Berlin pour la Russie si les événements l'obligeaient à faire un choix, je constate le fait suivant. La France, sous son nouveau Ministère, cherche à se mettre dans les bonnes gràces de l'Allemagne. Le discours prononcé par le Comte de St. Vallier lors de la présentation de ses lettres de créance, dépassait la mesure du langage usité en pareille conjoncture. Or ce discours a été composé à Paris mème sous les yeux de M. Waddington, et il acquiert par là une certaine importance. Qui veut vivre en bons termes avec l'Allemagne, doit. -sauf l'Angleterre, dont la position est exceptionnelle, -se ménager l'amitié de la Russie. C'est à quoi s'applique en effet le Cabinet de Versailles. Le Prince de Bismarck est assez clairvoyant pour ne pas attacher trop de valeur aux protestations de bon vouloir d'un nouveau converti, mais précisément parce que celui-ci se rapproche de la Russie, Son Altesse veillera de près à ce que l'an ne jette pas des pierres dans son jardin. C'est là un motif de plus pour se montrer accommodant envers le Cabinet de St. Pétersbourg et ne pas laisser refroidir ses sympathies.

Je termine par cette considération que, ne trouvant ouvertement d'appui auprès de personne pour prévenir un agrandissement territorial de l'Autriche sans compensation d'aucune sorte pour l'Italie, nous ne devons pas moins falre bonne mine à mauvais jeu, vis'à vis de l'Allemagne et de la Russie. Ces Puissances reviendront à nous par la force mème des choses, quand les événements reprendront leur cours naturel. En attendant, prémunissons-nous autant

que possible contre la France et l'Autriche, et tachons en meme temps de ménager, dans les limites du juste et du convenable, l'Angleterre, cette ancienne alliée de la Maison de Savoie.

A moins d'instructions contraires, ou que le Secrétaire d'Etat de sa propre initiative ne m'en fournisse le joint, je crois que mieux vaut ne pas revenir ici sur le sujet auquel se rapporte le télégramme précité de V. E.

(l) Cfr. n. 546.

558

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 808. Vienna, 2 marzo 1878 (per. il 5).

*L'E. V. col suo telegramma del 24 scorso mese (1), nell'informarmi della comunicazione fattale dal signor Obedenare di un dispaccio del Ministro degli Affari Esteri di Rumania, col quale il Gabinetto di Bukarest faceva appello ai buoni uffici dell'Italia, affinché l'indipendenza del Principato fosse riconosciuta dalle potenze prima della riunione della Conferenza, mi invitava a scandagliare con prudenza gli intendimenti in proposito del Gabinetto di Vienna * (2). Il giorno dopo rispondevo all'E. V. (3) aver toccato quella questione col Barone Orczy, con tutta quella riserva impostami dalle istruzioni impartitemi, ed aver avuto in risposta che una comunicazione di tal natura non era ancora stata fatta a Vienna: discorrendo però in tesi generale delle voci corse al riguardo nei giornali, il Barone Orczy si esprimeva meco in maniera da !asciarmi l'impressione che il Governo Imperiale non sarebbe intieramente alieno del prendere in considerazione la domanda della Rumania. Essendomi poi ieri pervenuto l'ossequiato dispaccio dell'E. V. su quell'argomento in data 25 febbraio n. 541 (3), tornai a scandaglia,re il Barone Orczy su quella questione. S. E. risposemi questa volta, l'Agente di Rumania avergli due giorni prima fatto una comunicazione in tal senso: il Conte Andrassy però non avere ancora preso la cosa in esame. L'assoluta riserva poi, in cui S. E. si tenne, malgrado cercassi di farlo ragionare in proposito almeno in tesi generale, mi lascierebbe supporre che il Governo AustroUngarico non crede conveniente entrare per ora in una questione che potrebbe creargli una difficoltà di più nelle sue relazioni colla Russia. Non parvemi a proposito spingere maggiormente le mie indagini per ora, ciò non essendo conciliabile cogli ordini al riguardo emanatimi dalla E. V. col Suo precitato telegramma (4).

(l) -Cfr. n. 528. (2) -Il brano tra asterischi è edito in LV 24, p. 342. (3) -Non pubblicato. (4) -Annotazione marginale: «A Bucarest 10 marzo 1878 ».
559

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 809. Vienna, 2 marzo 1878 (per. il 5).

L'E. V. avrà potuto constatare tanto dalle informazioni da me trasmesse in questi ultimi giorni come dalle notizie date dai giornali austriaci, che la questione dell'occupazione della Bosnia per parte delle truppe Imperiali è all'ordine del giorno sia in Austria che in Ungheria. L'opinione pubblica vi si manifesta, si può dire, generalmente contraria: ma ritengo finirà per accettare quel provvedimento, tanto più se esso verrà presentato sotto l'aspetto di una misura temporaria, con scopo parallelo a quello d'egual natura che motiverà la permanenza delle truppe Russe in Bulgaria. Intanto desta qui grande attenzione l'imminente arrivo a Vienna della deputazione di Bey della Bosnia, che i giornali annunciano già essere in viaggio per presentarsi a S. M. Francesco Giuseppe e chiedergli l'annessione della Bosnia al Suo Impero. Sarà assai interessante vedere se quella deputazione sarà ricevuta dal Sovrano od anche soltanto dal Conte Andrassy, poiché in fin dei conti allo stato attuale delle relazioni fra l'Austria Ungheria e la Turchia, non saprei immaginare come si potrebbe giustificare che una deputazione di sudditi della Porta, che si reca a Vienna allo scopo di chiedere l'annessione all'Impero della provincia Turca a cui appartengono, trovi accoglienza presso il Governo di S. M. Apostolica.

Sarà mia cura tenermi, per quanto possibile informato di ciò che succederà ln proposito onde ragguagliarne l'E. V.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 469. Parigi, 3 marzo 1878, ore 16,55 (per. ore 18,05).

Il y a lieu de s'attendre à une opposition sérieuse au nouveau traité de commercé franco-italien dans les deux Chambres françaises. Les droits sur les cotons paraissent surtout devoir etre attaqués. On m'a dit qu'entre autres

M. Claude, un industrie! des Vosges, veut combattre le traité du 6 juillet sans merci au Sénat. On est ici dans un vif courant protectionniste. Le général Cialdini a vu avant son départ Gambetta et a tàché de le gagner à la cause du maintien des stipulations commerciales du 6 juillet. J'en avais déjà causé de mon còté avec Waddington et avec quelques députés, et j'ai adressé au surplus hier au ministre des affaires étrangères une lettre conforme à vos instructions. Je ferai encore de nouvelles démarches et en reférerai ensuite. La commission de la Chambre n'a pas préparé son rapport.

561

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 470. Pera, 3 marzo 1878, ore 18,20 (per. ore 3,20 del 4).

Les préliminaires de paix viennent d'etre signés.

562

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1989. Berlino, 3 marzo 1878 (per. il 7).

Dans la journée du 23 février la situation était plus critique qu'elle ne l'avait jamais été pour ce qui concerne les rapports entre la Russie et l'Angleterre. De part et d'autre, l'irritation était à son comble. L'Empereur Alexandre dans l'entretien que j'eus avec Lui le meme jour, se montrait très préoccupé. Je me permis de dire à Sa Majesté que les conditions actuelles présentaient un tel caractère de gravité, qu'on marchait droit à la guerre, si on ne s'empressait de remonter la pente. Le tete-à-tete, devenait presque impossible entre les deux Puissances, et sans l'intermédiaire de tel ou tel autre Cabinet Européen, on ne voyait pas trop comment on parviendrait à écarter le danger. Sa Majesté semblait en convenir, tout en ajoutant que la Russie avait déjà fait preuve de ses bonnes dispositions à ménager les intérets anglais, tout récemment encore en renonçant à occuper Gallipoli, et la cote asiatique, si le Cabinet de St. James prenait à son tour l'engagement de ne débarquer des troupes ni sur la cote européenne, ni sur la cote asiatique des Dardanelles. Mais, comme si c'était un parti pris, l'Angleterre, et la Reine Victoria Elle meme, persistaient dans leur défiance, et poursuivaient la Russie de leurs injustes soupçons.

Dans la soirée le Comte Schouwalow avait télégraphié des nouvelles rélativement moins inquiétantes; et j'ai quitté S. Pétersbourg avec l'impression, partagée par le Prince Gortchakow, qu'une légère détente s'était opérée dans la situation, lors meme qu'elle restait encore très indécise et très troublée.

J'ai trouvé la mème impression chez M. BUlow dans la première visite que je lui ai faite dès mon retour. Il exprimait en meme temps le désir que la conférence, admise en principe par toutes les grandes Puissances, pùt se réunir bientot. Quand l'aréopage délibérerait, les passions populaires ou nationales se calmeraient peut-etre et la voie serait alors ouverte à des concessions mutuelles, à une solution qui apporterait à l'Europe une paix à l'abri de nouvelles et douloureuses secousses.

Le bruit avait couru que le Cabinet de St. Pétersbourg retardait à dessein la réunion de la conférence, cherchait d'avance à en amoindrir la portée, comme s'il ne s'en souciait que très médiocrement. Le Prince Gortchakow a chargé

M. d'Oubril de démentir une semblable supposition. Le Gouvernement Russe maintiendra la promesse qu'il a donnée de se faire représenter à la conférence.

563

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 198. Pietroburgo, 3 marzo 1878 (per. il 10).

Il Principe Ouroussov, che fu già accreditato ufficiosamente presso il defunto Pontefice Pio IX, deve partire in questi giorni per Roma, ov'è inviato nella stessa qualità presso il nuovo Papa. Il Signor de Giers nel parteciparmi la partenza del Principe Ouroussov mi disse che le istruzioni di cui era munito erano concepite in un senso conciliante. Esse si riferiscono principalmente alle sedi vescovili delle provincie Polacche, che sono in gran parte vacanti in seguito all'esilio dei titolari, prodotto dai passati moti politici della Polonia. Il Governo Russo, secondo ciò che mi disse il Signor de Giers, non spera molto che la Santa Sede voglia acconciarsi a nominare nuovi titolari più graditi a Pietroburgo, ma confida che a misura che le sedi diverranno vacanti per la morte dei titolari attuali, sarà possibile il procedere a nomine successive accettabili ad un tempo dal Governo Imperiale e dalla Santa Sede.

564

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 476. Parigi, 4 marzo 1878, ore 18,15.

Un membre de la commission parlementaire chargé de l'examen du traité de commerce vient de me dire que la majorité de la commission est contraire au traité et voudrait que la discussion du nouveau tarif général soit prolongée à toute stipulation commerciale nouvelle. Des considérations politiques pourront seules l'amener à se prononcer pour l'adoption et Gambetta agit à ce point de vue sur ses collègues, mais il n'y a pas grande chance que le traité puisse étre ratifié avant le premier avril. La commission n'a d'ailleurs encore rien fait et a seulement décidé d'entendre les ministres des affaires étrangères et du commerce. Je viens d'en causer de nouveau avec Waddington qui se concertera demain avec son collègue du commerce pour stimuler la commission, et il m'a promis de me faire part dans quelques jours de ses prévisions.

565

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 477. Londra, 4 marzo 1878, ore 20,25 (per. ore 22,25).

J'ai été aujourd'hui au Foreign Office pour connaitre les conditions de la paix turco-russe signée hier. Lord Derby m'a lu un télégramme de Layard qui lui dit qu'il n'en connait pas encore les détails, mais les concessions faites par la Russie sont les suivantes: l'lndemnité de guerre réduite à 12.000.000

livres sterlings, abandon de la garantie premièrement demandée sur les tributs d'Egypte et de Bulgarie, renoncement aux vaisseaux cuirassés tures. D'autre part le Comte de Schuvaloff m'a assuré que les créanciers actuels tures auraient la préférence sur la créance russe dans le traité. Il n'est pas question des détroits. Peut-étre cette question ne serait méme pas soulevée dans la conférence, si elle a lieu. Salonicco est exclu de la circonscription proposée pour la Bulgarie. L'opinion personnelle de Derby est que ce qu'il connait du traité de paix lui semble pouvoir servir de base à une discussion dans la conférence qu'il croit maintenant plus probable. On voit, d'après ce qui précède, que la Russie à cherché à éviter ce qui peut fournir occasion à l'humeur guerrière des anglais d'éclarer. Reste la questione de Constantinople. Le comte de Schuvaloff dit que si les anglais retirent leur flotte, les russes retireront leurs troupes des environs de la capitale. Une des questions importantes sera la permanence des armées russes en Bulgarie. Sur ce point la Russie semble disposée à transiger. Le grand point, pour elle, sera de ne pas mécontenter l'Autriche, car si celle-ci prend une attitude hostile on retient camme certain que l'Angleterre la secondera. On parlait de la cession d'un port au Monténégro camme d'un fait certain. Ayant parlé de la Grèce à Derby il m'a répondu que si d'autres Puissances outre les grandes sont admises à la conférence il croit que la Grèce devrait aussi y ètre représentée. Quant à la Roumanie il n'a pas reçu aucune communication relative à son indépendance qu'il considère camme un fait accompli, mais qu'il ne semble pas vouloir sanctionner par son approbation. En attendant le ton des journaux anglais semble moins belliqueux. Ils attribuent les soidisantes concessions de la Russie à la crainte que lui inspire l'attitude de l'Angleterre qui énumère avec complaisance les forces dont elle peut disposer. Elle a beaucoup de vaisseaux, mais peu de troupes. Dimanche prochain doit avoir lieu un nouveau meeting où seront représentés les deux partis. Dans le précédent les partisans de la paix présidés par le frère du comte de Carnarvon ont été rudement rossés. Il est possible que dimanche prochain les partisans de la guerre le seront à leur tour. Un des ambassadeurs les plus perspicaces croit au retablissement de la paix pour le moment, mais il pense que dans deux ou trois ans la guerre surgira de nouveau dans des proportions plus grandes. Les journaux poussent l'Angleterre à l'occupation de l'Egypte, mais pour le moment il n'est pas probable qu'elle ait cette intention surtout après la déclaration qu'elle a fait à la France.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 4 marzo 1878.

Alla spedizione ufficiale non ho gran cosa da aggiungere. Le inquietudini qui crescono. La quistione bosnese è ormai posta sul tappeto. Se sarà risoluta in senso contrario al nostro interesse, non bisogna illudersi, il malumore in Italia sarà stragrande. Bisogna preoccuparcene seriamente anche al punto di vista del danno che ne verrebbe al nuovo regno.

Intanto il Presidente del Consiglio mi incarica di raccomandarLe, in via particolare, il tenerci informati di tutto ciò che riguarda la mobilizzazione dell'esercito austro ungarese. Non incominciamo la sessione parlamentare sotto troppo lieti auspici per ciò che concerne il frazionamento delle opinioni nei partiti parlamentari. Si preparano battaglie anche sulla politica estera del Ministero. La nostra posiizone à coté della lega dei tre Imperatori non è piaciuta sempre a tutti. Le memorie della alleanza Occidentale potrebbero ridestarsi e fare al Governo una posizione delle più difficili e mettere in serio imbarazzo il paese.

È un momento in cui più che mai si sente il bisogno di marciare compatti, l'ordine sparso col quale ora si vince sul campo sarebbe fatale per la nostra diplomazia.

Spero che a Vienna avranno capito che nell'incarico dato al Deputato Farini di portare al Principe Carlo i ringraziamenti per la missione Balatchano, non vi era cosa alcuna di cui l'Austria potesse dolersi. Per non dare alcun appiglio anche alle coscienze diplomatiche più timorate, nella lettera del nostro Re al Principe Carlo si è evitato tutto ciò che avrebbe potuto dare a tale missiva il carattere di annunzio ufficiale dell'avvenimento al trono. Siamo dunque rimasti nella perfetta ortodossia anche per ciò che riguarda il trattamento al quale la Rumenia ha diritto. Il mandare a ringraziare era quistione di convenienza e il meno che si può fare anche coi piccoli è di essere civili ed educati. Forse questo non piace a Vienna od a Pesth; ma in tal caso siamo proprio noi obbligati di prendere codesti signori per modello di cortesia ed educazione? Ma non lagnamoci troppo. Dopo che l'Arciduca Ranieri è stato a Roma, siamo entrati in una lune de miel. Speriamo che la luna non sparisca di nuovo fra le nubi. Vi è molta nebbia sull'orizzonte.

La prego dei miei rispetti per la Signora Contessa e di presentarLe tutte le mie condoglianze per la perdita dolorosa che l'ha colpita.

567

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 481. Vienna, 5 marzo 1878, ore 15,05 (per. ore 16,40).

D'après informations que j'ai de bonne sources, il me résulte qu'Andrassy est décidé à l'occupation de la Bosnie de l'Herzégovine et peut étre d'une partie de l'Albanie camme seul moyen de sauver la situation de la Monarchie et la sienne. Le moment et la forme dépendront du développement des événements. La Chambre des députés autrichienne se montre dès à présent résignée à accepter cette éventualité qui en Hongrie également ne soulevera pas trop de difficultés. Trois corps d'armée seraient, au moment venu, mobilisés pour effectuer cette résolution. Deux entreraient dans les susdites provinces, un, celui de Gratz, resterait en écart. Si puis le besoin s'en faisait sentir, on mobiliserait aussi les divisions de landwehr vers la frontière italienne. On m'assure que l'Allemagne conseille vivement roccupation. V. E. pourra probablement en savoir davantage à ce sujet par l'ambassadeur de Sa Majesté à Berlin. Tous les journaux annoncent aujourd'hui que les bataillons de landwehr depuis le premier au quatre-vingtiéme seront appelés aux exercises de bataillon dans leurs circonscriptions respectives entre la fin de l'été et le commencement de l'automne.

568

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 482. Pietroburgo, 5 marzo 1878, ore 16,50 (per. ore 18,35).

J'apprends de M. de Giers que le texte du traité de paix arrivera ici dans 4 ou 5 jours et qu'aussitòt qu'il sera approuvé par l'Empereur, il sera communiqué aux Puissances. Le Cabinet de Pétersbourg désire que la Conférence se réunisse à Berlin toujours avec l'intervention d es ministres dirigeants; et il fait en ce moment des démarches confidentielles à Vienne pour que l'Autriche prenne l'initiative ou du moins consente à cette proposition.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1991. Berlino, 5 marzo 1878 (per. il 10).

J'ai été reçu aujourd'hui, en audience solennelle et avec le cérémonial usité, pour la présentation des lettres de créance d'Ambassadeur.

En remettant à l'Empereur les lettres Royales, je Lui ai dit combien j'étais reconnaissant à notre Auguste Souverain de me maintenir dans ce poste, où je résidais depuis tant d'années camme chef de mission, et de me conserver ainsi la confiance que son Prédécesseur de glorieuse mémoire daignait m'accorder. «Le second Roi d'Italie marchera sur les traces de Son Auguste Père dont les sentiments sont connus à Votre Majesté, surtout depuis les visites échangées à Berlin et à Milan. Je puis donc donner l'assurance que ces sentiments, tout à fait conformes aux liens d'amitié qui unissent les deux couronnes et les deux nations, resteront invariables sous le nouveau Règne ». De Leur còté, le Roi et la Reine se souvenaient avec une vive gratitude de l'accueil si cordial que, camme Prince et Princesse de Piémont, ils avaient reçu de Sa Majesté Impériale et des autres Membres de Son Auguste Famille.

Il était presque superflu d'ajouter que, par penchant comme par conviction, mes soins incessants demeuraient acquis à cémenter et à développer encore les rapports amicaux, qui existent et doivent exister entre deux Pays rattachés par tant de souvenirs, par des sympathies nationales, et par des intérets politiques de premier ordre, parce que ces intérets n'ont rient de transitoire dans leur caractère.

J'osais espérer que Sa Majesté voudrait, comme par le passé, me faciliter cette tache, car sa bienveillance personnelle ne m'avait jamais fait défaut.

Dans Sa réponse, l'Empereur formait !es meilleurs vreux pour le bonheur et la prospérité du Roi Humbert et de la Nation, dont !es destinées Lui étaient confiées. Sa Majesté Impériale attachait le plus grand prix au maintien et à l'affermissement toujours croissant des relations d'amitié, qui subsistent entre !es deux Dynasties et les deux Nations, réunies en effet par des intérets si essentiels. Il se félicitait de connaitre déjà personnellement LL.MM. le Roi et la Reine, et d'avoir pu apprécier Leurs qualités avant Leur avènement au tròne. L'Empereur reporte sur Eux le meme attachement qu'Il éprouvait pour le Roi Victor Emmanuel dont la fin prématurée avait causé partout une si profonde affliction. Sa mort avait été en Italie le signa! de démonstrations unanimes de regrets et de dévotion à la Maison de Savoie. C'était là un fait du meilleur augure pour l'avenir.

L'Empereur m'a prié de remercier le Roi de m'avoir confirmé comme Son représentant près de cette Cour en m'honorant ainsi de la meme confiance dont je jouissais auprès de Son Auguste Père. Sa Majesté Impériale savait que j'avais contribué, durant les longues missions à maintenir et resserrer les bonnes relations entre l'Italie et l'Allemagne. Aussi pouvais-je également compter sur son entière bienveillance.

L'Empereur connaissait par le Ministre d'Etat, M. de Biilow, présent à l'audience, la dépeche de V. E. (Série Politique, n. 635), (l) me chargeant d'exprimer l'impression de satisfaction et de reconnaissance du Roi et de Son Gouvernement pour l'excellent accueil fait ici à S. E. le Général Cialdini. Sa Majesté n'avait eu qu'à se louex du choix de ce personnage pour la notification de l'avènement au Tròne.

Sa Majesté regrettait de ne m'avoir pas vu aux fetes durant ce carnaval, et témoignait le désir de me rencontrer aujourd'hui du moins au dernier grand Bal de la Cour. J'ai remercié de ce que l'absence de l'Ambassadeur du Roi fut remarquée par l'Empereur. Mais je Le priais de m'excuser. Il pouvait comprendre combien il me répugnerait de demander au Roi Humbert de me dispenser, ne fut-ce meme que pour un seui jour, du deuil non seulement officiel, mais de creur, que je porte pour la mort de Son Auguste Père, mon bienfaiteur.

L'Empereur m'ayant ensuite demandé mes impressions sur mon voyage récent à Pétersbourg, l'entretien s'est porté tout naturellement sur les affaires Orientales, sur la paix préliminaire conclue avant hier entre la Russie et la Turquie. Si, d'après différents indices, la situation, dans son aspect général, semblait s'etre légèrement améliorée, l'optimisme ne saurait etre de mise, car il reste à résoudre maintes questions dont le réglement définitif offrira bien des

difficultés. D'ailleurs on ne connait pas encore exactement les conditions de l'arrangement signé à San Stefano. On ne peut donc pas méme préjuger l'effet qu'elles produiront entr'autres à Vienne et à Londres, et surtout dans cette dernière capitale, où la surexcitation des esprits est très grande. Il convient donc de réserver tout jugement jusqu'à plus ample information. C'est dans ce sens que parlait Sa Majesté.

J'ai également été admis à présenter mes hommages à l'Impératrice. Sa Majesté s'est informée avec intérét de quelques détails sur la mort du Roi Victor-Emmanuel, et exprimait surtout des vreux pour le bonheur du Roi Humbert, de la Reine, et de l'Italie.

Dans ces audiences, j'étais accompagné par tout le personnel de l'Ambassade. L'Empereur et l'Impératrice ont fait très bon accueil à chacun d'eux, et nommément au Chevalier Tosi si avantageusement connu et estimé par cette Cour et par le Gouvernement.

D'après l'avis de l'Empereur, il sera convenable que je sollicite également une audience auprès des autres Membres de la Famille Impériale et Royale; cette circonstance retardera de quelques jours mon départ pour Dresde, Stuttgart, Carlsruhe et Darmstadt où je dois aussi remettre de nouvelles lettres de créance. Je me réserve ensuite de continuer ma tournée auprès des autres Cours, pour lesquelles je suis aussi munì de lettres Royales, car l'étiquette prescrit que cette formalité soit accomplie en personne dans l'endroit où réside le Souverain (l).

(l) Non pubbllcato.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1064. Costantinopoli, 5 marzo 1878 (per. il 14).

L'ultimo mio rapporto sui negoziati di San Stefano fu del 1° del presente

n. 1063 (2). Dicevasi in quel giorno che l'indomani, occorrendo l'anniversario dell'assunzione dell'Imperatore Alessandro, l'atto di pace sarebbe firmato. S'intendevano tuttavia taluni i quali continuavano ad esprimere gravi dubbi in proposito; e questi dubbii venivano da Autorità Ottomane; la guerra Europea essere imminente, a che impegnare la Sublime Porta? Miglior consiglio essere di lasciar venire i Russi a Costantinopoli; il Governo si trasporterebbe frattanto in Asia, e le Potenze Europee verrebbero a conflitto tra di esse per la soluzione della questione. Né io mancai di far intendere ad alcuni de' miei Colleghi in quel giorno quanta responsabilità pesava sopra quelli che, presentando la guerra come inevitabile, contribuivano senza volerlo a mantenere siffatte illusioni. D'altra parte si conosceva che Safvet Pacha manifestava una ripugnanza insu

perabile ad apporre la sua firma al trattato, ed andava sino a dire che piuttosto ìascierebbesi tagliare la mano. Né Sadoullah Bey mostravasi più arrendevole. I Plenipotenziari Russi dal loro canto erano impazienti di venire ad una conchiusione. La Maestà dell'Imperatore Alessandro aveva telegrafato al Granduca Nicola le parole: «Fais vite». Sua Altezza Imperiale faceva quindi mettere in linea due battaglioni della Guardia, e sotto pretesto d'esercizii li faceva avanzare alquanto nella direzione della Capitale. S. M. il Sultano però non partecipava alle esitazioni de' suoi Ministri e non cessava di raccomandare si firmasse il Trattato. Safvet Pacha metteva infine per condizione fosse emanato un Iradé Imperiale il quale contenesse l'enumerazione di tutte le condizioni, nonché l'ordine d'accettarle. L'Iradé era emanato; ed io telegrafai all'E. V. in quel giorno 2 marzo (l) che il Trattato sarebbe firmato l'indomani o posdomani. Durante la giornata del 3 corse la voce nuove difficoltà essere sorte, ed io vidi una lettera scritta la mattina stessa da San Stefano per la quale si esprimevano nuovi dubbii. Senonché verso le 6 pomeridiane venne a mie mani un telegramma del Generale Ignatiew, pel quale S. E. si compiaceva significarmi che i preliminari di pace erano stati firmati. E l'importanza storica di questa comunicazione è tale che stimo prezzo dell'opera di unire al presente la copia del telegramma stesso (2). Esso mi metteva infatti in grado di darne a V. E. l'annunzio telegrafico un'ora dopo che il relativo atto riceveva la firma dei Plenipotenziari (3).

Il 2 marzo era infatti l'anniversario della morte dell'Imperatore Nicola, ed un servizio funebre era stato celebrato a San Stefano. Il 3 correva l'anniversario della proclamazione dell'Imperatore Alessandro, e si cantava un Te Deum in suo onore. Più tardi le truppe erano schierate per essere passate in rivista; e dopo lunga aspettazione compariva il Granduca Nicola il quale annunziava allo Stato Maggiore ed alle truppe la pace essere stata firmata; la quale notizie era accolta da vive acclamazioni.

Ieri i Plenipotenziari Ottomani non erano ancora tornati in città; né si poterono conoscere le stipulazioni definitive di pace sulle quali corrono tuttavia voci contraddittorie. Farò ogni possa per averle prima della partenza del corriere, affine di poterne trasmettere il testo all'E. V.

(l) -Con d. 648 del 15 marzo Depretls comunicò a Launay: «Quanto al viaggio che V. E. si propone di fare al più presto nelle capitali degli Stati Germanici per rimettere le varie lettere éredenziali, non posso a meno di pregarla di fare in modo da evitare un'assenza di parecchi giorni da Berlino, ora che poco tempo potrebbe separare! dalla riunione del Congresso». (2) -Non pubblicato.
571

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 229. Roma, 6 marzo 1878, ore 15,12.

Il parait que des pourparlers sont engagés en ce moment pour réunir à Berlin la conférence avec l'intervention des ministres dirigeants. Tàchez de me tenir au courant de l'accueil probable que cette proposition trouverait auprès de M. Waddington.

35 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

(l) -Non pubblicato. (2) -Non sl pubblica. (3) -Cfr. n. 561.
572

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 230. Roma, 6 marzo 1878, ore 15,12.

J'apprends de Pétersbourg que des ouvertures confidentielles auraient été faites entre les trois Cabinets Impériaux pour la réunion de la Conférence à Berlin avec l'intervention des Ministres dirigeants. On désirerait que l'Autriche prenne elle-méme l'initiative de cette proposition.

En méme temps je reçois des informations rien moins que rassurantes au sujet des dispositions de l'Autriche. Pour sauver la position de la Monarchie et la sienne le comte Andrassy aurait pris la résolution d'occuper la Bosnie, l'Herzégovine et méme une partie de l'Albanie. Maintenant que la paix est conclue entre les russes et les tures à quel titre l'Autriche deposséderait-elle ces derniers d'une partie considérable du territoire qui leur reste? L'Autriche déclarera-t-elle la guerre à la Turquie? ou bien au répris des conditions que celle-ci a acceptées procédera-t-on à un partage entre la Russie et l'Autriche? Nous voudrions connaitre sur ce point qui touche à des intéréts essentiels de l'Italie les impressions du Cabinet Anglais, mais V. E. sait que dans les circonstances actuelles il nous faut redoubler de prudence afin qu'à Vienne on ne puisse dire que nous cherchons d'ameuter l'Europe contre l'Autriche.

573

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 231. Roma, 6 marzo 1878, ore 15,12.

Vous connaissez sans doute les débats qui se sont ouverts à Vienne et à Pesth au sujet de l'occupation éventuelle de la Bosnie et de l'Herzégovine. Cette question est posée ouvertement et d'après les informations que je reçois, il résulterait que toutes les probabilités sont pour la réalisation de ce projet. Nous ne comprenons pas à quel titre l'Autriche pourra déposséder la Turquie d'un territoire consi:dérable qui lui reste encore aprés avoir subì les conditions du vainqueur. Il nous répugne de croire qu'au mépris des conditions acceptées par la Porte, la Russie et l'Autriche veuillent s'entendre pour un partage des provinces turques. Mais nous désirerions connaitre l'impression que l'on a à ce sujet à Constantinople et quelles mesures on prendrait au besoin pour écarter le nouveau danger qui menace les possessions ottomanes en Europe. Soyez très prudent dans vos démarches afin que l'Autriche ne puisse soupçonner notre attitude.

574

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 488. Parigi, 6 marzo 1878, ore 16,10.

Saint Vallier a télégraphié hier soir à Waddington que sur la demande de la Russie et de l'Autriche Bismarck est maintenant disposé à accepter la réunion d'un congrès à Berlin et à le présider. Waddington voit dans ce fait une nouvelle affi.rmation de l'alliance des trois Empereurs. D'après ce qu'il vient de me dire il incline personnellement à accepter choix de Berlin et à s'y rendre, bien qu'il y ait en France une répugnance naturelle contre ce choix et bien qu'il faille prévoir une vive opposition. En tout cas Waddington demandera l'assurance qu'on ne soulève pas de questions occidentales au congrès.

575

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 489. Vienna, 6 marzo 1878, ore 17,50 (per. ore 18,25).

Archiduc François père de l'Empereur est assez gravement malade depuis deux jours. Je prie V. E. d'en prévenir Sa Majesté. Cependant on ne désire pas ici qu'on en demande des nouvelles jusqu'à présent. Si un bulletin paraitrait je l'enverrai par télégraphe directement à Sa Majesté. Orczy vient de me dire que c'est à peu près décidé que le congrès aura lieu à Berlin. Ce sera Andrassy qui l'annoncera aux Puissances et le Cabinet de Berlin adressera ensuite invitation pour y intervenir. L'indication de paix préliminaire que Empereur Alexandre et Gortchakoff ont donné à la paix signée à Constantinople a produit ici une bonne impression.

576

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A PIETROBURGO, NIGRA

T. 232. Roma, 6 marzo 1878, ore 18,30.

Les informations que nous avons sur les projets de l'Autriche sont rien moins que rassurantes. Il résulterait de bonne souce que le Comte Andrassy a décidé l'occupation de la Bosnie et de l'Herzégovine et peut-etre d'une partie de l'Albanie camme le seul moyen de sauver la situation de la Monarchie et la sienne. Nous avons des informations assez précises des proportions que l'on

donnerait à la mobilisation autrichienne qui comprendrait aussi des troupes d'observation vers la frontière italienne. Tout ceci est fort grave et vous comprenez certainement qu'au moment d'entrer en conférence nous ayons le désir de tirer au clair ce qui peut-ètre se prépare en secret contre les intérèts d'équilibre que nous tenons à sauvegarder vis-à-vis de l'Autriche.

(Per Berlino) On nous assure que de Berlin on conseille vivement à l'Autriche l'occupation. Cette conduite de l'Allemagne à notre égard serait des plus regrettables pour les conséquences qu'elle serait destinée à avoir pour l'avenir de la politique des deux nations.

(Per tutti) Maintenant que les conditions de paix ont été acceptées par la Turquie et que l'état de guerre a céssé entre la Russie et la Sublime Porte à quel titre l'Autriche s'emparerait-elle d'une partie considérable du territoire ottoman? Déclarera-t-elle la guerre à la Turquie ou bien procédera-t-elle d'accord avec d'autres Puissances à un partage auquel nous sommes d'avis que nous ne serions pas seuls à refuser de le souscrire?

Je prie V. E. de vouloir bien se rendre compte de toute la gravité de la situation qui nous serait faite par la réalisation du projet de l'Autriche. Je laisse à la prudence de V. E. de choisir la forme qu'Elle jugerait la plus opportune pour pénétrer les intentions du Gouvernement allemand (russe) que nous ne connaissons pas et qu'il nous faudrait absolument connaìtre avant de nous engager dans la voie sans issue que nous ouvrirait la réunion de la conférence.

(Per Berlino) J'apprends de Pétersbourg que la Russie désire que la conférence se réunisse à Berlin toujours avec l'intervention des ministres dirigeants. Le Cabinet russe fait en ce moment des démarches confidentielles à Vienne pour que l'Autriche prenne l'initiative ou du moins consente à cette proposition. Tenez-moi au courant de ce que l'on en pense à Berlin.

(Per Pietroburgo) Nous avons eu plus d'une fois l'occasion de remarquer que nos démarches mème les plus intimes à Pétersbourg ont été immédiatement connues à Vienne. Nous avons mème cru nous apercevoir que l'an a à dessein communiqué à Vienne ce qui était destiné à rester secret et que dans ces communications on a souvent exagéré l'importance des démarches confidentielles que nous avions jugé de faire. Veuillez donc prendre vos précautions afin que, tout en tàchant de connaìtre les intentions du Gouvernement russe, on ne puisse trouver dans vos paroles rien qui puisse faire dire à Vienne que nous avons cherché d'ameuter les Puissances contre l'Autriche.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 494. Londra, 6 marzo 1878, ore 20,10 (per. ore 21,40).

Le comte Derby attend ce soir ou demain le texte du traité de paix entre la Russie et la Turquie. L'agence Reuter en publie aujourd'hui un résumé assez étendu. Il porte le titre de << préliminaires de paix ». Les stipulations principales ne différent pas en substance de celles déjà connues. Antivari est cédé au Mon·· tenegro. Lord Derby reçoit que l'Autriche accepte la Bosnie et l'Herzégovine et pense que probablement elle occupera ces provinces. L'Autriche a proposé Berlin pour siège de la conférence. Quoique ce choix n'agrée pas au Cabinet de Saint James il finira peut-ètre par l'accepter. Derby m'a dit que certainement il n'irait pas à la conférence quand bien mème les autres ministres s'y rendront. Derby croit que la position de l'Egypte de Tripoli et de Tunis par rapport à la Turquie doit ètre l'objet de l'attention des Puissances. Il m'a dit que le Gouvernement britannique désire une paix solide, mais en attendant il arme pour se montrer à mème de soutenir san opinion dans les discussions qui auront lieu. Un parti à Londres ne voudrait pas entendre parler de conférence. Si d'un còté la signature de la paix a calmé beaucoup de gens, elle n'a pu néanmoins pas encore calmer l'humeur belliqueuse d'un grand nombre d'autres qui voyent dans ce résultat l'humiliation et l'abaissement de l'Angleterre. Derby semble s'inquiéter assez peu de l'internement des circassiens près de Damas.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1066. Costantinopoli, 6 marzo 1878 (per. il 14).

In queste regioni Inglesi si hanno grandi apprensiùni riguardo all'eventualità di patti segreti a stabilirsi tra la Turchia e la Russia. Si teme soprattutto che quella possa impegnarsi a mettere nelle mani dei Russi in determinate circostanze i Dardanelli ed il Bosforo; nel qual caso il Governo Britannico avrebbe a prendere delle misure di precauzione. Queste appreusioni non hanno finora alcun fondamento di fatto, né credo esse saranno per averlo fino a che Ahmed Vefik Pacha rimarrà alla testa del Governo. Sotto altro Primo Ministro l'eventualità di un'alleanza tra queste due Potenze potrebbe verificarsi, giacché nelle presenti congiunture essa sembra trovarsi nel corso naturale delle cose. Né il Governo Russo ometterà di agire in questo senso. M'è noto, per esempio, che al pranzo di congedo dato avant'ieri ai Plenipotenziari Turchi il Granduca Nicola disse loro la causa precipua delle sventure della Turchia essere stata l'Inghilterra la quale co' suoi consigli l'aveva precipitata in questa guerra ed incoraggiata a prolungare la resistenza; alle quali parole faceva eco Sadoullah Bey; e conchiudeva Sua Altezza Imperiale il miglior consiglio per essa essere ora di legarsi strettamente alla Russia. E che significa quella clausola dei preliminari di pace per la quale è stabilito che la Turchia, oltre le cessioni territoriali, pagherebbe un'indennità di 300 milioni di rubli nel modo da stabilirsi ulteriormente, mentre nessuno ignora l'impossibilità nella quale la Turchia si troverebbe di pagare quella somma, ed il Generale Ignatiew lascia intendere che i Turchi panno sperare a questo riguardo nella generosità dell'Imperatore?

Mi è riferito nel modo più riservato che il Generale Ignatiew disse al mio Collega di Grecia che i Plenipotenziari Ottomani avendo chiesto, nel corso dei negoziati, che la Russia garantisse alla Turchia il possesso delle Provincie Greche, egli aveva rifiutato d'aderire a siffatto desiderio.

579

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1067. Costantinopoli, 6 marzo 1878 (per. il 14).

Ieri ebbi una lunga conferenza col Generale Ignatiew il quale s'era trasferito a Pera per far visita al Primo Ministro e ad alcuni Colleghi. S. E. mi disse il progresso dei negoziati essere stato penosissimo, ed attribuire le incessanti difficoltà interposte dai negoziatori Turchi ai suggerimenti provenienti da elementi Esteri; aver egli dubitato della riuscita fino al mattino della Domenica in cui si firmarono i preliminari. In quel giorno però il Granduca Nicola faceva intendere ai Plenipotenziari Ottomani che, se l'atto non era firmato prima dell'ora della rivista, questa potrebbe essere convertita in marcia sopra Costantinopoli; 25.000 uomini erano a San Stefano, altri 60.00 in seconda linea pronti ad avanzare. E così se ne veniva alla conclusione. Avendo io domandato al Generale quando s'avrebbe il testo dei preliminari firmati, S. E. mi rispondeva esso non sarebbe comunicato che dopo le ratifiche, cioè fra due settimane. S. E. si mostrò tuttavia disposto a fornirmi quelle informazioni che potessero interessarmi, e mi dava dei dettagli sulla frontiera della Bulgaria, la quale estendevasi sino al Mare Egeo verso Kavala, però lasciava fuori il Monte Athos e Salonicco. Le frontiere del Montenegro comprenderebbero alcuni porti sull'Adriatico (non disse quali); ma la nuova delimitazione del Principato avrebbe ad essere sottomessa alla deliberazione d'una Commissione speciale. La frontiera del Montenegro non toccherebbe quella della Serbia; ed il Generale mi diceva aver appositamente lasciato una lingua di terra tra i due Principati affine di non fornire all'Austria il pretesto di occupare la Bosnia, il che sapeva non esser grato al Governo d'Italia. Aggiungeva il Generale che l'atto firmato era chiamato «preliminari di pace» e non «trattato» per riguardo alle Potenze Garanti; ma che potevasi quando che sia trasformare in trattato definitivo per la volontà delle Parti contraenti; lo sarebbe senza dubbio se non avesse a radunarsi la Conferenza. Le truppe Russe all'infuori della Bulgaria occuperebbero le presenti posizioni per tre mesi a seguire la conchiusione della pace definitiva. Seppi di poi che la sua intenzione è di raccomandare all'Imperatore di far rientrare le truppe entro i limiti fissati dall'armistizio tostoché sarebbe effettuato lo scambio delle ratifiche. Quell'occupazione tuttavia potrebbe abbreviarsi quando gli accordi tra i due Stati fossero per assumere un carattere definitivo in un intervallo più breve. Né il Generale parlò in termini assai favorevoli della riunione della Conferenza, lasciando intendere la Russia aveva preso in considerazione gli interessi delle altre Potenze negli accordi stabiliti, però essa non poteva, dopo aver sacrificato 100.000 uomini ed un miliardo e 400.000 rubli, lasciarsi privare dei vantaggi della vittoria da quelle che non avevano fatto alcun sacrifizio. S. E. mi disse infine che il Granduca verrebbe posdomani a far visita a S. M. il Sultano, ed egli stesso partirebbe tra due o tre giorni alla volta di Pietroburgo allo scopo di sottomettere a S. M. l'Imperatore la relazione dettagliata dei negoziati; forse farebbe indi ritorno a Costantinopoli.

Del quale colloquio spedii senza indugio un riassunto telegrafico a V. E.

Il Generale Ignatiew è d'avviso che queste condizioni non devono in verun modo adombrare i Governi d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria, i cui interessi furono tenuti nel dovuto conto. Nulla è mutato alle stipulazioni che regolano la situazione degli Stretti. Per l'Austria ha procurato di farla partecipare per quanto ha potuto al regolamento definitivo delle materie che più direttamente la concernono. Nulla è aggiunto alla Serbia all'Occidente ad eccezione dello Zwornik; poco al Mezzogiorno. Una Commissione Europea avrà a fissare i limiti definitivi del Montenegro; ed il componimento delle contestazioni tra di esso e la Turchia è sottomesso all'arbitraggio combinato della Russia e dell'Austria-Ungheria. Anche per l'organizzazione della Bulgaria è stabilito l'intervento delle Potenze Europee. Egli confida sopratutto nell'accettazione del fatto compiuto.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 498. Pietroburgo, 7 marzo 1878, ore 14,40 (per. ore 18,20).

Ainsi que j'ai eu soin de l'écrire plusieurs fois au Ministère et pour autant que j'ai pu le savoir, !es intentions de la Russie au sujet de l'Autriche sont !es suivantes: la Russie veut éviter à tout prix d'avoir sur ses fiancs une armée autrichienne ennemie. Dans ce but elle s'est engagée à consentir à l'occupation et meme à l'annexion de la Bosnie et de l'Herzégovine par l'Autriche. C'est là un fait que je crois irrévocable sauf le cas d'une rupture. Le prince Gortchakofi a dit dernièrement au comte de Launay que l'Italie devait en prendre son parti. Le Cabinet impérial voit dans le désintéressement de l'Autriche un intérèt capitai pour la Russie et supérieur à toute autre considération. Il est possible que !es agents russes ayent par la suite parlé à Vienne de l'agitation de notre presse au sujet du Tyrol et de Trieste dans un but facile à comprendre, mais je crois très facilement que le Cabinet autrichien a exagéré à nos yeux !es prétendues communications du Gouvernement russe. V. E. a eu récemment exemple dans le démenti donné par M. de Giers aux allégations du comte Andrassy au sujet du Monténégro. Voilà l'état de choses à cet égard. La Russie pour ce qui la concerne, consent à laisser libre l'Autriche à occuper et mème à annexer la Bosnie et l'Herzégovine. Je suis bien pénétré de la prudence avec laquelle il faut agir ici, aussi sans un ordre précis de V. E. je ne dirai pas un mot à ce sujet au prince Gortchakofi qui d'une part n'a guère à nous apprendre sur ses engagements vis-à-vis de l'Autriche et d'autre part sait parfaitement que le Gouvernement du Roi considère l'exécution de ces engagements camme préjudiciable à ses intérets et à l'équilibre général.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 500. Berlino, 7 marzo 1878, ore 15,40 (per. ore 19,55).

Btilow vient de me confirmer la nouvelle relative à Berlin. Le désir en a été d'abord exprimé par le Cabinet russe. Le Cabinet prussien a alors engagé le Cabinet autrichien, qui avait déjà invité pour Vienne, à faire connaitre ses propres intentions et à sonder celles des autres Puissances, et à se prononcer ensuite sur l'époque de la réunion. Si on consent à siéger à Berlin, c'est d'ici que partiront les invitations. En conclusion il ne s'agit dane plus d'une conférence de simples plénipotentiaires, mais d'un véritable congrès qui aura lieu à Berlin. V. E. recevra aujourd'hui ou demain par la poste mes rapports politiques n. 1985 et 1986 (1). Ces rapports contiennent mon jugement sur le meme objet du télégramme de hier de V. E. (2) et ce jugement est fondé sur des renseignements confidentiels puisés aux sources les plus sérieuses. En attendant, je me suis borné aujourd'hui à dire à Bulow qu'il était désirable qu'avant la réunion du congrès aucune décision ne vint préjuger la situation actuelle des choses. On prétendait que le Cabinet prussien encourageait l'Autriche à occuper la Bosnie. Btilow m'a interrompu en disant « C'est à dire nous encourageons l'Autriche à se tenir tranquille».

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 233. Roma, 7 marzo 1878, ore 16,40.

M. de Haymerle a accompagné sa communication de ce matin (3) par la demande de la part du comte Andrassy si nous sommes disposés à entrer dans un échange d'idées avec le Cabinet de Vienne sur les points de vue les plus importants qui seront soumis au congrès. J'ai répondu que le Cabinet de vienne n'avait qu'à prendre lui-meme l'initiative de cet échange de vues dans lequel nous le suivrions bien volontiers.

(l) -Cfr. nn. 547 e 555. (2) -Cfr. n. 576. (3) -Cfr. n. 583.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN E AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 234. Roma, 7 marzo 1878, ore 17,30.

Ce matin l'ambassadeur d'Autriche m'a fait une communication portant que le Cabinet de Vienne retire sa proposition de conférence à Baden et nous propose d'adhérer au projet d'un congrès des ministres dirigeants à Berlin, dont l'Allemagne enverra les invitations dès que l'assentiment des grandes Puissances sera acquis à ce projet.

J'ai répondu que l'Italie acceptait le projet du congrès à Berlin, mais quant à l'intervention du ministre dirigeant de nostre Cabinet j'ai diì faire une réserve en vue de circonstances spéciales du Ministère.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 235. Roma, 7 marzo 1878, ore 23,55.

Je pense qu'il ne serait pas sage de refuser d'intervenir au congrès de Berlin. On ne laisserait les trois Cours impériales que plus libres de régler à leur gré la situation de l'Orient. Le sort de la Pologne pourrait dès lors étre réservé à l'Empire turc en Europe. Nous désirons tout autant que lord Derby une paix solide. Il faudra à cet effet concentrer nos efforts pour écarter les projets pouvant créer dans le monde slave un antagonisme d'intéréts entre la Russie et l'Autriche. Ce n'est qu'à cette condition, à notre avis, qu'on peut espérer d'épargner à l'Europe de vastes et prochaines complications. Nous aussi nous portons notre attention sur les pays africains de l'Empire Ottoman. Le désordre financier en Egypte ne nous étonne pas. Nous l'avions prévu. Il est, cependant arrivé à ce degré où des mesures efficaces sont devenues urgentes. Si on ferait une enquéte, il est du plus haut intérét qu'elle ne puisse donner lieu à de nouvelles équivoques et à des erreurs dont les trop crédules capitalistes finissent toujours par payer les frais. C'est là pour les Puissances une question de moralité. Vous pouvez dire à lord Derby que toute ouverture venant de l'Angleterre au sujet de l'Egypte, de Tripoli et de Tunis nous trouvera préts à entrer dans un échange de vue confidentiel dont la conformité des intéréts italiens et anglais nous fait espérer un bon résultat.

SOl

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1995. Berlino, 7 marzo 1878 (per. il 14).

Dans mon entretien de ce jour avec M. de BUlow, je lui ai dit qu'un congrès tenu à Berlin serait d'un bon augure pour l'reuvre de la diplomatie. Le Prince de Bismarck, intéressé plus que jamais dès lors à la réussite, continuerait ses efforts dans un but de conciliation et saurait prévenir par son esprit éminemment pratique que les discussions se prolongent au delà du terme strictement nécessaire. Il saurait également s'employer à éviter autant que possible des débats irritants, qui pourraient compromettre le maintien de la paix générale. Il fallait aussi espérer, que, dans l'intervalle qui nous sépare de la réunion des plénipotentiaires, rien ne vint préjuger le status qua en Orient, en dehors du moins des préliminaires de paix signés entre la Turquie et la Russie. Il était regrettable sous ce rapport de constater que l'Autriche s'apprete à occuper la Bosnie, l'Herzégovine, et peut-etre aussi une partie de l'Albanie. Un de ses arguments favoris serait la nécessité de fortifier la Dalmatie, en donnant à ce territoire une profondeur qui lui manque. L'application d'une semblable théorie amènerait de graves conséquences et conduirait mème à l'absurde. Chaque Etat voisin d'un Pays imbu de telles doctrines, aurait à se mettre sur ses gardes. Chaque conquete, chaque acquisition territoriale, devrait ètre assurée par un pas de plus en avant, et cela d'une manière presque indéfinie là où les frontières naturelles font défaut. Si c'est à quoi vise le Cabinet de Vienne vers l'Orient, il se ménage peut-ètre d'agir de mème vers certains points de ses frontières du còté de l'Allemagne. Il serait de bonne politique de se rappeler le principiis obstat, au lieu de l'encourager comme on le fait, ainsi que l'on prétend, de Berlin, à entrer dans cette voie en occupant la Bosnie et l'Herzégovine.

M. de Btilow le niait, en ajoutant: << nous encourageons bien plutòt l'Autriche à se tenir tranquille».

Pour ce qui nous concernait, j'ai dit que nous aurions tous les motifs de trouver au moins inconséquent le mode d'agir du Cabinet de Vienne. Vers la fin de Janvier, il nous invitait à nous joindre à lui pour déclarer à St. Pétersbourg, que toutes les questions qui dans le conflit turco-russe intéressent l'Europe, notamment les modifications territoriales, ne pourraient ètre résolues qu'avec le concours des Puissances signataires des Traités de Paris et de Londres. Sans consentir à faire une démarche directe auprès de la Cour de Russie, nous n'avions pas moins pris acte des déclarations de l'Autriche. Elles rentraient d'ailleurs dans notre programme, qu'aucun changement de territoire dans la Turquie d'Europe ne doit s'effectuer au profit d'une des Grandes Puissances.

Je me suis borné à ces considérations. Je n'ai fait entre autres aucune allusion à votre télégramme du 6 (l) pour ce qui regarde les préparatifs mili

taires de l'Autriche et une mobilisation qui comprendrait aussi des troupes à placer en observation vers nos frontières. Si une telle énormité se produisait, il va de soi que nous devrions dénoncer à l'Europe ces procédés provocateurs, et y répondre par une mesure analogue. La Maison de Savoie n'a jamais tremblé devant les menaces, ouvertes ou déguisées, de l'Autriche. Au reste, j'en reviens toujours à mon dire, que mieux aurait valu nous expliquer nettement avec le Cabinet de Vienne. Quand chacun saura que nous comptons avant tout sur nous memes, on comptera certainement davantage avec nous.

Je ne puis que me référer à mon rapport n. 1988, en date du 2 courant (1).

(l) Cfr. n. 576.

586

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS (2)

R. CONFIDENZIALE 128/22. Londra, 7 marzo 1878 (per. l'11).

Col mio telegramma di ieri (2) io diedi all'E. V. un sunto della conversazione ch'io ebbi con Lord Derby relativamente alle Finanze dell'Egitto. Questa quistione preoccupa assai il Gabinetto Britannico, e pare certo che egli ne prenderà argomento per ingerirsi direttamente in quell'amministrazione, imperocché il Conte di Derby mi disse che ravvisava necessaria un'inchiesta per indagare quali erano i mezzi dell'Egitto ed il modo con cui dovevano essere regolate le spese di quel Governo.

Il Foreign Office non pare disposto ad ammettere che i Signori Goschen e Joubert s'ingeriscano in una tale inchiesta, * perché troppo personalmente interessati in quell'affare. Anzi il Conte di Derby mi disse che si supponeva che il Signor Goschen, membro influentissimo del partito whig nella Camera dei Comuni, avesse compromessa la sua fortuna in ispeculazioni sui fondi Egizii *.

L'Austria si preoccupa, ugualmente, delle finanze del Kedive * ed io ebbi in proposito un lungo colloquio col conte di Beust, che venne appositamente a casa mia per parlarmene *.

Le informazioni ch'egli mi comumco coincidono con quelle contenute nel rapporto del Comm. De Martino, del 18 gennaio p.p. (3), comunicato a questa Ambasciata con Dispaccio Ministeriale del 9 febbraio p.p., serie politica n. 351 (3). Io seppi poscia * dal Conte di Beust ''' che il Kedive aveva finito per accogliere l'inchiesta, tanto per le rendite che per le spese. e che vi si sarebbe fatto rappresentare dal Colonnello Gordon e dal Signor Lesseps.

L'opinione del Foreign Office è sempre che più del 4 % il Kedive non potrà pagare. Bisogna dire che Lord Derby fu costante in questo pensiero, come si può scorgere dai primi rapporti ch'io ebbi l'onore di rassegnare a codesto Ministero nel 1876, quando io presi possesso dell'attuale mia carica.

(-4) Non pubblicato.

Poiché io mi trovo sull'argomento dell'Egitto, debbo chiamare l'attenzione di V. E. sulla risposta che mi diede Lord Derby, intorno alle condizioni future dell'Egitto, e che io accennai in un altro mio telegramma di ieri (1). Nella mia conversazione, io cercai di fare spiegare il Conte Derby sulla posizione che, d'ora in avanti, sarebbe fatta all'Egitto di fronte alla Turchia, che, in seguito alle sue sconfitte, era divenuta, di fatto, vassalla della Russia, la quale ultima Potenza avrebbe, in tal modo, potuto esercitare la sua influenza sopra tutte le provincie africane del Mediterraneo, che tuttora riconoscono il Sultano come loro Sovrano feudatario (Suzerain). Egli mi rispose che certamente la quistione meritava di essere esaminata ma che, ad ogni modo, non si sarebbe mai potuto ammettere l'ingerenza della Russia nel Governo di quelle provincie. In un'altra conversazione, portai l'attenzione di Lord Derby sulla ferrovia, testè decretata che deve unire il Tunisino all'Algeria, e che indica una tendenza sempre più manifesta della Francia a fare l'annessione di quel Pascialato (vedi il Dispaccio Ministeriale del 22 febbraio 1878 serie politica n. 360) (2). Il Conte di Derby, al contrario di ciò che mi esternava parecchi mesi sono, intorno ad una tale tendenza, sembrò non badarvi e non darvi importanza alcuna, forse perché i «British interests » non vi sono direttamente impegnati. Ma non si deve dimenticare che, quantunque l'Inghilterra abbia dichiarato alla Francia che dessa non intende impadronirsi dell'Egitto, vi ha un partito, molto potente, che vi spinge il Governo come a cosa che deve compensare la Gran Bretagna dell'abbassamento da essa sofferto per effetto dei trionfi della Russia.

Il Times di quest'oggi pubblica, in proposito, una conversazione avuta dal suo corrispondente con un uomo di Stato il quale riconosce che il dominio assoluto dell'Inghilterra sull'Egitto è divenuto oramai una necessità ineluttabile, alla quale le altre Potenze, la Francia compresa, dovranno adattarsi.

Epperciò non sarebbe da meravigliare che per compenso, (pour fiche de consolation), l'Inghilterra abbandonasse la Tunisia alla Francia, come la Russia e la Germania abbandonarono, (come pare certo), la Bosnia e l'Erzegovina all'Austria.

(l) -Cfr. n. 557. (2) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi, in LV 26, pp. 189-190. (3) -T. 493, non pubblicato.
587

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 503. Vienna, 8 marzo 1878, ore 17,30.

Je prie V E. de soumetre à Sa Majesté qu'il me semblerait convenable qu'Elle se fit représenter aux funérailles du père de l'Empereur par S.A.R. le due d'Aoste. Si puis le Roi ne croyait pas opportun d'envoyer son frère, je croirais mieux que Sa Majesté me délègue moi pour la représenter par un télégramme qu'Elle m'adresserait en clair. C'est ainsi que d'autres grandes Cours ont agi ici dans

des circonstances analogues. Du reste V. E. pourrait s'informer immédiatement par Launay y ce que fera la Cour de Berlin. L'enterrement aura lieu, à ce qu'il parait, dans 4 jours.

(1) -Cfr. n. 577. (2) -Non pubblicato.
588

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 507. Londra, 9 marzo 1878, ore 11 (per. ore 13,35).

Hier le comte Derby m'a informé que le Cabinet de Saint James avait accepté la conférence de Berlin quoiqu'il efi.t préféré Bade, mais il exige qu'avant la convocation de la conférence on lui communique le texte authentique du traité de paix qui est jusqu'à ce jour encore inconnu. Derby a déclaré officiellement que l'Angleterre n'admettait aucune stipulation contraire aux traités antérieurs, à moins qu'elle ne soit discutée et approuvée par !es Puissances signataires des dits traités. Il sera fait en outre d'autres réserves, s'il à a lieu. Derby n'assistera pas à la conférence. Je sais d'autre part que la France a accepté la conférence mais avec des réserves déclarant qu'elle se bornerait à discuter la question qui a fourni prétexte à la guerre, et que, en dehors de cela, elle écarterait toute autre ayant trait à la solution générale de la question orientale. Conformément au télégramme de V. E. en date de hier (1), j'ai commencé à entretenir Derby sur !es affaires de l'Egypte de Tripoli et de Tunis. Il m'a dit qu'il voyait que l'Italie et l'Angleterre avaient des intéréts communs dans la Méditérranée et qu'il échangerait volontiers des idées à ce sujet. Il se réservait de m'entretenir une autre fois de ces questions.

589

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 511. Parigi, 9 marzo 1878, ore 14,45 (per. ore 15,50).

J'ai eu ce matin un entretien avec le ministre du commerce au sujet de notre nouveau traité. Il m'a confermé que la commission avant !es Chambres, dans laquelle il y a de manifacturiers de coton et de fer, voulait renvoyer l'examen du traité après l'adoption du nouveau tarif général, mais sur son intervention personnelle elle a décidé par sept voix contre quatre d'entreprendre cet examen dès à présent. Toutefois le ministre pense qu'il ne sera pas possible d'obtenir l'approbation du traité par !es deux Chambres dans le courant de mars et qu'il faudra proroger le traité existant encore pour deux mois.

(l) Cfr. n. 584.

590

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 515. Berlino, 9 marzo 1878, ore 22,23 (per. ore 1,15 del 10).

L'Empereur d'Allemagne envoie Léopold prince héréditaire de Hohenzollern pour assister mardi à 4 heures aux funérailles du père de François Joseph (1). Le courrier de Cabinet vient d'arriver. J'ai vu Biilow. J'ai l'impression que l'idée de l'occupation de la Bosnie a perdu du terrain. Au moins Bi.ilow exprimait sa manière de voir personnelle que l'Autriche si elle avait voulu agir, aurait dfl s'y prendre plutòt. Il pensait dès lors que cette question ne serait pas préjugée avant le congrès. Le choix de Berlin est accepté par toutes les Puissances. On attend maintenant avant de le convoquer que le Cabinet russe propose date de réunion. Je vous ai demandé un nouveau dictionnaire de chiffre. Veuillez me renvoyer.

591

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 238. Roma, 9 marzo 1878, ore 22,30.

Ce soir part pour Vienne S.A.R. le prince Amédée pour assister aux funérailles du père de l'Empereur. Veuillez porter cette décision à la conna,issance du Gouvernement impérial. Sa Majesté a télégraphié hier au soir directement à l'Empereur pour lui exprimer dans les termes les plus affectueux la part qu'Elle prend au deuil de la famille impériale.

592

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO. DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 239. Roma, 9 marzo 1878, ore 23,55.

Les divisions qui se sont acceptuées ces derniers jours dans le parti qui a appuyé pendant deux ans le Ministère, ont conseillé le Cabinet tout entier à offrir sa démi:ssion. Le Roi a réservé sa décision.

Dans la situation présente nous pouvons avoir la certitude que la politique étrangère de l'Italie ne déviera pas de la. voie dans laquelle nous nous sommes appliqués à la maintenir jusqu' à ce jour. Je compte sur votre coopération pour éviter que cette crise qui a sa seule cause dans des difficultés intérieures du parti qui a la majorité dans la Chambre ne soit exploitée pour diminuer la confiance que notre Gouvernement a le droit d'inspirer au moment où vont s'ouvrir !es pourparlers préliminaires du congrès.

(l) Depretis aveva richiesto informazioni in proposito con t. 237, pari data.

593

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 240. Roma, 10 marzo 1878, ore 11.

Un engagement sérieux a eu lieu entre !es troupes impériales et les insurgès de l'Epire aux environs de Santi Quaranta. Un vapeur britannique ayant voulu embarquer les familles des insurgés et les blessés en a été empéché par les forces turques. Le fait a créé la plus vive agitation à Corfou. Les consuls convoqués par leur collègue ottoman contre lequel l'excitation du public était des plus vives, ont conseillé ce fonctionnaire à partir à bard du vapeur anglais et à se rendre sur les lieux pour arrèter l'effusion du sang.

Je viens de signaler au consul du Roi à Janina cet état de choses et de lui prescrire de faire entendre au Gouverneur de l'Empire la nécessité de contenir la repression des mouvements insurrectionnels dans des limites qui n'offensent par les sentiments de l'humanité. Veuillez fa,ire le plus tòt possible une communication dans ce sens à la Porte. Vous pouvez dire que le Gouvernement du Roi est vivement et douloureusement ému des nouvelles qu'il reçoit des provinces turques de l'Adriatique. L'extermination et la dévastation complète du pays des Myrdites, ne nous laisse malheureusement que très peu d'espoir que la repression en Eplre ne soit pas également cruelle et sanglante. Faites observer que nous ne pourrions pas absolument rester indifférents à ce qui se passe, pour ainsi dire, sous nos yeux.

594

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 516. Pietroburgo, 10 marzo 1878, ore 14,30 (per. ore 15,30).

Aujourd'hui il y a eu cercle diplomatique au palais à l'occasion de l'anniver&aire de la naissance du grand due héritier. J'ai profité de cette occasion pour assurer l'Empereur que la crise ministérielle n'a d'autre cause que les questions intérieures, et qu'elle ne touche nullement la politique étrangère de l'Italie.

L'Empereur m'a chargé de faire parvenir au Roi ses remerciements pour l'accueil bienveillant que Sa Majesté a fait au général Glinka et a exprimé ses voeux pour une prompte solution de notre crise intérieure.

595

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 517. Vienna, 10 marzo 1878, ore 14,30 (per. ore 16,10).

J'ai donné à Orczy explication que V. E. m'a mandée à propos de la crise ministérielle (1), accentuant qu'elle ne pouvait avoir influence sur la politique étrangère dans la situation actuelle de l'Europe. Dans sa réponse il a laissé percer appréhension que le résultat doit amener au pouvoir parti d'une nuance plus avancée. Naturellement je n'étais pas dans le cas de donner éclaircissements à ce sujet. Je me suis borné de mettre en évidence que le nouveau Ministére, quel qu'il fut, ne pouvait suivre une politique différente de celle suivie jusqu'à présent par le Ministère présidé par V. E., politique qui ne peut que procéder d'accord avec celle du Cabinet impérial. Orczy m'a dit que pourparlers continuent avec Pétersbourg pour fixer époque qu'on espère pouvoir ètre encore pour un jour de ce mois-ci.

596

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 242. Roma, 10 marzo 1878, ore 23,45.

A la demande de l'Angleterre que toutes les conditions du traité de la Russie avec la Turquie soient soumises au congrès, le prince Gortchakow a répondu que le Cabinet impérial a déjà consenti à ce que les questions d'intérèt européen soient discutées dans le congrès et qu'il ne saurait aUer au delà. Il nous est difficile de mesurer la portée de cette réponse du prince Gortchakow. Nous aimerions à connaitre les questions que la Russie considère comme étant d'intérèt européen. Dans ce nombre comprendrait -on toutes les questions antérieurement réglées par les actes internationaux aux quels ont pris part les Puissances?

(l) Cfr. n. 592.

597

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A VIENNA, DI ROBILANTE ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. Roma, 10 marzo 1878.

Stimo utile di comunicarle, qui acchiuso, un rapporto del R. Ministro in

Atene Cl), dal quale appariscono gli intendimenti che colà sembrano ora pre

valere, così nelle sfere governative, come presso la pubblica opinione.

Benché non si conoscano ancora testualmente le condizioni della pace preliminare testè stipulata tra la Russia e la Turchia si sa oramai che nelle trattative di Santo Stefano non sarebbe stata presa in considerazione la situazione della Grecia. Ciò stante, v'ha qualche Gabinetto che si proponga d'introdurre questa quistione davanti la Conferenza? Ed in caso affermativo quali proposizioni verrebbero fatte? Queste sono domande sulle quali, se non ci è dato di avere risposte categoriche, vorremmo almeno avere delle impressioni circa le disposizioni eventuali dei singoli Gabinetti.

598

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 548. Roma, 10 marzo 1878.

Il rapporto dì Lei in data del 1° di questo mese n. 807 (2), mi è pervenuto quando già Le era stato spedito il mio dispaccio del 2 (3), recatole dal corriere Anielli.

Sono grato assai all'E. V. delle indicazioni fornitemi, le quali giovano sempre meglio a chiarire la situazione. Esse però non sono tali da modificare le nostre impressioni. Queste, anzi, ne ricevono nuova conferma. Noi non possiamo vedere senza inquietudine i preparativi militari che si vengono facendo in Austria-Ungheria. Se essi hanno uno scopo, non può che connettersi con disegni tali, i quali sarebbero, ad ogni modo, diretti a turbare le condizioni di equilibrio tra i due Stati.

36 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

(l) -R. 131 del 27 febbraio, non pubblicato: preparativi militari clelia Grecia e atteggiamento bellicoso dell'opinione pubblica. (2) -Cfr. n. 549. (3) -Cfr. n. 554.
599

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 244. Roma, 11 marzo 1878, ore 13.

Une dépéche Havas d'Athènes annonce que Derby a fait notifier officiellement par Wyndham son adhésion à l'admission de la Crèce au congrès. Je prie V. E. de me dire ce qu'il y a de vrai dans cette nouvelle.

600

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 523. Pera, 11 marzo 1878, ore 17,26 (per. ore 19,25).

Je viens de faire au ministre des affaires étrangères communication conforme au télégramme de V. E. du 9 (l). S. E. apprécie vos observations. Elle est aussi de l'avis de la modération, et agira dans ce sens. Mais elle se plaint que ce sont des officiers démissionnaires de l'armée grecque qui organisent et commandent les bandes insurgées. Quant à l'occupation de la Bosnie et de l'Herzégovine de la part de l'Autriche, on n'a reçu aucunne communication à ce sujet ni à la Porte, ni à l'ambassade autrichienne, mais si les trois Gouvernements impériaux tombent d'accord là dessus, la Turquie n'a désormais aucun moyen de s'y opposer.

601

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 524. Londra, 11 marzo 1878, ore 18,32.

Derby que je viens de voir a accueilli avec faveur l'assurance que d'après le télégramme de V. E. en date d'hier (2) je lui ai donné que malgré la démission donnée par le Ministère de V. E. la politique étrangère de l'Italie ne déviera pas de la vaie qu'elle a suivi jusqu'ici.

Le Foreign Office n'a pas encore reçu la réponse du prince Gortchakoff

annoncé par le télégramme de V. E. d'aujourd'hui (3). Comte de Schuwaloff

parait en avoir reçu une qu'il dit entièrement négative. Il doit avoir télégraphié

{2) Cfr. n. 592.

pour en avoir une moins absolue. Il parait qu'il recevra celle indiquée par V. E. Derby déclare que c'est à la conférence et non pas à la Russie seule de désigner les questions qui ont un caractère européen et qui par conséquent doivent ètre soumises à l'examen des Puissances. L'Autriche est toujours l'objet des doutes de Derby. Il pense qu'Andrassy a fait par son discours une manoeuvre purement parlementaire pour obtenir des votes, mais il ne croit pas qu'il ait encore aucune idée arrétée sur ce qu'il doit faire, et qu'il hésite entre deux dangers: celui d'accepter dans les provinces turques une compensation qui irriterait la Hongrie et celui de la refuser ce qui le compromettrait auprès d'un parti puissant dans l'Empire. Derby m'a dit avoir notifié qu'il ferait son possible pour faire admettre la Grèce à la conférence; non pas sur le pied des autres Puissances, mais à cause de ses graves intéréts engagés dans la question actuelle. Il pense que dorénavant il faut opposer l'influence grecque à l'influence slave. Lyons est toujours désigné pour la conférence, mais il ne s'y rendra que lorsque les objets de la discussion seront connus, et auront été examinés. Il parait que telle est aussi l'opinion exprimée par le Gouvernement autrichien. Derby se réserve de me parler ultérieurement des questions que se rattachent à l'Egypte, Tripoli et Tunis. Aujourd'hui a eu lieu à Hyde Park un grand meeting des partisans de la paix, mais ils ont été de nouveau rossés par les partisans de la guerre. On n'attache pas une grande importance à ces démonstrations que l'on considère comme une manière de passer le dimanche. Cependant, il faut le dire, les idées belliqueuses se propagent dans la haute société.

(l) -Cfr. n. 593, !n realtà del 10 marzo. (3) -Non pubblicato.
602

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1998. Berlino, 11 marzo 1878 (per. il 18).

Les dépèches n. 639 et 640 (l), qui m'ont été apportées par le courrier Anielli, témoignent des préoccupations constantes du Gouvernement du Roi relativement à l'attitude de l'Autriche. Le jour méme de l'arrivée de ce courrier, ainsi qu'il résulte de mon télégramme du 9 courant (2), j'avais eu l'occasion d'entretenir M. de Btilow sur les dangers qui naitraient pour le Cabinet de Berlin, si sa politique devait avoir pour effet de renforcer les Slaves dans la Monarchie des Habsburg. On contribuerait par là à favoriser les aspirations des adversaires de l'Allemagne et à s'aliéner du méme coup les éléments amis qui luttent déjà avec peine pour résister à la marée montante d'une race dont les regards se tournent de préférence vers St. Pétersbourg que vers Vienne et Berlin. J'ai une fois de plus développé toutes les raisons qui doivent conseiller au Comte

Andràssy de ne rien préjuger quant à la Bosnie et à l'Herzégovine, au moment surtout où se préparait la réunion d'un congrès.

Le Secrétaire d'Etat exprimait la manière de voir personnelle que si le Cabinet de Vienne avait voulu procéder à une occupation, il s'y serait pris plus tòt, et dès lors S. E. pensait que cette question ne serait pas préjugée avant le congrès.

En effet les nouvelles parvenues ici sur les dernières séances des Délégations, sembleraient indiquer que la demande du crédit de 60 millions de florins ne vise qu'à procurer les réssources nécessaires pour une mobilisation éventuelle, mais non pour sortir hic et nunc d'une position expectante.

Au reste, nous avons déjà à maintes reprises exposé ici comment nous envisagions cette question. Nous n'avons jamais caché la mauvaise impression et les regrettables conséquences que produirait en Italie, dans ses rapports avec l'Allemagne, ce que nous ne manquerions pas de considérer comme un véritable écart de nos intérets mutels. Ni le Prince de Bismarck, ni de Btilow ne peuvent prétexter de leur ignorance à cet égard. Les télégrammes du Ministère et de cette Ambassade, de mème que leur correspondance sont là pour prouver que souvent nous sommes venus à la charge.

Dans mes derniers rapports, j'ai signalé le plan de conduite qu'il nous convenait maintenant de suivre, et je ne puis que m'y référer.

(l) -Cfr. n. 544; il d. 640 non è pubblicato. (2) -Cfr. n. 590.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2000. Berlino, 11 marzo 1878 (per. il 18).

Pour se rendre compte de la véritable portée de la déclaration anglaise à laquelle se réfère mon rapport précédent n. 1999 (l), il faudrait savoir si le Cabinet de Londres entend faire une condition sine qua non de la compétence du Congrès à délibérer sur la teneur complète et intégrale du traite Turco-russe. Si sa ùémarche implique vraiment cette arrière-pensée, et que la Russie persiste dans son refus, c'est là un symptòme des plus fàcheux. La réunion du Congrès deviendrait alors problématique, et la crise recommencerait de plus belle. Le Cabinet de St. Pétersbourg ne déclinera pas sans doute d'indiquer quelles sont à son avis les clauses qui touchent aux intérèts européens et celles qui ne concernent que ses propres intérèts avec la Turquie. Mais la ligne de démarcation n'est pas facile à fixer, et surtout à faire accepter. A St. Pétersbourg on considère entre autres l'indemnité de guerre, comme un point réservé aux anciens

belligérants, mais il est évident que, si une partie de cette indemnité doit etre reçue en nature, c'est à dire en territoire, la question prend un autre aspect, et légitime une entente préalable entre les autres Puissances.

S'il est assez malaisé d'établir d'avance un accord sur les bases générales du Congrès, les délibérations menacent fort de devenir un véritable guepier quand le:, plénipo1Jentiaires aborderont les questions épineuses qui leur seront soumises. Je ne veux pas prétendre pour autant que la guerre en surgira immédiatement. Je suis plutòt enclin à croire qu'il en sortira une de ces situations que le Prince de Bismarck désignait sous le nom d'« embourbement », (« Versumptung ») pour en dépeindre tous les dangers. L'Angleterre, l'Autriche et la Russie, en admettant meme qu'on aboutisse à un replatrage, rentreront sous leurs tentes, le coeur ulcéré et plein d'amertume, et se prépareront, aussitòt que faire se pourra, les deux premières pour repousser les empiètements de la Russie, et celle-ci pour consolider le résultat de ses victoires.

Une telle situation, surtout si elle se prolonge, ne saurait déplaire au Prince de Bismarck. Il a fait preuve de condescendance vis-à-vis de ses deux alliés, en tcnant entre eux un certain équilibre. Il a consenti au choix de Berlin, comme lieu de réunion de l'Aréopage. Son bon vouloir est acquis à une médiation, aux idées les plus conciliantes. Mais, se l'oeuvre de la diplomatie échoue une fois encore, et que l'Europe tombe dans un bourbier où les Puissances intéresséss s'observent avec défiance et le fusil au bras, tout péril d'une coalition avec la France contre l'AUemagne est ajourné pour longtemps encore. L'Empire Allemand suffit dès lors à lui seui, pour tenir cette Puissance en échec. Il n'aura nullement à redouter dans cet intervalle, comme en 1875, que la Russie ou l'Angleterre ne viennent mettre le holà contre des projects éventuels de devancer au besoin les velléités de revanche de certains partis au delà du Rhin. Et en attendant l'Europe sera trop occupée dans d'autres directions, pour s'aviser de troubler l'organisation intérieure, la consoli:dation de l'Allemagne.

Je voudrais me tromper mais il me parait qu'il est permis de se montrer pessimiste, dans les conditions actuelles de notre continent. Il me semble aussi que, dans la mesure que comportent nos finances, et meme en nous endossant de nuuveaux sacrifices, nous ne devons rien négliger pour tenir nos forces de terre et de mer, ainsi que nos fortifications, sur un pied qui impose à nos adversaires, et fasse rechercher notre alliance, dans les combinaisons qui peuvent surgir.

Il est vraiment fàcheux que, dans des circonstances aussi sérieuses, nous soyons en pleine crise ministérielle. Pour mon compte, je regretterais si les difficultés intérieures dans le parti qui a la majorité à la Chambre, amenaient la retraite de V. E. qui jouit dans le pays comme à l'étranger d'une considération si bien méritée. Peu avant d'avoir entre les mains la recommandation contenne dans votre télégramme d'hier (1), j'avais déjà prémuni le Cabinet de Berlin contre toute supposition qui viserait à laisser croire que notre politique étrangère puisse dévier de la voie tracée par ses sympathies et par ses intérets.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 592.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1071. Costantinopoli, 11 marzo 1878 (per. il 19).

La sera del 6 del presente ebbi l'onore di ricevere i1. telegramma (l) che V. E. si compiaceva rivolgermi poco innanzi allo scopo di significarmi trattarsi seriamente dell'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina da parte dell'Austria; avessi a fornirle qualche ragguaglio sulla impressione prodotta a Costantinopoli da quella notizia.

Io non indugiai a fare colla debita prudenza quelle indagini che per me si potevano più diligenti affine di mettermi in grado di rispondere adeguatamente alla domanda mossami dall'E. V. Ed esse mì diedero per risultato che nessuna comunicazione fu fatta sinora alla Sublime Porta sull'eventualità in discorso; né essa ebbe quindi a prenderla in considerazione. L'E. V. conosce d'altra parte le gravi preoccupazioni che nei passati giorni pesarono sulla Sublime Porta la quale aveva a fare immani sforzi per difendersi per quanto le era concesso dalle dure esigenze del vincitore. Non le rimaneva né il tempo né la lena di occuparsi delle perdite che sarebbero per venire appresso. All'Ambasciata AustroUngarica s'intende bensì ripetutamente esprimere l'avviso che quel Governo si troverebbe forse nella necessità di occupare la Bosnia e l'Erzegovina, ma non mi sembra che finora essa abbia ricevuto alcuna istruzione in proposito, ed ho anzi delle ragioni per credere che le impressioni di quella fossero tratte piuttosto dai loro giornali o dalle corrispondenze private che da comunicazioni del rispettivo Governo. Né la stampa di questo paese ha fatto alcuna menzione di quella eventualità. Di quello sarà per venire a mia conoscenza sull'importante argomento darà pronta contezza all'E. V.

E quanto al merito della questione io non potrei veramente che ripetere le cose che scrissi al R. Ministero pel rapporto n. 558, Confidenziale, del 15 Gennaio 1877 (2). Il Governo Russo ed in modo speciale il Generale Ignatiew, fecero buon viso alle nostre osservazioni allo scopo di far pesare sull'AustriaUngheria una minaccia che la rendesse più sommessa alle loro volontà. Ma io son d'avviso che, nel fatto, la Russia, fin da quando mandava il Generale Soumarokow a farne la formale proposta a Vienna, non cessò d'incoraggiare l'Austria a quell'occupazione. imperocché le conviene più avere il vicino Impero per complice che per nemico. Per un precedente rapporto ebbi l'onore di riferire all'E. V. una allusione che il Generale Ignatiew faceva meco circa l'eventualità di cui si tratta, e che egli diceva aver cercato di evitare lasciando una striscia di territorio tra il Montenegro e la Serbia. Ma m'è noto che con altri egli tenne diverso linguaggio. Aggiungerò ora che in un secondo colloquio il Generale Ignatiew mi confidava che un mese addietro le relazioni tra la Russia e l'Austria Ungheria erano divenute sì tese che quella aveva preso in seria considerazione il progetto di attaccarla; per questa ragione lo Czarevich era stato richiamato al campo e s'intendeva invadere la Monarchia Austro-Ungarica per

due parti: ora però i due Governi Imperiali avevano scambiato delle spiegaZIOni in seguito alle quali era intervenuto un perfetto accordo tra di essi, ed a questo avevano grandemente contribuito le osservazioni fatte intendere a Vienna dal Governo germanico. S. E. non mi diceva su qual base quest'accordo fosse stato stabilito.

L'Ambasciatore di Germania non ha alcuna conoscenza riguardo alle probabilità dell'occupazione in discorso. Ma è mio debito di riferire all'E. V. che da suoi discorsi tenuti con altri appare esser egli alquanto propizio a quell'eventualità. La quale disposizione io attribuisco piuttosto al suo desiderio, che è pur quello del Governo Germanico, di veder mantenuto l'accordo dei tre Imperi che ad altre ragioni.

Questa questione ha dunque a trattarsi piuttosto a Vienna, a Pietroburgo ed a Berlino che a Costantinopoli. Quando i tre Governi Imperiali si fossero messi d'accordo sull'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina da parte dell'Austria, la quale occupazione significherebbe secondo ogni probabilità annessione, che potrebbe fare la Turchia? Quali misure potrebbe prendere per opporsi agli eserciti invasori dell'Austria-Ungheria? Anche in quell'eventualità la Turchia non potrebbe che sottomettersi alla legge del più forte.

Queste sono le considerazioni che si presentano nelle attuali condizioni di cose. Ma ci sono delle persone che sperano ancora nelle complicazioni Europee; la Turchia, dicono esse, è ora abbattuta ed impotente; le conviene subire momentaneamente la sorte del vinto, ma essa potrà in breve rimettersi; le sue risorse non sono esaurite; la Russia ha da restituirle 150.000 uomini, vi sono

60.000 uomini attualmente in Costantinopoli e dintorni, coll'aiuto di potenti alleati essa potrà rimettersi in sella. Né credo ingannarmi allegando che siffatte allusioni sono fino ad un certo punto mantenute da taluni Rappresentanti di Potenze Estere.

(l) -Cfr. n. 573. (2) -Cfr. Serie Il, vol. VIII. n. 64.
605

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 527. Vienna, 12 marzo 1878, ore 15,28 (per. ore 16,55).

Dans la séance de la commission du budjet des délégations de l'Hongrie Andrassy a dit hier qu'une occupation de la Bosnie et de l'Herzégovine n'a jamais èté un but ni intention du Gouvernement autrichien. Cela ne l'est pas non plus aujourd'hui, et cela ne le sera pas non plus dans l'avenir, aussi longtemps que notre propre sécurité ne sera pas menacée par ces pays là. Il croit pouvoir considérer cette mesure comme définitivement écartée. Dans la délégation de l'Autriche il a dit << les relations avec l'Italie sont tout à fait différentes et devenues meilleures que par le passé ».

606

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 246. Roma, 12 marzo 1878, ore 23,50.

Ressman mande (l) que la condition sous laquelle Waddington consent à se rendre au congrès de Berlin contient l'exclusion non seulement de toute question de politique occidentale, mais aussi de toutes les questions se référant à la Syrie, aux lieux saint.s et à l'Egypte. Le ministre des affaires étrangères de France a dit à M. Ressman que le Gouvernement auprès duquel vous etes accrédité a adhéré à cette condition. Veuillez m'informer de ce que vous apprendrez à ce sujet.

607

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2002. Berlino, 12 marzo 1878 (per. il 18).

Voici ce que j'apprends aujourd'hui d'une personne jouissant de la confìance du Prince de Bismarck et qui avait eu hier avec Son Altesse un long entretien.

Le Chancelier se montrait plus que jamais préoccupé des embarras de la situation. Si la paix avait été conclue entre la Russie et la Turquie, la paix européenne n'était encore nullement garantie. Les répugnances du Cabinet de Berlin à donner son assentiment au choix de cette capitale pour le siège du Congrès, avaient été éca,rtées par des instances très vives, en premier Ueu de la part du Tsar, et ensuite du còté de l'Empereur François-Joseph. Le Prince de Bismarck ne renonçait pas à l'espoir d'un accord entre l'Autriche et la Russie. Celle-ci l'avait fortement engagé à exercer une pression à Vienne, pour qu'on ne soulevàt aucun obstacle aux arrangements pris à San Stefano. Celle-là demandait au contraire que, par son entremise, l'Allemagne s'appliquàt à modérer les prétentions du vainqueur. L'une et l'autre demandaient meme au Prince de leur conseiller la meilleure voie à suivre. Mais il se gardera bien de peser, soit à Vienne, soit à St. Pétersbourg, et de donner un conseil quelconque qui engagerait sa responsabilité. Il s'attirerait immanquablement la mauvaise humeur de l'une ou de l'autre de ces Puissances. Cependant il ne pensait pas que, pour le moment du moins, il se produisit un esclandre dans leurs relations. Sur le premier plan, l'orage grondait à Londres. L'Angleterre, par sa dernière démarche, et surtout dans le cas où elle maintiendrait la demande que le traité intégral turco-russe fut soumis aux délibérations du congrès, risquerait

fort d'en rendre la réunion très problématique. Et méme si, dans de telles conditions on arrivait à convoquer cette assemblée, il serait assez malaisé d'aboutir à une solution qui mit l'Europe à l'abri de nouvelles secousses. Le Prince ne croyait pas néanmoins que du Congrès on passerait alors sans transition à des hostilités ouvertes entre la Russie et l'Angleterre. La Versumpjung se prolongerait pour un certain temps, jusqu'à ce que le Cabinet Anglais réussit à entrainer dans son orbite l'Autriche, et qui sait méme la France. C'est là un danger qu'il ne faut pas perdre de vue.

Il est bien tard maintenant pour chercher à contenir la Russie, ou pour lui faire rendre gorge. Il fallait s'y prendre avant le passage des Balkans, où le quos ego de l'Angleterre et de l'Autriche avait toutes les chances d'étre écouté. C'est l'Autriche surtout qui a manqué le coche (« den Anschluss versaument »). Elle pourrait encore néanmoins occuper la Bosnie et 'l'Herzégovine. Mais le Prince disait ne l'y avoir pas encouragée. Au reste, le Comte Andràssy n'est pas tout-à-fait à la hauteur de la position qu'il occupe. Ses allures incertaines et vacillantes en témoignent assez.

Son Altesse se déclarait en outre sans données assez positives pour comprendre toute la portée de la clause -si tant est qu'elle fut entièrement exacte -, insérée dans les préliminaires de la paix de San Stefano, à savoir qu'une lande de terrain a été maintenue entre la Serbie et le Monténégro. N'était-ce que pour mieux séparer ces deux Principautés et pour maintenir la communication de la Bosnie et de l'Herzégovine avec la Roumélie? Pourquoi, au dire des journaux, les Tures font-ils marcher des troupes vers les Vilayets limitrophes de l'Autriche? Le Prince ne s'expliquait pas autrement. Peut-étre pensait-il que la Russie n'a plus aujourd'hui autant de motifs d'user de ménagements envers le Cabinet de Vienne, ou que du moins le Cabinet de St. Pétersbourg ne saurait susciter des entraves à qui s'applique à contenir une Puissance dont il a lieu de se défier.

Ces détails, qui m'ont été fournis très confidentiellement. renforcent le jugement que je portais dans mon rapport n. 2000 (1), sur la gravité de la situation.

J'ai déjà rapporté à V. E. dans quel sens le Cabinet Anglais avait accepté en principe les ouvertures du Comte Andràssy pour que le Congrès se tient à Berlin. Vous étes sans doute aussi informé, M. le Ministre, que le Cabinet de Versailles appréhendait qu'une pareille Assemblée pù.t se tmnsformer en une sorte d'aréopage appelé à sanctionner les changements faits dans ces dernières années, entre autres la conquéte de l'Alsace-Lorraine. Aussi son acceptation a-t-elle été accompagnée de la réserve, que le Prince de Bismarck n'a pas hésité à accueillir favorablement à savoir que le Congrès bornerait son activité au règlement des affaires orientales et des questions qui en découlent directement. Le Gouvernement Français colorait ses appréhensions, en ne mettant en avant si l'on en juge du moins par le langage du Comte de St. Vallier, que la nécessité d'écarter d'avance des questions camme celles des Lieux Saints, de la Syrie, de l'Egypte, etc. etc., qui n'ont pas été directement inscrites à l'ordre du

jour par les faits accomplis de date récente en Orient. Il mentionnait méme assez habilement le meme veto pour les questions occidentales de la Pologne et du Schleswig-Holstein.

Malgré les points qui, du moins selon la manière de voir de la Grande Bretagne, restent encore à régler avant le Congrès, le Cabinet de Vienne voudrait que la réunion fii.t fixée au 28 Mars, tandis que la Russie proposerait une date un peu plus éloignée, c'est à dire la fin de ce mois, ou mieux encore les premiers jours d'Avril. Ce ne sera que lorsqu'un accord aura été établi à cet égard, que le Cabinet de Berlin enverra les invitations offìcielles.

(l) Con t. 521 dell'll marzo.

(l) Cfr. n. 603.

608

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1075. Costantinopoli, 12 marzo 1878 (per. il 19).

Il testo dei preliminari di pace firmati a San Stefano è tuttavia tenuto segreto, e non sarà officialmente comunicato che dopo lo scambio delle ratifiche. Io già ebbi l'onore di .trasmettere all'E. V. un riassunto autentico per telegrafo e per la posta (l), ed ho oggi l'onore di farle tenere qui unito il testo stesso (2) che sono riuscito a procurarmi sotto promessa del più assoluto segreto. Aggiungo parimenti una Carta della Turchia d'Europa, sulla quale ho tracciato i confini del Montenegro, della Serbia e della Bulgaria, secondo la delimitazione descritta nell'Atto in discorso. V. E. sarà per tal modo in grado di farsi sin d'ora un'idea abbastanza esatta delle rispettive frontiere dei tre Principati. Colla comunicazione dei preliminari s'avanzano indi anche le re la ti ve carte.

Il Montenegro viene ingrandito almeno del doppio, e la sua popolazione da 120.000 abitanti si eleverà a 300.000 circa; ed acquista tutto il litorale da Spitza alla foce della Bojana.

Alla Serbia viene fatta un'aggiunta al mezzogiorno; ma all'occidente, per riguardo all'Austria-Ungheria, non le viene accordato che il piccolo territorio dello Swornik allo scopo di rettificare la frontiera lungo il thalweg della Drina.

Ma la questione che solleverà le più gravi osservazioni per parte delle altre Potenze e sopratutto dell'Austria-Ungheria è quella della Bulgaria. L'E. V. scorgerà come all'Occidente essa assorba buona parte della Macedonia, ed al mezzogiorno venga fino alle porte di Salonicco; costeggi il mare dal Karasu a Porto Lagos, passi a pochi chilometri al nord di Adrianopoli, discenda nuovamente fino ad oltre Lule-Bulgas (Araba Burgas) e raggiunga il Mar Nero a Hakim Tabi:asi. Questa Bulgaria comprende infatti circa la metà de~ territorio del'l'Impero in Europa, ed arriva fino ad 80 miglia circa da Costantinopoli, e costeggiando il Mar Egeo pel tratto sovramenzionato separa completamente per la via di terra la Capitale dalle provincie occidentali dell'Impero. Né le

vie di mare che rimangono sono agevoli. Essa giunge a IJochi chilometri da Salonicco, dimodoché questa città resta quasi isolata dal continente che le sta addietro; e la via di ferro che da essa volge al nord viene a trovarsi quasi interamente sul territorio de·l Principato. Seguono la Tessaglia e l'Epiro, e ad occidente confina coll'Albania. Se alla considerazione della frontiera V. E. aggiunge che l'organizzazione del Principato avrà a farsi sotto la direzione d'una Commissione Russa, ed in presenza di forze considerevoli appartenenti a quella Potenza, essa comprenderà di leggieri l'importanza delle questioni che la creazione del nuovo Principato sarà per sollevare in seno al Congresso.

Né m'allargherò a considerare la posizione che per questi preliminari é fatta alla Turchia. Esausta di forze, chiamata a soddisfare ingenti pesi, privata eziandio d'una parte del territorio che le resta, senz'ombra di credito, la sua esistenza non potrebbe essere più misera e precaria; né veramente si comprende come in quelle condizioni le provincie che si trovano ad occidente di Porto Lagos potranno a lungo appartenere all'Impero. Ed é assai probabile che il prossimo Congresso abbia ad occuparsi di queste eventualità.

Poco s'è parlato sinora dei candidati che potrebbero esser chiamati ad assumere le redini della nuova Bulgaria; ed io non intesi invero citare seriamente che il nome del Principe di Battenberg. figlio del Principe Alessandro di Hesse, e quindi nipote dell'Imperatrice di Russia. Egli è uffiziale al servizio della Germania, e fece la presente campagna in qualità di Addetto al Quartier Generale del Granduca Nicola.

(l) -Cfr. n. 579. (2) -Non si pubblica.
609

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. R. CONFIDENZIALE S. N. Lisbona, 12 marzo 1878.

Questo Ministro degli Affari Esteri si è compiaciuto leggermi confidenzialmente dispacci del Conte di Thomar ·nei quali l'Ambasciatore Portoghese a Roma rende conto in modo riservatissimo di due suoi colloqui il primo col Sommo Pontefice Leone XIII poco dopo la sua elezione, il secondo col nuovo segretario di Stato.

Sua Santità oltre gli argomenti d'interesse puramente portoghese terminò col dire: «Il faut tacher, dans l'intérét commun, d'établir et maintenir les bons rapports entre les Etats (au plurel) et le Saint Siège. Veuillez rapporter ces paroles à votre Souverain et à votre Gouvernement ». (sic)

S. E. il Cardinale Franchi confermando più esplicitamente le idee sopra espresse del Santo Padre, si mostrò animato da sentimenti i più concilianti. Unisco qui il testo del dispaccio Thomar del quale il Signor De Andrade Corvo mi ha lasciato amichevolmente prender copia. Il tenore di questo documento è troppo chiaro ed esplicito per farne i commenti.

Il Signor De Andrade Corvo crede, ed io divido la sua opinione che le parole del Papa e del Cardinale, i quali conoscono perfettamente la posizione del Conte Thomar e del Governo Portoghese presso la nostra Corte sieno specialmente indirizzate all'Italia sotto l'enveloppe àel Portogallo.

Il Ministro per gli Affari Esteri di S. M. Fedelissima scorge in questi primordi fausto presagio di una politica moderata nel nuovo Pontificato, e vivo desiderio di una conciliazione verso l'Italia, politica e desiderio che potranno utilmente svilupparsi a profitto nostro e di tutti se avvenimenti contrari non sorgono ad arrestarne il corso.

ALLEGATO

THOMAR A ANDRADE CORVO

(traduzione)

COMUNICAZIONE PERSONALE E RISERVATA. Roma, 6 marzo 1878.

Ieri ebbi l'onore d'inviare a V. E. il seguente telegramma: «Cardinale Franchi nominato Segretario di Stato di Sua Santità».

Oggi inviai egualmente a v. E. il seguente telegramma: «Ricevuto oggi amichevolmente dal Cardinale Franchi, spiegò sue intenzioni saranno in tutto il senso conciliativo. Sono pure tali le idee di Sua Santità. Con rapporto maggiori spiegazioni».

Fui sensibilissimo al modo nel quale mi ricevette nella mia prima visita il Cardinale Segretario di Stato e soprattutto per le spiegazioni che mi diede sul sistema che in tale qualità intende seguire. Fece prima la dichiarazione dei suoi principi conciliativi, provando che dalla guerra che esisteva fin ora fra i due poteri principali in Italia, e delle dissenzioni che pure esistevano fra la Santa Sede ed i Governi di altri paesi, non è risultato nessun bene per la Chiesa nè per gli Stati.

Disse che farebbe quanto sarebbe in suo potere per avvicinare e non per separare la Santa Sede dai Governi e che sperava, dalle reciproche concessioni che potrebbero farsi senza offesa dei principi, un gran beneficio per la Chiesa e per la Società.

Mi assicurò essere pure queste le idee di Sua Santità, perché se non fossero state tali, Sua Eminenza non avrebbe accettato lo spinoso incarico di Segretario di Stato.

Spiegò la ragione per la quale non erasi fatta la partecipazione ufficiale dell'elezione di Leone XIII al Re d'Italia. È un principio adottato da secoli dalla Santa Sede di fare soltanto quelle partecipazioni ai Governi riconosciuti dalla Santa Sede; per cui tali partecipazioni furono fatte agli Imperatori di Germania e di Russia benché fossero interrotte le relazioni diplomatiche, e non fu fatta la partecipazione al Governo di Spagna nell'occasione dell'elezione di Gregorio XVI perché in quell'epoca la Santa Sede non riconosceva il Governo Spagnuolo.

Disse che effettivamente la posizione dei due Governi in Roma era specialissima ma che dal lato suo, e conformemente alle idee di Sua Santità, farebbe tutto il possibile per avvicinare e non per separare.

Che il linguaggio dei documenti rilasciati dalla Santa Sede sarebbe moderato e che per evitare l'impiego di frasi che molte volte ferivano e con ragione il Governo Italiano, Sua Santità aveva già dispensato i Pellegrini dal fare discorsi. Difatti questi nei loro discorsi al Santo Padre impiegavano molte volte frasi che ferivano altamente il Capo dello Stato ed il Popolo Italiano.

Se fortunatamente si realizzerà tutto quanto mi disse il Cardinale Segretario di Stato, entreremo realmente in una nuova fase dalla quale possono risultare grandi benefici per la Chiesa e per la Società.

Scambiammo alcune frasi sul conflitto che cessò colla morte di Pio IX, o piuttosto colla ritirata del Cardinale Simeoni da Segretario di Stato. S. E. riconobbe che Simeoni non aveva proceduto regolarmente trattando con un Ambasciatore di S. M. Fedelissima, ma avendo il Governo di Sua Maestà aderito a che il Suo Ambasciatore cessasse le sue visite al Quirinale, era conveniente non lasciar traccia alcuna del conflitto, che dovevasi effettuare la restituzione delle rispettive note, e che il Cardinale Di Pietro sarebbe incaricato di terminare qust'affare nel modo già stabilito.

Terminò dicendo che renderebbe conto a Sua Santità della nostra conversazione e mi assicurò che ciò Le avrebbe cagionato il maggior piacere. Prendo la libertà di prevenire V. E. che la corrispondenza sul conflitto non può avere pubblicità, poiché ritirate le note, si suppone che non hanno esistito.

610

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 535. Berlino, 13 marzo 1878, ore 17 (per. ore 18,10).

L'ambassadeur de F'ranc:e a fait ici la communication que V. E. m'a télégraphié (1), mais sans mentionner les 3 points spéciaux, de la Syrie, de l'Egypte et des Lieux Saints. Btilow lui a répondu que le Cabinet prussien, pour ce qui le concerne, ne mettrait dans son programme rien qui fiìt ètranger à la question pour laquelle le congrès se rassemblera.

Btilow a Ueu de croire que sauf nouveaux incidents, on pourra expédier d'ici les invitations pour la fin du mais. J'ai parlé aussi à Btilow de la Grèce. Le Cabinet de Berlin n'invitera au congrès que les Puissances signataires du traité de Paris. Toutefois si le congrès méme voulait y admettre en outre quelque autre plénipotentiaire il aura à décider lui méme la question. Biilow ajoutait très confidentieHement que si le congrès voulait se prononcer pour l'admission d'un plénipotentiaire grec, l'Allemagne pour sa part ne ferait pas d'opposition. Il semble qu'il pourrait utilement s'y présenter sinon à rang égal avec les autres plénipotentiaires, du moins pour exposer les int(>réts de la Grèce. Je fais repartir ce soir Anielli pour Vienne.

611

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 536. Londra, 13 marzo 1878, ore 19,13 (per. ore 21,30).

Derby, que j'ai vu aujourd'hui m'a dit connaitre les conditions de la France, pour prendre part au congrès que V. E. m'a communiqué par son télégramme de cette nuit (1). Il n'a aucune objection à y faire, mais il ne pense pas qu'elle doive embarrasser les autres Puissances. L'Autriche qui avait servi d'intermédiaire entre la Russie et l'Angleterre ne semblant pas avoir

intrprété exactement les conditions de cette dernière, Derby a répliqué de nouveau assez vivement que la Russie devait comprendre que la condition absolue exigée par l'Angleterre pour prendre part au congrès, était que tous les articles du traité turco-russe fussent soumis au congrès qui désignerait lui méme les articles sur lesquels une discussion et une délibération devait avoir lieu. Derby attend encore la réponse de la Russie. Il m'a dit que la France adhérait à l'admission de la Grèce au congrès avec les restrictions que j'ai déjà indiques à V. E. dans mon précédent télégramme (1). La Russie ne s'y oppose pas d'une manière absolue, mais elle a fait des réserves assez vagues. Derby m'a répété qu'il désirerait s'entendre avec l'Italie pour les questions relatives à la Méditerranée et qu'il avait chargé Paget de faire à ce sujet des ouvertures à V. E. Il montre toujours la mème méfiance à l'egard de l'Autriche. Ici commence à se manifester une opinion contraire à la participation de l'Angleterre au congrès.

(l) Cfr. n. 606.

612

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 545. Pietroburgo, 14 marzo 1878, ore 15 (per. ore 15,50).

Le prince Gortchakoff m'a confirmé qu'il a répondu au Gouvernement français que son intention est de ne pas soulever questions de poiitique occidentale, ni celles de Syrie, des lieux saints et de l'Egypte. Gortchakoff a évité de m'expliquer ce que la Russie considère comme question d'intérét général. Il m'a dit que le traité sera publié et communiqué aux Puissances aussitòt ratifié, et alors tout le monde verra, si, et dans quelle mesure, il touche aux questions générales. Pour le moment je crois inutile d'insister auprès du chancelier. Il ne sera pas plus explicite avec nous qu'il ne l'a été envers les autres Puissances. Le général Ignatieff doit arriver ce soir.

613

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 250. Roma, 15 marzo 1878, ore 18,15.

Pendant que le Gouvernement de Sa Majesté reçoit de la part du Cabinet de Vienne et de Berlin des communications tendant à établir un accord des Puissances en vue d'une enquete sérieuse et efficace sur la situation financière de l'Egypte, il parait que l'Angleterre et la France font auprès du Gouvernement egyptien les démarches les plus pressantes pour l'amener à prendre des résolu

tions auxquelles les autres Gouvernements intéressés ne sont pas appelés à prendre la part, qui devrait leur étre réservée. Il y a à présent, camme par le passé, un danger réel de voir sacrifier aux intéréts des porteurs de la dette consolidée ceux non moins légitimes des créanciers de l'Etat egyptien qui nantis d'arréts régulièrement prononcés par les tribunaux, invoquent inutilement l'assistance des Gouvernements pour obtenir l'exécution des sentences prononcées contre le Khédive ou son Gouvernement.

Cet état de rhoses contre lequel ont protesté les magistrats étrangers siégeant <1ans les tribunaux de la réforme et qui compromet pour une somme très considérable les intéréts d'un grand nombre d'étrangers établis en Egypte mérite toute l'attention des Puissances soucieuses de ne point sacrifier une catégorie de créanciers à l'autre. Les porteurs des titres de la dette egyptienne ont des droits que nous sommes bien loin de vouloir contester. Mais nous sommes d'avis qu'il serait injuste de leur accorder un privilège dont tous les autres créanciers du Khédive et de son Gouvernement auraient à souffrir. Les informations que nous recevons du Caire nous font craindre qu'une plus longue hésitation de la part des Cabinets de Vienne, Berlin et Rome à faire entendre leur voix au Caire pourrait avoir des résultats préjudiciables pour les intéréts des créanciers n'appartenant pas à la catégorie des porteurs de la dette consolidée.

Veuillez demander ce que le Gouvernement auprès duquel vous étes accrédité compte faire à cet égard. Camme mesure conservatoire je vais télégraphier à l'agent diplomatique au Caire de remettre une note pour bien établir que le Gouvernement de Sa Majesté n'entend pas que par de nouveaux arrangements financiers on vienne à créer un privilège pour certaines catégories de créanciers au préjudice de ceux qui réclament l'exécution d'autres obligations contractées par l'Etat egyptien et notamment des arréts rendus par les tribunaux. Il serait désirable que le Gouvernement impérial fit une démarche analogue au Caire.

(l) Cfr. n. 601.

614

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 554. Londra, 15 marzo 1878, ore 19,40 (per. ore 21,15).

Camme j'en ai informé V. E. dans mon précédent télégramme (1), les conditions sine qua non de la participation de l'Angleterre au congrès sont: 0 ) que le traité turco-russe soi t communiqué dans son intégrité aux Puissances avant la réunion du congrès;

2°) qu'il soit entendu que cette communication a pour but de laisser au congrès le droit d'examiner chaque article du dit traité, de déterminer ceux qui doivent étre soumis à l'acceptation des diverses Puissances; en un mot de voter sur toutes les questions qui s'y rattachent.

Il) Cfr. n. 611.

Derby m'a dit aujourd'hui que probablement Gortchakoft' n'éléverait pas de difficultés sur le premier point. Pour ce qui est du second point il n'a pas encore reçu de rèponse. D'après ce qu'il m'a dit, Andrassy espère encore que cette réponse sera conforme aux désirs de l'Angleterre. Les armements maritimes continuent avec une grande activité. On s'occupe aussi beaucoup des moyens de mobilisation de l'armée. Plusieurs corps de volontaires se sont oft'erts pour prendre part à une campagne, si elle a lieu.

615

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 647. Roma, 15 marzo 1878.

Sono grato assai alla E. V. delle considerazioni che Ella svolgeva nel rapporto del 2 marzo, n. 1988 (1), intorno all'atteggiamento che, e per lo passato, e nel momento attuale, si sarebbe dovuto adottare dal Governo italiano di fronte di disegni eventuali deH'Austria-Ungheria sopra la Bosnia e l'Erzegovina.

Mi giova però notare che i varii tentativi da noi fatti per entrare francamente in uno scambio di idee col Governo Imperiale e Reale andarono falliti a causa del sospetto in cui quell'Impero fino agli ultimi mesi dimostrò di volersi tenere verso di noi. Non è che dal momento in cui si è avveduto che nessun beneficio poteva derivargli da una simile politica, che il Gabinetto di Vienna si è accostato a noi; ed ora sembrerebbe realmente disposto ad entrare in uno scambio di 1dee che certamente potrebbe riuscire utile ai due paesi e contribuire non poco a preservare l'Europa dal pericolo di complicazioni maggiori.

616

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALISSIMO 2007. Berlino, 15 marzo 1878 (per. il 21).

La réunion du Congrès reste problématique tant que la Russie, contrairement à la demande de l'Angleterre, maintiendra le point de vue de ne soumettre à cette Assemblée, que la partie du traité de San Stefano qui affecte Ies intérets européens. Le Cabinet de Londres ne veut pas s'engager, tant qu'un accord n'aura pas été établi à cet égard. C'est le Gouvernement austro-hongrois qui s'est chargé de conduire les négoeiations préliminaires dans ce but; mais son impartialité est fort sujette à caution, car ses suft'rages semblent acquis au Gouvernement Anglais.

Dans un de mes rapports précédents, j'ai signalé l'éventualité d'une absence

d'accord, en indiquant qu'il en résulterait une situation qui conduirait fata

lement à un conflit. On s'y prépare à Londres aussi bien qu'à St. Pétersbourg,

et l'Autriche s'est déjà ménagée des ressources pour le cas où elle croirait

opportun d'adopter des mesures extraordinaires pour la protection de ses

intérets. Elle a désormais, comme l'Allemagne par son «Kriegsschatz » (Trésor

de guerre), des moyens sumsants pour faire face aux premières dépenses d'une

mobilisation. Le Cabinet Britannique estime que, en définitive, H peut compter

sur une alliance de l'Autriche contre la Russ:ie.

Quelle serait, dans ce cas, l'attitude de l'Allemagne? Là dessus j'ai interpellé

hier Lord Odo Russell, qui m'a donné les détails qui suivent, en me priant

de n'en faire usage qu'auprès de mon Gouvemement et à titre très confidentiel.

Il avait été assez heureux pour rencontrer le Prince de Bismarck. Cet homme d'Etat répétait la déclaration que, en se rendant aux li.nstances relatives au choix de Berlin pour le siège du Congrès, il avait voulu éviter de s'exposer au reproche d'avoir mis une entrave quelconque aux tentatives de pacification. Si, à son vif regret, ces efforts devaient échouer, l'Allemagne ne se départirait pas de sa neutralité. Il désirait conserver l'amitié de ses voisins et amis, et parmi ceux-ci il comptait l'Angleterre; il ne prendrait aucune initiative, mais, si on venait à lui pour amener une conciliation, il ne refuserait pas ses bons omces. 11 espérait que l'Angleterre n'en viendrait pas aux hostilités, mais, si elle trouvait dans l'Autriche une alliée, le Cabinet de Berlin demeurerait simple spectateur, à la restriction près que le théàtre de la lutte restàt éloigné des frontières de l'Allemagne.

Je n'ai pas besoin de faire ressortir l'importance de cette déclaration. Il convient cependant, au dire de Lord Odo Russell, de l'accepter cum grano salis. Le Chancelier avait peut-etre le sentiment que cet engagement deviendrait inutile. Si le Comte Andràssy au point de vue surtout d'homme d'Etat hongrois, avait presque bn1lé ses vaisseaux par 1le langage tenu aux Délégations, il n'était encore nullement prouvé que le Cabinet de Vienne ne reculerait pas au dernier moment devant une guerre aussi ruineuse pour des finances déjà obérées, et qui soulèverait des clameurs de réprobation chez les nombreux sujets Slaves de l'Empire. Il ne faut pas oublier également que l'Empereur François-Joseph est au dessus de certaines tendances de la politique Magyare, déjà fortement combattue par l'Archiduc .Ailbert et par un parti militaire très infiuent. Sa Majesté Impériale aurait personnellement des sympathies pour la Russie, et pourrait fort bien à la onzième heure sacrifier son premier Ministre. V. E. se souviendra que, parmi les impressions rapportées de mon voyage à St. Pétersbourg, se trouvait celle qu'un sentiment de défiance commençait à percer contre le Comte Andràssy, et qu'on compta.it davantage, le cas échéant, sur son Souverain.

V. E. aura remarqué la condition apposée par le Prince de Bismarck à sa passivité, dans le cas où l'Autriche entrerait en lice camme l'Angleterre. Il fallait que la lutte ne se rapprochàt pas des frontières de l'Allemagne. Il ne s'est pas expliqué autrement. Mais cette réserve s'applique probablement à l'éventualité d'une diversion vers la Pologne russe, d'une révolution dans ce pays, circonstance qui pourrait le mettre dans la nécessité de prendre fait

37 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

et cause, au moins indirectement, pour la Russie. Son Altesse aura dù également prévoir les dommages qu'apporterait au commerce de l'Allemagne un blocus des ports russes dans la Mer Baltique. La réserve dont il s'agit s'applique-t-elle peut-etre aussi à ce que la France s'abstienne de son còté de toute participation à la guerre.

Au reste, on pense ici que maintenant la Russie est dans de bien meilleures conditions. Le beati possidentes établit des chances en sa faveur. Elle occupe des positions dont il ne sera pas aisé de la déloger. Le ravitaillement est devenu libre par la Mer Noire. L'entrée du Bosphore serait facilement défendue par des torpilles et par les canons Krupp. L'Autriche belligérante aurait contre elle les Serbes, 'les Monténégrins et les Bulgares. La Roumanie boude, mais sillonnée et occupée comme elle l'est par les troupes de son allié de la veille, elle devrait continuer à le suivre quand meme. Bref, l'Autriche s'exposerait à un mouvement concentrique de l'Armée russe, et n'apporterait qu'un appui insuffisant, sans compter le danger des discordes intérieures. En attendant, e'lle fait donner par le Comte Zichy à Constantinople l'assurance que l'annexion de la Bosnie et de l'Herzégovine n'a jamais été dans ses intentions. Il ne parait pas que le Gouvemement Turc y ajoute pleine confiance, car il achemine des troupes vers ces Provinces.

Si l'Autriche se décidait vraiment à tirer l'épée, nous ne saurions nous dispenser de prendre en temps voulu toutes les mesures pour nous mettre à l'abri des surprises et pour tirer le memeur parti des événements. En 1866, le Cabinet de Vienne a perdu à la fois sa position en Italie et en Allemagne, parcequ'il se croyait assez fort pour résister dans les deux directions. Pour avoir voulu trop étreindre, il s'est préparé de rudes mécomptes. Si la leçon lui a profité, il devrait etre assez perspicace pour régler amicalement ses arriérés a vec l'Italie.

(l) Ct"r. n. 557.

617

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 814. Vienna, 15 marzo 1878 (per. il 18).

S.A.R. il Duca d'Aosta lasciava ieri Vienna portando seco, siccome ben volle dirmi, la migliore impressione della cordiale anzi affettuosa accoglienza fattagli tanto da S. M. l'Imperatore, quanto da tutta 1a famiglia Imperiale. Ottima cosa è sempre mantenere, al disopra delle relazioni dal Governo a Governo, che circostanze politiche di varia natura possono sovente temporariamente mutare, inalterati i rapporti di parentela e di amicizia fra le case Regnanti. A raggiungere questo scopo contribuirà grandemente, non ne dubito, la visita testè fatta alla Corte Imperiale dall'Augusto fratello de'l Re, Nostro Sovrano. La sua venuta fu infatti, a quanto mi risulta, altamente apprezzata a Corte e S. M. l'Imperatore si compiacque anzi dirmi molto espressivamente, essere stato sensibilissimo alla prova di simpatia e d'attaccamento, che il Re Umberto aveva voluto dargli in questa luttuosa circostanza. In verità avrei amato che anche la stampa sì di Vienna che di Pesth avesse posto in luce l'importanza, negli attuali momenti, di una così marcata dimostrazione dei cordiali intendimenti dell'Italia a riguardo della monarchia Austro-Ungarica, e ci avesse contraccambiato quell'atto di sì alta cortesia con parole di amichevole buon volere almeno. Ma con mio rincrescimento ciò non fu fatto e la stampa austro-ungarica tutta fu intieramente muta su quell'argomento. Mi limito a constatare il fatto senza volerne trarre conseguenze, che forse non sarebbero pienamente esatte, poiché entro certi limiti è spiegabiJe che l'opinione pubblica in Austria, incerta ancora sulla miglior politica a seguirsi dal Governo Imperiale nelle presenti gravissime circostanze, non sia ben persuasa di non dovere fra breve considerar nuovamente l'Italia siccome un avversario e quindi esiti a stringerei amichevolmente la mano.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 815. Vienna, 15 marzo 1878 (per. il 28).

Ebbi occasione di parlare a lungo col Conte Andrassy la sera in cui S.A.R. il Duca d'Aosta onorava la mia casa d'una sua visita e S. E. compiacevasi pure d'intervenirvi. Però non posso dire mi sia riuscito di fargli manifestare intendimenti od anche solo apprezzamenti ben precisi sulla situazione. Evidentemente non conoscendo Egli in quel giorno i termini esatti del Trattato di Pace di Santo Stefano, non avrebbe potuto concretare idee che non possono essere se non diretta conseguenza di esso. Però ragionando in termini generali sugli articoli di quel trattato, quali sarebbero fin qui pervenuti a conoscenza dei Gabinetti, la tesi ch'Egli mi sviluppava si era: che stare così le cose non sarebbe possibile, l'assetto dato in tal maniera alla Turchia d'Europa essendo troppo o troppo poco. Seguendolo in questo suo ragionamento gli chiesi dapprima se, ammettendo il troppo poco EgU ravvisava vi fosse la possibilità s'addivenisse ad una soluzione definitiva della questione d'Oriente. A ciò Egli risposemi, non ritenerlo possibile a mezzo di un Congresso, non esservi che la guerra sola capace di risolvere radicalmente la questione. Gli domandai allora come, a suo avviso, sarebbe possibile rimediare al troppo già fatto dai Russi, riducendo a minori proporzioni le alterazioni allo stato di cose esistente prima della guerra. «Costituendo autonomie che abbiano l'intrinseca naturale ragione di essere e non creandone delle fittizie, siccome volle fare il Generale Ignatieff »; tale fu la risposta ch'Egli mi diede. Naturalmente Egli evitò di dirmi, come si potrebbe ottenere dalla Russia questa riduzione al suo già effettuato programma, poiché non credo di andare errato congetturando che il Conte volesse con ciò alludere alla Bulgaria, ch'Egli amerebbe limitata ai Balkani. Avendolo poscia nel corso della conversazione tratto a parlare in modo obbiettivo della questione della prolungata occupazione Russa in quel nuovo Principato di Bulgaria comunquemente limitato, egli si espresse a questo proposito in modo molto reciso, dicendo esservi un solo sistema ammessibile, quello di lasciare quei popoli «se tirer d'affaire camme ils pourront, les laisser cuire dans leur bouillon », e ciò mi sostenne malgrado io gli facessi osservare in tesi generale essere quel sistema poco applicabile, poiché quei popoli non riuscirebbero mai da sol! ed essenzialmente senza la presenza di una forza armata ad organizzarsi seriamente stabilmente. A ciò Egli rispondevami citandomi l'esempio della Rumania, che però io non accettai come convincente, osservandogli che tanto la Moldavia quanto la Valacchia avevano quasi senza interruzione sempre fruito di un'amministrazione propria, tirocinio e base anzi a quella di stato impiantatavi in seguito dalle circostanze e che quindi si eran trovate in una situazione ben diversa dalla Bulgaria. Ma in questa questione dell'occupazione Russa Egli mostrassi irremovibile nel non volerla. Della Bosnia e dell'Erzegovina Egli non mi fece parola, ed io esitai a toccar quell'argomento. Del resto essenzialmente Egli ripetemmi press'a poco tutto ciò che aveva detto alle Delegazioni nel suo « Exposé », a proposito della domanda del credito di 60 milioni di fiorini; senonché il suo linguaggio era improntato ad una espressione alquanto più accentuatamente bellicosa di quanto me ne era formato l'impressione leggendo nei fogli quelle sue dichiarazioni.

Finalmente gli chiesi se credeva, ammesso il caso che il Congresso avesse ad approdare ad una soluzione accettata da tutte le Potenze, che questa potesse creare uno stato di cose di una almeno tal qual durata. Anche su di ciò Egli rispondevami, senza esitare, di non crederlo, essere anzi convinto che per quanto favorevole potesse essere il risultato del Congresso, ciò ch'esso creerebbe non avrebbe che una esistenza effimera! Con tutto ciò Egli dimostrava vivissimo desiderio di una pronta riunione del Congresso, solo mezzo di uscire dalla situazione presente, resa tanto più grave dalle incertezze che la ravvolgono.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1080. Costantinopoli, 15 marzo 1878 (per. il 21).

Trassi da fonte attendibile un dettaglio retrospettivo sull'ultima fase dei negoziati di San Stefano, che ha una certa signiflcazione, e credo quindi mio dovere di riferire a V. E. Allorché tutti gli articoli dei preliminari furono convenuti e non mancava che di apporre le relative firme, i Plenipotenziari Russi domandarono che la Sublime Porta s'impegnasse a sostenere quelle stipulazioni nella loro integrità innanzi al Congresso. I Rappresentanti Turchi declinavano d'assumere l'impegno; però in seguito alle ulteriori insistenze dell'aUra parte, ne riferirono al rispettivo Governo il quale finiva per rifiutare recisamente d'aderire alla richiesta; e m'è assicurato che a questo rifiuto contribuisse grandemente la volontà fermamente espressa da S. M. il Sultano. I Plenipotenziari Russi ritiravano indi la proposta ed i preliminari erano firmati.

Continuano le trattative per la visita del Granduca Nicola al Sultano. Come già ebbi l'onore di riferire all'E.V., Sua Maestà allegando un'indisposizione voleva ricevere Sua Altezza Imperiale senza seguito; cui questa replicava aspetterebbe che Sua Maestà fosse ristabilita. La visita seguirà probabilmente dopo lo scambio delle ratifiche, ed il Granduca Nicola lasciò a Sua Maestà la scelta di restituirgliela a San Stefano oppure al Palazzo dell'Ambasciata di Russia a Pera.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. R. 160/27. Londra, 16 marzo 1878 (per. il 19).

Coi miei telegrammi del 13 e del 15 corrente (l), ho informato l'E. V. delle condizioni preliminari poste dal Gabinetto Britannico per il suo intervento al Convegno convocato in Berlino; queste sono le seguenti:

1°) Comunicare alle Potenze il testo completo del Trattato di pace fra la Russia e la Turchia prima della riunione del Congresso; intendendo comprendere in questa comunicazione anche le stipulazioni segrete, ove esistano, ovvero considerarle come non avvenute e senza forza, qualora le Potenze medesime non ne fossero rese consapevoli.

2°) Sottoporre i singoli articoli del Trattato al Congresso, in modo che desso possa deliberare quali articoli richiedano l'accettazione ed il concorso delle diverse Potenze, e quali non ne abbisognano.

(«We shall require that every article in the Treaty between Russia and Turkey shall be placed before the Congress in such a manner that it may be considered what articles require the acceptance or the concurrence of the severa! powers, and what articles not ») (Discorso del Oancelliere dello Scacchiere alla Camera dei Comuni nella Seduta del 14 al 15 marzo corrente).

Queste medesime parole mi furono ripetute ieri da Lord Derby nella conversazione ch'io ebbi con lui.

Come l'E. V. ne è informata, ad un primo quesito indirizzato dal Foreign Otfice, meno esplicito del precedente, non però nel medesimo senso, il Principe Gortchakoff aveva fatto rispondere, in un modo alquanto vago, che la Russia non si opponeva a che le quistioni ch'erano d'interesse speciale Europeo fossero sottoposte al Congresso; ma le restrizioni incluse in tale risposta non diedero soddisfazione al Gabinetto Inglese il quale pose come U sine qua non della sua partecipazione al Congresso le due condizioni anzi enunciate. È da notare che l'intermediario fra la Russia e l'Inghilterra è H Conte Andrassy, per cui le risposte della prima non sempre molto limpide, giungono ancora più nebulose a Londra, dove il mistero di cui si circonda la diplomazia Russa desta un'irritazione ognora crescente. Però il Conte di Derby mi diceva ieri che le sue informazioni portavano che la Russia avrebbe probabilmente aderito alla

prima domanda, cioè alla comunicazione del testo del Trattato; ma che, in quanto alla seconda, egli ne dubitava ancora, benché il Conte Andrassy lasciasse concepire qualche speranza di vincere la rilutttanza di quella potenza.

Tale era ieri sera lo stato delle cose e non pare che, al momento in cui io scrivo questo Rapporto, desso sia ancora mutato per cui si teme che la Russia non dia una risposta soddisfacente, e molti mettono anche in dubbio che il Congresso possa riunirsi.

Con questa riunione, ave dessa avesse luogo, le difficoltà non sarebbero tolte, imperocché l'Inghilterra si mostra ogni giorno di più difficHe contentatura, e Lord Derby mi dichiarava nettamente ieri che, ave le deliberazioni della maggioranza dei membri del Congresso non fossero della convenienza dell'Inghilterra, egli non intendeva che il suo paese fosse menomamente vincolato dalle medesime, il che d'altronde è di diritto.

L'idea del Gabinetto Inglese d'opporre la razza Greca alla razza Slava venne calorosamente accolta in questo paese, ed il ritrovato fu giudicato S'e non efficace, almeno ingegnoso. Il Conte di Derby che me ne parlava ultimamente si mostra fidente nel risultato.

Egli domandò l'ammissione della Grecia al Congresso, non ad ugual titolo che le altre Potenze, ma soltanto per discutere le quistioni che la interessano più direttamente. Il nobile Lord mi disse ieri che aspettava tuttora l'avviso dell'Italia in proposito. Il Principe di Gortchakoff senza opporsi in modo assoluto all'ammissione della Grecia a'l Congresso, diede però una risposta ambigua. Ieri i giornali dicevano che fosse intieramente negativa, ma il Conte di Derby non era ancora informato di un tal rifiuto.

Come si scorge, l'avvenire sta tuttora incerto; il Conte di Derby si lamenta delle esitazioni deH'Austria che, però, più d'ogni altra, è interessata a non lasciar prendere sulle sue frontiere una preponderanza pericolosa all'elemento Slavo o per meglio dire Russo.

Si assicura che la Germania tenta di allettare l'Inghilterra col proporle l'annessione dell'Egitto, ma il Gabinetto Britannico resiste e scorge in tale suggerimento un tranello per inimicarle la Francia anziché un pensiero conciliativo.

Il Conte di Derby sembra fare assegnamento sull'Italia per difendere gli interessi comuni nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Egli mi disse di avere data la missione a Sir A. Paget di fare delle aperture in quel senso all'E. V., come l'E. V. stessa lo suggeriva col suo telegramma del 8 Marzo corrente (1).

Intanto l'Inghilterra senza trascurare l'armamento dell'esercito, spinge con febbrile attività l'aumento delle sue forze marittime. Si vede che in caso di guerra essa tiene ad essere navalmente superiore a tutte le altre Potenze del mondo riunite, imperocché qui si sente che se per un giorno la Gran Bretagna si trovasse inferiore sul mare, la decadenza di questo paese andrebbe a precipizio. Gli amici, anziché pacarsi, si irritano sempre di più. Non parlo dei meetings pacifici che diedero luogo a lotte e finirono colla peggio dei fautori della pace, ma il sentimento della resistenza alle pretese della Russia si fa ogni

giorno più vivo, e quantunque grande sia tuttora il desiderio della pace, è facile scorgere che l'Inghilterra non è disposta a subordinare a questo desiderio il sentimento della sua dignità e della propria influenza e che dessa si prepara a sostenere all'uopo, coi più gravi sagrifizii, l'onore e gli interessi deUa nazione.

Col presente rapporto credo di avere anche risposto al pregiato Dispaccio di V. E. in data delli 11 corrente S.N. (1).

(l) Cfr. nn. 611 c 614.

(l) Non pubblicato.

621

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 818. Vienna, 16 marzo 1878 (per. il 18).

Non ho mancato d'indagare quaU fossero le condizioni che la Francia avesse posto alla sua adesione al Congresso e se il Gabinetto di Vienna vi avesse assentito, a seconda di quanto l'E. V. comunicavami col suo telegramma del 13 corrente (2). Risu1tommi infatti che il Gabinetto di Versailles pose per condizione l'esclusione di qualsiasi questione di politica occidentale, nonché di quelle che si riferiscono all'Egitto. Il Gabinetto di Vienna vi avrebbe aderito e così pure quello di Berlino, a quanto dissemi il Barone Calice. Ma che eguale esclusione il Signor Waddington avesse chiesto relativamente agli affari di Syria ed a ciò che ha tratto ai Luoghi Santi non mi risulta affatto e la cosa è del pari ignorata da quelli fra i miei colleghi coi quaU io ebbi a parlare su quest'argomento.

622

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 819. Vienna, 16 marzo 1878 (per. il 18).

Fra le questioni dipendenti dal nuovo assetto territoriale che sarà per ricavare la penisola Balkanica in conseguenza della pace di Santo Stefano e dell'eventuale successivo congresso, primeggia per l'Austria Ungheria quella che si riferisce all'ingrandimento che spetterà alla Serbia ed al Montenegro. Essenzialmente il Gabinetto di Vienna insisterà affinché l'accrescimento di territorio che avrà il Principe Milano sia il minimo possibile. In quanto a quello a darsi al Principe Nikita, come già dissi, il Conte Andrassy sarà probabilmente più arrendevole nell'accondiscendere alla concessione di qualche porto o meglio rada sull'Adriatico. Ma in compenso impegnerà ogni sua azione a far sì che le frontiere dei due Principati rimangano distaccate il più che possibile, cioè

che la zona Turca intermedia sia lasciata presso a poco estesa quale è in oggi. Ho luogo di credere che dall'adempimento di questa sua esigenza dipenderà grandemente l'ulteriore decisione a prendersi a riguardo della Bosnia e della Erzegovina, cioè la loro occupazione o non per parte delle Truppe Imperiali. Infatti se la congiunzione di quelle provincie colle rimanenti dell'Impero Ottomano dovesse diventare illusoria per la ristrettezza della zona territoriale destinata a congiungerle a queste, il Gabinetto di Vienna più non esiterebbe a decidersi all'occupazione. Crederei dunque savio consiglio, H Gabinetto di Roma associasse in questa questione i suoi sforzi neHe trattative diplomatiche ed in seno alla conferenza a quelli del Governo Imperiale, perché lo statu qua o press'a poco fosse mantenuto in quella zona. Sarebbe questo indubbiamente uno dei mezzi i più atti ad allontanare il pericolo di una annessione che, sebbene non presenti ai miei occhi per l'Italia tutti gl'inconvenienti che possono a prima vista apparire, pure, inutile sarebbe il celarselo, quel fatto ecciterebbe la più penosa impressione sull'opinione pubblica nel nostro Paese e potrebbe essere causa di grave intorbidamento alle relazioni fra i due Stati. Ho luogo di credere che il Gabinetto di Vienna potrebbe contare in questa questione anche sull'appoggio di quello di Londra e quindi, non trattandosi di cosa che tocchi in modo essenziale al programma della Russia, potrebbesi sperare di vincere le sue resistenze.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 606.
623

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 820. Vienna, 16 marzo 1878 (per. il 19).

Siccome ebbi l'onore di telegrafare or ora all'E. V. (l) la Commissione delIa Delegazione Austriaca votò ieri con 11 voti contro nove il credito di sessanta milioni richiesto dal Conte Andrassy in nome del Ministero comune. La proposta del Delegato Schaup messa ai voti ed approvata con la maggioranza di due soli suona così: «Pel caso in cui l'ulteriore svolgersi degli avvenimenti orientali rendesse di impresdndibile necessità lo sviluppo delle forze difensive per una guarentigia degli essenziali interessi della Monarchia Austro-Ungarica, il Ministero comune, d'accordo coi Governi delle due parti della Monarchia, è autorizzato a far fronte alle spese per siffatto scopo richieste fino all'ammontare di 60 milioni. In quanto alla domanda di questo credito a tale scopo approvato, deve farsene immediatamente communicazione alla Delegazione. Per il motivo pel quale furono convocati i corpi rappresentativi, sono da prendersi provvedimenti destinati a coprire siffatta somma».

Il rapporto della Commissione riunita della Delegazione ungarica pel credito di 60 milioni che porta le firme del presidente Szlavy e del relatore Falk fa precedere alla proposta una assai completa esposizione dei motivi; «segna

tamente dichiarerebbe il Conte Andrassy di non scorgere nella approvazione del credito alcun voto di fiducia ma di ritenerla come imposta dalle presenti circostanze nell'interesse dell'Impero. Però segue a dire il rapporto, mentre essa (la Commissione) propone di approvare il credito pure ciò deve potersi proporre in tal forma che da una parte sia data una guarentigia ai popoli della Monarchia e dall'altra parte si accertino le Potenze che un gran sacrificio sarebbe domandato come estremo e straordinario mezzo per raggiungere grandi scopi (i qua'li non potrebbero essere altri che la difesa dei veri e vitali interessi della Monarchia) nel caso che tutti gli altri mezzi rimanessero inefficaci, e questa approvazione di credito non deve lasciare alcun dubbio che questi popoli non sono tormentati da nessuna cupidigia di guerra e che non hanno il desiderio di accrescere il proprio territorio o procurarsi qualche compenso.

(l) Non pubblicato.

624

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 374. Roma, 17 marzo 1878.

Sono grato assai alla E. V. dei particolari fornitimi, con rapporto del 7 di questo mese, n. 22 (1), sopra i pensieri che costi prevalgono circa l'avvenire finanziario e politico dell'Egitto. Ciò che vi ha di più notevole nella situazione da Lei additata si è questo fatto, oramai confermatosi da più lati: che, cioè, mentre l'Austria-Ungheria e la Germania spiegano, rispetto alle cose egiziane, una attività speciale, e pigliano l'iniziativa di proposte concrete, così per l'inchiesta finanziaria, come per un componimento che soddisfaccia alle rispettive ragioni dei creditori del Vicereame, la Francia invece esclude dalle trattative del Congresso le questioni riguardanti i paesi africani dell'Impero turco, e ci ha anzi fatto sapere che le altre quattro grandi potenze hanno accettato tale limitazione.

625

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN E AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 253. Roma, 18 marzo 1878, ore 12.

L'Allemagne propose qu'une réunion préliminaire se tienne à Berlin entre les deuxième plénipotentiaires ou représentants accrédités auprès de l'Empereur pour

discuter les questions préliminaires concernant la conférence, entre autres celle de la prési!dence en cas d'empèchement du prince de Bismarck. (Solo alle 5 ambasciate) Veuillez me faire connaitre l'accueil que fait à cette proposition le Cabinet auprès duquel vous etes accrédité.

(l) Cfr. n. 586.

626

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, E AI MINISTRI AD ATENE, MAFFEI, E A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 254. Roma, 18 marzo 1878, ore 12.

L'ambassadeur de Russie m'a communiqué un télégramme portant que, d'après le Cabinet de Pétersbourg les Puissances signataires du traité de Paris devraient ~!tre seu'les parties intégrantes du congrès. D'autres Etats dont les intérllts s'y rattacheraient, pourraient, ètre représentés par des délégués consultatifs.

627

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 561. Parigi, 18 marzo 1878, ore 16,40.

Le Gouvernement français a adhéré à la proposition de réunir à Berlin les seconds plénipotentiaires en conférence préliminaire pour établir le programme du congrès. On pense ici qu'en cas d'empèchement du pri:nce de Bismarck la présidence du cong,rès reviendrait naturellement au prince Gortchakoff. Le Gouvernement français ne soulèvera pas d'objection contre l'avis du Cabinet russe concernant l'admission au congrès des délégués de la Grèce et d'autres Etats intéressés à titre consultatif.

628

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 562. Londra, 18 marzo 1878, ore 19,44 (per. ore 21,45).

Je n'ai pas pu voir aujourd'hui Derby qui se rendait au Parlement pour répondre à une interpeHation. Toutefois j'ai appris qu'à la proposition de l'Allemagne de réunir une conférence préparatoire avec les seconds plénipotentiaires,

l'Angleterre a répondu qu'elle n'y adhérait qu'à deux conditions; savoir en premier lieu, que la Russie déclare avant tout qu'elle soumet tous les articles du traité de paix au congrès qui en sera l'arbitre. En second lieu, que dans le cas où le prince de Bismarck ne pourrait pas présider le congrès, la présidence en serait dévolue à un membre allemand, ce qui implique l'exclusion de Gortchakoff comme président. Les armements de l'Angleterre continuent.

629

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 256. Roma, 18 marzo 1878, ore 22,35.

A la proposition du Cabinet de Berlin de réunir une conférence préparatoire pour discuter les questions qui peuvent rendre plus facHe l'oeuvre du congrès, j'ai répondu par l'entremise de M. de Keudell que je n'étais pas en mesure d'engager 'la politique de mes successeurs, mais qu'ayant interrogé le personnage qui est chargé de la formation du nouveau Ministère je me croyais autorisé à émettre l'avis personnel que le Gouvernement du Roi qui a jusqu'ici accepté sans hésitation toutes !es propositions qui lui ont été faites pour faciliter l'oeuvre de la paix, ne se refuserait pas à se faire représenter dans la conférence préparatoire, si, ainsi qu'il ressort de la proposition du Cabinet de Berlin, celle-ci ne doit étre saisie que des questions préliminaires de forme sans qu'il lui soit donné la faculté de préjuger la liberté du congrès dans les questions de fond.

630

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2008. Berlino, 18 marzo 1878 (per. il 21).

Le Congrès, ou du moins la date de sa réunion, est encore subordonné à l'aplanissement des divergences de vues entre la Russie et l'Angleterre. C'est l'Autriche, qui s'est chargée d'aplanir ces difficultés. Le Comte Kàrolyi est d'avis que son Gouvernement en viendra à bout.

En attendant, le Cabinet de Berlin a proposé de réunir ici une conférence préalable (Vorconterenz) des Ambassadeurs accrédités près cette Cour, à l'effet de régler divers détails, tels que préséance, présidence du Congrès dans le cas où, pour un motif ou pour un autre, le Prince de Bismarck désirerait une substitution à sa propre personne. Si la France a, dans des termes généraux, exprimé ici le désir que, d'un commun accord, les Puissances s'abstinssent de toute excursion en dehors des questions qui ne découlent pas directement du fait de la guerre, M. Waddington, dans ses entretiens avec le Prince de Hohenlohe, a spécifié les Lieux Saints, la Syrie et l'Egypte. Il a mème, ainsi que M. de Biilow me le disait confidentiellement, ajouté une quatrième question: la. Tunisie. Pour ce qui le concerne, le Cabinet de Berlin n'oppose aucun obstacle à des limitations, mais chaque Etat est parfaitement libre de conserver une entière liberté d'a:Ilures. C'est là aussi une question sur laquelle des pourparlers pourraient avoir lieu dans la conférence dont il s'agit. Le Gouvernement Impérial invitait en méme temps les autres Grandes Puissances à désigner, ellesmémes, tel ou tel autre point sur lequel on croirait utile d'établir un accord préalable.

M. de Keudell a télégraphié notre adhésion en principe à cette proposition, mais que, vu la crise ministérielle, une réponse définitive devait étre un peu retardée.

Pour la question de préséance, la règle adoptée au Congrès de Paris, soit pour l'ordre dans lequel les plénipotentiaires sont appelés à prendre la parole, soit pour les signatures à apposer aux protocoles et au Traité, peut servir de précédent. En dehors du Congrès, c'est aux usages et à l'étiquette de 'la Cour où il siège, que les plénipotentiaires devraient se conformer. Quant à la présidence, conformément aussi aux précédents et en hommage au Souverain sur le territoire du quel se trouveront les représentants de l'Europe, elle sera unanimement attribuée à Son premier Ministre et Chancelier de l'Empire. Au reste, dans son discours au Reichstag, le Prince de Bismarck a déjà fait la remarque que «sur le territoire allemand, il doit y avoir aussi présidence aUemande; opinion qui n'a été contredite d'aucun còté. Le principe une fois admis, on verra si, par des motifs de convenance, et d'opportunité, on doit s'y tenir absolument ». Les chances étaient alors, entre autres, pour Baden-Baden. Le principe s'applique à fortiori, depuis que le choix est tombé sur la 'résidence impériale. Si des raisorrs de santé ne permettaient pas au Prince de Bismarck de continuer à présider l'Assemblée, il appartiendrait évidemment à celle-ci de pourvoir à un suppléant, ou à un remplaçant. Sauf peut-étre l'assentiment de l'Angleterre, les suffrages se porteraient sur le Prince Gortchakow, le doyen d'àge et de la diplomatie européenne. Il y aurait à nous mauvaise gràce, de ne pas voter dans ce sens.

Relativement aux limitations indiquées par la France il semble qu'il n'y aurait aucun inconvénient de notre part à les accepter, à la condition explicite que nous ferions des réserves pour le présent et pour l'avenir, dans le cas où l'une ou l'autre des Grandes Puissances chercheraient à obtenir, pour ellesmémes, des avantages territoriaux dans un remaniement de la Turquie d'Europe.

Je me réfère à ce que j'ai mandé à V. E. par mon rapport n. 1988 (l). Il se présente une occasion toute naturelle, que nous n'avons pas recherchée mais dont nous devrions profiter, d'ouvrir la vaie à des réserves éventuelles sans froisser aucune légitime susceptibilité. Le Comte Andràssy déclare aux Délégations que l'Autriche-Hongrie ne prétend à aucun agrandissement territorial. La loyauté de cet homme d'Etat ne saurait étre mise en doute. La Russie réserve la Dobrudtscha en échange de la Bessarabie, qui depuis 1812 n'appartient plus à la Turquie. Au reste, les clauses du Traité de San Stefano, pour autant du moins qu'elles touchent aux intéréts européens, ne visent à se faire adjuger une partie quelconque de la péninsule des Balkans.

Telle est la situation d'aujourd'hui. Si elle devait se modifier plus tard, notre attitude aura démontré que cela n'a pas dépendu de nous, et nous serions parfaitement autori:sés alors à formuler des réserves que nous aurions indiquées d'avance.

(l) Cfr. n. 557.

631

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2009. Berlino, 18 marzo 1878 (per. il 21).

Conformément aux indications de V. E., j'ai parlé confidentiellement au Secrétaire d'Etat au sujet du contenu de la dépéche Ministérielle (en date du 22 février) n. 631 (l). Les renseignements que j'ai pu lui fournir l'ont vivement interessé. Mais, il s'est abstenu de formuler un avis sauf sur l'importance que, pour ses conditions géographiques, l'Italie devait nécessairement attacher aux questions qui touchent à la Régence de Tunis.

C'est, dans le cours de cet entretien, qu'il a désigné Tunis comme un des points signalés par M. Waddington pour étre exclus du programme du Congrès. La méme suggestion a été faite par le Cabinet de Versailles au Gouvernement Russe.

632

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1081. Costantinopoli, 18 marzo 1878 (per. il 27).

L'Europa si trova ora innanzi ad uno dei più grandi problemi che abbiano mai agitato l'umanità. La Russia ha debellato la Turchia, ed una pace è stata conchiusa fra di esse che di fatto mette fine all'Impero Ottomano in Europa, imperocché questo lembo di territorio sarebbe d'or innanzi considerato piuttosto come una prolungazione del continente Asiatico. Saranno le altre Potenze Europee per ratificare con o senza modificazioni il nuovo stato di cose? Oppure preferiranno ,alcune di esse di sottomettere la questione alla sorte delle armi?

L'accordo stipulato a Santo Stefano lì 3 del presente fu denominato preliminare per deferenza alle Potenze che avevano partecipato ai trattati del 1856 e del 1871. Il Governo Austro-Ungarico ha proposto la riunione di un congresso per deliberare sulla nuova situazione, e tutte le Potenze hanno aderito in principio alle proposte. Quale sarà per essere il risultato di questo congresso?

Fra le Potenze Europee quella che attualmente mostrasi più recalcitrante ad adattarsi alle grandi mutazioni prodotte dalla passata guerra è senza dubbio l'Inghilterra. Essa non pretende invece più delle altre Potenze di ristabilire l'Impero Ottomano in Europa quale esistette per lo passato, ma s'oppone all'incremento dell'influenza Russa in Oriente e dà segni di volere impiegare anche la forza per raggiungere lo scopo. Eppure se si considerano le stipulazioni di Santo Stefano non si può a meno di riconoscere che la Russia ha avuto grande cura di non ledere gli interessi Inglesi quali erano stati definiti in un memorabile discorso del Signor Cross, e nella lettera di Lord Derby al Conte Schouvaloff. Questi interessi toccavano a cinque quistioni, il Canale di Suez, l'Egitto, Costantinopoli, i Dardanelli, il golfo Persico. Il trattato non tratta dell'Egitto, non porta l'occupazione di Costantinopoli, mantiene gli antichi accordi riguardo agli stretti, non tocca del Golfo Persico. Ma qui s'intende che il Governo Britannico, innanzi alla nuova situazione che verrebbe dall'esecuzione del trattato di San Stefano, giudicherebbe tuttavia necessario di procacciarsi delle guarentigie materiali per la protezione dei suoi interessi. Sono per esempio, corse vaghe voci che essa vagheggi l'idea di procedere in certe eventualità all'occupazione dell'isola di Mitilene, oppure d'alcuni punti di quella di Creta. E l'isola di Milo offrirebbe pure grandi vantaggi strategici sotto quel punto di vista. Ma la voce che prese maggiore consistenza negli scorsi giorni è quella che il Gabinetto di San Giacomo stia maturando qualche progetto riguardo all'Egitto. M'è noto che persone atte a conoscere gl'intendimenti di quel Governo ebbero recentemente ad esprimere la loro disapprovazione della riserva che il Governo Francese avrebbe formulata allo scopo d'evitare che quella quistione fosse portata innanzi al Congresso. Ed un'alta autorità Britannica diceva a me, sarebbe desiderabile esistesse vicino all'imboccatura del canale di Suez un'isola della quale l'Inghilterra potesse fare una seconda Malta. L'E. V. sarà certamente ragguagliata d'altra parte sul fondamento che siffatte voci ponno avere, non che sulle impressioni che esse abbiano per avventura prodotto sugli altri Governi. Forse non fia discaro alla Germania di veder sorgere questo punto nero fra la Francia e l'Inghilterra.

Dei riguardi avuti dai Plenipotenziari Russi in ordine agli interessi AustroUngarici, già trattai in altro mio rapporto. Ulteriori concessioni potranno esser fatte a quelli sotto gli auspici del Governo di Germania nelle future trattative. Fra queste potrebbe venire in campo quella dell'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina. Secondoché siffatta eventualità dipenderà in parte dalle disposizioni che saranno per manifestarsi nel Congresso riguardo all'opportunità di mantenere la Turchia nel possesso di tutto il territorio che le sarebbe lasciato secondo il trattato di Santo Stefano.

L'E. V. si compiace ragguagliarmi pel Suo riverito dispaccio del 12 del presente, n. 630 O), che questo Ambasciatore d'Inghilterra avrebbe telegrafato a Londra, il Conte Zichy avere dichiarato ufficialmente alla Sublime Porta che il Governo Austro-Ungarico non ha l'intenzione d'occupare la Bosnia e l'Erzegovina. M'era noto che il Signor Layard aveva questa impressione, ma sò ezian

dio che il Conte Zichy la smentiva in termini categorici con altri colleghi. Né io potrei interpellarne nessuno dei Ministri, poiché, per quanto raccomandassi il segreto, non sarei sicuro che le mia parole non sarebbero ripetute poco appresso al mio collega d'Austria-Ungheria. Sui veri intendimenti di quel Governo rE. V. non potrà essere esattamente edificata che da Vienna o da qualche altra Capitale d'Europa. Quest'Ambasciatore Austro-Ungarico riceve assai poche comunicazioni confidenziali dal Conte Andrassy, ed il Conte Zichy ha anzi l'intenzione di recarsi in congedo fra pochi giorni.

La Serbia si mostra poco soddisfatta della sorte che le è fatta dal trattato Russo-Turco. La Romania non vorrebbe fare lo scambio della Bessarabia colla Dobrutcia. Una deputazione venne ieri a vedermi per protestare a nome dei Greci di Turchia contro il progetto d'includere una parte della Tracia e della Macedonia nella Bulgaria. Né la Grecia aspetterà di manifestare le sue aspirazioni. Le quali quistioni si presenteranno pure al Congresso e conviene esservi preparati.

Grande ed ardua sarà quindi la missione del Congresso, tanto più ardua che essi si radunerebbe non in seguito ad una guerra Europea che avrebbe esauste le forze dei belligeranti, ma allo scopo di prevenirla. Eppure s'ha da nutrire la speranza che caso riesca nell'intento, imperocché un grande conflitto avrebbe più probabilmente per effetto d'aumentare la potenza dei vincitori a pregiudizio dei vinti, che di condurre ad una soluzione conforme alla giustizia. Né alcuno può prevedere a qual parte sarà per arridere la sorte delle armi.

(l) Non pubblicato: istruzioni eli intrattenere conficlenzinlmente BU!ow dei sospetti di disegni rlella Francia su Tunisi.

(l) Non pubblicato.

633

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 565. Pietroburgo, 19 marzo 1878, ore 15 (per. ore 16,20).

Gortchakoff vient de me dire qu'il a accepté proposition du Gouvernement allemand consistant dans la réunion préalable à Berlin des représentants des Cours pour s'entendre sur les formes et règlements du congrès et pour en fixer l'objet qui doit ètre la révision des traités de 1856 et de 1871 avec communication du traité de Santo Stefano. Tout cela sans entrer dans le mérite des questions. L'Allemagne avait proposé que la réunion eut lieu sans intervention d'un représentant de la Turquie, mais Gortchakoff est d'un avis contraire. Quant à la présidence Son Altesse est d'avis qu'en cas d'empéchement du prince de Bismarck elle doit étre confiée à M. de Bti.low. Gortchakoff m'a confirmé son intention de n'admettre au congrès que Ies grandes Puissances et la Turquie.

634

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 566. Vienna, 19 marzo 1878, ore 16,25 (per. ore 17,20).

Le baron Calice m'a dit qu'Andrassy, en réponse à la proposition du Cabinet de Berlin a déclaré étre prèt, si !es autres Puissances y adhèrent, à envoyer à l'ambassadeur d'Autriche à Berlin, !es instructions nécessaires pour siéger à la réunion préliminaire du congrès.

635

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFF'ARI A PARIGI, RESSMAN

T. 259. Roma, 19 marzo 1878, ore 23,45.

Il paraitrait que la Russie admettra seulement au congrès les grandes Puissances et la Turquie. Tàchez de tenir le Gouvernement du Roi au courant de l'attitude que prendra le Cabinet auprès duquel vous étes accrédité en présence de ce refus éventuel du Cabinet de St. Pétersbourg.

636

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, E AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 260. Roma, 19 marzo 1878, ore 23,45.

L'ambassadeur du Roi à St. Pétersbourg mande qu'aujourd'hui ont été expédiées aux grandes Puissances les copies du traité de Santo Stefano. En méme temps le chevalier Nigra nous apprend que le programme du congrès

devrait, suivant l'opinion du prince Gortchakow comprendre la révision des traités de 1856 et 1871 avec communication du dernier traité turco-russe.

637

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2018. Berlino, 19 marzo 1878 (per. il 22).

J'ai l'honneur de remercier V. E. de Sa dépéche n. 642 (1).

La Cour d'Allemagne avait été pressentie relativement à l'envoi des lettres du Sacré Collège pour annoncer la mort de Pie IX, et de celles de Léon XIII pour notifier son élévation au Pontificat. Vu l'absence d'une Nonciature à Berlin,

il a été reconnu parfaitement régulier que ces communications parvinssent ici par l'entremise du Nonce à Munich, et du Ministre de Prusse en Bavière. C'est en effet de la sorte que ces documents sont arrivés à leur destination. La lettre de Léon XIII à l'Empereur d'Allemagne était rédigée dans les termes de la plus parfaite courtoisie; mais il est inexact, camme l'ont donné à entendre quelques journaux, qu'elle contienne des ouvertures de conciliation.

M. de Biilow me disait avant hier, qu'avant d'y répondre, l'Empereur attendait de connaitre la teneur des communications fa:ites à cette méme occasion à d'autres Cours, afin d'en comparer les termes, et d'en relever les nuances.

Sans doute, ajoutait M. de Biilow, le Cabinet de Berlin forme les meilleurs voeux pour l'apaisement de la lutte entre l'Eglise et l'Etat. Sous ce rapport, l'élection d'un Souverain Pontife, qui semble avoir été faite dans un sens contraire aux désirs de intransigeants, et du parti des Jésuites, ouvre quelques perspectives pour l'établissement d'un modus vivendi, ayant pour résultat d'apaiser le conflit. Jusqu'ici le successeur de Pie IX s'est abstenu de prononcer des discours irritants. Il parait vouloir éviter tout ce qui pourrait contribuer à jeter le trouble dans les consciences, et à donner un nouvel aliment à l'agitation des esprits. Il ne faudrait pas cependant se bercer de trop d'illusions. Pour ce qui le concerne, le Cabinet de Berlin ne prend aucune initiative. Il adopte en d'autres termes une attitude expectante.

De son còté, la fraction du Centre au Parlement Allemand se tient sur la réserve, dans l'ignorance où elle se trouve sur les intentions de la Cour du Vatican.

(l) Non pubblicato.

638

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 568. Vienna, 20 marzo 1878, ore 13,40 (per. ore 15,30).

D'après ce que m'a dit le baron Calice hier Andrassy aurait déclaré au sujet de l'admission de la Grèce qu'il est disposé à l'accepter si elle est proposée au congrès quand il sera réuni, et à l'accepter également avant si les autres Puissances se mettent d'accord à cet ègard.

639

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 570. Pietroburgo, 20 marzo 1878, ore 16,10 (per. ore 17).

Le Pape a écrit et fait parvenir au Czar par l'entremise du nonce apostolique à Vienne une lettre pour annoncer son avènement. On me dit que la lettre de Sa Sainteté est empreinte de sentiments conciliants à l'égard des questions touchant à l'Eglise de Pologne. L'Empereur Alexandre a répondu dans des

38 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. IX

termes également conciliants et exprimant l'espoir d'un arrangement. La lettre de l'Empereur a été confiée au prince Ouroussoff qui est parti hier pour Vienne et Rome.

640

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 576. Berlino, 20 marzo 1878, ore 16,54 (per. ore 18,25).

J'ai vu Biilow. La réunion de la conférence prélable rencontre des difficultés. En effet l'Angleterre ne la trouve pas utile, et demande des explications. Biilow trouve au contraire que cette conférence aurait l'avantage de déblayer le terrain au congrès, non seulement quant aux questions de forme, mais aussi notamment en ce qui concerne les réserves faites par la France. Quant au congrès V. E. saura que l'Angleterre juge insuffisante la réponse reçue de Pétersbourg et a directement insistè. Btilow dit qu'aussi longtemps que les difficultés ne seront pas écartées il faut différer l'envoi des lettres de convocation. Quant à la Grèce le Cabinet russe de méme que le Cabinet allemand, estime que cette Puissance n'étant pas signataire du traité de Paris, ne peut pas étre comprise tout d'abord parmi les invités au congrès, mais la Russie, pour ce qui la concerne, est disposée à lui accorder voix consultative. Quant aux dispositions du Cabinet allemand, je ne puis que me référer à mon télégramme du 13 mars

(n. 535) (l) et à mon Rapport n. 2005 (2).

641

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 262. Roma, 20 marzo 1878, ore 18.

La réponse de la Russie à l'Angleterre telle qu'elle a été communiquée au Cabinet de Londres est dans le sens que le texte du traité tout entier sera communiqué aux Puissances avant Ia réunion du congrès, qu'il n'y a aucun article ou traité secret, que les Puissances sont libres de l'apprécier camme elles l'entendent, mais que la Russie ne peut prendre aucun engagement qi enchaine sa liberté d'action. Cette réponse ne semble pas avoir satisfait le Gouvernement britannique. Aujourd'hui un conseil des ministres devait étre tenu à Londres et de graves décisions pourraient étre imminentes. La proposition d'une conférence préliminaire n'a été considérée par le Cabinet anglais que camme un expédient pour écarter la nécessité d'une réponse plus catégorique de la Russie aux demandes de l'Angleterre. Celle-ci maintient ses demandes et lord Derby

pense conséquemment que le projet de conférence préliminaire sera abandonné. Il croit également que le congrès n'aura pas lieu si l'Angleterre n'y intervient pas (l). Tachez de me tenir au courant des impressions produites par !es nouvelles de Londres sur le Cabinet auprès duquel vous etes accréditè. Il serait trés utile que notre Gouvernement fut informé sans retard des dispositions de ce Cabinet au sujet de la réunion de congrès dans le cas où l'Angleterre refuserait d'y prendre part.

(l) -Cfr. n. 610. (2) -Non pubblicato.
642

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 578. Parigi, 20 marzo 1878, ore 18,35 (per. ore 19,45).

M'étant rendu tantòt auprès de Waddington pour insister de nouveau sur l'urgence de faire voter le traité de commerce par !es Chambres, il m'a annoncé d'avoir signé quelques instants auparavant une codiftcation à ce sujet que j'ai trouvée en rentrant et dont je vous envoie copie par la poste. Le Gouvernement français prévoyant que l'examen de la commission parlementaire se prolongera et qu'ensuite !es délibérations dans !es deux Chambres prendront un certain temps, propose de flxer la date du 31 décembre prochain camme limite du délai pour l'échange des ratiflcations et de proroger jusque là le traité de commerce et la convention de navigation actuellement en vigueur. L'engagement serait pris par lettre ou par une déclaration spéciale au gré du Gouvernement du Roi. Dans notre conversation Waddington a fait ressortir l'impossibilité où seraient !es Chambres de discuter le traité dans le peu de jours qu'elles siégeront avant la prorogation du mois de mai. Il a ajouté qu'il croyait d'ailleurs un ajournement préférable, la Chambre se trouvant actuellement par suite de l'état d'incertitude politique et des plaintes du commerce dans un courant protectionniste qui pourra changer après l'exposition et une issue favorable du congrès. En effet la Chambre a nommé hier 22 protectionnistes dans la commission de 33 membres chargés d'examiner le nouveau tarif général. La nouvelle convention de commerce avec l'Espagne a été voté hier après une discussion laborieuse.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2014. Berlino, 20 marzo 1878 (per. il 25).

Je me suis assuré au Département Impérial des Affaires Etrangères que

M. de Keudell avait fait ici une communication analogue au contenu du télégramme de V. E., en date d'avant hier (2), sur notre réponse à la proposition

d'une conférence préliminaire. Cette proposition, le Secrétaire d'Etat me le répétait aujourd'hui, avait été dictée par le désir du Prince de Bismarck de préparer le terrain au Congrès, en réglant d'avance les questions de forme, de préséance, et de mettre en mesure les différents Cabinets d'élucider dans cet ordre d'idées tel ou tel autre point sur lequel ils jugeraient à propos d'envoyer des instructions à leurs représentants près cette Cour. Ceux-ci pourraient entre autres, indiquer vers quelle époque les premiers plénipotentiaires seraient à meme de se rendre à BerHn, et concerter ainsi en meme temps la date de la réunion du plenum de l'Assemblée, qui serait convoquée par le Cabinet Impérial. On aurait aussi dans l'intervalle le loisir d'entrer en pourpalers relativement aux réserves de la France sur certaines questions qu'elle tiendrait à voir exclues du programme. On gagnerait de la sorte un temps précieux, et, dès la première séance du congrès, on aborderait les objets essentiels de la réunion.

Mais le projet de conférence rencontre des difficultés de la part de l'Angleterre qui trouve cette combinaison inutile. D'un autre còté cette Puissance n'est pas satisfaite des déclarations russes au sujet de sa demande que tous les articles du traité de San Stefano fussent soumis au Congrès, de telle manière qu'il puisse examiner et discuter les clauses qui ont besoin ou non de l'acquiéscement et du concours des diverses Puissances. Le Prince Gortchakow est simplement d'avis que le programme devrait comprendre la révision des accords du 1856 et du 1871 avec communication du dernier traité TurcoRusse. Il y a là un dissentiment qu'on parviendrait peut-etre à éliminer, mais, selon l'observation de M. de Biilow, il faudrait à cet effet entre l'Angleterre et la Russie une confiance mutuelle qui semble trop faire défaut. Il va de soi que tant que cet obstacle ne sera pas levé, il convient de différer l'envoi des lettres d'invitation.

Les chances du Congrès sont bien près d'aller à la dérive. La « Vorconferenz » était peut-etre dans les intentions du Cabinet de Berlin une planche de salut pour maintenir à fiot l'reuvre de conciliation entre l'Angleterre et la Russie. M. de Bi.ilow m'a paru très préoccupé d'une semblable situation, des nouvelles inquiétantes parvenues de Londres. Il est évident, si les Gouvernements Britannique et Russe persistent dans leur attitude, que le Congrès ne se réunira pas. Il se produira alors un état de choses sur lequel j'ai déjà eu l'honneur d'appeler l'attention de V. E. par quelques uns de mes derniers rapports dans lesquels j'exprimais des vues fort peu optimistes.

Je ne puis que m'y référer en accusant réception du télégramme que V. E. m'a adressé ce soir (1), et auquel en partie répondait d'avance celui que j'ai expédié dans l'après midi (2).

J'ai également reçu les deux télégrammes qui m'ont été transmis dans la nuit du 19 au 20 (3). Je ne puis que confirmer ce que j'ai eu l'honneur de mander à V. E. à savoir que le Cabinet de Berlin partage l'avis de la Russie, que les signataires seuls des traités de 1856 et de 1871 ont qualité pour etre tout d'abord invités au Congrès. Ce point de vue est parfaitement

(-3) Cfr nn. 635 e 636.

régulier. Le précédent du Piémont en 1856 ne saurait etre applicable. Aucunc

des Provinces ou Princi:pautés Danubiennes aspirant à l'autonomie, à l'indépendance, ou voir meme à une piace dans l'aréopage Européen, ne saurait invoquer des titres aussi nobles, aussi glorieux que ceux qui sont inscrits dans le annales de la Maison de Savoie. Quant à la Grèce, sans vouloir la dénigrer, il est néanmoins permis de se demander si elle est à la hauteur de la mission qu'on vise à lui improviser, à en juger par des articles de la presse de Londres et de Vienne. Quoiqu'il en soit, en la comprenant dans la première série des invitations on ouvrirat la voie à d'autres demandes. La Russie pour ce qui la concerne, ne mettrait pas obstacle à l'admission d'un représentant Hellénique à titre consultati!. Relativement aux dispositions du Cabinet de Berlin, elles résultent assez dairement de mon télégramme du 13 Mars (l) et de mon rapport n. 2005 (2).

En transmettant ci-joint à V. E. le reçu, signé par moi, des documents diplomatiques, qui m'ont été envoyés le 18 courant...

(l) -Queste notizie erano state comunicate da Menabrea con t. 567 del 19 marzo. (2) -Cfr. n. 629. (l) -Cfr. n. 641. (2) -Cfr. n. 640.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 264. Roma, 21 marzo 1878, ore 17.

La réponse de M. Waddington (3) m'étonne. Malgré toutes les difficultés intérieures qui nous entourent nous avons su saisir le Parlement de l'examen du traité et faire nommer une commission qui déposera aujourd'hui son rapport. Nous sommes donc en droit de nous attendre que de son còté la France maintienne l'engagement pris envers l'Italie par la signature du traité. Il ne dépend pas de nous que des circonstances exceptionnelles ayent pour effet d'interrompre et d'abréger la période des séances parlementaires en France, mais ce fait ne peut à nos yeux relever le Gouvernement français de son obligation à notre égard. Nous devons donc renouveler la demande déjà faite au Gouvernement français pour la votation du traité sans retard, c'est-à-dire avant la vacance des Chambres. Si le Cabinet de Paris persistait dans la résolution que M. Waddington vous a fait connaitre, nous devrions bien sincèrement déplorer un fait dont les conséquences seraient des plus regrettables au point de vue non seulement des intérèts commerciaux et fìnanciers, mais aussi des intérets politiques des deux pays.

Vous etes autorisé à donner communication de ce télégramme avec quelques transpositions de paroles pour garder le secret du chiffre.

(1) -Cfr. n. 611. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 642.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 582. Parigi, 21 marzo 1878, ore 18,45 (per. ore 20,15).

La question de savoir si la France consentirait à maintenir son adhésion à la réunion du congrès, dans le cas où l'Angleterre refuserait d'y prendre part, n'a pas encore été soulevée dans le conseil des ministres; mais Waddington vient de me dire qu'un doute à cet égard ne lui parait pas possible et que, dans ce cas, le congrès tombera évidemment à l'eau. Il croit que la France camme l'Italie, dont le ròle au congrès aurait été précisément celui d'adoucir les angles entre la Russie et l'Angleterre n'auraient plus rien à y faire qui vaille et qu'un congrés sans l'Angleterre laisserait tout en suspens, et ne serait pas méme la garantie d'une paix temporaire. L'impression produite ici par les nouvelles de Londres est mauvaise. Waddington croit que le Cabinet anglais ne cèdera pas et ne démordra pas à la demande que tout le traité soit soumis à la discussion du congrès. Le Cabinet de Berlin s'est d'ailleurs également prononcé dans le sens d'une discussion de tout le traité, à l'exception des stipulations touchant l'indemnité de guerre. Selon Waddington l'Angleterre se trouve maintenant sur un meilleur terrain, camme la Puissance qui prend en main la défense des traités européens, et il pense qu'elle pourrait bien se décider à entrer, méme seule, en action.

646

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 583. Parigi, 21 marzo 1878, ore 18,45 (per. ore 20,15).

J'apprends de Waddington que la France avait mis des conditions à son adhésion à la conférence préliminaire, à savoir qu'aucune solution n'y serait préjugée, et que les délibérations sur le programme du congrès seraient prises à l'unanimité; c es conditions ont été agréées. En répondant à la proposition anglaise d'admettre la Gréce au congrès, le Cabinet français a déclaré qu'il trouverait l'admission d'un représentant grec à toutes les séances du congrès excessive; mais qu'il consentirait à ce qu'un représentant de la Grèce fut entendu pour exposer ses vreux, et plaider les intéréts de son pays. M'expliquant mieux une phrase qu'il avait prononcée hier et le mot « initiative » dont il s'était servi et que je répétais dans mon télégramme, Waddington m'a dit que la France pourrait au congrès appuyer, et soutenir dans une certaine mesure la Grèce soit camme Puissance protectrice, soit qu'elle pourrait les cas échéant y intervenir avec sa flotte, tandis que son action ne pourrait pas étre la méme en ce qui concerne la Roumanie.

647

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 275. Roma, 21 marzo 1878.

A complemento delle informazioni di fatto già fornite a codesta R. Ambasciata sulle vestigia delia rappresentanza consolare pontificia che ancora rimangono in Francia, e nell'eventualità d'ulteriori pratiche presso il Signor Waddington, Le comunico le seguenti notizie mandate dal R. Console Generale a Marsiglia.

A Tolone rimane sempre investito dell'Ufficio di Console pontificio il Signor Flamming il quale viene trattato come tale dalle autorità locali e, sulla porta della sua abitazione, mantiene lo stemma consolare e la bandiera pontificia.

A Cette esiste un Vice Console Pontificio, il Signor Baggiano, Egli ha cessato dal far uso dello stemma e della bandiera soltanto per cause indipendenti dalla questione di diritto ma, volendo, si crede tuttora autorizzato a farne uso, non essendogli mai stato ritirato l'exequatur.

Il rapporto di V. S. del 7 corrente al n. 400 (l), mi fa sperare che uno stato di cose così spiacevole ed irregolare avrà finalmente un termine. M'affido al suo zelo perché questa pendenza abbia una soluzione pronta e radicale.

648

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 405. Parigi, 21 marzo 1878 (per. il 24).

S. E. il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica mi confermò jeri la notizia del definitivo richiamo del Barone Baude dalle sue funzioni di Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. Il Signor Waddington mi disse ch'egli aveva nominato il Marchese di Gabriac, ora Ministro di Francia a Brusselle, al posto finora occupato dal Barone Baude. Tale scelta era stata già da parecchi giorni annunziata al Vaticano; ma il gradimento del Papa fu notificato appena jerlaltro a questo Signor Ministro degli Affari Esteri.

Nell'annunziarmi la nuova nomina il Signor Waddington mi disse che il Governo Francese ebbe a cuore di mandare al Vaticano un Ambasciatore il quale rappresentasse, col proprio atteggiamento e co' proprii sentimenti, quello stadio di transazione In cui credeva entrato il nuovo Papa. Il Signor di Gabriac sarebbe difatti un buon cattolico, ma lontano da ogni tendenza clericale, moderato, conciliante e di anima disposta a non sollevare difficoltà. Egli sarebbe d'altronde agiato, epperò in grado di rappresentare degnamente la Francia.

(l) Non pubblicato: promessa di Waddington, che non era al corrente della questione, di occuparsene.

649

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 587. Vienna, 22 marzo 1878, ore 17,46 (per. ore 18,35).

Bien que les nouvelles de Londres ne soyent pas alarmantes on les considère ici au Ministère comme assez graves. On espère toujours que l'Angleterre sera moins exigeante dans ses demandes. Orczy de chez qui je sors ne saurait se figurer le congrès sans la participation de l'Angleterre. Le crédit des 60 millions de florins a été vote par les délégations autrichiennes aussi avec majorité de 39 voix contre 20.

650

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 589. Londra, 22 marzo 1878, ore 20,48 (per. ore 1,20 del 23).

Le comte Derby que j'ai vu aujord'hui considère comme désormais inutile la conférence préliminaire préparée à Berlin. n m'a répété ce qu'il a dit hier au Parlement, c'est à dire que l'Angleterre ne pouvait aucunement se désister des conditions qu'elle a posé précédemment. En conséquent il a de nouveau déclaré que « Le Gouvernement de Sa Majesté désire faire comprendre qu'il soit distinctement entendu avant d'entrer au congrès que chaque article du traité entre la Russie et la Turquie serait placé devant le congrès non nécessairement pour son acceptation, mais afin qu'on puisse considérer quels articles peuvent affecter les intérets des diverses Puissances et quels non. Nous avons une condition de choses établie par les traités de 1856 et 1871. Cette condition de choses est naturellement modifiée par les changements qui s'effectuent actuellement et le véritable objet du congrès est de sanctionner et de reconnaitre l'arrangement qui doit ètre fait. C'est pourquoi nous devons avoir le traité tout entier devant pour ètre discuté >>. Le texte du traité publié aujourd'hui par le Times a produit une impression peu favorable.

651

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 208. Pietroburgo, 22 marzo 1878 (per. il 28).

Ho l'onore di segnalare all'attenzione di V. E. l'articolo di fondo pubblicato nell'odierno numero del Giornale di Pietroburgo. Il tenore di questo articolo indica chiaramente un'ispirazione governativa. L'autore accusa apertamente la politica inglese che mette ostacolo alle speranze pacifiche dell'Europa; si lagna amaramente che, mentre la Russia in un intento pacifico, comunica ai Gabinetti Europei i preliminari di pace ed accetta la libera discussione di tutti i punti che toccano gl'interessi dell'Europa, la flotta inglese continua ad incrociare e ad ingrossare nel Mar di Marmara; accusa l'Inghilterra di sollevare difficoltà incessanti per la riunione del Congresso e la rende responsabile dell'ineseguimento della prima clausola del trattato di pace, per aver forzato, con formale protesta, la Turchia ad opporsi all'imbarco delle truppe Russe a Bouyoukdéré. L'articolo conchiude colle seguenti significanti parole:

«Da tutti si vuole la pace. L'Inghilterra sola vi fa ostacolo. Sarà ciò tollerato dall'Europa? Se non lo è, l'Europa citi l'Inghilterra al suo tribunale, e le imponga di rientrare nel diritto, uscendo dagli stretti con formale impegno di non più entrarci. In caso contrario, l'indipendenza del continente sarebbe distrutta e la pace del mondo si troverebbe a discrezione della politica Inglese».

La tensione delle relazioni fra i Gabinetti di Pietroburgo e di Londra, ove pure non risultasse da altri fatti, è dimostrata da quest'articolo con un'evidenza che non abbisogna di commenti.

Mi fo premura di trasmettere qui unito, all'E. V., una copia dell'articolo stesso (l).

652

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 593. Parigi, 23 marzo 1878, ore 13,55 (per. ore 16,45).

J'ai tenu à remettre personnellement à M. Waddington une lettre officielle par laquelle je lui ai communiqué avec les transpositions nécessaires le télégramme de V. E. relatif au traité de commerce (2). J'ai au surplus insistè verbalement sur la demande d'une prompte discussion du traité. Waddington m'a promis de parler demain de nouveau au Conseil mais il a trouvé excessive et injuste la dernière phrase du télégramme touchant les intérets politiques et m'a dit qu'H la considérait camme non avenue. Il s'abstiendrait de la communiquer au Conseil à moins que je le lui demande expressément au nom de V. E. Il doute d'ailleurs que malgré tous les efforts on puisse venir à bout d'une difficulté parlementaire très réelle, et il croit que si l'on forçait en ce moment la main aux Chambres pour hàter la discusison le rejet du traité serait immanquable. Je reverrai demain Waddington après le Conseil et vous télégraphierai.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 644.
653

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 594. Parigi, 23 marzo 1878, ore 17,25 (per. ore 18,50).

Le conseil des ministres a décidé aujourd'hui que le ministre du commerce demandera lundi à la tribune le dépòt du rapport sur le traité du 6 juillet, Waddington vient de me dire que la commission n'a pas voulu jusqu'ici le présenter et il m'a répété qu'une discussion immédiate serait certainement suivie du rejet du traité. Le Gouvernement du Roi aura donc à examiner s'il préfère la prorogation ou s'il veut courir le risque que les Chambres se prononcent pour l'examen préalable du tarif général. Waddington m'a donné les assurances les plus explicites du bon vouloir du Gouvernement mais il constate son impuissance d'aller contre le courant protecteur qui entraine le pays et la Chambre. Comme de toute façon il y a désormais impossibilité absolue de faire discuter le traité dans les deux Chambres françaises avant le premier avril, j'ai de nouveau insistè pour que le Gouvernement français revienne au moins sur la demande d'un délai de neuf mois. Waddington me fera connaitre mardi prochain une décision à cet égard. J'ai eu ce matin un entretien avec Gambetta qui m'a promis d'agir sur les membres de la commission parlementaire chargée du rapport sur le traité.

654

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2016. Berlino, 23 marzo 1878 (per. il 26).

Voici les renseignements qu j'ai recueillis hier dans un entretien avec le Prince de Bismarck.

L'Angleterre continue à exiger, comme condition de sa participation au Congrès, que le traité de San Stefano soit soumis intégralement aux délibérations des plénipotentiaires. La Russie ne fait pas mine de vouloir se soumettre à une pareille obligation. Tant que ce désaccord durera, il ne saurait etre question de convoquer ni une conférence préparatoire, ni l'aréopage européen. Au reste lors meme qu'on parviendrait à réunir le congrès, il est fort à craindre qu'il n'aboutira pas à une solution satisfaisante. Si le Chancelier a donné son assentiment, c'est pour qu'un refus de sa part lui aurait valu le reproche, quelque immérité qu'il fut, de chercher à se dérober à l'oeuvre de pacification. Il n'est pas moins à prévoir que nous allons au devant d'une situation assez semblable à celle définie dans son discours du 19 Février au Reichstag. Ce sera l'embourbement avec tous ses périls. L'avenir peut donc inspirer de tristes inquiétudes.

En attendant, le Cabinet de Berlin, en présence du différend entre la Russie et l'Angleterre, se tient à l'écart. C'est affaire à ces Puissances de régler ce différend. L'Allemagne ne saurait peser sur un de ses amis pour plaire à un autre de ses amis. Ce serait là une politique déraisonnable, surtout lorsque l'Allemagne dans les at'faires orientales n'a pas en jeu des intérèts de premier ordre.

Je tenais à rapporter ces impressions du Prince de Bismarck, parce qu'elles confirment ce que j'ai eu l'honneur de mander à V. E. dans mes rapports depuis mon retour de ma dernière mission à Pétersbourg.

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APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al gennaio 1878)

ARGENTINA

Buenos Aires -SPINOLA marchese Federico Costanzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BOBBIO Ettore, segretario.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NICOLIS DI RoBILANT conte Carlo Felice, luogotenente generale, ambasciatore; CuRTOPASSI Francesco, consigliere; TERZAGHI Carlo, segretario; GuAsco DI BISIO Alessandro, segretario; BAGLIO Beniamino Arcangelo, addetto; RISTORI Giovanni Battista, addetto onorario.

BAVIERA

Monaco -RATI OPIZZONI conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZANNINI conte Alessandro, segretario; ALBERTINI Pietro, addetto onorario.

BELGIO

Bruxelles -DE BARRAL conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GERBAIX DE SONNAZ Carlo Alberto, segretario; HIERSCHEL DE MINERBI conte Oscarre, segretario.

BOLIVIA

VIVIANI Giovanni Battista, incaricato d'affari (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -FE' D'OSTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CANTAGALLI Romeo, segretario.

CILE

Santiago -SANMINIATELLI Fabio, incaricato d'affari.

CINA

ULISSE BARBOLANI conte Raffaele inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Tokio).

COSTARICA

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -DELLA CROCE DI DoJOLA conte Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MINGHETTI Achille, addetto onorario.

FRANCIA

Parigi -CIALDINI Enrico, duca di Gaeta, Senatore del Regno, generale d'armata, ambasciatore; RESSMAN Costantino, segretario; AvARNA, dei duchi di Gualtieri, Giuseppe, segretario; DALLA VALLE DI MIRABELLO Alessandro, segretario; RACAGNI Felice, maggiore di Stato, addetto militare.

GERMANIA

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, ambasciatore; Tosi Antonio, consigliere; CAPPELLI Raffaele, segretario; ARBORIO DI GATTINARA Mercurino, addetto onorario; DEL MAYNO Luchino, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio -ULISSE BARBOLANI conte Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario ; MARTIN LANCIAREZ Eugenio, segretario.

GRAN BRETAGNA

Londra -MENABREA conte Luigi Federico, marchese di Val Dora, senatore del Regno, luogotenente generale, ambasciatore; DE MARTINO Renato, consigliere; CATALANI Tommaso, segretario; MENABREA conte Carlo, addetto onorario; LABRANO Federico, capitano di vasceno, addetto navale; LEITENITZ Alfredo, maggiore di cavalleria, addetto militare.

GRECIA

Atene -MAFFEI nr BoaLro conte Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PANSA Alberto, segretario.

GUATEMALA

Guatemala -ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari.

HONDURAS

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

MAROCCO

Tangeri -ScovAsso Stefano, ministro residente.

MESSICO

Messico -BrAGr Giuseppe, incaricato d'affari.

NICARAGUA

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

PAESI BASSI

Aja -BERTINATTI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAROCHETTI, barone Maurizio, segretario; COTTA Francesco, segretario.

39 -nrwurnenti cliplornatici -Serie II -Vol. IX

PARAGUAY

Assunzione -STELLA Enrico, incaricato d'affari.

PERU' Lima -VIVIANI Giovanni Battista. incaricato d'affari.

PORTOGALLO

Lisbona -OLDOINI marchese Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BALBI SENAREGA marchese Giacomo, segretario; VERASIS ASINARI DI COSTIGLIOLE E CASTIGLIONE Giorgio, addetto ononario.

RUSSIA

Pietroburgo -NIGRA Costantino, ambasciatore; COLLOBIANO ARBORIO Luigi, segretario; BECCADELLI BOLOGNA DI CAMPOREALE Paolo, segretario.

SAN SALVADOR

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

SPAGNA

Madrid -GREPPI conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CovA Enrico, consigliere; DE FoRESTA conte Ernesto, segretario.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -BLANC barone Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LITTA, BruMI, RESTA conte Balzarino, segretario.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; N.N. segretario.

SVIZZERA

Berna -MELEGARI Luigi Amedeo, ministro di Stato, senatore del Regno, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTUSCELLI Ernesto, consigliere; VIGONI Giorgio, segretario; CALVI DI BERGOLO Giorgio Carlo, addetto.

TURCHIA

Costantinopoli -CORTI conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GALVAGNA barone Francesco, segretario; DE FORESTA Alberto, addetto; CURIEL Ermanno, addetto onorario; AVOGADRO DI CASANOVA Eugenio, addetto onorario; VERNONI Alessandro, interprete; GRAZIANI Edoardo, interprete; BARONE Antonio, interprete; CHABERT Alberto, interprete; CANGIÀ Alfredo, interprete.

EGITTO

Cairo -DE MARTINO Giuseppe, agente diplomatico e console generale per lo Egitto.

TUNISI

Tunisi -PINNA Luigi, agente diplomatico e console generale.

ROMANIA

Bucarest -FAVA barone Saverio, agente diplomatico e console generale; PIZZONE Giuseppe, vice console.

SERBIA

Belgrado -JOANNINI CEVA DI SAN MICHELE conte Luigi, agente diplomatico e console generale; BERTOLA Camillo, vice console.

URUGUAY

Montevideo -GARROU Ippolito, incaricato d'affari.

VENEZUELA

Caracas -MAssoNE Pasquale, incaricato d'affari.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al gennaio 1878)

MINISTRO

DEPRETIS Agostino, deputato al Parlamento, presidente del Consiglio e ministro degli Esteri.

SEGRETARIO GENERALE

TORNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, incaricato delle funzioni di segretario generale.

DIVISIONE POLITICA

MALVANO Giacomo, direttore capo di divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza politica -Corrispondenza particolare del ministro Trattati politici -Pubblicazioni diplomatiche -Cifra e telegrammi

BIANCHI DI LAVAGNA Francesco, segretario di P classe.

BARDI Alessandro, segretario di 2" classe.

Buzzo Giuseppe, ufficiale d'ordine di 2" classe.

DE NITTO Enrico, segretario di legazione di 2a classe, addetto all'ufficio.

UFFICIO II

Personale del ministero, delle legazioni e dei corrieri di gabinetto Ordini cavallereschi nazionali ed esteri -Atti pubblici -Notariato della Corona -Cerimoniale di corte -Cancelleria dell'ordine della SS. Annun

ziata -Biblioteca -Archivi

BERTOLLA Giuseppe, archivista capo. SEVEZ Lorenzo, archivista capo. ALINARI Enrico, archivista di 3a classe. GABUTTI Pasquale Pietro, archivista di 38 classe.

RAGIONERIA

Bilancio -Contabilità generale dei rr. agenti diplomatici e consolari Mandati -Rendiconti -Corrispondenza relativa

CATTANEO Angelo, direttore capo di ragioneria. BERNONI Luigi, capo sezione di ragioneria. LONGO-VASCHETTI Giovanni Battista, segretario di ragioneria di la classe (cas

siere). GuGLIELMINETTI Giuseppe, segretario di ragioneria di 2a classe. BELLISOMI Lodovico, vice-segretario di ragioneria di la classe. CENTARO Giuseppe, vice-segretario di ragioneria di 2a classe. CALVARI Ludovico, vice-segretario di ragioneria di 3a classe.

DIREZIONE GENERALE DEI CONSOLATI E DEL COMMERCIO

PEIROLERI Augusto, direttore generale.

UFFICIO DEL PERSONALE

Corrispondenza riservata e confidenziale della direzione generale -Personale consolare e dragomannale -Esami -Exequatur agli Agenti Esteri.

0RFINI conte Ercole, segretario di 2a classe. BARILLARI Federico, segretario di 2a classe. ZAVEL DE LouviGNY, Filippo Antonio, ufficiale d'ordine di 2a classe.

DIVISIONE I

BIANCHINI Domenico, capo sezione di la classe, incaricato di reggere la divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza coi rr. agenti diplomatici e consolari residenti presso i diversi Stati d'Europa e loro colonie, eccettuata la Turchia e la Grecia, e cogli agenti diplomatici e consolari di detti Stati in Italia; coi ministeri, colle autorità e coi privati, in tHtte le materie non politche, né commerciali.

CAVACECE Emilio, capo sezione di 2a classe. MIRTI DELLA VALLE Achille, segretario di la classe. MONTERSINO Francesco, segretario di 1• classe. CAPELLO Carlo Felice, segretario di la classe. VACCAJ Giulio, vice segretario di la classe.

PAGANUZZI Daniele, vice segretario di 1• classe. FASSATI DI BALZOLA Ferdinando, vice segretario di l" classe. MANASSERO DI COSTIGLIOLE Vincenzo, vice segretario di 2• classe. DE GAETANI Davide, vice segretario di 3• classe. DuRANDO Vittorio, vice segretario di 3• classe. SIMONDETTI Melchiorre, vice console di l • classe, addetto a!ll'ufflcio.

UFFICIO II

Corrispondenza coi rr. Agenti diplomatici e consolari residenti in Grecia, nell'Impero Ottomano, in Asia, in Africa ed America, e cogli Agenti diplomatici e consolari di detti paesi in Italia; coi ministeri, colle autorità e coi privati, in tutte le materie non politiche né commercali

BAZZONI Augusto, segretario di 1• classe, con funzioni di capo sezione. MASSA Nicolò, segretario di 2• classe. MAYOR Edomondo, vice segretario di 2• classe. COMPANS DI BRICHANTEAU conte Edoardo, vice segretario di legazione di 3• classe. TUGINI Salvatore, segretario di legazione di za classe, addetto all'ufficio. DE ANGIOLI Eugenio, archivista di 3• classe. BONGIONVANNI Federico Marco, Ufficiale d'ordine di la classe. PREYER Giovanni, ufficiale d'ordine di za classe. MAZZA Pilade, ufficiale d'ordine di za classe.

DIVISIONE II

SCHMUCKER barone Pompeo, direttore capo divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza relativa alla stipulazione dei trattati e delle convenzioni commerciali, di navigazione, consolari, monetarie, doganali, postali, telegrafiche, ecc. -Pubblicazioni commerciali -Bollettino consolare.

BoREA D'OLMO marchese Giovanni Battista, capo sezione di 2• classe. PucCIONI Emilio, segretario di za classe. DEL CASTILLO DI S. ONOFRIO marchese Ugo, segretario di 2• classe. ROGERI DI VILLANOVA Filippo, Vice segretario di 3• classe. PRAMPERO conte Ottaviano, segretario di legazione di P classe, addetto all'ufficio. BECCARIA INCISA Emanuele, segretario di legazione di za classe, addetto all'ufficio. BAINOTTI Paolo, vice console di 2• classe. addetto all'ufficio.

UFFICIO II

Corrispondenza relativa alle successioni di nazionali all'estero ed agli atti di stato civile rogati all'estero.

SANTASILIA Nicola, capo sezione di la classe. CAsELLI Carlo, segretario di la classe. BERTOLLA Cesare, Vice segretario di l a classe. BARILARI Pompeo, vice segretario di 2a classe. BENETTI Carlo, ufficiale d'ordine di 2a classe. PETRACCONE Pasquale, vice console di 2a classe, addetto all'ufficio.

ECONOMATO E SPEDIZIONE

Spese d'ufficio -Contratti -Spedizioni -Economato -Servizio interno.

BROFFERIO Tullio, archivista di l a classe.

PASSAPORTI E LEGALIZZAZIONI

DE NOBILI Achille, archivista di la classe.

ISPETTORE GENERALE (ONORARIO) DEI CONSOLATI

NEGRI Cristoforo, console generale di la classe in riposo, col titolo di inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

INTERPRETI

TKALAC Emerico, interprete di P classe. VALERGA Pietro, interprete onorario per la lingua araba.

CORRIERI DI GABINETTO

ANIELLI Eugenio. SIGNORONI Elia Camillo.

USCIERI

Capo usciere -FERRERO Antonio. Uscieri (colla qualità di capo uscieri) -CAVAGNINO Pietro, CARELLO Giuseppe.

Uscieri -Rossi Antonio, SAROGLIA Giuseppe, Bo Ignazio, BRUNERI Michele, MORONE Giovanni Battista, DE MATTEIS Giacomo, BALDINI Ferdinando, BRUSA Luigi, VILLANI Antonio, COMPAGNO Lorenzo, DE GIORGI Luigi, AQUILA Francesco.

Uscieri inservienti -CRAVANZOLA Luigi, SALVADORI Eugenio, RENUCCI Pietro.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Questioni di diritto internazionale, di nazionalità, di leva, interpretazione di trattati, ecc.

PRESIDENTE

CADORNA Carlo, senatore del Regno, ministro di Stato, presidente del Consiglio di Stato.

VICE-PRESIDENTE VIGLIANI Paolo Onorato, senatore del Regno, ministro di Stato.

CONSIGLIERI

MIRAGLIA Giuseppe, primo presidente della Corte di Cassazione di Roma, senatore del Regno. ALFIERI DI SosTEGNO marchese Carlo, senatore del Regno. GUERRIERI-GONZAGA marchese Anselmo. TABARRINI Marco, consigliere di Stato, senatore del Regno. MAURI Achille, consigliere di Stato, senatore del Regno. CANONICO Tancredi, consigliere della Corte di Cassazione in Roma.

CONSIGLIERE SEGRETARIO Il segretario generale del Ministero degli Affari Esteri.

SEGRETARIO AGGIUNTO Brt.NCHINr Domenico, capo sezione presso il Ministero degli Affari Esteri.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al gennaio 1878)

Argentina: N.N., inviato straordinario e ministro plenlpotenziario.

Austria-Ungheria: VoN HAYMERLE barone Heinrich, ambasciatore; VoN SEILLER barone Aloys, 1° consigliere; PASETTI voN FRIEDENBURG barone Marius, 2° consigliere; WREDE principe Raoul, segretario; LoscHNIGG Edmund, segretario; SCHOFER Julius, addetto; AMBRÒ VON ADAMOCZ Bela, addetto; MEZEY VON SZATHMAR Alexander, addetto; VoN HAYMERLE Aloys, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

Baviera: VoN BIBRA barone Alfred, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VoN TAUTPHOEus barone Rudolf, consigliere di legazione.

Belgio: VAN Loo Auguste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEvAux Georges, consigliere; LE GHAIT Alfred, segretario; Du JARDIN barone Edouard, segretario.

Brasile: LE JAVARY barone Joao, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VIEIRA DE CARVALHO Joao, segretario; ITIBERÈ DA CUNHA Brasilio, addetto.

Costarica: DE LrNDEMANN conte Alfonso Cristiano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Danimarca: FRIEDERICHSEN DE KJOER Fritz, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia: DE NOAILLES marchese Emmanuel, ambasciatore; BRIN barone Léon, 2° segretario; SOUFLOT DE MAGNY Maurice, 3° segretario; DUPOY DE LÒME Georges, addetto; SAINT RENÉ TAILLANDIER Georges, addetto; HEPP Edouard, luogotenente colonnello, addetto militare.

Germania: VON KEUDELL Robert, ambasciatore; VON DERENTHALL Eduard, consigliere; VoN ScHWEITZER barone Ferdinand, consigliere; VoN KLEIST Friedrich, addetto; VON WOLFF barone Oscar, addetto; VON PHILIPPSBORN Wilhelm, capitano, addetto militare.

Giappone: KAWASE MASATAKA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAKURADA, segretario; NACASIMA, segretario; AsSAI, addetto; TANAKA Kenzaburo, addetto; SAYTOW T o uta Row, addetto.

Gran Bretagna: BERKELEY PAGET sir Augustus, ambasciatore; MALET Edward, 1° segretario; KENNEDY John Gordon, 2° segretario; EDWARDES Henry John, 2° segretario; COMPTON lord William, 3° segretario; NrcHOLSON, capitano Henry Frederick, addetto navale.

Grecia: N.N. inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PAPARIGOPOULO Michele, segretario.

Messico: CosTANEDA Jesùs, incaricato d'affari; MALANCO Luis, segretario; LERDO DE TEJADA Salvador, addetto.

Monaco (Principato): MIDDLETON-BENTIVOGLIO Enrico, incaricato d'affari.

Nicaragua: DE FRANCO José Tomaso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Paesi Bassi: WEsTENBERG Bernhard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Portogallo: DE CARVALHO Y VASCONCELLOS Mathias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FARlA GENTIL Bernardino Antonio, 1° segretario; DE SA NoGUEIRA Miguel, luogotenente di cavalleria, addetto militare.

Russia: D'UxKULL-GYLLENBANDT barone Karl, ambasciatore; ScHEWITCH Dimitrij, lo segretario; Dr BENKENDORF conte Aleksandr, 2° segretario; RosEN barone Grigorij, addetto; IsvoLsKY W., addetto; KoMAROWSKY conte Edgard, addetto; NowrTZKY Nikolaj, generale, agente militare; ScHESTAcow Ivan, contrammiraglio, agente del ministero della marina.

San Salvador: ToRRES CAICEDO José Maria, ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Spagna: COELLO DE PORTUGAL conte Diego, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEL MORAL, marchese, 1° segretario; DE 0JEDA Y PERPINAN Emilio, 2° segretario; DE RoYAS Y ALONso Federico, 3° segretario; MOORE Y DE PEDRO Rafael, addetto; BALLESTEROS Arturo, addetto; SAMANIEGO Pedro, addetto; DE DOMINÈ Y DESMAISIERES Juan, addetto militare.

Stati Uniti: PERKINS MARSH George, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WuRTs George W., sPgretario.

Svezia e Norvegia: LINDSTRAND Francesco Teodoro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Svizzera: PwnA Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PIODA Luigi, consigliere; PxonA Giovanni Battista, segretario.

Turchia: TuRKHAN Bey, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MxsSAK Effendi, 1° segretario; DJÈMAL Bey, 2° segretario; EMIN Bey, segretario.

Uruguay: ANTONINI Y DxEz Paolo, ministro residente.